Valencia – La Via della Seta… Un’attività produttiva di grande prestigio
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Indice
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La
produzione della seta giunse quindi a Valencia grazie ai musulmani ed in epoca
cristiana furono gli Ebrei a dedicarsi maggiormente alla produzione del tessuto
seguendo quella che era l’antica tradizione musulmana.
L’industria
serica venne migliorata nel XV secolo grazie anche all’arrivo di artigiani
genovesi che erano specializzati nella lavorazione del velluto.
Nell’ambito
mediterraneo c’era un altro grande regno che si era specializzato nella
lavorazione della seta: il Regno di Sicilia.
Il
Regno di Sicilia, durante la dominazione musulmana, aveva migliorato la produzione
di seta che aveva appreso dalla precedente dominazione Bizantina. Con i nuovi
conquistatori Normanni la produzione migliorò ulteriormente a tal punto che la Sicilia
diventò il centro principe nella produzione di seta che raggiungeva tutti i mercati
internazionali.
Dalla
Sicilia la tecnica raggiunse gli altri centri dell’Italia e i genovesi si
specializzarono nella produzione comunicando all’esterno le proprie conoscenze.
A Valencia i genovesi importarono una tecnologia innovativa con telai, torni e varie
tipologie di tessuti e si fecero completamente carico della produzione in tutte
le fasi della lavorazione producendo tessuti di gran qualità.
Nel
1465 la produzione aveva raggiunto alti livelli di qualità a tal punto che
furono emesse delle ordinanze per regolamentare la professione dei tessitori di
veli di seta e quattordici anni dopo quella dei tessitori velluto.
2. La Trasformazione del Paesaggio Agrario del Regno di Valencia
La
produzione di seta era collegata alla coltivazione del gelso, le cui foglie erano
necessarie per la nutrizione del baco da seta.
Ci
fu una trasformazione del paesaggio rurale valenciano nei secoli che vanno dal
XV alla seconda metà del XIX secolo.
Un
albero che veniva coltivato in interi appezzamenti o ai bordi di strade e
canali con le cui acque veniva irrigato.
Il
baco da seta si nutre delle foglie di gelso nero (Morus Nigra) e di gelso
bianco (Morus alba). Il gelso nero era coltivato nelle zone di Alpujarra e di
Granada, perché ben si adatta alle zone più fredde e richiede meno cure
rispetto al gelso bianco. Alla fine s’impose il gelso bianco perché aveva una
crescita più rapida e per le sue foglie, più sottili, più tenere e facili anche
da raccogliere.
Il
gelso bianco fu quindi introdotto a Murcia e nel Regno di Valencia dal Sud Italia
(Regno di Sicilia), grazie ai mercanti italiani alla fine del XV secolo, e la
sua coltivazione cominciò a diffondersi modificando i paesaggi.
All’inizio
la produzione serica dipendeva dalla fornitura di foglie provenienti da Granada
ma successivamente si creò una produzione valenciana in grado di rispondere
alla domanda di mercato.
La
coltivazione si diffuse persino tra gli orti e i cortili della città di Valencia.
Il paesaggio agrario di zone irrigabili come l’Horta di Valencia, la Safor e la
Ribera del Jùcar modificarono il loro paesaggio con i gelseti.
Le
fattorie presentavano all’ultimo piano
delle soffitte o filiere con legnami e graticci dove venivano allevati i bachi
da seta alimentati con le foglie di gelso e i cui bozzoli di seta o la seta bianca venivano venduti ai
commercianti.
La
presenza di graticci in legno e di piccole finestre garantivano nei locali una
giusta ventilazione. Alcune di queste masserie
sono ancora presenti nel territorio valenciano come quelle di Felix nel
Parco di Marxalenes, di Solache nel quartiere di Benicalap e di Serra a
Benimaclet.
La
diffusione della coltivazione del gelso determinò una grande produttività di
seta durante il XVIII secolo ma l’epidemia di pebrina del 1854 causò una
gravissima crisi produttiva che, nel giro di pochi decenni, provocò la
scomparsa di ogni allevamento. Infatti durante la seconda metà del XIX secolo
la coltivazione del gelso venne sostituita da quella delle arance( e anche dei
limoni) con una nuova modifica del paesaggio agrario come ci è giunto ai nostri
giorni.
3.Valencia: Il Quartiere Dei “Velluters”
A Valencia è presente un quartiere che era chiamato “Velluters”, oggi noto come “El Pilar”. Un quartiere risalente al medioevo che fu caratterizzato da una forte attività dell’industria serica da parte dei suoi residenti. Il suo nome deriva infatti dai tessitori del “vellut” (velluto) che fu un attività predominante in questo spazio urbano per ben quattro secoli.
Nel
medioevo era consuetudine da parte degli artigiani che svolgevano la medesima
attività riunirsi nella stessa zona.Costruzioni
semplici con il laboratorio e l’abitazione nello stesso immobile. Case piccole
e modeste con una facciata larga appena cinque metri e una profondità di poco
maggiore.Le
case artigiane valenciane erano generalmente formate da due piani:. Al
piano terra il laboratorio o il negozio e al piano superiore
l’abitazione. Il laboratorio era il locale più grande dove erano posti i telai
per l’attività tessile.Successivamente,
con la costruzione di edifici più alti, il laboratorio veniva collocato
all’ultimo piano sotto il tetto con le gronde fatte di travi di legno, e che presentava delle finestre curve ad
angolo retto. Alcuni di questi edifici non sono stati demoliti e restaurati,
nel XIX secolo, per uso residenziale. In queste soffitte furono trovati i
telai, i ripiani di legno e i graticci sui quali venivano allevati i
bachi da seta.Due
di questi antichi edifici furono restaurati e si trovano nella via Guillem
Sorolla n.9 e in via Horno de Hospital
n. 11. Sono due delle antiche abitazioni artigianali. Edifici del
XVIII secolo, restaurati su costruzioni precedenti, a pianta bassa e a
tre piani con balconi, gronde di legno e il tradizionale “ porxe de velluter”
che sormontava l’edificio.
Via Horno de
Hospital
Via Horno de
Hospital
Con
la scomparsa dell’attività serica s’avviò un radicale processo di
trasformazione urbanistica che eliminò le antiche tracce architettoniche del
quartiere medievale perché la borghesia locale procedette alla completa riedificazione
degli immobili determinando la scomparsa degli antichi edifici
case-laboratorio.
Malgrado
questi interventi edilizi qualcosa, oltre alle su citate abitazioni, è rimasto
delle antiche industrie di qualche secolo fa. Il palazzo di Tamarit, antica famiglia
di maestri ed artisti serici del XVIII secolo ed il “Collegio della Grande Arte
della Seta”, sede della famosa Gilda dei velluters.
Ci
sono anche delle testimonianze più recenti come il murale di Piazza della Borsa
che rappresenta il passato legato alla seta
Palazzo Tamarit
(fronte)
Stemma famiglia Tamarit
Palazzo
Tamarit è quindi una costruzione del XVIII secolo e si trova su “Carrer Roger
de Flore” detta anche “Calle del Pilar”
al n. 15.
Era
un’antica fabbrica di velluters (seta) e forse l’unica del calle del Pilar.
Porco
prima di Palazzo Tamarit c’è un edificio che tempo fa era in ristrutturazione.
Anche questo edificio, guardando il suo prospetto, poteva essere una fabbrica
di seta.
L’edificio in
ristrutturazione
Forse una seteria
?
Nel secondo
riquadro dello stemma dei Tamarit è raffigurato
un telaio per la
lavorazione della seta.
La famiglia
Tamarit prese nome dalla città di Tamarit (Tarragona) Secondo alcuni storici la
famiglia Tamarit protrebbe provenire da Pamarite de Llitera (Huesca). Il termine Tamarit potrebbe
derivare dall’arabo “tamarit”, il
nome di un albero, il Tamarx gallica che cresce lungo i fiumi o comunque in
luoghi umidi.
(In
un sito internet il nome Tamarit avrebbe
origine dal fiume “Tamaris” (Tarragona) che identifica con l’attuale fiume Tambre
(chiamato anticamente Tamara”). Impossibile
questa identificazione dato che il fiume Tambre scorre in Galizia e sfocia sull’Oceano
Atlantico mentre Tarragona si trova sul Mare
Mediterraneo (Tirreno)
Dalla
città di Tamarit deriverebbero i rami che si stabilirono a Montblanc
(Tarragona), nella città di Barcellona, in altre città della Catalogna, a
Valencia e in Aragona.
Gaspare
Escolano, nei suoi Decenni di storia del Regno di Valencia, dice: "La casa
di Tamarit è antica e ha la sua sede nella fattoria di Tarragona". E
Martín de Viciana nella sua seconda parte della cronaca di Valencia, menziona
diversi membri della stessa famiglia, assicurando che erano gentiluomini di
stirpe simile che venivano dalla Catalogna a Valencia.
Tra
questi nomina i fratelli Miguel Jerónimo e Vicente Tamarit, signori della città
di Guardamar, nel distretto giudiziario di Gandía.
Castello Tamarit
(Tarragona)
I
Tamerit di Valencia erano quindi degli imprenditori appartenenti alla nobiltà
anche se qualche sito internet afferma che erano contadini e pescatori di
Ruzafa, un quartiere di Valencia. Sempre secondo queste fonti avrebbero
lavorato prima come apprendisti per poi diventare maestri della seta creando
una ricchezza grazie ai commerci ed alle esportazioni del prezioso tessuto.
Lo
stemma posto sull’edificio (Tamaveri, Genoves, Lliveria e Ruiz) ha tra i vari
simboli il leone che assieme all’equali è un segno di potenza, di grande
nobiltà quasi reale. Per cui le fonti
suddette che citano la famiglia come originari pescatori è probabilmente non veritiera dato che già al
tempo di Giacomo I d’Aragona e del re
Alfonso figurano nobilissimi e valorosi cavalieri al servizio della corona
reale. I Tamarit erano governanti del consiglio municipale ed erano discendenti
di uno dei conquistatori di Valenzia, Berenguer Tamarit. È probabile che prima
della costruzione dell’edificio i Tamarit abbiano avuto la residenza a Ruzafa.
L’edificio
fu costruito nel XVIII secolo e fu utilizzato come laboratorio per la
fabbricazione della seta e residenza.
Le
fonti citano come la costruzione sia stata commissionata da Don Vincente
Tamarit Lliveria. Ai tempi di Carlo III aveva un giardino che arrivava fino
alla strada Hospital. Il giardino
successivamente con il passare del tempo fu completamente occupato da nuove
costruzioni.
Nella
fabbrica della seta dei Tamarit lavoravano circa 300 operai.
4
– La Gilda dei Velluters – Il Collegio della Gilda
I
lavoratori che svolgevano una determinata professione s’organizzavano in “
gilde o oficis” per regolamentare la
loro attività. Un gran numero di “gilde” sorsero a Valencia nel corso del XV
secolo e con le confraternite, nate poco tempo prima e che svolgevano funzioni
religiose e assistenziali, svolsero un
importante funzione sociale.
La
“gilda” dei tessitori di velluto nacque nel 1477 quando un gruppo di maestri
velluters valenciani e genovesi si riunirono nella casa del genovese Lazzaro
Negro, situata in Via de las Barcas. Qui firmarono, alla presenza del notaio,
l’atto di fondazione della “Cofradia de l’Ofici dels Velluters”, il cui
patrono era San Geronimo (San Girolamo).
Il Patrono dei
Velluters è San Geronimo (San Girolamo) perché
fu il primo
cardinale che introdusse la seta nei suoi abiti sacerdotali.
(Pittura di
Francisco de Zurbaràn (1598-1664) – datata 1626/27
Olio su tela –
Misure (125 x198) cm
Commissionato dal
priore Diego de Bordas
Museo delle Belle
Arti – Siviglia
La Via “de Les Barcas” era una zona
che si trovava al di fuori delle mura arabe
dell’XI secolo. Era abitata da umili pescatori, una comunità piuttosto
numerosa
che rese famoso il popolare quartiere dei “Pescadores”.
