MONTE PELLEGRINO (R.N.O.) - Palermo - "Il Promontorio più bello al mondo.." -

Prima Parte -
Il Castello Utveggio - Le Batterie Contraeree sul Monte





Indice
La Storia del Castello – Il Cav. Michele Utveggio – l’Occupazione Tedesca ed Americana –
Il Collegamento della Struttura con l’attentato al Giudice Paolo Borsellino e la sua Scorta –
La visita di Papa Giovanni Paolo II
La Struttura Interna
Le Curiosità del castello
Le Voci Misteriose (Il Giudice che rifiutò l’incarico per un indagine…. Lo Snodo di Palermo.. Raimondo Lanza di Trabia (Video “L’uomo in Frack”)
Il Castello in Abbandono
La Testimonianza della Signora Angela Gatto nella Colonia estiva del 1950

Postazioni Contraeree sul Monte Pellegrino
La Contraerea Nazista e Fascista
Video su parte delle Postazioni
I Cannoni e i Radar
I Bombardamenti del 1943
Video “Il castello Utveggio nella Seconda Guerra”
Postazione Militare all’inizio della Scala Vecchia
I serbatoi della Marina Militare progettati dall’ing. Pier Luigi Nervi
Progetto “La Storia racconta la Storia”
La “Casermetta” del Parco della Favorita (Ing. Nervi)
Video sulla Casermetta

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Il castello Utveggio non ebbe mai una funzione militare. La sua costruzione iniziò nel 1928, su progetto dell’arch. Giovan Battista Santangelo (professore della Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Palermo), ultimato nel 1933 ed inaugurato nel 1934.
Nel 1926  Michele Utveggio, titolare di un impresa edile molto attiva a Palermo, decise di costruirsi una casa di villeggiatura in contrada Giacalone, una località montana vicino Palermo.



Il Cav. Michele Utveggio è al centro della foto



Lo stesso Utveggio avanzò la proposta di realizzare nella villa anche un ristorante con belvedere. L’idea venne  inserita in un progetto  ma venne modificata o meglio spostata la zona in cui realizzare l’opera: non più contrada Giacalone ma sul Monte Pellegrino.
Alla fine del 1927 Michele Utveggio presentò al Comune di Palermo il progetto definitivo “ Progetto Utveggio per un grande ristorante belvedere sul Monte Pellegrino”



Gli obiettivi del progetto furono ampliati. Non solo un ristorante Belvedere ma anche la realizzazione di una strada d’accesso carrozzabile e soprattutto di una funicolare in grado di consentire un facile accesso ai fruitori della struttura. Un progetto ambito che fu ampliato per fini turistici con la previsione di un grande albergo con tutte le infrastrutture e una serie di villini.
Nel lontano 1905 era stata studiato un piano per la” quotizzazione dei terreni sul Monte Pellegrino”, modificato nel 1910 e nel 1922, che prevedeva una zona da rimboschire, un’altra zona di destinare a pascolo ed una da lottizzare con la costruzione di "villini”.
Lo stesso Utveggio promise inoltre la realizzazione di un serbatoio idrico ed di un sistema di pompaggio dalla sottostante Piazza del Capo e si dichiarò anche pronto ad acquistare circa 6,5 ha di terreno montagnoso in località “Primo Pizzo” di Monte Pellegrino.
Non era la prima volta che l’imprenditore e costruttore  proponeva accordi alle Istituzioni per la realizzazione di opere importanti per lo sviluppo sociale e culturale della città. Nel 1897 aveva proposto al Comune un progetto per la realizzazione, con le sue risorse finanziarie, del nuovo mercato Buttafuoco alla Conceria e nel 1925 la realizzazione di una grandiosa Galleria simile a quelle  di Napoli e di Milano. Una galleria che doveva sorgere tra via Maqueda e via Roma.  Entrambi i progetti, per motivi burocratici, non si realizzarono.
Questa volta il Comune si mostrò favorevole al progetto sul Monte Pellegrino anche perchè visto dalle istituzioni come l'avvio di una “colonizzazione” del monte che per fortuna non si verificò.
I tempi e le concezioni di vita erano decisamente diverse dalle nostre… la lottizzazione non fu attuata , grazie anche ai veti che giunsero qualche anno dopo, ma ai tempi dell’Utveggio la città di Palermo era “…una grande città, in febbre di accrescimento e sviluppo” e queste iniziative erano considerate positivamente .. anche  se spesso condivise dalle infiltrazioni mafiose che ambivano proprio a quei terreni sul Monte Pellegrino.
Lo stesso Comune incoraggiò l’Utveggio a creare una struttura ricettiva completa cioè un Grand Hotel Ristorante. Una struttura che per la sua posizione e per i servizi offerti, avrebbe dato lustro alla città.
L’Utveggio acquistò quindi dal Comune di Palermo ben 6,6 ha (66.000 mq) di terreno ricadente nelle località “Primo Pizzo” sul Monte Pellegrino. Iniziarono subito i relativi sbancamenti e livellamenti del terreno per la realizzazione del progetto.
Michele Utveggio dedicò anima e corpo a quella struttura e per seguire da vicino i lavori visse in due stanzette nei pressi del grande cantiere, e lasciando al nipote Nenè tutti i numerosi lavori ordinari dell’impresa compreso la costruzione del nuovo stadio alla Favorita.
 Nel mese di settembre 1929   erano stati già realizzati: la prima elevazione; le torrette panoramiche; la strada d’accesso; le costruzioni accessorie; la sistemazione a verde dell’area.


Nel 1930 un primo problema giuridico perché il Commissario per la “Liquidazione degli Usi Civici della Sicilia” avviò un accertamento sui terreni del Monte Pellegrino per verificare la loro appartenenza al Demanio e quindi l’assoggettamento ad usi civici e l’eventuale possesso da parte di terzi.

Il problema sembrò superato perché nel 1931 la struttura era quasi completa. Iniziarono le ultime opere di impiantistica e di rifinitura. Il costo dell’opera ultimata fu di circa 12.000.000 Lire.




La Via Pietro Bonanno, fino al Santuario di Santa Rosalia, fu dotata di illuminazione pubblica e venne anche istituito un servizio di autobus che partiva da Piazza Verdi per giungere sempre al Santuario facendo una sosta al Castello Utveggio.


Furono realizzate delle grandi opere e nel 1932 iniziarono i lavori di rimboschimento del Monte Pellegrino che si prolungheranno fino al 1948. Opere realizzate dallo Stato e dal Consorzio Provinciale di Rimboschimento.
Iniziarono nel castello le grandi visite ufficiali. I principi di Piemonte Umberto di Savoia e Maria Josè nel 1932 visitarono il castello e nello stesso anno, il 20 settembre, si svolse la cerimonia d’inaugurazione del solo piano terra. In quell’occasione il maestro Alfano compose il valzer “Il Castello Incantato”.

Entrarono subito in funzione, ristorante, salone delle feste ed iniziò subito un importante attività di svago con spettacoli, ricevimenti, ecc.


Inaugurazione del Castello Utveggio
Nella foto si nota una parte della famosa e bellissima “Conca D’oro” di una volta.
In via Empedocle Restivo finiva la civiltà e la strada.
Il Viale Strasburgo era un bellissimo giardino di mandarini  fino agli anni ’60.
Da Via Notarbartolo a Viale Regione Siciliana, V.le Leonardo Da Vinci, Casa dei Sogni, i terreni
erano coltivati a fichi d’India… gustosissimi

Il 5 marzo 1933, ad appena sei mesi dall’inaugurazione della struttura, dopo una breve malattia (attacco di appendicite seguito da complicazioni),  morì Michele Utveggio.


Giornale L’Ora del 6-7 marzo 1933
Michele Utveggio era nato a Calatafimi il 31 agosto 1866, figlio secondogenito di Giacomo e
Maria Ingroia (prima era nata la sorella Caterina).
Il padre e il nonno erano dei costruttori edili mentre la famigli materna apparteneva al ceto
borghese, piccoli proprietari terrieri. All’età di 26 anni sposò Francesca Nocito, anche lei di
Calatafimi, sorella di un importante personaggio politico e avvocato, ordinario di
Diritto Penale alla Regia Università di Roma.
A pochi anni dal suo arrivo a Palermo, Michele Utveggio si fece stimare per la sua
imprenditorialità seria ed onesta. Aprì numerosi cantieri edili e intraprese numerosi
viaggi che avevano come obiettivo la conoscenza di nuovi materiali di costruzione
e le relative tecniche costruttive. Entrò nella vita politica della città come
consigliere comunale e provinciale,  e come membro della locale Commissione edile.
La sua passione per il calcio lo portò alla presidenza del Calcio Palermo.  
Tanti impegni che in ogni caso non colpirono la sua attività lavorativa grazie alla
collaborazione, dal 1901, con il nipote Antonino Collura con cui nel 1921 costituirà
la società “Impresa Utveggio e Collura Costruzioni Edili e Industriali”.
Anche il figlio della sorella Caterina, Nenè, s’affiancò allo zio assumendo compiti
gravosi  e consentendogli, in questo modo, di poter svolgere i suoi molteplici compiti.
Un lavoro quasi nell’ombra mentre lo zio si dedicava anche al suo cine teatro, uno dei primi
della città, e ai suoi impegni politici.



Nel 1914 Michele Utveggio realizzò, su progetto dell’arch. Ernesto Armò,
un grande palazzo su piazza Teatro Massimo. Un edificio multiuso dove all’interno
era presente una sala cinematografica, studi professionali ed abitazioni.  Si riservò il piano
attico con terrazza e giardino con collezioni di piante rare.
Un cine teatro importante che, nato prima del castello Utveggio, dirigeva personalmente.
Uno dei locali più in voga della città ed inaugurato il 2 febbraio 1915. Le pellicole,
ancora prive del sonoro, venivano precedute da esibizioni di varietà costituiti da danze,
prestigiatori, cantanti, ecc. successivamente la sala subì delle modificazioni per
introduzione del sonoro e vi alternavano proiezioni di film e rappresentazioni di prosa.
Negli anni successivi, quando Utveggio cedette il locale, il cinema  prese il nome di
Dux, Enic, Abadan e oggi Rouge et Noir. Tra le altre sue opere interventi nella Villa Igea, la costruzione del campo di calcio della Favorita…ecc.





Sito in Piazza Verdi è una delle prime opere definite “palazzo-cinematografo” cioè un edificio
per civili abitazioni che ospitava al piano terra il cinematografo “Utveggio”.
Un opera progettata dall’arch. Ernesto Arnò con la consulenza dell’ing. Salvatore Caronia Roberti
per il calcolo delle strutture in cemento armato.
Il cinema Utveggio fu poi chiamato “Dux”, “Enic” ed “Abadan” e dalla seconda metà degli anni ‘70
prese il nome di “Rouge et Noir”. 
Oggi è un cinema con due sale denominate “sala Rouge” e “sala Noir”.

