LA MASSERIA FORTIFICATA DI BORDONARO SOPRANO (Gangi – Palermo)
Indice
1.
La
“Masseria”
2.
La
Masseria di Bordonaro Soprano
Storia - Feudatari : Sosa; Ortolano.
Architettura – Un patrimonio culturale in completa rovina…
3.
La
Masseria di Bordonaro Soprano… lo specchio d’un tempo perduto… iI ricordi di
una civiltà perduta attraverso le immagini con l’inchiostro di china dell’artista
Nunzio Di Pasquale.
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1.
La “Masseria”
La
“masseria” è l’espressione di un sistema geo-economico legato al latifondo cioè
la grande proprietà terriera che alimentava le rendite delle famiglie aristocratiche
e della borghesia. Erano un insieme di caseggiati, collegati ad una vasta
proprietà, abitati a volte dagli stessi proprietari terrieri e con alloggi
destinati ai contadini e locali pertinenti alla stessa attività agricola come
stalle, fienili, depositi per foraggi e raccolti.
Una “masseria”
nella provincia di Caltanissetta
Nel
vocabolario “Treccani” con il termine “masseria” s’indica l’azienda rurale
condotta da un contadino (“massaro”) secondo un contratto di colonìa parziaria.
Prende
il nome dalle “masserizie” (suppellettili, mobili, attrezzi d’uso contadino e
pastorale, depositi di alimenti per le persone ed animali) che venivano
conservati e protetti all’interno di grandi costruzioni in pietra dove vivevano
contadini, pastori e proprietari.
La
nascita della masseria, soprattutto in Sicilia, si deve collegare alla
colonizzazione baronale di vaste aree interne abbandonate ed incolte.
Negli anni tra il Quattrocento ed il
Seicento la Spagna, per l’approvvigionamento di cereali, concesse la licenza di
ripopolamento di questi terreni ai nobili di Sicilia che arrivarono a fondare
dei veri e propri villaggi nei dintorni di una costruzione baronale.
Strutture
ancora presenti in certe aree e caratteristiche per il loro cospicuo volume.
Secondo
alcuni studiosi d’architettura rurale è importante fare una chiarificazione sul
termine “masseria” perché oggi con il termine s’intende spesso una dimora
rurale di campagna. Un termine largamente diffuso tra i contadini e i piccoli
proprietari o affittuari o coloni e questo a prescindere dalla sua
configurazione (pianta, volume, ecc.).
Una
interpretazione popolare che è grave ai fini di una classificazione delle forme
o dei tipi di dimora rurale. Il termine “masseria” si può attribuire solo a
quelle forme complesse di dimora rurale che rappresentano il tipico frutto del
latifondismo siciliano.
Un
aspetto della Masseria” è la “masseria fortificata”.
Masseria
fortificata che ha origine dalla “corte romana”, struttura a metà tra la villa
suburbana e la villa rustica, elemento funzionale centrale della centuria, il
latifondo di età romana.
Una
tipologia che avrà una sua importanza nel periodo arabo. I Musulmani iniziarono
a costruire nel territorio siciliano dei
casali fortificati (rahal o menzil).
Fu
nel periodo normanno che ebbero la massima diffusione perché collegati al feudalesimo.
Si rese necessaria la costruzione di strutture territoriali. Strutture che
racchiudevano molteplici aspetti:
consentivano il controllo amministrativo del feudo, con la dimora permanente o temporanea del feudatario; lo
svolgimento delle attività agricole; garantivano anche la difesa e la sicurezza
dei contadini durante le lotte feudali sempre ricorrenti tra i singoli nobili.
Vere e proprie fortificazioni, a volte di grandi dimensioni perchè contenevano
alcune case del borgo, capaci di ospitare circa 30 famiglie. Erano costruite in
posizioni elevate per avere un miglior e sicuro controllo del territorio e
altro aspetto importante era la loro vicinanza alle “trazzere” per poter
permettere un collegamento veloce sia con le altre masserie che con il centro
abitato dove era posto il presidio generale con un castello.
Un aspetto riconducibile a un luogo fortificato perché spesso oltre alle
alte mura di cinta, con rare finestre, era spesso presente una torre per avere
un migliore controllo visivo del territorio. La planimetria delle masserie
fortificate, così come per i castelli, veniva adattata all’orografia del luogo.
