Fildidonna.. Piano Maenza … Dosso Tamburaro…. Frangello…. Siti archeologici Eneolitici e scrigni di cultura dimenticati e lasciati ai tombaroli…….























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Indice
Contrada Fildidonna (Militello Val Catania);
La storia della linea ferroviaria Catania – Caltagirone – Gela e della stazione ferroviaria di Fildidonna;
nella stazione venne arrestato l’indimenticabile Francesco Basso, detto Ciccio, sindaco di Militello;
Le capanne di Fildidonna;
Brucoli, contrada Gisira – Video;
Mazara del vallo , contrada Roccazzo, video;
le capanne di via Guidorossi – Parma;
Piano Maenza (Militello V.C.);
Contrada Frangello (Militello V. C.);
Dosso Tamburaro (Militello V.C.);
Contrada Casalpietra (Trapani) – video;
Contrada Castelluzzo (Militello V.C.); cenni
Piano di Santa Barbara e Cava dei Monaci (Militello V.C.); cenni
Poggio Santa Croce (Palagonia).
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La Piana di Catania nel corso dell’età Neolitica (6000 a.C.) presentava una discreta colonizzazione che ebbe un incremento nel corso del Neolitico finale (3500 – 3000 a.C.). Le valli fluviali del Simeto, del Gornalunga e del Dittaino permisero di raggiungere ed occupare i vasti territori pianeggianti adatti allo sviluppo dell’agricoltura.
Sulla propaggine del Plateau Ibleo, che si affaccia sulla Piana di Catania (nel suo margine Sud-occidentale), si trovano due importanti centri dell’Età del Rame (Eneolitico, 2800 – 2500 a.C.) entrambi posti nel territorio di Militello in Val di Catania:
- Fildidonna;
- Dosso Tamburaro.
Nel corso della prima Età del Rame (Eneolitica) furono occupati gli altipiani prospicienti alla Piana. Altipiani di natura calcarea ed i primi ad essere occupati furono proprio quelli di Dosso Tamburaro e di Fildidonna.
Dal punto di vista geologico i suddetti due altipiani costituiscono, insieme all’altopiano delle coste di S. Febronia, il naturale affaccio del tavolato Ibleo sulla Piana di Catania.

Il limite (indicativo) del Plateau Ibleo sulla Piana di Catania.

Contrada Fildidonna vista da Nord (dalla Piana di Catania).

Contrada Fildidonna vista da Ovest.

Contrada Fildidonna vista da Est.







Un altopiano molto fertile e un tempo sapientemente coltivato. Ricordo  nel 1970 anche estese coltivazioni di cotone  che si estendevano dalla stazione di Fildidonna nell’altipiano, oggi scomparse dal territorio siciliano.
L’altipiano presenta la stazione ferroviaria di Fildidonna della linea Catania – Caltagirone – Gela.
Una stazione che era distante dai centri abitati e che fu in seguito declassate a “posto di movimento”.
La Storia della Linea Ferroviaria Catania – Caltagirone – Gela e della Stazione di Fildidonna.
La costruzione delle linee ferroviarie in Sicilia avvenne dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia.
Era consolidato il pensiero che il trasporto ferroviario avrebbe favorito lo sviluppo del territorio.
 
La Camera di Commercio di Catania, gli imprenditori locali e i produttori agricoli chiedevano con insistenza alle autorità locali la realizzazione di una serie di collegamenti ferroviari tra l’interno dell’Isola e il Porto di Catania.
L’uno luglio 1869 venne inaugurata, con il completamento del bellissimo Viadotto della Marina e della Galleria dell’Acquicella, la tratta da Catania fino ad Acquicella e da quest’ultima fino a Bicocca ed alla Stazione di Lentini. Il 10 gennaio 1871 fu completata la linea fino alla Stazione di Siracusa.
Nel 1872 gli imprenditori agricoli del Calatino (comprensorio di Caltagirone) chiesero la costruzione di una linea ferroviaria che collegasse la città di Caltagirone con Catania. Una linea che, in prossimità del Lago di Lentini, si  doveva unire con la linea Catania – Siracusa. Per i produttori agricoli ed industriali del Calatino era molto importante la costruzione di questa linea perché  avrebbe agevolato l’immissione del prodotti nel mercato. Un altro aspetto era legato all’importanza commerciale del Porto di Catania.
Venne quindi  proposto la costruzione della Linea Caltagirone – Valsavoia.  Valsavoia sarebbe stato lo snodo posto sulla Catania -Siracusa, in prossimità del Lago di Lentini ed oggi chiamato “Lentini – Diramazione”.
La linea venne inserita, dalla Legge 29 luglio 187 n. 5002 , tra le linee di terza categoria da costruire.

L. 29 luglio 1879, n. 5002 (Serie 2a)
Legge Baccarini
1879
 
LEGGE
PER LA COSTRUZIONE DI NUOVE LINEE DI COMPLETAMENTO
DELLA RETE FERROVIARIA DEL REGNO
29 Luglio 1879, N. 5002 (Serie 2.a)
 