Nel 1903 Michele Utveggio diede incarico all’architetto Ernesto Basile di progettare un edificio
da  suddividere in appartamenti da affittare. L’arch. Basile aveva progettato l’ampliamento
di Palazzo Montecitorio (Camera dei Deputati).
 Si realizzò un edificio, sito in via XX Settembre n. 62, con una facciata

ricca di elementi decorativi in stile Liberty. All’interno sono presenti affreschi del Gregoretti.

Palazzo Utveggio (Via XX Settembre, 62 – Palermo)





Padiglioni del Manicomio in via Pindemonte -Palermo


Pianta della Galleria




Alla morte di Michele Utveggio, il nipote e socio Antonino Collura prese l’impegno e l’onere di terminare tutte le opere.


Nel 1934/35 la struttura era ormai ultimata. La gestione era  nelle capacità imprenditoriali del Collura che iniziò l’attività turistica e congressuale riuscendo a stipulare un prestigioso contratto con l’Hotel Weimar di Marienbad.
Il ristorante e il bar furono affidati in gestione alla ditta Dagnino di Palermo.
Nel 1936 il nuovo scenario politico italiano ed mondiale causò la chiusura dell’albergo. L’unica attività era legata alla possibilità di accedere alla terrazza dell’albergo per  ammirare il panorama dietro il pagamento di un biglietto. L’edificio  era abitato dalla famiglia Collura solo nei mesi estivi.










Nel 1937 ci fu una breve riapertura, solo nei mesi estivi dietro affidamento alla gestione della “Società Grandi Alberghi Siciliani” e nel 1938/39 era aperto solo in occasioni di convegni e matrimoni.
Domenico Guarnaschelli, direttore del Casinò di Tunisi, propose  la conversione dei saloni del piano terra in casinò. Un idea che rimase tale perché non si realizzò.
1940/41 Re Vittorio Emanuele III visitò il forma riservatissima il castello non si sa per quale motivo.
L’istruttoria giuridica che era stata avviata circa dieci anni prima stabiliva che il Monte Pellegrino era Demanio Universale del Comune di Palermo.  Perse la sua validità il piano di lottizzazione, già approvato e che prevedeva la realizzazione di una serie di villini.  Ma sorse un altro problema,,, le costruzioni già realizzate, quindi compreso il Castello Utveggio, non  avevano titoli di proprietà validi. Gli eredi Utveggio presentarono opposizione.
Nel 1942, dopo l’inizio della seconda guerra mondiale, la struttura venne  prima requisita dal Genio Militare, per impiantarvi un impianto di fotoelettriche e relativo comando, per poi essere ceduta al CAT (Corpo Aereo Tedesco).
Il castello era (ed è) circondato dalla batterie antiaeree e ospitava dei militari fascisti della DICAT (Difesa Contraerea Territoriale) e dell’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea).
Il 22 luglio 1943 il reparto tedesco di stanza all’albero abbandonò la struttura per l’arrivo degli Alleati e fece esplodere il complesso radio che era collegato con Berlino, posto nell’antenna situata nell’area esterna del castello.
Nel pomeriggio dello stesso giorno il castello fu raggiunto dagli americani che apposero un cartello con la scritta “Hotel Fascista”….. i proprietari vennero cacciati.
Il 23 luglio e nei giorni seguenti il castello fu continuamente oggetto di saccheggio da parte delle truppe americane e anche di alcuni palermitani senza scrupoli. Si parse la voce che “era consentito ai cittadini di portare via tutto ciò che non interessa ai soldati americani”.
Un aereo tedesco tentò in picchiata di colpire la struttura… una bomba esplose nel giardino e altre colpiscono la montagna… alla fine l’aereo, un Zu88, si schiantò vicino alla Grotta del Caccamo.
Il castello continuò ad essere presidiato dagli americani e dagli inglesi sempre con particolare dedizione ai ripetuti saccheggi di ciò che era presente nell’albergo.





Le vicende per il castello sembravano senza fine.. perché venne occupato abusivamente da un bracconiere, nel 1944/49, che addirittura affittava gli alloggi del personale pretendendo anche  il pagamento di un biglietto per i visitatori. I proprietari nel frattempo  tentarono di accedere a dei contributi per riattivare la struttura alberghiera ma senza esiti positivi.

Il Comune di Palermo tra il 1949 e il 1954 realizzò il secondo tratto della via Pietro Bonanno (oggi via Monte Erecta) che  permetteva di raggiungere il Santuario di Santa Rosalia da Mondello (7 km). Un percorso molto panoramico che costituisce un’alternativa  per giungere al castello.

La Commissione Pontificia prese in affitto i locali del piano terra e la terrazza del castello, nel 1950, per la creazione di una colonia estiva per i bambini  disagiati. Dopo qualche anno un pauroso incendio nella vicina pineta del Monte Pellegrino, sempre oggetto di incendi annuali voluto dall’Ecomafia, determinò giustamente la chiusura dell’attività per l’incolumità dei piccoli bambini.

Nel 1951… dopo tanti anni…. il Commissario per la “Liquidazione degli Usi Civici della Sicilia” respinse tutte le opposizioni  pervenute dai possessori dei terreni sul Monte Pellegrino e dispose il reintegro al Demanio Comunale. Gli interessati rivolgeranno in appello.

La Presidenza della Regione nel 1952 valutò dei progetti per la “Sistemazione Urbanistica di Mondello – Parco della Favorita – Monte Pellegrino”. Gli architetti che parteciparono al bando misero in risalto all’unanimità che il punto cardine del progetto doveva essere innanzitutto la riqualificazione e quindi il recupero del Castello Utveggio…… Un bando e relativo programma che non ebbero un seguito…

Sempre nel 1952 il prof. G. Falzone avanzò la proposta di utilizzare il castello come sede di una programmata Università Mediterranea.

Nel 1953/56 la struttura era ancora chiusa… devastata di tutto…non mancava qualche visitatore incuriosito.

La Legge Regionale n. 15 del 18 febbraio 1955 autorizzava la Regione Sicilia a costituire un patrimonio turistico alberghiero per la valorizzazione turistica dell’Isola. Una legge che sarà la base del successivo esproprio del castello, il cui recupero è ritenuto “opera pubblica urgente e indifferibile”.

Il 15 gennaio 1957 l’Ufficio per “La Liquidazione dei danni causati da occupazioni di forze alleate” con sede a Roma, valutò in 2.616.000 di lire i danni causati al Grande Albergo Castello Utveggio… cifra senz’altro modesta rispetto ai danni reali.
Nello stesso periodo si ricominciò a parlare del vecchio progetto della funicolare per Monte Pellegrino con la creazione di una stazione di sosta al Castello Utveggio.






Assurdo… ma nel 1959 l’esproprio del castello non era ancora formalizzato per la presenza di problemi tecnici burocratici e si concluderà… finalmente….. nel 1960 con un indennizzo pari a 350 milioni di lire.

Arrivò alla conclusione anche la lunga vertenza legata alla Demanialità dei terreni sul Monte Pellegrino… nel 1963 con sentenza passati in giudizio venne confermato il reintegro dei terreni sul Monte Pellegrino al Demanio Comunale. I ricorrenti, tra cui i proprietari del castello Utveggio, avevano la possibilità di ottenere la legittimazione dei beni in base al pagamento di un canone su base annuale calcolato per tutti gli anni di possesso.

Nel 1964 la Regione Sicilia subentrò nella proprietà del castello e commissionò un progetto di restauro per riavviare l’aspetto turistico e con la creazione anche di un annessa scuola alberghiera. Ancora una volta l’iniziativa rimase solo sulla carta.
Scese il silenzio sul castello… un silenzio lungo ben 10 anni…
La società palermitana Sa.Co.Pa. nel 1970 chiese l’affidamento della struttura per riattivare l’hotel e aprirvi la progettata scuola alberghiera ma anche questa volta la proposta non andò avanti per la ritenuta inidoneità tecnica della stessa società da parte dell’Assessorato al Turismo. La vicenda, molto confusa, diede adito a forti scontri giuridici,, anche con la nascita di sospettose infiltrazioni e pressioni mafiose.

Nel 1976 giunse la proposta da parte della Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Palermo, di destinare il castello a Centro Culturale per Congressi e Corsi di Specializzazione sull’esempio del famoso ed affermato Centro “Ettore Maiorana” di Erice (Tp). A questa proposta s’affiancò un'altra richiesta per destinare la struttura a Casinò. Nessuna delle due iniziative ebbe un seguito.


Anche la RAI (Radio Televisione Italiana) nel 1979 s’interessò al castello mandando in onda un documentario dal titolo “Le Ragioni di un monte – Monte Pellegrino” di Lucia Restivo. Un programma che evidenziava l’attività di un movimento per le difesa del monte da parte di un’associazione ambientalista. Il documentario, tra le varie riprese, mostrò anche il castello Utveggio in completo abbandono e propose sue possibili utilizzazioni da parte della Regione.
Nel 1981 ci furono varie proposte esaminate dal Presidente della Regione a fronte di una disponibilità finanziaria di tre miliardi di lire…. le richieste vennero da parte dell’ENI, Carlo De Benedetti per l’Olivetti…. l’ing. Corbellini per l’Enel….. ma nessuna di queste richieste venne avviata.
Con Decreto n. 117 dell’Assessorato BB.CC.AA. , Monte Pellegrino fu sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi della Legge 1497/39 sulla “Protezione delle Bellezze Naturali”.
Ci fu poi un Congresso Nazionale del PSI che si svolse nel Castello….. dove fu addirittura collocato un garofano alto 15 metri.


Anche Michele Sindona, nel 1983, s’interessò per l’apertura di un fantomatico casinò sul Monte… una notizia che giunse da New York tramite un articolo pubblicato nel Daily News.

Nel 1984  apparve la notizia su una nuova destinazione d’uso della struttura…. una scuola d’eccellenza per manager e dirigenti pubblici…. Era l’anno 1984…. La struttura e la scuola vennero affidate al Cerisdi (Centro Ricerche e Studi Direzionali)

L’arch. Paolo Rizzo nel 1985 venne incaricato dalla Regione per la redazione di un progetto per il ripristino dell’intero edificio…. Interno, esterno… compreso il piazzale e le altre servitù nonché alla predisposizione di nuovi arredi e alla direzione dei lavori. Una struttura che era stata completamente svuotata.. devastata… gli stessi artefici degli scavi clandestini sul Monte Pellegrino alla ricerca di reperti archeologici…. mafiosi….

