VALENCIA - LA LOGGIA DELLA SETA - LONJA DE LA SEDA - PATRIMONIO DELL'UMANITA'
…………………………
Fu dichiarato
Monumento Artistico Nazionale nel 1931
E
Patrimonio
dell’Umanità dal 7 Dicembre 1996
del periodo tardo gotico e illustrativo del potere e della ricchezza delle
grandi città
mercantili del Mediterraneo"
Indice:
1.
La Loggia della Seta ; La vecchia Loggia dell’Olio – Gli architetti – La Nuova Loggia – La pietra di Massarrojos;
2.
La facciata su
Piazza del Mercato; Le decorazioni – Una scena di stregoneria - Modulo dell’Inquisizione
di Valencia per l’interrogazione di un sodomita - La vicina città di Peniscola
e l’antipapa Benedetto XIII - A Firenze una strega gli predisse dei pericoli – Elementi
decorativi – Facciata del Padiglione del Consolato del Mar;
3.
La Facciata su Via Pere Compte;
4.
La Facciata posteriore su Via La Lonja;
5.
La Facciata su Via
Cordellats;
6.
La Sala delle Contrattazioni – Il Giardino o Patio
degli Aranci;
7.
La Cappella;
8.
La Torre e la scala a chiocciola;
9.
Il Padiglione del Consolato del Mar – Il seminterrato –
Piano Terra: Sala del Consolato
(Tribunale) – Primo Piano: Salone Principale – Secondo Piano;
10.
I Medaglioni;
11.
Le Gargoyles (doccioni);
12.
Gli Stemmi Araldici;
13.
Le diverse destinazioni d’uso della Loggia;
14.
I Segni dei Maestri Scalpellini;
15.
L’Ultima Scoperta nella facciata della Lonja: L’immagine
del re Alfonso il Magnanimo dentro l’elmo – Un proiettile nel muro del Patio
degli Aranci;
16.
Antiche Immagini della Lonja
…………………….
1. La Loggia della Seta; La Storia – La Vecchia Loggia dell’Olio - Gli architetti - La Nuova Loggia - La Pietra di Massarrojos
Un alto esempio dell’architettura civile gotica valenciana ed europea del tardo medioevo che si trova vicino ad un altro edificio emblematico della città: Il Mercato Centrale. (Mercato progettato dagli architetti Alejandro Soler March e Francisco Guardia nel 1914. I lavori furono completati nel 1928 dagli architetti Enrique Viedma e Angelo Romani).
Lonja
de la Seda o Lonja de los Mercaderes, chiamata dai
valenciani “ La Llotja de la Seda o Llotja dels
Mercaders”, prese il nome dalla parola italiana “loggia” (portico) perché sotto i
portici delle chiese e degli edifici pubblici i mercanti s’incontravano per
svolgere le loro transazioni al riparo dalle intemperie.
La Loggia de La Seta nel 1866
Nei pressi dell’attuale Loggia, in Plaza del Doctor Collado, esisteva all’inizio del XIV secolo un mercato conosciuto come “ Llotja de l’Oli” (Mercato dell’Olio) ed utilizzato per altre operazioni commerciali.
L’antica Loggia
dell’Olio
Piazza Doctor Collado
“La nobile città di Valencia accettò la mia eccellente fabbrica il 5
febbraio 1483”
Il grande complesso è diviso
in quattro parti:
-
La Sala dei Contratti;
-
La Torre;
-
Il Padiglione del Consolato;
-
Il Giardino.
La robusta e
severa Torre è posta al centro dell’edificio e ai lati si trovano il Padiglione
dei Contratti (o del Colonnato) e il
Padiglione del Consolato del Mar.
L’edificio occupa
una superficie di circa 2000 mq e presenta una pianta di (51,47 x 39,10) m
La facciata principale è sulla Plaza del Mercado (Ovest), la facciata posteriore su Calle de La Lonja (Est) mentre a sinistra dell’edificio c’è la via Codellats (Nord) e a destra una strada pedonale (Sud), a cui si accede grazie a delle scale, che prende il nome da Pere Compte ( chiamata anche “gradini della Lonja”). I primi due architetti che lavorano alla costruzione della loggia furono quindi Pere Compte e Johan Yvarra (nato a Guipuzcoa – Valencia). Yvarra alcuni anni dopo l’inizio dei lavori morì a Valencia il 5 novembre 1486. I due architetti firmarono un naturale contratto per l’eseuzione dei lavori della Loggia dove tra l’altro si specificava che avrebbero “lavorato a parità di condizioni”.
Pere Compte (?)(Originario di
Girona fu uno dei più grandi esponenti del gotico valenciano.Molte architetture
portano la sua firma come la cattedrale di Valencia e il monastero de San Jeronimo de Cotalba. Nello stesso
monasterorealizzò una
bellissima scala gotica quasi simile a quella del Collegio de LaGrande Arte de la
Seta Lavorò per la familia
Borja
Con la morte del
Yvarra l’architetto Compte rimase da solo nell’esecuzione dei lavori e alla suamorte, avvenuta nel 1506, fu nominato come esecutore dei lavori l’architetto
Johan Corbera,forse di origini valenciane.Il
Corbera fu affiancato da altri architetti: -
Miguel
de Maganya, nato nella città di Magana (Soria); -
Domingo
de Urtiaga che completò il pano
superiore del Padiglione del Consolato e mise i medaglioni sulle facciate. Era
nativo di Azpeitia (Guipizcoa) e nel 1534 fu nominato “maestro principale”
de La Lonja.Nella
costruzione della Loggia non bisogna dimenticare la grande professionalità dimostratada altre figure che collaborarono nell’esecuzione dei lavori.Johan
de Cordoba e Miquel Johan Porcar, oltre a numerose maestranze che nelle diverse
arti(falegnami, scultori, intagliatori di pietra, scalpellini, ecc.)
manifestarono la loroprofessionalità, diedero un notevole contributo alla
realizzazione della fantastica architettura.L’edificio
fu edificato in pietra di Massarrojos (località nei dintorni di València) e in molti
puntidella struttura è evidente il ricorso all’allora nascente stile
rinascimentale.
Con la morte del
Yvarra l’architetto Compte rimase da solo nell’esecuzione dei lavori e alla suamorte, avvenuta nel 1506, fu nominato come esecutore dei lavori l’architetto
Johan Corbera,forse di origini valenciane.Il
Corbera fu affiancato da altri architetti: -
Miguel
de Maganya, nato nella città di Magana (Soria); -
Domingo
de Urtiaga che completò il pano
superiore del Padiglione del Consolato e mise i medaglioni sulle facciate. Era
nativo di Azpeitia (Guipizcoa) e nel 1534 fu nominato “maestro principale”
de La Lonja.Nella
costruzione della Loggia non bisogna dimenticare la grande professionalità dimostratada altre figure che collaborarono nell’esecuzione dei lavori.Johan
de Cordoba e Miquel Johan Porcar, oltre a numerose maestranze che nelle diverse
arti(falegnami, scultori, intagliatori di pietra, scalpellini, ecc.)
manifestarono la loroprofessionalità, diedero un notevole contributo alla
realizzazione della fantastica architettura.L’edificio
fu edificato in pietra di Massarrojos (località nei dintorni di València) e in molti
puntidella struttura è evidente il ricorso all’allora nascente stile
rinascimentale.
Nel Dizionario “Madoz”
è riportato che a Massarrojos
“il terreno è un terreno
asciutto di prima qualità, con alberi di gelso..
Produce seta,
grano, masi, fagioli, fave e ortaggi; tiene le poche pecore…
…la maggior
parte degli abitanti lavora nelle cave che si trovano nel
suo territorio, la
cui industria si basa sulla grande quantità di pietra che
Valencia consuma
per i suoi edifici…335 anime….
Durante il XVIII
secolo l’attività principale era ancora l’estrazione della
pietra da
costruzione,
coltivazione del gelso per fornire l’industria della Seta.
Ceramiche Andaluse
furono trovate in una delle cave a testimonianza di
quest’antica
attività risalente al periodo Romano.
Nel Dizionario “Madoz”
è riportato che a Massarrojos
“il terreno è un terreno
asciutto di prima qualità, con alberi di gelso..
Produce seta,
grano, masi, fagioli, fave e ortaggi; tiene le poche pecore…
…la maggior
parte degli abitanti lavora nelle cave che si trovano nel
suo territorio, la
cui industria si basa sulla grande quantità di pietra che
Valencia consuma
per i suoi edifici…335 anime….
Durante il XVIII
secolo l’attività principale era ancora l’estrazione della
pietra da
costruzione,
coltivazione del gelso per fornire l’industria della Seta.
Ceramiche Andaluse
furono trovate in una delle cave a testimonianza di
quest’antica
attività risalente al periodo Romano.
Nel Dizionario “Madoz”
è riportato che a Massarrojos
“il terreno è un terreno
asciutto di prima qualità, con alberi di gelso..
Produce seta,
grano, masi, fagioli, fave e ortaggi; tiene le poche pecore…
…la maggior
parte degli abitanti lavora nelle cave che si trovano nel
suo territorio, la
cui industria si basa sulla grande quantità di pietra che
Valencia consuma
per i suoi edifici…335 anime….
Durante il XVIII
secolo l’attività principale era ancora l’estrazione della
pietra da
costruzione,
coltivazione del gelso per fornire l’industria della Seta.
Ceramiche Andaluse
furono trovate in una delle cave a testimonianza di
quest’antica
attività risalente al periodo Romano.
La festa di Massarrojos
il primo agosto
Dedicata ai Santi
patroni Abdò, Senent y Santa Bàrbara
……………….
La festa di Massarrojos
il primo agosto
Dedicata ai Santi
patroni Abdò, Senent y Santa Bàrbara
……………….
La festa di Massarrojos
il primo agosto
Dedicata ai Santi
patroni Abdò, Senent y Santa Bàrbara
……………….
Ricapitolando
le fasi di costruzione della Loggia seguirono la seguente cronologia:
La
Sala della Contrattazioni, costruita tra il 1482 ed il 1498 da Pere Compte e
Johan Yyarra, fino alla morte di quest’ultimo nel 1486. Completada da Pere
Compte.
Padiglione
del Consolato, primi due piani (seminterrato e piano terra), tra il 1498 ed il
1506 da Pere Compte, fino alla sua morte;
Padiglione
del Consolato, primo piano, tra il 1506 ed il 1533, Johan Corbera;
Padiglione
del Consolato, tra il 1533 ed il 1548, Domingo Urtiaga che completò l’edificio e realizzò i
medaglioni.
L’edificio
fu ultimato nel 1548.
Ricapitolando
le fasi di costruzione della Loggia seguirono la seguente cronologia:
La
Sala della Contrattazioni, costruita tra il 1482 ed il 1498 da Pere Compte e
Johan Yyarra, fino alla morte di quest’ultimo nel 1486. Completada da Pere
Compte.
Padiglione
del Consolato, primi due piani (seminterrato e piano terra), tra il 1498 ed il
1506 da Pere Compte, fino alla sua morte;
Padiglione
del Consolato, primo piano, tra il 1506 ed il 1533, Johan Corbera;
Padiglione
del Consolato, tra il 1533 ed il 1548, Domingo Urtiaga che completò l’edificio e realizzò i
medaglioni.
L’edificio
fu ultimato nel 1548.
Ricapitolando
le fasi di costruzione della Loggia seguirono la seguente cronologia:
La
Sala della Contrattazioni, costruita tra il 1482 ed il 1498 da Pere Compte e
Johan Yyarra, fino alla morte di quest’ultimo nel 1486. Completada da Pere
Compte.
Padiglione
del Consolato, primi due piani (seminterrato e piano terra), tra il 1498 ed il
1506 da Pere Compte, fino alla sua morte;
Padiglione
del Consolato, primo piano, tra il 1506 ed il 1533, Johan Corbera;
Padiglione
del Consolato, tra il 1533 ed il 1548, Domingo Urtiaga che completò l’edificio e realizzò i
medaglioni.
L’edificio
fu ultimato nel 1548.
Nel
vertice della finestra di sinistra si trova un angelo che tiene in mano una
corona mentre inquella di destra un angelo tiene in mano lo stemma o scudo.Sopra
ogni finestra si trovano due angeli che sorreggono lo stemma della città di
Valencia mentre nella parte più alta dell’arco della porta si trova lo stemma
del Regno di Valencia.
Nel
vertice della finestra di sinistra si trova un angelo che tiene in mano una
corona mentre inquella di destra un angelo tiene in mano lo stemma o scudo.Sopra
ogni finestra si trovano due angeli che sorreggono lo stemma della città di
Valencia mentre nella parte più alta dell’arco della porta si trova lo stemma
del Regno di Valencia.
Nel
vertice della finestra di sinistra si trova un angelo che tiene in mano una
corona mentre inquella di destra un angelo tiene in mano lo stemma o scudo.Sopra
ogni finestra si trovano due angeli che sorreggono lo stemma della città di
Valencia mentre nella parte più alta dell’arco della porta si trova lo stemma
del Regno di Valencia.
Nel
vertice della finestra di sinistra si trova un angelo che tiene in mano una
corona mentre inquella di destra un angelo tiene in mano lo stemma o scudo.Sopra
ogni finestra si trovano due angeli che sorreggono lo stemma della città di
Valencia mentre nella parte più alta dell’arco della porta si trova lo stemma
del Regno di Valencia.
Sul
timpano del portone principale del palazzo è presente un altorilievo che
raffigura la Vergine con il Bambino. Ai lati delle figure due angeli che portano
dei riquadri con le iscrizioni:
Sul
timpano del portone principale del palazzo è presente un altorilievo che
raffigura la Vergine con il Bambino. Ai lati delle figure due angeli che portano
dei riquadri con le iscrizioni:
Sul
timpano del portone principale del palazzo è presente un altorilievo che
raffigura la Vergine con il Bambino. Ai lati delle figure due angeli che portano
dei riquadri con le iscrizioni:
Sul
timpano del portone principale del palazzo è presente un altorilievo che
raffigura la Vergine con il Bambino. Ai lati delle figure due angeli che portano
dei riquadri con le iscrizioni:
Deud vols salve”
“Maria completamente sou de grace”
Deud vols salve”
“Maria completamente sou de grace”
Deud vols salve”
“Maria completamente sou de grace”
Deud vols salve”
“Maria completamente sou de grace”
Deud vols salve”
“Maria completamente sou de grace”
L’Immagine della Vergine sostituì un precedente
altorilievo che raffigurava lo scudo del re Carlo III. Uno scudo di forma ovale
che era diviso in quattro parti: il prima e il quarto con lo stemma della città
e il secondo e il terzo con lo stemma d’Aragona.Lo scudo era circondato da vari elementi legati
all’ambiente marino ( onde del mare, un delfino, una nave, ecc.) e nella parte
superiore dello scudo non poteva mancare la corona reale. Secondo gli storici
erano elementi legati all’attività commerciale del Regno di Valencia. Un
aspetto importante è legato al fatto che lo scudo di Carlo III fu aggiuntoad un altorilievo della Vergine Maria, patrona dei mercanti, che era presente sul
timpano. Una figura che non aveva il Bambino e che fu attribuita a Johan de Kassel.
L’Immagine della Vergine sostituì un precedente
altorilievo che raffigurava lo scudo del re Carlo III. Uno scudo di forma ovale
che era diviso in quattro parti: il prima e il quarto con lo stemma della città
e il secondo e il terzo con lo stemma d’Aragona.Lo scudo era circondato da vari elementi legati
all’ambiente marino ( onde del mare, un delfino, una nave, ecc.) e nella parte
superiore dello scudo non poteva mancare la corona reale. Secondo gli storici
erano elementi legati all’attività commerciale del Regno di Valencia. Un
aspetto importante è legato al fatto che lo scudo di Carlo III fu aggiuntoad un altorilievo della Vergine Maria, patrona dei mercanti, che era presente sul
timpano. Una figura che non aveva il Bambino e che fu attribuita a Johan de Kassel.