UMBERTO I
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D' ITALIA
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato, Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1. È autorizzata la costruzione delle ferrovie complementari contemplate dalla presente legge, secondo le norme e condizioni dalla stessa specificate.
Art. 2. Saranno costruite per conto ed a spese dello stato, salvo quanto è disposto nell’art. 31, le ferrovie inscritte nell’annessa tabella A.
Art. 3. Saranno costruite dallo Stato, col concorso obbligatorio di cui all’art. 4, da parte delle provincie interessate, le ferrovie inscritte nell’annessa tabella B.
Art. 4. Le provincie traversate dalle linee indicate nella tabella B, o direttamente interessate alla loro costruzione, concorreranno per un decimo nel costo di costruzione e di armamento delle linee medesime, da pagarsi in venti annue rate.
Il costo delle linee sul quale si determina l’ammontare delle annue rate di concorso, viene fissato al cominciamento dei lavori sulla base dei progetti di esecuzione e delle perizie della linea intera. Questa somma sarà rettificata, rettificandosi i progetti stessi, e quindi definitivamente fissata in base alla finale liquidazione ed accertamento delle spese tutte riflettenti la costruzione completa delle linee. Le somme in aumento o diminuzione saranno aggiunte alle rate non ancora scadute, o detratte dalle medesime.
La decorrenza delle annualità avrà principio dal cominciamento dei lavori.
Le annualità predette saranno iscritte come spese obbligatorie nei bilanci di ciascun anno delle provincie interessate.
Con decreto reale, sentiti i Consigli provinciali, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed il Consiglio di Stato, sarà stabilito il riparto delle quote di contributo per ciascuna linea, fra le dette provincie, secondo il grado d’interesse di ciascuna.
Il costo delle linee sul quale si determina l’ammontare delle annue rate di concorso, viene fissato al cominciamento dei lavori sulla base dei progetti di esecuzione e delle perizie della linea intera. Questa somma sarà rettificata, rettificandosi i progetti stessi, e quindi definitivamente fissata in base alla finale liquidazione ed accertamento delle spese tutte riflettenti la costruzione completa delle linee. Le somme in aumento o diminuzione saranno aggiunte alle rate non ancora scadute, o detratte dalle medesime.
La decorrenza delle annualità avrà principio dal cominciamento dei lavori.
Le annualità predette saranno iscritte come spese obbligatorie nei bilanci di ciascun anno delle provincie interessate.
Con decreto reale, sentiti i Consigli provinciali, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed il Consiglio di Stato, sarà stabilito il riparto delle quote di contributo per ciascuna linea, fra le dette provincie, secondo il grado d’interesse di ciascuna.
Il costo delle linee sul quale si determina l’ammontare delle annue rate di concorso, viene fissato al cominciamento dei lavori sulla base dei progetti di esecuzione e delle perizie della linea intera. Questa somma sarà rettificata, rettificandosi i progetti stessi, e quindi definitivamente fissata in base alla finale liquidazione ed accertamento delle spese tutte riflettenti la costruzione completa delle linee. Le somme in aumento o diminuzione saranno aggiunte alle rate non ancora scadute, o detratte dalle medesime.
La decorrenza delle annualità avrà principio dal cominciamento dei lavori.
Le annualità predette saranno iscritte come spese obbligatorie nei bilanci di ciascun anno delle provincie interessate.
Con decreto reale, sentiti i Consigli provinciali, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed il Consiglio di Stato, sarà stabilito il riparto delle quote di contributo per ciascuna linea, fra le dette provincie, secondo il grado d’interesse di ciascuna.
Art. 5. Saranno costruite dallo Stato, col concorso del 20 per cento delle spese di costruzione e di armamento, per parte delle provincie interessate, le ferrovie inscritte nell’annessa Tabella C.
Il concorso delle provincie viene determinato: quanto alla decorrenza, dal giorno in cui dovranno incominciare i lavori; quanto al riparto delle rate, dal tempo entro il quale i lavori dovranno presumibilmente essere compiti; e quanto alla somma, sulla base dei progetti e delle perizie approvati, salvo quanto è disposto nel primo capoverso dell’articolo 4.
Il concorso delle provincie viene determinato: quanto alla decorrenza, dal giorno in cui dovranno incominciare i lavori; quanto al riparto delle rate, dal tempo entro il quale i lavori dovranno presumibilmente essere compiti; e quanto alla somma, sulla base dei progetti e delle perizie approvati, salvo quanto è disposto nel primo capoverso dell’articolo 4.
Il concorso delle provincie viene determinato: quanto alla decorrenza, dal giorno in cui dovranno incominciare i lavori; quanto al riparto delle rate, dal tempo entro il quale i lavori dovranno presumibilmente essere compiti; e quanto alla somma, sulla base dei progetti e delle perizie approvati, salvo quanto è disposto nel primo capoverso dell’articolo 4.
Art. 6. Per intraprendere i lavori di costruzione delle ferrovie, di cui all’articolo 5, occorre il previo assenso delle provincie interessate, che complessivamente rappresentino almeno i due terzi del contributo, e regolarmente s’impegnino al pagamento delle loro rispettive quote di concorso.
Art. 7. Per le ferrovie, di cui agli articoli 3 e 5, le provincie avranno diritto di rivalersi di una somma non maggiore di un terzo delle loro rispettive quote di concorso sui comuni direttamente interessati.
In caso di contestazione sulle quote, che dalla Deputazione provinciale fossero assegnate ai detti comuni, si procederà a norma dell’articolo 46 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici.
In caso di contestazione sulle quote, che dalla Deputazione provinciale fossero assegnate ai detti comuni, si procederà a norma dell’articolo 46 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici.
In caso di contestazione sulle quote, che dalla Deputazione provinciale fossero assegnate ai detti comuni, si procederà a norma dell’articolo 46 della legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici.
Art. 8. Quando le provincie interessate non si accordassero rispetto alla loro quota di contributo alla costruzione delle ferrovie, di cui all’articolo 5, il riparto sarà definitivamente stabilito con decreto reale, secondo il grado d’interesse di ciascuna provincia, sentiti il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed il Consiglio di Stato.
Art. 9. La linea da Novara al confine svizzero, presso Pino, dovrà trovarsi compita contemporaneamente alla linea principale del San Gottardo, a norma della Convenzione di Berna del 15 ottobre 1869.
La linea Ivrea-Aosta e le linee di congiunzione dei capiluoghi di provincia dovranno avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee di seconda categoria; la prima dovrà trovarsi compiuta nel 1885.
Le altre linee saranno costruite negli anni nei quali per effetto della presente legge saranno iscritte le somme necessarie alla loro costruzione, salvo le disposizioni dei seguenti articoli 10, 15, 27 e 32.
La linea Ivrea-Aosta e le linee di congiunzione dei capiluoghi di provincia dovranno avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee di seconda categoria; la prima dovrà trovarsi compiuta nel 1885.
Le altre linee saranno costruite negli anni nei quali per effetto della presente legge saranno iscritte le somme necessarie alla loro costruzione, salvo le disposizioni dei seguenti articoli 10, 15, 27 e 32.
La linea Ivrea-Aosta e le linee di congiunzione dei capiluoghi di provincia dovranno avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee di seconda categoria; la prima dovrà trovarsi compiuta nel 1885.
Le altre linee saranno costruite negli anni nei quali per effetto della presente legge saranno iscritte le somme necessarie alla loro costruzione, salvo le disposizioni dei seguenti articoli 10, 15, 27 e 32.
Art. 10. Il Governo del Re è autorizzato a costruire millecinquecentotrenta chilometri di ferrovie secondarie, semprechè, a suo giudizio ed a norma dell’articolo 244 della legge sui lavori pubblici, sia comprovata l’utilità di tali ferrovie; e le provincie e i comuni isolatamente o riuniti in consorzio, colle norme degli articoli 43 e seguenti della legge predetta, abbiano dimostrato di possedere i mezzi per il loro concorso alla relativa spesa di costruzione e di armamento, e si siano regolarmente impegnati al concorso medesimo nelle proporzioni ed alle condizioni specificate nell’articolo 11.
Nelle ferrovie secondarie è compresa la linea Lecco-Colico, la quale dovrà avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee contemplate nel presente articolo.
Nelle ferrovie secondarie è compresa la linea Lecco-Colico, la quale dovrà avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee contemplate nel presente articolo.
Nelle ferrovie secondarie è compresa la linea Lecco-Colico, la quale dovrà avere la precedenza nella costruzione su tutte le linee contemplate nel presente articolo.
Art. 11. Il concorso a carico degli enti interessati, di cui al precedente articolo 10, è di quattro decimi del costo delle linee fino alle prime lire 80,000 al chilometro; di tre decimi nelle successive lire 70,000; e di un decimo nella rimanente somma.
La misura, la decorrenza e il riparto annuo del concorso saranno determinati colle norme fissate nell’articolo 5 della presente legge.
La misura, la decorrenza e il riparto annuo del concorso saranno determinati colle norme fissate nell’articolo 5 della presente legge.
La misura, la decorrenza e il riparto annuo del concorso saranno determinati colle norme fissate nell’articolo 5 della presente legge.
Art. 12. Il Governo del Re è inoltre autorizzato a fare per decreto Reale concessioni di ferrovie pubbliche colle sovvenzioni e colle norme fissate nella legge 29 giugno 1873, numero 1475 (Serie 2a).
Art. 13. Il valore dei terreni ceduti gratuitamente alle provincie e ai comuni per la costruzione delle linee sarà computato nella quota a cui essi sono tenuti in virtù della presente legge.
Art. 14. La proprietà delle linee costruite dallo Stato, per effetto della presente legge, rimarrà interamente a lui devoluta.
Il Governo provvederà all’esercizio di esse linee e corrisponderà agli enti interessati, che hanno concorso alla costruzione di quelle considerate dagli articoli 3, 5 e 10, una partecipazione al prodotto netto quale risulterà dai conti annualmente liquidati dal Governo, deducendo dal prodotto lordo tutte le spese d’esercizio, ed inoltre il 10 per cento per l’uso e il rinnovamento del materiale mobile. Tale partecipazione sarà proporzionale per ogni linea alla quota contribuita dagli enti interessati per la costruzione.
Trascorsi trenta anni dall’apertura delle linee all’esercizio, il Governo potrà liberarsi, in qualsivoglia epoca, dall’obbligo della detta partecipazione corrispondendo agli enti interessati un capitale pari alla quota da essi versata per la costruzione.
Il Governo provvederà all’esercizio di esse linee e corrisponderà agli enti interessati, che hanno concorso alla costruzione di quelle considerate dagli articoli 3, 5 e 10, una partecipazione al prodotto netto quale risulterà dai conti annualmente liquidati dal Governo, deducendo dal prodotto lordo tutte le spese d’esercizio, ed inoltre il 10 per cento per l’uso e il rinnovamento del materiale mobile. Tale partecipazione sarà proporzionale per ogni linea alla quota contribuita dagli enti interessati per la costruzione.
Trascorsi trenta anni dall’apertura delle linee all’esercizio, il Governo potrà liberarsi, in qualsivoglia epoca, dall’obbligo della detta partecipazione corrispondendo agli enti interessati un capitale pari alla quota da essi versata per la costruzione.
Il Governo provvederà all’esercizio di esse linee e corrisponderà agli enti interessati, che hanno concorso alla costruzione di quelle considerate dagli articoli 3, 5 e 10, una partecipazione al prodotto netto quale risulterà dai conti annualmente liquidati dal Governo, deducendo dal prodotto lordo tutte le spese d’esercizio, ed inoltre il 10 per cento per l’uso e il rinnovamento del materiale mobile. Tale partecipazione sarà proporzionale per ogni linea alla quota contribuita dagli enti interessati per la costruzione.
Trascorsi trenta anni dall’apertura delle linee all’esercizio, il Governo potrà liberarsi, in qualsivoglia epoca, dall’obbligo della detta partecipazione corrispondendo agli enti interessati un capitale pari alla quota da essi versata per la costruzione.
Art. 15. Se per la costruzione di alcuna delle linee di cui agli articoli 3, 5 e 10, vi saranno offerte di concorso per parte degli enti interessati maggiori almeno di un decimo delle quote rispettivamente fissate dagli articoli 4, 5 e 11, vi si avrà riguardo nel determinare l’ordine della costruzione delle linee stesse.
Qualora poi da parte degli enti interessati venisse offerta l’anticipazione senza interessi della quota spettante al Governo, le linee, cui tale quota si riferisce, avranno la precedenza nell’ordine della costruzione.
La restituzione dell’anticipazione suddetta verrà dallo Stato eseguita entro dieci anni a decorrere dall’apertura delle linee all’esercizio ed in dieci annue rate uguali senza interessi. Durante tale periodo sarà devoluto agli enti interessati il prodotto netto a norma del precedente articolo 14, che andrà diminuendo annualmente in proporzione delle rate restituite.
Qualora poi da parte degli enti interessati venisse offerta l’anticipazione senza interessi della quota spettante al Governo, le linee, cui tale quota si riferisce, avranno la precedenza nell’ordine della costruzione.
La restituzione dell’anticipazione suddetta verrà dallo Stato eseguita entro dieci anni a decorrere dall’apertura delle linee all’esercizio ed in dieci annue rate uguali senza interessi. Durante tale periodo sarà devoluto agli enti interessati il prodotto netto a norma del precedente articolo 14, che andrà diminuendo annualmente in proporzione delle rate restituite.
Qualora poi da parte degli enti interessati venisse offerta l’anticipazione senza interessi della quota spettante al Governo, le linee, cui tale quota si riferisce, avranno la precedenza nell’ordine della costruzione.
La restituzione dell’anticipazione suddetta verrà dallo Stato eseguita entro dieci anni a decorrere dall’apertura delle linee all’esercizio ed in dieci annue rate uguali senza interessi. Durante tale periodo sarà devoluto agli enti interessati il prodotto netto a norma del precedente articolo 14, che andrà diminuendo annualmente in proporzione delle rate restituite.
Art. 16. Per le ferrovie contemplate nella presente legge, che non possono far parte di una linea o rete principale, dovranno adottarsi i sistemi più economici di costruzione e di esercizio.
Le linee di cui agli articoli 3, 5 e 10, l’esercizio delle quali non possa perturbare quello della rete principale, potranno, a giudizio del Governo, essere costruite a binario ridotto. Per tali ferrovie si potrà permettere che il binario sia collocato sul piano delle strade nazionali, purché rimanga libera per il carreggio una larghezza non minore di metri 5; e colla stessa condizione potranno simili occupazioni essere sanzionate per le strade provinciali e comunali.
Le linee di cui agli articoli 3, 5 e 10, l’esercizio delle quali non possa perturbare quello della rete principale, potranno, a giudizio del Governo, essere costruite a binario ridotto. Per tali ferrovie si potrà permettere che il binario sia collocato sul piano delle strade nazionali, purché rimanga libera per il carreggio una larghezza non minore di metri 5; e colla stessa condizione potranno simili occupazioni essere sanzionate per le strade provinciali e comunali.
Le linee di cui agli articoli 3, 5 e 10, l’esercizio delle quali non possa perturbare quello della rete principale, potranno, a giudizio del Governo, essere costruite a binario ridotto. Per tali ferrovie si potrà permettere che il binario sia collocato sul piano delle strade nazionali, purché rimanga libera per il carreggio una larghezza non minore di metri 5; e colla stessa condizione potranno simili occupazioni essere sanzionate per le strade provinciali e comunali.
Art. 17. Fermi gli obblighi di cui agli articoli precedenti, il Governo del Re potrà concedere all’industria privata la costruzione e l’esercizio, anche a binario ridotto, di quelle fra le linee contemplate negli articoli 3, 5, e 10, per le quali la concessione dell’esercizio non perturbi il sistema generale che sarà da esso adottato per esercitare le reti principali, e purché ne risultino per la Finanza dello Stato oneri rispettivamente non maggiori di quelli che conseguono dagli articoli 4, 5 e 11.
Gli atti di concessione saranno sottoposti all’approvazione del Parlamento.
Gli atti di concessione saranno sottoposti all’approvazione del Parlamento.
Art. 18. Sulla domanda dei Corpi morali interessati, il Governo potrà fare per decreto reale ad essi la concessione delle linee contemplate nell’articolo 10 da essere costruite a binario ridotto, rimanendo fermo il concorso dello Stato nelle proporzioni che conseguono direttamente dalle disposizioni contenute nell’art. 11.
Il concorso a carico dello Stato si estenderà anche alla spesa per la provvista del materiale mobile.
I concessionari saranno obbligati a fare la costruzione e l’armamento delle linee a proprie spese e ad esercitarle a loro rischio e pericolo con materiale mobile proprio.
Queste concessioni potranno farsi per un tempo non maggiore di 90 anni.
Il concorso a carico dello Stato si estenderà anche alla spesa per la provvista del materiale mobile.
I concessionari saranno obbligati a fare la costruzione e l’armamento delle linee a proprie spese e ad esercitarle a loro rischio e pericolo con materiale mobile proprio.
Queste concessioni potranno farsi per un tempo non maggiore di 90 anni.
Art. 19. Restano fermi gli obblighi che dalle leggi 14 maggio 1865, n. 2279 e 28 agosto 1870, n. 5858, sono stati imposti alla Società delle ferrovie meridionali per la costruzione delle linee Aquila-Rieti e Termoli-Campobasso alla linea Benevento-Napoli.
Qualora fosse revocata o venisse risoluta, per la parte che riguarda le linee predette, la concessione fatta alla Società delle ferrovie meridionali, si applicheranno alle medesime linee, rispettivamente, le disposizioni degli articoli 2 e 3 della presente legge, e sarà cominciata immediatamente la loro costruzione per essere compiuta nel termine generale fissato dall’art. 9.
Qualora fosse revocata o venisse risoluta, per la parte che riguarda le linee predette, la concessione fatta alla Società delle ferrovie meridionali, si applicheranno alle medesime linee, rispettivamente, le disposizioni degli articoli 2 e 3 della presente legge, e sarà cominciata immediatamente la loro costruzione per essere compiuta nel termine generale fissato dall’art. 9.
Art. 20. Non è approvata la convenzione coll’annesso capitolato stipulata il 30 ottobre 1872 fra il Ministro delle Finanze, quello dei Lavori Pubblici e la Società civile proprietaria della tenuta demaniale di Monticchio, per la costruzione e l’esercizio di una strada ferrata dalla stazione di Candela pel ponte di Santa Venere alla Fiumara d’Atella.
Art. 21. Il tracciato delle linee indicate nella presente legge ed i punti di distacco dalle linee esistenti saranno determinati per decreto Ministeriale, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, mantenendo però inalterato l’andamento generale delle linee con questa legge approvato.
Art. 22. Ai Consorzi di provincie e di comuni, che si costituiranno per le ferrovie contemplate nella presente legge, si applicheranno le disposizioni degli articoli 7, 8, 9 e 10 della legge 29 giugno 1873, n. 1475 (Serie 2a).
Art. 23. Alle ferrovie, che saranno concesse in virtù della presente legge, saranno applicate le esenzioni e franchigie indicate negli articoli 4, 5 e 6 della legge sopracitata 29 giugno 1873.
Art. 24. È autorizzata la spesa di lire 1,260,000,000 per le costruzioni ferroviarie contemplate nella presente legge, per soddisfare agli impegni relativi a ferrovie dipendenti da leggi precedenti, e per provvedere le nuove linee del necessario materiale mobile. Questa spesa sarà imputata ai bilanci del Ministero dei Lavori Pubblici, a datare dal 1880 a tutto il 1900, in guisa che gli stanziamenti annui risultino della effettiva somma di 60,000,000 di lire.
Art. 25. Per le spese dipendenti dagli oneri derivanti allo Stato per la continuazione e pel saldo dei lavori di ferrovie già state autorizzate, e pei lavori in conto capitale relativi a ferrovie in esercizio, sono stabiliti i seguenti stanziamenti, da ripartirsi secondo i diversi oggetti in capitoli distinti nei bilanci successivi del Ministero dei Lavori Pubblici.