Il Governo regionale nel 1988 costituì il CERISDI, “società d’alta formazione” …. “con la missione di svolgere attività di ricerca, consulenza e organizzazione di seminari e convegni”.

Nel 1989, i lavori non erano completamente ultimati, il castello venne riaperto alla città e nel 1991 la casa editrice Sellerio pubblicò il libro “Il Castello Utveggio. Storia di una Impresa” scritto da Michele Collura, pronipote di Michele Utveggio, ..il fondatore e artefice della costruzione.

Il presidente del CERISDI… nel 1992 era il pref. Pietro Verga
Il castello era al centro di indagini perché ritenuto il luogo da dove venne azionato il telecomando che provocò la strage di via D’Amelio in cui morirono il  grande giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Si suppose che proprio il Castello sia stata la sede di una postazione  dei servizi segreti in contatto con i mafiosi. Nel 2011 questa tesi venne definitivamente smentita e abbandonata dagli inquirenti… non poteva essere altrimenti…. dopo ben 19 anni……


Dal Castello alla Via Mariano d’Amelio ci sono in linea d’aria circa 1000 metri (1 km).
19 luglio 1992 la strage in Via Mariano D’Amelio, davanti al numero civico 21, morirono il Giudice Paolo Borsellino e gli Uomini della sua Scorta..


 Quel tragico pomeriggio del 19 luglio 1992, il vice-questore di Polizia Giacchino Genchi, si recò in Via D’Amelio assieme al suo autista. Cercò di capire il luogo da cui gli attentatori avessero potuto premere il telecomando per  fare esplodere la Fiat 126, carica di un quintale di Semtex cecoslovacco e tritolo russo, indisturbati. Notò il crinale di Monte Pellegrino sul quale sorge il Castello Utveggio e insieme al suo autista decise di ispezionare quella costruzione. Si avviò in macchina verso il castello che era la sede del CERISDI. Giunti davanti al cancello della struttura suonarono il campanello ma nessuno rispose. Genchi ed il suo autista non poterono entrare nel castello e fare gli accertamenti di polizia del caso.

Io mi sono recato sui luoghi subito dopo (ha dichiarato Gioacchino Genchi, ndr), perché è venuto a prendermi il mio collaboratore; siamo andati là, siamo saliti su a Castel Utveggio, abbiamo girato Monte Pellegrino, abbiamo guardato la zona intorno, i miei uomini... perché cercavamo una postazione di visualizzazione … perché da là … dalla strada … chiunque si fosse messo nella strada, a premere sarebbe saltato, guardi, cioè perché era tutto distrutto, tutto distrutto. Quindi ci voleva una postazione che garantisse anche di restare immuni all'esplosione. Eh, uno che si fa esplodere... perché non erano i kamikaze che avevano fatto l’attentato, erano persone che non erano andati... abbiamo visto se erano in ospedali, se erano al pronto soccorso, tutte queste attività le abbiamo subito fatte nell’immediatezza, e nessuno si era ferito, nessuno era morto, se non i poliziotti e il magistrato. Quindi chi ha premuto era in una postazione coperta, cioè ... è rimasto illeso … il posto, come abbiamo fatto guardando, doveva essere in un punto strategico, isolato, e quindi siamo saliti per la strada di Monte Pellegrino, ci siamo messi a guardare. Addirittura rischiavamo pure qualche incidente, perché è stretto … Io e un poliziotto, che non mi ricordo come si chiamava il mio autista in quel periodo, un ragazzo del Nucleo Anticrimine … andiamo ... guardiamo... guardiamo la strada, cioè ci fermiamo su più punti della strada, arriviamo davanti l’ingresso del cancello del castello, perché era il punto che ci portava nella proiezione, suoniamo e non ci aprono, e non... non aprono il cancello … Con i tabulati che avevamo acquisito, c’erano arrivati qualche giorno prima che io lasciassi il gruppo e quei tabulati potevano essere molto importanti, no? Perché dai tabulati telefonici del castello, se qualcuno telefona vuol dire che qualcuno c’era, e quindi se qualcuno c’era non ci ha aperto. Non mi risulta che questa verifica sia fra quelle che siano state fatte".
Il guardiano in servizio presso il castello Utveggio nel pomeriggio della strage, Vincenzo Lamendola, testimoniò che nel periodo in esame il castello era presidiato 24  ore. Il giorno della strage lo stesso Lamendola era  di turno al momento dello scoppio dell’autobomba e rimase al castello fino alle ore 23 quando gli fu dato il cambio dai due guardiani del turno di notte.
Quando sentì il boato, Lamendola si recò sul torrione panoramico del castello e vide un ‘fungo’ di fumo alzarsi da una delle vie sottostanti a Monte Pellegrino. Il guardiano notò nella sottostante torretta in uso alla guardia forestale la presenza di una persona con cui scambiò qualche parola per capire cosa fosse successo.
L’interlocutore del Lamendola fu identificato successivamente nell’operaio forestale Giovanni Citarda, in servizio il 19 luglio presso la postazione di Monte Pellegrino con lo scopo di scrutare l’orizzonte e segnalare alla centrale operativa eventuali focolai di incendio.

Lamendola inoltre affermò che il 19 luglio, intorno alle ore 21.00, ricevette la visita presso il castello Utveggio di un addetto del servizio di pulizie al castello che, saputo della strage, giunse a ‘fare compagnia’ al Lamendola stesso. L’addetto, di cui il guardiano non ricordava il nome, arrivò quella sera da Enna ed era parente di un poliziotto, Lavigna Leonardo, che ‘prestava servizio presso l’antimafia’. Lamendola aggiunse che, a parte l’addetto già citato, non ricevette la visita di nessun’altra persona fino al sopraggiungere del cambio di guardia.
Il castello Utveggio, dunque, nelle ore immediatamente successive alla strage era presidiato, ma quando il vice-questore di Polizia Genchi ed il suo autista suonarono per accedere alla struttura non ricevettero alcuna risposta. Non fu pertanto possibile eseguire alcun accertamento sullo stato dei luoghi e sulle persone presenti all’interno della struttura.
Fra gli atti depositati dalla procura di Caltanissetta al termine delle indagini preliminari nel procedimento penale 'Borsellino QUATER', non figurano ulteriori accertamenti investigativi sui tabulati telefonici delle utenze attive presso il castello nella giornata di domenica 19 luglio 1992.
Non essendo stato possibile effettuare presso il castello Utveggio, domenica 19 luglio 1992, rilievi di Polizia sullo stato dei luoghi e sull'identità degli individui presenti presso l'edificio e non essendo state depositate agli atti ulteriori verifiche sui tabulati delle utenze attive, quel giorno, all'interno dell'edifico situato su Monte Pellegrino, risulta estremamente difficile trarre conclusioni
esaustive sull'identità di chi fu presente nelle pertinenze del castello nel pomeriggio della strage di via D'Amelio.
Il mistero sulle indagini si fece più fitto ed intrigato. Le indagini portarono in risalto i tabulati di alcune utenze telefoniche di pertinenza del personale operante all’interno del castello.
Durante il processo d’appello, “Borsellino Bis”, lo stesso Genchi testimoniò che nel 1992, a seguito di indagini sui tabulati telefonici di un cellulare in uso a Gaetano Scotto, sospettato di appartenere alla famiglia mafiosa del quartiere Arenella di Palermo c’erano due telefonate “di notevole rilievo investigativo”. In data 6 febbraio 1992 alle ore 14,28 lo Scollo telefonò, con una conversazione di due minuti e dieci secondi, l’utenza n. 091/652XXXX che era intesta a Vincenzo Paradiso (cioè l’abitazione dello stesso Paradiso a Palermo). Subito topo alle ore 14,30  l’utenza di Scotto entrò in contatto, per circa tre minuti e nove secondi, con il numero 091/637YYYY intestato al CERISDI. In quella data il sig. Paradiso era impiegato presso l’ente regionale CERISDI come collaboratore esterno.
Nell’udienza del 23 maggio 2001, a ben 9 anni dalla strage, in seguito all’audizione di Genchi e alla sentenza d’appello “Borsellino Bis”, il PM riprese le indagini e la DIA di Caltanissetta individuò “un cospicuo raggio di attività investigative aventi ad oggetto organismi e persone che potevano contare sulla disponibilità dei locali di Castello Utveggio”.
In merito alle due chiamate del sig. Scollo del 6 febbraio 1992 la Dia di Caltanissetta avanzò il sospetto che fossero collegate.  Lo Scotto cerò il sig. Paradiso nella sua abitazione e, non avendolo trovato, telefonò nel luogo di lavoro cioè al castello Utveggio. Naturalmente lo stesso sig. Paradiso fu interrogato, come  persona informata dei fatti, interrogatorio che avvenne nel maggio 2004 e sempre in riferimento alle due telefonate, e dichiarò di non conoscere alcuna persona con il cognome Scollo e nello stesso tempo di non sapersi spiegare, dato il tempo intercorso, del motivo di quelle telefonate.
Il PM di Caltanissetta iscrisse successivamente il nome di Vincenzo paradiso nel registro degli indagati per il “reato di concorso esterno in associazione mafiosa”. Fu nuovamente interrogato l’11 novembre 2004 e dichiarò che il suo rapporto di lavoro con il CERISDI era un rapporto di collaborazione, nato nel 1991, di essere stato assunto nel 1992 e di aver lavorato alle dipendenze dell’ente fino al 1999. Non si riuscì a svelare il mistero di quelle telefonate e anche il Sig. Scollo, a sua volta interrogato come autore di quelle chiamate telefoniche, si avvalse della facoltà di non rispondere.
La Procura di Caltanissetta ritenne gli elementi raccolti nelle indagini investigativi non idonei a sostenere l’accusa a carico del sig. Vincenzo Paradiso e chiese il 30 aprile 2005 l’archiviazione del procedimento. Il Gip, Giovanbattista Tona, esaminando la richiesta della procura, concluse che l’ipotesi accusatoria a carico del Sig. Paradiso non “fosse sostenibile in dibattimento né suscettibile di ulteriori approfondimenti e dispose l’archiviazione del procedimento in data 14 maggio 2005”.
Le indagini non avevano evidenziato l’esistenza di alcun contatto del sig. Paradiso né con il Sig. Scollo né con elementi vicini a Cosa Nostra per cui il Gip Tona dichiarò che “‘Rimane allora oscuro il motivo per il quale Scotto ebbe necessità di parlare anche per pochi minuti con un soggetto, che nessun contatto aveva avuto ed in seguito nessun contatto avrà con esponenti della criminalità organizzata e che al contempo nessun rapporto di altro tipo, ancorché lecito, aveva avuto e avrà poi con lo stesso Scotto”.
Un altro elemento, forse ancora più inquietante si aggiunse alle indagini e anche in questo caso si trattò di contatti telefonici questa volta inviati dagli uffici del CERISDI presso il castello.
Infatti da un utenza installata nel castello per gli uffici del CERISDI, in uso al sig. Salvatore Coppolino, ex ufficiale dei Carabinieri, risultavano inviate diverse telefonate:
-           il 4 maggio 1992 verso utenze intestate alla G.A.T.TEL srl (Via Roma 467, Palermo);
-          G.U.S. (Via Roma 457, Palermo), società di copertura del centro SISDE di Palermo.
Nel maggio 1992 il Sig. Coppolino era collaboratore esterno del CERISDI ed assistente personale del presidente cioè il prefetto ed ex Commissario per la lotta alla mafia dott. Pietro Verga.
Il controllo dei tabulati telefonici rilevò che in passato il Sig. Coppolino era sta operativo presso un aliquota del SISDE. Dalle indagini investigative non si riuscì a spiegare il motivo della presenza di queste contatti telefonici negli atti giudiziari.
Lo stesso Giacchino Genchi rilevò alcuni dati investigativi che svolse nei primi anni novanta in merito all’omicidio di Ignazio salvo e agli accertamenti sui tabulati telefonici in uso a Gaetano Scollo.