L’Immagine della Vergine sostituì un precedente
altorilievo che raffigurava lo scudo del re Carlo III. Uno scudo di forma ovale
che era diviso in quattro parti: il prima e il quarto con lo stemma della città
e il secondo e il terzo con lo stemma d’Aragona.Lo scudo era circondato da vari elementi legati
all’ambiente marino ( onde del mare, un delfino, una nave, ecc.) e nella parte
superiore dello scudo non poteva mancare la corona reale. Secondo gli storici
erano elementi legati all’attività commerciale del Regno di Valencia. Un
aspetto importante è legato al fatto che lo scudo di Carlo III fu aggiuntoad un altorilievo della Vergine Maria, patrona dei mercanti, che era presente sul
timpano. Una figura che non aveva il Bambino e che fu attribuita a Johan de Kassel.
L’Immagine della Vergine sostituì un precedente
altorilievo che raffigurava lo scudo del re Carlo III. Uno scudo di forma ovale
che era diviso in quattro parti: il prima e il quarto con lo stemma della città
e il secondo e il terzo con lo stemma d’Aragona.Lo scudo era circondato da vari elementi legati
all’ambiente marino ( onde del mare, un delfino, una nave, ecc.) e nella parte
superiore dello scudo non poteva mancare la corona reale. Secondo gli storici
erano elementi legati all’attività commerciale del Regno di Valencia. Un
aspetto importante è legato al fatto che lo scudo di Carlo III fu aggiuntoad un altorilievo della Vergine Maria, patrona dei mercanti, che era presente sul
timpano. Una figura che non aveva il Bambino e che fu attribuita a Johan de Kassel.
San Vicente Ferrer, Patrono di Valencia
(Valencia, 23 Gennaio 1350; Bannes, Bretagna, 5 aprile 1419)
(Dipinto di Giovanni Bellini, 1430-1516
Data: 1465; Collezione: Chiesa San Giovanni e Paolo, Venezia)
San Vicente Ferrer, Patrono di Valencia
(Valencia, 23 Gennaio 1350; Bannes, Bretagna, 5 aprile 1419)
(Dipinto di Giovanni Bellini, 1430-1516
Data: 1465; Collezione: Chiesa San Giovanni e Paolo, Venezia)
San Vicente Ferrer, Patrono di Valencia
(Valencia, 23 Gennaio 1350; Bannes, Bretagna, 5 aprile 1419)
(Dipinto di Giovanni Bellini, 1430-1516
Data: 1465; Collezione: Chiesa San Giovanni e Paolo, Venezia)
San Vicente Ferrer, Patrono di Valencia
(Valencia, 23 Gennaio 1350; Bannes, Bretagna, 5 aprile 1419)
(Dipinto di Giovanni Bellini, 1430-1516
Data: 1465; Collezione: Chiesa San Giovanni e Paolo, Venezia)
San Vicente Ferrer, Patrono di Valencia
(Valencia, 23 Gennaio 1350; Bannes, Bretagna, 5 aprile 1419)
(Dipinto di Giovanni Bellini, 1430-1516
Data: 1465; Collezione: Chiesa San Giovanni e Paolo, Venezia)
È importante notare come questa scena di stregoneria
si troviesattamente sotto l’altorilievo della Vergine. Questo ha un
significato ben preciso perchéla Vergine è l’unica donna che, con la sua
purezza, può combattere la stregoneria.Nel 1494 a Valencia apparirà un dizionario degli
inquisitori, “Il Repertorium” , unprontuario sulle procedure per l’inquisizione. Un opera che fu scritta
da un anonimo fratedomenicano di Valencia.
È importante notare come questa scena di stregoneria
si troviesattamente sotto l’altorilievo della Vergine. Questo ha un
significato ben preciso perchéla Vergine è l’unica donna che, con la sua
purezza, può combattere la stregoneria.Nel 1494 a Valencia apparirà un dizionario degli
inquisitori, “Il Repertorium” , unprontuario sulle procedure per l’inquisizione. Un opera che fu scritta
da un anonimo fratedomenicano di Valencia.
È importante notare come questa scena di stregoneria
si troviesattamente sotto l’altorilievo della Vergine. Questo ha un
significato ben preciso perchéla Vergine è l’unica donna che, con la sua
purezza, può combattere la stregoneria.Nel 1494 a Valencia apparirà un dizionario degli
inquisitori, “Il Repertorium” , unprontuario sulle procedure per l’inquisizione. Un opera che fu scritta
da un anonimo fratedomenicano di Valencia.
È importante notare come questa scena di stregoneria
si troviesattamente sotto l’altorilievo della Vergine. Questo ha un
significato ben preciso perchéla Vergine è l’unica donna che, con la sua
purezza, può combattere la stregoneria.Nel 1494 a Valencia apparirà un dizionario degli
inquisitori, “Il Repertorium” , unprontuario sulle procedure per l’inquisizione. Un opera che fu scritta
da un anonimo fratedomenicano di Valencia.
L’opera è ordinata alfabeticamente e tratta diversi argomenti:
astronomia, fede, matrimonio, sortilegi, ignoranza, sapere, arti magiche,
streghe.
L’autore potrebbe essere il giureconsulto valenciano Miguel Alberto.
Uno dei commentatori fu Quintiliano Mandosio (1514 – 1593),
professore di Giurisprudenza presso l’Università di Pisa e giureconsulto di
Roma.
Il libro fu stampato a cura del teologo Silvio Galazzo e dedicato al
Nunzio Pontificio di Venezia.
L’opera è ordinata alfabeticamente e tratta diversi argomenti:
astronomia, fede, matrimonio, sortilegi, ignoranza, sapere, arti magiche,
streghe.
L’autore potrebbe essere il giureconsulto valenciano Miguel Alberto.
Uno dei commentatori fu Quintiliano Mandosio (1514 – 1593),
professore di Giurisprudenza presso l’Università di Pisa e giureconsulto di
Roma.
Il libro fu stampato a cura del teologo Silvio Galazzo e dedicato al
Nunzio Pontificio di Venezia.
L’opera è ordinata alfabeticamente e tratta diversi argomenti:
astronomia, fede, matrimonio, sortilegi, ignoranza, sapere, arti magiche,
streghe.
L’autore potrebbe essere il giureconsulto valenciano Miguel Alberto.
Uno dei commentatori fu Quintiliano Mandosio (1514 – 1593),
professore di Giurisprudenza presso l’Università di Pisa e giureconsulto di
Roma.
Il libro fu stampato a cura del teologo Silvio Galazzo e dedicato al
Nunzio Pontificio di Venezia.
L’opera è ordinata alfabeticamente e tratta diversi argomenti:
astronomia, fede, matrimonio, sortilegi, ignoranza, sapere, arti magiche,
streghe.
L’autore potrebbe essere il giureconsulto valenciano Miguel Alberto.
Uno dei commentatori fu Quintiliano Mandosio (1514 – 1593),
professore di Giurisprudenza presso l’Università di Pisa e giureconsulto di
Roma.
Il libro fu stampato a cura del teologo Silvio Galazzo e dedicato al
Nunzio Pontificio di Venezia.
L’opera è ordinata alfabeticamente e tratta diversi argomenti:
astronomia, fede, matrimonio, sortilegi, ignoranza, sapere, arti magiche,
streghe.
L’autore potrebbe essere il giureconsulto valenciano Miguel Alberto.
Uno dei commentatori fu Quintiliano Mandosio (1514 – 1593),
professore di Giurisprudenza presso l’Università di Pisa e giureconsulto di
Roma.
Il libro fu stampato a cura del teologo Silvio Galazzo e dedicato al
Nunzio Pontificio di Venezia.
La fama delle streghe peniscolane fu importante a tal punto che lo storico
ispanista francese Posper Merimèe (1803 – 1807) le riportò in un suo
testo. Uno scritto che riguardava testimonianze di personaggi reali, legati
ad eventi straordinari; l’esistenza di congreghe, alloggi, incantesimi ed
anche di cristiani che persero la loro fede per i poteri magici.
Modulo dell'Inquisizione di Valencia
per
l'interrogatorio
di un sodomita [sec. XVI]
La fama delle streghe peniscolane fu importante a tal punto che lo storico
ispanista francese Posper Merimèe (1803 – 1807) le riportò in un suo
testo. Uno scritto che riguardava testimonianze di personaggi reali, legati
ad eventi straordinari; l’esistenza di congreghe, alloggi, incantesimi ed
anche di cristiani che persero la loro fede per i poteri magici.
Modulo dell'Inquisizione di Valencia
per
l'interrogatorio
di un sodomita [sec. XVI]
La fama delle streghe peniscolane fu importante a tal punto che lo storico
ispanista francese Posper Merimèe (1803 – 1807) le riportò in un suo
testo. Uno scritto che riguardava testimonianze di personaggi reali, legati
ad eventi straordinari; l’esistenza di congreghe, alloggi, incantesimi ed
anche di cristiani che persero la loro fede per i poteri magici.
Modulo dell'Inquisizione di Valencia
per
l'interrogatorio
di un sodomita [sec. XVI]
La fama delle streghe peniscolane fu importante a tal punto che lo storico
ispanista francese Posper Merimèe (1803 – 1807) le riportò in un suo
testo. Uno scritto che riguardava testimonianze di personaggi reali, legati
ad eventi straordinari; l’esistenza di congreghe, alloggi, incantesimi ed
anche di cristiani che persero la loro fede per i poteri magici.
Modulo dell'Inquisizione di Valencia
per
l'interrogatorio
di un sodomita [sec. XVI]
La fama delle streghe peniscolane fu importante a tal punto che lo storico
ispanista francese Posper Merimèe (1803 – 1807) le riportò in un suo
testo. Uno scritto che riguardava testimonianze di personaggi reali, legati
ad eventi straordinari; l’esistenza di congreghe, alloggi, incantesimi ed
anche di cristiani che persero la loro fede per i poteri magici.
Modulo dell'Inquisizione di Valencia
per
l'interrogatorio
di un sodomita [sec. XVI]
Io
promotore fiscale di questo Sant'Ufficio, come procuratore della
Sede apostolica <ecc.>...
accuso
di crimine Tizio, originario di X, abitante a X, di mestiere x,
e premesse le solennità del diritto dico che il
suddetto, messo da parte il timore di Dio nostro Signore, ha commesso il
delitto ed il peccato nefando di sodomia contro natura con certi
ragazzi, secondo quanto è stato testimoniato.
Parimenti dico che il detto reo ha vissuto ed
abitato nel detto luogo etc. (qui si deve indicare il tempo in cui è stato nel
luogo dove ha commesso il delitto, per verificare con la sua confessione che
stava là quando lo perpetrò).
Parimenti, che vivendo il reo in tale luogo, un giorno
di tale mese ed anno, nell'occasione riferita dal testimone (qui si dice
l'occasione in cui il testimone riferisce essere stato commesso il delitto,
senza nominare il testimone né il complice) commise il peccato nefando con
un ragazzo.
Parimenti dico che tenendo il reo il detto
ragazzo denudato per la tale durata e in tale luogo ed in tal maniera
(descrivendo come stavano il reo ed il complice) e ponendo il suo membro
genitale eretto nel retto e nel condotto posteriore del detto ragazzo, faceva e
fece forza per metterlo dentro, come effettivamente il detto reo mise il
proprio membro genitale dentro il detto orifizio posteriore di tale ragazzo e
consumò il detto atto di sodomia.
Se fu commesso il peccato più di una volta si dice come segue:
Parimenti, continuando il reo tali turpitudini,
essendo accaduto quanto riferito nel paragrafo precedente, con tale ragazzo
fece etc. (si riferisca il tutto come lo dice il testimone, e se furono più
volte in tempi diversi le accuse siano divise in paragrafi).
E se il colpevole fosse indiziato e accusato da
testimoni per avere commesso il peccato con persone differenti, lo si accusa
per paragrafi, iniziando:
Parimenti dico che assommando delitti a delitti,
il tale reo etc. (accusandolo nella maniera indicata dal testimone e mettendo
il giorno, il mese e l'anno in cui è accaduto e le circostanze come le dicesse
il testimone, senza nominare il testimone né il complice per nome; e si devono
riferire le chiacchiere che si dissero e se gli atti furono compiuti di recente
o in tempi remoti, o se furono consumati e per quante volte, secondo quanto
risulta dalle testimonianze sulle quali si deve basare il fiscale nell'accusare
il colpevole) .
Io
promotore fiscale di questo Sant'Ufficio, come procuratore della
Sede apostolica <ecc.>...
accuso
di crimine Tizio, originario di X, abitante a X, di mestiere x,
e premesse le solennità del diritto dico che il
suddetto, messo da parte il timore di Dio nostro Signore, ha commesso il
delitto ed il peccato nefando di sodomia contro natura con certi
ragazzi, secondo quanto è stato testimoniato.
Parimenti dico che il detto reo ha vissuto ed
abitato nel detto luogo etc. (qui si deve indicare il tempo in cui è stato nel
luogo dove ha commesso il delitto, per verificare con la sua confessione che
stava là quando lo perpetrò).
Parimenti, che vivendo il reo in tale luogo, un giorno
di tale mese ed anno, nell'occasione riferita dal testimone (qui si dice
l'occasione in cui il testimone riferisce essere stato commesso il delitto,
senza nominare il testimone né il complice) commise il peccato nefando con
un ragazzo.
Parimenti dico che tenendo il reo il detto
ragazzo denudato per la tale durata e in tale luogo ed in tal maniera
(descrivendo come stavano il reo ed il complice) e ponendo il suo membro
genitale eretto nel retto e nel condotto posteriore del detto ragazzo, faceva e
fece forza per metterlo dentro, come effettivamente il detto reo mise il
proprio membro genitale dentro il detto orifizio posteriore di tale ragazzo e
consumò il detto atto di sodomia.
Se fu commesso il peccato più di una volta si dice come segue:
Parimenti, continuando il reo tali turpitudini,
essendo accaduto quanto riferito nel paragrafo precedente, con tale ragazzo
fece etc. (si riferisca il tutto come lo dice il testimone, e se furono più
volte in tempi diversi le accuse siano divise in paragrafi).
E se il colpevole fosse indiziato e accusato da
testimoni per avere commesso il peccato con persone differenti, lo si accusa
per paragrafi, iniziando:
Parimenti dico che assommando delitti a delitti,
il tale reo etc. (accusandolo nella maniera indicata dal testimone e mettendo
il giorno, il mese e l'anno in cui è accaduto e le circostanze come le dicesse
il testimone, senza nominare il testimone né il complice per nome; e si devono
riferire le chiacchiere che si dissero e se gli atti furono compiuti di recente
o in tempi remoti, o se furono consumati e per quante volte, secondo quanto
risulta dalle testimonianze sulle quali si deve basare il fiscale nell'accusare
il colpevole) .
Io
promotore fiscale di questo Sant'Ufficio, come procuratore della
Sede apostolica <ecc.>...
accuso
di crimine Tizio, originario di X, abitante a X, di mestiere x,
e premesse le solennità del diritto dico che il
suddetto, messo da parte il timore di Dio nostro Signore, ha commesso il
delitto ed il peccato nefando di sodomia contro natura con certi
ragazzi, secondo quanto è stato testimoniato.
Parimenti dico che il detto reo ha vissuto ed
abitato nel detto luogo etc. (qui si deve indicare il tempo in cui è stato nel
luogo dove ha commesso il delitto, per verificare con la sua confessione che
stava là quando lo perpetrò).
Parimenti, che vivendo il reo in tale luogo, un giorno
di tale mese ed anno, nell'occasione riferita dal testimone (qui si dice
l'occasione in cui il testimone riferisce essere stato commesso il delitto,
senza nominare il testimone né il complice) commise il peccato nefando con
un ragazzo.
Parimenti dico che tenendo il reo il detto
ragazzo denudato per la tale durata e in tale luogo ed in tal maniera
(descrivendo come stavano il reo ed il complice) e ponendo il suo membro
genitale eretto nel retto e nel condotto posteriore del detto ragazzo, faceva e
fece forza per metterlo dentro, come effettivamente il detto reo mise il
proprio membro genitale dentro il detto orifizio posteriore di tale ragazzo e
consumò il detto atto di sodomia.