Art. 27. Le somme che, prelevati gli stanziamenti per le spese di cui ai precedenti articoli 25 e 26 e per lo acquisto dell’occorrente materiale mobile avanzeranno sull’annuo assegno complessivo di 60 milioni di lire, saranno attribuite ai lavori di costruzione delle linee delle altre categorie di cui agli articoli 3, 5 e 10, e saranno ripartite pei singoli esercizi a partire dal 1880 a tutto il 1900 nella proporzione dell’importo totale del contributo dello Stato, rispettivamente assegnato per le categorie stesse, cioè:
Per le linee di cui all’articolo 3 (2a categoria).
Contributo dello Stato. . . . . . . . L. 253,566,600
Per le linee di cui all’art. 5 (3a categoria).
Contributo dello Stato. . . . . . . . » 259,797,120
Per le linee di cui all’art. 10 (4a categoria).
Contributo dello Stato. . . . . . . . » 105,630,000
Totale . . . L. 618,993,720
Il riparto della spesa per le linee di cui nella tabella annessa all’art. 3 (categoria 2a) comprenderà un periodo di anni 18, ossia dal 1880 a tutto il 1897; ed un periodo di anni 21, cioè dal 1880 a tutto il 1900, il riparto della spesa per le linee di cui agli articoli 5 e 10 della presente legge (categorie 3 e 4).
Quelle somme, che in un anno non vi fosse modo di erogare in una di questa categorie di spese, potranno essere nell’anno stesso assegnate alle altre categorie, salvo la debita reintegrazione negli anni seguenti.
Art. 28. Presso l’Amministrazione della Cassa dei Depositi e Prestiti e all’immediata dipendenza della medesima vi sarà una Cassa delle Strade Ferrate garantita dallo Stato, per il servizio dei titoli da emettersi a norma di questo articolo, allo scopo di procurare allo Stato, alle provincie, ai comuni ed ai loro Consorzi i mezzi per soddisfare gli obblighi loro rispettivamente imposti dalla presente legge.
I prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi saranno fatti dalla Cassa predetta sopra delegazioni degli esattori delle imposte dirette, quali sono stabilite dagli articoli 3 e 7 della legge 27 marzo 1871, n. 131.
Le delegazioni non potranno essere in numero maggiore di 75, e ciascuna delegazione non potrà importare un onere maggiore del quinto delle imposte erariali sui terreni e fabbricati per l’anno in cui il prestito verrà contratto.
Nel computo del quinto, di cui sopra, sarà incluso l’ammontare delle delegazioni che dallo stesso comune, o dalla stessa provincia, fossero già state rilasciate a norma della predetta legge 27 marzo 1871, e dell’art. 17 della legge 27 maggio 1875, n. 2779.
I contratti di mutuo fra le provincie, i comuni e loro Consorzi, e l’Amministrazione della Cassa dei Deposi ti e Prestiti (Cassa delle Strade Ferrate) andranno esclusivamente soggetti alla tassa fissa.
Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad emettere ogni anno ed alienare per mezzo della Cassa predetta tanti titoli fruttiferi 5 per cento, ammortizzabili in 75 anni, quanti occorrano per far entrare nelle Casse dello stato la somma di 60 milioni, giusta l’art. 24; e per procurare le somme per prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi pel pagamento dei concorsi e delle anticipazioni di cui agli articoli 4, 5, 11, 15 e 31.
La detta Cassa verrà sottoposta alla sorveglianza diretta del Parlamento, esercitata da una Commissione eletta annualmente, la quale alla fine dell’anno riferirà con analoga relazione.
La Cassa delle Ferrovie renderà il conto giudiziale di ogni esercizio alla Corte dei conti. Con decreto Reale verranno stabilite le norme opportune per il tempo, il modo ed il saggio delle emissioni; per il sorteggio ed il rimborso dei titoli; pel pagamento dei frutti e per tutt’altro riferentesi all’andamento amministrativo della Cassa predetta.
I prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi saranno fatti dalla Cassa predetta sopra delegazioni degli esattori delle imposte dirette, quali sono stabilite dagli articoli 3 e 7 della legge 27 marzo 1871, n. 131.
Le delegazioni non potranno essere in numero maggiore di 75, e ciascuna delegazione non potrà importare un onere maggiore del quinto delle imposte erariali sui terreni e fabbricati per l’anno in cui il prestito verrà contratto.
Nel computo del quinto, di cui sopra, sarà incluso l’ammontare delle delegazioni che dallo stesso comune, o dalla stessa provincia, fossero già state rilasciate a norma della predetta legge 27 marzo 1871, e dell’art. 17 della legge 27 maggio 1875, n. 2779.
I contratti di mutuo fra le provincie, i comuni e loro Consorzi, e l’Amministrazione della Cassa dei Deposi ti e Prestiti (Cassa delle Strade Ferrate) andranno esclusivamente soggetti alla tassa fissa.
Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad emettere ogni anno ed alienare per mezzo della Cassa predetta tanti titoli fruttiferi 5 per cento, ammortizzabili in 75 anni, quanti occorrano per far entrare nelle Casse dello stato la somma di 60 milioni, giusta l’art. 24; e per procurare le somme per prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi pel pagamento dei concorsi e delle anticipazioni di cui agli articoli 4, 5, 11, 15 e 31.
La detta Cassa verrà sottoposta alla sorveglianza diretta del Parlamento, esercitata da una Commissione eletta annualmente, la quale alla fine dell’anno riferirà con analoga relazione.
La Cassa delle Ferrovie renderà il conto giudiziale di ogni esercizio alla Corte dei conti. Con decreto Reale verranno stabilite le norme opportune per il tempo, il modo ed il saggio delle emissioni; per il sorteggio ed il rimborso dei titoli; pel pagamento dei frutti e per tutt’altro riferentesi all’andamento amministrativo della Cassa predetta.
I prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi saranno fatti dalla Cassa predetta sopra delegazioni degli esattori delle imposte dirette, quali sono stabilite dagli articoli 3 e 7 della legge 27 marzo 1871, n. 131.
Le delegazioni non potranno essere in numero maggiore di 75, e ciascuna delegazione non potrà importare un onere maggiore del quinto delle imposte erariali sui terreni e fabbricati per l’anno in cui il prestito verrà contratto.
Nel computo del quinto, di cui sopra, sarà incluso l’ammontare delle delegazioni che dallo stesso comune, o dalla stessa provincia, fossero già state rilasciate a norma della predetta legge 27 marzo 1871, e dell’art. 17 della legge 27 maggio 1875, n. 2779.
I contratti di mutuo fra le provincie, i comuni e loro Consorzi, e l’Amministrazione della Cassa dei Deposi ti e Prestiti (Cassa delle Strade Ferrate) andranno esclusivamente soggetti alla tassa fissa.
Il Ministro del Tesoro è autorizzato ad emettere ogni anno ed alienare per mezzo della Cassa predetta tanti titoli fruttiferi 5 per cento, ammortizzabili in 75 anni, quanti occorrano per far entrare nelle Casse dello stato la somma di 60 milioni, giusta l’art. 24; e per procurare le somme per prestiti alle provincie, ai comuni e loro Consorzi pel pagamento dei concorsi e delle anticipazioni di cui agli articoli 4, 5, 11, 15 e 31.
La detta Cassa verrà sottoposta alla sorveglianza diretta del Parlamento, esercitata da una Commissione eletta annualmente, la quale alla fine dell’anno riferirà con analoga relazione.
La Cassa delle Ferrovie renderà il conto giudiziale di ogni esercizio alla Corte dei conti. Con decreto Reale verranno stabilite le norme opportune per il tempo, il modo ed il saggio delle emissioni; per il sorteggio ed il rimborso dei titoli; pel pagamento dei frutti e per tutt’altro riferentesi all’andamento amministrativo della Cassa predetta.
Art. 29. Su tutte le linee ferroviarie del Regno, le quali a partire dalla pubblicazione della presente legge verranno costruite dallo Stato, sia per intero, sia col concorso degli interessati nei limiti stabiliti, e che rimangono di proprietà dello Stato medesimo, viene per effetto della presente legge costituita la ipoteca legale a garanzia dei titoli, di cui all’articolo precedente, senza che occorra la formalità della iscrizione.
Art. 30. I titoli ferroviari saranno inclusi separatamente nel Gran Libro, e godranno del beneficio del deposito accordato dalla legge del 4 aprile 1856.
Le cedole (vaglia o coupons) saranno trimestrali, pagabili nel Regno, e potranno essere ricevute in pagamento delle imposte dirette. Questo pagamento potrà farsi colle cedole del trimestre in corso e con quelle del trimestre successivo.
Le cedole (vaglia o coupons) saranno trimestrali, pagabili nel Regno, e potranno essere ricevute in pagamento delle imposte dirette. Questo pagamento potrà farsi colle cedole del trimestre in corso e con quelle del trimestre successivo.
Le cedole (vaglia o coupons) saranno trimestrali, pagabili nel Regno, e potranno essere ricevute in pagamento delle imposte dirette. Questo pagamento potrà farsi colle cedole del trimestre in corso e con quelle del trimestre successivo.
Art. 31. Le sovvenzioni volontariamente votate dai comuni e dalle provincie per le linee contemplate nella tabella annessa all’art. 2 sono integralmente devolute allo Stato.
In luogo però delle sovvenzioni, che riguardano la linea di cui al n. 8 della predetta tabella, è stabilito un concorso nella spesa di costruzione della somma di lire 10,745,000, da dividersi fra i Corpi morali interessati colle norme di riparto fissate dall’art. 4. Le sovvenzioni votate per le linee delle altre categorie sono parimenti devolute allo Stato fino alla concorrenza delle rispettive quote di contributo dovute a norma della presente legge.
Per sopperire al pagamento degli oneri predetti, le provincie ed i comuni potranno valersi delle disposizioni di cui all’art. 28; e per il pagamento di quelli che riguardano le linee di cui nella tabella annessa all’art. 2, potranno valersi anche del termine indicato nell’art. 4.
In luogo però delle sovvenzioni, che riguardano la linea di cui al n. 8 della predetta tabella, è stabilito un concorso nella spesa di costruzione della somma di lire 10,745,000, da dividersi fra i Corpi morali interessati colle norme di riparto fissate dall’art. 4. Le sovvenzioni votate per le linee delle altre categorie sono parimenti devolute allo Stato fino alla concorrenza delle rispettive quote di contributo dovute a norma della presente legge.
Per sopperire al pagamento degli oneri predetti, le provincie ed i comuni potranno valersi delle disposizioni di cui all’art. 28; e per il pagamento di quelli che riguardano le linee di cui nella tabella annessa all’art. 2, potranno valersi anche del termine indicato nell’art. 4.
In luogo però delle sovvenzioni, che riguardano la linea di cui al n. 8 della predetta tabella, è stabilito un concorso nella spesa di costruzione della somma di lire 10,745,000, da dividersi fra i Corpi morali interessati colle norme di riparto fissate dall’art. 4. Le sovvenzioni votate per le linee delle altre categorie sono parimenti devolute allo Stato fino alla concorrenza delle rispettive quote di contributo dovute a norma della presente legge.
Per sopperire al pagamento degli oneri predetti, le provincie ed i comuni potranno valersi delle disposizioni di cui all’art. 28; e per il pagamento di quelli che riguardano le linee di cui nella tabella annessa all’art. 2, potranno valersi anche del termine indicato nell’art. 4.
Art. 32. Colla legge annuale del bilancio di prima previsione del Ministero dei Lavori Pubblici, il Governo presenterà all’approvazione del Parlamento un prospetto degli impegni da assumere e delle somme a stanziarsi per le singole categorie, col riparto per ciascuna linea.
Art. 33. Con legge speciale sarà provveduto alla costruzione della rete delle ferrovie secondarie della Sardegna da eseguirsi con metodi economici.
La detta legge sarà presentata al Parlamento entro un anno dall’apertura al pubblico servizio delle ferrovie in costruzione nell’isola di Sardegna per effetto della Convenzione approvata con legge 20 giugno 1877, n. 3910 (Serie 2a).
La detta legge sarà presentata al Parlamento entro un anno dall’apertura al pubblico servizio delle ferrovie in costruzione nell’isola di Sardegna per effetto della Convenzione approvata con legge 20 giugno 1877, n. 3910 (Serie 2a).
Art. 34. Con legge speciale da presentarsi entro tre anni sarà provveduto alla costruzione fra Napoli e Roma di una diretta comunicazione ferroviaria, alla quale potranno coordinarsi le linee da Velletri a Terracina, e da Sparanise a Gaeta, fermo per la costruzione di queste due linee quanto è disposto nell’art. 5.
Art. 35. Il Governo è autorizzato a permettere temporaneamente, e per non più di 20 anni, che sulle ferrovie private si faccia il servizio pubblico, mediante l’osservanza delle norme e cautele che esso prescriverà, ed il pagamento delle tasse stabilite sui trasporti ferroviari per tutto ciò che concerne il servizio pubblico.




Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d’ Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Dato a Roma, addì 29 luglio 1879.
UMBERTO
 
A. BACCARINI
B. GRIMALDI
 
Note
 Dagli Elenchi pubblicati dal Ministero dei Lavori Pubblici colla Circolare 2 Agosto 1879 risulta che la Ferrovia Parma-Brescia-Iseo ha la lunghezza di Chilom. 104, che il suo costo chilometrico è di L. 158,654, e il costo presunto complessivo è di L. 16,500,000, di cui L. 13,200,000 a carico dello Stato e L 3,300,000 a carico delle Provincie e dei Comuni interessati.
Edizione: Allegato al processo verbale del Consiglio provinciale di Brescia del giorno 17 novembre 1879. Brescia, Tipografia Apollonio, 1879.
https://it.wikisource.org/wiki/L._29_luglio_1879,_n._5002,_per_la_costruzione_di_nuove_linee_di_completamento_della_rete_ferroviaria_del_Regno

La Legge prevedeva per le linee, appartenenti alla terza categoria, il coinvolgimento nelle spese di costruzione degli enti locali.
Quindi i Comuni interessati si costituirono in un Consorzio per presentare al Governo la richiesta di Concessione.
In riferimento alla Linea Valsavoia – Caltagirone, nella città di Caltagirone il 6 agosto 1877 venne elaborato ed approvato un progetto che prevedeva lo stanziamento da parte degli Enti Locali della somma complessiva di 2.000.000 di lire. La cifra fu ripartita tra i seguenti Comuni (in percentuale):
- Provincia di Catania: 15%;
- Comune di Catania: 12%;
- Caltagirone: 37%;
- Vizzini: 12%;
- Militello in Val di Catania: 9%;
- Grammichele: 7%;
- Scordia: 5%;
- Licodia Eubea: 3%.
Il Governo approvò lo stanziamento dei fondi necessari solo nel mese di ottobre 1881 ma con il contributo di un decimo delle spese a carico del Consorzio…
...fra S. E. il Ministro dei lavori pubblici, commendatore Giuseppe Saracco (Sottosegretario, Giuseppe Marchiori) e S.E. il Ministro delle finanze (Francesco Crispi) e Ministro per interim del tesoro, commendatore Agostino Magliani (Sottosegretario, Bonaventura Gerardi), contraenti in nome dello Stato, ed il commendatore Adolfo Billia, direttore generale della Società italiana per le Strade ferrate della Sicilia, contraente in nome della Società medesima allo scopo
di costruire una ferrovia passante per contrada
Fildidonna, Militello, contrada Nocifero e Grammichele fino a Caltagirone.
La concessione per la costruzione della linea fu ottenuta dalla
“Società per le Strade Ferrate della Sicilia”.