Nel 1421 la via era chiamata “Vall Cubert”
come risulta da un atto del 24 novembre 1421 redatto dal notaio Pedro
Espert.
La strada attraversava il “Valladar” (un torrente) che fu coperto da cui il
nome.
Il fosso di “Valladar” era di notevoli dimensioni e quando fu costruita la
casa
all’angolo di Via Moratin, la gente disse di ”aver visto lo scavo delle
fondamenta e il
Valladar fu scoperto che era così largo, che da lì furono presi più di
duecento carri di fertilizzanti, potendo entrare per caricare i carri
sul fondo della stessa Valladar”.
Il nome di “Las Barcas£ appare in una
provvidenza dell’Almotacèn o Mustasaf nel
dicembre 1658. Prese il nome “De Las barcas” perchè nelle botteghe della
via
venivano fabbricate barche di piccola o media grandezza che venivano in
seguito trasportate su carri. Famosa era la bottega del falegname Miralles che
era posta in mezzo alla via. Nel XVIII secolo pescatori e barcaioli si ritirano
dalla zona
lasciando la zona in possesso di persone della nobiltà.
Un aspetto particolare della Via de
Las Barcars è legato ad una
testimonianza di Luis Lamarca risalente al 1848:
“i dintorni dei quattro angoli che si formano quando la strada e
Plaza de Las Barcas si uniscono sono ancora designati con il nome di
La Morera… chiamandolo Morera de Pere Pug.
Questo albero che gli antichi guardavano con un certo rispetto, e subito
rinnovato quando morì. È scomparso alcuni anni fa, ma il mito si conserva,
e probabilmente conserverà, ancora per molto tempo,
il suo vecchio nome”.
La descrizione è suggestiva. Era presente un albero di gelso che doveva
essere
secolare. Guardato con rispetto dalla gente non solo per la sua età
ma probabilmente anche perché testimone ed autore di una ricchezza sociale
ed
economica della città legata alla produzione della seta.
Calle de Las Barcas – Alluvione del 15 ottobre 1957
Nel
1479 la nuova gilda dei velluters (corporazione dei tessitori) emise le prime
ordinanze sulla professione che furono approvate dal Consiglio Municipale e ratificate
dal re Ferdinando il Cattolico. Una serie di ordinanze che regolamentavano la
professione dei velluters e nello stesso tempo ponevano fine all’assenza di
controlli sulla fabbricazione dei tessuti di seta.Naturalmente,
data l’importanza dell’attività professionale e il numero di artigiani, ben
presto la gilda divenne una delle più importanti della città.Le
regole che stabilì la gilda dei velluters erano numerose: la durata
dell’apprendistato e la prova d’esame, il controllo sulla qualità del tessuto,
le tipologie di fibre che potevano essere usate per il confezionamento dei
tessuti e quelle che non potevano essere adoperate perché non adatte.Una
importanza della gilda tessile che aumentò nel tempo tanto che Carlo III
concesse nel 1686 l’importante titolo di “Collegio della Grande Arte della
Seta”, elevando il rango della gilda dei tessitori di velluto alla categoria di
Collegio Professionale e la relativa lavorazione della seta a “Grande Arte”.In
quel periodo c’erano circa 2000 laboratori
con molti maestri italiani. Per diventare maestro era necessario un
corso di 5 anni.Molte
gilde di varie professioni nel corso del tempo acquistarono una loro importanza
anche economica e quella dei velluters fu una di esse.Nel
1494 la gilda dei velluters comprò una casa nell’attuale Via del Hospital che
diventerà la futura sede del Collegio della Grade Arte della Seta. Una casa
posta in un ambiente in cui stavano sorgendo molti laboratori e vicina alla
chiesa e convento di Sant’Agostino che era il luogo in cui la primitiva
confraternita celebrava le messe. La zona diventò il centro importante
d’incontro collettivo di artigiani.
5. Museo della Seta – Collegio
Del Arte Mayor De La SetaSi
tratta di un edificio gotico di cui rimangono
importante tracce artistiche al suo interno come la bella scala a
chiocciola realizzata dall’architetto Pere Compte. Il Colleggio nel corso del
tempo fu soggetto a vari restauri tra cui quello più importante fu realizzato
verso la metà del XVIII secolo che trasformò l’edificio in stile barocco. La
facciata presenta un ingresso costituito da un bell’arco in pietra, sormontato
dal cappello cardinalizio e da un altorilievo
che raffigura San Geronimo e che è attribuito a Ignacio Vergara.
L’edificio prima
degli ultimi restauri
Il
Collegio è oggi sede del Museo della Seta e la sua visita immerge in
un’atmosfera d’altri tempi. I locali si susseguono secondo la primitiva
ubicazione e il restauro ha anche mantenuto i pavimenti originari. Dopo aver
superato la biglietteria, sulla destra si trova un pannello con un breve cenno
su quelle che erano le rotte commerciali della seta. Un commercio che veniva dall’Oriente
e dall’Italia.
Da notare evidenziate in giallo le zone
produttrici di seta.
La Sicilia… Regno
di Sicilia, aveva già una sua consolidata importanza
nella produzione
della seta (anche la Calabria era conosciuta
nella
fabbricazione della seta con Catanzaro).
Seta che arrivava
a Genova dove i mercanti la commerciavano all’estero.
In
fondo alla sala si trova la ricostruzione di un allevamento di bachi da seta in
casa. Sono presenti anche delle noci,
bacche, gusci di molluschi da cui si estraevano le sostanze necessarie per la
colorazione dei fili di seta.
Sulla
parete di destra sono esposti degli stampi in legno che venivano usati per
decorare il tessuto.
Nella
stanza seguente si trovano dei pannelli floreali. In questa sala viene
ricostruita la nascita del Collegio grazie agli artigiani genovesi. Un video
mostra i restauri che furono eseguiti nella struttura.
In
una vetrina sono esposti alcuni abiti
della prima moda francese quando s’incominciarono ad usare le sete e il
damasco per gli abiti maschili e femminili.
Ritornati
nell’atrio si trovano due scale. Quella di sinistra sale all’importante
archivio del Collegio dove sono conservati testi, documenti … un archivio che è
considerato uno dei più importanti d’Europa. I testi riguardano la produzione e
lavorazione della seta con elencati i materiali, i prezziari, i nomi dei
commercianti, le rotte commerciale, ecc.
La
scala di destra conduce invece alle bellissime sale del Collegio.
CAPPELLA
DI SAN GERONIMO
Subito
a destra si entra nella cappella di San Geronimo, protettore dei setaioli e dei
velluters.
Il
pavimento è a losanghe mentre nella parete di fondo si trova l’altare.
Nella
parete opposta anni fa fu scoperta una scala che rimase segreta per centinaia d’anni.
Non si conoscono i motivi di questa chiusura.
Alla
base del pavimento antico si trovano alcune mattonelle in ceramica che recano
lo stemma del Collegio. Nella cappella sono esposti alcuni paramenti sacri in
seta.
SALA
DE LA POMETA
Dopo la cappella s’entra nella Sala de La
Pometas (Sala delle mele). Una denominazione
legata alle ceramiche del pavimento che raffigurano dei bellissimi
grappoli di mele. In questa sala si riuniva il Collegio per certificare come
“Valenciana” la seta prodotta nella città. Nella sala sono presenti dei pannelli
espositivi e bellissimi abiti di seta
SALA
DE LA FAMA
La
sala si trova in fondo al corridoio. Presenta un pavimento in ceramica con la
raffigurazione di una donna alata che rappresenta il prestigio, la "fama" del
Collegio raggiunta nel XVIII secolo.
Il
pavimento di ceramica ha una dimensione di (9 x 19) m e presenta al centro la
“Fama”, la donna alata, mentre ai quattro angoli una figura femminile su un carro tirato da
animali allegorici. Nei quattro angoli sarebbero raffigurati i quattro continenti allora conosciuti (Europa,
Asia, Africa e America).
In
questa sala si svolgono le esposizioni organizzate dal Museo.
SALA
DE LAS ARTES MENORES
Dopo
la Sala della Fama si entra in quella delle Arti Minori dove sono esposti varie
passamanerie create all’epoca. Degno di nota è anche il pavimento con le sue
ceramiche originali.
Ritornati
al piano terra si accede alla sala dei telai ancora funzionanti.
Quando
visitai il Museo vidi un signore al telaio
lavorare per la creazione della trama. Probabilmente era uno degli ultimi straordinari “velluters” valenciani.
6.
La Produzione di Seta a Valencia dal 1520 – La Ribellione dei “Germanies” con la
gilda dei “velluters” in evidenza
Nel
1520 a Valencia c’erano circa 400 maestri serici e più di 1200 telai. Era
l’attività artigianale più diffusa ed impegnava un numero di lavoratori
superiore a qualsiasi altra attività.
Acquistò
anche una sua funzione politica perché durante la ribellione delle Germanies,
gli artigiani serici si ribellarono alla nobiltà e all’oligarchia municipale.
La
ribellione delle Germanies fu un conflitto che ebbe origine nel Regno di
Valencia all’inizio della salita al trono di Carlo V d’Asburgo (Carlo I di
Spagna) fra il 1519 ed il 1523. La
ribellione determinò alcuni mutamenti nella scena politica e sociale valenciana
con la perdita di potere della nobiltà ed una forte riduzione dei diritti del
popolo valenciano. Si trattò di una
delle prime e numerose manifestazioni contro il feudalesimo come la Jacqueries
francese, la rivolta dei ciompi in Italia nel 1379, la rivolta degl’irmandinos
in Galizia nel 1467 o la rivolta dei
comuneros in Castiglia nel 1520.
Gli
artigiani del Regno di Valencia avevano ottenuto, durante il Regno di
Ferdinando II d’Aragona, il privilegio di formare delle milizie per lottare
contro le flotte barbaresche che minacciavano i loro commerci.
Nel
1519 Carlo I approvò queste milizie che erano comandate da Joan Llorenc.
Il
periodo in questione non era dei più semplici. La nobiltà valenciana era
fuggita dalla città a causa della peste del 1519 lasciando campo aperto in
città alla classe medio borghese e alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri
che s’impossessarono del governo municipale formando una “Junta dei 13”.
Una
Junta, formata da un rappresentate di ciascuna corporazione, che doveva amministrare, dirigere la capitale
valenciana.
In
quel periodo Carlo I si trovava ad Aquisgrana per preparare la sua
incoronazione ad imperatore. L’unica decisione presa dal suo reggente, Adriano
d’Utrecht (futuro papa Adriano IV), fu quella d’ordinare ai rivoltosi l’immediata
consegna delle armi. Un ordine che non fu ascoltato.
La
Junta provò ad instaurare un sistema che proibiva il lavoro libero e quando morì
il suo capo Joan Llorenc, gli subentrò un tessitore “fabbricante di velluto”,
Vicent Peris che permise l’ingresso nelle milizie di giovani molto radicali.
Il
movimento subì una forte radicalizzazione a tal punto che si verificarono dei
terribili episodi come l’assalto e l’incendio del quartiere moro di Valencia i
cui abitanti erano stati accusati di collaborare con i nobili.
La
rivolta antinobiliare si propagò a macchia d’olio giungendo nelle campagne,
dove le fattorie dei nobili furono devastate dai rivoltosi, ed anche nei
villaggi e altri centri urbani del regno dove si formarono delle giunte
rivoluzionarie.
Il
vice-re di Valencia, Diego Hurtado de Mendoza, fu costretto ad abbandonare la
città per rifugiarsi prima a Dènia e poi a Peniscola dove prese il comando
delle compagnie militari reali.
Si
formarono due forti punti di resistenza: uno al nord che era capitanato da
Alfonso d’Aragona, duca di Segoprbe, l’altro a Sud guidato dallo stesso
vice-re Diego Hurtado.
Gli “agermanats”, guidati da Jaime Ros, furono
sconfitti il 18 luglio 1521 dal duca di Segorbe ad Almenara e il 20 agosto 1521
ad Orihuela.
Tra
le due sconfitte c’era stata, il 25 luglio, unna vittoria dei rivoltosi di
Vicent Peris sull’esercito del vice-re a Biar.