Se fu commesso il peccato più di una volta si dice come segue:
Parimenti, continuando il reo tali turpitudini,
essendo accaduto quanto riferito nel paragrafo precedente, con tale ragazzo
fece etc. (si riferisca il tutto come lo dice il testimone, e se furono più
volte in tempi diversi le accuse siano divise in paragrafi).
E se il colpevole fosse indiziato e accusato da
testimoni per avere commesso il peccato con persone differenti, lo si accusa
per paragrafi, iniziando:
Parimenti dico che assommando delitti a delitti,
il tale reo etc. (accusandolo nella maniera indicata dal testimone e mettendo
il giorno, il mese e l'anno in cui è accaduto e le circostanze come le dicesse
il testimone, senza nominare il testimone né il complice per nome; e si devono
riferire le chiacchiere che si dissero e se gli atti furono compiuti di recente
o in tempi remoti, o se furono consumati e per quante volte, secondo quanto
risulta dalle testimonianze sulle quali si deve basare il fiscale nell'accusare
il colpevole) .
Io
promotore fiscale di questo Sant'Ufficio, come procuratore della
Sede apostolica <ecc.>...
accuso
di crimine Tizio, originario di X, abitante a X, di mestiere x,
e premesse le solennità del diritto dico che il
suddetto, messo da parte il timore di Dio nostro Signore, ha commesso il
delitto ed il peccato nefando di sodomia contro natura con certi
ragazzi, secondo quanto è stato testimoniato.
Parimenti dico che il detto reo ha vissuto ed
abitato nel detto luogo etc. (qui si deve indicare il tempo in cui è stato nel
luogo dove ha commesso il delitto, per verificare con la sua confessione che
stava là quando lo perpetrò).
Parimenti, che vivendo il reo in tale luogo, un giorno
di tale mese ed anno, nell'occasione riferita dal testimone (qui si dice
l'occasione in cui il testimone riferisce essere stato commesso il delitto,
senza nominare il testimone né il complice) commise il peccato nefando con
un ragazzo.
Parimenti dico che tenendo il reo il detto
ragazzo denudato per la tale durata e in tale luogo ed in tal maniera
(descrivendo come stavano il reo ed il complice) e ponendo il suo membro
genitale eretto nel retto e nel condotto posteriore del detto ragazzo, faceva e
fece forza per metterlo dentro, come effettivamente il detto reo mise il
proprio membro genitale dentro il detto orifizio posteriore di tale ragazzo e
consumò il detto atto di sodomia.
Se fu commesso il peccato più di una volta si dice come segue:
Parimenti, continuando il reo tali turpitudini,
essendo accaduto quanto riferito nel paragrafo precedente, con tale ragazzo
fece etc. (si riferisca il tutto come lo dice il testimone, e se furono più
volte in tempi diversi le accuse siano divise in paragrafi).
E se il colpevole fosse indiziato e accusato da
testimoni per avere commesso il peccato con persone differenti, lo si accusa
per paragrafi, iniziando:
Parimenti dico che assommando delitti a delitti,
il tale reo etc. (accusandolo nella maniera indicata dal testimone e mettendo
il giorno, il mese e l'anno in cui è accaduto e le circostanze come le dicesse
il testimone, senza nominare il testimone né il complice per nome; e si devono
riferire le chiacchiere che si dissero e se gli atti furono compiuti di recente
o in tempi remoti, o se furono consumati e per quante volte, secondo quanto
risulta dalle testimonianze sulle quali si deve basare il fiscale nell'accusare
il colpevole) .
Io
promotore fiscale di questo Sant'Ufficio, come procuratore della
Sede apostolica <ecc.>...
accuso
di crimine Tizio, originario di X, abitante a X, di mestiere x,
e premesse le solennità del diritto dico che il
suddetto, messo da parte il timore di Dio nostro Signore, ha commesso il
delitto ed il peccato nefando di sodomia contro natura con certi
ragazzi, secondo quanto è stato testimoniato.
Parimenti dico che il detto reo ha vissuto ed
abitato nel detto luogo etc. (qui si deve indicare il tempo in cui è stato nel
luogo dove ha commesso il delitto, per verificare con la sua confessione che
stava là quando lo perpetrò).
Parimenti, che vivendo il reo in tale luogo, un giorno
di tale mese ed anno, nell'occasione riferita dal testimone (qui si dice
l'occasione in cui il testimone riferisce essere stato commesso il delitto,
senza nominare il testimone né il complice) commise il peccato nefando con
un ragazzo.
Parimenti dico che tenendo il reo il detto
ragazzo denudato per la tale durata e in tale luogo ed in tal maniera
(descrivendo come stavano il reo ed il complice) e ponendo il suo membro
genitale eretto nel retto e nel condotto posteriore del detto ragazzo, faceva e
fece forza per metterlo dentro, come effettivamente il detto reo mise il
proprio membro genitale dentro il detto orifizio posteriore di tale ragazzo e
consumò il detto atto di sodomia.
Se fu commesso il peccato più di una volta si dice come segue:
Parimenti, continuando il reo tali turpitudini,
essendo accaduto quanto riferito nel paragrafo precedente, con tale ragazzo
fece etc. (si riferisca il tutto come lo dice il testimone, e se furono più
volte in tempi diversi le accuse siano divise in paragrafi).
E se il colpevole fosse indiziato e accusato da
testimoni per avere commesso il peccato con persone differenti, lo si accusa
per paragrafi, iniziando:
Parimenti dico che assommando delitti a delitti,
il tale reo etc. (accusandolo nella maniera indicata dal testimone e mettendo
il giorno, il mese e l'anno in cui è accaduto e le circostanze come le dicesse
il testimone, senza nominare il testimone né il complice per nome; e si devono
riferire le chiacchiere che si dissero e se gli atti furono compiuti di recente
o in tempi remoti, o se furono consumati e per quante volte, secondo quanto
risulta dalle testimonianze sulle quali si deve basare il fiscale nell'accusare
il colpevole) .
………………………
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Si tratta di un documento, un modulo del tardo
Cinquecento che dimostra la
persecuzione, a “scala industriale”, operata dal
Tribunale dell’Inquisizione Spagnola.
Un modulo per standardizzare gli atti legali di
sodomia e per rendere più sbrigative le procedure. Il testo fu tratto dal libro di Rafael Carrasco
“Inquisición y represión sexual en Valencia. Historia de los
sodomitas (1565-1785), Laertes, Barcelona 1980.
La confessione si svolge davanti al Sant’Uffizio
dell’Inquisizione che solo nei Paesi
Iberici aveva
competenza anche sul reato di sodomia
che negli altri paesi cattolici
era invece competenza delle autorità civili.
(IL promotore fiscale era il Pubblico Ministero di
allora, la pubblica accusa.
Procuratore della Sede apostolica cioè rappresentante
dell’Autorità papale).
Al castello
di Peniscola, antico fortilizio dei valorosi Templari, è legata la tragica
storia di Pedro de Luna che sopravvive anche dopo la sua
morte.
I suoi resti
giacciono a Sarbinan ma la sua anima sopravvive l’interno delle mura
del castello
templare di Peniscola.
Si dice che
in alcune notti di luna piena, la sua immagine arrogante si delinei dalle
finestre
della fortezza, guardando il mare, sfidando Roma che lo delegittimò.
Fu papa con
il nome di Benedetto XIII per ventotto anni e neppure lo
Spirito Santo,
che considerava divino ispiratore della sua elezione papale, potè
liberarlo
dalle accuse che gli furono imputate per screditare il suo
potere
davanti al mondo cristiano: antipapa, eretico, scismatico,
Quando il Concilio di Costanza proclamò papa Martino V, Pedro de Luna s’imbarcò
a Collioure per le terre valenciane.
Si tratta di un documento, un modulo del tardo
Cinquecento che dimostra la
persecuzione, a “scala industriale”, operata dal
Tribunale dell’Inquisizione Spagnola.
Un modulo per standardizzare gli atti legali di
sodomia e per rendere più sbrigative le procedure. Il testo fu tratto dal libro di Rafael Carrasco
“Inquisición y represión sexual en Valencia. Historia de los
sodomitas (1565-1785), Laertes, Barcelona 1980.
La confessione si svolge davanti al Sant’Uffizio
dell’Inquisizione che solo nei Paesi
Iberici aveva
competenza anche sul reato di sodomia
che negli altri paesi cattolici
era invece competenza delle autorità civili.
(IL promotore fiscale era il Pubblico Ministero di
allora, la pubblica accusa.
Procuratore della Sede apostolica cioè rappresentante
dell’Autorità papale).
Al castello
di Peniscola, antico fortilizio dei valorosi Templari, è legata la tragica
storia di Pedro de Luna che sopravvive anche dopo la sua
morte.
I suoi resti
giacciono a Sarbinan ma la sua anima sopravvive l’interno delle mura
del castello
templare di Peniscola.
Si dice che
in alcune notti di luna piena, la sua immagine arrogante si delinei dalle
finestre
della fortezza, guardando il mare, sfidando Roma che lo delegittimò.
Fu papa con
il nome di Benedetto XIII per ventotto anni e neppure lo
Spirito Santo,
che considerava divino ispiratore della sua elezione papale, potè
liberarlo
dalle accuse che gli furono imputate per screditare il suo
potere
davanti al mondo cristiano: antipapa, eretico, scismatico,
Quando il Concilio di Costanza proclamò papa Martino V, Pedro de Luna s’imbarcò
a Collioure per le terre valenciane.
Si tratta di un documento, un modulo del tardo
Cinquecento che dimostra la
persecuzione, a “scala industriale”, operata dal
Tribunale dell’Inquisizione Spagnola.
Un modulo per standardizzare gli atti legali di
sodomia e per rendere più sbrigative le procedure. Il testo fu tratto dal libro di Rafael Carrasco
“Inquisición y represión sexual en Valencia. Historia de los
sodomitas (1565-1785), Laertes, Barcelona 1980.
La confessione si svolge davanti al Sant’Uffizio
dell’Inquisizione che solo nei Paesi
Iberici aveva
competenza anche sul reato di sodomia
che negli altri paesi cattolici
era invece competenza delle autorità civili.
(IL promotore fiscale era il Pubblico Ministero di
allora, la pubblica accusa.
Procuratore della Sede apostolica cioè rappresentante
dell’Autorità papale).
Al castello
di Peniscola, antico fortilizio dei valorosi Templari, è legata la tragica
storia di Pedro de Luna che sopravvive anche dopo la sua
morte.
I suoi resti
giacciono a Sarbinan ma la sua anima sopravvive l’interno delle mura
del castello
templare di Peniscola.
Si dice che
in alcune notti di luna piena, la sua immagine arrogante si delinei dalle
finestre
della fortezza, guardando il mare, sfidando Roma che lo delegittimò.
Fu papa con
il nome di Benedetto XIII per ventotto anni e neppure lo
Spirito Santo,
che considerava divino ispiratore della sua elezione papale, potè
liberarlo
dalle accuse che gli furono imputate per screditare il suo
potere
davanti al mondo cristiano: antipapa, eretico, scismatico,
Quando il Concilio di Costanza proclamò papa Martino V, Pedro de Luna s’imbarcò
a Collioure per le terre valenciane.
Si tratta di un documento, un modulo del tardo
Cinquecento che dimostra la
persecuzione, a “scala industriale”, operata dal
Tribunale dell’Inquisizione Spagnola.
Un modulo per standardizzare gli atti legali di
sodomia e per rendere più sbrigative le procedure. Il testo fu tratto dal libro di Rafael Carrasco
“Inquisición y represión sexual en Valencia. Historia de los
sodomitas (1565-1785), Laertes, Barcelona 1980.
La confessione si svolge davanti al Sant’Uffizio
dell’Inquisizione che solo nei Paesi
Iberici aveva
competenza anche sul reato di sodomia
che negli altri paesi cattolici
era invece competenza delle autorità civili.
(IL promotore fiscale era il Pubblico Ministero di
allora, la pubblica accusa.
Procuratore della Sede apostolica cioè rappresentante
dell’Autorità papale).
Al castello
di Peniscola, antico fortilizio dei valorosi Templari, è legata la tragica
storia di Pedro de Luna che sopravvive anche dopo la sua
morte.
I suoi resti
giacciono a Sarbinan ma la sua anima sopravvive l’interno delle mura
del castello
templare di Peniscola.
Si dice che
in alcune notti di luna piena, la sua immagine arrogante si delinei dalle
finestre
della fortezza, guardando il mare, sfidando Roma che lo delegittimò.
Fu papa con
il nome di Benedetto XIII per ventotto anni e neppure lo
Spirito Santo,
che considerava divino ispiratore della sua elezione papale, potè
liberarlo
dalle accuse che gli furono imputate per screditare il suo
potere
davanti al mondo cristiano: antipapa, eretico, scismatico,
Quando il Concilio di Costanza proclamò papa Martino V, Pedro de Luna s’imbarcò
a Collioure per le terre valenciane.
Si tratta di un documento, un modulo del tardo
Cinquecento che dimostra la
persecuzione, a “scala industriale”, operata dal
Tribunale dell’Inquisizione Spagnola.
Un modulo per standardizzare gli atti legali di
sodomia e per rendere più sbrigative le procedure. Il testo fu tratto dal libro di Rafael Carrasco
“Inquisición y represión sexual en Valencia. Historia de los
sodomitas (1565-1785), Laertes, Barcelona 1980.
La confessione si svolge davanti al Sant’Uffizio
dell’Inquisizione che solo nei Paesi
Iberici aveva
competenza anche sul reato di sodomia
che negli altri paesi cattolici
era invece competenza delle autorità civili.
(IL promotore fiscale era il Pubblico Ministero di
allora, la pubblica accusa.
Procuratore della Sede apostolica cioè rappresentante
dell’Autorità papale).
Al castello
di Peniscola, antico fortilizio dei valorosi Templari, è legata la tragica
storia di Pedro de Luna che sopravvive anche dopo la sua
morte.
I suoi resti
giacciono a Sarbinan ma la sua anima sopravvive l’interno delle mura
del castello
templare di Peniscola.
Si dice che
in alcune notti di luna piena, la sua immagine arrogante si delinei dalle
finestre
della fortezza, guardando il mare, sfidando Roma che lo delegittimò.
Fu papa con
il nome di Benedetto XIII per ventotto anni e neppure lo
Spirito Santo,
che considerava divino ispiratore della sua elezione papale, potè
liberarlo
dalle accuse che gli furono imputate per screditare il suo
potere
davanti al mondo cristiano: antipapa, eretico, scismatico,
Quando il Concilio di Costanza proclamò papa Martino V, Pedro de Luna s’imbarcò
a Collioure per le terre valenciane.
Colliuore
Città francese nel dipartimento dei Pirenei Orientali, regione
dell’Occitania.
Colliuore
Città francese nel dipartimento dei Pirenei Orientali, regione
dell’Occitania.
Colliuore
Città francese nel dipartimento dei Pirenei Orientali, regione
dell’Occitania.
Colliuore
Città francese nel dipartimento dei Pirenei Orientali, regione
dell’Occitania.
Città francese nel dipartimento dei Pirenei Orientali, regione dell’Occitania.
A metà del viaggio, le onde impetuose scossero violentemente la
nave. Un cattivo presagio per il fuggitivo, che intese quella sconfitta
come una punizione di Dio per il suo orgoglio. Vittima della più assoluta
impotenza umana, non ebbe altra consolazione che vedere se i favori della
Provvidenza fossero contrari a lui e alla biblioteca di libri sacri che aveva
portato con sé dal Vaticano
I suoi compagni diffondevano il prodigio che si faceva allora, testimoniando
che il vecchio pontefice, in mezzo alla tempesta, andava a prua della nave e
che lì, in piedi nonostante il tremito del vento, si appellava al cielo
chiedendo loro ad alta voce:
- Dimmi, sono Benedetto XIII?
Una risposta clamorosa - il fragore del tuono, seguito da un fulmine - fece
trattenere il respiro ai marinai. Tuttavia, Pedro de Luna, con i suoi
vestiti e i suoi capelli bagnati, il suo mento altero e gli occhi impassibili,
non sussultò. Il suo aspetto era spettrale, travolgente, quello di un
prigioniero che aspettava solo giustizia senza chinare il capo, ma chiese la
prova di una presunta impostura lesiva del suo onore:
“Affonda la nave, Dio Onnipotente, se mi sei mancato -urlò- o
prova la mia innocenza in questo momento calmando il mare!”