Genchi rilevò che durante l’esame dei tabulati, sempre in riferimento all’omicidio Salvo,  si scoprì che anche il cellulare di Giovanni Scaduto, boss di Bagheria e successivamente condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, era in comunicazione con i mafiosi di Altofonte, a loro volta in contatto con esponenti dei servizi segreti, aveva avuto contatti con il CERISDI.

In merito, invece, agli approfondimenti investigativi sul tabulato dell’utenza cellulare in uso a Scotto, Genchi dichiarò:

Analizzando il tabulato di Gaetano Scotto ... io trovai dei contatti telefonici devo dire, insomma, inquietanti con una serie di soggetti, dei medici, e dei medici che erano stati processi al maxiprocesso, uno dei quali era stato anche assolto, che nella ricostruzione della vicenda del maxiprocesso e poi dell'altro processo, "Golden Market", che si fece a Palermo tempo dopo ... proprio su queste collusioni tra criminalità organizzata in ambienti mafiosi, avvocatura, probabilmente anche settori della magistratura che non furono mai individuati o comunque solo in parte, poi, in alcuni stralci che finirono a Caltanissetta, però sicuramente dal contesto più immediato, Guttadauro e l’altro medico che adesso non ricordo come si chiamasse questo assolto, questo era... c’erano dichiarazioni che avrebbe fatto, addirittura, interventi chirurgici in una sua casa di Mondello, di fronte a un fosso... Romano, ecco, Romano. C’erano questi contatti telefonici di Scotto. Ora, per carità, poteva chiamare il professore... il dottore Romano perché stava male, tra l’altro era un bravo medico Romano, quindi le ragioni per cui si fa una chiamata possono essere tante, però fra i rapporti, fra i contatti di... di Scotto, in coincidenza, eh. C’erano questi, c’erano telefoni della Guardia di Finanza, cellulari, all’epoca il cellulare della Guardia di Finanza non è che l’aveva il finanziere o il maresciallo, il cellulare era di un soggetto che doveva essere titolato o che comunque aveva ruoli importanti nei servizi informativi”.
Alla fine la pista che portava al castello Utvegio collegato, in  un certo modo alla strage di Via D’Amelio,  fu ricoperta da tante zone o momenti d’ombra sulle quale non si riuscì a fare luce malgrado le varie prove indiziarie… tabulati  telefonici, presenze…



La moglie di Paolo Borsellino, Agnese (deceduta il 5 maggio 2013), rilevò i timori del marito..
“Mio marito, dopo l’incontro alla sala VIP (aeroporto di Fiumicino, 28 giugno 1992, ndr), non mi disse nulla che riguardava Ciancimino.

Ricordo, invece, che mio marito mi disse testualmente che ‘c’era un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello Stato’. Ciò mi disse intorno alla metà di giungo del 1992. In quello stesso periodo mi disse che aveva visto la ‘mafia in diretta’, parlandomi anche in quel caso di contiguità tra la mafia e pezzi di apparati dello Stato italiano.
In quello stesso periodo chiudeva sempre le serrande della stanza da letto di questa casa (l’abitazione del magistrato in via Cilea, ndr), temendo di esser visto da Castello Utveggio. Mi diceva: ‘Ci possono vedere a casa’”.
Raccontare .. significa Resistere alle ingiustizie della vita…

Per dovere di cronaca c’è da dire che il dott. Gioacchino Genchi, stimato consulente di molte procure italiane e all’epoca anche collaboratore di Giovanni Falcone, fu “perseguitato” negli anni successivi sempre per le sue inchieste.
Clamorosa l’inchiesta Poseidone e Why Not, quando a fianco del Pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, il 13 marzo 2009 i “Ros dei Carabinieri” gli sequestrarono l’archivio acquisendo i dati delle sue inchieste in questione.
Una grande “Scandalo della Repubblica” … uno dei tanti in un paese ricco d’ingiustizie perché Genchi per qualcuno era “l’orecchio che ascoltava tutto il potere”. Nei suoi hard disk erano inserite ben 351.991.031 comunicazioni telefoniche e 13.684.937 utenze telefoniche. Al PM De Magistris furono revocate le inchieste che, la Corte d’Appello di Salerno nel novembre 2018 ha sancito “che gli furono sottratte illegalmente” e il 18 luglio 2019, il Tribunale di Palermo ha stabilito che l’attività del dott. Genchi era assolutamente regolare… Che vergogna…. Uno scandalo ma come definiscono i giornali “al contrario”..




La Visita di Papa Giovanni Paolo II

Stranamente ad appena due anni dall’inizio dell’attività, eravamo nel 1994, si sparse la voce su una presunta chiusura del Cerisdi….. ma la crisi venne scongiurata e l’attività della “scuola di eccellenza” continuò… …..

Nel 1995 il Papa Giovanni Paolo II organizzò nel castello il 3° Convegno delle Chiese d’Italia.

Con il Decreto A.R.T.A. del 6 ottobre 1995 fu istituita la Riserva Orientata di Monte Pellegrino che comprendeva nella sua area anche il Castello Utveggio.




Nel mese di maggio 1997, in occasione del V Raduno Nazionale dei gruppi giovanili dell’Associazione Dimore Storiche Italiane venne organizzata una visita alla struttura.

Nel 2005 il castello ospitò in maniera provvisoria alcuni Uffici del CGA

Il prof. Ennio Pintacura nel 1999 fu nominato presidente del Cerisdi e coprirà quest’incarico fino alla sua morte improvvisa (4 settembre 2005).




Nel 2001 il FAI aprì il castello ai visitatori…. Una grande affluenza di gente..

Il 20 novembre 2001 il Comune di Palermo collocò una lapide commemorativa nello spiazzale d’ingresso del castello alla memoria di Michele Utveggio e di Antonino Collura.



Il 30 aprile 2003 giunse al castello Emanuele Filiberto di Savoia per  avviare una collaborazione tra il Cerisdi e la Fondazione “Principe di Venezia” di cui era presidente. Nel 2005 il Cerisdi avviò il progetto “Euromediterraneo” per il recupero e la trasformazione della palazzina (alloggio del personale al tempo in cui la struttura era un albergo) posta all’ingresso del Parco del Castello. Nuovi spazi dovevano essere adibiti a uffici, piccole sale di riunioni e conferenze, foresteria, tutti ambienti proposti secondo le direttive dello studio Galkl.
Ad aprile 2006 venne nominato  come presidente del Cerisdi il ministro Calogero Mannino che però si dimetterà appena un anno dopo (marzo 2007).
Dal 2007 al 2009 il Cerisdi sarà senza presidente.
Solo nel 2009 verrà nominato un presidente, il prof. Adelfio Elio Cardinale, che guiderà l’ente fino al giorno delle sue dimissioni presentate il 30 agosto 2013.
Nel mese di luglio, a 17 anni dall’eccidio del giudice Borsellino, si svolse una manifestazione simbolica di denuncia per lamentare lo stato delle indagini sulla strage. I partecipanti riuniti in va D’Amelio, raggiunsero a piedi il Castello Utveggio, portando ognuno in mano un’agenda rossa, come quella utilizzata da Borsellino e misteriosamente scomparsa. Manifestazione che si svolse anche in occasione dell’anniversario della strage , luglio 2010.




Il FAI ritornò a Castello Utveggio il 26 settembre 2009 nell’ambito di una raccolta fondi a favore del terremoto che aveva colpito l’Abruzzo.
Sul prospetto della torre principale del castello Utveggio campeggiò nel 2010 la gigantografia di Sakineh, una donna israeliana condannata a morte per adulterio. L’iniziativa si inquadrò nell’ambito di una mobilitazione generale per salvarle la vita, alla quale aderì il Cerisdi.


Chiusura notturna, nel 2013, della via Pietro Bonanno a causa dei cinghiali che vivono allo stato brado sul monte Pellegrino e che scavando nel terreno provocano la caduta di massi sulla carreggiata

Grazie a una iniziativa perorata dal vice Presidente del Cerisdi, il Castello Utveggio aprì le porte a visitatori e turisti, dal 30 novembre 2013 al 6 gennaio 2014, …..circa 1200 persone visitarono il complesso

Il comune di Palermo ( Area del verde e viabilità Urbana) in collaborazione con l’Orto Botanico, provvidero a rendere nuovamente fruibile la rete dei percorsi nel parco dell’Utveggio; un privato regalò delle palme da impiantare al posto di quelle storiche debellate dagli attacchi del punteruolo rosso.

Nel 2014 per frane e cadute massi fu chiusa la via Monte Ercta da via Annone al Santuario

L’ultimo Presidente del Cerisdi fu il prof. Salvatore Parlagreco, eletto il 22 maggio 2014.

Il Cerisdi chiuse i battenti il 23 marzo 2016. Il Castello fu nuovamente abbandonato. La Rai dedicò un servizio al degrado della struttura e denunciò la possibilità di atti vandalici.
Un vasto incendio il 16 giugno 2016 devastò le pendici di Monte Pellegrino estendendosi anche sul Primo Pizzo e lambendo Castello Utveggio…600 ettari di Bosco e Macchia Mediterranea bruciati… oltre il 60% del Monte fu colpito dall’incendio….sempre l’ecomafia in azione...