Il
movimento rivoluzionario perse la sua unità perché sorsero delle discordie interne
e le azioni militari successive videro sempre la sconfitta dei rivoluzionari.
Il
18 febbraio 1522 ci fu un ultimo disperato tentativo da parte di Vicent Peris
che s’introdusse a Valencia chiamando a raccolta i sostenitori in casa propria.
Nacque un duro scontro armato che durò tutta la notte nelle strade di Valencia
mentre alcuni soldati regi bruciarono la casa del Peris. Alla fine Vicent Peris
si arrese al capitano Diego Ladròn de Guevara e il 3 marzo 1522 le truppe di
Carlo I entrarono definitivamente a Valencia. Vincent Peris e alcuni suoi
compagni furono giustiziati (Via Baron de Carcer). Solamente le città di Xativa
ed Alzira restarono sotto il controllo dei rivoltosi “agermanats”. La nuova
ribellione scoppiò su ordine di un
misterioso personaggio conosciuto con il nome di “L’Encobert” che diceva di
essere l’infante Giovanni, figlio dei re Cattolici (Isabella di Castiglia e
Ferdinando II d’Aragona).
L’Encobert
fu assassinato a Burjassot il 18 maggio 1522 per mano di due suoi seguaci che
erano stato “comprati” con una forte somma di denaro da parte del vicerè.
Seguirà la caduta di Xàtiva e di Alzira che decreterà la definitiva sconfitta
degli agermanats. Germana de Foix fu nominata vice-regina di Valencia e
governò con fermezza fino alla sua morte
nel 1538.
Germana de Foix (
1490?; Lliria, 15 ottobre 1536)
(Regina Consorte
d’Aragona, Sardegna, Majorca, Napoli, Sicilia e
Valenzia; Contessa
Consorte di Barcellona)
(Artista: Anonimo;
Olio su tela; Musure: (102 x 176) cm
Museo delle Belle
Arti di Valencia)
Decorazione su
fontana
Viver, Alto
Palancia (Castellon)
Ferdinando
d’Aragona, Duca di Calabria
(Andria, 15
dicembre 1488; Valencia, 26 ottobre 1550)
Era il figlio
primogenito del re Federico I di Napoli e di Isabella del Balzo e
quindi erede al
trono di Napoli.
Nel 1501 le truppe
di Luigi XII di Francia e di Ferdinando il Cattolico occuparono
il Regno di Napoli
nel 1499-1504.
Il giovane
Ferdinando si trovava a Taranto che fu assediata dalle forze spagnole
comandate da
Gonzalo Fernandez de Cordoba. Durante l’assedio gli fu assicurata la
libertà dopo la
resa della città. Presa la città, Ferdinando fu arrestato e portato in
Spagna dove rimase
sotto la tutela dei sovrano spagnoli per oltre un ventennio.
Nel 1526 sposò
Germana de Foix, vedova del re
d’Aragona, e
diventò vicerè di Valencia.
Rimasto vedovo si risposò con
Mencia de Mendoza
e quanto morì nel 1550 lasciò i suoi beni al monastero
di San Miquel de
Los Reyes, tra cui una voluminosa e importante biblioteca.
Fu sepolto nel
monastero insieme alla prima moglie Germana de Foix.
Organizzò
con il marito, il Duca di Calabria (Ferdinando d’Aragona), una piccola e
brillante corte soprattutto per la musica e il teatro. Alcune fonti citarono
l’esecuzione di ben 800 condanne a morte che furono eseguite nel corso dei vari
anni. Secondo altre fonti le rappresaglie erano costituite da confische e
multe, specialmente contro le corporazioni, e raramente si manifestarono delle
condanne a morte.Il
23 dicembre 1524 la reggente di Valencia accordò un’amnistia per i “perayres”
con un documento ufficiale che viene considerato uno dei primi testi redatto in
spagnolo nel Regno di Valencia.Questo
fa ritenere che la sconfitta degli agermanats fu una delle cause
dell’imposizione di questa lingua come rappresaglia supplementare contro gli
sconfitti. La pacificazione effettiva del territorio avvenne nel 1528 quando il
re accordò un perdono generale.La
produzione della seta riprese con vigoria dopo la ribellione con la produzione
e l’esportazione sebbene la politica fiscale e il contrabbando ostacolarono
l’attività nella seconda metà del XVI secolo.
7.
La Ripresa della Produzione di Seta
Il
maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto
di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era
simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione
sociale.
Valencia nel XVIII secolo era il centro più importante
della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza delle seterie di Toledo che facevano
concorrenza.
La
Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla
produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio
che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo
la guerra di successione la politica a
favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a
Filippo V.
Tra
il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero
dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la
soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni
della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il consolidamento del commercio con l’America
stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il
valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti
produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva
studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di
perfezionamento dei moirè, un tipo di
tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare
le acque ai tessuti.
(Il
moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di
cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato o fluttuante. grazie ai motivi geometrici
formati dalla struttura dello stesso tessuto).
moirè
Nel
1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e
grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo
dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta
Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice
della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi
europei.
Si
favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove
si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la
coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura
veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della
piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si
realizzavano nei laboratori della città
dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio
del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti
economici sociali e tecnici crearono
nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi
tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la
Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel
commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di
qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di
Vinalesa o di Patraix.
L’industria
di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima fabbrica valenciana ad utilizzare la forza
motrice dell’acqua dellaReal Acequìa di
Moncada.
Nell’anno
1836 santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario
della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima
macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente
l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle
sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il
predominio di nuovi tessuti come il cotone,
causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel
1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei
Velluters.
Il
21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti
all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro,
migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in
un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La
convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò
due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono
stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste
della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di
Valencia.
Le
associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale
per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere
partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi
striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono
un rogo.
Ogni
anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione
della seta che ha il suo emblema nella
Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.
8.
La Loggia (Borsa) della Seta
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9. Gli Antichi Laboratori e il
Lavoro Femminile
I laboratori, di qualsiasi
professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri,
spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli
apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le
ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai
per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli
operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al
maestro, alla moglie ed ai figli.L’apprendista doveva seguire un
periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal
maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della
sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un
salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.Terminato il periodo di formazione
si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente
erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al
prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio
sempre dopo aver superato l’esame di maestranza. Il lavoro femminile era fondamentale
nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi
corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei
laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare
nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.Le donne e i bambini avevano un ruolo importante nell’attività iniziali costituite dall’allevamento del baco
da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la
tintura e il confezionamento tessile.
Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali.
Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al
mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le
proprie entrate economiche.Maria Ines Pomares fu un impiegata
serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del
Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco
Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di
stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo
modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile
distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al
tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la
filatura della canapa permetteva di
provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.
10. La Seta oggi….
Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a
sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni
tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche,
continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di
queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.
L’antica fabbrica Garin è un edificio industriale costituito da due
capannoni e una casa. Un attività che ha ben 290 anni di vita. Presenta una
collezione di oltre 7000 oggetti d’inventario tra cui undici telai Jacquard del
XIX secolo oltre ad un macchinario della stessa epoca. Gli interni ospitano più
di 3000 unità di tessuto con soprarizzi (tipo di velluto eseguito in ricco e
taglio inserendo due ferri), tessuti spoliati, rilievi, ricami e un migliaio di
progetti su carta, circa 1000 bozzetti e documenti risalenti al XVIII secolo.
Ancora oggi qualche telaio a Valencia continua il suo antico lavoro. Fino
ad un paio d’anni fa nel quartiere Carmen di Valencia c’era la famiglia March,
antichi artigiani della seta, che conservano ancora un telaio di seta Jacquard
sul suo luogo originario e con gli utensili propri dell’attività serica così
come molti campioni di tessuti.
La seta negli abiti valenciani sopravvive in
occasione delle feste cittadine come la festa delle Fallas di San Josè, una
delle più importanti della città.
Nella festività si possono vedere
indossati i bellissimi vestiti tradizionali della regione.
Abiti che vengono confezionati
principalmente in seta e quelli indossati dalle donne (falleras) sono molto
eleganti.
Las Fallas di San Josè si celebrano
nelle prime settimane di marzo e la città viene riempita di sculture di cartone
(ninots) che rappresentano in modo satirico la realtà. La festa si conclude
nella notte del 19 marzo con l’incendio (crema) della maggior parte di questi
monumenti effimeri.
.................................................
Lavorazione della seta
nell'arte.
"Ragazza all'aspo",
in tedesco "Mädchen an der Haspel", è il titolo del quadro del
pittore svizzero Albert Anker datato 1892. Il quadro mostra la fase di
"incannatura" che consisteva nell'avvolgimento del filo di seta
dall'aspo, dove era la matassa, al rocchetto.
Riccardo Pasquini
Dipinto datato:
1880/89
Materia e Tecnica:
Olio su cartone
,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,
Via Horno de
Hospital
Via Horno de
Hospital
Con
la scomparsa dell’attività serica s’avviò un radicale processo di
trasformazione urbanistica che eliminò le antiche tracce architettoniche del
quartiere medievale perché la borghesia locale procedette alla completa riedificazione
degli immobili determinando la scomparsa degli antichi edifici
case-laboratorio.
Malgrado
questi interventi edilizi qualcosa, oltre alle su citate abitazioni, è rimasto
delle antiche industrie di qualche secolo fa. Il palazzo di Tamarit, antica famiglia
di maestri ed artisti serici del XVIII secolo ed il “Collegio della Grande Arte
della Seta”, sede della famosa Gilda dei velluters.
Ci
sono anche delle testimonianze più recenti come il murale di Piazza della Borsa
che rappresenta il passato legato alla seta
Palazzo Tamarit
(fronte)
Stemma famiglia Tamarit
Palazzo
Tamarit è quindi una costruzione del XVIII secolo e si trova su “Carrer Roger
de Flore” detta anche “Calle del Pilar”
al n. 15.
Era
un’antica fabbrica di velluters (seta) e forse l’unica del calle del Pilar.
Porco
prima di Palazzo Tamarit c’è un edificio che tempo fa era in ristrutturazione.
Anche questo edificio, guardando il suo prospetto, poteva essere una fabbrica
di seta.
L’edificio in
ristrutturazione
Forse una seteria
?
Nel secondo
riquadro dello stemma dei Tamarit è raffigurato
un telaio per la
lavorazione della seta.
La famiglia
Tamarit prese nome dalla città di Tamarit (Tarragona) Secondo alcuni storici la
famiglia Tamarit protrebbe provenire da Pamarite de Llitera (Huesca). Il termine Tamarit potrebbe
derivare dall’arabo “tamarit”, il
nome di un albero, il Tamarx gallica che cresce lungo i fiumi o comunque in
luoghi umidi.
(In
un sito internet il nome Tamarit avrebbe
origine dal fiume “Tamaris” (Tarragona) che identifica con l’attuale fiume Tambre
(chiamato anticamente Tamara”). Impossibile
questa identificazione dato che il fiume Tambre scorre in Galizia e sfocia sull’Oceano
Atlantico mentre Tarragona si trova sul Mare
Mediterraneo (Tirreno)
Dalla
città di Tamarit deriverebbero i rami che si stabilirono a Montblanc
(Tarragona), nella città di Barcellona, in altre città della Catalogna, a
Valencia e in Aragona.
Gaspare
Escolano, nei suoi Decenni di storia del Regno di Valencia, dice: "La casa
di Tamarit è antica e ha la sua sede nella fattoria di Tarragona". E
Martín de Viciana nella sua seconda parte della cronaca di Valencia, menziona
diversi membri della stessa famiglia, assicurando che erano gentiluomini di
stirpe simile che venivano dalla Catalogna a Valencia.
Tra
questi nomina i fratelli Miguel Jerónimo e Vicente Tamarit, signori della città
di Guardamar, nel distretto giudiziario di Gandía.
Castello Tamarit
(Tarragona)
I
Tamerit di Valencia erano quindi degli imprenditori appartenenti alla nobiltà
anche se qualche sito internet afferma che erano contadini e pescatori di
Ruzafa, un quartiere di Valencia. Sempre secondo queste fonti avrebbero
lavorato prima come apprendisti per poi diventare maestri della seta creando
una ricchezza grazie ai commerci ed alle esportazioni del prezioso tessuto.