E con grande stupore dell'equipaggio, la pioggia cessò, la burrasca si
trasformò in una leggera brezza che fece oscillare le vele e le acque si
placarono sotto un sole crepuscolare che le rendeva policrome di riflessi ramati.
- Inchinati a Peñíscola! disse con gioia, scuotendo l'equipaggio,
ancora a bocca aperta per l'improvviso avvento di una calma così strana.
A bordo nessuno dubitava che fosse Benedetto XIII
Correva l'anno 1417, quando quell'ottuagenario si
trovava nel castello di Peniscola
circondato di una precaria corte a
lui fedele fino alla morte.
Il progressivo abbandono di amici e collaboratori come Vicente e
Bonifacio Ferrer, il cardinale Jofré de Bil, il vescovo di Segorbe, Diego de
Heredia o l'Anglesoa aumentò la sua solitudine, facendo diffondere
intorno alla sua figura tutti i tipi di voci,
cospirazioni e misteri, un alone magico che lo immortalerebbe per sempre.
Ma non era completamente solo. Aveva sostenitori nell'ombra,
ammiratori della sua ribellione che avrebbero dato la vita per lui anche da paesi
lontani…
A metà del viaggio, le onde impetuose scossero violentemente la
nave. Un cattivo presagio per il fuggitivo, che intese quella sconfitta
come una punizione di Dio per il suo orgoglio. Vittima della più assoluta
impotenza umana, non ebbe altra consolazione che vedere se i favori della
Provvidenza fossero contrari a lui e alla biblioteca di libri sacri che aveva
portato con sé dal Vaticano
I suoi compagni diffondevano il prodigio che si faceva allora, testimoniando
che il vecchio pontefice, in mezzo alla tempesta, andava a prua della nave e
che lì, in piedi nonostante il tremito del vento, si appellava al cielo
chiedendo loro ad alta voce:
- Dimmi, sono Benedetto XIII?
Una risposta clamorosa - il fragore del tuono, seguito da un fulmine - fece
trattenere il respiro ai marinai. Tuttavia, Pedro de Luna, con i suoi
vestiti e i suoi capelli bagnati, il suo mento altero e gli occhi impassibili,
non sussultò. Il suo aspetto era spettrale, travolgente, quello di un
prigioniero che aspettava solo giustizia senza chinare il capo, ma chiese la
prova di una presunta impostura lesiva del suo onore:
“Affonda la nave, Dio Onnipotente, se mi sei mancato -urlò- o
prova la mia innocenza in questo momento calmando il mare!”
E con grande stupore dell'equipaggio, la pioggia cessò, la burrasca si
trasformò in una leggera brezza che fece oscillare le vele e le acque si
placarono sotto un sole crepuscolare che le rendeva policrome di riflessi ramati.
- Inchinati a Peñíscola! disse con gioia, scuotendo l'equipaggio,
ancora a bocca aperta per l'improvviso avvento di una calma così strana.
A bordo nessuno dubitava che fosse Benedetto XIII
Correva l'anno 1417, quando quell'ottuagenario si
trovava nel castello di Peniscola
circondato di una precaria corte a
lui fedele fino alla morte.
Il progressivo abbandono di amici e collaboratori come Vicente e
Bonifacio Ferrer, il cardinale Jofré de Bil, il vescovo di Segorbe, Diego de
Heredia o l'Anglesoa aumentò la sua solitudine, facendo diffondere
intorno alla sua figura tutti i tipi di voci,
cospirazioni e misteri, un alone magico che lo immortalerebbe per sempre.
Ma non era completamente solo. Aveva sostenitori nell'ombra,
ammiratori della sua ribellione che avrebbero dato la vita per lui anche da paesi
lontani…
A metà del viaggio, le onde impetuose scossero violentemente la
nave. Un cattivo presagio per il fuggitivo, che intese quella sconfitta
come una punizione di Dio per il suo orgoglio. Vittima della più assoluta
impotenza umana, non ebbe altra consolazione che vedere se i favori della
Provvidenza fossero contrari a lui e alla biblioteca di libri sacri che aveva
portato con sé dal Vaticano
I suoi compagni diffondevano il prodigio che si faceva allora, testimoniando
che il vecchio pontefice, in mezzo alla tempesta, andava a prua della nave e
che lì, in piedi nonostante il tremito del vento, si appellava al cielo
chiedendo loro ad alta voce:
- Dimmi, sono Benedetto XIII?
Una risposta clamorosa - il fragore del tuono, seguito da un fulmine - fece
trattenere il respiro ai marinai. Tuttavia, Pedro de Luna, con i suoi
vestiti e i suoi capelli bagnati, il suo mento altero e gli occhi impassibili,
non sussultò. Il suo aspetto era spettrale, travolgente, quello di un
prigioniero che aspettava solo giustizia senza chinare il capo, ma chiese la
prova di una presunta impostura lesiva del suo onore:
“Affonda la nave, Dio Onnipotente, se mi sei mancato -urlò- o
prova la mia innocenza in questo momento calmando il mare!”
E con grande stupore dell'equipaggio, la pioggia cessò, la burrasca si
trasformò in una leggera brezza che fece oscillare le vele e le acque si
placarono sotto un sole crepuscolare che le rendeva policrome di riflessi ramati.
- Inchinati a Peñíscola! disse con gioia, scuotendo l'equipaggio,
ancora a bocca aperta per l'improvviso avvento di una calma così strana.
A bordo nessuno dubitava che fosse Benedetto XIII
Correva l'anno 1417, quando quell'ottuagenario si
trovava nel castello di Peniscola
circondato di una precaria corte a
lui fedele fino alla morte.
Il progressivo abbandono di amici e collaboratori come Vicente e
Bonifacio Ferrer, il cardinale Jofré de Bil, il vescovo di Segorbe, Diego de
Heredia o l'Anglesoa aumentò la sua solitudine, facendo diffondere
intorno alla sua figura tutti i tipi di voci,
cospirazioni e misteri, un alone magico che lo immortalerebbe per sempre.
Ma non era completamente solo. Aveva sostenitori nell'ombra,
ammiratori della sua ribellione che avrebbero dato la vita per lui anche da paesi
lontani…
A metà del viaggio, le onde impetuose scossero violentemente la
nave. Un cattivo presagio per il fuggitivo, che intese quella sconfitta
come una punizione di Dio per il suo orgoglio. Vittima della più assoluta
impotenza umana, non ebbe altra consolazione che vedere se i favori della
Provvidenza fossero contrari a lui e alla biblioteca di libri sacri che aveva
portato con sé dal Vaticano
I suoi compagni diffondevano il prodigio che si faceva allora, testimoniando
che il vecchio pontefice, in mezzo alla tempesta, andava a prua della nave e
che lì, in piedi nonostante il tremito del vento, si appellava al cielo
chiedendo loro ad alta voce:
- Dimmi, sono Benedetto XIII?
Una risposta clamorosa - il fragore del tuono, seguito da un fulmine - fece
trattenere il respiro ai marinai. Tuttavia, Pedro de Luna, con i suoi
vestiti e i suoi capelli bagnati, il suo mento altero e gli occhi impassibili,
non sussultò. Il suo aspetto era spettrale, travolgente, quello di un
prigioniero che aspettava solo giustizia senza chinare il capo, ma chiese la
prova di una presunta impostura lesiva del suo onore:
“Affonda la nave, Dio Onnipotente, se mi sei mancato -urlò- o
prova la mia innocenza in questo momento calmando il mare!”
E con grande stupore dell'equipaggio, la pioggia cessò, la burrasca si
trasformò in una leggera brezza che fece oscillare le vele e le acque si
placarono sotto un sole crepuscolare che le rendeva policrome di riflessi ramati.
- Inchinati a Peñíscola! disse con gioia, scuotendo l'equipaggio,
ancora a bocca aperta per l'improvviso avvento di una calma così strana.
A bordo nessuno dubitava che fosse Benedetto XIII
Correva l'anno 1417, quando quell'ottuagenario si
trovava nel castello di Peniscola
circondato di una precaria corte a
lui fedele fino alla morte.
Il progressivo abbandono di amici e collaboratori come Vicente e
Bonifacio Ferrer, il cardinale Jofré de Bil, il vescovo di Segorbe, Diego de
Heredia o l'Anglesoa aumentò la sua solitudine, facendo diffondere
intorno alla sua figura tutti i tipi di voci,
cospirazioni e misteri, un alone magico che lo immortalerebbe per sempre.
Ma non era completamente solo. Aveva sostenitori nell'ombra,
ammiratori della sua ribellione che avrebbero dato la vita per lui anche da paesi
lontani…
A metà del viaggio, le onde impetuose scossero violentemente la
nave. Un cattivo presagio per il fuggitivo, che intese quella sconfitta
come una punizione di Dio per il suo orgoglio. Vittima della più assoluta
impotenza umana, non ebbe altra consolazione che vedere se i favori della
Provvidenza fossero contrari a lui e alla biblioteca di libri sacri che aveva
portato con sé dal Vaticano
I suoi compagni diffondevano il prodigio che si faceva allora, testimoniando
che il vecchio pontefice, in mezzo alla tempesta, andava a prua della nave e
che lì, in piedi nonostante il tremito del vento, si appellava al cielo
chiedendo loro ad alta voce:
- Dimmi, sono Benedetto XIII?
Una risposta clamorosa - il fragore del tuono, seguito da un fulmine - fece
trattenere il respiro ai marinai. Tuttavia, Pedro de Luna, con i suoi
vestiti e i suoi capelli bagnati, il suo mento altero e gli occhi impassibili,
non sussultò. Il suo aspetto era spettrale, travolgente, quello di un
prigioniero che aspettava solo giustizia senza chinare il capo, ma chiese la
prova di una presunta impostura lesiva del suo onore:
“Affonda la nave, Dio Onnipotente, se mi sei mancato -urlò- o
prova la mia innocenza in questo momento calmando il mare!”
E con grande stupore dell'equipaggio, la pioggia cessò, la burrasca si
trasformò in una leggera brezza che fece oscillare le vele e le acque si
placarono sotto un sole crepuscolare che le rendeva policrome di riflessi ramati.
- Inchinati a Peñíscola! disse con gioia, scuotendo l'equipaggio,
ancora a bocca aperta per l'improvviso avvento di una calma così strana.
A bordo nessuno dubitava che fosse Benedetto XIII
Correva l'anno 1417, quando quell'ottuagenario si
trovava nel castello di Peniscola
circondato di una precaria corte a
lui fedele fino alla morte.
Il progressivo abbandono di amici e collaboratori come Vicente e
Bonifacio Ferrer, il cardinale Jofré de Bil, il vescovo di Segorbe, Diego de
Heredia o l'Anglesoa aumentò la sua solitudine, facendo diffondere
intorno alla sua figura tutti i tipi di voci,
cospirazioni e misteri, un alone magico che lo immortalerebbe per sempre.
Ma non era completamente solo. Aveva sostenitori nell'ombra,
ammiratori della sua ribellione che avrebbero dato la vita per lui anche da paesi
lontani…
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
A Firenze una vecchia strega era rinchiusa in una prigione e aveva la
sensazione che Benedetto XIII sarebbe stato avvelenato !!!
Non si sa se questo presentimento fosse legato a qualche voce percepita o
al suo mestiere di stregoneria.
Sentendo che alcuni soldati aragonesi sarebbero partiti il giorno
successivo per il Regno, la vecchia corruppe i suoi tutori per incontrare i
viaggiatori e trasmettere un messaggio urgente.
- Avvisa Benedetto XIII di non fidarsi dei suoi servi, perché uno di loro,
il più vicino, avvelenerà il suo cibo. E dargli incoraggiamento, che io
vegli su di lui.
Quello stesso luglio 1418, si racconta, che Pedro de Luna ingerì marmellata
e dolci al miele cosparsi di arsenico. Per fortuna, grazie a un lontano
incantesimo protettivo, il vomito persistente gli impedì di assimilare il
veleno
Morto di morte naturale all'età di novantaquattro anni, l'antipapa si
lasciò dietro abbondanti racconti leggendari. Quando le sue spoglie furono riesumate
dalla basilica del castello dove furono depositate per la prima volta, per
essere poi trasferite nel palazzo Illueca - sua casa natale - gli autori
dell'epoca scrissero che il cadavere emanava una certa fragranza che
imbalsamava l'atmosfera dell'intera città. Lo storico Alpartils fece
riferimento a questo avvenimento nella sua cronaca: Il giorno della festa
di Ramos de las Palmas, che era il 9 aprile e il successivo profumo del Giovedì
Santo uscì dal tumulo funerario dove fu sepolto Pedro de Luna. D'altra
parte, Zurita raccontò lo stesso episodio: Si diffuse non solo attraverso il
castello dove si trovava il tumulo, ma anche in tutta la chiesa e in tutto il
luogo, e il re fu avvisato dal castellano.
I marinai di Peniscola tramandarono che nel 1724 il cardinale Vincenzo
Maria Orsini
fu eletto pontefice con il nome di Benedetto XIII.
Il “El Bufador”, un tunnel roccioso (una galleria) su cui sorge la città,
“emise un rumore atroce causato dal flagello di una tromba d'acqua che
tutti associano alla rabbia di Pedro de Luna, definitivamente escluso dalla
lista ufficiale dei papi”.
Quasi un secolo dopo, quando le truppe francesi invasero Illueca ,
la tomba venne profanata e i resti furono gettati nel fiume Iruela. Solo
il teschio, salvaguardato dai contadini, su conserva nella vicina città di
Sarbiñán.
Una strana storia che si ripeteva…
Un'antica leggenda, divulgata dai suoi detrattori, afferma che San Vicente
Ferrer profetizzò che un giorno qualcuno avrebbe giocato a palla con la sua
testa. E così accade che, appena 15 anni fa, Juan B. Simó Castillo, uno
studente di tradizioni peñiscolane, ricevette la visita di un vecchio - Pascual
Sanjuán Sardá- che affermava di aver raccolto il teschio di Papa Luna durante
la guerra civile del 1936 , nuovamente estratta dalla sua tomba e vittima della
macabra dispersione tra i senz'anima, tenendola nascosta fino alla fine della
guerra quando fu restituita al palazzo Arguillo.
Giusto o ingiusto, universale e irripetibile, sebbene il suo nome e la sua
posizione siano stati usurpati, la sua storia non è finita e la sua anima
continua ad abitare dietro le mura del suo castello.
Quasi un secolo dopo, quando le truppe francesi invasero Illueca ,
la tomba venne profanata e i resti furono gettati nel fiume Iruela. Solo
il teschio, salvaguardato dai contadini, su conserva nella vicina città di
Sarbiñán.
Una strana storia che si ripeteva…
Un'antica leggenda, divulgata dai suoi detrattori, afferma che San Vicente
Ferrer profetizzò che un giorno qualcuno avrebbe giocato a palla con la sua
testa. E così accade che, appena 15 anni fa, Juan B. Simó Castillo, uno
studente di tradizioni peñiscolane, ricevette la visita di un vecchio - Pascual
Sanjuán Sardá- che affermava di aver raccolto il teschio di Papa Luna durante
la guerra civile del 1936 , nuovamente estratta dalla sua tomba e vittima della
macabra dispersione tra i senz'anima, tenendola nascosta fino alla fine della
guerra quando fu restituita al palazzo Arguillo.
Giusto o ingiusto, universale e irripetibile, sebbene il suo nome e la sua
posizione siano stati usurpati, la sua storia non è finita e la sua anima
continua ad abitare dietro le mura del suo castello.
Quasi un secolo dopo, quando le truppe francesi invasero Illueca ,
la tomba venne profanata e i resti furono gettati nel fiume Iruela. Solo
il teschio, salvaguardato dai contadini, su conserva nella vicina città di
Sarbiñán.