Uno dei corpi principali era la corte racchiusa dalle mura di cinta e che
spesso veniva chiamata baglio. Un termine che secondo alcuni deriva dal
francese “baule”, cioè luogo chiuso ma a cielo aperto, e secondo altri
dall’arabo “bahah” cortile. Generalmente era di forma quadrangolare o
rettangolare e disimpegnava le abitazioni o gli ambienti che vi si affacciavano
e che erano addossati alle mura di cinta.
La torre era simbolo di difesa ma era anche simbolo di
potere feudale cioè del feudatario, del nobile, del padrone.
2. MASSERIA
BORDONARO SOPRANO – GANGI
Fu costruita sopra uno sperone roccioso alto circa 800
m s.l.m.. Un altura che è indicata come Pizzo Croce e posto qualche chilometro
a sud di Gangi lungo la vallata del fiume Gangi che dopo aver attraversato
tutto il territorio comunale si riserva nel fiume Salso o Imera Meridionale. Si
trova in una zona di grande interesse archeologico come Serra del Vento (centro
dell’età del bronzo), il castello di Rahal Iohannis, le tombe rupestri.
La masseria occupa una posizione strategica importante
perché domina la vallata del fiume Imera (a sud) verso i territori di Enna e
Caltanissetta mentre a nord rimaneva in collegamento visivo con altre strutture
feudali come “Regiovanni” cioè la
masseria fortificata di Capuano e il Castello di Gangi.
Si
tratta quindi di una masseria feudale fortificata che fin dal medioevo fu anche
di presidio del territorio.
La
storia della struttura e del feudo è stata attentamente ricostruita.
Il
feudo si chiamava in origine solamente “Bordonaro” e si componeva di due feudi
chiamati successivamente “Bordonaro Soprano” e “Bordonaro Sottano”.
Per
un lungo periodo faceva parte della baronia di Rahal Johannis.
La
prima notizia sul feudo Bordonaro risale al 1292 quando è in possesso di Giovanni
del Monte e ai suoi eredi. Il del Monte possiede i due feudi Bordonaro e
Rafaulica (Raulica oggi Rica) con un reddito annuo di 10 onze e l’obbligo di fornire
mezzo cavallo armato.
In merito alla
famiglia Del Monte nel “Nobiliario Siciliano” è riportato
un Ludovico (de
Montibus), milite, che ebbe l’alta carica di strategoto di Messina nel 1273.
Un Giuseppe Lo
Monte consigliere della nobile Compagnia della Carità di
Palermo nel 1555
ed un Pietro Montes governatore del Monte della stessa città
Nell’anno 1559.
Il
feudo come quello di Rahal Johannis ricadeva nella Val Di Noto e nel distretto
amministrativo di Castrogiovanni.
Nel 1335 risultava
che gli eredi del dominus Eximenio Sosa ricavavano 40 onze di
reddito dal feudo Bordonaro e Raulia (o Rauklia) e
che nel 1345 gli
stessi eredi, abitanti a Messina, corrispondevano l’adoa per due
cavalli armati.
(L’adoa /adoha
era il versamento in denaro che il feudatario era chiamato a consegnare al re
in cambio del servizio militare in termini di un numero prefissato di
armigeri a cui era tenuto e che non
poteva o preferiva non consegnare. Tale somma di denaro era detta “adohamento “ da cui “adoha” che deriva dal latino cioè sostegno, aiuto.
Non si sa come il feudo sia passato dai del Monte ai
Sosa.
La famiglia “Iosa/Josa/Sosa”, di “antica nobiltà” prende il nome dalla
città spagnola di Josa. La sua presenza in Sicilia risale all’anno Mille,
con il barone Roderigo Sosa che
combattè a fianco di Ruggero I di
Sicilia
contro i Musulmani. Nel 1098 per i suoi meriti militari ebbe il feudo
Raululia
(oggi Camastra, in prov. di Agrigento) che mantenne per ben trecento anni.
Tra i discendenti di Roderigo Sosa figura Eximenio (Scimene) Sosa,
feudatario con i
Suoi redi di Camastra, di Bordonaro (1292-1345), in prov. di Palermo, e di
Rafaulica (1292-1345) e di Rambici (1335-1342) entrambi in prov. Di Enna.
Tra gli eredi di Eximenio Sosa c’era Macalda Sosa, a cui fu assegnato il
feudo di
Camastra, che sposò il Principe Francesco di Palagonia. Il figlio Matteo ed
i
suoi eredi mantennero il feudo per ben trecento anni.
