MONTE PELLEGRINO (R.N.O.) - Palermo - "Il Promontorio più bello al mondo.." -
Prima Parte -
Il Castello Utveggio - Le Batterie Contraeree sul Monte
Nel
mese di settembre 1929 erano stati già
realizzati: la prima elevazione; le torrette panoramiche; la strada d’accesso;
le costruzioni accessorie; la sistemazione a verde dell’area.
Nel 2017 Castello Utveggio era ancora chiuso e in uno stato di degrado. Procedeva la liquidazione del Cerisdi che una volta completata consentiva alla Regione di rientrare in possesso del bene. Frattanto si moltiplicavano sui media le denunce sullo stato di incuria e degrado cui era soggetto l’edificio. Molti cittadini esprimevano il loro disappunto con proteste simboliche. Si costituì l’Associazione “Salviamo Castello Utveggio”. Nel mese di novembre 2017, 22 associazioni presentarono un esposto alla Polizia Municipale.. secondo il Presidente della Fondazione Unesco e docente di Sociologia dell’Ambiente all’Università di Palermo, Aurelio Angelini fu “scelta un assegnazione ad un ente che ha lasciato pure debiti da ripianare, ci vuole un piano serio” perché il “castello potrebbe fungere da rilancio del territorio”.
Alcune postazioni della
contraerea nazista
Quando furono create queste postazioni ?
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Il Castello Utveggio - Le Batterie Contraeree sul Monte
Indice
La
Storia del Castello – Il Cav. Michele Utveggio – l’Occupazione Tedesca ed Americana
–
Il
Collegamento della Struttura con l’attentato al Giudice Paolo Borsellino e la
sua Scorta –
La
visita di Papa Giovanni Paolo II
La
Struttura Interna
Le
Curiosità del castello
Le
Voci Misteriose (Il Giudice che rifiutò l’incarico per un indagine…. Lo Snodo
di Palermo.. Raimondo Lanza di Trabia (Video “L’uomo in Frack”)
Il
Castello in Abbandono
La
Testimonianza della Signora Angela Gatto nella Colonia estiva del 1950
Postazioni
Contraeree sul Monte Pellegrino
La
Contraerea Nazista e Fascista
Video
su parte delle Postazioni
I
Cannoni e i Radar
I
Bombardamenti del 1943
Video
“Il castello Utveggio nella Seconda Guerra”
Postazione
Militare all’inizio della Scala Vecchia
I
serbatoi della Marina Militare progettati dall’ing. Pier Luigi Nervi
Progetto
“La Storia racconta la Storia”
La
“Casermetta” del Parco della Favorita (Ing. Nervi)
Video
sulla Casermetta
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Il
castello Utveggio non ebbe mai una funzione militare. La sua costruzione
iniziò nel 1928, su progetto dell’arch. Giovan Battista Santangelo (professore
della Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Palermo), ultimato nel 1933 ed
inaugurato nel 1934.
Nel
1926 Michele Utveggio, titolare di un
impresa edile molto attiva a Palermo, decise di costruirsi una casa di villeggiatura
in contrada Giacalone, una località montana vicino Palermo.
Il Cav. Michele
Utveggio è al centro della foto
Lo
stesso Utveggio avanzò la proposta di realizzare nella villa anche un
ristorante con belvedere. L’idea venne
inserita in un progetto ma venne modificata o meglio spostata la
zona in cui realizzare l’opera: non più contrada Giacalone ma sul Monte
Pellegrino.
Alla
fine del 1927 Michele Utveggio presentò al Comune di Palermo il progetto
definitivo “ Progetto Utveggio per un
grande ristorante belvedere sul Monte Pellegrino”
Gli
obiettivi del progetto furono ampliati. Non solo un ristorante Belvedere ma
anche la realizzazione di una strada d’accesso carrozzabile e soprattutto di
una funicolare in grado di consentire un facile accesso ai fruitori della
struttura. Un progetto ambito che fu ampliato per fini turistici con la
previsione di un grande albergo con tutte le infrastrutture e una serie di
villini.
Nel
lontano 1905 era stata studiato un piano per la” quotizzazione dei terreni sul Monte Pellegrino”, modificato nel
1910 e nel 1922, che prevedeva una zona da rimboschire, un’altra zona di
destinare a pascolo ed una da lottizzare con la costruzione di "villini”.