Una strana storia che si ripeteva…
Un'antica leggenda, divulgata dai suoi detrattori, afferma che San Vicente
Ferrer profetizzò che un giorno qualcuno avrebbe giocato a palla con la sua
testa. E così accade che, appena 15 anni fa, Juan B. Simó Castillo, uno
studente di tradizioni peñiscolane, ricevette la visita di un vecchio - Pascual
Sanjuán Sardá- che affermava di aver raccolto il teschio di Papa Luna durante
la guerra civile del 1936 , nuovamente estratta dalla sua tomba e vittima della
macabra dispersione tra i senz'anima, tenendola nascosta fino alla fine della
guerra quando fu restituita al palazzo Arguillo.
Giusto o ingiusto, universale e irripetibile, sebbene il suo nome e la sua
posizione siano stati usurpati, la sua storia non è finita e la sua anima
continua ad abitare dietro le mura del suo castello.
Quasi un secolo dopo, quando le truppe francesi invasero Illueca ,
la tomba venne profanata e i resti furono gettati nel fiume Iruela. Solo
il teschio, salvaguardato dai contadini, su conserva nella vicina città di
Sarbiñán.
Una strana storia che si ripeteva…
Un'antica leggenda, divulgata dai suoi detrattori, afferma che San Vicente
Ferrer profetizzò che un giorno qualcuno avrebbe giocato a palla con la sua
testa. E così accade che, appena 15 anni fa, Juan B. Simó Castillo, uno
studente di tradizioni peñiscolane, ricevette la visita di un vecchio - Pascual
Sanjuán Sardá- che affermava di aver raccolto il teschio di Papa Luna durante
la guerra civile del 1936 , nuovamente estratta dalla sua tomba e vittima della
macabra dispersione tra i senz'anima, tenendola nascosta fino alla fine della
guerra quando fu restituita al palazzo Arguillo.
Giusto o ingiusto, universale e irripetibile, sebbene il suo nome e la sua
posizione siano stati usurpati, la sua storia non è finita e la sua anima
continua ad abitare dietro le mura del suo castello.
Quasi un secolo dopo, quando le truppe francesi invasero Illueca ,
la tomba venne profanata e i resti furono gettati nel fiume Iruela. Solo
il teschio, salvaguardato dai contadini, su conserva nella vicina città di
Sarbiñán.
Una strana storia che si ripeteva…
Un'antica leggenda, divulgata dai suoi detrattori, afferma che San Vicente
Ferrer profetizzò che un giorno qualcuno avrebbe giocato a palla con la sua
testa. E così accade che, appena 15 anni fa, Juan B. Simó Castillo, uno
studente di tradizioni peñiscolane, ricevette la visita di un vecchio - Pascual
Sanjuán Sardá- che affermava di aver raccolto il teschio di Papa Luna durante
la guerra civile del 1936 , nuovamente estratta dalla sua tomba e vittima della
macabra dispersione tra i senz'anima, tenendola nascosta fino alla fine della
guerra quando fu restituita al palazzo Arguillo.
Giusto o ingiusto, universale e irripetibile, sebbene il suo nome e la sua
posizione siano stati usurpati, la sua storia non è finita e la sua anima
continua ad abitare dietro le mura del suo castello.
Un vicolo stretto
tra un edificio e la faccia del palazzo Almudin.
Solo dal 1862 fu possibile
percorrerlo anche di notte. Alle due
estremità
del vicolo c’erano
delle porte che ne impedivano l’accesso notturno.
Porte collocate da
alcuni inquilini che vivevano nel vicolo.
Si tramanda che
alcune “streghe” vi abitavano e si dedicavano alla
preparazione di
pozioni magiche. Probabilmente nel vicolo abitava
qualche guaritore
che con le erbe medicinali preparava i suoi medicamenti.
Nel medioevo
queste pratiche venivano considerate spesso come azioni
di
stregoneria. C’è da dire che negli anni
’50 questo vicolo ospitava gli uffici comunali
dove si dovevano
pagare le tasse e i contributi…..
Un vicolo stretto
tra un edificio e la faccia del palazzo Almudin.
Solo dal 1862 fu possibile
percorrerlo anche di notte. Alle due
estremità
del vicolo c’erano
delle porte che ne impedivano l’accesso notturno.
Porte collocate da
alcuni inquilini che vivevano nel vicolo.
Si tramanda che
alcune “streghe” vi abitavano e si dedicavano alla
preparazione di
pozioni magiche. Probabilmente nel vicolo abitava
qualche guaritore
che con le erbe medicinali preparava i suoi medicamenti.
Nel medioevo
queste pratiche venivano considerate spesso come azioni
di
stregoneria. C’è da dire che negli anni
’50 questo vicolo ospitava gli uffici comunali
dove si dovevano
pagare le tasse e i contributi…..
Un vicolo stretto
tra un edificio e la faccia del palazzo Almudin.
Solo dal 1862 fu possibile
percorrerlo anche di notte. Alle due
estremità
del vicolo c’erano
delle porte che ne impedivano l’accesso notturno.
Porte collocate da
alcuni inquilini che vivevano nel vicolo.
Si tramanda che
alcune “streghe” vi abitavano e si dedicavano alla
preparazione di
pozioni magiche. Probabilmente nel vicolo abitava
qualche guaritore
che con le erbe medicinali preparava i suoi medicamenti.
Nel medioevo
queste pratiche venivano considerate spesso come azioni
di
stregoneria. C’è da dire che negli anni
’50 questo vicolo ospitava gli uffici comunali
dove si dovevano
pagare le tasse e i contributi…..
Un vicolo stretto
tra un edificio e la faccia del palazzo Almudin.
Solo dal 1862 fu possibile
percorrerlo anche di notte. Alle due
estremità
del vicolo c’erano
delle porte che ne impedivano l’accesso notturno.
Porte collocate da
alcuni inquilini che vivevano nel vicolo.
Si tramanda che
alcune “streghe” vi abitavano e si dedicavano alla
preparazione di
pozioni magiche. Probabilmente nel vicolo abitava
qualche guaritore
che con le erbe medicinali preparava i suoi medicamenti.
Nel medioevo
queste pratiche venivano considerate spesso come azioni
di
stregoneria. C’è da dire che negli anni
’50 questo vicolo ospitava gli uffici comunali
dove si dovevano
pagare le tasse e i contributi…..
Un vicolo stretto
tra un edificio e la faccia del palazzo Almudin.
Solo dal 1862 fu possibile
percorrerlo anche di notte. Alle due
estremità
del vicolo c’erano
delle porte che ne impedivano l’accesso notturno.
Porte collocate da
alcuni inquilini che vivevano nel vicolo.
Si tramanda che
alcune “streghe” vi abitavano e si dedicavano alla
preparazione di
pozioni magiche. Probabilmente nel vicolo abitava
qualche guaritore
che con le erbe medicinali preparava i suoi medicamenti.
Nel medioevo
queste pratiche venivano considerate spesso come azioni
di
stregoneria. C’è da dire che negli anni
’50 questo vicolo ospitava gli uffici comunali
dove si dovevano
pagare le tasse e i contributi…..
……………………
……………………
……………………
……………………
……………………
Elementi decorativiRitornando alla Loggia c’è da dire che negli stipiti e archivolti ci sono molti
motivi scolpiti:alcuni infernali, come la maschera demoniaca; un uomo peloso
simbolo della purezza degliuomini non toccati dal peccato; un drago; centauri
che suonano timpani e flauti; una coppia che compie atti in relazione alla
prostituzione; un uomo seduto a un tavolo in riferimento aimercanti valenciani; un lupo simbolo di avidità; un cinghiale simbolo di rabbia; una
capra; uncane simbolo d’invidia; lumache e tartarughe simboli della pigrizia;
il leone dell’orgoglio; unuomo che alza una mazza in preda alla follia-Altri motivi sono difficili da identificare con una
simbologia: un uomo incatenato; cinque anatre; gruppi di acrobati; un uomo che
rema sull’acqua, ecc.Sulle basi delle colonne, teste semi umane capovolte
da cui emergono dei tronchi d’albero.
Elementi decorativiRitornando alla Loggia c’è da dire che negli stipiti e archivolti ci sono molti
motivi scolpiti:alcuni infernali, come la maschera demoniaca; un uomo peloso
simbolo della purezza degliuomini non toccati dal peccato; un drago; centauri
che suonano timpani e flauti; una coppia che compie atti in relazione alla
prostituzione; un uomo seduto a un tavolo in riferimento aimercanti valenciani; un lupo simbolo di avidità; un cinghiale simbolo di rabbia; una
capra; uncane simbolo d’invidia; lumache e tartarughe simboli della pigrizia;
il leone dell’orgoglio; unuomo che alza una mazza in preda alla follia-Altri motivi sono difficili da identificare con una
simbologia: un uomo incatenato; cinque anatre; gruppi di acrobati; un uomo che
rema sull’acqua, ecc.Sulle basi delle colonne, teste semi umane capovolte
da cui emergono dei tronchi d’albero.
Elementi decorativiRitornando alla Loggia c’è da dire che negli stipiti e archivolti ci sono molti
motivi scolpiti:alcuni infernali, come la maschera demoniaca; un uomo peloso
simbolo della purezza degliuomini non toccati dal peccato; un drago; centauri
che suonano timpani e flauti; una coppia che compie atti in relazione alla
prostituzione; un uomo seduto a un tavolo in riferimento aimercanti valenciani; un lupo simbolo di avidità; un cinghiale simbolo di rabbia; una
capra; uncane simbolo d’invidia; lumache e tartarughe simboli della pigrizia;
il leone dell’orgoglio; unuomo che alza una mazza in preda alla follia-Altri motivi sono difficili da identificare con una
simbologia: un uomo incatenato; cinque anatre; gruppi di acrobati; un uomo che
rema sull’acqua, ecc.Sulle basi delle colonne, teste semi umane capovolte
da cui emergono dei tronchi d’albero.
Elementi decorativiRitornando alla Loggia c’è da dire che negli stipiti e archivolti ci sono molti
motivi scolpiti:alcuni infernali, come la maschera demoniaca; un uomo peloso
simbolo della purezza degliuomini non toccati dal peccato; un drago; centauri
che suonano timpani e flauti; una coppia che compie atti in relazione alla
prostituzione; un uomo seduto a un tavolo in riferimento aimercanti valenciani; un lupo simbolo di avidità; un cinghiale simbolo di rabbia; una
capra; uncane simbolo d’invidia; lumache e tartarughe simboli della pigrizia;
il leone dell’orgoglio; unuomo che alza una mazza in preda alla follia-Altri motivi sono difficili da identificare con una
simbologia: un uomo incatenato; cinque anatre; gruppi di acrobati; un uomo che
rema sull’acqua, ecc.Sulle basi delle colonne, teste semi umane capovolte
da cui emergono dei tronchi d’albero.
Elementi decorativiRitornando alla Loggia c’è da dire che negli stipiti e archivolti ci sono molti
motivi scolpiti:alcuni infernali, come la maschera demoniaca; un uomo peloso
simbolo della purezza degliuomini non toccati dal peccato; un drago; centauri
che suonano timpani e flauti; una coppia che compie atti in relazione alla
prostituzione; un uomo seduto a un tavolo in riferimento aimercanti valenciani; un lupo simbolo di avidità; un cinghiale simbolo di rabbia; una
capra; uncane simbolo d’invidia; lumache e tartarughe simboli della pigrizia;
il leone dell’orgoglio; unuomo che alza una mazza in preda alla follia-Altri motivi sono difficili da identificare con una
simbologia: un uomo incatenato; cinque anatre; gruppi di acrobati; un uomo che
rema sull’acqua, ecc.Sulle basi delle colonne, teste semi umane capovolte
da cui emergono dei tronchi d’albero.
La raffigurazione dell’uomo nudo nel Medioevo
simboleggiava il peccato della carne e l’iconografia, che circonda la porta d’ingresso
della Loggia, è una sequenza di peccati capitali
La raffigurazione dell’uomo nudo nel Medioevo
simboleggiava il peccato della carne e l’iconografia, che circonda la porta d’ingresso
della Loggia, è una sequenza di peccati capitali
La raffigurazione dell’uomo nudo nel Medioevo
simboleggiava il peccato della carne e l’iconografia, che circonda la porta d’ingresso
della Loggia, è una sequenza di peccati capitali
La raffigurazione dell’uomo nudo nel Medioevo
simboleggiava il peccato della carne e l’iconografia, che circonda la porta d’ingresso
della Loggia, è una sequenza di peccati capitali
La raffigurazione dell’uomo nudo nel Medioevo
simboleggiava il peccato della carne e l’iconografia, che circonda la porta d’ingresso
della Loggia, è una sequenza di peccati capitali
.Nella
Torre,
sul
prospetto di Piazza del mercato, sono presenti tre finestre.La
finestra inferiore presenta un arco acuto, quella al primo piano una forma
rettangolare e quella al piano superiore, di dimensione più piccole rispetto
alle precedenti, una struttura ogiva.
.Nella
Torre,
sul
prospetto di Piazza del mercato, sono presenti tre finestre.La
finestra inferiore presenta un arco acuto, quella al primo piano una forma
rettangolare e quella al piano superiore, di dimensione più piccole rispetto
alle precedenti, una struttura ogiva.
.Nella
Torre,
sul
prospetto di Piazza del mercato, sono presenti tre finestre.La
finestra inferiore presenta un arco acuto, quella al primo piano una forma
rettangolare e quella al piano superiore, di dimensione più piccole rispetto
alle precedenti, una struttura ogiva.
.Nella
Torre,
sul
prospetto di Piazza del mercato, sono presenti tre finestre.La
finestra inferiore presenta un arco acuto, quella al primo piano una forma
rettangolare e quella al piano superiore, di dimensione più piccole rispetto
alle precedenti, una struttura ogiva.
.Nella
Torre,
sul
prospetto di Piazza del mercato, sono presenti tre finestre.La
finestra inferiore presenta un arco acuto, quella al primo piano una forma
rettangolare e quella al piano superiore, di dimensione più piccole rispetto
alle precedenti, una struttura ogiva.
In
cima alla torre il terrazzo merlato e tre doccioni (due agli spigoli ed uno
centrale).La
sua parte sommitale presenta un diverso colore della muratura. Una diversità cromatica legata al differente periodo di costruzione di
questa parte della struttura. Infatti tra il 1897 ed il 1900 lo scultore Josè
Aixà Inigo e l’architetto Antonio Ferrer aggiunsero un piano alla torre
posizionando anche i doccioni e la merlatura che prima non era esistente. La
torre nel suo aspetto originale aveva una terrazza piana.
In
cima alla torre il terrazzo merlato e tre doccioni (due agli spigoli ed uno
centrale).La
sua parte sommitale presenta un diverso colore della muratura. Una diversità cromatica legata al differente periodo di costruzione di
questa parte della struttura. Infatti tra il 1897 ed il 1900 lo scultore Josè
Aixà Inigo e l’architetto Antonio Ferrer aggiunsero un piano alla torre
posizionando anche i doccioni e la merlatura che prima non era esistente. La
torre nel suo aspetto originale aveva una terrazza piana.
In
cima alla torre il terrazzo merlato e tre doccioni (due agli spigoli ed uno
centrale).La
sua parte sommitale presenta un diverso colore della muratura. Una diversità cromatica legata al differente periodo di costruzione di
questa parte della struttura. Infatti tra il 1897 ed il 1900 lo scultore Josè
Aixà Inigo e l’architetto Antonio Ferrer aggiunsero un piano alla torre
posizionando anche i doccioni e la merlatura che prima non era esistente. La
torre nel suo aspetto originale aveva una terrazza piana.
In
cima alla torre il terrazzo merlato e tre doccioni (due agli spigoli ed uno
centrale).La
sua parte sommitale presenta un diverso colore della muratura. Una diversità cromatica legata al differente periodo di costruzione di
questa parte della struttura. Infatti tra il 1897 ed il 1900 lo scultore Josè
Aixà Inigo e l’architetto Antonio Ferrer aggiunsero un piano alla torre
posizionando anche i doccioni e la merlatura che prima non era esistente. La
torre nel suo aspetto originale aveva una terrazza piana.