Un ramo importante della famiglia era quello dei fratelli Asnarus e
Montaneiro Sosa.
Asnarus Peris Sosa era nel 1309 Stratigoto di Messina mentre Montaneiro
era dal 1292 feudatario di Gagliano Castelferrato e padrone dell’antico
Castello.
I due militi parteciparono alla Guerra dei Vespri contro gli Angioini e con Pietro III
D’Aragona misero fine al loro dominio.
Lo stesso Montaneiro passò alla storia per il “Fatto di Gagliano” dove con
delle
astuzie riuscì ad attirare in una trappola l’esercito angioino che subì
una pesante sconfitta. Fu più volte indicato nelle fonti narrative come
familiare dei re d’Aragona dato che era un familiare molto fedele a Re
Federico III di Sicilia celebrato da Dante Alighieri nella Divina Commedia
come:
“ l’onor di Cicilia e
d’Aragona”.
Il figlio di Montaneiro, Marino, morì in battaglia nel 1350 lasciando
vedova la contessa Anna, figlia di Scaloro degli Uberti, parente di
Farinata degli Uberti e conte di Assoro, barone di gatta, Condrò e
Raffadali.
I Sosa si trasferirono successivamente anche nel Regno di Napoli,
in provincia di Benevento (Solopaca), e successivamente a Campobasso in
Contado di Molise.
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Sembra comunque che nel 1348 il feudo sia tornato nella disponibilità del demanio
regio e della camera reginale. Nel luglio del 1349 infatti la regina Elisabetta, moglie di Pietro Il
d’Aragona, vendette per 800 onze al suo segretario notar Giovanni
Paolillo o de Paulillis i feudi Bordonaro, Rafaulica,
Regiovanni e Artisina. A Giovanni successe il figlio Nicola
Paolillo che nel gennaio 1371 ricevette
da Federico IV l’investitura dei feudi Bordonaro e Regiovanni. Della vasta
baronia di Regiovanni facevano parte, oltre al feudo e al castello di
Regiovanni e a quello di Bordonaro, anche i feudi di Artisina e Raulica e
successivamente quelli di Casalvecchio, Gulfo, Menta, Castagna, Ramusa e
Mandralisca.
Nicolò Paolillo si ribellò nel 1392 a re Martino e
venne privato della baronia di Regiovanni o Rachaliohanni e dei feudi “Arimisia,
Bordonaro e Rafaulia o Raulica. L’anno seguente questi feudi vennero assegnati
al fratello, forse illegittimo, Andrea.
Nel dicembre del 1396 il sovrano revocò il privilegio
e concesse il feudo di Bordonaro e gli altri feudi di Regiovanni a don Cicco
Ventimiglia, figlio naturale di Francesco II Conte di Geraci e di Collesano.
Sui Ventimiglia di Geraci si potrebbe scrivere un vero
trattato perché fu una delle famiglie più importanti e forti del Regno di
Sicilia. Un vero e proprio Stato perché oltre alla Contea di Geraci avevano
tutta una serie di territori sparsi nell’isola (Gangi, San Mauro, Castelluccio,
Regiovanni, Pollina, Castelbuono, Collesano, Isnello, Sperlinga, Capizzi
Migaido, Tusa, Mistretta oltre a possedimenti nelle terre di Agrigento,
Trapani, Siracusa, Caltanissetta.
Ricoprirono importanti ruoli nel Regno di Sicilia come
Vicario Generale, Giustiziere, ecc.
Gli eredi di Cicco Ventimiglia detennero il possesso
del feudo di Bordonaro fino alla metà del Cinquecento. Nel 1529 Giovanni Ventimiglia,
suddivide il feudo in due parti a cui assegnò il nome di “Bordonaro Soprano” e “Bordonaro
Sottano” che furono assegnati ai suoi due figli: a Federico diede il primo e a
Laura cedette Bordonaro Sottano.
La masseria fortificata di Bordonaro Soprano
Nel 1577 il feudo di Bordonaro Soprano fu venduto da
Giovanna Ventimiglia, baronessa di Regiovanni e figlia di Federico, moglie di
Carlo, terzogenito del conte di Geraci (Giovanni Ventimiglia Moncada), conte di
Naso e Stratigoto di Messina, ai fratelli Filippo, Egidio, Domenico e Luca de
Ortolano.