Il primo tratto da Valsavoia a Scordia fu aperto alla fine di novembre 1889 e l’intera linea fu inaugurata il 31 ottobre 1892.
La “Società per le Strade Ferrate della Sicilia” era formata da un gruppo bancario con prevalente capitale straniero. La sua sede era a Roma e si era costituita grazie alle convenzioni del 1885 che avevano diviso la rete ferroviaria italiana in tre grandi gruppi societari.
In precedenza le linee ferroviarie siciliane erano gestite dalla “Società Vittorio Emanuele”.
La ““Società per le Strade Ferrate della Sicilia” subentrò alla “Società Vittorio Emanuele” che non aveva ancora completato il programma di costruzione in progetto e i cui lavori di realizzazione  procedevano con esagerata lentezza.
Nel 1872 la “Società Vittorio Emanuele” era in gravi difficoltà economiche e il governo incaricò la
Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali
per il completamento e l’esercizio della costruenda rete calabro-sicula.
All’uno maggio 1876 la lunghezza delle rete ferroviaria siciliana era di appena 550 km.
La linea ferroviaria Palermo – Marsala – Trapani entrò in funzione il 5 giugno 1881, costruita dalla “Società della Ferrovia Sicula Occidentale” e, con i suoi 195 km, rappresentava un terzo di tutta la rete ferroviaria siciliana che si estendeva per 597 km.
La “Società per le Strade Ferrate della Sicilia”  proseguì lentamente il programma di costruzione delle linee:
-        Nel 1895 venne completata la ferrovia Messina – Palermo;
-        Alla fine del 1896 la rete ferroviaria siciliana aveva raggiunto uno sviluppo di 1.093 km.
Alla stessa società venne anche affidato il servizio di traghettamento dello Stretto di Messina.
Nel 1893 venne infatti data
La concessione per la navigazione a vapore attraverso lo Stretto..
con l’obbligo di effettuare due corse giornaliere di traghetto tra Messina e
Reggio Calabria.
Quando fu ultimata la Ferrovia Tirrenica Meridionale (Battipaglia – Paola – Reggio Calabria, completata il 31 luglio 1895) furono istituite altre due corse giornaliere per Villa San Giovanni.
Nel 1895 la “Società Sicula” aveva commissionato all’industria cantieristica due ferry-boat, azionate a pale e con motore a vapore, che entrarono in servizio nel 1896 come semplici piroscafi in attesa del completamento delle invasature. I due ferry -boat erano il “Silla” e il “Cariddi”.
Il traghettamento di carri merci cominciò nel novembre 1899 e l’uno agosto 1901 fu inaugurato il traghettamento viaggiatori con due carrozze pullman del treno direttissimo Roma – Siracusa.
Nel 1923 la società venne acquisita dalla
Compagnia Anglo-Romana per l’illuminazione di Roma col Gas ed altri sistemi.

La stazione di Fildidonna venne costruita dalla “Società per le Strade Ferrate della Sicilia” e aperta in occasione del completamento della tratta Valsavoia – Caltagirone, il 31 ottobre 1892.

Immagini della Ferrovia nel tratto: Stazione di Scordia - Stazione di Fildidonna





Linea da: Stazione di Fildidonna  - Stazione di Militello in Val di Catania











La stazione fu caratterizzata da un servizio viaggiatori quasi inesistente e questo a causa della sua lontananza dai centri abitati di Militello in Val di Catania e di Scordia.
Era una stazione di movimento cioè di incroci e precedenze e questo in funzione della lunghezza del tratto Militello – Scordia. Un tratto caratterizzato da una forte ascesa. Fu infatti costruita sul pianoro al termine del tratto che dalla stazione di Scordia presenta un’ascesa del 30 per mille, con i due binari completamente in curva a formare un semicerchio quasi perfetto. All'uscita degli scambi riprendeva l'ascesa fino alla successiva stazione di Militello. La stazione era presenziata da assuntore per tutto il periodo dell'esercizio a Dirigente Unico; divenne impresenziata in seguito all'attivazione della dirigenza centrale operativa.
Il 15 dicembre 2002 fu declassata a Posto di Movimento.




L'orario generale del novembre 1938 prevedeva la fermata di 6 coppie di treni. La fermata venne mantenuta fino alla trasformazione a DCO e all'impresenziamento. Nel 1995 un solo treno al mattino vi faceva fermata.
La stazione di Fildidonna venne dotata di un piccolissimo e basso fabbricato ferroviario posto quasi in corrispondenza degli scambi di ingresso lato Scordia con un corto marciapiede atto a contenere due o tre carrozze a livello. Il fascio binari comprendeva il primo binario (deviato) e il secondo binario di corretto tracciato tra cui era interposto uno stretto marciapiedi per servizio viaggiatori privo di pensilina e di sottopassaggio; oltre ad essi vi era un binario tronco con il piano caricatore dello scalo merci. All'inizio degli anni ottanta la stazione ha ricevuto un Apparato Centrale Elettrico a Itinerari semplificato per il comando degli scambi e degli enti di stazione in seguito all'attivazione del Controllo Centralizzato del Traffico.

Scordia - Caltagirone
Km. 52,901
[Fonte: Società Italiana per le strade ferrate della Sicilia, Ordini di servizio]

Società Italiana per le strade ferrate della Sicilia

Palermo, li 30 Ottobre 1892.

Ordine di Servizio Generale N. 11 - 1892.
Apertura all'Esercizio del tronco di linea Scordia-Caltagirone.
Col giorno 31 ottobre verrà aperto all'Esercizio il nuovo tronco di linea Scordia-Caltagirone, appartenente alla linea Valsavoja-Caltagirone, e della lunghezza di Km. 52 + 90162.
Esso tronco comprende le Stazioni di Fildidonna, Militello, Mineo, Vizzini, Grammichele e Caltagirone provviste tutte di secondo binario, di binario morto, di piano caricatore e di telegrafo.
Le Stazioni di Militello, Vizzini e Caltagirone sono inoltre provviste di magazzino merci e di ponte a bilico; quelle di Vizzini e Grammichele hanno pure il Rifornitore.
Le suddette Stazioni sono ammesse a tutti i servizi tanto interni che cumulativi italiani con le ferrovie del Mediterraneo e dell'Adriatico e con quelle della Sicula Occidentale.

La mitica “Littorina”
Luogo – Militello in Val di Catania
Linea: Catania – Caltagirone – Gela
Rotabile – Aln6681523
Amministrazione – FS
Periodo: Agosto 1995
Foto: Giuseppe Sparacio.

La stazione di Fildidonna fu al centro di una triste vicenda che vide come vittima, il mitico sindaco di Militello in Val di Catania Francesco Basso, detto Ciccio.
Un’importante figura politica nato a Militello V.C. nel 1928. Finite le scuole medie s’iscrisse all’Istituto per geometri “G.B. Vaccarini” di Catania.
Da giovane cominciò a frequentare la “Camera del Lavoro” di Militello.
Il contatto con la triste realtà sociale contadina, l’allontanamento dalla famiglia e i problemi sociali  della famiglia  determinarono nel Basso lo sviluppo di una grande sensibilità e la consapevolezza di una realtà sociale ricca di problemi soprattutto economici.
Il 29 novembre 1949 i contadini di Militello occuparono le terre del cavaliere Beneventano (Francesco sposato con Gaetana Cannavà di Augusta?)  poste in contrada Serravalle di Mineo.
Una contrada famosa per il castello, una fortificazione medievale, detto Xirumi- Serravalle, della famiglia Grimaldi.

Castello di Xirumi - Serravalle


Enna.
Occupazione delle terre del feudo di Sant'Antonino nel 1955.

Francesco Basso si trovava sul treno  Catania – Caltagirone e nella stazione di Fildidonna venne arrestato dai carabinieri della locale stazione. Fu rinchiuso nel carcere di Lentini per alcuni mesi.
L’accusa?
Oltraggio a pubblico ufficiale;
resistenza ed occupazione di terre.
Il Ministro degli Interni era allora… Mario Scelba….. siciliano di Caltagirone……
 Questo episodio gli impedì di prendere il titolo di studio e successivamente prese un diploma di manutentore di caldaie.
Con questo diploma fu assunto presso un frantoio di olive e successivamente aprì un’ officina di elettromeccanica.
Non abbandonò le lotte sociali e politiche e nel giorno del suo matrimonio ci furono degli scontri contro i Carabinieri.
Le sue battaglie politiche, sociali, e contro il “famoso” Ministro Scelba, esponente di spicco della DC, gi causarono numerosi processi per comizi non autorizzati e manifestazioni.
Nel 1970 diventò, con l’appoggio di tutti i cittadini di Militello, Sindaco. Era iscritto nella lista del P.C.I.
Ricoprirà l’importante carica anche nel 1971 e nel 1977 -1978 – 1979.
Fu eletto nel parlamento siciliano (VII Legislatura - 13 giugno 1971 -  29 aprile 1976), ne uscì più povero di quando ci entrò.
Svolse la sua carica sempre in modo gentile, ascoltando tutti e dedicandosi anche all’arte.
Strinse importanti amicizie con Leonardo Sciascia e con Primo Levi.
Alla fine, come tutti i politici onesti, rimase solo e gli restarono i sogni, l’intelligenza creativa degli antichi, il generoso amore per il confronto delle idee.
Un onorevole che rimase sempre un operaio con una dignità molto lontana dai politici di oggi che dovrebbe fare riflettere gli elettori chiamati alle votazioni.
Un vero comunista. Sempre dalla parte dei meno abbienti. Stimato anche dagli avversari politici per la sua onestà e correttezza.....
Negli ultimi anni della sua vita visse a Catania dove morì il 12 novembre 2014.

Francesco Basso, detto Ciccio, al centro della foto con giacca e cravatta.
La foto fu scattata nel 1960 durante la festa dell’1 maggio, organizzata dal PCI.
Una festa  che si svolgeva, se non ricordo male, nella contrada disegnata nella cartina,
a Sud della proprietà  Baudo.
Un grande palco, dove si svolgevano i comizi, poi balli, canti e tavole addobbate.
Un bellissimo ricordo con tanta condivisione di idee e di piacevoli momenti.


…………………………

Probabilmente gli altopiani non era così privi di vegetazione, come appaiono oggi, e difficilmente potevano essere oggetto di insediamenti stabili  a causa dei forti venti a cui sono soggetti.
Ricordo coltivazioni di cotone che iniziavano nei pressi della stazioni di Fildidonna e che si estendevano nel vasto altopiano.
La presenza di questa antica cultura sarebbe legata alla presenza nella cittadina di Militello di piccole attività  legate al cotone e all’esistenza anche di una scuola di cucito. Ricordo l’antica tabaccheria Bonaventura, posta all’angolo di Piazza San Benedetto con la via Umberto, dove un tempo era presente l’Hotel Venezia, con una ricca merceria con merce di altissima qualità.


Anni 70 Militello Val Catania a Za PUDDA in via del Purgatorio !
Si sedeva davanti alla sua porta per fare le calze di cotone.
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Anni ‘50 scuola di cucito Militello val Catania .
Foto di Santo Scire Calabrisotto
 
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In epoca preistorica, in contrada Fildidonna,  erano presenti delle piccole comunità di allevatori nomadi che sfruttavano i pascoli.
Tracce di capanne sono presenti sul Dosso Tamburaro e sulle Coste di Fiumefreddo. Ma i segni più evidenti sono presenti  sull’altopiano di Fildidonna (altopiano di Fildidonna che faceva parte dell’ex feudo Francello?)
Furono rinvenute tre capanne dalla pianta allungata (rettangolare). Presentavano delle misure con una lunghezza fra i 17 – 21 metri e una larghezza tra i 4,80 – 5,40 metri.




Fildidonna (Militello in Val di Catania)
Le tre capanne dell’antica età del rame.
(disegno di M. Puglisi)

Le tre capanne si trovano sull’estremità dell’altopiano che sporge sulla Piana di Catania.
Dal punto di vista architettonico presentano dei caratteri simili:
-        Pianta allungata e absidata;
-        Le pareti sarebbero definite da trincee continue o da tratti di buchi;
-        La presenza di tre fosse lungo l’asse centrale della capanna.
La capanna più grande presenta all’esterno una serie di buchi per l’inserzione di pali.

Fildidonna (Militello in Val di Catania)
La capanna I con una ricostruzione ipotetica

L’elevato della capanna, così come per le altre strutture, era costituito da una palizzata di legno e con una suddivisione interna degli ambienti con pelli. Una struttura facile da smontare per essere ricomposta in un altro sito. Un settore della capanna era destinato agli animali.
Una pianta simile  sarebbe l’espressione di una struttura sociale ben definita e dedita ad una economia pastorale. Il sito veniva occupato solo in determinati periodi legati all’attività pastorale  dove l’allevamento degli animali aveva un ruolo molto importante.
Questi tipi di strutture non sarebbero un unicum nel territorio. In Contrada Gisira (Brucoli - Augusta) fu riportata alla luce una struttura identica. Anche qui  espressione  di una comunità dedita all’allevamento.


Il villaggio è posto su un altopiano calcareo prospicente la costa.
Una posizione importante per il controllo del territorio e per l’accesso al mare.
Il sito presenta capanne circolari e rettangolari che erano costruite con pietra locale.
Una disposizione planimetrica molto ordinata, espressione di una precisa organizzazione sociale.
Il villaggio è affiancato da tombe a grotticella artificiale dove furono rinvenute
ceramiche, decorate con motivi geometrici, strumenti in ossidiana e selce e oggetti in bronzo.

Gisira (Brucoli – Siracusa)) (Spigo, 1985-85).