Anche nel 2017 la riserva fu colpita da un incendio di minore proporzioni. Purtroppo  ogni anno il promontorio è colpito, come la vicina Riserva dello Zingaro…un territorio senza pace.  Incendi dolosi e spesso appiccati in più punti… una cosa è certa… Il Monte Pellegrino non diventerà mai una zona urbanizzata… potrà sparire anche l’ultimo albero sul Monte ma non sarà mai un area edificabile e questo dovrebbero capirlo. Non ho preso visione delle mappe sui percorsi degli incendi e sul luogo in cui hanno avuto origine, ma sono sicuro che attraverso la loro lettura ci si renderà conto che gli incendi sono tutti dolosi e spesso innescati negli stessi punti o vicini…







La Struttura Interna – La camera di Papa Giovanni Paolo II

Al terzo piano del castello vi sono ventisette camere per un totale di cinquanta posti letto. Una di queste camere ospitò Papa Giovanni Paolo II il 23 novembre  1995 e da allora la camera è rimasta intatta, non adoperata da alcuno.








il corridoio

Al secondo piano  c’è la sala del Consiglio d’amministrazione, la Sala Collura con una raccolta di fotografie che ritraggono le visite di importanti personaggi al castello e la stanza del presidente del Cerisdi.
Al primo piano l’importante biblioteca e alcune aule del Cerisdi.












LE CURIOSITA’: L’Adesivo dell’Albergo; La Posateria: Le Auto del Cav. Michele Utveggio

A chi soggiornava nell’Hotel veniva dato in omaggio un adesivo da collocare sulla valigia seconda quella che era una moda del tempo.


L’Hotel aveva una linea personalizzata nelle posaterie e nei tessuti. Nei piatti era impresso il logo dell’Hotel.


L’impianto di riscaldamento era molti efficiente. Fu realizzato da Andrea Terenghi che fu chiamato dal Cav. Michele Utveggio nel 1927 da Milano. Il Terenghi portò con sé la sua famiglia e si sistemò in una suites del castello fino alla fine dei lavori. La famiglia Terenghi non partì più da Palermo.

Le Auto del Cav. Michele Utveggio

Il Cavaliere possedeva una Balilla che fu immatricolata nel 1933. Un‘auto che usò poco perché nello stesso anno morì.


Rimase chiusa nel garage dell’albero durante l’occupazione tedesca e nella successiva fase dell’occupazione del castello da parte degli americani.
Riuscì a scampare al saccheggio del castello grazia al nipote del cavaliere, Antonio Collura, che la  portà a Palermo dove rimase chiusa in un garage di Via Calatafimi. Nel 1985 fu venduta  in ottime condizioni data la continua manutenzione di cui era oggetto. Oggi l’auto fa bella mostra di sé nelle rassegne d’auto storiche con i suoi 26.000 km.
Il cav. Aveva anche una “Minerva” che nei primi decenni del 1900 era considerata una Roll Royce. Fu costruita in Belgio e  anch’essa era custodita nel garage del castello Utveggio ai tempi dell’occupazione tedesca ed americana. Alla fine non ebbe la stessa fortuna della Balilla perché non si salvò dalla stupidità umana. Durante il saccheggio del castello fu scoperta e venne gettata in un dirupo e se ne persero le tracce..




Le Voci  “Misteriose”……
Sul castello altre “voci” misteriose …non si sa se vere o false..
Prima dell’avvento del Giudice Falcone c’è la visione di una magistratura siciliana un po’ confusa… una visione che cambiò radicalmente con la venuta di Falcone… in questo cambiamento figura anche il castello Utveggio.
Un episodio che sarebbe avvenuto negli anni settanta.. sembra la storia dettata da un cantastorie..
Un magistrato palermitano era stato nominato titolare di un inchiesta le cui piste finivano al castello Utveggio. Una seria un gruppo di studenti che frequentavano il liceo Meli, si riunì per ascoltare della musica dei Doors e preparare una pièce teatrale. Entro nella loro cameretta il giudice che era il padre di uno di quei ragazzi..”il magistrato avvertì subito nell’aria tanfo di sogni ed illusioni. A quell’età, si sa, sembra che tutto possa essere concesso. Compreso cambiare il mondo o anche solo una città.”
Il Giudice volle a dare a quei ragazzi una lezione  cercando di fargli toccare la dura realtà di una città… una realtà dura come il marmo  o la pietra.
Confessò loro di essere stato appena nominato titolare in una scabrosa inchiesta, le cui piste conducevano pericolosamente fin dentro i segreti del castello.
Una vicenda, a quanto lui aveva fino a quel momento appreso, di traffici d’armi, mafia e spionaggio. Il giudice, riflettendo sull’oggetto dell’indagine e il luogo che lo avrebbe costretto a lugubri accertamenti, narrò ai ragazzi di essersi tormentato un po’. Ma infine disse loro di aver preso la decisione più saggia e naturale: declinare ogni responsabilità, nel perseguire i suoi doveri d’ufficio.  In pratica, si era “ammucciata” (nascosta) l’inchiesta sul castello. L’aveva insabbiata.. Il motivo ? Semplice , spiegò il magistrato ai suoi ragazzi: lui preferiva continuare ad ascoltare al mattino il cinguettio degli uccellini fuori dalla sua finestra, piuttosto che correre il rischio di essere ammazzato”.

Tanti anni dopo, nel suo ultimo discorso pubblico, pronunciato prima della sua morte, il magistrato Paolo Borsellino rispose indirettamente al suo collega magistrato…Dirà ai ragazzi di scegliere il profumo della libertà.

Abbiamo visto il castello coinvolto nella strage di Via D’Amelio… un castello quasi processato e assolto…
Il castello domina la città e sulla vetta del monte la presenza di imponenti antenne per le telecomunicazioni che potrebbe nascondere un segreto legato al “snodo di Palermo”. Si tratta di quella misteriosa centrale d’ascolto di tutti i traffici telefonici dall’Europa ai Paesi Arabi che, da una data imprecisata d’inizio e fino ad oggi, controlla l’intera mobilità dei contatti via etere tra Vecchio Continente e Medio oriente. Non c’è telefonata, mail, sms e chat, se partita dall’Europa che vada verso un paese arabo, che non finisca nella rete dello “snodo di Palermo”. Dove sia materialmente ubicato non si sa. Sembra che l’esistenza di questa struttura segreta sul capoluogo siciliano sia stata confermata dai vertici delle aziende telefoniche, compreso l’uso della rete da parte degli americani….. sono solo cantastorie ?

Fra i tanti fantasmi del castello anche quello di un noto personaggio della nobiltà palermitana, presidente storico della squadra di calcio del Palermo e inventore, ma questo nessuno lo sa proprio perché è un siciliano, del calcio mercato all’Hotel Gallia di Milano.. fu definito come l’ultimo “Gattopardo” e Domenico Modugno gli dedicò una canzone, delle  più belle.. “L’uomo in frack”… quel personaggio si chiamava Raimondo Lanza di Trabia.. e si suicidò lanciandosi dalla finestra dell’Hotel Eden di Roma… questa fu la versione ufficiale…il Fratello Galvano in punto di morte dichiarò che la fine di Raimondo non fu suicidio..
Una storia carica di segreti, di attività politica, di legami con gli alleati,  di ricerche petrolifere (contatti con Onassis e nell’albergo, nel giorno del presunto “suicidio”, la presenza anche di Enrico Mattei).. la mafia che ambiva ai suo immensi feudi… il problema sulla Miniera Tallarita che portava tanti voti alla Dc e personaggi inquietanti della mafia come Calogero Vizzini, Genco Russo che grazie ai quei feudi divennero ricchi ed intoccabili come  emerge dai racconti Leonardo Sciascia. Il 3 settembre 1943 si svolse ad Algeri la trattiva per la firma di un armistizio tra l’Italia e gli anglo-americani, nella trattativa era presente Raimondo Lanza di Trabia. L’8 settembre l’armistizio fu firmato a Cassibile (Siracusa) e con i comandi Alleati erano presenti, su indicazione dello stesso Raimondo Lanza, il fratello Galvano Lanza e il suo amico Vito Guarrasi. Vito Guarrasi una figura misteriosa che verrà nominato a Palermo come “la testa dell’acqua” cioè la sorgente di tutto. Verrà coinvolto anche nella scomparsa del giornalista dell’Ora Mauro de Mauro e nel falso sequestro dal bancarottiere Michele Sindona, anche lui siciliano,, ma verrà sempre scagionato da ogni accusa.

Raimondo Lanza come detto, fu l’inventore del calcio mercato con Gipo Viani all’Hotel Gallia di Milano; fu presidente del Calcio Palermo e partecipò a varie edizioni della Targa Florio , la mitica corsa automobilistica nata del 1902 e di cui fu  anche presidente  che più volte si concluse sulle terrazze del castello Utveggio..

Raimondo Lanza di Trabia (a destra) e Gipo Viani


Tazio Nuvolari alla partenza della Monte Pellegrino del 1950 con la CISITALIA
A destra, con le mani appoggiate sull’auto, Raimondo Lanza di Trabia
Dopo la guerra fu proprio Raimondo Lanza di Trabia e  il barone Stefano della Motta a rilanciare
la Targa Florio con arrivo al castello Utveggio.  Nel 1950 vinse Stefano La Motta.


Il castello fu spettatore silenzioso della grande passione di Raimondo Lanza sia per le auto che
per la corsa che portava il nome della famiglia Florio a cui lo stesso Raimondo era legato
grazie alla nonna paterna. E forse in quel castello si decisero le sue sorti perché il suo presunto suicidio
ha tanto lati oscuri… un personaggio che dava fastidio alla mafia, agli imprenditori locali e anche a tanti politici.





Il Castello in abbandono….


Nel 2017 Castello Utveggio era ancora chiuso e in uno stato di degrado. Procedeva  la liquidazione del Cerisdi che una volta completata consentiva alla Regione di rientrare in possesso del bene. Frattanto si moltiplicavano sui media le denunce sullo stato di incuria e degrado cui era soggetto l’edificio. Molti cittadini esprimevano il loro disappunto con proteste simboliche. Si costituì l’Associazione “Salviamo Castello Utveggio”. Nel mese di novembre 2017, 22 associazioni presentarono un esposto alla Polizia Municipale.. secondo il Presidente della Fondazione Unesco e docente di Sociologia dell’Ambiente all’Università di Palermo, Aurelio Angelini fu “scelta un assegnazione ad un ente che ha lasciato pure debiti da ripianare, ci vuole un piano serio” perché il “castello potrebbe fungere da rilancio del territorio”.




Dal marzo 2016, momenti di chiusura del Cerisdi, il castello Utveggio fu abbandonato e incominciò in suo degrado con la recinzione del parco divelta in più punti; strada di accesso con rifiuti d’ogni genere; parti di intonaco staccati.