In
cima alla torre il terrazzo merlato e tre doccioni (due agli spigoli ed uno
centrale).La
sua parte sommitale presenta un diverso colore della muratura. Una diversità cromatica legata al differente periodo di costruzione di
questa parte della struttura. Infatti tra il 1897 ed il 1900 lo scultore Josè
Aixà Inigo e l’architetto Antonio Ferrer aggiunsero un piano alla torre
posizionando anche i doccioni e la merlatura che prima non era esistente. La
torre nel suo aspetto originale aveva una terrazza piana.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
Levatiano è un
mostro acquatico della tradizione biblica che fu
associato, da
Thomas Hobbes (1588-1679) a simbolo dell’onnipotenza dello Stato
nei confronti
dell’individuo. Simbolo del potere totalitario o anche di
una struttura
molto complessa ed estesa.
È presente
nell’Antico Testamento nel salmo 14,v,26 e salmo 74,v.14.
Un essere nato per
volere di Dio..
La citazione più
importante è nel libro di Giobbe:
« Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare
come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver
paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più
superbe. »
Alcuni
commentatori ebraici della Bibbia attribuirono al Levatiano la forma di un
coccodrillo. Una
identificazione legata al culto egiziano per il dio-coccodrillo
Sobek. Secondo
alcuni miti egiziani sarebbe stato lui il primo essere a emergere
dalle acque
fangose nel caos originario per creare il mondo. Il mito è
suggerito
dall’abitudine del coccodrillo del Nilo di restare immerso nel fango
per apparire,
all’improvviso, nel momento di attaccare una preda.
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
L’iscrizione
è legata al periodo in cui la Loggia fu una caserma militare.Quando
i soldati spagnoli, di stanza nella Loggia, vennero a conoscenza che la città
di Orano (Algeria Occidentale) fu presa dagli spagnoli, decisero di ricordare
l’avvenimento con l’iscrizione. La città
in realtà fu presa (riconquistata) dall’ammiraglio Blas de Lezo e dal generale Josè
Carrillo de Albornoz (I duca di Montemar) (entrambi spagnoli) il 2 luglio 1732. La data diversa, riportata nell’iscrizione, era dovuta alla mancanza d’informazioni
e cioè al ritardo con cui giunse la notizia a Valencia.
Nella
facciata sono presenti altre targhe commemorative legate a diversi enti: la targa
degli addetti al commercio per la pace
del 1876
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Sulla
facciata
del Padiglione del Consolato del Mar si distinguono tre piani.Al
piano terra si trovano quattro finestre ad architrave dritte che danno luce
alla Camera del Tribunale del Commercio.
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
Queste
finestre al piano terra sono prive di decorazioni e mostrano sono delle colonne con capitelli a decorazione vegetali. Di rilievo è la decorazione delle
mensole.Guardando
la facciata e partendo la sinistra le
decorazioni sono le seguenti:- Prima finestra – mensola sinistra: un drago alato
che tiene tra le fauci un fusto Prima
finestra – mensola destra; un drago alato che mantiene nella mascella una foglia (d’acanto ?);
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
- Seconda
finestra – mensola sinistra: figura di un uomo in atteggiamento sereno;- Seconda
finestra – mensola destra: un leone che tiene un filatterio (strisce di
pergamena) tra gli artigli
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Terza
finestra – mensola sinistra – drago alatoTerza
finestra . mensola destra; un rapace piumato;
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Il
piano superiore è la parte che risalta maggiormente ed è costituito da un
blocco con ottofinestre, di cui una è murata, e con superiormente alcuni
medaglioni.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
Ogni
finestra dell’ultimo piano presenta un parapetto in pietra con lo stemma della
città. Sopra le finestre un decoro
vegetale che si svolge lungo la parete e che esce dalla bocca di un drago posto
ad una estremità. Al di sopra si trova
un cornicione dove sono posti i doccioni e più in alto i medaglioni che portano
gli effigi di personaggi illustri, ciascuno dei quali è circondato da una ghirlanda.
Le merlature sono completate con la corona reale.Il
piano superiore ha un totale di ben quaranta medaglioni. Sedici sulla facciata
Ovest su Piazza del Mercato; sedici sulla facciata che conduce al Giardino e
otto sulla parete su via Cordellats. Medaglioni che sono disposti a gruppi di
due per ogni finestra.Non
si conoscono i nomi degli artisti autori dei medaglioni. La ricerca è difficile dato che presentano un
espressione artistica molto differente tra di loro. I medaglioni su Piazza del Mercato e su Via Cordellats presentano un espressione artistica mediocre.
Migliori sono quelli che si affacciano sul giardino e che furono attribuiti a
Jaume Vincent.Sempre in
merito ai medaglioni non si hanno precisi riferimenti in merito ai personaggi
che vi sono raffigurati.L’immagine
nel primo medaglione più vicino alla Torre dovrebbe essere del dio Hermes o Mercurio e i successivi cinque rappresenterebbero degli dei dell’Olimpo.Hermes, dio
del commercio e messaggero degli dei si riconosce per il suo caratteristico cappello (petaso) e per le due piccole ali. Seguono altri quattro medaglioni
che dovrebbero rappresentare Fernando ed Isabella di Castiglia (monarchi
cattolici), Massimiliano I e Carlo V. Sui medaglioni che sporgono sul
giardino le figure apparterebbero a
degli dei e a figure della mitologia.Due medaglioni su via Cordellats sono molto
deteriorati e due raffigurano con chiarezza Massimiliano I e la moglie Maria.
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
La
finestra destra presenta sempre sulle mensole:
finestra
destra – mensola sinistra: un dragofinestra
destra – mensola destra: un animale felino
dall’aspetto fantastico
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
Questa
facciata, su via La Lonja, presenta due parti che sono ben distinte. La prima parte è un semplice muro che chiude i magazzini che s’affacciano sul giardino interno (in questa parte della facciata si trova un piccolo ingresso per le
visite al giardino) e l’altra presenta un aspetto gotico. Il portale permette
l’accesso alla Sala delle Contrattazioni.Il
portale è una delle espressioni più suggestive dello stile gotico valenciano.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
È
costituito da una campata molto ampia formata da due archi ogivali sormontati da un altro arco ogivale. Al vertice c’è un rosone a forma di croce e su
entrambi i lati gli scudi della città di Valencia. Due pinnacoli fanno da
cornice al complesso artistico. Il timpano della porta non presenta raffigurazioni e una sottile
colonna forma il montante. La porta è costituita da due fogli di ferro con
battenti in stile gotico. Cinque piccoli gradini permettono l’accesso dalla strada alla sala.Nella
cuspide dell’arco troviamo la figura del Cristo Re con il globo in mano, lo
scettro e la corona.
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Di
grande valore artistico la decorazione vegetale del portale che s’alterna a
piccole figure umane in atteggiamenti grotteschi, ad animali fantastici o teste
umane.Sullo stipite sinistro
si nota l’altorilievo di una lumaca, un
animale ampiamente rappresentato nel Medioevo e di cui non si conosce il
significato esatto nel complesso figurativo
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Le
due finestre presentano un arco ogivale e ai lati due sottili pinnacoli con delle decorazioni.Nel
triangolo dell’arco della finestra di destra
è raffigurato il re Davide con una fionda tra le mani come ricordo della
sua impresa contro Golia. Nella finestra di sinistra, sempre nel triangolo dell’arco, è invece raffigurato
Sansone mentre prende le fauci di un leone.Entrambe
le scene potrebbero avere un significato
simbolico: Gesù che sconfigge il diavolo.Questa
spiegazione simbolica sarebbe legata al
concetto espresso da molti critici d’arte secondo la quale questa facciata della Loggia sarebbe
dedicata al Cristo mentre la facciata precedente, quella su Piazza del Mercato,
sarebbe invece dedicata alla Vergine.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Questo
prospetto della Loggia è vicino alla Plaza del Doctor Collado, un luogo ricco
di attività e di svago, e alla piccola
piazzetta con la Basilica del Sacro Cuore di Gesù. Gli spagnoli sono molto attenti alle
problematiche sociali e bisogna dare atto anche all’assessorato al Turismo di
Valencia di riuscire a comunicare le bellezze del suo territorio anche ai
portatori di handicap. Nella piazzetta
si trova un pannello in metallo della Loggia con iscrizioni in Braile per
permettere ai non vedenti di poter conoscere il meraviglioso aspetto
architettonico dell’edificio nei minimi particolari.
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
Accanto
alla piccola porta, che permette l’ingresso al giardino, si trova una targa commemorativa che riporta la dichiarazione di guerra contro Napoleone da parte del popolo di
Valencia attraverso le parole di Palleter(Vicente
Domènech, “El Palleter”, famoso personaggio popolare nella Guerra d’Indipendenza Spagnola).
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
5.
FACCIATA SU VIA CORDELLATS
(Lato
Nord dell’edificio)
(Lato Nord dell’edificio)
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
La
facciata della Loggia su Via Cordellats è costituita da un muro con pochi
elementidecorativi. Muro che fu restaurato nel 1930 dall’architetto Josè Maria
Cortina Pèrez con l’apertura di un ingresso sul giardino. Un ingresso con arco
ribassato e chiuso da un portone in ferro.
Ai lati dell’ingresso due semplici finestre chiuse da grate di ferro.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
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quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
Sempre su
Via Cordellats si trova il muro che chiude l’ala del Consolato del Mar. Su questo muro si trova una finestra ad architrave dritta che dà luce alla sala del Consolato del
Mar.. Anche qui sulle mensole ci sono delle raffigurazioni: un uomo barbuto su
quella di sinistra e due animali che combattono in quella di destra.Nella parte
superiore vi sono quattro finestre che corrispondono al piano superiore del Padiglione e otto medaglioni. Due finestre sono murate. Nella parte inferiore
del muro si sviluppa una modanatura che forse doveva essere ancora decorata.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La sala è il corpo principale dell’edificio e la sua
costruzione fu realizzata da Pere Compte e Johan Yvarra sul modello della Lonja
di Palma de Mallorca. Mercato de Palma che fu eseguito da Guillem Sagrera nel
1426 copiando la sala capitolare del Convento di Santo Domingo di Valencia.
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La Sala delle Colonne o Sala dei Contratti è un ampio
ambiente suddiviso in tre navate longitudinali di uguale altezza. La volta è sorretta
da colonne elicoidali su cui s’abbassano gli archi a costoloni, dando l'aspetto
vistoso di una palma. L'edificio è infatti concepito come un tempio del commercio
e presenta un marcato carattere simbolico collegato al paradiso: le colonne
sarebbero gli alberi e le volte rappresenterebbero la cupola celeste.Presenta una pianta di ( 35,60 x 21,39) metri con un’altezza di 17,40 metri (nel punto più alto) (All'esterno l'altezza della sala sommando
la merlatura è di 22,16 metri).
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
La volta fu dipinta nel 1498 dal
maestro Marti Girbes. Una colorazione in blu con stelle per simulare la volta celeste. Le chiavi della
volta erano dipinte in verde, foglia d’oro e rosso. Nel 1506 gli archi furono
dipinti in colore oro e tale rimasero
fino all’Ottocento quando si decise di eliminare ogni dipinto dalla Sala.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
“Sulle colonne e ad un'altezza di 12 metri sono
distribuiti sottili fasci di nervature a formare gli archi. Nelle sue chiavi
possiamo trovare figure di santi, ogni santo corrisponde al patrono delle
corporazioni valenciane dell'epoca. Un ornamento in corda intrecciata collega
le chiavi con le mensole, in chiaro riferimento alla corporazione dei sogueros
(cordai). Novantasette chiavi possono essere trovate in questa stanza, oltre ai
suddetti santi delle corporazioni, in esse possiamo trovare angeli e offerenti
musicali, scudi della città, scudi reali ecc”.La volta è sostenuta da ventiquattro colonne elicoidali. Di queste colonne
otto sono libere, dodici semicolonne si trovano nelle pareti e le restanti
quattro occupano gli angoli dell’ampio locale.
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Nel salone lungo le pareti, ad un altezza di 11,20
metri, si sviluppa un iscrizione latina in caratteri gotici che fu realizzata
nel 1498. Un iscrizione dipinta in oro su fondo scuro:
Inclita domus sum, annis aedificate quindecim gustate et videte concives
quoniam bona è negoziato che non agita dolum in lingua quae iurat next et non
deluso quae pecuniam non dedit ad usuram eius mercatores sic de gens diviciis
redundabit et tandem vita fruetur eternal.
Sono una casa famosa, costruita in quindici anni. Compatrici,
controllate e vedete quanto è buono il mestiere che non porta frode nella
parola, che giura al vicino e non manca, che non dà i suoi soldi con
l'usura. Il commerciante che fa questo traboccherà di ricchezza e quindi
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
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al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
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delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
Secondo
lo studioso valenziano locale, Joan Francesc Mira, questa iscrizione mostrava che non era necessario essere un protestante o uno straniero per stabilire le
basi di un buon commercio; bastava l'unione di etica ed economia.La
sala presenta quattro ingressi, uno su ogni facciata e la quarta permette l’ingresso
al giardino degli aranci.Il
pavimento della Sala è costituito da pezzi di marmo nero, bianco
e marrone chiaro. Marmi che, in alcuni punti, sono disposti in modo da formare
delle stelle a sei punti in riquadri. Il pavimento non è l'originale anche se
segue lo stesso modello, ad eccezione delle stelle che figuravano nell’impianto
originario.
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
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di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
In
questa sala fu installata la Taula de Canvis i depòsits (Tavolo
di cambio e deposito), istituita nel 1407 dal Comune di Valencia, che ottenne
prestigio per la sua solvibilità e volume di operazioni bancarie. Attualmente
la Taula o Tavola in cui sono state effettuate le transazioni commerciali,
nonché la prima cambiale nota in Spagna, si trova nell'archivio comunale di
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
Taula de Canvis i Depòsits de la Ciutat de València.
(secondo lo
storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I
d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i
Deposits
(di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
il 15 ottobre 1407
(entrò in funzione il 31 giugno 1408).
Taula che fu
abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò
fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti
nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima
che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione
dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto
nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula
valenziana:
Per essere un buon
pagatore come la Taula de Valencia
(secondo lo storico Sanchis Guarner, sarebbe stato il re Martino l’Umano, Martino I d’Aragona (Martino il Vecchio) ad autorizzare la creazione della
Taula de Canvis i Deposits (di modifiche e depositi) nella Città di Valencia
Taula che fu abolita nel 1416. Nel 1519 fu riaperta una nuova
Taula che durò fino al 1649. Per qualche tempo fu collocata nella
Sala dei Contratti nella Loggia della Seta. Nel 1649 apparve la
Taula Novissima che continuò a funzionare fino ai decreti Nueva Planta (1707)
Con l’abolizione dei fueros (statuti) scomparve definitamente nel 1719).
Esiste un detto nella tradizione valenciana che esalta la serietà e la correttezza
dell’antica Taula valenziana:
Per essere un buon pagatore come la Taula de Valencia
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
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grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
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grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
Nella
sala una porta permette l’ingresso nel Giardino degli Aranci. Le due facciatedell’ingresso presentano la stessa architettura. Un doppio arco ribassato che è sormontato da un
grande arco ogivale. L’arco poggia su due mensole decorate. Vi sono raffigurate
figure stravaganti, decorazioni vegetali e foglie.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
La
mensola di sinistra dell’arco interno presenta un centauro che suona uno strumento
musicale simile al tamburo mentre nella mensola di destra un centauro suona un
flauto.Nello
spazio che resta nell’arco ribassato è presente lo stemma di Valencia e nella parte superiore un rosone cruciforme.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Nell’arco
prospiciente il giardino sulla mensola di sinistra è raffigurato Sansone che
combatte con un leone mentre in quella di destra, un cavaliere a cavallo
inseguito da un uomo con una mazza in mano.Sugli
stipiti si trovano varie decorazioni di piante, lancieri, uomini a cavallo
draghi. È raffigurato anche un uccello piumato vicino a figure umane. In
un'altra scena un uomo si difende con un bastone da un animale mostruoso. Due
figure, vestite da pellegrini, riposano vicine mentre uno beve grazie ad una
zucca. In un'altra scena un animale attacca un uomo a cavallo che cerca di
difendersi con una lancia.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
in marmo ricorda la dichiarazione della Loggia della Seta come Patrimonio dell’Umanità. Sotto il logo dell’Unesco c’è un’epigrafe difficile da leggere:
Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
in marmo ricorda la dichiarazione della Loggia della Seta come Patrimonio dell’Umanità. Sotto il logo dell’Unesco c’è un’epigrafe difficile da leggere:
Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
in marmo ricorda la dichiarazione della Loggia della Seta come Patrimonio dell’Umanità. Sotto il logo dell’Unesco c’è un’epigrafe difficile da leggere:
Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
in marmo ricorda la dichiarazione della Loggia della Seta come Patrimonio dell’Umanità. Sotto il logo dell’Unesco c’è un’epigrafe difficile da leggere:
Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
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/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
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commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
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una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
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/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
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fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
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commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
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fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
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Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Attorno alla
fontana alcune panchine in pietra mentre
una scala in pietra conduce al piano nobile del Padiglione del Consolato, una
grande sala dove un tempo si svolgevano le sedute dei consolati o dei
consoli commerciali.Una lapide
in marmo ricorda la dichiarazione della Loggia della Seta come Patrimonio dell’Umanità. Sotto il logo dell’Unesco c’è un’epigrafe difficile da leggere:
Lonja de Valencia
/ dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in
commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Lonja de Valencia / dichiarato / Patrimonio dell'Umanità / dall'Unesco / il 7 dicembre 1996 / in commemorazione dei 500 / anniversario della sua costruzione / 19 marzo 1998.