Lo
stemma posto sull’edificio (Tamaveri, Genoves, Lliveria e Ruiz) ha tra i vari
simboli il leone che assieme all’equali è un segno di potenza, di grande
nobiltà quasi reale. Per cui le fonti
suddette che citano la famiglia come originari pescatori è probabilmente non veritiera dato che già al
tempo di Giacomo I d’Aragona e del re
Alfonso figurano nobilissimi e valorosi cavalieri al servizio della corona
reale. I Tamarit erano governanti del consiglio municipale ed erano discendenti
di uno dei conquistatori di Valenzia, Berenguer Tamarit. È probabile che prima
della costruzione dell’edificio i Tamarit abbiano avuto la residenza a Ruzafa.
L’edificio
fu costruito nel XVIII secolo e fu utilizzato come laboratorio per la
fabbricazione della seta e residenza.
Le
fonti citano come la costruzione sia stata commissionata da Don Vincente
Tamarit Lliveria. Ai tempi di Carlo III aveva un giardino che arrivava fino
alla strada Hospital. Il giardino
successivamente con il passare del tempo fu completamente occupato da nuove
costruzioni.
Nella
fabbrica della seta dei Tamarit lavoravano circa 300 operai.
4
– La Gilda dei Velluters – Il Collegio della Gilda
La “gilda” dei tessitori di velluto nacque nel 1477 quando un gruppo di maestri velluters valenciani e genovesi si riunirono nella casa del genovese Lazzaro Negro, situata in Via de las Barcas. Qui firmarono, alla presenza del notaio, l’atto di fondazione della “Cofradia de l’Ofici dels Velluters”, il cui patrono era San Geronimo (San Girolamo).
Il Patrono dei
Velluters è San Geronimo (San Girolamo) perché
fu il primo
cardinale che introdusse la seta nei suoi abiti sacerdotali.
(Pittura di
Francisco de Zurbaràn (1598-1664) – datata 1626/27
Olio su tela –
Misure (125 x198) cm
Commissionato dal
priore Diego de Bordas
Museo delle Belle
Arti – Siviglia
La Via “de Les Barcas” era una zona
che si trovava al di fuori delle mura arabe
dell’XI secolo. Era abitata da umili pescatori, una comunità piuttosto
numerosa
che rese famoso il popolare quartiere dei “Pescadores”.
Nel 1421 la via era chiamata “Vall Cubert”
come risulta da un atto del 24 novembre 1421 redatto dal notaio Pedro
Espert.
La strada attraversava il “Valladar” (un torrente) che fu coperto da cui il
nome.
Il fosso di “Valladar” era di notevoli dimensioni e quando fu costruita la
casa
all’angolo di Via Moratin, la gente disse di ”aver visto lo scavo delle
fondamenta e il
Valladar fu scoperto che era così largo, che da lì furono presi più di
duecento carri di fertilizzanti, potendo entrare per caricare i carri
sul fondo della stessa Valladar”.
Il nome di “Las Barcas£ appare in una
provvidenza dell’Almotacèn o Mustasaf nel
dicembre 1658. Prese il nome “De Las barcas” perchè nelle botteghe della
via
venivano fabbricate barche di piccola o media grandezza che venivano in
seguito trasportate su carri. Famosa era la bottega del falegname Miralles che
era posta in mezzo alla via. Nel XVIII secolo pescatori e barcaioli si ritirano
dalla zona
lasciando la zona in possesso di persone della nobiltà.
Un aspetto particolare della Via de
Las Barcars è legato ad una
testimonianza di Luis Lamarca risalente al 1848:
“i dintorni dei quattro angoli che si formano quando la strada e
Plaza de Las Barcas si uniscono sono ancora designati con il nome di
La Morera… chiamandolo Morera de Pere Pug.
Questo albero che gli antichi guardavano con un certo rispetto, e subito
rinnovato quando morì. È scomparso alcuni anni fa, ma il mito si conserva,
e probabilmente conserverà, ancora per molto tempo,
il suo vecchio nome”.
La descrizione è suggestiva. Era presente un albero di gelso che doveva
essere
secolare. Guardato con rispetto dalla gente non solo per la sua età
ma probabilmente anche perché testimone ed autore di una ricchezza sociale
ed
economica della città legata alla produzione della seta.
Calle de Las Barcas – Alluvione del 15 ottobre 1957
Nel
1479 la nuova gilda dei velluters (corporazione dei tessitori) emise le prime
ordinanze sulla professione che furono approvate dal Consiglio Municipale e ratificate
dal re Ferdinando il Cattolico. Una serie di ordinanze che regolamentavano la
professione dei velluters e nello stesso tempo ponevano fine all’assenza di
controlli sulla fabbricazione dei tessuti di seta.Naturalmente,
data l’importanza dell’attività professionale e il numero di artigiani, ben
presto la gilda divenne una delle più importanti della città.Le
regole che stabilì la gilda dei velluters erano numerose: la durata
dell’apprendistato e la prova d’esame, il controllo sulla qualità del tessuto,
le tipologie di fibre che potevano essere usate per il confezionamento dei
tessuti e quelle che non potevano essere adoperate perché non adatte.Una
importanza della gilda tessile che aumentò nel tempo tanto che Carlo III
concesse nel 1686 l’importante titolo di “Collegio della Grande Arte della
Seta”, elevando il rango della gilda dei tessitori di velluto alla categoria di
Collegio Professionale e la relativa lavorazione della seta a “Grande Arte”.In
quel periodo c’erano circa 2000 laboratori
con molti maestri italiani. Per diventare maestro era necessario un
corso di 5 anni.Molte
gilde di varie professioni nel corso del tempo acquistarono una loro importanza
anche economica e quella dei velluters fu una di esse.Nel
1494 la gilda dei velluters comprò una casa nell’attuale Via del Hospital che
diventerà la futura sede del Collegio della Grade Arte della Seta. Una casa
posta in un ambiente in cui stavano sorgendo molti laboratori e vicina alla
chiesa e convento di Sant’Agostino che era il luogo in cui la primitiva
confraternita celebrava le messe. La zona diventò il centro importante
d’incontro collettivo di artigiani.
5. Museo della Seta – Collegio
Del Arte Mayor De La SetaSi
tratta di un edificio gotico di cui rimangono
importante tracce artistiche al suo interno come la bella scala a
chiocciola realizzata dall’architetto Pere Compte. Il Colleggio nel corso del
tempo fu soggetto a vari restauri tra cui quello più importante fu realizzato
verso la metà del XVIII secolo che trasformò l’edificio in stile barocco. La
facciata presenta un ingresso costituito da un bell’arco in pietra, sormontato
dal cappello cardinalizio e da un altorilievo
che raffigura San Geronimo e che è attribuito a Ignacio Vergara.
L’edificio prima
degli ultimi restauri
Il
Collegio è oggi sede del Museo della Seta e la sua visita immerge in
un’atmosfera d’altri tempi. I locali si susseguono secondo la primitiva
ubicazione e il restauro ha anche mantenuto i pavimenti originari. Dopo aver
superato la biglietteria, sulla destra si trova un pannello con un breve cenno
su quelle che erano le rotte commerciali della seta. Un commercio che veniva dall’Oriente
e dall’Italia.
Da notare evidenziate in giallo le zone
produttrici di seta.
La Sicilia… Regno
di Sicilia, aveva già una sua consolidata importanza
nella produzione
della seta (anche la Calabria era conosciuta
nella
fabbricazione della seta con Catanzaro).
Seta che arrivava
a Genova dove i mercanti la commerciavano all’estero.
In
fondo alla sala si trova la ricostruzione di un allevamento di bachi da seta in
casa. Sono presenti anche delle noci,
bacche, gusci di molluschi da cui si estraevano le sostanze necessarie per la
colorazione dei fili di seta.
Sulla
parete di destra sono esposti degli stampi in legno che venivano usati per
decorare il tessuto.
Nella
stanza seguente si trovano dei pannelli floreali. In questa sala viene
ricostruita la nascita del Collegio grazie agli artigiani genovesi. Un video
mostra i restauri che furono eseguiti nella struttura.
In
una vetrina sono esposti alcuni abiti
della prima moda francese quando s’incominciarono ad usare le sete e il
damasco per gli abiti maschili e femminili.
Ritornati
nell’atrio si trovano due scale. Quella di sinistra sale all’importante
archivio del Collegio dove sono conservati testi, documenti … un archivio che è
considerato uno dei più importanti d’Europa. I testi riguardano la produzione e
lavorazione della seta con elencati i materiali, i prezziari, i nomi dei
commercianti, le rotte commerciale, ecc.
La
scala di destra conduce invece alle bellissime sale del Collegio.
CAPPELLA
DI SAN GERONIMO
Subito
a destra si entra nella cappella di San Geronimo, protettore dei setaioli e dei
velluters.
Il
pavimento è a losanghe mentre nella parete di fondo si trova l’altare.
Nella
parete opposta anni fa fu scoperta una scala che rimase segreta per centinaia d’anni.
Non si conoscono i motivi di questa chiusura.
Alla
base del pavimento antico si trovano alcune mattonelle in ceramica che recano
lo stemma del Collegio. Nella cappella sono esposti alcuni paramenti sacri in
seta.
SALA
DE LA POMETA
Dopo la cappella s’entra nella Sala de La
Pometas (Sala delle mele). Una denominazione
legata alle ceramiche del pavimento che raffigurano dei bellissimi
grappoli di mele. In questa sala si riuniva il Collegio per certificare come
“Valenciana” la seta prodotta nella città. Nella sala sono presenti dei pannelli
espositivi e bellissimi abiti di seta
SALA
DE LA FAMA
La
sala si trova in fondo al corridoio. Presenta un pavimento in ceramica con la
raffigurazione di una donna alata che rappresenta il prestigio, la "fama" del
Collegio raggiunta nel XVIII secolo.
Il
pavimento di ceramica ha una dimensione di (9 x 19) m e presenta al centro la
“Fama”, la donna alata, mentre ai quattro angoli una figura femminile su un carro tirato da
animali allegorici. Nei quattro angoli sarebbero raffigurati i quattro continenti allora conosciuti (Europa,
Asia, Africa e America).
In
questa sala si svolgono le esposizioni organizzate dal Museo.
SALA
DE LAS ARTES MENORES
Dopo
la Sala della Fama si entra in quella delle Arti Minori dove sono esposti varie
passamanerie create all’epoca. Degno di nota è anche il pavimento con le sue
ceramiche originali.
Ritornati
al piano terra si accede alla sala dei telai ancora funzionanti.
Quando
visitai il Museo vidi un signore al telaio
lavorare per la creazione della trama. Probabilmente era uno degli ultimi straordinari “velluters” valenciani.
6.
La Produzione di Seta a Valencia dal 1520 – La Ribellione dei “Germanies” con la
gilda dei “velluters” in evidenza
Nel
1520 a Valencia c’erano circa 400 maestri serici e più di 1200 telai. Era
l’attività artigianale più diffusa ed impegnava un numero di lavoratori
superiore a qualsiasi altra attività.
Acquistò
anche una sua funzione politica perché durante la ribellione delle Germanies,
gli artigiani serici si ribellarono alla nobiltà e all’oligarchia municipale.
La
ribellione delle Germanies fu un conflitto che ebbe origine nel Regno di
Valencia all’inizio della salita al trono di Carlo V d’Asburgo (Carlo I di
Spagna) fra il 1519 ed il 1523. La
ribellione determinò alcuni mutamenti nella scena politica e sociale valenciana
con la perdita di potere della nobiltà ed una forte riduzione dei diritti del
popolo valenciano. Si trattò di una
delle prime e numerose manifestazioni contro il feudalesimo come la Jacqueries
francese, la rivolta dei ciompi in Italia nel 1379, la rivolta degl’irmandinos
in Galizia nel 1467 o la rivolta dei
comuneros in Castiglia nel 1520.
Gli
artigiani del Regno di Valencia avevano ottenuto, durante il Regno di
Ferdinando II d’Aragona, il privilegio di formare delle milizie per lottare
contro le flotte barbaresche che minacciavano i loro commerci.