La denuncia sul degrado del Castello Utveggio (bene vincolato dall’Assessorato ai Beni Culturali), presentata a novembre del 2017 alla Polizia Municipale (Nucleo Tutela Patrimonio Artistico), fu redatta da Giovanni Purpura, vicepresidente della Pro Loco Vergine Maria, per conto di 22 associazioni.
L’Associazione “Salviamo Castello Utveggio” nacque il 4 ottobre 2017 e fu sottoscritta da oltre 100 personalità della politica, della giurisprudenza e della cultura siciliana. Il nuovo ente intende proporsi come  intermediario tra la Regione e le Istituzioni politiche e private che vorranno proporre progetti per il rilancio turistico e culturale del castello.
Nel 2018 la Regione avviò dei lavori di manutenzione. Il parco del castello fu riaperto alle visite mentre ancora ad oggi rimane chiuso il castello per i lavori in corso.
il 29 novembre 2017 la “Repubblica” di Palermo riportava un articolo in cui metteva in evidenza la presenza nel castello Utveggio di cucine arrugginite, corridoi magazzino pieni di sedie e scatoloni impolverati (lasciati dal Cerisdi) e la biblioteca, per fortuna, chiusa a chiave. Gli impianti elettrici sono indietro di sette normative mentre gli ascensori e i rilevatori di fumo sono ormai fuori norma. Da circa due anni operano gli operai del servizio d’ingegneria della Regione per i lavori di manutenzione ordinaria mentre l’edificio è sottoposto ad un sistema di videosorveglianza. I lavori alla rete elettrica permetteranno di fare tornare l’illuminazione nell’area esterna con moderne luci al led a basso consumo.  Grazie ai finanziamenti ottenuti si interverrà sulle coperture e sull’impermeabilizzazione del terrazzo.















La Testimonianza della Signora Angela Gatto Giunta nella Colonia Estiva del 1950 nel Castello Utveggio


La Signora Angela Gatto Giunta era Istruttrice nella colonia e  riportò la sua esperienza nel castello in una lettera datata settembre 2017  ed inviata dagli USA. Una lettera che riporto integralmente per la sensibilità espressa e per la visione che offre del castello forse sconosciuto a tanti siciliani e non apprezzato per la sua storia.


“Questi appunti sono  il ricordo di una mia esperienza, alquanto indimenticabile della mia gioventù, vissuta negli anni 1950.
Tramite una mia zia, Lucia Portera, direttrice delle scuole arcivescovili, ho ottenuto, per un mese estivo, il posto come vigilatrice delle Colonie arcivescovili istituite da Sua Eminenza Cardinale Ernesto Ruffini, località  “Castello Utveggio“.
Un Castello che io definivo come una visione ultraterrestre per la sua posizione maestatica, per i suoi colori non definiti ma che servivano da cornice per quel bel monte: Monte Pellegrino.
Ero felice di quell’occasione , ma c’era un problema: non avrei potuto accettare quell’offerta di vigilatrice se non avessi risolto le condizioni di lavoro. Infatti io ero stata rimandata in 2 materie ed avevo bisogno di studiare e siccome i ragazzi della colonia venivano trasportati da Palermo all’Utveggio con l’autobus, il che non mi permetteva di studiare, così ho fatto la richiesta di usare una stanzetta tutta per me, per avere  tempo di dedicarmi allo studio dopo che i ragazzi andavano via.
La mia richiesta venne esaudita, la stanzetta dei miei sogni venne allestita; l’unica finestra venne sbarrata ed io sono riuscita a compiere entrambi gli obiettivi: lavoro e studio, dentro un Castello tutto per me.
Il guardiano di cui non ricordo il nome, durante la notte bussava alla porta chiedendomi:” Signorina Giunta tutto bene?” Per me era l’angelo custode “.
Quella stanzetta, in un castello fatato, mi ha dato la possibilità di superare lavoro ed esami con successo.
Adesso quando vengo in Italia, a Palermo, guardo quel Castello con orgoglio e la sua visione mi ridà un po’ della mia gioventù, dei miei sogni, di un’età che non ritornerà più, ma mi ridà memorie che non potranno mai essere cancellate.
Grazie castello Uuveggio, grazie a coloro che hanno creato questo magnifico monumento, che è stato testimone di tempi che furono, tempi di pace, di  guerra ma che dà speranze per il futuro. Di questo periodo ho una bella foto, con Sua Eminenza Cardinale Ruffini circondati dai bimbi della colonia, sul terrazzo dell’Utveggio.
Questo Castello poggiato in cima a un monte che fu definito da Goethe come “ il più bel promontorio del mondo” ci ricorda che la vita continua nelle belle memorie. “


Anni  '20


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 Postazioni Contraeree Monte Pellegrino


Le postazioni naziste iniziano a sud del Belvedere e si snodano lungo il crinale fino a raggiungere la via Piero Bonanno vicino al Pizzo Volo dell’Aquila. Si tratta di strutture in cemento armato, dalla pianta circolare e dotate di un ingresso con scivolo, per permettere l’accesso dei grossi automezzi di trasporto. Lungo la circonferenza ci sono disposti quattro loculi che dovevano servire ad accogliere i pezzi d’artiglieria. Al centro della rotonda una serie circolare di perni dove veniva fissata la contraerea girevole. Almeno 12 postazioni sono presenti tra la vegetazione, alcune in ottimo stato strutturale.

 Alcune postazioni della contraerea nazista









Sono presenti anche dei bunker. Ecco il video realizzato a Monte Pellegrino



Quando furono create queste postazioni ?
Nel 1940 proprio sul Monte Pellegrino erano state predisposte alcune postazioni e dopo i primi bombardamenti inglesi ed americani, che dal giugno 1940 avevano colpito varie parti della Sicilia, Mussolini chiese ad Hitler di fortificare le difese sul Monte.
Il comando tedesco verso la fine del 1940 inviò il “X Fligerkorps”  (Corpi Arei) e diverse unità d’artiglieria che comprendevano postazioni di mitragliere (tra le cui le “Flakyerling 38”) e cannoni da 88 mm, fu quindi create una vera e propria rete difensiva attorno alla città di Palermo con postazioni sul Monte Pellegrino che andavano ad aggiungersi a quelle fasciste esistenti  nel “Pizzo Volo dell’Aquila”, e lungo la fascia costiera della città. 



“Pizzo Volo dell’Aquila”
Si notano le postazioni della contraerea fascista




X Fligerkorps

Flack 38

Flakyerling 38

Cannoni da 88 Flak

FuMG 39/62 Wurzburg D

FuMG 39


A queste postazioni vennero aggiunti due radar, un aereo a lungo raggio, un FuMG 80 Freya, che copriva una distanza massima di 120 km, posto sulla cima di Capo Gallo e un secondo terrestre a corto raggio, FuMG 39/62 Wurzburg D. entrambi coordinati da un centro operativo, composto esclusivamente da personale tedesco, posto a castello Utveggio.




I fascisti nella postazioni antiaeree di Pizzo dell’Aquila avevano probabilmente i cannoni da 102/35 Ansaldo Schneider. Un cannone che si poteva collocare su nave ma aveva una versione su affusto a piattaforma da posizione terrestre con elevatore fino a + 80° idoneo al tiro contraerei.




Il porto di Palermo era importantissimo nello scacchiere militare. Dalla città partivano i rifornimenti che erano diretti alle truppe tedesche impegnate in Africa e per questo motivo tra il 1941 ed il 1942 il porto di Palermo fu interessato da diversi raid aerei della RAF (Royal Air Force).
È importante a questo punto mettere in evidenza la rotta che seguivano gli aerei della Rayal Force nel portare gli attacchi alla città di Palermo.
Gli attacchi dei bombardieri britannici “Avro Lancaster” seguivano un percorso che da Malta li portava su Palermo passando nel tratto di mare antistante Trapani e da Trapani seguivano la rotta verso Palermo sorvolando le zone di Sferracavallo e Mondello per giungere sul porto sito nel quartiere dell’Arenella.
Sul Monte Pellegrino, sovrastante il porto, i soldati fascisti e nazisti avevano installato le loro postazioni di artiglieria antiaerea che per un certo tempo permise di arginare in qualche modo i danni al porto ed evitare che i cantieri navali, situati proprio sotto le postazioni antiaeree, venissero bombardati.



La contraerea tedesca e quella fascista erano riuscite a contenere gli attacchi aerei al porto di Palermo anche perché la vicinanza del Monte Pellegrino e le correnti d’aria, sempre presenti e molto forti, avevano impedito che i cantieri navali fossero seriamente danneggiati. Non ‘c’erano altri punti strategici da colpire e la città, anche se con una naturale paura, continuava la sua vita.
Ma nel 1943 qualcosa stava radicalmente cambiando nel terribile scenario della guerra. L’aviazione americana  e quella inglese applicarono la tecnica del terribile “bombardamento a tappeto” e la Sicilia, come affermò qualche studioso ma non i libri di storia, fu la prima regione italiana a sperimentarne gli effetti devastanti.
Nei primi giorni del 1943 i bombardamenti degli Alleati si fecero insistenti e sempre più violenti e le difese antiaeree non furono in grado di fronteggiare le incursioni perché gli aerei procedevano ad alta quota. Sono attacchi a “tappeto” non solo sul porto ma anche le strade, la ferrovia, il macello comunale, i mulini… si cercava di preparare lo sbarco alleato e i Boeing B-17 Flyng Fortress, “Le Fortezze Volanti”, cominciarono con l’inizio del muovo anno la loro terribile opera di demolizione che con il passare dei giorni si fece sempre più intensa:

Bombardiere Boeing B-17 la Fortezza Volante


-          7 gennaio ; 10 aerei attaccarono il porto affondando il cacciatorpediniere “Bersagliere” … 139 vittime
-          3 febbraio; 30 bombardieri americani sganciarono bombe lungo la costa su un ampio raggio fino al comune di Villabate…  in città vennero colpiti Piazza Magione e Corso dei Mille…98 morti e 300 feriti;
-          15 febbraio.. nuovo bombardamento contro il porto … 226 vittime;
-          1 marzo: due squadriglie, 36 aerei, sganciarono sul porto e sulla città di Palermo ben 94 tonnellate di bombe.. vennero colpiti molti edifici tra cui un’ala della Cattedrale (il portico meridionale) e l’Albero delle Povere di Corso Calatafimi, il complesso monumentale di via Cappuccini… non si sa il numero delle vittime..
-          22 marzo.. 24 bombardieri sganciarono 264 bombe sul porto della città. Le incursioni iniziarono alle ore 15,35 e finirono alle 17, 38. Le esplosioni avvennero in mare e sul tratto di costa antistante il porto; si formarono delle onde anomale che arrivarono sino al rifugio antiaereo in cui si trovavano rifugiati gli operatori portuali. Morirono per annegamento 24 operatori portuali. Sei navi mercantili vennero affondate.. 38 vittime. Alle ore 15,45 venne colpita da una bomba la nave Alessandro Volta, ormeggiata al molo Piave e carica di munizioni. L’esplosione fu tremenda e il fumo arrivò ad un altezza di 4500 metri.  Il capitano pilota, Rober E. Blòack, raccontò: “ “L’esplosione del cargo fu talmente poderosa che gli equipaggi la percepirono a cinque miglia d’altezza. Questo accrebbe molto i danni provocati dalle bombe. Facemmo un buco sul fianco del molo Piave, largo 300 iarde (274,32 m)  e profondo 150 piedi (45,72 m)”.L’acqua sollevata dall’esplosione allagò un rifugio antiaereo sul molo, dove s’erano rifugiati gli operai della Compagnia portuale. Ricordiamone i nomi. Sono siciliani, lavoratori portuali, vittime della follia umana:  – Battaglia Gaetano – Buccafusca Antonino – Caramola Gioacchino- Castelli Giuseppe- Castelli Raffaele- Castiglione Rosario – Chianello Giuseppe – Ciaramitaro Francesco – Compagno Francesco- D’Addelfio Giuseppe – Dallara Antonino – D’Amico Mario- Farina Gaetano- Ficarra Nicolò- Gambacorta Carmelo- Ganci Gandolfo- Giaconia Stefano- Giuliano Giuseppe- Lo Coco Gaetano- Lombardo Rocco- Marino Antonino- Messina Pietro- Messina Salvatore- Morello Carmelo- Notaro Giovanni – Onorato Salvatore- Richichi Antonino – Richichi Lorenzo- Tarantino Gaetano- Vignera Nunzio. Parti della nave, una di queste del peso di sei quintali, colpì la Banca d’Italia, che distava 800 metri dal porto, entrando dal tetto. Insieme a queste arrivò anche il fusto dell’ancora della nave, che si trova custodito nella Caserma dei Vigili del Fuoco,  “Ignazio Caramanna”. Lo spostamento d’aria causato dall’esplosione della nave riuscì ad aprire le porte e le finestre delle case sino in periferia- le persone che si trovavano in strada furono scaraventate a decine di metri di distanza e subito dopo arrivò sulle stesse persone e sugli edifici una miriade di micidiali e terribili schegge di pezzi di nave.



Le Navi Spiga e San Gennaro scaraventate sul molo a causa dell’esplosione della nave Volta

Il Porto in fiamme

Il fusto della nave Volta finito sull’edificio della Banca d’Italia in Via Cavour –
Oggi conservato nella caserma dei Vigili del Fuoco “Caramanna”

-          4 aprile, nella notte una squadriglia britannica sganciò bombe sulla città danneggiando la Chiesa del SS. Salvatore, la Biblioteca Nazionale e l’ospedale di San Saverio all’Albergheria;
-          15-16 aprile: alcune squadriglie di B-17 partite dall'Algeria colpirono, il primo giorno, il rifugio antiaereo di Monte Pellegrino, causando 92 morti; il secondo giorno tutta la zona circostante il porto fu bombardata con ordigni al fosforo causando l'incendio e il crollo del primo piano dell'Archivio di Stato.
-          17-18 aprile: 48 bombardieri americani colpirono, con 1200 bombe per un totale di 130 tonnellate di esplosivi, il Corso Vittorio Emanuele e Via Cavour. La contraerea tedesca riuscì ad abbattere quattro “Fortezze Volanti”. Il 18 aprile con bombe dirompenti e spezzoni incendiari vennero colpiti gli importantissimi snodi ferroviari di Brancaccio e dell'Ucciardone, assieme al deposito tram, paralizzando così i trasporti e le comunicazioni. 20 vittime civili. Palermo è isolata..

Dopo il bombardamento del 18 aprile, ci sono stranamente dei giorni di tregua… A Palermo venne assegnata una simbolica “medaglia di mutilata” e la cerimonia venne fissata per il 9 maggio a Piazza Bologni.




Ma la mattina del 9 maggio “Radio Londra”, la “Radio degli Alleati” “invitava la popolazione a disertare la cerimonia  perché si preparava una grande incursione aerea. Centinaia di bombardieri preparano l’apocalisse, che presto arriverà”.
Quel messaggio era veritiero… l’attacco non tardò..
Le “Fortezze Volanti” evitarono Capo Zafferano dov'era concentrata la difesa antiaerea e si presentò a Termini Imerese. Alle ore 11 una formazione di caccia bimotori bombardò l’aeroporto di Boccadifalco dove furono messi fuori combattimenti ben 70 aerei parcheggiati sulla pista.
Alle 12,35 arrivarono le “Fortezze Volanti”…. in diversi gruppi..

Bombardiere Boeing B-26

Il primo gruppo era composto da 222 bombardieri che provenivano dall’Algeria ed erano armati con bombe da 500 libbre (227 chili) ed erano scortati da ben 118 “caccia pesanti”. Seguivano altri 90 bombardieri che portavano ordini da 300 libbre (136 chili) e scortati a loro volta da 60 caccia bimotore.
Naturalmente la contraerea sul Monte Pellegrino sparò senza sosta.. ma l’attacco era fortissimo … un numero impressionante di aerei oscurava il cielo… e volavano troppo in alto … verranno colpiti, in parte, nella via del ritorno dopo aver sganciato sulla citta un vero inferno di morte …. 1114 bombe da 500 libbre e altre 456 da 300 libbre…. con devastazione e distruzione della città.
Palermo fu quindi la prima città, come detto prima, a subire un bombardamento a tappeto in Italia. Nessuno dei suoi quartieri venne risparmiato… il bellissimo tessuto architettonico, storico e monumentale ridotto in macerie.. macerie che riprendevano a bruciare anche dopo che l’incendio era stato spento perché effetto degli ordigni incendiari come le bombe al fosforo.
I Vigili del Fuoco e la Soprintendenza ai Beni Culturali fecero un elenco degli edifici distrutti e venne fuori la pianta di una città terribilmente e ingiustamente devastata. Ma non finì la devastazione.. perché nella notte,  del 9-10 maggio, la città tornò ad essere colpita da 23 bimotori Wellington. Bimotori che sganciarono 76 ordigni esplosivi tra cui due bombe Hc (High Capacity) da 4.000 libbre (1.814 chili) che non penetravano al suolo ma risultavano micidiali per distruggere le zone edificate.

Il bilancio ufficiale delle vittime del 9 maggio è dimenticato dalle pagine dei libri scolastici di “Storia”.. si accertarono “solo” 373 nomi… un numero decisamente basso rispetto alla portata degli attacchi e alla devastazione subita dalla città.
-          Palermo “capitale Europea della Cultura da sempre sin dal tempo dei Normanni, diventò la capitale delle “macerie”.. una città allo sbando, senza vie di comunicazione e in preda a sciacalli d’ogni genere che a lungo avrebbero continuato a colpirla.. ma questa è un’altra storia…  Nel 2004 fu ritrovato un rifugio anti aereo sotto la scuola Madre Teresa di Calcutta in Via Maqueda. Un rifugio visitabile e che rappresenta la memoria di quei terribili giorni..
-          13 maggio: un bombardamento della RAF causa 17 vittime civili
-          12 giugno: bombardamento da parte di 39 aerei dell'USAAF, con obiettivo l'aeroporto. 25 vittime civili.
-          30 giugno: bombardamento da parte dell'USAAF con obiettivo l'aeroporto di Boccadifalco. Viene colpita anche la città, con 84 vittime civili
-          1º luglio: bombardamento da parte della RAF, 32 vittime civili
-          14 luglio: bombardamento da parte di 24 aerei dell'USAAF

Rifugio di Piazza Sett’Angeli. Dopo il bombardamento del 18 aprile 1943 si scavò per
il recupero delle sfortunate vittime. Ufficialmente furono 30 ma in realtà le vittime furono
più numerose. Infatti le autorità decisero di ricoprire il tutto in maniera sbrigativa con una
colata di cemento

Le catacombe dei Cappuccini colpite da una bomba l’11 marzo

La Biblioteca Nazionale colpita il 5/17 aprile e il 9 maggio



Una carrozza funebre colpita durante un incursione… i cavalli e i vetturini fecero la stessa triste fine

Rione San Pietro

Via Emerico Amari

Via Mariano Stabile vista da Piazza S. Francesco di Paola

Palazzo Moncada

Casa Professa

Via Vittorio Emanuele


Vicino al Teatro Massimo


Le contraeree nazista e fascista cercarono di contrastare il massiccio attacco ma le forze erano impari.  Centinaia e centinaia di aerei degli Alleati, il volo ad alta quota,  resero inutili ogni tentativo di resistenza. Eppure molti aerei alleati furono abbattuti. Risale ad alcuni anni fa il ritrovamento di una “Fortezza Volante “Inglese alla foce del fiume Oreto di Palermo e chissà quanti relitti si trovano nei fondali del Tirreno.
Nel settembre 2017 fu ritrovata  una "Fortezza Volante" a circa 59 m dalla foce del fiume Oreto a Palermo.  Un aereo abbattuto probabilmente dalla contraerea sul Monte Pellegrino e precipitato in mare. il relitto è in ottimo stato di conservazione e grazie al numero identificativo sulla carlinga . fu possibile risalire all'equipaggio, dato per disperso, e tramite il consolato inglese attivare tutte le procedure umanitarie per un giusta cerimonia di ricordo dei caduti.





Di gran valore storico il racconto di quei giorni dalla viva voce di uno dei discendenti di Michele Utveggio Salvatore  Collura.(che costruì il Castello assieme allo zio).


Eppure in tutto questo trambusto il castello Utveggio non fu colpito o meglio si narra che alcune bombe furono sganciate sul bersaglio.  Certamente gli alleati erano a conoscenza che era uno dei quartieri generali dei tedeschi, ma le bombe prima di arrivare al bersaglio viravano improvvisamente come sospinte da venti impetuosi. Viravano giunti quasi alla quota del segnale semaforico che la Marina collocò sul Monte Pellegrino (nei pressi di dove oggi si trovane le antenne televisive) . Nei pressi del segnale si schiantò l’aereo tedesco che cercò di schiantarsi contro il castello. Nelle parole e nelle immagini di Salvatore Collura  i tristi momenti del recupero della salma dilaniata.



La  Guerra  Vista  da Castello Utveggio
(Salvatore Collura)



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Postazione Militare nel primo tratto della “Scala Vecchia”
Salendo lungo il primo tratto della “Scala Vecchia”, sulla sinistra c’è una postazione militare che aveva il duplice compito di rifugio militare e di sorveglianza delle pendici del Monte Pellegrino.