Secondo il “Nobiliario Siciliano” di Antonino Mango di Casalgerardo
È “nobile ed antica famiglia che si
vuole d’origine Pisana passata in Sicilia
nel secolo XIII e che
possedette i feudi di Bordonaro Soprano, di Dammisa,
di Delia, Pasquale, Pigilio o
Ralbato, ecc.
la troviamo in Naro, in
Palermo ed in Cefalù, nella quale ultima città
fissò una stabile residenza.
Notiamo un Andrea, Vicesecreto di Naro nel 1409;
un altro Andrea, giudice
pretoriano di Palermo nel 1624-25…”
.
I discendenti di questi signori detennero il possesso
del feudo fino alla fine del secolo scorso. È forse proprio del 1577 la
costruzione della masseria fortificata di Bordonaro Soprano, anche se è probabile
la preesistenza della torre in epoca antecedente al XVI secolo e posta a
controllo dell’antica via regia trazzera che da Gangi portava a Calascibetta e
quindi ad Enna.
Una zona che era abitata fin dall’antichità. Un sito
abitato su un rilevo montuoso ad alcune centinaia di metri ad est della
masseria fortificata e denominato “Serra del Vento”. Un villaggio dell’età del
bronzo antico e in base ai reperti trovati databile tra il XVIII e il XV secolo
a.C.. un sito che fu ellenizzato nel corso del IV – V secolo a.C.. Anche l’area
intorno alla masseria evidenzia segni di presenza umana sia nel periodo antico
che in alto medioevo in base sempre ai reperti trovati.
Come già accennato e probabile che la masseria di
Bordonaro Soprano si sia sviluppata attorno ad una preesistente torre. Forse
una torre di origine normanna. Un luogo strategico durante la conquista
dell’isola da parte dei Normanni nel 1061 da Ruggero de Hauteville. Il posto lungo
la vallata del fiume Gangi in una posizione che è spartiacque fra le Madonie (a
nord) e la vallata che si apre verso la roccaforte di Castrogiovanni (Enna). Un
sito ubicato lungo la via Francigena alle falde del Monte Marrone (oggi
contrada Piano Ospedale) e via che fu utilizzata durante gli spostamenti delle
truppe normanne proprio perché conduceva ad Enna e quindi una posizione
ottimale per controllo dell’intera via durante le operazioni belliche.
Dal
XVI secolo, in seguito a una rinnovata riconquista delle campagne siciliane, le
torri agricole trovarono la loro massima diffusione sul territorio dell’isola.
Nell’agro palermitano, ma anche nei territori interni della Sicilia, esistono
tutt’oggi numerosi esempi di edifici turriformi ad uso agricolo. A tale
proposito così vengono descritte queste strutture dal Bellafiore: «Sono in
genere a pianta quadrata o leggermente rettangolare, misurano pochi metri di
lato e si sollevano in altezza una decina di metri. Composte di due o tre
piani, presentano quello inferiore totalmente chiuso per ragioni di sicurezza ed
accessibile dall’interno del secondo piano mediante una botola … Nel secondo
ordine e, quando esisteva, nel terzo, si aprono esigue finestre rettangolari.
La copertura è a terrazzo ed è fornita di merli e caditoie. Volte o solai
lignei separano in orizzontale i piani … quasi del tutto scomparse sono le case
che erano da presso … E’ presumibile che esse formassero un baglio, cioè un
basso edificio, con grande cortile in centro, il più delle volte anch’esso
merlato e fortificato».
L’abolizione
del feudalesimo prima (1812), la riforma agraria degli anni ’50 del Novecento
che frazionò ulteriormente i grandi latifondi, la perdita di interesse da parte
dei proprietari nei confronti delle loro tenute, costituirono le cause
determinanti del progressivo abbandono delle strutture architettoniche
insistenti negli antichi feudi.
Il
complesso architettonico di Bordonaro Soprano costituisce una delle poche
testimonianze dell’architettura feudale siciliana del ‘500 ancora esistenti nel
territorio madonita, pur nella sua precaria condizione strutturale: l’antico
insediamento feudale è infatti ridotto in rovine, essendo crollati tutti i
fabbricati e i muri di cinta che racchiudevano il baglio fortificato. Unica
superstite, ma in grave pericolo di crollo, è la torre che svetta ancora sul
costone roccioso, quasi a sfidare l’ingiuria del tempo e l’incuria dell’uomo.
Bordonaro
Sottano fu acquistato da Paolo Agliata “investendosene
a dì 15 marzo 1663”.