Insediamento neolitico in località Cozzo Gisira - Banco - P. Bonico
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/04
(Fonte testo scheda di rilevazione n. 16 Piano Paesistico della Provincia di Siracusa  –
Beni Archeologici)



Villaggio neo-eneolitico e sepolture di età neolitica; insediamento e necropoli dell’età del Bronzo Antico; tomba a tholos del Bronzo medio; latomie di età greca nei pressi della linea di costa; area di rinvenimento di ceramica greca di fine V – inizi IV sec. a.C.; vasca scavata nella roccia e  due”altari” scavati nella roccia datati all’età dei metalli. (A1).
Descrizione
Sul pianoro calcareo della Gisira, a ovest di Punta Bonico, è stato individuato un insediamento preistorico. Nel corso di una campagna di scavo condotta dalla Soprintendenza di Siracusa sono stati portati alla luce resti di scavi nella roccia di età preistorica ed in particolare di un sistema di  buchi che definisce due grandi capanne di forma rettangolare ad angoli arrotondati (m 5×2). Una di esse presenta tre buche lungo l’asse maggiore che dovevano servire per i pali portanti della copertura. Nelle buche, insieme alle pietre di rincalzo dei pali, sono stati ritrovati frammenti di  strumenti litici (lamette, nuclei e schegge di lavorazione di ossidiana e selce) e frammenti fittili, che hanno permesso di datare l’insediamento a una fase di transizione fra il tardo Neolitico e la prima età del Rame. Su un pianoro, alle pendici del Cozzo Gisira, già Orsi aveva segnalato la presenza di buchi per pali disposti secondo un tracciato apparentemente circolare di alcune fosse ellittiche ricollegabili a un villaggio del Bronzo Antico, sulla base della ceramica e dei frammenti di industria litica castellucciani raccolti in superficie nell’area. Alcune tombe a grotticella artificiale,  scoperte nella balza rocciosa sottostante, furono ricollegate a una piccola necropoli attinente al villaggio. Nei pressi furono trovati i resti di un pithos e di una vaschetta delimitata da pietre, frammenti ceramici acromi e a vernice nera, e qualche frammento di tegolone, datati alla fine del V-  inizi del IV sec. a.C. E’ probabile che tali materiali indizino una frequentazione occasionale, legata forse ad un riutilizzo delle grotte preistoriche in età greca. In successive ricognizioni di superficie sono state localizzate due tombe vicine: una del Bronzo Antico con prospetto monumentale, l’altra, a tholos, databile al Bronzo medio, ma probabilmente realizzata modificando una preesistente tomba castellucciana; sullo sperone meridionale del pianoro, ai margini del vallone Porcaria, sono state segnalate due piattaforme circolari risparmiate nella roccia interpretate come altari databili all’età dei metalli. Come si deduce da dati di archivio, recenti scavi condotti dalla Soprintendenza di Siracusa, diretti dalla Dott.ssa Basile, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, hanno messo in luce, nella stessa area, un villaggio del Bronzo Antico e alcune tombe della stessa epoca scavate nei cocuzzoli rocciosi circostanti. Alla sommità di uno dei cocuzzoli rocciosi che emergono dal pianoro è stata individuata una vasca ovale in cui confluiva una canaletta di scolo assegnabili ad età moderna. Nella zona costiera, a est del pianoro, la Soprintendenza di Siracusa negli anni Sessanta eseguì una serie di esplorazioni sul banco roccioso di Punta Bonico, mettendo in luce serie discontinue di buchi, per la maggior parte di origine naturale, ma in alcuni casi ampliati e adattati dall’uomo. La loro posizione irregolare non permise di definire i perimetri delle capanne, che si è supposto siano state più volte spostate e ricostruite. In superficie si rinvennero frammenti di strumenti litici in selce e ossidiana (lame, bulini, raschiatoi), macinelli ed accette di basalto, ceramiche a decorazione impressa e incisa di facies stentinelliana. Non lontano dal villaggio, al
margine di una cava recente, furono individuati e scavati: due tombe a fossa ovale foderata di pietre, un focolare circolare delimitato da pietre e una fossa con resti di un’inumazione, dove si raccolse una macina per triturare l’ocra. Nei pressi della linea di costa sono visibili alcune latomie i cui tagli ci riportano a età greca. Ai margini meridionali dell’ex feudo Arcile, sono stati ritrovati materiali fittili e litici attribuiti al Bronzo antico. I materiali sono costituiti da frammenti di strumenti di selce, ossidiana, basalto, e frammenti di rozza ceramica d’impasto. E’ stato ipotizzato che il  villaggio si trovasse a monte della spianata, dove oggi sorge un agrumeto, e che fosse in relazione con il vicino insediamento castellucciano individuato nei pressi di Cozzo Gisira.

Il sito preistorico di Gisira ha una datazione risalente all’Età del Bronzo Antico e Medio,
circa 2000 – 1400 a.C. con prevalenza della facies di Castelluccio.

Altre testimonianze archeologiche nel Territorio di Brucoli.





https://www.youtube.com/watch?v=oPi-PDdAjv4&t=176s




Nel sito archeologico di Roccazzo (Mazara del Vallo -Trapani) sono presenti altri resti dell’età Eneolitica.




Edificio a pianta rettangolare da Roccazzo (Mazara del Vallo, TP)
(1-2. rielab. da Cazzella e Maniscalco 2012; 3. da Tusa 1992).

Le stesse planimetrie delle capanne di Fildidonna e di Gisira,  si trovano nel villaggio eneolitico di Roccazzo, presso Mazara del Vallo (Tusa 1992, pp. 291-294).
Roccazzo è stato il sito più studiato negli ultimi anni, tramite campagne sistematiche di scavi archeologici e l’area, tra l’altro, risulta fortunatamente intatta e costituisce una importante testimonianza dell'originaria fisionomia del paesaggio naturale del sito. L'abitato in particolare è costituito da capanne rettangolari di notevoli dimensioni, costruite in legno con una palizzata continua, piantata saldamente in una trincea scavata nella roccia, dove vi sono le tombe, tipica è quella a pozzetto cilindrico e grotticella singola.
Un’area di grande importanza archeologica anche per le sue rilevanti dimensioni dato che si sviluppa su una superficie di circa 20 ettari.
Un insediamento eneolitico che si sviluppa su un promontorio di natura calcarea, localmente chiamato  “magaggiara”.
Un grande insediamento eneolitico che si sviluppa con grandi capanne con una pianta somigliante ad una barca e con numerose tombe a pozzetto.
La scoperta del sito avvenne nel lontano 1985 ad opera della Soprintendenza per i Beni Culturali di Trapani e da quel momento, una serie di spedizioni archeologiche (le prime tra il 1985-86) portarono alla luce delle testimonianze importanti.

Tomba a pozzetto
Nel 2008 il sito fu oggetto di una campagna di scavo diretta dal compianto prof. Sebastiano Tusa.

Gli scavi riportarono alla luce numerose tombe e capanne eneolitiche (III millennio a.C.), ceramiche neolitiche e dell’Età del Bronzo. Nella parte occidentale dell’altopiano fu rinvenuto un importante complesso, edificio greco. Probabilmente la sua datazione sarebbe legata alla prima fase di colonizzazione del territorio di Selinunte.
Parte dell’edificio greco.
 
L’insediamento eneolitico presentava le trincee di fondazione di quattro capanne dalla pianta rettangolare con le dimensioni di (7 x 16)m. 
Le capanne presentavano l’ingresso orientato verso il mare.
Nella necropoli furono invece rinvenute ben 47 tombe, scavate nella roccia, a grotticella artificiale e con ingresso a pozzetto cilindrico. Ogni tomba era adibita all’inumazione di un solo defunto in posizione rannicchiata o supina. Solo una tomba (la n. 29) presentava ben 14 individui.
La necropoli non era molto lontana dall’insediamento e alcune tombe furono rinvenute vicino alle capanne.
 Il corredo funerario non era ricco, in genere era costituito da ciotole e ollette grigie o verniciate in rosso, ad eccezione del corredo rinvenuto nella tomba n. 40 costituito da un grosso vaso dipinto, due ciotole decorate, una collana di conchiglie marine, due piccoli contenitori d’ocra e un dente di squalo. 
La tomba probabilmente apparteneva  a un sacerdote o a un personaggio importante del villaggio.

 

Attraverso l’esame della distribuzione dei reperti rinvenuti nelle capanne, si stabilì come la zona
zona d’ingresso era adibita agli usi quotidiani mentre la zona nord era riservata per la custodia delle derrate alimentari, nella fattispecie pozzetti per la conservazione dei cereali.
Resti di ceramica, non finemente lavorata, di schegge di selce e di legno fecero proporre l’ipotesi della presenza  di laboratori artigianali.
In età successiva, tra il 1.200 - 1.000 a C., si ritiene che il sito possa essere stato occupato dai Sicani.
Edificio a pianta rettangolare da Roccazzo (Mazara del Vallo, TP)
(1-2. rielab. da Cazzella e Maniscalco 2012; 3. da Tusa 1992).
Le stesse planimetrie delle capanne di Fildidonna e di Gisira,  si trovano nel villaggio eneolitico di Roccazzo, presso Mazara del Vallo (Tusa 1992, pp. 291-294).
Capanne che presentano rispetto a quelle di Fildidonna delle differenze legate:
- Alla presenza di un muro perimetrale;
- Alla loro minore dimensione.



Contrada Roccazzo


Contrada Roccazzo
Villaggio e necropoli neolitici.
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/04
Fonte: Linee guida Piano paesistico regionale   + http://map.sitr.regione.sicilia.it/gis/rest/services/Beni_Culturali

Questo sito per molti anni fu dimenticato dagli organi competenti e non so se oggi la situazione sia cambiata.
Mancavano le indicazioni per raggiungere il sito e le visite nel sito era difficili ed imprevedibili a causa del passaggio in una proprietà privata.
Mancava  un progetto di funzionalità un po' come tanti altri siti del mondo antico dimenticati  dalle autorità siciliane avvolte  nel raggiungimento di benefici mafiosi e di casta italiana.

http://www.regionesicilia.rai.it/dl/sicilia/video/ContentItem-ce6bb711-d0d7-4dfd-96e7-506a9c0ad060.html

Una legge assurda m’impedisce di recarmi di persona a Roccazzo per constatarne lo stato attuale. Ho una patente europea, rilasciata in Germania che mi scade nel 2028 ma….. al rientro in Italia avevo un anno di tempo per convertirla. Purtroppo non ero a conoscenza di questo cavillo giuridico  e la Motorizzazione non ha permesso la conversione.  Questa è la Comunità Europea…..
Una parte dei siti archeologici siciliani rimangono abbandonati e in preda all’incuria totale. Roccazzo merita il giusto valore per la sua lunga storia e per visualizzare la formazione dell’uomo durante le ere rivoluzionarie che cambiarono totalmente il modo di vivere.

Il sogno di Sebastiano Tusa: “Roccazzo parco archeologico”
07 Luglio 2024 11:43
La nuova amministrazione comunale di Mazara, guidata dal rieletto sindaco Salvatore Quinci, avrà il compito di sollecitare la Regione Siciliana perché Roccazzo venga valorizzato come un bene culturale di sommo interesse, altrimenti è destinato a perdersi per l’incuria degli uomini. Occorre una visita in questa straordinario territorio per rendersi conto che a Roccazzo potrebbe nascere un parco archeologico unico In Sicilia e forse in Italia, risalente al neolitico.
Si dovrà curare molto l’aspetto storico (l’architetto Mario Tumbiolo).

Negli Atti dell’Incontro di Studi dell’Università di Verona, del 25 giugno 2013, sul tema
Cronologia Assoluta E Relativa Dell’Età Del Rame in Italia
A cura dellaDott.ssa Daniela Cocchi Genick
furono citate le capanne a pianta rettangolare presenti in Sicilia e datate al momento iniziale dell’Eneolitico caratterizzato dalla facies di Santo Cono-Piano Notaro. Una facies caratterizzata dall’introduzione della lavorazione dei metalli, dai cambiamenti nell’industria litica e dall’affermarsi di ampie necropoli extra-moenia strutturate sul piano spaziale (Leighton 1999, pp. 87-91).
Si affermò come al momento non c’erano elementi sicuri per confermare una possibile relazione tra le strutture a pianta rettangolare in Sicilia e il fenomeno parallelo che riguardava l’Italia centrale.
I dati relativi alla Sicilia, supportati anche da una sequenza di date radiometriche relative alla cultura di San Cono-Piano Notaro (Ibid., p. 271, tab. 4), sembrarono sottolineare una certa priorità del contesto isolano nella ricezione di un modello di abitazione che non aveva alcuna relazione con l’architettura domestica neolitica. 
Non essendoci elementi di confronto sia in Italia meridionale quanto nel vicino arcipelago maltese, l’ipotesi più probabile fu quella di riconoscere nelle long houses della cultura di San Cono-Piano Notaro un modello di origine allogena.
Alla luce di nuovi ritrovamenti si fecero avanti nuove teorie.
In questo contesto archeologico importante fu il rinvenimento di un insediamento a Parma in via Guidorossi – Via La Spezia. 
Il sito fu individuato nel 2006 in seguito alla costruzione di un palazzo. La prima struttura identificata fu una grande fossa polilobata, datata alla fase finale della Cultura neolitica VBQ (Vasi
(La cultura dei vasi a bocca quadrata (VBQ) fu una cultura del Neolitico medio diffusa nell'Italia settentrionale durante il V millennio a.C. Il nome deriva dalla caratteristica forma dei suoi recipienti ceramici, che presentano un'apertura quadrata invece della solita forma circolare). 


Successivamente fu indagata un’area attigua molto vasta (10.000 mq), in occasione della realizzazione di un centro commerciale. Il sito si rilevò di notevole importanza perché restituì abbondanti testimonianze riferite al Neolitico Medio, l’Eneolitico, l’età del Ferro e l’età Repubblicana.


Oggetto: Manufatti - Statuina femminile - Tombe
Cronologia:
L’esteso sito indagato è datato alla II fase della cultura cosiddetta dei “vasi a bocca quadrata”
Località del ritrovamento:
Sito archeologico di Strada Guidorossi in Via Spezia a Parma – Provincia di Parma
Regione: Emilia Romagna
Contesto ambientale: Sepolture
Reperti esposti: I reperti non sono esposti
Stato di conservazione: Discreto
Condizione giuridica: Proprietà Stato.

Le strutture abitative presentavano una pianta rettangolare allungata e il latto corto absidato.

 (Bernabò Brea et alii 2011, pp. 234-237).