Una postazione ben mimetizzata. Il suo ingresso non è infatti adiacente alla postazione ma si trova dietro un muro che protegge l’ingresso. All’interno della postazione, interamente scavata nella roccia, due ambienti che, attraverso un passaggio più stretto, conducono all’interno della postazione.


Nelle vicinanze della postazione si trovano le famose cisterne della Marina Militare, poste nel piano del Parco della Favorita che rientra nella R.N.O. di Monte Pellegrino.
Cisterne della Marina Militare che furono progettate e costruite da Pier Luigi Nervi nel 1935 e che furono chiamate “serbatoio tipo Ing. Nervi e Bartoli”

Serbatoi della  Marina  Militare
Si tratta di dodici cisterne ipogee, come deposito di carburante, che durante la seconda guerra mondiale furono strategicamente importanti per la Marina Militare.
“Ogni cisterna ha una struttura cilindrica in calcestruzzo armato, realizzata sfruttando lo scavo come cassaforma base. Sulla pianta circolare, con diametro da 32 a 36 metri, sono impostate le colonne, in numero da 12 o di 21 a seconda delle dimensioni della cisterna, per un’altezza, anch’essa variabile, di 10 o 16,5 metri”.
Del progetto prototipo furono elaborate soluzioni differenti che erano legate alle diverse condizioni ambientali del luogo di realizzazione ed anche alle specifiche esigenze militari.  Oltre alle variazioni dimensionali  si avevano delle variazioni per tipologia di terreno (roccioso, non roccioso, ecc.) e per copertura cioè a “semplice mascheramento” che prevedeva il ricoprimento con terreno vegetale o quello “a copertura blindata” per resistere alla percussione diretta di due bombe da 500 kg.
La spazialità interna è affascinante.. circolare e scandita  dalla geometria della fitta serie di colonne.

l'interno dei serbatoi

Il progetto di queste cisterne fu  il risultato di una serie di studi portati avanti dall’ing. Nervi sulle potenzialità del calcestruzzo armato. Un materiale che veniva bandito all’epoca dalle costruzioni. L’ing. Nervi si espose in prima persona in difesa della convenienza della struttura in calcestruzzo armato e s’impegnò assiduamente, con un grande slancio pionieristico, nella ricerca sperimentale e nella progettazione. Attraverso il mondo militare ebbe la possibilità di costruire con il calcestruzzo armato e di farlo in maniera completamente libera dai riferimenti imposti dalle retoriche di regime.
Riuscì a mettere in pratica i suoi studi, le sue ricerche e realizzò in anteprima rispetto alla ricostruzione postbellica, le teorie e le sperimentazioni di un intera generazione di ricercatori.  Il suo progetto prototipo di cisterna fu realizzato in Italia  grazie anche alla sua impresa la “Nervi & Bartoli”. 
Nel fondo Nervi, del centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università degli Studi di Parma, si trovano i disegni relativi al progetto  per serbatoio “Tipo Nervi & Bartoli”  e alle sue varianti, e quelli relativi alle realizzazioni effettuate nel territorio siciliano ed esattamente a Palermo, Siracusa e Trapani. I disegni dei serbatoi di Palermo costituiscono un importante documento perché testimoniano lo studio completo di progetto: dalle sezioni idrauliche, che verificano le pendenze del terreno, alla precisa collocazione dei dodici serbatoi che si succedono in fila ai piedi del Monte Pellegrino e della sua parete rocciosa (parte occidentale e meridionale).

Pier Luigi Nervi: “progetto per serbatoio interrato di combustibile, pianta e sezione”

Tra i disegni è conservata anche la planimetria generale che ha permesso di identificare sul terreno i 12 serbatoi con la loro copertura in calcestruzzo.




L’area in cui sono ubicate fu strategicamente importante durante la seconda guerra mondiale. Infatti è un area baricentrica tra il porto, ed in particolare l’estremità settentrionale di questo che ospitava, sul molo di Santa Lucia, lo scalo degli idrovolanti, l’aereostazione della Favorita ( ove oggi sorge l’ippodromo comunale) e il campo di volo di Mondello.
I dodici serbatoi sono uguali tra di loro con ciascuno un diametro di 36 m su cui sono impostate 22 colonne alte 16,5 metri. La capacità di ogni serbatoio è di circa 30.000 metri cubi di combustibile. La settima cisterna ha subito un crollo ed è visibile il suo interno con l’impianto delle 22 colonne, che sorreggeva la copertura, e la struttura delle pareti perimetrali dove è visibile l’armatura: una fitta rete metallica in origine rifinita da calcestruzzo spruzzato. La nafta è stagnante all’interno dei serbatoi dagli anni cinquanta quando hanno perso la loro funzione. In corrispondenza di ogni serbatoio sono presenti gli ingressi delle discenderie che permettevano l’accesso al sistema di percorsi sotterranei, costituiti da cunicoli coperti a volta che ospitavano le condotte e permettevano l’ispezione. Attraverso questi cunicoli sotterranei le dodici cisterne non solo erano messe in comunicazione tra di loro ma anche con il porto da cui si apriva la prima discenderia. Un documento importante della storia ma anche della tecnica industriale del Novecento.. quindi Archeologia Industriale..



Alcune cisterne viste dall’alto

Sono delle testimonianze che oltre al loro valore progettuale, legato come detto all’ing. Pier Luigi Nervi, famoso nel campo dell’ingegneristica a livello sia nazionale che internazionale, hanno anche un valore storico. Per questo motivo  alcuni architetti stanno portando avanti un progetto di riqualificazione di quelle strutture che potrebbero raccontare gli aspetti storici del conflitto. Il progetto si chiama  “La storia racconta la storia” promosso dagli architetti Danilo Maniscalco, Giulia Argiroffi, Andrea Liguori, Ferdinando Scalia, Simona Lomolino, Wil Rothier e Samuel Romeo. L’idea  fu anche presentata a Berlino e prevede l’allestimento di un Museo della seconda guerra mondiale nelle dodici cisterne e nell’area circostante.
Nel settembre 2016 sembra che il progetto abbia ricevuto un certo interesse sia da parte della Presidenza della Repubblica Italiana sia da parte del consolato degli Stati Uniti e alla fine di dicembre 2017 si svolse una conferenza stampa all’interno del rifugio antiaereo di Piazza Pretoria a Palermo... .”Prevediamo di affidare a ognuna delle potenze in guerra la progettazione e la gestione di un padiglione tematico per raccontare il proprio punto di vista della seconda guerra mondiale. Le spese per la realizzazione e la riqualificazione degli spazi sarebbe a carico dei singoli Stati. Questo permetterebbe di facilitare ulteriormente la realizzazione del nostro progetto” ( Arch. Danilo Maniscalco, uno dei progettisti).

Le dodici cisterne, già collegate tra di loro, farebbero nascere un percorso completo  sui vinti e sui vincitori attraverso testimonianze e cimeli.
“I Paesi che hanno partecipato alla seconda guerra mondiale dovrebbero bonificare e recuperare le strutture e poi il fruitore del percorso avrebbe così la possibilità di ascoltare tutte le versioni della storia e farsi una propria idea su cosa è stata la seconda guerra mondiale in Sicilia. si aspetta l’ok da tutte le ambasciate per partire con il progetto vero e proprio”.
C’è da dire che queste cisterne in passato suscitarono tante polemiche.
Nel 2012  il giornale “Repubblica” lanciò l’allarme sulla cisterna n.7 che aveva subito un cedimento strutturale rilevando il proprio contenuto di carburante. Carburante che con il passare del tempo, 69 anni, si era trasformato in catrame cristallizzato. Una vera e propria bomba ambientale che rischiava di esplodere all’interno del Parco della Favorita. Ci fu un “palleggio” di competenze fra Regione,, che gestisce il Parco, e la Marina Militare che è proprietaria delle aree. Queste divergenze  bloccarono ogni tipo di intervento.
La Procura della Repubblica aprì un inchiesta, sul crollo della copertura della cisterna,  per verificare eventuali responsabilità penali ed un iniziativa analoga fu presa anche dal Ministero della Difesa. La Marina Militare bandì un appalto per la bonifica dei luoghi e nel 2015 i lavori furono ultimati dall’impresa “Tecno In” che si aggiudicò la gara per un importo di 522.988 euro (iva esclusa).
La Marina Militare sistemò una rete metallica come misura di sicurezza prima dell’ispezione della Commissione Difesa del Senato che nel maggio 2016 verificò la messa in sicurezza della zona.



Un serbatoio prima dell’interramento

Uno dei cunicoli di collegamento tra le varie cisterne e il porto

La custerna n. 7 che ha subito il crollo della copertura




La ricostruzione di quei giorni da parte di ogni Stato può realizzarsi con  l’uso di automezzi, indumenti, aerei, armamenti, fotografie, videomapping, registrazioni, cinegiornali, motociclette e anche degli alianti che per la prima volta  furono utilizzati dagli Alleati proprio in Sicilia. Beni che servirebbero a ricreare la triste atmosfera di quei giorni. La creazione a costo zero per l’amministrazione comunale che in cambio dell’uso del bene attualmente di proprietà del Demanio Militare, ben disposto a collaborare per la realizzazione  dell’importante proposta culturale, potrebbe chiedere alle nazioni invitate tra cui gli Stati Uniti, la Russia, il Giappone, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, il Canada, l’Australia, la Polonia e i Paesi Scandinavi, di sostenere gli oneri per la sistemazione e la bonifica dell’area, e il restyling dello spazio loro assegnato. Una proposta culturale, già realizzata in Normandia e anche nei bunker berlinesi, che inciderebbe sul valore turistico della città ampliandone la visione e la redditività. A prescindere dai risvolti economici è da tenere presente con l’iniziativa il ricordo e la memoria di quei protagonisti le cui storie non sono mai ricordate e rischiano l’oblio assoluto.

L’opera dell’ing. Pier Luigi Nervi non si fermò alla progettazione e costruzione dei serbatoi  nel  Parco della Favorita ma lasciò  un'altra importante testimonianza di quei drammatici anni. (Importanti le aviorimesse nello Stagnone di Trapani).
Sempre nel Parco della Favorita, vicino alle 12 cisterne, c’è la “Casermetta”, una costruzione definita in questo modo dal suo progettista e costruttore ing. Nervi.

La “Casermetta” del Paro della Favorita ( prog. Ing. Nervi)
Nel 2016 era in completo abbandono e giustamente potrebbe rientrare nel Museo  della Storia anche come un possibile centro studi di opere nerviane che in Sicilia sono numerose.
L’edificio fu realizzato in calcestruzzo armato e si trova ad un centinaio di metri dalla Fiera del Mediterraneo, ormai in abbandono.  Una postazione che aveva naturalmente l’obiettivo di controllo dell’area militare

Pianta originale della “casermetta” progettata dall’ing. Nervi













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