Lo
stesso Utveggio promise inoltre la realizzazione di un serbatoio idrico ed di
un sistema di pompaggio dalla sottostante Piazza del Capo e si dichiarò anche
pronto ad acquistare circa 6,5 ha di terreno montagnoso in località “Primo
Pizzo” di Monte Pellegrino.
Non
era la prima volta che l’imprenditore e costruttore proponeva accordi alle Istituzioni per la
realizzazione di opere importanti per lo sviluppo sociale e culturale della
città. Nel 1897 aveva proposto al Comune un progetto per la realizzazione, con
le sue risorse finanziarie, del nuovo mercato Buttafuoco alla Conceria e nel
1925 la realizzazione di una grandiosa Galleria simile a quelle di Napoli e di Milano. Una galleria che
doveva sorgere tra via Maqueda e via Roma.
Entrambi i progetti, per motivi burocratici, non si realizzarono.
Questa
volta il Comune si mostrò favorevole al progetto sul Monte Pellegrino anche
perchè visto dalle istituzioni come l'avvio di una “colonizzazione” del monte
che per fortuna non si verificò.
I
tempi e le concezioni di vita erano decisamente diverse dalle nostre… la lottizzazione
non fu attuata , grazie anche ai veti che giunsero qualche anno dopo, ma ai
tempi dell’Utveggio la città di Palermo era “…una grande città, in febbre di accrescimento e sviluppo” e queste
iniziative erano considerate positivamente .. anche se spesso condivise dalle infiltrazioni
mafiose che ambivano proprio a quei terreni sul Monte Pellegrino.
Lo
stesso Comune incoraggiò l’Utveggio a creare una struttura ricettiva completa
cioè un Grand Hotel Ristorante. Una struttura che per la sua posizione e per i
servizi offerti, avrebbe dato lustro alla città.
L’Utveggio
acquistò quindi dal Comune di Palermo ben 6,6 ha (66.000 mq) di terreno
ricadente nelle località “Primo Pizzo” sul Monte Pellegrino. Iniziarono subito
i relativi sbancamenti e livellamenti del terreno per la realizzazione del
progetto.
Michele
Utveggio dedicò anima e corpo a quella struttura e per seguire da vicino i
lavori visse in due stanzette nei pressi del grande cantiere, e lasciando al
nipote Nenè tutti i numerosi lavori ordinari dell’impresa compreso la
costruzione del nuovo stadio alla Favorita.
Nel 1930 un primo problema giuridico perché il
Commissario per la “Liquidazione degli
Usi Civici della Sicilia” avviò un accertamento sui terreni del Monte
Pellegrino per verificare la loro appartenenza al Demanio e quindi
l’assoggettamento ad usi civici e l’eventuale possesso da parte di terzi.
Il problema sembrò superato perché nel 1931 la
struttura era quasi completa. Iniziarono le ultime opere di impiantistica e di
rifinitura. Il costo dell’opera ultimata fu di circa 12.000.000 Lire.
La Via Pietro Bonanno, fino al Santuario di Santa
Rosalia, fu dotata di illuminazione pubblica e venne anche istituito un
servizio di autobus che partiva da Piazza Verdi per giungere sempre al
Santuario facendo una sosta al Castello Utveggio.
Furono realizzate delle grandi opere e nel 1932
iniziarono i lavori di rimboschimento del Monte Pellegrino che si prolungheranno
fino al 1948. Opere realizzate dallo Stato e dal Consorzio Provinciale di
Rimboschimento.
Iniziarono nel castello le grandi visite ufficiali. I
principi di Piemonte Umberto di Savoia e Maria Josè nel 1932 visitarono il
castello e nello stesso anno, il 20 settembre, si svolse la cerimonia
d’inaugurazione del solo piano terra. In quell’occasione il maestro Alfano
compose il valzer “Il Castello Incantato”.
Entrarono subito in funzione, ristorante, salone delle
feste ed iniziò subito un importante attività di svago con spettacoli,
ricevimenti, ecc.
Inaugurazione del Castello Utveggio
Nella foto si nota una parte della famosa e bellissima “Conca D’oro” di una
volta.
In via Empedocle Restivo finiva la civiltà e la strada.