La grande capanna rettangolare absidata,  larga circa 4,5 m e lunga 8 m, resta al momento isolata nel panorama italiano, ponendo una serie di interrogativi sul sistema strutturale della copertura che implica l’impiego di travature lignee di adeguata lunghezza, ma soprattutto sull’origine del tipo che, per l’editore del complesso, potrebbe essere accostata a modelli dell’area danubiana (Ibid., p. 237).
I casi di Parma restano assolutamente eccezionali nel panorama dell’edilizia domestica dell’Eneolitico italiano e, allo stesso tempo, rappresentano la realizzazione di un modello di abitato, con una chiara suddivisione tra spazi privati e collettivi, che implica una struttura sociale di riferimento ben definita. Queste strutture sembrano rispondere ad una più complessa organizzazione dello spazio domestico.
I dati radiometrici collocarono le strutture di Via Guidorossi  intorno al 3310-2900  BC (Bernabò Brea et alii 2011, p. 234), aprendo nuove prospettive di ricerca sui tempi e modi dell’introduzione del modello della capanna allungata absidata. Una struttura che risulta documentato in altre parti della penisola, come nel sito dell’Eneolitico tardo di Quadrato di Torre Spaccata (Roma), dove compare una struttura rettangolare priva di abside (Anzidei e Carboni 2007, p. 426) e nei villaggi di fase Agnano-Monte Spina a Gricignano-Us Navy in Campania (Fugazzola Delpino et alii 2007, pp. 525-528).

Parma - Via Guidorossi.
Planimetria delle capanne a pianta allungata (Bernabò Brea et. Alii. 2011).

Statuine ritrovate all’interno delle sepolture.

Parma – Via Guidorossi - Alcune delle sepolture (Bernabò Brea).

Gli studiosi e ricercatori:
-        Alberto Cazzella, Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità – Università “La Sapienza” di Roma;
-        Laura Maniscalco, Soprintendenza BB.CC.AA. di Catania – Servizio Archeologico
Negli
Atti della XLI Riunione Scientifica
Dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria
affermarono come.
I pochi dati a nostra disposizione sugli abitati siciliani della prima Età del Rame sembrano, comunque, indicare una preferenza per la scelta di piccole “alture o dossi isolati” come l’abitato della necropoli di Tranchina che si doveva estendere su una dorsale retrostante la masseria (Tinè
1960),
quello di San Cono su un dosso isolato da ogni lato esteso per “una lunghezza di oltre 300 metri” (Cafici 1925), quello di S. Ippolito di Caltagirone ai piedi di una rocca lungo una importante via di comunicazione (Orsi 1928).
 
Seppellivano i defunti al di fuori dell’abitato formando delle piccole necropoli.
Creavano delle tombe a pozzetto, scavate nella tenera roccia calcarenite, diffuse in molte parti della Sicilia. Questa usanza funeraria permetteva la sepoltura in una tomba anche di diversi individui probabilmente appartenenti allo stesso nucleo familiare. Tombe che venivano chiuse  con una lastra di pietra che poteva essere rimossa per ulteriori deposizioni.
Questa  tecnica funeraria era tipica dell’età del Rame.
All’interno delle camere sepolcrali i defunti venivano ricoperti di ocra rossa che veniva spesso sparsa anche sul fondo della camera e deposta dentro vasi a corredo della sepoltura.
 
Furono eseguiti degli studi  antropologici su alcuni scheletri rinvenuti  e datati alla prima Età del Rame.
Questo permise di conoscere le condizioni di vita di questi antichi abitatori degli altipiani.
La maggior parte degli individui non superava l’età di trent’anni  e avevano una altezza superiore al 1,70 m.
Gli inumati di “Piano del Vento” (Agrigento) avevano un’altezza media di 1,80 m, un aspetto che potrebbe essere collegato ad una dieta alimentare ricca e varia.
Altri dati, come quelli di Roccazzo e Roccazzello, dimostrerebbero un’elevata mortalità infantile ed adulta.
Alcuni pozzetti , posti vicino alle tombe, potevano contenere anche delle ceramiche e figurine fittili come nella necropoli di Piano del Vento.
Nell’insediamento Neolitico di Serra del Palco furono rinvenute delle buche che contenevano dei vasi ricolmi di ocra rossa.
Queste buche avevano un profondo legame con il culto dei morti.
Nella zona archeologica di Palikè furono rinvenute delle buche  sotto e nelle vicinanze del pavimento di una stoà data al V secolo a.C.
Secondo gli archeologi quelle buche erano delle deposizioni legate ad un’antica area di culto dedicata agli dei Palici.
In merito all’utilizzo delle grotte, tra la fine del Neolitico e la prima Età del Bronzo, furono utilizzate in massima parte per scopi funerari. Venivano utilizzate anche in modo temporaneo da allevatori nei periodi di transumanza.
In molti casi, accanto alle grotte, furono rinvenute le tracce di insediamenti capannicoli come nella grotta Zubbia. Ci troviamo quindi in presenza di  grotte non adibite ad abitazione.
L’uso delle grotte per scopi cultuali e funerari fu attestata nella facies di “Malpasso (argomento sviluppato nel file Adrano – Museo all’aperto).
Nella prima fase dell’età del Rame, l’uso delle grotte fu accertata per usi cultuali legate anche alle acque di stillicidio, cioè associati all’acqua. Sarebbe il caso delle grotte di Fontanazza Montegrande di Milena e la grotta dei Pipistrelli di Raffadali dove è presente un fiume ipogeico.
Un carattere rituale, oltre che funerario, fu recentemente riconosciuto alle grotte di scorrimento lavico dell’area etnea il cui utilizzo comincia in questo momento e continua fino all’antica Età del Bronzo.
Appartengono all’età del rame almeno una delle grotte di Barriera, le grotte Pezza Mandria e Quadararo di Misterbianco, la Grotta Maccarrone e la Grotta del Santo di Adrano, la Grotta Origlio di Biancavilla, e la Grotta Marca di Castiglione.
D’altra parte un uso cultuale delle grotte viste come punto di aggregazione di rituali comuni comprensoriali è chiaramente documentato nella grotta di Cala dei Genovesi presso Levanzo e nella Grotta dei Cavalli di San Vito lo Capo le cui pareti conservano una ricca decorazione dipinta a
carattere astratto e, in parte, figurativo (Tusa 1992).


La contrada Fildidonna  evidenziò una forte presenza umana anche nell’epoca greca.
Nel 1995 fu scoperta, ad Ovest della stazione ferroviaria omonima, una necropoli molto estesa. Presentava ben 400 tombe a fossa poste nella pianura calcarea che è delimitata da vallate con fiumi.
Necropoli collegata ad insediamenti d’età greca della seconda metà del V secolo a.C.
Le tombe purtroppo erano state aperte dai famosi tombaroli, anche in questa zona del calatino molto presenti nel tessuto sociale. Fu trovata solo una tomba intatta con un corredo funerario di 10 pezzi. Si parlò di circa quattromila reperti trafugati, un patrimonio culturale immenso e di grandissimo valore disperso.


 
Una necropoli così vasta pose delle giuste considerazioni.
Doveva essere presente in epoca greca un importante centro abitato  posto sull’altura strategica che si affaccia sulla sottostante Piana di Catania. Un abitato costituito anche da capanne e con l’utilizzo delle grotte? Le fonti storiche sono scarse. Questa zona faceva parte del regno dei Siculi di Ducezio che a Mineo, l’antica Menaion, fondò la sede del suo regno. La distanza, in linea retta, tra l’antica Menaion e l’altopiano di Fildidonna è di circa 11 km.


Da Mineo l’altopiano  di Fildidonna si potrebbe raggiungere  a piedi…


In mountain bike




Sull’altopiano di Fidildonna era quindi presente un insediamento con funzioni anche di presidio?
Un territorio importante per Ducezio che aveva costruito nella contrada Rocchicella, vicino al Lago di Naftia, un luogo di culto dedicato agli Dei Palici.



Ducezio fu sconfitto nel V secolo a.C. da Siracusa, la città greca più ricca e potente del Mediterraneo, un primato che condivideva con Atene ed Agrigento.
Con la sconfitta si ritirò proprio a Mineo, in un territorio ricco di colline, fondandovi la sua sede.
Anche nelle contrade “Castelluzzo” e  “Scordia Soprana” sono presenti delle necropoli preistoriche e protostoriche, che vanno dall’Età del Rame fino all’epoca dell’ellenizzazione e con successive presenze rupestri bizantine. Anche nella contrada “Ossini” di Militello in Val di Catania sono presenti le stesse frequentazioni su citate.
Il territorio di Militello in Val di Catania offre una continuità d’insediamenti con la presenza dell’uomo in ogni epoca. Una presenza legata alla salubrità del luogo, alla particolare conformazione altimetrica delle zone (profondi valloni a forma di canyon importanti per sistemi difensivi) ed anche alla ricchezza di sorgenti.
Si notano anche delle tombe a grotticella che furono scavate in modo agevole nel tenero calcare.

Il sentiero di Fildidonna
Inizio: Stazione di Fildidonna – SP 30
(Con puntini rossi: il sentiero  - in giallo: la linea ferroviaria)

Legenda:
F: Foto;
N: Necropoli;
G: Grotta.



N – Necropoli

Foto – F1

Foto – F2 


Foto – F3





Foto – 6 





























Piano Maenza
Piano Maenza si trova a circa 500 m dal sito di Fildidonna.



Tra i due siti archeologica c’è una connessione?
La connessione non è molto chiara malgrado la vicinanza.
I pochi reperti rinvenuti, moltissime tombe furono depredate dai tombaroli, non hanno permesso di sciogliere il dubbio.
In ogni caso ci sarebbe, sempre in base all’esame dei reperti rinvenuti, una diversa cronologia:
- Fildidonna databile: fine del V - IV secolo a.C.;
- Piano Maenza databile: III – I secolo a.C.
La necropoli presenta un orientamento regolare. Le fosse furono scavate con una precisa direzione Nordest- Sudovest e raggruppate in tre gruppi regolari.
Di gran rilievo sarebbero due coppie isolate, poste a circa una decina di metri dal settore principale, che ricordano le sepolture a coppia nelle edicole bizantine di Cittadella del Maccari (Vendicari- Noto). Un edicola bizantina chiusa da un elevato di pietra che finiva con copertura ad arco.
Probabilmente le due sepolture di Piano Maenza era inserite in un monumento funerario di cui purtroppo non c’è traccia.
L’esistenza di una necropoli, per altro molto vasta, si dovrebbe collegare ad un centro abitato
Un centro abitato che doveva svilupparsi sul pianoro ma l’esame in superficie non rilevò tracce di ceramiche, segni evidenti di un’area abitativa.
Lungo le balze sottostanti, costituiti da calcareniti, si aprono diversi cameroni che sono stati utilizzati, in epoche recenti, come stalle.
L’origine di questi cameroni non è chiara e dall’esame sembra che solo un ambiente rupestre fu utilizzato come cisterna mentre gli altri risultarono manomessi da interventi successivi.
Sulla parete rocciosa ci sarebbero le tracce di due tombe ad arcosolio, testimonianze dell’utilizzo del sito in epoca bizantina. Nei muri a secco, che racchiudono questi ambienti per il ricovero di animali, sono presenti dei frammenti fittili, che ad una prima osservazione, sarebbero di probabile datazione medievale.

“Fildidonna” in dialetto siciliano avrebbe il significato di “filo di donna”.
Un'espressione usata per descrivere un filo molto sottile o fine, spesso un capello, o in senso figurato, una cosa fragile o delicata.
"Fili": è il plurale di "filu", che in siciliano significa "filo".
"Donna": significa "donna".
"Fili di donna" non è tipicamente usata per riferirsi a fili effettivamente appartenenti a una donna, ma piuttosto a qualcosa che assomiglia a un filo sottile, in particolare capelli o qualcosa di delicato. È un termine descrittivo usato per trasmettere un senso di sottigliezza o fragilità.
Terreno fragile per indicare la sua particolare conformazione geologica, con profonde gole, che contraddistinguono il pianoro ad Ovest e a Nord?
 
Secondo le ricerche, il termine “Maenza” non sarebbe un vocabolo siciliano usato o riconosciuto. Forse è un errore di trascrizione o un termine dialettale legato ad una determinata area della Sicilia.
In generale in Sicilia, per esprimere concetti simili a quelli che "maenza" potrebbe suggerire, si usano termini come "bedda" (bella), "amuri" (amore), o espressioni che indicano apprezzamento o affetto. 
Il termine si riferisce ad un luogo e quindi legato ad un suo aspetto particolare che lo contraddistingue.
Se “maenza”  fosse un espressione di affetto potrebbe essere collegato a concetti simili come “bedda” o “amuri”.
In questo caso potrebbe avere il significato di “terra amorevole” cioè “terra fertile”.
Secondo le fonti storiche il termine “Maenza” deriverebbe dal latino “Magentia” cioè “gente che cresce”. In questo caso un luogo soggetto ad accogliere nuova gente con un conseguente incremento demografico  e quindi un luogo di sviluppo. Un incremento legato sempre alla fertilità del territorio. (Maenza è un comune italiano in provincia di Latina – Lazio).

Piano Maenza







La Contrada Frangello si trova nel territorio comunale di Militello Val di Catania al confine con il comune di Palagonia.
La contrada presenta una bella sequenza delle calcareniti ricche in fossili che si sono depositati al tetto delle vulcaniti.
L’area è ricca di grotte artificiali che hanno restituito frammenti ceramici preistorici risalenti soprattutto alla facies di Castelluccio del VI e V secolo a.C.
Questa sequenza fece ipotizzare un originario uso delle grotte come luogo di sepoltura nell’antica età del Bronzo.