Nel
1519 Carlo I approvò queste milizie che erano comandate da Joan Llorenc.
Il
periodo in questione non era dei più semplici. La nobiltà valenciana era
fuggita dalla città a causa della peste del 1519 lasciando campo aperto in
città alla classe medio borghese e alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri
che s’impossessarono del governo municipale formando una “Junta dei 13”.
Una
Junta, formata da un rappresentate di ciascuna corporazione, che doveva amministrare, dirigere la capitale
valenciana.
In
quel periodo Carlo I si trovava ad Aquisgrana per preparare la sua
incoronazione ad imperatore. L’unica decisione presa dal suo reggente, Adriano
d’Utrecht (futuro papa Adriano IV), fu quella d’ordinare ai rivoltosi l’immediata
consegna delle armi. Un ordine che non fu ascoltato.
La
Junta provò ad instaurare un sistema che proibiva il lavoro libero e quando morì
il suo capo Joan Llorenc, gli subentrò un tessitore “fabbricante di velluto”,
Vicent Peris che permise l’ingresso nelle milizie di giovani molto radicali.
Il
movimento subì una forte radicalizzazione a tal punto che si verificarono dei
terribili episodi come l’assalto e l’incendio del quartiere moro di Valencia i
cui abitanti erano stati accusati di collaborare con i nobili.
La
rivolta antinobiliare si propagò a macchia d’olio giungendo nelle campagne,
dove le fattorie dei nobili furono devastate dai rivoltosi, ed anche nei
villaggi e altri centri urbani del regno dove si formarono delle giunte
rivoluzionarie.
Il
vice-re di Valencia, Diego Hurtado de Mendoza, fu costretto ad abbandonare la
città per rifugiarsi prima a Dènia e poi a Peniscola dove prese il comando
delle compagnie militari reali.
Si
formarono due forti punti di resistenza: uno al nord che era capitanato da
Alfonso d’Aragona, duca di Segoprbe, l’altro a Sud guidato dallo stesso
vice-re Diego Hurtado.
Gli “agermanats”, guidati da Jaime Ros, furono
sconfitti il 18 luglio 1521 dal duca di Segorbe ad Almenara e il 20 agosto 1521
ad Orihuela.
Tra
le due sconfitte c’era stata, il 25 luglio, unna vittoria dei rivoltosi di
Vicent Peris sull’esercito del vice-re a Biar.
Il
movimento rivoluzionario perse la sua unità perché sorsero delle discordie interne
e le azioni militari successive videro sempre la sconfitta dei rivoluzionari.
Il
18 febbraio 1522 ci fu un ultimo disperato tentativo da parte di Vicent Peris
che s’introdusse a Valencia chiamando a raccolta i sostenitori in casa propria.
Nacque un duro scontro armato che durò tutta la notte nelle strade di Valencia
mentre alcuni soldati regi bruciarono la casa del Peris. Alla fine Vicent Peris
si arrese al capitano Diego Ladròn de Guevara e il 3 marzo 1522 le truppe di
Carlo I entrarono definitivamente a Valencia. Vincent Peris e alcuni suoi
compagni furono giustiziati (Via Baron de Carcer). Solamente le città di Xativa
ed Alzira restarono sotto il controllo dei rivoltosi “agermanats”. La nuova
ribellione scoppiò su ordine di un
misterioso personaggio conosciuto con il nome di “L’Encobert” che diceva di
essere l’infante Giovanni, figlio dei re Cattolici (Isabella di Castiglia e
Ferdinando II d’Aragona).
L’Encobert
fu assassinato a Burjassot il 18 maggio 1522 per mano di due suoi seguaci che
erano stato “comprati” con una forte somma di denaro da parte del vicerè.
Seguirà la caduta di Xàtiva e di Alzira che decreterà la definitiva sconfitta
degli agermanats. Germana de Foix fu nominata vice-regina di Valencia e
governò con fermezza fino alla sua morte
nel 1538.
Germana de Foix (
1490?; Lliria, 15 ottobre 1536)
(Regina Consorte
d’Aragona, Sardegna, Majorca, Napoli, Sicilia e
Valenzia; Contessa
Consorte di Barcellona)
(Artista: Anonimo;
Olio su tela; Musure: (102 x 176) cm
Museo delle Belle
Arti di Valencia)
Decorazione su
fontana
Viver, Alto
Palancia (Castellon)
Ferdinando
d’Aragona, Duca di Calabria
(Andria, 15
dicembre 1488; Valencia, 26 ottobre 1550)
Era il figlio
primogenito del re Federico I di Napoli e di Isabella del Balzo e
quindi erede al
trono di Napoli.
Nel 1501 le truppe
di Luigi XII di Francia e di Ferdinando il Cattolico occuparono
il Regno di Napoli
nel 1499-1504.
Il giovane
Ferdinando si trovava a Taranto che fu assediata dalle forze spagnole
comandate da
Gonzalo Fernandez de Cordoba. Durante l’assedio gli fu assicurata la
libertà dopo la
resa della città. Presa la città, Ferdinando fu arrestato e portato in
Spagna dove rimase
sotto la tutela dei sovrano spagnoli per oltre un ventennio.
Nel 1526 sposò
Germana de Foix, vedova del re
d’Aragona, e
diventò vicerè di Valencia.
Rimasto vedovo si risposò con
Mencia de Mendoza
e quanto morì nel 1550 lasciò i suoi beni al monastero
di San Miquel de
Los Reyes, tra cui una voluminosa e importante biblioteca.
Fu sepolto nel
monastero insieme alla prima moglie Germana de Foix.
Organizzò
con il marito, il Duca di Calabria (Ferdinando d’Aragona), una piccola e
brillante corte soprattutto per la musica e il teatro. Alcune fonti citarono
l’esecuzione di ben 800 condanne a morte che furono eseguite nel corso dei vari
anni. Secondo altre fonti le rappresaglie erano costituite da confische e
multe, specialmente contro le corporazioni, e raramente si manifestarono delle
condanne a morte.Il
23 dicembre 1524 la reggente di Valencia accordò un’amnistia per i “perayres”
con un documento ufficiale che viene considerato uno dei primi testi redatto in
spagnolo nel Regno di Valencia.Questo
fa ritenere che la sconfitta degli agermanats fu una delle cause
dell’imposizione di questa lingua come rappresaglia supplementare contro gli
sconfitti. La pacificazione effettiva del territorio avvenne nel 1528 quando il
re accordò un perdono generale.La
produzione della seta riprese con vigoria dopo la ribellione con la produzione
e l’esportazione sebbene la politica fiscale e il contrabbando ostacolarono
l’attività nella seconda metà del XVI secolo.
7.
La Ripresa della Produzione di Seta
Il
maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto
di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era
simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione
sociale.
Valencia nel XVIII secolo era il centro più importante
della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza delle seterie di Toledo che facevano
concorrenza.
La
Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla
produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio
che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo
la guerra di successione la politica a
favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a
Filippo V.
Tra
il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero
dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la
soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni
della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il consolidamento del commercio con l’America
stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il
valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti
produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva
studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di
perfezionamento dei moirè, un tipo di
tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare
le acque ai tessuti.
(Il
moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di
cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato o fluttuante. grazie ai motivi geometrici
formati dalla struttura dello stesso tessuto).
moirè
Nel
1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e
grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo
dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta
Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice
della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi
europei.
Si
favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove
si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la
coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura
veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della
piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si
realizzavano nei laboratori della città
dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio
del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti
economici sociali e tecnici crearono
nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi
tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la
Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel
commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di
qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di
Vinalesa o di Patraix.
L’industria
di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima fabbrica valenciana ad utilizzare la forza
motrice dell’acqua dellaReal Acequìa di
Moncada.
Nell’anno
1836 santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario
della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima
macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente
l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle
sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il
predominio di nuovi tessuti come il cotone,
causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel
1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei
Velluters.
Il
21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti
all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro,
migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in
un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La
convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò
due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono
stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste
della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di
Valencia.
Le
associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale
per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere
partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi
striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono
un rogo.
Ogni
anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione
della seta che ha il suo emblema nella
Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.
8.
La Loggia (Borsa) della Seta
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9. Gli Antichi Laboratori e il
Lavoro Femminile
I laboratori, di qualsiasi
professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri,
spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli
apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le
ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai
per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli
operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al
maestro, alla moglie ed ai figli.L’apprendista doveva seguire un
periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal
maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della
sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un
salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.Terminato il periodo di formazione
si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente
erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al
prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio
sempre dopo aver superato l’esame di maestranza. Il lavoro femminile era fondamentale
nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi
corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei
laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare
nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.Le donne e i bambini avevano un ruolo importante nell’attività iniziali costituite dall’allevamento del baco
da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la
tintura e il confezionamento tessile.
Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali.
Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al
mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le
proprie entrate economiche.Maria Ines Pomares fu un impiegata
serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del
Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco
Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di
stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo
modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile
distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al
tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la
filatura della canapa permetteva di
provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.
10. La Seta oggi….
Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a
sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni
tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche,
continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di
queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.
L’antica fabbrica Garin è un edificio industriale costituito da due
capannoni e una casa. Un attività che ha ben 290 anni di vita. Presenta una
collezione di oltre 7000 oggetti d’inventario tra cui undici telai Jacquard del
XIX secolo oltre ad un macchinario della stessa epoca. Gli interni ospitano più
di 3000 unità di tessuto con soprarizzi (tipo di velluto eseguito in ricco e
taglio inserendo due ferri), tessuti spoliati, rilievi, ricami e un migliaio di
progetti su carta, circa 1000 bozzetti e documenti risalenti al XVIII secolo.
Ancora oggi qualche telaio a Valencia continua il suo antico lavoro. Fino
ad un paio d’anni fa nel quartiere Carmen di Valencia c’era la famiglia March,
antichi artigiani della seta, che conservano ancora un telaio di seta Jacquard
sul suo luogo originario e con gli utensili propri dell’attività serica così
come molti campioni di tessuti.
La seta negli abiti valenciani sopravvive in
occasione delle feste cittadine come la festa delle Fallas di San Josè, una
delle più importanti della città.
Nella festività si possono vedere
indossati i bellissimi vestiti tradizionali della regione.
Abiti che vengono confezionati
principalmente in seta e quelli indossati dalle donne (falleras) sono molto
eleganti.
Las Fallas di San Josè si celebrano
nelle prime settimane di marzo e la città viene riempita di sculture di cartone
(ninots) che rappresentano in modo satirico la realtà. La festa si conclude
nella notte del 19 marzo con l’incendio (crema) della maggior parte di questi
monumenti effimeri.
.................................................
Lavorazione della seta
nell'arte.
"Ragazza all'aspo",
in tedesco "Mädchen an der Haspel", è il titolo del quadro del
pittore svizzero Albert Anker datato 1892. Il quadro mostra la fase di
"incannatura" che consisteva nell'avvolgimento del filo di seta
dall'aspo, dove era la matassa, al rocchetto.