Il Viale Strasburgo era un bellissimo giardino di mandarini fino agli anni ’60.
Da Via Notarbartolo a Viale Regione Siciliana, V.le Leonardo Da Vinci, Casa
dei Sogni, i terreni
erano coltivati a fichi d’India… gustosissimi
Il 5 marzo 1933, ad appena sei mesi dall’inaugurazione
della struttura, dopo una breve malattia (attacco di appendicite seguito da
complicazioni), morì Michele Utveggio.
Giornale L’Ora del
6-7 marzo 1933
Michele Utveggio era nato a
Calatafimi il 31 agosto 1866, figlio secondogenito di Giacomo e
Maria Ingroia (prima era nata la
sorella Caterina).
Il padre e il nonno erano dei
costruttori edili mentre la famigli materna apparteneva al ceto
borghese, piccoli proprietari
terrieri. All’età di 26 anni sposò Francesca Nocito, anche lei di
Calatafimi, sorella di un
importante personaggio politico e avvocato, ordinario di
Diritto Penale alla Regia
Università di Roma.
A pochi anni dal suo arrivo a
Palermo, Michele Utveggio si fece stimare per la sua
imprenditorialità seria ed onesta.
Aprì numerosi cantieri edili e intraprese numerosi
viaggi che avevano come obiettivo
la conoscenza di nuovi materiali di costruzione
e le relative tecniche costruttive.
Entrò nella vita politica della città come
consigliere comunale e
provinciale, e come membro della locale
Commissione edile.
La sua passione per il calcio lo
portò alla presidenza del Calcio Palermo.
Tanti impegni che in ogni caso non
colpirono la sua attività lavorativa grazie alla
collaborazione, dal 1901, con il
nipote Antonino Collura con cui nel 1921 costituirà
la società “Impresa Utveggio e
Collura Costruzioni Edili e Industriali”.
Anche il figlio della sorella
Caterina, Nenè, s’affiancò allo zio assumendo compiti
gravosi e consentendogli, in questo modo, di poter
svolgere i suoi molteplici compiti.
Un lavoro quasi nell’ombra mentre lo
zio si dedicava anche al suo cine teatro, uno dei primi
della città, e ai suoi impegni
politici.
Nel 1914 Michele Utveggio realizzò,
su progetto dell’arch. Ernesto Armò,
un grande palazzo su piazza Teatro
Massimo. Un edificio multiuso dove all’interno
era presente una sala
cinematografica, studi professionali ed abitazioni. Si riservò il piano
attico con terrazza e giardino con
collezioni di piante rare.
Un cine teatro importante che, nato
prima del castello Utveggio, dirigeva personalmente.
Uno dei locali più in voga della
città ed inaugurato il 2 febbraio 1915. Le pellicole,
ancora prive del sonoro, venivano
precedute da esibizioni di varietà costituiti da danze,
prestigiatori, cantanti, ecc.
successivamente la sala subì delle modificazioni per
introduzione del sonoro e vi
alternavano proiezioni di film e rappresentazioni di prosa.
Negli anni successivi, quando
Utveggio cedette il locale, il cinema prese il nome di
Dux, Enic, Abadan e oggi Rouge et
Noir. Tra le altre sue opere interventi nella Villa Igea, la costruzione del
campo di calcio della Favorita…ecc.
Sito in Piazza
Verdi è una delle prime opere definite “palazzo-cinematografo” cioè un edificio
per civili
abitazioni che ospitava al piano terra il cinematografo “Utveggio”.
Un opera
progettata dall’arch. Ernesto Arnò con la consulenza dell’ing. Salvatore
Caronia Roberti
per il calcolo
delle strutture in cemento armato.
Il cinema Utveggio
fu poi chiamato “Dux”, “Enic” ed “Abadan” e dalla seconda metà degli anni ‘70
prese il nome di “Rouge
et Noir”.
Oggi è un cinema
con due sale denominate “sala Rouge” e “sala Noir”.
Nel 1903 Michele
Utveggio diede incarico all’architetto Ernesto Basile di progettare un edificio
da suddividere in appartamenti da affittare. L’arch.
Basile aveva progettato l’ampliamento
di Palazzo
Montecitorio (Camera dei Deputati).