Le aree archeologiche presenti in prossimità del centro abitato  di Militello in Val di Catania, testimoniano la frequentazione del territorio lungo un arco cronologico che va dall'età del Rame e del Bronzo (necropoli di Dosso Tamburaro, Frangello, Oxina) all'etá del Ferro (necropoli di Castelluzzo, Oxina), dal periodo classico ed ellenistico (necropoli di Fildidonna, Piano Maenza) a quello bizantino e arabo (necropoli di Santa Barbara, S. Maria la Vetere, Oxina). Alla luce di queste testimonianze, e in ragione della sua posizione geografica, in età antica il centro va compreso come uno dei diversi villaggi (komai), privi di indicazione onomastica, presenti nel vasto territorio della città greca di Leontinoi, riferimento urbano di tutta l'area (chora leontinoi).

A Dosso Tamburaro troviamo l’espressione di una Sicilia che stupisce pel le sue testimonianze purtroppo dimenticate e lasciate all’incuria. Si tratta di testimonianze umane risalenti a circa 6000 anni fa e ancora da decifrare. È vero qualche storico ha scritto importanti ricerche sul sito ma basta guardare il costo del libro  per renderlo inaccessibile. Uno strano modo di fare cultura che non dovrebbe avere un prezzo ed essere accessibile a tutti a prescindere dalla condizione sociale.
Dosso Tamburaro, così come Fildidonna, si trova sulla piattaforma o Plateau dei Monti Iblei che si affaccia sulla Piana di Catania, nella parte Sud-occidentale.
Si tratta di colline caratterizzate da profondi valloni   nati dall’erosione delle acque. Nella parte sommitale di queste  colline si trovano degli insediamenti costruiti sul terreno calcareo (calcareniti chiare) che un tempo era il fondale marino e che milioni di anni fa costituiva il Bacino di Caltanissetta.
Il fondale marino emerse ancora prima della nascita del vulcano Etna.

Dosso Tamburaro visto dalla Piana di Catania.


                               Eremo di Santa Febronia e sorgente (Coste di Santa Febronia) 


Eremo di Santa Febronia e sorgente.


Sui pianori e anche sulle pendici dei valloni si notano i segni di antichi insediamenti, frequentazioni umane.
Si tratta di aree oggi non più coltivate e destinate al pascolo.
Sul pianoro sono presenti lunghi muri di terrazzamenti antiche testimonianze di laboriosi coltivi. Pietre  provenienti dai terreni e sapientemente disposti in quei muretti anche per delimitare le varie culture ed i pascoli. Qualche rudere di casetta arricchisce il territorio. Piccoli ripari in pietra per proteggere gli antichi agricoltori dalle intemperie e soprattutto dal vento presente e spesso impetuoso nel territorio. Un duro lavoro da parte degli antichi agricoltori per strappare dei prodotti in un luogo dove lo strato agrario è molto limitato.
Il panorama da Dosso Tamburaro e dalle Coste di Santa Febronia è ampio perchè abbraccia la Piana di Catania fino al mare. Una Piana con le sue colline che si perdono nella grande mole dell’Etna.
La contrada Dosso Tamburaro, pur essendo limitrofa al centro di Palagonia, fa parte del territorio di Militello in Val di Catania ed è posta vicina ad altre zone di grande importanza archeologica come Fildidonna, Coste di Santa Febronia.
Un territorio contraddistinto da dirupi, non facilmente esplorabili, con la presenza di cavita adibite a sepolture ed abitazioni.
Dopo aver attraversato la contrada Primolanzo si giunge nella limitrofa contrada Dosso Tamburaro.
Il vasto pianoro di Dosso Tamburaro, con altitudine di 350 m s.l.m., si affaccia a Sud-Est sulla cava solcata dal torrente Giardinelli  mentre a Nord sovrasta l’immensa Piana di Catania, la più vasta pianura della Sicilia.
Nel margine meridionale del piano sono presenti le testimonianze di una presenza umana grazie anche ad una sorgente posta lungo un impluvio  laterale del torrente Giardinelli. L’acqua della sorgente è stata incanalata verso la contrada Fragalà.




Oggi questi  luoghi sembrano inospitali, battuti spesso da venti impetuosi, eppure 4000 anni fa, forse più,  erano presenti antiche coscienze che, con le loro attività manuali, avevano come obiettivo la sopravvivenza arricchita anche da momenti di riflessione.
Il paesaggio spazia a 360 gradi  e mostra un grande fascino.

Il Pianoro di Dosso Tamburaro visto da Sud.

Il Pianoro di Dosso Tamburaro visto da Nord.

Il Pianoro di Dosso Tamburaro visto da Est.

Il Pianoro di Dosso Tamburaro visto da Ovest.
Sulla sinistra  la Cava di Pietra adiacente al centro di Palagonia.

Dosso Tamburaro (a sinistra) e la contrada Fildidonna (a destra).

Dosso Tamburaro prospiciente  il vallone percorso dal torrente Giardinelli.

Dosso Tamburaro
Il sito di Dosso Tamburaro non fu mai indagato, in modo sistematico, dalla Soprintendenza e quindi lasciato all’azione dei vandali e soprattutto dei tombaroli. Uno scrigno di preistoria che dovrebbe essere valorizzato ma questo è un discorso troppo lungo e complicato.
I soci dell’importante associazione dell’Archeoclub di Palagonia negli anni ’90, ben trent’anni fa circa, in una visita sul sito trovarono dei frammenti ceramici. Notarono anche degli strani solchi, dallo sviluppo circolare, ricavati sul piano roccioso calcareo. Questi aspetti furono segnalati alla Soprintendenza ed è strano che la stessa Soprintendenza non ne fosse a conoscenza.


Una volta un tecnico della Soprintendenza, durante dei rilievi topografici, mi disse..
Noi ( tecnici della Soprintendenza) siamo dietro ad ogni trattore.
La frase era fuori dalla realtà,  parlo degli anni 1975 -80, perché interi territori venivano di continuo devastati dai tombaroli..
Purtroppo la Soprintendenza nella sua importante attività ha  trovato innumerevoli difficoltà tra cui la mancanza di fondi, scarso personale, ecc.
La cultura è importante e quando  non s’investe in essa il paese è destinato fallire. Si pensa agli armamenti e si lasciano in secondo piano  aspetti sociali importantissimi come la sanità, la scuola, la cultura con le sue innumerevoli espressioni.
Ogni anno all’apertura dell’anno scolastico, le cariche dello Stato si lasciano andare a discorsi che risuonano come … aria fritta… Prima di parlare di cultura dovrebbero capire la sua importante nello sviluppo della società. Ma è gente che fa del denaro  il loro principale stimolo di vita  e questi aspetti sociali non potranno mai capirli.
La Soprintendenza intervenne dopo la segnalazione dell’Archeoclub e il prof.  Bryan McConnel eseguì delle prospezioni.
In una prima indagine rinvenne un sepolcro.


Naturalmente la tomba era stata già violata ma conteneva ancora dei piccoli frammenti ceramici appartenenti alla facies culturale di San Cono – Piano Notaro.
Una facies culturale datata all’Età del Rame e cioè dal 3500 a.C. al 2200 a.C. ( coincidente con l’inizio dell’Età del Bronzo in Sicilia).




Ogni frammento ceramico, reperto o tomba ha una sua importanza storica ma questa tomba era uno dei pochi esempi di tipo tombale esistente nella Sicilia Orientale (furono rinvenute anche a Fildidonna) mentre nella Sicilia Centrale e Occidentale erano molto presenti  (Contrada Trinchina – Sciacca, con una vasta necropoli). Espressioni tombali risalenti all’Età del Rame.

Tombe di contrada Tranchina - Sciacca


La tomba era a “pozzetto”. Un pozzetto verticale e nel suo fondo era ricavato l’ingresso ad una cella sepolcrale posta al suo fianco.
Un aspetto importante era legato alla sua grande dimensione maggiore rispetto a quelle della necropoli di Tranchina. Una dimensione che permetteva l’ingresso di una persona.
La cella o camera sepolcrale aveva una pianta tondeggiante e una volta a cupola ribassata con un’altezza massima di 1 metro. 


Davanti all’ingresso della camera era presente una parte del chiusino o portello litico che la chiudeva.
All’esterno il pozzetto era coperto da schegge di roccia facilmente rimovibili per permettere l’ingresso.
Probabilmente nell’area sarebbero presenti altre sepolture ma la mancanza di ricerche sistematiche non permette di svelare il dubbio.
Non molto distante da questa sepoltura si notano sul banco roccioso calcareo delle piccole canalette.



Non sarebbero erosioni naturali sia per il loro andamento curvilineo sia per la perfetta sezione di taglio regolare. Hanno un andamento perfettamente circolare ma nessuna completa la circonferenza.


I solchi racchiudono un’area di circa 25 mq e sono evidenti dove il banco roccioso è libero da terriccio e quindi da vegetazione. Si distinguono tre gruppi posti a breve distanza tra di loro.
La vegetazione impedisce di poter  verificare la presenza , in altre parti del pianoro,  di queste canalette.
Fu individuato un altro solco, anch’esso curvilineo, che racchiudeva un ‘area maggiore. Un solco posto poco più a nord di una costruzione rurale dai muri rastremati.


Le canalette avevano una loro funzione e cioè quella di impedire l’entrata dell’acqua nelle capanne.
Capanne realizzate con alzato in pietrame e con una copertura costituita da materiale stramineo rivestito di argilla.
Il tetto era sorretto da pali infissi nella roccia sui quali era ordito un intreccio di rami d’albero. Le canalette quindi circoscrivevano le capanne.
Stabilire la cronologia di queste canalette non è facile, mentre per la tomba il rinvenimento dei frammenti ceramici permise di stabilire la sua cronologia.
Solchi simili furono rinvenuti nel banco roccioso di Casalpietra (Il Castello della Pietra Castelvetrano - Trapani) e nella vicina contrada di Fildidonna dove furono rinvenute delle capanne rettangolari, con absidi terminali, che presentavano delle canalette simili lungo i muri perimetrali. Anche queste capanne datate all’Età del Rame.
 
Foto e video di Casalpietra
(Castello della Pietra – Castelvetrano – Trapani)










Le capanne di Fildidonna presentavano nella parte centrale dei fori nella roccia per l’inserzione dei pali per sorreggere la copertura. Qualche capanna presentava i fori anche lungo i muri perimetrali.
Le  capanne di Fildidonna avevano una superficie di circa 100 mq e la loro datazione fu possibile grazie al rinvenimento di frammenti ceramici nei solchi ripieni di terriccio. Una datazione risalente all’Età del Rame.
L’architetto Gaspare Mannoia  riferì come i solchi di Dosso Tamburaro potrebbero datarsi alla successiva Età del Bronzo. Dosso Tamburaro ebbe una continuità di vita attestata dai numerosi frammenti rinvenuti in modo sparso su tutto il villaggio e soprattutto nelle aree in cui sono presenti delle sepolture monumentali.

Tomba monumentale
Una tomba non ultimata, con ampio prospetto modanato, si trova in prossimità del villaggio capannicolo dove è visibile una apertura rimasta però alla stato iniziale dell’escavazione dell’ingresso.

Tomba non ultimata
Un’altra testimonianza importante, nei pressi del villaggio e sul lato che sporge sul torrente Giardinelli, è un ampio camerone che si apre proprio entro la prima balza di roccia che si  affaccia sul torrente.
Presenta una pianta allungata e circolare e sono presenti le escavazioni operate dai tombaroli.





Poco più a nord, rispetto all’area del villaggio ed entro una breve depressione valliva, sono presenti numerose tombe a grotticella artificiale che testimoniano la continuità di vita a Dosso Tamburaro.



In questa breve valle è presente una stratificazione litica,  messa in evidenza  dell'erosione dello scorrimento di acqua piovana,   con  l'alternanza di spessori di duro  calcare a strati di arenaria inconsistente.  
Questo ha compromesso la stabilità  degli strati superiori che, in parte,  sono crollati nell'alveo torrentizio.
Una tomba presenta un ampio prospetto monumentale. È una tomba a forno e all’interno presenta una nicchia laterale. Il suo prospetto è monumentale con la parte superiore della facciata leggermente aggettante. La stessa facciata  è solcata da intagli in modo da formare 11 lesene che presentano un’ampiezza diseguale.






La camera sepolcrale è preceduta da una anticella e alla base del prospetto è presente un catino scavato nella roccia.
Un’altra tomba presenta nella sua facciata i segni di  robuste lesene aggettanti che la impreziosivano e quella  attigua mostra solo un ampio  prospetto privo di decoro.
Queste due tombe presentano ben chiari i loro interni.
Più a valle sono presenti delle aree recintate per ovili e molte tombe sono irraggiungibili o rovinati da dissesti geologici.
Una di queste tombe è di piccole dimensioni e presenta al suo interno una incavatura mentre un’altra, che si affaccia sul dirupo, è ampia e tondeggiante. 


Dove la breve cava sprofonda  a valle, con un repentino salto di quota,  si notano ancora altre numerose  cavità dall'ingresso regolare   impossibile da visitare e documentare senza  le opportune attrezzature di sicurezza. Alcuni ingressi di cavità tombali si notano  bene dalla opposta collina di Fildidonna.
Per completezza, fu esplorata anche quasi  tutta l'aria a nord di Dosso Tamburaro e,  al momento, non furono rinvenuti elementi tali che  poter indicare la presenza di insediamenti  umani. Fu rinvenuta solamente una tomba  sub divo, isolata, di età greco-romana,  incassata nel lieve declivio di un nudo piano  roccioso rivolto verso la Piana di Catania.

L'importanza delle emergenze archeologiche  di Dosso Tamburaro è innegabile e i pochi resti,  fortunatamente si tutelano da soli, vista la  notevole distanza con la più vicina strada  asfaltata e la loro scarsa appetibilità per i  cacciatori di tombe. Ma è bene che la conoscenza  di queste realtà archeologiche così importanti,  così antiche, venga diffusa nel miglior modo  possibile così come le altre emergenze che  insistono nella vicina contrada di Fildidonna,  le quali andrebbero espropriate e recintate ma  senza che se ne impedisca la visita al pubblico  poiché l'efficienza e la forza della loro  salvaguardia inizia proprio dalla conoscenza  e dalla condivisione, diffuse e condivise da tutti  Queste aree, di fatto, sono abbandonate e solo in  primavera vi pascolano le mandrie ma nelle vicine  alture sono state messe a dimora impianti per  la coltivazione di fichi d'India e nei pressi di  Fildidonna si trovano ampie cave per l'estrazione  della calcarenite, adatta alla costruzione  dei muri, e quindi l'allerta sulla loro tutela  non è mai abbastanza.