Riccardo Pasquini
Dipinto datato:
1880/89
Materia e Tecnica:
Olio su cartone
,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,
Calle de Las Barcas – Alluvione del 15 ottobre 1957
Nel
1479 la nuova gilda dei velluters (corporazione dei tessitori) emise le prime
ordinanze sulla professione che furono approvate dal Consiglio Municipale e ratificate
dal re Ferdinando il Cattolico. Una serie di ordinanze che regolamentavano la
professione dei velluters e nello stesso tempo ponevano fine all’assenza di
controlli sulla fabbricazione dei tessuti di seta.Naturalmente,
data l’importanza dell’attività professionale e il numero di artigiani, ben
presto la gilda divenne una delle più importanti della città.Le
regole che stabilì la gilda dei velluters erano numerose: la durata
dell’apprendistato e la prova d’esame, il controllo sulla qualità del tessuto,
le tipologie di fibre che potevano essere usate per il confezionamento dei
tessuti e quelle che non potevano essere adoperate perché non adatte.Una
importanza della gilda tessile che aumentò nel tempo tanto che Carlo III
concesse nel 1686 l’importante titolo di “Collegio della Grande Arte della
Seta”, elevando il rango della gilda dei tessitori di velluto alla categoria di
Collegio Professionale e la relativa lavorazione della seta a “Grande Arte”.In
quel periodo c’erano circa 2000 laboratori
con molti maestri italiani. Per diventare maestro era necessario un
corso di 5 anni.Molte
gilde di varie professioni nel corso del tempo acquistarono una loro importanza
anche economica e quella dei velluters fu una di esse.Nel
1494 la gilda dei velluters comprò una casa nell’attuale Via del Hospital che
diventerà la futura sede del Collegio della Grade Arte della Seta. Una casa
posta in un ambiente in cui stavano sorgendo molti laboratori e vicina alla
chiesa e convento di Sant’Agostino che era il luogo in cui la primitiva
confraternita celebrava le messe. La zona diventò il centro importante
d’incontro collettivo di artigiani.
5. Museo della Seta – Collegio
Del Arte Mayor De La SetaSi
tratta di un edificio gotico di cui rimangono
importante tracce artistiche al suo interno come la bella scala a
chiocciola realizzata dall’architetto Pere Compte. Il Colleggio nel corso del
tempo fu soggetto a vari restauri tra cui quello più importante fu realizzato
verso la metà del XVIII secolo che trasformò l’edificio in stile barocco. La
facciata presenta un ingresso costituito da un bell’arco in pietra, sormontato
dal cappello cardinalizio e da un altorilievo
che raffigura San Geronimo e che è attribuito a Ignacio Vergara.
L’edificio prima
degli ultimi restauri
Il
Collegio è oggi sede del Museo della Seta e la sua visita immerge in
un’atmosfera d’altri tempi. I locali si susseguono secondo la primitiva
ubicazione e il restauro ha anche mantenuto i pavimenti originari. Dopo aver
superato la biglietteria, sulla destra si trova un pannello con un breve cenno
su quelle che erano le rotte commerciali della seta. Un commercio che veniva dall’Oriente
e dall’Italia.
Da notare evidenziate in giallo le zone
produttrici di seta.
La Sicilia… Regno
di Sicilia, aveva già una sua consolidata importanza
nella produzione
della seta (anche la Calabria era conosciuta
nella
fabbricazione della seta con Catanzaro).
Seta che arrivava
a Genova dove i mercanti la commerciavano all’estero.
In
fondo alla sala si trova la ricostruzione di un allevamento di bachi da seta in
casa. Sono presenti anche delle noci,
bacche, gusci di molluschi da cui si estraevano le sostanze necessarie per la
colorazione dei fili di seta.
Sulla
parete di destra sono esposti degli stampi in legno che venivano usati per
decorare il tessuto.
Nella
stanza seguente si trovano dei pannelli floreali. In questa sala viene
ricostruita la nascita del Collegio grazie agli artigiani genovesi. Un video
mostra i restauri che furono eseguiti nella struttura.
In
una vetrina sono esposti alcuni abiti
della prima moda francese quando s’incominciarono ad usare le sete e il
damasco per gli abiti maschili e femminili.
Ritornati
nell’atrio si trovano due scale. Quella di sinistra sale all’importante
archivio del Collegio dove sono conservati testi, documenti … un archivio che è
considerato uno dei più importanti d’Europa. I testi riguardano la produzione e
lavorazione della seta con elencati i materiali, i prezziari, i nomi dei
commercianti, le rotte commerciale, ecc.
La
scala di destra conduce invece alle bellissime sale del Collegio.
CAPPELLA
DI SAN GERONIMO
Subito
a destra si entra nella cappella di San Geronimo, protettore dei setaioli e dei
velluters.
Il
pavimento è a losanghe mentre nella parete di fondo si trova l’altare.
Nella
parete opposta anni fa fu scoperta una scala che rimase segreta per centinaia d’anni.
Non si conoscono i motivi di questa chiusura.
Alla
base del pavimento antico si trovano alcune mattonelle in ceramica che recano
lo stemma del Collegio. Nella cappella sono esposti alcuni paramenti sacri in
seta.
SALA
DE LA POMETA
Dopo la cappella s’entra nella Sala de La
Pometas (Sala delle mele). Una denominazione
legata alle ceramiche del pavimento che raffigurano dei bellissimi
grappoli di mele. In questa sala si riuniva il Collegio per certificare come
“Valenciana” la seta prodotta nella città. Nella sala sono presenti dei pannelli
espositivi e bellissimi abiti di seta
SALA
DE LA FAMA
La
sala si trova in fondo al corridoio. Presenta un pavimento in ceramica con la
raffigurazione di una donna alata che rappresenta il prestigio, la "fama" del
Collegio raggiunta nel XVIII secolo.
Il
pavimento di ceramica ha una dimensione di (9 x 19) m e presenta al centro la
“Fama”, la donna alata, mentre ai quattro angoli una figura femminile su un carro tirato da
animali allegorici. Nei quattro angoli sarebbero raffigurati i quattro continenti allora conosciuti (Europa,
Asia, Africa e America).
In
questa sala si svolgono le esposizioni organizzate dal Museo.
SALA
DE LAS ARTES MENORES
Dopo
la Sala della Fama si entra in quella delle Arti Minori dove sono esposti varie
passamanerie create all’epoca. Degno di nota è anche il pavimento con le sue
ceramiche originali.
Ritornati
al piano terra si accede alla sala dei telai ancora funzionanti.
Quando
visitai il Museo vidi un signore al telaio
lavorare per la creazione della trama. Probabilmente era uno degli ultimi straordinari “velluters” valenciani.
6.
La Produzione di Seta a Valencia dal 1520 – La Ribellione dei “Germanies” con la
gilda dei “velluters” in evidenza
Nel
1520 a Valencia c’erano circa 400 maestri serici e più di 1200 telai. Era
l’attività artigianale più diffusa ed impegnava un numero di lavoratori
superiore a qualsiasi altra attività.
Acquistò
anche una sua funzione politica perché durante la ribellione delle Germanies,
gli artigiani serici si ribellarono alla nobiltà e all’oligarchia municipale.
La
ribellione delle Germanies fu un conflitto che ebbe origine nel Regno di
Valencia all’inizio della salita al trono di Carlo V d’Asburgo (Carlo I di
Spagna) fra il 1519 ed il 1523. La
ribellione determinò alcuni mutamenti nella scena politica e sociale valenciana
con la perdita di potere della nobiltà ed una forte riduzione dei diritti del
popolo valenciano. Si trattò di una
delle prime e numerose manifestazioni contro il feudalesimo come la Jacqueries
francese, la rivolta dei ciompi in Italia nel 1379, la rivolta degl’irmandinos
in Galizia nel 1467 o la rivolta dei
comuneros in Castiglia nel 1520.
Gli
artigiani del Regno di Valencia avevano ottenuto, durante il Regno di
Ferdinando II d’Aragona, il privilegio di formare delle milizie per lottare
contro le flotte barbaresche che minacciavano i loro commerci.
Nel
1519 Carlo I approvò queste milizie che erano comandate da Joan Llorenc.
Il
periodo in questione non era dei più semplici. La nobiltà valenciana era
fuggita dalla città a causa della peste del 1519 lasciando campo aperto in
città alla classe medio borghese e alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri
che s’impossessarono del governo municipale formando una “Junta dei 13”.
Una
Junta, formata da un rappresentate di ciascuna corporazione, che doveva amministrare, dirigere la capitale
valenciana.
In
quel periodo Carlo I si trovava ad Aquisgrana per preparare la sua
incoronazione ad imperatore. L’unica decisione presa dal suo reggente, Adriano
d’Utrecht (futuro papa Adriano IV), fu quella d’ordinare ai rivoltosi l’immediata
consegna delle armi. Un ordine che non fu ascoltato.
La
Junta provò ad instaurare un sistema che proibiva il lavoro libero e quando morì
il suo capo Joan Llorenc, gli subentrò un tessitore “fabbricante di velluto”,
Vicent Peris che permise l’ingresso nelle milizie di giovani molto radicali.
Il
movimento subì una forte radicalizzazione a tal punto che si verificarono dei
terribili episodi come l’assalto e l’incendio del quartiere moro di Valencia i
cui abitanti erano stati accusati di collaborare con i nobili.
La
rivolta antinobiliare si propagò a macchia d’olio giungendo nelle campagne,
dove le fattorie dei nobili furono devastate dai rivoltosi, ed anche nei
villaggi e altri centri urbani del regno dove si formarono delle giunte
rivoluzionarie.
Il
vice-re di Valencia, Diego Hurtado de Mendoza, fu costretto ad abbandonare la
città per rifugiarsi prima a Dènia e poi a Peniscola dove prese il comando
delle compagnie militari reali.
Si
formarono due forti punti di resistenza: uno al nord che era capitanato da
Alfonso d’Aragona, duca di Segoprbe, l’altro a Sud guidato dallo stesso
vice-re Diego Hurtado.
Gli “agermanats”, guidati da Jaime Ros, furono
sconfitti il 18 luglio 1521 dal duca di Segorbe ad Almenara e il 20 agosto 1521
ad Orihuela.
Tra
le due sconfitte c’era stata, il 25 luglio, unna vittoria dei rivoltosi di
Vicent Peris sull’esercito del vice-re a Biar.
Il
movimento rivoluzionario perse la sua unità perché sorsero delle discordie interne
e le azioni militari successive videro sempre la sconfitta dei rivoluzionari.
Il
18 febbraio 1522 ci fu un ultimo disperato tentativo da parte di Vicent Peris
che s’introdusse a Valencia chiamando a raccolta i sostenitori in casa propria.
Nacque un duro scontro armato che durò tutta la notte nelle strade di Valencia
mentre alcuni soldati regi bruciarono la casa del Peris. Alla fine Vicent Peris
si arrese al capitano Diego Ladròn de Guevara e il 3 marzo 1522 le truppe di
Carlo I entrarono definitivamente a Valencia. Vincent Peris e alcuni suoi
compagni furono giustiziati (Via Baron de Carcer). Solamente le città di Xativa
ed Alzira restarono sotto il controllo dei rivoltosi “agermanats”. La nuova
ribellione scoppiò su ordine di un
misterioso personaggio conosciuto con il nome di “L’Encobert” che diceva di
essere l’infante Giovanni, figlio dei re Cattolici (Isabella di Castiglia e
Ferdinando II d’Aragona).
L’Encobert
fu assassinato a Burjassot il 18 maggio 1522 per mano di due suoi seguaci che
erano stato “comprati” con una forte somma di denaro da parte del vicerè.
Seguirà la caduta di Xàtiva e di Alzira che decreterà la definitiva sconfitta
degli agermanats. Germana de Foix fu nominata vice-regina di Valencia e
governò con fermezza fino alla sua morte
nel 1538.
Germana de Foix (
1490?; Lliria, 15 ottobre 1536)
(Regina Consorte
d’Aragona, Sardegna, Majorca, Napoli, Sicilia e
Valenzia; Contessa
Consorte di Barcellona)
(Artista: Anonimo;
Olio su tela; Musure: (102 x 176) cm
Museo delle Belle
Arti di Valencia)
Decorazione su
fontana
Viver, Alto
Palancia (Castellon)
Ferdinando
d’Aragona, Duca di Calabria
(Andria, 15
dicembre 1488; Valencia, 26 ottobre 1550)
Era il figlio
primogenito del re Federico I di Napoli e di Isabella del Balzo e
quindi erede al
trono di Napoli.
Nel 1501 le truppe
di Luigi XII di Francia e di Ferdinando il Cattolico occuparono
il Regno di Napoli
nel 1499-1504.
Il giovane
Ferdinando si trovava a Taranto che fu assediata dalle forze spagnole
comandate da
Gonzalo Fernandez de Cordoba. Durante l’assedio gli fu assicurata la
libertà dopo la
resa della città. Presa la città, Ferdinando fu arrestato e portato in
Spagna dove rimase
sotto la tutela dei sovrano spagnoli per oltre un ventennio.