Si realizzò un edificio, sito in via XX
Settembre n. 62, con una facciata
ricca di elementi
decorativi in stile Liberty. All’interno sono presenti affreschi del
Gregoretti.
Palazzo Utveggio
(Via XX Settembre, 62 – Palermo)
Padiglioni del
Manicomio in via Pindemonte -Palermo
Pianta della
Galleria
Alla morte di Michele Utveggio, il nipote e socio
Antonino Collura prese l’impegno e l’onere di terminare tutte le opere.
Nel 1934/35 la struttura era ormai ultimata. La
gestione era nelle capacità
imprenditoriali del Collura che iniziò l’attività turistica e congressuale
riuscendo a stipulare un prestigioso contratto con l’Hotel Weimar di Marienbad.
Il ristorante e il bar furono affidati in gestione
alla ditta Dagnino di Palermo.
Nel 1936 il nuovo scenario politico italiano ed
mondiale causò la chiusura dell’albergo. L’unica attività era legata alla
possibilità di accedere alla terrazza dell’albergo per ammirare il panorama dietro il pagamento di
un biglietto. L’edificio era abitato
dalla famiglia Collura solo nei mesi estivi.
Nel 1937 ci fu una breve riapertura, solo nei mesi
estivi dietro affidamento alla gestione della “Società Grandi Alberghi
Siciliani” e nel 1938/39 era aperto solo in occasioni di convegni e matrimoni.
Domenico Guarnaschelli, direttore del Casinò di
Tunisi, propose la conversione dei
saloni del piano terra in casinò. Un idea che rimase tale perché non si
realizzò.
1940/41 Re Vittorio Emanuele III visitò il forma
riservatissima il castello non si sa per quale motivo.
L’istruttoria giuridica che era stata avviata circa
dieci anni prima stabiliva che il Monte Pellegrino era Demanio Universale del
Comune di Palermo. Perse la sua validità
il piano di lottizzazione, già approvato e che prevedeva la realizzazione di
una serie di villini. Ma sorse un altro
problema,,, le costruzioni già realizzate, quindi compreso il Castello
Utveggio, non avevano titoli di
proprietà validi. Gli eredi Utveggio presentarono opposizione.
Nel 1942, dopo l’inizio della seconda guerra mondiale,
la struttura venne prima requisita dal
Genio Militare, per impiantarvi un impianto di fotoelettriche e relativo
comando, per poi essere ceduta al CAT (Corpo Aereo Tedesco).
Il castello era (ed è) circondato dalla batterie
antiaeree e ospitava dei militari fascisti della DICAT (Difesa Contraerea
Territoriale) e dell’UNPA (Unione Nazionale Protezione Antiaerea).
Il 22 luglio 1943 il reparto tedesco di stanza
all’albero abbandonò la struttura per l’arrivo degli Alleati e fece esplodere
il complesso radio che era collegato con Berlino, posto nell’antenna situata
nell’area esterna del castello.
Nel pomeriggio dello stesso giorno il castello fu
raggiunto dagli americani che apposero un cartello con la scritta “Hotel Fascista”….. i proprietari
vennero cacciati.
Il 23 luglio e nei giorni seguenti il castello fu
continuamente oggetto di saccheggio da parte delle truppe americane e anche di
alcuni palermitani senza scrupoli. Si parse la voce che “era consentito ai cittadini di portare via tutto ciò che non interessa
ai soldati americani”.
Un aereo tedesco tentò in picchiata di colpire la
struttura… una bomba esplose nel giardino e altre colpiscono la montagna… alla
fine l’aereo, un Zu88, si schiantò vicino alla Grotta del Caccamo.
Il castello continuò ad
essere presidiato dagli americani e dagli inglesi sempre con particolare
dedizione ai ripetuti saccheggi di ciò che era presente nell’albergo.
Le vicende per il castello sembravano senza fine..
perché venne occupato abusivamente da un bracconiere, nel 1944/49, che
addirittura affittava gli alloggi del personale pretendendo anche il pagamento di un biglietto per i visitatori.
I proprietari nel frattempo tentarono di
accedere a dei contributi per riattivare la struttura alberghiera ma senza
esiti positivi.