Dosso Tamburaro - Tombe

https://www.youtube.com/watch?v=T57dGomNock 


Nel III e II secolo a.C. l’area sepolcrale si spostò verso Sud-Ovest  a Piano Maenza. Nello stesso periodo, sempre nel territorio di Militello in Val di Catania,  nacquero le necropoli di Castelluzzo, Santa Barbara e sul colle di Ossini  che fu chiamato da Paolo Orsi “Furrìo d’Ossini”.
 
Area di interesse archeologico Castelluzzo
Area archeologica in contrada Castelluzzo”  (tre tombe, tra loro allineate, del tipo a grotticella con dromos e camera preceduta da padiglione, riferibili ad una necropoli di età compresa tra il X ed il VI sec. a.C).
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/04
Fonte:
scheda 165 Piano Paesaggistico Regione Sicilia – Schede aree di interesse archeologico







Piano di Santa Barbara ‐ Piano Cava dei Monaci

Necropoli preistorica ed abitato bizantino
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/0
https://www.academia.edu/video/1wJpwj

Cava dei Monaci.











Ricordo negli anni ’70 – ’80 di aver misurato la vasta proprietà del Barone Majorana (Angelo?) di cui facevano parte, oltre alla villa padronale,  due antiche masserie: Mignini e Boscarino con tutte le leggende. Una leggenda citava  un “fantasma”,  presente nella masseria Mignini,  a guardia della vicina sorgente. Ricordo vagamente anche una villa del Barone Majorana,  a sud del Paese.
 Le masserie Mignini e Boscarino si trovano nella contrada Linziti. 

Casale Boscarino

 
Nel territorio di Palagonia, adiacente a Dosso Tamburaro, c’è Poggio del Campanaro oggi detto Poggio Croce. 


Contrada Poggio Croce
Tracce di antica carraia seicentesca di collegamento tra Militello e Palagonia.
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/04
Fonte
scheda 259 Piano Paesaggistico Regione Sicilia – Schede aree di interesse archeologico




Tombe a fossa di contrada Frangello

Si tratta di un luogo entrato nell’immaginario collettivo di cui il territorio di Palagonia è ricco, basta citare:
- Puoio Pizuti, per la famosa “Trovatura” che vi sarebbe nascosta;
- Cavuna, dove si svolgerebbe una fiera notturna nella notte di Ferragosto organizzata da fantasmi;
- Faustucheria che la narrazione cita come luogo in cui visse e lavorò Santa Febronia,
Poggio Croce sorge ad Est di Palagonia ed è una collina alta circa 470 m., un punto strategico, come l’adiacente Dosso Tamburaro, perché domina le ultime propaggini della Piana di Catania e l’intera piana di Mineo.
Nell’archivio dell’importante famiglia Gravina di Palagonia erano presenti dei documenti importanti che dimostravano come nel 1699 l’area era un corpo a sé…
Possiedo una tenuta detta di S. Febronia confinante colla tenuta del Poio del Campanaro, col feudo delli Comuni da due lati e colle case di detta terra di Palagonia. Possiedo altra tenuta detta del Poio del Campanaro, confinante col feudo Frangello da due lati, colla tenuta di S. Febronia e colla tenuta di Targia e Saracino’.
Il principe di Palagonia era Cruillas Girolamo Gravina ?
(ASCT, not. Columba, 1699, presa di possesso del principe facenti parte dello stato di Palagonia).

Le tenute facevano parte del feudo Comuni nelle quali i palagonesi esercitavano gli usi civici quali raccogliere legna, pascolare animali, cavare pietre, ecc. a titolo gratuito.
Le terre vennero usurpate dal sig. principe e divennero beni personali tanto che nel 1811 ne ricavava circa 70 onze l’anno.
Si dal medioevo era un luogo di transito poiché vi passava la strada Lentini – Militello – Palagonia – piana di Mineo e, dopo aver attraversato il feudo di Belmonte oggi Margherito, si collegava con la Catania – Piazza armerina per proseguire verso Palermo.
L’area è cosparsa di tracce che testimoniano la frequentazione umana nei vari periodi basta ricordare le carraie, le tombe preistoriche di varie epoche, grotta del Monaco luogo di eremitaggio utilizzato dai monaci francescani del vicino monastero della Targia-Batia, ecc.
Sul pianoro di Frangello sono state trovate due strutture particolari formate da fossati che, zigzagando raccordano delle fosse circolari, scalinate e nicchie. Queste strutture si trovano a cavallo della strada che da Palagonia porta a Militello.
Trattasi di trincee o camminamenti per posti di guardia infatti nella trincea a sud si trova una bassa torre a controllare a pianura sottostante.
La struttura ci richiama certi modelli di trincea in uso nel XVI-XVII secolo e la relazione con la strada è ovvia.
Ma in quale periodo furono costruite?
E’ stata ipotizzata possa trattarsi di una trincea realizzata durante la guerra franco-spagnola (1674-1678) per scongiurare che i francesi, che avevano occupato Augusta e Melilli, potessero dilagare attraverso le vie di comunicazione esistenti nella piana di Catania. Per contrastarli gli spagnoli fortificarono tutti i colli circostanti. Se l’ipotesi è confermata da studi approfonditi sarebbe l’unica oggi in Sicilia.
Per quanto riguardo il nome l’area di Frangello a confine era chiamata Quarto delle Croci per le numerose croci segnate nelle rocce affioranti e che stabilivano il limite territoriale tra i due comuni.
Nei primi anni del 1900 papa Leone XIII diffuse una lettera in cui esortava tutti i comuni di mettersi sotto la protezione della Croce. Il circolo cattolico di Palagonia si fece promotore dell’iniziativa di impiantare sul colle una croce, che secondo la tradizione era in legno. Per l’inaugurazione venne invitato don Luigi Sturzo, prosindaco di Caltagirone, che solo un paio di anni prima aveva appoggiato le rivendicazioni palagonesi tendenti ad ottenere le terre.


Le trincee sono collegate al piano campagna per mezzo di scale scavate all’interno delle calcareniti stesse. In alcuni settori, sono stati realizzati (probabilmente in epoche successive alla realizzazione del manufatto) muretti a secco con blocchi di calcarenite. La trincea principale si estende in lunghezza per circa 38.5 metri ed una pendenza di 4-5°, con una larghezza media di circa 60 cm.
La profondità dello scavo è variabile, raggiungendo un valore massimo misurato di 3.5 m.
Le trincee sono collegate tra loro mediante due vasche circolari, del diametro di circa 2m, anch’esse ricavate all’interno delle calcareniti e delimitate da pareti verticali.
Inoltre, fanno parte del manufatto un’altra vasca rettangolare (2.5 x 2.1m), sebbene sia anch’essa scavata nelle calcareniti, sembra essere posteriore e tre corridoi squadrati, le cui forme e dimensioni ne suggerirebbero la realizzazione finalizzata all’immagazzinamento dell’acqua sotterranea, per una capacità totale stimata di circa 4.000 litri. Nell’insieme, lo stato di conservazione del manufatto è abbastanza buono, nonostante sia soggetto all’incuria.

a)     La Trincea principale;
b)     e c): Le vasche circolari;
d)     La Vasca rettangolare.

Nonostante la zona sia molto importante dal punto di vista archeologico, essendo presenti insediamenti risalenti sin dal periodo Mesolitico (7.000 a.C.), questo manufatto minore non era stato segnalato precedentemente nella letteratura archeologica. Allo scopo di capire la destinazione d’uso del manufatto, che consiste in un sistema di trincee e vasche, è stata studiata in dettaglio l’area al suo intorno, per una estensione di circa 9 km.
Lo studio geomorfologico ha messo in evidenza come il manufatto è realizzato ai bordi di un’area pianeggiante depressa, la cui origine è correlabile con una struttura a graben, ed in cui sono presenti argille marine del Pleistocene inferiore, successivamente rielaborate in ambiente lacustre ricco in melacofauna dulcicola.Questi aspetti suggeriscono la presenza di un lago ad acqua dolce, oggi scomparso. Il manufatto è interamente scavato all’interno delle calcareniti pleistoceniche, il cui spessore è di circa 5 metri e che è sottostante tali depositi. Le ialoclastiti della Formazione Poggio Vina, più o meno intensamente palagonitizzate, fungono da substrato relativamente impermeabile, come evidenziato dall’analisi petrografica. Pertanto, è ipotizzata la presenza, almeno fino all’Olocene medio-tardo, di due sistemi di acquiferi: uno consistente in un lago o zona umida, alimentato dalle acque meteoriche anche mediante un sistema di drenaggio radiale strettamente connesso con il manufatto rinvenuto; a bassa profondità è inoltre ipotizzata la presenza di un acquifero semiconfinato costituito dalle calcareniti fratturate che poggiano nell’acquitardo costituito dalle sottostanti ialoclastiti relativamente impermeabili. La ricostruzione di tale ambiente, paleoambiente infraolocenico, oggi scomparso, ben si accorda con la supposta destinazione d’uso del manufatto, identificato come un ingegnoso sistema di canalizzazione e immagazzinamento di acqua per i periodi climaticamente sfavorevoli. Infatti, la presenza di vasche collegate da trincee, insieme alla maggiore disponibilità d’acqua nel passato giustifica questa assunzione. Inoltre, a poche centinaia di metri da tale manufatto sono presenti altre due strutture circolari per la raccolta delle acque, con una cupola tutt’oggi preservata, anche se sono evidenti modifiche successive.
La struttura presente nelle immediate vicinanze delle trincee.
Particolare della vasca circolare simile a quella delle trincee.
Questa struttura è simile alle strutture piramidali in pietra segnalati prevalentemente nel territorio di Ragusa in prossimità del muragghi di Villa Trippatore in Sampieri, che si caratterizzano per la tessitura irregolare delle pareti murarie a secco caratterizzate da blocchi calcarei di varia dimensione e forma (muro ragusano). Si riconoscono quindi tre fasi costruttive: una più antica costituita dalle gallerie drenanti e cisterne circolari di stoccaggio, una seconda fase di realizzazione di un’ulteriore grande vasca cubica sotterranea realizzata ai fi ni dell’ampliamento della struttura di raccolta e immagazzinamento ed infi ne una più recente probabilmente collegata al periodo arabo-normanno costituita da piccoli pozzi cisterna posizionate alla base di strutture elicoidali in pietra isolate e non collegate con sistemi di distribuzione (Restuccia et al., 2012). Tutte queste strutture e le successive modifiche finalizzate ad ampliare le potenzialità di stoccaggio delle acque possono essere state realizzate per l’approvvigionamento di acqua potabile, non garantita dal lago di acqua dolce più vulnerabile al clima, al fi ne di consentire una maggiore resilienza ai cambiamenti climatici oppure per soddisfare una maggiore richiesta idrica per incremento demografi co. Anche se manufatti simili non sono stati finora segnalati nell’area iblea, strutture analoghe, destinate all’immagazzinamento idrico, sono presenti in medio Oriente (Cfr. Laureano, 2001). Purtroppo, anche se i ritrovamenti archeologici nei dintorni di Palagonia datano al II millennio a.C. ed alcune strutture sono state attribuite al Mesolitico, non è stato possibile datare in maniera univoca il manufatto studiato, la cui contestualizzazione necessita di indagini archeologiche mirate. In conclusione, il manufatto rinvenuto ed il contesto geologico in cui questo è stato realizzato costituiscono un interessante e didattico geoarcheosito che testimonia un’ottima conoscenza del territorio da parte delle popolazioni del passato, avvalorando inoltre l’ipotesi che l’area studiata era un sito strategico poichè metteva in comunicazione la costa Ionica con la costa meridionale della Sicilia (Maniscalco, 2011). In conclusione, il lavoro condotto rappresenta un buon esempio di come l’integrazione delle varie metodologie geologicopetrografi che possa essere applicata agli studi di carattere archeologico mirati all’identificazione e all’interpretazione di insediamenti e/o manufatti realizzati nell’antichità. 


Contrada Poggio Croce, Dosso Tamburaro, Frangello, Piano Maenza, Franco, Manuzza

Contrada Poggio Croce, Dosso Tamburaro, Frangello, Piano Maenza, Franco, Manuzza
“Varie necropoli a grotticella preistoriche e protostoriche; area di frammenti fittili.”
Area di interesse archeologico, art. 142 lett.m) D.lgs. 42/04
Fonte:
scheda 168 Piano Paesaggistico Regione Sicilia – Schede aree di interesse archeologico.


Percorso da Militello in Val di Catania  per:
-        Piano Maenza e Fildidonna – Frangello – Poggio Croce e Dosso Tamburaro.





Con i puntini rossi è riportato il sentiero che conduce nelle contrade:
Piano Maenza e Fildidonna.



Fosso Catalano e Colle della Croce sono dei siti di grande interesse naturalistico e paesaggistico.

Fosso Catalano è un selvaggio canyon che, sviluppandosi tra strette pareti, confluisce nel
Fosso Giglio.

Da Poggio Croce una splendida vista sul Biviere di Lentini, sull’Etna, sulla vasta Piana di
Catania e sul vicino Dosso Tamburaro importante zona archeologica.


…………………………………..

Militello in Val di Catania – Poggio Santa Croce
(Pianta totale del percorso in auto)



.......... trekking


Stazione di Fildidonna – Piano Maenza – Frangello – Poggio Santa Croce – Dosso Tamburaro



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