Nel 1526 sposò
Germana de Foix, vedova del re
d’Aragona, e
diventò vicerè di Valencia.
Rimasto vedovo si risposò con
Mencia de Mendoza
e quanto morì nel 1550 lasciò i suoi beni al monastero
di San Miquel de
Los Reyes, tra cui una voluminosa e importante biblioteca.
Fu sepolto nel
monastero insieme alla prima moglie Germana de Foix.
Organizzò
con il marito, il Duca di Calabria (Ferdinando d’Aragona), una piccola e
brillante corte soprattutto per la musica e il teatro. Alcune fonti citarono
l’esecuzione di ben 800 condanne a morte che furono eseguite nel corso dei vari
anni. Secondo altre fonti le rappresaglie erano costituite da confische e
multe, specialmente contro le corporazioni, e raramente si manifestarono delle
condanne a morte.Il
23 dicembre 1524 la reggente di Valencia accordò un’amnistia per i “perayres”
con un documento ufficiale che viene considerato uno dei primi testi redatto in
spagnolo nel Regno di Valencia.Questo
fa ritenere che la sconfitta degli agermanats fu una delle cause
dell’imposizione di questa lingua come rappresaglia supplementare contro gli
sconfitti. La pacificazione effettiva del territorio avvenne nel 1528 quando il
re accordò un perdono generale.La
produzione della seta riprese con vigoria dopo la ribellione con la produzione
e l’esportazione sebbene la politica fiscale e il contrabbando ostacolarono
l’attività nella seconda metà del XVI secolo.
7.
La Ripresa della Produzione di Seta
Il
maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto
di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era
simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione
sociale.
Valencia nel XVIII secolo era il centro più importante
della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza delle seterie di Toledo che facevano
concorrenza.
La
Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla
produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio
che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo
la guerra di successione la politica a
favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a
Filippo V.
Tra
il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero
dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la
soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni
della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il consolidamento del commercio con l’America
stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il
valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti
produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva
studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di
perfezionamento dei moirè, un tipo di
tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare
le acque ai tessuti.
(Il
moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di
cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato o fluttuante. grazie ai motivi geometrici
formati dalla struttura dello stesso tessuto).
moirè
Nel
1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e
grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo
dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta
Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice
della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi
europei.
Si
favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove
si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la
coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura
veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della
piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si
realizzavano nei laboratori della città
dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio
del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti
economici sociali e tecnici crearono
nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi
tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la
Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel
commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di
qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di
Vinalesa o di Patraix.
L’industria
di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima fabbrica valenciana ad utilizzare la forza
motrice dell’acqua dellaReal Acequìa di
Moncada.
Nell’anno
1836 santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario
della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima
macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente
l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle
sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il
predominio di nuovi tessuti come il cotone,
causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel
1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei
Velluters.
Il
21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti
all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro,
migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in
un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La
convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò
due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono
stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste
della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di
Valencia.
Le
associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale
per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere
partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi
striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono
un rogo.
Ogni
anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione
della seta che ha il suo emblema nella
Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.
8.
La Loggia (Borsa) della Seta
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9. Gli Antichi Laboratori e il
Lavoro Femminile
I laboratori, di qualsiasi
professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri,
spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli
apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le
ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai
per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli
operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al
maestro, alla moglie ed ai figli.L’apprendista doveva seguire un
periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal
maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della
sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un
salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.Terminato il periodo di formazione
si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente
erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al
prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio
sempre dopo aver superato l’esame di maestranza. Il lavoro femminile era fondamentale
nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi
corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei
laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare
nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.Le donne e i bambini avevano un ruolo importante nell’attività iniziali costituite dall’allevamento del baco
da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la
tintura e il confezionamento tessile.
Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali.
Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al
mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le
proprie entrate economiche.Maria Ines Pomares fu un impiegata
serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del
Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco
Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di
stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo
modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile
distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al
tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la
filatura della canapa permetteva di
provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.
10. La Seta oggi….
Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a
sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni
tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche,
continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di
queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.
L’antica fabbrica Garin è un edificio industriale costituito da due
capannoni e una casa. Un attività che ha ben 290 anni di vita. Presenta una
collezione di oltre 7000 oggetti d’inventario tra cui undici telai Jacquard del
XIX secolo oltre ad un macchinario della stessa epoca. Gli interni ospitano più
di 3000 unità di tessuto con soprarizzi (tipo di velluto eseguito in ricco e
taglio inserendo due ferri), tessuti spoliati, rilievi, ricami e un migliaio di
progetti su carta, circa 1000 bozzetti e documenti risalenti al XVIII secolo.
Ancora oggi qualche telaio a Valencia continua il suo antico lavoro. Fino
ad un paio d’anni fa nel quartiere Carmen di Valencia c’era la famiglia March,
antichi artigiani della seta, che conservano ancora un telaio di seta Jacquard
sul suo luogo originario e con gli utensili propri dell’attività serica così
come molti campioni di tessuti.
La seta negli abiti valenciani sopravvive in
occasione delle feste cittadine come la festa delle Fallas di San Josè, una
delle più importanti della città.
Nella festività si possono vedere
indossati i bellissimi vestiti tradizionali della regione.
Abiti che vengono confezionati
principalmente in seta e quelli indossati dalle donne (falleras) sono molto
eleganti.
Las Fallas di San Josè si celebrano
nelle prime settimane di marzo e la città viene riempita di sculture di cartone
(ninots) che rappresentano in modo satirico la realtà. La festa si conclude
nella notte del 19 marzo con l’incendio (crema) della maggior parte di questi
monumenti effimeri.
.................................................
Lavorazione della seta
nell'arte.
"Ragazza all'aspo",
in tedesco "Mädchen an der Haspel", è il titolo del quadro del
pittore svizzero Albert Anker datato 1892. Il quadro mostra la fase di
"incannatura" che consisteva nell'avvolgimento del filo di seta
dall'aspo, dove era la matassa, al rocchetto.
Riccardo Pasquini
Dipinto datato:
1880/89
Materia e Tecnica:
Olio su cartone
,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,
Si tratta di un edificio gotico di cui rimangono importante tracce artistiche al suo interno come la bella scala a chiocciola realizzata dall’architetto Pere Compte. Il Colleggio nel corso del tempo fu soggetto a vari restauri tra cui quello più importante fu realizzato verso la metà del XVIII secolo che trasformò l’edificio in stile barocco. La facciata presenta un ingresso costituito da un bell’arco in pietra, sormontato dal cappello cardinalizio e da un altorilievo che raffigura San Geronimo e che è attribuito a Ignacio Vergara.
L’edificio prima
degli ultimi restauri
Da notare evidenziate in giallo le zone
produttrici di seta.
La Sicilia… Regno
di Sicilia, aveva già una sua consolidata importanza
nella produzione
della seta (anche la Calabria era conosciuta
nella
fabbricazione della seta con Catanzaro).
Seta che arrivava
a Genova dove i mercanti la commerciavano all’estero.
In
fondo alla sala si trova la ricostruzione di un allevamento di bachi da seta in
casa. Sono presenti anche delle noci,
bacche, gusci di molluschi da cui si estraevano le sostanze necessarie per la
colorazione dei fili di seta.
In
una vetrina sono esposti alcuni abiti
della prima moda francese quando s’incominciarono ad usare le sete e il
damasco per gli abiti maschili e femminili.
Ritornati
nell’atrio si trovano due scale. Quella di sinistra sale all’importante
archivio del Collegio dove sono conservati testi, documenti … un archivio che è
considerato uno dei più importanti d’Europa. I testi riguardano la produzione e
lavorazione della seta con elencati i materiali, i prezziari, i nomi dei
commercianti, le rotte commerciale, ecc.
La
scala di destra conduce invece alle bellissime sale del Collegio.
CAPPELLA
DI SAN GERONIMO
Subito
a destra si entra nella cappella di San Geronimo, protettore dei setaioli e dei
velluters.
Il
pavimento è a losanghe mentre nella parete di fondo si trova l’altare.
Nella
parete opposta anni fa fu scoperta una scala che rimase segreta per centinaia d’anni.
Non si conoscono i motivi di questa chiusura.
Alla
base del pavimento antico si trovano alcune mattonelle in ceramica che recano
lo stemma del Collegio. Nella cappella sono esposti alcuni paramenti sacri in
seta.
SALA
DE LA POMETA
Dopo la cappella s’entra nella Sala de La
Pometas (Sala delle mele). Una denominazione
legata alle ceramiche del pavimento che raffigurano dei bellissimi
grappoli di mele. In questa sala si riuniva il Collegio per certificare come
“Valenciana” la seta prodotta nella città. Nella sala sono presenti dei pannelli
espositivi e bellissimi abiti di seta
SALA DE LA FAMA
La sala si trova in fondo al corridoio. Presenta un pavimento in ceramica con la raffigurazione di una donna alata che rappresenta il prestigio, la "fama" del Collegio raggiunta nel XVIII secolo.
Il
pavimento di ceramica ha una dimensione di (9 x 19) m e presenta al centro la
“Fama”, la donna alata, mentre ai quattro angoli una figura femminile su un carro tirato da
animali allegorici. Nei quattro angoli sarebbero raffigurati i quattro continenti allora conosciuti (Europa,
Asia, Africa e America).
In
questa sala si svolgono le esposizioni organizzate dal Museo.
SALA
DE LAS ARTES MENORES
Dopo
la Sala della Fama si entra in quella delle Arti Minori dove sono esposti varie
passamanerie create all’epoca. Degno di nota è anche il pavimento con le sue
ceramiche originali.
Quando visitai il Museo vidi un signore al telaio lavorare per la creazione della trama. Probabilmente era uno degli ultimi straordinari “velluters” valenciani.
6.
La Produzione di Seta a Valencia dal 1520 – La Ribellione dei “Germanies” con la
gilda dei “velluters” in evidenza
Nel
1520 a Valencia c’erano circa 400 maestri serici e più di 1200 telai. Era
l’attività artigianale più diffusa ed impegnava un numero di lavoratori
superiore a qualsiasi altra attività.
Acquistò
anche una sua funzione politica perché durante la ribellione delle Germanies,
gli artigiani serici si ribellarono alla nobiltà e all’oligarchia municipale.
La
ribellione delle Germanies fu un conflitto che ebbe origine nel Regno di
Valencia all’inizio della salita al trono di Carlo V d’Asburgo (Carlo I di
Spagna) fra il 1519 ed il 1523. La
ribellione determinò alcuni mutamenti nella scena politica e sociale valenciana
con la perdita di potere della nobiltà ed una forte riduzione dei diritti del
popolo valenciano. Si trattò di una
delle prime e numerose manifestazioni contro il feudalesimo come la Jacqueries
francese, la rivolta dei ciompi in Italia nel 1379, la rivolta degl’irmandinos
in Galizia nel 1467 o la rivolta dei
comuneros in Castiglia nel 1520.
Gli
artigiani del Regno di Valencia avevano ottenuto, durante il Regno di
Ferdinando II d’Aragona, il privilegio di formare delle milizie per lottare
contro le flotte barbaresche che minacciavano i loro commerci.
Nel
1519 Carlo I approvò queste milizie che erano comandate da Joan Llorenc.
Il
periodo in questione non era dei più semplici. La nobiltà valenciana era
fuggita dalla città a causa della peste del 1519 lasciando campo aperto in
città alla classe medio borghese e alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri
che s’impossessarono del governo municipale formando una “Junta dei 13”.
Una
Junta, formata da un rappresentate di ciascuna corporazione, che doveva amministrare, dirigere la capitale
valenciana.
In
quel periodo Carlo I si trovava ad Aquisgrana per preparare la sua
incoronazione ad imperatore. L’unica decisione presa dal suo reggente, Adriano
d’Utrecht (futuro papa Adriano IV), fu quella d’ordinare ai rivoltosi l’immediata
consegna delle armi. Un ordine che non fu ascoltato.