Il Comune di Palermo tra il 1949 e il 1954 realizzò il
secondo tratto della via Pietro Bonanno (oggi via Monte Erecta) che permetteva di raggiungere il Santuario di
Santa Rosalia da Mondello (7 km). Un percorso molto panoramico che costituisce
un’alternativa per giungere al castello.
La Commissione Pontificia prese in affitto i locali
del piano terra e la terrazza del castello, nel 1950, per la creazione di una
colonia estiva per i bambini disagiati.
Dopo qualche anno un pauroso incendio nella vicina pineta del Monte Pellegrino,
sempre oggetto di incendi annuali voluto dall’Ecomafia, determinò giustamente
la chiusura dell’attività per l’incolumità dei piccoli bambini.
Nel 1951… dopo tanti anni…. il Commissario per la
“Liquidazione degli Usi Civici della Sicilia” respinse tutte le
opposizioni pervenute dai possessori dei
terreni sul Monte Pellegrino e dispose il reintegro al Demanio Comunale. Gli
interessati rivolgeranno in appello.
La Presidenza della Regione nel 1952 valutò dei
progetti per la “Sistemazione Urbanistica di Mondello – Parco della Favorita –
Monte Pellegrino”. Gli architetti che parteciparono al bando misero in risalto
all’unanimità che il punto cardine del progetto doveva essere innanzitutto la
riqualificazione e quindi il recupero del Castello Utveggio…… Un bando e
relativo programma che non ebbero un seguito…
Sempre nel 1952 il prof. G. Falzone avanzò la proposta
di utilizzare il castello come sede di una programmata Università Mediterranea.
Nel 1953/56 la struttura era ancora chiusa… devastata
di tutto…non mancava qualche visitatore incuriosito.
La Legge Regionale n. 15 del 18 febbraio 1955
autorizzava la Regione Sicilia a costituire un patrimonio turistico alberghiero
per la valorizzazione turistica dell’Isola. Una legge che sarà la base del
successivo esproprio del castello, il cui recupero è ritenuto “opera pubblica urgente e indifferibile”.
Il 15 gennaio 1957 l’Ufficio per “La Liquidazione dei danni causati da occupazioni di forze alleate”
con sede a Roma, valutò in 2.616.000 di lire i danni causati al Grande Albergo
Castello Utveggio… cifra senz’altro modesta rispetto ai danni reali.
Nello stesso periodo si ricominciò a parlare del
vecchio progetto della funicolare per Monte Pellegrino con la creazione di una
stazione di sosta al Castello Utveggio.
Assurdo… ma nel 1959 l’esproprio del castello non era
ancora formalizzato per la presenza di problemi tecnici burocratici e si
concluderà… finalmente….. nel 1960 con un indennizzo pari a 350 milioni di
lire.
Arrivò alla conclusione anche la lunga vertenza legata
alla Demanialità dei terreni sul Monte Pellegrino… nel 1963 con sentenza passati
in giudizio venne confermato il reintegro dei terreni sul Monte Pellegrino al Demanio
Comunale. I ricorrenti, tra cui i proprietari del castello Utveggio, avevano la
possibilità di ottenere la legittimazione dei beni in base al pagamento di un
canone su base annuale calcolato per tutti gli anni di possesso.
Nel 1964 la Regione Sicilia subentrò nella proprietà
del castello e commissionò un progetto di restauro per riavviare l’aspetto
turistico e con la creazione anche di un annessa scuola alberghiera. Ancora una
volta l’iniziativa rimase solo sulla carta.
Scese il silenzio sul castello… un silenzio lungo ben
10 anni…
La società palermitana Sa.Co.Pa. nel 1970 chiese
l’affidamento della struttura per riattivare l’hotel e aprirvi la progettata
scuola alberghiera ma anche questa volta la proposta non andò avanti per la
ritenuta inidoneità tecnica della stessa società da parte dell’Assessorato al
Turismo. La vicenda, molto confusa, diede adito a forti scontri giuridici,,
anche con la nascita di sospettose infiltrazioni e pressioni mafiose.
Nel 1976 giunse la proposta da parte della Facoltà di
Scienze dell’Università degli Studi di Palermo, di destinare il castello a
Centro Culturale per Congressi e Corsi di Specializzazione sull’esempio del
famoso ed affermato Centro “Ettore Maiorana” di Erice (Tp). A questa proposta
s’affiancò un'altra richiesta per destinare la struttura a Casinò. Nessuna
delle due iniziative ebbe un seguito.