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
Il tetto
della sala delle contrattazioni è a falde ed è raggiungibile da una scala a
chiocciola posta nella torre.Nella sala tra il 1836 ed il 1885 fu aperta una
porta che consente l’ingresso alla
cappella.
.......................
7. CAPPELLA
7. CAPPELLA
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
La
vecchia cappella era dedicata alla Vergine della Misericordia e la prima messa
vi fu celebrata il 26 maggio 1499.Fu
costruita tra i 1484 ed il 1486 e nella costruzione della volta a crociera
collaborò l’architetto Juan Guas che era al servizio dei monarchi cattolici.La
volta a stella costolonata è sostenuta da mensole decorate ed è composta da
nove chiavi. In quella centrale è raffigurata
la Vergine della Misericordia, in quattro chiavi si nota lo scudo o stemma della città e nei rimanenti degli
angeli musicanti.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
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de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Nelle
mensole si trovano le figure dei quattro evangelisti che sono attributi a Johan
de Kassel. In origine queste figure erano dorate così come le chiavi della
volta. Le mensole sono orientate in corrispondenza dei punti cardinali e le
figure dei quattro evangelisti sono rappresentati da animali:San
Matteo, l’uomo;San
Marco, il leone;San
Luca, il toro;San
Giovanni, l’aquila.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
Le
vetrate attuali non sono quelle originali e la finestra della cappella era
l’unica ad averle. Gli originali erano di Miquel Arnau e Arnau Moret,
mentre l’intaglio della finestra era
opera di Rollandus de Alemanya e Laurencius Picart. Le altre finestre erano
ricoperte da stoffe cerate che lasciavano passare la luce in modo uniforme.
Attualmente le finestre presentano dei
vetri opachi.La
finestra della cappella, che s’affaccia su Piazza del Mercato, presenta esternamente un arco ogivale che poggia su
mensole e la parte superiore ha delle decorazioni gotiche, vegetali e una grande coccarda crocifera.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
La
finestra che sporge sul giardino presenta un arco ribassato all’interno e a
sesto acuto, con argo ogivale sovrastante e decorazione gotica, all’esterno.
Nella chiave dell’arco a sesto acuto si trova un angelo con le ali spiegate.
Anche su questa finestra nella parte superiore è presente una coccarda
crucifera.La mensola di sinistra presenta un felino con la testa umana mentre la mensola
a destra un drago alato con testa umana.Un tempo all’interno della cappella erano presenti un altare, un fonte battesimale
in marmo di Carrara, una pala d’altare e un Crocifisso ligneo mentre le pareti
erano ricoperte da tende ed arazzi.
Croce sulla finestra esterna che sporge sul giardino
L’arco
ogivale dell’ingresso della cappella presenta in alto l’immagine del Cristo con
il mano il globo del mondo. Un ingresso decorato con raffinata cura e coronato
da una crucifera e da due lunghi pinnacoli fissati al muro su entrambi i lati. La
scultura del Cristo Re è attribuita a Johan de Kassel ed era originariamente
policroma.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
Un
portale con al centro lo scudo della città e sopra un rosone cruciforme. La
mensola sinistra dell’arco presenta le figure di strani animali con teste umane
e delle foglie mentre quella di destra ha una rappresentazione più dura e
sessuale con una donna che tiene in mano un animale. L’animale alza la coda
mentre il diavolo introduce aria con un mantice attraverso l’ano dell’animale.
La decorazione fu una ricreazione
neogotica risalente al XX secolo. Una volta questa porta d’accesso al Consolato non esisteva e su questa parete
della cappella si trovava la pala d’altare. Una volta aperto questo ingresso,
la pala fu sposta sotto la finestra. Praticamente dell’utilizzo del vano come
cappella rimane ben poco tranne la decorazione architettonica. Una volta, fino
al 1891, c’era una tela che raffigurava il Cristo Crocifisso. Una tela d’autore
ignoto e risalente al XVI secolo che oggi si trova nel Comune di Valencia.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’accesso alla torre avviene grazie ad una porticina
posta all’interno della sala dellecontrattazioni, a pochi a metri a destra
dell’ingresso della cappella.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
L’ingresso è adornato con trafori vegetali e varie
figure storiche. È protetto da una cancellata in ferro mentre la porta fu
decorata in epoca moderna anche se con motivi iconografici medievali. Il colore
della pietra indica che si tratta di un restauro.L’arco è adornato nella sua parte superiore da una
serie di piante intrecciate. Sopra la porta e sotto l’arco ogivale si trova
scolpito un angelo con un cartiglio tra le mani e all’esterno dell’arco un uomo
nudo con una borsa in mano che corre inseguito da un altro uomo. Sulla mensola destra dell’arco è raffigurata
una donna alata nuda che è morsicata in petto da un drago. L’episodio è un
riferimento alle punizioni che subirà la donna lussuriosa.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Questa porta fu la prima ad essere costruita in tutta
la Loggia. È alta 1,80 m e larga 80 cme
la sua decorazione è una ricostruzione neogotica dei primi del Novecento.La scala d’accesso è circolare, a chiocciola e senza
rampa. I gradini sono attaccati al muro cilindrico che la circonda.La torre è a pianta quadra ed è equidistante dalla
sala del Consolato e dalla Sala delle Contrattazioni.Il primo piano della torre è costituito da una stanza
che fu costruita tra il 1491 ed il 1494. Secondo la tradizione si narra che la stanza fu adibita a prigione
ma la citazione non è sicura dato che la stanza è un disimpegno verso altre
stanze.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Nel vano sono presenti due ampie finestre che si
affacciano sulla Piazza del Mercato e sulgiardino. Una porticina immette
nell’area privata del custode del Padiglione del Consolato. La copertura è
costituita da una volta a crociera sorretta da pennacchi.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Al secondo piano della torre la sala è coperta da una
volta a botte. Anche qui sono presentidue finestre, una su Piazza del Mercato
e l’altra sul giardino.La prima finestra
è piccola con un arco ogivale di dimensioni ridotte e priva di qualsiasi decorazione. In
questa finestra fu posizionato un orologio che successivamente fu rimosso.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Nel passaggio dal secondo piano al terzo piano della
torre si trova una porta che permettel’accesso al tetto della sala delle
contrattazioni e al suo passaggio
pedonale.Il terzo piano permette l’accesso al piano superiore
del Padiglione del Consolato grazie ad una piccola scala in legno. Infine
s’arriva alla terrazza della torre,
d’epoca moderna.Alla
torre e alla terrazza si accede da una scala a chiocciola che in origine era
composta da 110 gradini. Vero il 1896 la torre fu sopraelevata e fu necessario aggiungere dei gradini che diventarono 142. La
scala a chiocciola è un alto esempio d’architettura gotica eseguita da Pere
Compte.
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
Sulla destra si
notano le piccole finestre della torre dove si sviluppa
la scala a
chiocciola
la scala a chiocciola
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
…………………………….
9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
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9. IL PADIGLIONE DEL CONSOLATO
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
La costruzione del Padiglione Consolare o
"Consolat del Mar", in stile gotico, iniziò nel 1498 e fu completata
nel 1548. Pere Compte iniziò i lavori ma morì nel 1506 avendo completato i primi due piani. Tra il 1506 e il 1533 Johan Corbera continuò per il terzo
piano e sarebbe stato Domingo Urtiaga nel 1548 a completarli con l'asta
dell'edificio e con l'opera dei medaglioni rinascimentali.Il Padiglione del Consolato
o "Consolat del Mar" porta questo nome perché ai suoi tempi ospitava
la Corte del "Consolat del Mar", un'antica istituzione valenciana
creata l’uno dicembre 1283 dal re Pedro III d'Aragona (1276-1285). per trattare
e giudicare questioni marittime e commerciali. Fu il primo tribunale
commerciale fondato in Spagna.Il Consiglio Comunale nel 1407 determinò che le usanze del mare e le
vertenze giudicate fino a quel momento,
fossero raccolte e annotate in
un libro. Nacque così il Codice conosciuto come "Llibre del
Consolat del Mar", un vero gioiello che è conservato nell'Archivio
Comunale di Valencia.
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
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Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
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Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
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Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Il Padiglione è composto da un seminterrato,
piano terra - sala principale e pianosuperiore.
Seminterrato
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
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giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
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giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
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giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
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giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
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giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Al
piano seminterrato si accede tramite una porta posta nel sottoscala che dal
giardino conduce alla Sala del Consolato posta al primo piano. Il piano
interrato è illuminato da una finestrella posta sulla facciata prospiciente
la Piazza del Mercato e inaugurata nel XVIII secolo. Un locale forse adibito a carcere ?
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Il
piano seminterrato è costituito da due ambienti indipendenti separati da un
muro nel quale si apre una porta di comunicazione. La prima
stanza è molto più piccola della seconda, Quest’ultima è sostenuta
da pilastri ottagonali ed è chiusa da una volta a crociera. Ha
una panchina in pietra che si sviluppa lungo le pareti.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
Al
piano terra si trova il locale che ospitava il Tribunale Commerciale. A questa
stanza si accedetramite un portale ad arco ogivale , esistente
nel giardino. Ha anche un altro accesso attraverso un portale, nella
cappella situata al piano terra della torre, che fu aperto nel XVI secolo.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
In origine la disposizione di questa grande sala era
diversa perché presentava un piccolo androne che da un lato conduceva alla
cancelleria e dall'altro lato aveva accesso all'aula del tribunale.Presenta
una pianta rettangolare con quattro finestre ad architrave dritte che si
affacciano sulla realizzato nel 1503.
SALONE
PRINCIPALE
PRIMO
PIANO
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PRINCIPALE
PRIMO
PIANO
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PIANO
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Alla
sala principale o Camera del Consolato del Mar (Consolat del Mar), si accede attraverso un'ampia scalinata in pietra posta nel giardino e realizzata nel
1503. Questa sala è anche chiamata Camera d'Oro o Sala d'Oro e nel1920 vi fu
collocato il soffitto a cassettoni negli attuali Giardini del Palazzo della
Generalitat.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il portale
d’ingresso è costituito da un arco ogivale. Nelle due mensole dell’arco si trovano delle figure grottesche.
Nella mensola sinistra un diavolo
divoratore e in quella destra un grifone.
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
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posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Il soffitto a cassettoni fu realizzato tra il 1418 ed
il 1426 da Juan del Poyo mentre la doratura fu realizzata tra il 1442 ed il
1445. Si compone di ben 670 pezzi con raffigurazioni a carattere zodiacale,
bellicosi, grotteschi, araldici, chimerici, vegetali e musicali. L’autore
dell’interessante ricerca afferma che in realtà non si tratta di un soffitto a
cassettoni ma di un “alfarje”.(Secondo la RAE – Royal Spanish Academy – alfarje,
dall’arabo Alfàrs “arazzo come letto”- E’ un soffitto ligneo intagliato ed intrecciato artisticamente,
calpestabile o meno. In termini tecnici è un soffitto ligneo orizzontale e ad
incastro che in molti casi è ulteriormente intagliato e dipinto. Sono una serie
di travi principali e un secondo ordine di travi chiamate “jaldetas” che sono
posizionati sulle trave principali in perpendicolare e a loro fissate. Un
soffitto che erausato nell’architettura mudèjar e musulmana.In Andalusia gli “alfarjes” si trovano nel Real
Alcazar di Siviglia, nella Moschea di Cordova,nell’Alhambra di Granada, nel
palazzo del Condestabile Iranzo a Jaèn.A Segovia nella Chiesa di San Millàn, a Saragozza nel
Palazzo dell’Aljferìa e a Ciudad Real nella Chiesa Parrocchiale di Almodòvar
del Campo).
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
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nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Un gioiello artistico d’inestimabile valore.Una vera meraviglia, non solo per la ricchezza dei materiali
utilizzati nell'opera, ma anche per lo spreco di motivi e ornamenti che vanta,
scolpiti, dorati e policromi. Tutti i pezzi che compongono questo pregiatissimo
soffitto a cassettoni, esemplare unico del XV secolo, sono diversi, e in essi
sono riprodotte una varietà di scene curiose; giochi di bambini, combattimenti
di guerrieri, esibizioni di musicisti, figure chimeriche e grottesche, motivi ornamentali di animali e piante ..... Così troviamo figure di profeti nei
beccatelli e figure umane tra le parentesi graffe e soprattutto evidenziano
anche l'abbondanza di scudi araldici della città.Le cronache dicono che
il re della Corona d'Aragona, Alfonso v el Magnánimo (1416-1458) si recò
espressamente a Valencia per vedere questa pannellatura quando fu collocata
nella Casa della Città.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
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collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
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legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
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le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
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(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
Le dimensioni della pannellatura originale non corrispondevano
esattamente alle dimensioni di questa stanza, quindi al momento della sua
collocazione sono stati aggiunti alcuni nuovi elementi dimensionali seguendo i
modelli originali. Pertanto, le travi numerate “2” (all'inizio della stanza) e “22”
(situata verso il fondo della stanza) sono realizzate in gesso che imita il
legno, così come altri elementi decorativi.La sala è illuminata da quattro grandi finestre rettangolari con doppi montanti
su ciascuno dei suoi lati lunghi di cui una cade sul patio degli aranci mentre
le restanti sulla Piazza del Mercato.
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SUPERIORE
SECONDO
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Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
nellatorre ed erano le stanze private del guardiano e del personale del
mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
nellatorre ed erano le stanze private del guardiano e del personale del
mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
nellatorre ed erano le stanze private del guardiano e del personale del
mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
nellatorre ed erano le stanze private del guardiano e del personale del
mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
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mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
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Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
Al
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mercato.Questa parte del
Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
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Al
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Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
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secondo piano del Padiglione del consolato si accede attraverso la scala posta
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immagini che furono scolpite in età rinascimentale e che accompagnano lo stemma
della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
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Padiglione del Consolato, vista dalla Piazza del mercato, presenta sulla facciata la galleria costituita dagli archi e i numerosi medaglioni con le immagini di divinità pagane, personaggi illustri. Tutte
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della città che viene ripetuto più volte come a testimoniare la grande importanza e supremazia del commercio cittadino e delle sue giurie.
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10. MEDAGLIONI
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10. MEDAGLIONI
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10. MEDAGLIONI
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
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probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
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memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
I medaglioni, con le figure dei personaggi, attirano
moltissimo l’attenzione dei turisti forse peril loro aspetto Rinascimentale in
un edificio gotico..Questi capolavori nascondo però un aspetto che
probabilmente sfugge anche al turista più attento e sensibile.. Gli artisti, che crearono i medaglioni, si servirono
delle immagini per sviluppare una
memoria visiva. Infatti adoperarono le immagini per ricordare gli illustri
personaggi storici o mitologici che siano.Grazie alla memoria visiva gli uomini preistorici riuscirono ad
apprendere, a destreggiarsi nei pericoli e ad imparare dall’ambiente
circostante. La nostra conoscenza del mondo è stata appresa attraverso gli
organi di senso e in primis dalla vista.Poter vedere l’immagine rafforza il suo ricordo
piuttosto che soffermarsi su una semplice lettura della parola su una targa.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
In totale ci sono quaranta medaglioni che sono
raggruppati a coppie:
-
Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
-
Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul
giardino;
-
Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via
Cordellats.