“Indi se ne
investì Francesco Violanti a 29 luglio 1690, come figlio di Andrea Violanti
chiamato in testamento da Paolo Agliata
anzidetto primo acquistatore”.
Carlo
Ortolano fu investito di Bordonaro Soprano il 26 agosto \1739 “…come figlio di Sosolino”.
IL COMPLESSO
ARCHITETTONICO
Gran parte del complesso architettonico è crollato,
purtroppo, sotto il peso degli anni e soprattutto dell’incuria.
La
masseria è costituita da una recinto fortificato di pianta rettangolare, il cui
perimetro si sviluppa lungo le asperità del terreno. La cinta muraria proteggeva la masseria da eventuali attacchi
nemici. All’interno del recinto fortificato si trovano le strutture rurali
distinte in due gruppi: gli edifici per
la residenza del proprietario o dell’amministratore e gli alloggi dei dipendenti;
gli edifici di servizio destinati a stalle, depositi o magazzini.
Isolata si trova la torre ed esternamente al recinto
fortificato si trovavano gli ingrottati, i pagliai e altre strutture di servizio
della masseria.
1)
Torre
– 2) Edifici Abitativi – 3) Edifici di Servizio
Varcato
l’ingresso sulla sinistra erano posto gli edifici abitativi destinati alla
servitù ed alla conduzione agricola della masseria.
Erano
due grandi ambienti ai quali ne seguivano altri di minore dimensione.
Edifici anche se irriconoscibili
rispetto alla loro configurazione originaria, permettono di avanzare alcune
ipotesi sul loro aspetto. Si trattava di un edificio ad una sola elevazione,
dotato di ambienti comuni per l’alloggiamento dei dipendenti e per gli ambienti
di servizio. Coperto con un tetto ad una falda unica inclinata verso l’interno
della corte.
Proseguendo
oltre, sempre sulla sinistra ed addossato al muro di cinta, c’era l’edificio
principale con gli alloggi del proprietario o dell’amministratore.
Una
struttura a due elevazioni, con
interventi edilizi in epoche diverse, come rilevò un esame delle strutture
murarie quando queste erano ancora integre.
L’edificio
presentava l’aspetto del palazzo baronale con un piano terra, accessibile dalla
corte, dove si trovavano gli ambienti di
servizio (cucina, magazzino, ecc.) ed un piano superiore, raggiungibile
attraverso una scala esterna, adibito a reside4nza del nobile con la sala
pranzo, sala riposo, ecc.
Alla
facciata principale dell’edificio erano addossate altre strutture cioè dei
corpi aggiunti successivamente anche in epoche recenti senza alcun controllo …
Assonometria della masseria fortificata
La Torre di Bordonaro Soprano
Di fronte all’ingresso della masseria , sempre addossati alla cinta
muraria, c’erano gli edifici adibiti a magazzini. Si presentano ad una sola
elevazione e con tetto a falde sorretto da grosse colonne in murature di
pietrame ed intonacate. Al centro c’era un unico grande ambiente che costituiva
il vano principale mente altri vani più piccoli, comunicanti fra di loro grazie
a degli archi, destinati a depositi e magazzini di prodotti agricoli
completavano la struttura principale.
Sul lato orientale e meridionali della cinta muraria
erano addossati gli edifici destinati a stalle. Erano strutture piuttosto
modeste come dimensioni e poste di continuo. Recano ancora i segni della loro antica utilizzazione come
mangiatoie, sedili, ripiani. Erano ad una sola elevazione e dovevano presentare
una copertura ad una falda inclinata verso l’interno del cortile.
Esternamente alla cinta muraria, in qualche tratto,
sono presenti degli edifici di epoca tarda. Edifici destinati ad usi di
servizio della masseria, con ingresso autonomo e ambienti ricavati in parte direttamente nel costone roccioso al
quel erano parzialmente addossate.
La torre è posta tra l’edificio nobiliare e gli
edifici destinati a magazzini. È isolata su un banco di roccia ed accessibile
attraverso una piccola scala addossata all’edificio baronale.
Presenta una pianta quadrata, di circa 6 metri di
lato, con un’altezza di circa 12 metri dal piano d’imposta. Presenta due
elevazioni, anche se la presenza di falsi marcapiani esterni potrebbe indurre
l’osservatore a pensare a quattro piani.
La prima elevazione è completamente chiusa ad
eccezione del vano d’ingresso (con un portale in pietra sul lato orientale e di
una piccola finestra di controllo sul lato meridionale).