Anche la RAI (Radio Televisione Italiana) nel 1979
s’interessò al castello mandando in onda un documentario dal titolo “Le Ragioni di un monte – Monte Pellegrino”
di Lucia Restivo. Un programma che evidenziava l’attività di un movimento per
le difesa del monte da parte di un’associazione ambientalista. Il documentario,
tra le varie riprese, mostrò anche il castello Utveggio in completo abbandono e
propose sue possibili utilizzazioni da parte della Regione.
Nel 1981 ci furono varie proposte esaminate dal
Presidente della Regione a fronte di una disponibilità finanziaria di tre miliardi
di lire…. le richieste vennero da parte dell’ENI, Carlo De Benedetti per
l’Olivetti…. l’ing. Corbellini per l’Enel….. ma nessuna di queste richieste
venne avviata.
Con Decreto n. 117 dell’Assessorato BB.CC.AA. , Monte
Pellegrino fu sottoposto a vincolo paesaggistico ai sensi della Legge 1497/39
sulla “Protezione delle Bellezze Naturali”.
Ci fu poi un Congresso
Nazionale del PSI che si svolse nel Castello….. dove fu addirittura collocato
un garofano alto 15 metri.
Anche Michele Sindona, nel 1983, s’interessò per
l’apertura di un fantomatico casinò sul Monte… una notizia che giunse da New
York tramite un articolo pubblicato nel Daily News.
Nel 1984
apparve la notizia su una nuova destinazione d’uso della struttura…. una
scuola d’eccellenza per manager e dirigenti pubblici…. Era l’anno 1984…. La
struttura e la scuola vennero affidate al Cerisdi (Centro Ricerche e Studi
Direzionali)
L’arch. Paolo Rizzo nel 1985 venne incaricato dalla
Regione per la redazione di un progetto per il ripristino dell’intero
edificio…. Interno, esterno… compreso il piazzale e le altre servitù nonché
alla predisposizione di nuovi arredi e alla direzione dei lavori. Una struttura
che era stata completamente svuotata.. devastata… gli stessi artefici degli
scavi clandestini sul Monte Pellegrino alla ricerca di reperti archeologici…. mafiosi….
Il Governo regionale nel 1988 costituì il CERISDI, “società d’alta formazione” …. “con la
missione di svolgere attività di ricerca, consulenza e organizzazione di
seminari e convegni”.
Nel 1989, i lavori non erano completamente ultimati, il
castello venne riaperto alla città e nel 1991 la casa editrice Sellerio
pubblicò il libro “Il Castello Utveggio. Storia di una Impresa” scritto da
Michele Collura, pronipote di Michele Utveggio, ..il fondatore e artefice della
costruzione.
Il presidente del CERISDI… nel 1992 era il pref.
Pietro Verga
Il castello era al centro di indagini perché ritenuto
il luogo da dove venne azionato il telecomando che provocò la strage di via
D’Amelio in cui morirono il grande
giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Si suppose che proprio
il Castello sia stata la sede di una postazione dei servizi segreti in
contatto con i mafiosi. Nel 2011 questa tesi venne definitivamente smentita e
abbandonata dagli inquirenti… non poteva essere altrimenti…. dopo ben 19 anni……
Dal Castello alla Via Mariano d’Amelio ci sono in
linea d’aria circa 1000 metri (1 km).
19 luglio 1992 la strage in Via Mariano D’Amelio,
davanti al numero civico 21, morirono il Giudice Paolo Borsellino e gli Uomini
della sua Scorta..
Quel tragico pomeriggio del 19 luglio 1992, il vice-questore
di Polizia Giacchino Genchi, si recò in Via D’Amelio assieme al suo autista. Cercò
di capire il luogo da cui gli attentatori avessero potuto premere il
telecomando per fare esplodere la Fiat
126, carica di un quintale di Semtex cecoslovacco e tritolo russo,
indisturbati. Notò il crinale di Monte Pellegrino sul quale sorge il Castello
Utveggio e insieme al suo autista decise di ispezionare quella costruzione. Si
avviò in macchina verso il castello che era la sede del CERISDI. Giunti davanti
al cancello della struttura suonarono il campanello ma nessuno rispose. Genchi
ed il suo autista non poterono entrare nel castello e fare gli accertamenti di
polizia del caso.