La
Junta provò ad instaurare un sistema che proibiva il lavoro libero e quando morì
il suo capo Joan Llorenc, gli subentrò un tessitore “fabbricante di velluto”,
Vicent Peris che permise l’ingresso nelle milizie di giovani molto radicali.
Il
movimento subì una forte radicalizzazione a tal punto che si verificarono dei
terribili episodi come l’assalto e l’incendio del quartiere moro di Valencia i
cui abitanti erano stati accusati di collaborare con i nobili.
La
rivolta antinobiliare si propagò a macchia d’olio giungendo nelle campagne,
dove le fattorie dei nobili furono devastate dai rivoltosi, ed anche nei
villaggi e altri centri urbani del regno dove si formarono delle giunte
rivoluzionarie.
Il
vice-re di Valencia, Diego Hurtado de Mendoza, fu costretto ad abbandonare la
città per rifugiarsi prima a Dènia e poi a Peniscola dove prese il comando
delle compagnie militari reali.
Si
formarono due forti punti di resistenza: uno al nord che era capitanato da
Alfonso d’Aragona, duca di Segoprbe, l’altro a Sud guidato dallo stesso
vice-re Diego Hurtado.
Gli “agermanats”, guidati da Jaime Ros, furono
sconfitti il 18 luglio 1521 dal duca di Segorbe ad Almenara e il 20 agosto 1521
ad Orihuela.
Tra
le due sconfitte c’era stata, il 25 luglio, unna vittoria dei rivoltosi di
Vicent Peris sull’esercito del vice-re a Biar.
Il
movimento rivoluzionario perse la sua unità perché sorsero delle discordie interne
e le azioni militari successive videro sempre la sconfitta dei rivoluzionari.
Il
18 febbraio 1522 ci fu un ultimo disperato tentativo da parte di Vicent Peris
che s’introdusse a Valencia chiamando a raccolta i sostenitori in casa propria.
Nacque un duro scontro armato che durò tutta la notte nelle strade di Valencia
mentre alcuni soldati regi bruciarono la casa del Peris. Alla fine Vicent Peris
si arrese al capitano Diego Ladròn de Guevara e il 3 marzo 1522 le truppe di
Carlo I entrarono definitivamente a Valencia. Vincent Peris e alcuni suoi
compagni furono giustiziati (Via Baron de Carcer). Solamente le città di Xativa
ed Alzira restarono sotto il controllo dei rivoltosi “agermanats”. La nuova
ribellione scoppiò su ordine di un
misterioso personaggio conosciuto con il nome di “L’Encobert” che diceva di
essere l’infante Giovanni, figlio dei re Cattolici (Isabella di Castiglia e
Ferdinando II d’Aragona).
L’Encobert
fu assassinato a Burjassot il 18 maggio 1522 per mano di due suoi seguaci che
erano stato “comprati” con una forte somma di denaro da parte del vicerè.
Seguirà la caduta di Xàtiva e di Alzira che decreterà la definitiva sconfitta
degli agermanats. Germana de Foix fu nominata vice-regina di Valencia e
governò con fermezza fino alla sua morte
nel 1538.
Germana de Foix (
1490?; Lliria, 15 ottobre 1536)
(Regina Consorte
d’Aragona, Sardegna, Majorca, Napoli, Sicilia e
Valenzia; Contessa
Consorte di Barcellona)
(Artista: Anonimo;
Olio su tela; Musure: (102 x 176) cm
Museo delle Belle
Arti di Valencia)
Decorazione su
fontana
Viver, Alto
Palancia (Castellon)
Ferdinando
d’Aragona, Duca di Calabria
(Andria, 15
dicembre 1488; Valencia, 26 ottobre 1550)
Era il figlio
primogenito del re Federico I di Napoli e di Isabella del Balzo e
quindi erede al
trono di Napoli.
Nel 1501 le truppe
di Luigi XII di Francia e di Ferdinando il Cattolico occuparono
il Regno di Napoli
nel 1499-1504.
Il giovane
Ferdinando si trovava a Taranto che fu assediata dalle forze spagnole
comandate da
Gonzalo Fernandez de Cordoba. Durante l’assedio gli fu assicurata la
libertà dopo la
resa della città. Presa la città, Ferdinando fu arrestato e portato in
Spagna dove rimase
sotto la tutela dei sovrano spagnoli per oltre un ventennio.
Nel 1526 sposò
Germana de Foix, vedova del re
d’Aragona, e
diventò vicerè di Valencia.
Rimasto vedovo si risposò con
Mencia de Mendoza
e quanto morì nel 1550 lasciò i suoi beni al monastero
di San Miquel de
Los Reyes, tra cui una voluminosa e importante biblioteca.
Fu sepolto nel
monastero insieme alla prima moglie Germana de Foix.
Organizzò
con il marito, il Duca di Calabria (Ferdinando d’Aragona), una piccola e
brillante corte soprattutto per la musica e il teatro. Alcune fonti citarono
l’esecuzione di ben 800 condanne a morte che furono eseguite nel corso dei vari
anni. Secondo altre fonti le rappresaglie erano costituite da confische e
multe, specialmente contro le corporazioni, e raramente si manifestarono delle
condanne a morte.Il
23 dicembre 1524 la reggente di Valencia accordò un’amnistia per i “perayres”
con un documento ufficiale che viene considerato uno dei primi testi redatto in
spagnolo nel Regno di Valencia.Questo
fa ritenere che la sconfitta degli agermanats fu una delle cause
dell’imposizione di questa lingua come rappresaglia supplementare contro gli
sconfitti. La pacificazione effettiva del territorio avvenne nel 1528 quando il
re accordò un perdono generale.La
produzione della seta riprese con vigoria dopo la ribellione con la produzione
e l’esportazione sebbene la politica fiscale e il contrabbando ostacolarono
l’attività nella seconda metà del XVI secolo.
7.
La Ripresa della Produzione di Seta
Il
maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto
di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era
simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione
sociale.
Valencia nel XVIII secolo era il centro più importante
della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza delle seterie di Toledo che facevano
concorrenza.
La
Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla
produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio
che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo
la guerra di successione la politica a
favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a
Filippo V.
Tra
il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero
dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la
soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni
della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il consolidamento del commercio con l’America
stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il
valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti
produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva
studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di
perfezionamento dei moirè, un tipo di
tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare
le acque ai tessuti.
(Il
moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di
cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato o fluttuante. grazie ai motivi geometrici
formati dalla struttura dello stesso tessuto).
moirè
Nel
1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e
grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo
dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta
Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice
della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi
europei.
Si
favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove
si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la
coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura
veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della
piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si
realizzavano nei laboratori della città
dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio
del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti
economici sociali e tecnici crearono
nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi
tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la
Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel
commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di
qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di
Vinalesa o di Patraix.
L’industria
di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima fabbrica valenciana ad utilizzare la forza
motrice dell’acqua dellaReal Acequìa di
Moncada.
Nell’anno
1836 santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario
della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima
macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente
l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle
sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il
predominio di nuovi tessuti come il cotone,
causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel
1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei
Velluters.
Il
21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti
all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro,
migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in
un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La
convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò
due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono
stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste
della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di
Valencia.
Le
associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale
per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere
partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi
striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono
un rogo.
Ogni
anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione
della seta che ha il suo emblema nella
Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.
8.
La Loggia (Borsa) della Seta
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9. Gli Antichi Laboratori e il
Lavoro Femminile
I laboratori, di qualsiasi
professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri,
spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli
apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le
ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai
per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli
operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al
maestro, alla moglie ed ai figli.L’apprendista doveva seguire un
periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal
maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della
sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un
salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.Terminato il periodo di formazione
si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente
erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al
prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio
sempre dopo aver superato l’esame di maestranza. Il lavoro femminile era fondamentale
nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi
corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei
laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare
nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.Le donne e i bambini avevano un ruolo importante nell’attività iniziali costituite dall’allevamento del baco
da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la
tintura e il confezionamento tessile.
Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali.
Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al
mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le
proprie entrate economiche.Maria Ines Pomares fu un impiegata
serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del
Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco
Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di
stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo
modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile
distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al
tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la
filatura della canapa permetteva di
provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.
10. La Seta oggi….
Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a
sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni
tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche,
continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di
queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.
7.
La Ripresa della Produzione di Seta
Il
maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto
di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era
simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione
sociale.
Valencia nel XVIII secolo era il centro più importante
della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza delle seterie di Toledo che facevano
concorrenza.
La
Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla
produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio
che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo
la guerra di successione la politica a
favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a
Filippo V.
Tra
il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero
dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la
soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni
della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il consolidamento del commercio con l’America
stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il
valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti
produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva
studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di
perfezionamento dei moirè, un tipo di
tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare
le acque ai tessuti.
(Il
moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di
cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato o fluttuante. grazie ai motivi geometrici
formati dalla struttura dello stesso tessuto).
Nel
1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e
grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo
dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta
Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice
della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi
europei.
Si
favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove
si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la
coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura
veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della
piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si
realizzavano nei laboratori della città
dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio
del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti
economici sociali e tecnici crearono
nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi
tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la
Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel
commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di
qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di
Vinalesa o di Patraix.
L’industria
di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima fabbrica valenciana ad utilizzare la forza
motrice dell’acqua dellaReal Acequìa di
Moncada.
Nell’anno
1836 santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario
della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima
macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente
l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle
sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il
predominio di nuovi tessuti come il cotone,
causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel
1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei
Velluters.
Il
21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti
all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro,
migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in
un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La
convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò
due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono
stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste
della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di
Valencia.
Le
associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale
per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere
partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi
striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono
un rogo.
Ogni
anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione
della seta che ha il suo emblema nella
Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.
8.
La Loggia (Borsa) della Seta
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9. Gli Antichi Laboratori e il
Lavoro Femminile
I laboratori, di qualsiasi
professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri,
spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli
apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le
ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai
per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli
operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al
maestro, alla moglie ed ai figli.L’apprendista doveva seguire un
periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal
maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della
sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un
salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.Terminato il periodo di formazione
si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente
erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al
prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio
sempre dopo aver superato l’esame di maestranza. Il lavoro femminile era fondamentale
nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi
corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei
laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare
nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.Le donne e i bambini avevano un ruolo importante nell’attività iniziali costituite dall’allevamento del baco
da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la
tintura e il confezionamento tessile.
Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali.
Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al
mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le
proprie entrate economiche.Maria Ines Pomares fu un impiegata
serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del
Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco
Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di
stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo
modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile
distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al
tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la
filatura della canapa permetteva di
provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.
10. La Seta oggi….
Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a
sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni
tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche,
continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di
queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.
Ancora oggi qualche telaio a Valencia continua il suo antico lavoro. Fino ad un paio d’anni fa nel quartiere Carmen di Valencia c’era la famiglia March, antichi artigiani della seta, che conservano ancora un telaio di seta Jacquard sul suo luogo originario e con gli utensili propri dell’attività serica così come molti campioni di tessuti.
La seta negli abiti valenciani sopravvive in occasione delle feste cittadine come la festa delle Fallas di San Josè, una delle più importanti della città.
Nella festività si possono vedere indossati i bellissimi vestiti tradizionali della regione.
Abiti che vengono confezionati principalmente in seta e quelli indossati dalle donne (falleras) sono molto eleganti.
Las Fallas di San Josè si celebrano nelle prime settimane di marzo e la città viene riempita di sculture di cartone (ninots) che rappresentano in modo satirico la realtà. La festa si conclude nella notte del 19 marzo con l’incendio (crema) della maggior parte di questi monumenti effimeri.
Lavorazione della seta
nell'arte.
"Ragazza all'aspo",
in tedesco "Mädchen an der Haspel", è il titolo del quadro del
pittore svizzero Albert Anker datato 1892. Il quadro mostra la fase di
"incannatura" che consisteva nell'avvolgimento del filo di seta
dall'aspo, dove era la matassa, al rocchetto.
Riccardo Pasquini
Dipinto datato:
1880/89
Materia e Tecnica:
Olio su cartone
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