- Sedici medaglioni (otto paia) su Piazza del Mercato;
- Sedici medaglioni (otto paia) sul prospetto che dà sul giardino;
- Otto medaglioni (quattro paia) sulla facciata di Via Cordellats.
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
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diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
Furono realizzati tra il 1533 e il 1534 e coincisero
con l’ultimazione dei lavori alla Loggia. Non si conoscono i nomi degli artisti e non tutti sono di pregevole
fattura indice d’una “mano artistica”
diversa.L’identificazione dei personaggi non è facile. Alcuni
di loro sarebbero dei re regnanti al momento della costruzione del Padiglione
del Consolato della Loggia. Secondo alcuni storici le immagini furono tratte
dalle monete che allora circolavano in città oppure da incisioni/tele dipinte.Diversi autori si cimentarono nella loro
identificazione e in particolare l’opera
di Vincente L. Simò Santonja “I Medaglioni del Sosulado del Mar de La Lonja de
Valencia” è una delle più importanti perché portò ad una identificazione dei
vari personaggi raffigurati.
I medaglioni
su Piazza del Mercato riportano personaggi mitologici:(da sinistra,
angolo con via Cordellats, a destra, adiacente alla Torre)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
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Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
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Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
I Medaglioni
del Padiglione del Consolato su via
Cordellats(da sinistra
a destra)
Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
......................................
Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
......................................
Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
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Giovanna La Pazza e Filippo I
D’Asburgo ( di Castiglia) (El Hermoso)
Massimiliano d’Austria e Maria de
Borgogna
Germana de Foix e Ferdinando
d’Aragona (Duca di Calabria)
Maria Luisa Manrique de Lara (moglie del Gran capitano) e
il Gran Capitano (Gonzalo
Fernandez de Cordoba)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
I
Medaglioni del Padiglione del Consolato prospiciente il Giardino degli Aranci
(da sinistra a
destra)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Ferdinando II d’Aragona ed Isabella I di Castiglia
(Re Cattolici)
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
Simò Santonia identificò quindi due gruppi di
personaggi che fanno riferimento allmitologia ed alla storia. I personaggi
reali sarebbero legati alla casa d’Austria(agli Asburgo) o ai re che all’epoca
regnavano in Spagna. Spicca l’eventuale ritratto del Gran Capitano e di sua
moglie che sarebbero lontani dalle figure precedenti. Ritornato dall’Italia ilGran Capitano, Gonzalo Fernandez de Cordoba (Gran Capitano del
Regno di Napoli, vicerè di Ferdinando il Cattolico a Napoli dal 1504 al 1506, e
duca di Terranova e di Sessa), sitrovava a Valencia e ai suoi tempi era un
personaggio famoso a tal punto che gli intagliatori del mercato vollero
dedicargli un medaglione.Lo storico optò per i personaggi della mitologia
classica ma altri storici furono più cauti e non osarono identificare i
personaggi.
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11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
11. Le
GARGOYLES
( I Doccioni)
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
“Gargoyle” è il corrispettivo inglese del termine
italiano “doccione” ed è quella creatura mostruosa in pietra che sporge dalla
sommità delle cattedrali gotiche in compagnia dei suoi simili. La leggenda
vuole che i gargoyles possano animarsi per difendere la loro chiesa quando un
malintenzionato s’avvicini. Svolgono una
funzione decisamente più umile perché permettono il deflusso dell’acqua dai
tetti e dalla grondaie per impedire che le pareti si logorino sotto l’azione
dell’acqua. Il termine sembra che derivi dal latino “gurgulio”, “Gargula”
(esofago, gola), parole simili derivanti dalla radice “gar” (deglutire) che
rappresentava il gorgogliare dell’acqua.Un’altra leggenda, questa volta francese, cita San
Romain, ex cancelliere del re merovingio Clotario, che fu nominato vescovo di
Rouen. Il vescovo liberò Rouen e i paesi vicini da un mostro che era chiamato
“Gargouille o Gojji”.Il Gargouille era il tipico drago con ali simili a
quelle dei pipistrelli, un collo lungo e la capacità di buttare fuoco dalla
bocca.San Romain sottomise il drago, secondo alcune
versioni, con un Crocifisso oppure riuscì a catturare il drago con l’aiuto
volontario di un condannato a morte.Il mostro venne quindi condotto a Rouen e bruciato ma
il collo e la testa non bruciarono perché erano capaci di emettere le fiamme.La testa venne quindi montata sulle pareti della
chiesa per spaventare gli spiriti maligni e utilizzata come protezione
dell’edificio. In commemorazione di San Romain, agli arcivescovi di Rouen fu
concesso di liberare un prigioniero il giorno in cui il reliquario del Santo fu
portato in processione.
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
La Loggia presenta ben 28 gargoyle (doccioni) che
circondano la parte superiore dell’edificio. Quindici si trovano sull’ala del
Salone dei Contratti, sette nel Padiglione del Consolato del Mar e sei nella
Torre.Sono figure mostruose ispirate ai trattati di Plinio (“Il Fisiologo” ) e ai
“Bestiari” di Sant’Isidoro. Sono figure mostruose spesso dai lineamenti umani e
in atteggiamenti anche molto violenti e che di solito alludono a vizi o virtù.I doccioni al momento della costruzione della Loggia
avevano una loro funzione specifica legata alla raccolta dell’acqua piovana dai
tetti dell’edificio ed avevano anche un programma iconografico ben preciso. I vecchi doccioni sono andati
perduti e quindi l’antico programma iconografico non è identificato. Fino al
1535 i doccioni erano chiamati “canali”. COLLOCAZIONE DEI DOCCIONI
(GARGOYLES)
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
I doccioni della Sala dei Contratti furono opera di
Pere Compte e Johan Yvarra e Alfonsode Leo.Nel 1498 furono messi in opera e nel 1505 erano già
presenti.I doccioni del Padiglione del Consolato furono invece
opera dell’architetto Johan Corbera e furono realizzati dalle maestranze di
scalpellini alle sue dipendenze tra il 1511 ed il 1516
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
N. 1
Uomo selvaggio (satiro ?) e peloso con brocca in mano
E’ un simbolo di vizio, gola o rabbia incontrollata
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
…………………………….
N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N.4
Un Uomo o un frate con la bocca aperta.
Tiene tra le mano forse un rettile
(ricreazione neogotica)
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N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
N. 10
Un uomo alato inserisce il suo pene in un vaso
(ricreazione neogotica)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
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N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
……………………………..
N. 15
Un animale demoniaco con le ali
(Una figura che è associata all’invidia)
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
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N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
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N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
…………………………………
N. 20
Una figura con
l’abito di un monaco porta sulle gambe una piccola
figura umana nuda
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
I numeri, in
rosso, posti sugli spigoli della Loggia indicano la posizione degli
stemmi araldici
1
– Angolo tra Piazza Mercado e Via Pere
Compte; scudo portato da due angeli
2
- Stemma tra Via Pere Compte e Via
Lonja; lo stemma presenta una targa di
marmo con impressa la data d’inizio dei lavori;
3
- Stemma posto all’angolo tra la Piazza
del Mercato e via Coddellats. Si tratta di una ricreazione neogotica come si
può notare anche dal diverso colore della pietra rispetto al muro. Altro
aspetto particolare è legato alla
presenza di sfere sulla corona.
4
– Scudo della Città ; angolo Via Cordellats – Via La Lonja
………………………………
13.
LE DIVERSE DESTINAZIONI D’USO DELLA LOGGIA
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
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14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
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14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
La
Loggia nel corso dei secoli ha subito diverse destinazioni d’suo che hanno
arrecato non pochi danni. Con un accurato lavoro di restauro furono
ripristinate le parti danneggiate e considerando che la torre era rimasta
incompiuta, fu sopraelevata aggiungendo doccioni e merlatura da parte del
Consiglio Comunale.Nella
Loggia, in qualità di luogo per l’aggiudicazione di appalti pubblici, vi si
svolgevano le “aste di locazione” dei diritti della Generalità del Regno di
Valencia.Nel
corso dei secoli fu spesso adibita anche a deposito di grano durante i vari
periodi di carestia.Dopo
la Guerra di Successione Spagnola, l’edificio fu adibito anche a caserma
militare e il giardino a cucina per le truppe. L’edificio in quel periodo era
conosciuto con l’appellativo di “The Principal”. Come caserma fu utilizzato
fino al 1762 quando venne abbandonato dai militari. Questa destinazione d’uso
arrecò parecchi danni all’edifico con un grave deterioramento delle strutture e
dell’architettura. Fu
utilizzato anche come ospedale di fortuna durante la peste e le epidemie di
colera del XIX secolo.Gli
interventi di restauro del XIX secolo e dell’inizio del XX secolo riuscirono a
riportare l’edificio all’antico splendore.La
domenica nella Loggia, almeno fino a poco tempo fa, si svolgeva un commercio
legato alla filatelia ed alla numismatica.Alla
fine della guerra civile spagnola ( 1936 – 1939) il governo delle Repubblica si
rifugiò alla Lonja.
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
………………
14.
I SEGNI
DEI MAESTRI SCALPELLINI
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
I
segni nei lapicidi sono delle tracce, di piccole dimensioni e raffiguranti diversi soggetti (lettere, figure geometriche, numeri, ecc.), presenti sulla
superficie dei conci di pietra in molti edifici che vanno dall’età classica a
quella medievale. Gli autori di questi segni furono gli artigiani addetti alla
lavorazione della pietra (scalpellini, cavatori, scultori, magistri) e la buona
fattura d’esecuzione dei segni, il tipo d’incisione e la loro ripetitività, li
rendono distinguibili da eventuali altri segni presenti nell’edificio. Questi
marchi o simboli si ritrovano spesso in cantieri ben organizzati e in edifici
monumentali sin dall’epoca classica. Nel periodo alto-medievale (500 – 1000)
d.C. questi segni erano assenti ma
questo è spiegabile con la drastica riduzione dei cantieri edilizi e quindi la
minore richiesta di manodopera specializzata.Infatti
dal XII secolo questi segni riapparvero in moltissimi edifici come conseguenza
sia di uno sviluppo urbanistico sia per le presenza di maestranze che attraversarono
l’Europa da un luogo all’altro.Gli
studiosi hanno distinto i segni in due grandi classi: segni di utilità e segni
di identità.Con
il termine di “segni d’utilità” si definiscono tutti quei segni che,
attraverso la loro apposizione sulla superficie del concio, aiutavano l’artista
a realizzare ed a organizzare al meglio il proprio lavoro.I
“segni d’utilità” comprendevano:-
I
segni di Cava : erano generalmente numeri romani e tracciati nella parte
centrale del concio. Erano opera degli addetti alla sbozzatura dei pezzi
estratti dalla cava. Operazioni che venivano effettuate in maniera grossolana.
L’obiettivo di questi segni erano molteplici. Indicavano le zone di provenienza
del materiale più o meno pregiato della stessa cava o anche di cave diverse.
Generalmente in epoca medievale questi conci con il marchio di cava venivano
inseriti all’interno della muratura mentre in età classica erano posti in
posizione visibile:-
Segni
ai apparecchiatura e di spessore; i
primi indicavano al costruttore le pietre da inserire nella muratura, contigue
ed in senso orizzontale. Venivano segnate con figure geometriche o linee su di
una delle estremità del concio che dovevano trovare il loro completamento o
prolungamento attraverso il medesimo segno inciso nell’estremità della pietra
contigua. Una funzione simile avevano anche i segni di spessore, che mediante
linee o figure geometriche, indicavano le pietre del medesimo spessore da inserire
nello stesso filare;-
Segni
di posa o di localizzazione, erano quelli tracciati su conci modellati per
stabilire il loro esatto inserimento negli stipiti o nelle ghiere delle
aperture. Erano segni dell’alfabeto o numeri romani che erano tracciati con uno
strumento a punta fine e sulla superfice a vista del concio.Ai
“segni d’identità” appartengono invece
tutti quei segni che sono collegati all’identità e al lavoro del singolo
“maestro”.I
loro caratteri figurativi sono moltissimi, fra i più frequenti. le lettere
dell’alfabeto, figure geometriche, raffigurazioni di animali o strumenti da
lavoro.I
segni venivano tracciati con attrezzi a punta fine, con estrema cura e
posizionati solitamente al centro della superficie del concio. La loro numerosa
ricomparsa sugli edifici di età medievale si colloca dall’inizio del XII secolo
ed ogni
lapicida aveva un proprio segno distintivo. In molte aree europee la loro presenza è
spiegata con le forme di pagamento presenti sul cantiere in base alle quali il
lapicida veniva retribuito a seconda del numero di pietre lavorate.È
probabile che questi segni identificativi siano anche un linguaggio tra i
maestri e i lapicidi necessario per il controllo qualitativo del lavoro
eseguito o anche per identificare un gruppo di lapicidi all’interno dello
stesso cantiere. Mentre la funzione legata al pagamento si esauriva al momento della conta delle
pietre, le altre interpretazioni
presupponevano dei messaggi tra i lapicidi e
gli altri collegi di lavoro e anche con gli stessi maestri. Messaggi che
dovevano rimanere ben in vista per eventuali e ripetuti controlli. Questo
spiega anche il motivo per cui si segni d’identità sono sempre incisi sulla
faccia visibile del concio. C’è da dire che i segni, quando sono presenti in un
edificio, sono importanti perché permetterebbero la conoscenza del numero
complessivo di
lapicidi che lavorarono in un edificio e in alcuni casi, in base alla lettura linguistica dei marchi, anche alle etnie di appartenenza. La localizzazione in
pianta e prospetto dei segni, soprattutto se unita ad una corretta lettura
stratigrafica, può far comprendere la divisione delle giornate lavorative, la
quantità degli uomini impegnata e le fasi costruttive stesse del complesso,
mentre nei casi di sporadica presenza di segni, questi possono segnalare i punti di lavorazione degli specialisti.
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
15. L’ULTIMA SCOPERTA NELLA FACCIAIA DELLA
LONJA….L’IMMAGINE DEL RE ALFONSO IL MAGNANIMO
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
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Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
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Alfonso il Magnanimo.
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Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
Sulla facciata della Loggia, su Piazza del Mercato, in
alto è posto lo scudo del regno di Valenciasormontato da un elmo.All’interno dell’elmo è stato scoperto un volto che rappresenterebbe il re
Alfonso il Magnanimo.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
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del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
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del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
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La
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para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
scoperta fu il rinvenimento di un proiettile di piombo sul muro del patio degli
aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
un laboratorio del Politecnico per l’analisi del calibro e della sua
composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
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di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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composizione.
La
scoperta durante i lavori di pulizia eseguiti dalla Società “Estudio de Methods
para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
l’archeologo l’elmo e lo stemma sulla facciata Ovest, come la maggior parte
degli stemmi presenti sulla Loggia, apparterebbero ad Alfonso il Magnanimo e
l’immagine rivenuta potrebbe rappresentare il sovrano. Un
rinvenimento che esalata ancora una volta la grande ricchezza di iconografica
di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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La
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para la Restauraciòn” (EMR) sotto la direzione dell’architetto e vicedirettore
del Forum Unesco, Manuel Ramorez. La pulizia ha portato alla luce il viso che i scalpellini della Lonja scolpirono sotto l’elmo.L’effige
è alta 28 cm per circa 15 cm di profondità. Un ritrovamento insolito.Secondo
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di questo monumento con giusto titolo dichiarato Patrimonio dell’Umanità.Un'altra
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composizione.
La
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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La
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aranci. Un muro che è pieno di fori di proiettili risalenti all’invasione
napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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La
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composizione.
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napoleonica. Il proiettile fu rinvenuto in uno di questi fori e fu inviato ad
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composizione.
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