Questa elevazione fino al primo marcapiano costituisce
il basamento della torre con la tipica forma dei muri a sperone.
La seconda elevazione presenta invece tre finestre sul
lato settentrionale, orientale e meridionale delle torre, mentre il lato
occidentale ne è privo.
L’edificio termina con una merlatura che fa da
coronamento alla copertura piana del tetto. Al di sotto dei merli, nella
facciata meridionale della torre, fuoriescono dalla struttura muraria due
grosse mensole in pietra, a ricordo di un sistema di difesa a caditoia.
All’interno la torre presenta un vano per ogni
elevazione che sono collegati tra di loro da una scala ricavate nello spessore
murario (nei muri settentrionale ed orientale) dotata di feritoie.
Secondo la tradizione orale nelle fondamenta della
torre era presente una cisterna scavata quindi nella viva roccia. Una cisterna
indispensabile per l’approvvigionamento idrico soprattutto in caso di
prolungato assedio.
La stanza al piano terra fu in un primo tempo adibita
a magazzino venne successivamente trasformata in cappella e dedicata a San
Giuseppe. Al primo piano si nota invece un camino a dimostrazione che il vano
venne adoperato come abitazione.
Cappella di San Giuseppe al piano terra della Torre
Il cortile interno, racchiuso dagli edifici e dalla
cinta muraria, era articolato in gradoni in modo da raccordare le varie
differenze di quota esistenti sul terreno. La pavimentazione era con
acciottolato con ricorsi in selce di pietra locale, secondo una tecnica
costruttiva del luogo. Il baglio era anche il luogo in cui i lavoranti si riunivano la sera per
discutere e confrontarsi sui lavori svolti nella giornata.
.
L’attività
rurale della masseria è testimoniata fino alla metà del XX secolo grazie alla
presenza di strutture in parte naturali e in parte artificiali perché create
dall’intervento dell’uomo.
Le
strutture naturali sono costituite da grotte di viaria dimensione, alcune delle
quali scavati dall’uomo nel costone roccioso, altre costituite da anfratti
naturali dello stesso costone che venivano utilizzate come ricovero o riparo
per i pastori.
Oggi purtroppo è un rudere, semidiroccata in
più punti sia per crolli sia per la cattiva abitudine di asportazione di
materiale lapideo. Di molti edifici rimangono solo le fondamenta o piccoli
tratti di mura in elevazione.
Anche le strutture che si trovavano esternamente al
complesso architettonico - ovili, pagliai - sono del tutto irriconoscibili,
essendo rimasti solamente cumuli di macerie.
L’unica struttura apparentemente intatta è la torre
che svetta sul costone roccioso: tuttavia essa presenta numerose tracce di
degrado e di dissesto strutturale, diverse lesioni su tutte le facciate che
evidenziano il pericoloso stato di precarietà della struttura. La merlatura del
tetto è per la maggior parte distrutta, anche se ancora riconoscibile nelle sue
forme essenziali, mentre le volte di copertura dei vani interni presentano notevoli
tracce di cedimento e la scala di collegamento fra il primo e il secondo
livello risulta totalmente impraticabile. Nonostante l’apposizione di tiranti
in ferro in epoca imprecisata in corrispondenza delle imposte delle volte, la
struttura si presenta fortemente degradata e prossima al collasso.
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1.
LA
MASSERIA BORDONARO.. LO SPECCHIO D’UN TEMPO
PERDUTO.. I RICORDI DI UNA
CIVILTA’ PERDUTA ATTRAVERSO LE IMMAGINI CON L’INCHIOSTRO DI
CHINA… OPERE DI NUNZIO DI
PASQUALE
Nell’ampio baglio, nel silenzio più
assoluto, sembra vivere un senso di abbandono, come per una scelta decisa da
altri, contro la quale è impossibile abbozzare un minimo di resistenza. Tutto
un patrimonio di esperienze, di vissuti, di attività, di illusioni sembrano
tutti relegati in un armadio del passato avvolti da una dimensione irrepetibile del tramontato..
Aratri e carretti, selle e basti, vanghe e
lucerne, che hanno accompagnato chissà quante volte i gesti, mille volti
ripetuti, di questa gente di campagna, nel calendario cadenzato delle occasioni
agricole, sono come relegate nello spazio che non conosce più utilità,
occupano, vuoti a perdere accanto ad altri vuoti a perdere, il vuoto
indifferente di un tempo ormai definitivamente trascorso.
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