Io mi sono recato sui luoghi subito dopo (ha dichiarato Gioacchino
Genchi, ndr), perché è venuto a prendermi il mio collaboratore; siamo andati
là, siamo saliti su a Castel Utveggio, abbiamo girato Monte Pellegrino, abbiamo
guardato la zona intorno, i miei uomini... perché cercavamo una postazione di
visualizzazione … perché da là … dalla strada … chiunque si fosse messo nella
strada, a premere sarebbe saltato, guardi, cioè perché era tutto distrutto,
tutto distrutto. Quindi ci voleva una postazione che garantisse anche di
restare immuni all'esplosione. Eh, uno che si fa esplodere... perché non erano
i kamikaze che avevano fatto l’attentato, erano persone che non erano andati...
abbiamo visto se erano in ospedali, se erano al pronto soccorso, tutte queste
attività le abbiamo subito fatte nell’immediatezza, e nessuno si era ferito,
nessuno era morto, se non i poliziotti e il magistrato. Quindi chi ha premuto
era in una postazione coperta, cioè ... è rimasto illeso … il posto, come
abbiamo fatto guardando, doveva essere in un punto strategico, isolato, e
quindi siamo saliti per la strada di Monte Pellegrino, ci siamo messi a
guardare. Addirittura rischiavamo pure qualche incidente, perché è stretto … Io
e un poliziotto, che non mi ricordo come si chiamava il mio autista in quel
periodo, un ragazzo del Nucleo Anticrimine … andiamo ... guardiamo... guardiamo
la strada, cioè ci fermiamo su più punti della strada, arriviamo davanti
l’ingresso del cancello del castello, perché era il punto che ci portava nella
proiezione, suoniamo e non ci aprono, e non... non aprono il cancello … Con i
tabulati che avevamo acquisito, c’erano arrivati qualche giorno prima che io
lasciassi il gruppo e quei tabulati potevano essere molto importanti, no?
Perché dai tabulati telefonici del castello, se qualcuno telefona vuol dire che
qualcuno c’era, e quindi se qualcuno c’era non ci ha aperto. Non mi risulta che
questa verifica sia fra quelle che siano state fatte".
Il
guardiano in servizio presso il castello Utveggio nel pomeriggio della strage,
Vincenzo Lamendola, testimoniò che nel periodo in esame il castello era
presidiato 24 ore. Il giorno della
strage lo stesso Lamendola era di turno
al momento dello scoppio dell’autobomba e rimase al castello fino alle ore 23
quando gli fu dato il cambio dai due guardiani del turno di notte.
Quando
sentì il boato, Lamendola si recò sul torrione panoramico del castello e vide
un ‘fungo’ di fumo alzarsi da una delle vie sottostanti a Monte Pellegrino. Il
guardiano notò nella sottostante torretta in uso alla guardia forestale la
presenza di una persona con cui scambiò qualche parola per capire cosa fosse
successo.
L’interlocutore
del Lamendola fu identificato successivamente nell’operaio forestale Giovanni
Citarda, in servizio il 19 luglio presso la postazione di Monte Pellegrino con
lo scopo di scrutare l’orizzonte e segnalare alla centrale operativa eventuali
focolai di incendio.
Lamendola inoltre affermò che il 19 luglio, intorno alle ore 21.00, ricevette la visita presso il castello Utveggio di un addetto del servizio di pulizie al castello che, saputo della strage, giunse a ‘fare compagnia’ al Lamendola stesso. L’addetto, di cui il guardiano non ricordava il nome, arrivò quella sera da Enna ed era parente di un poliziotto, Lavigna Leonardo, che ‘prestava servizio presso l’antimafia’. Lamendola aggiunse che, a parte l’addetto già citato, non ricevette la visita di nessun’altra persona fino al sopraggiungere del cambio di guardia.
Lamendola inoltre affermò che il 19 luglio, intorno alle ore 21.00, ricevette la visita presso il castello Utveggio di un addetto del servizio di pulizie al castello che, saputo della strage, giunse a ‘fare compagnia’ al Lamendola stesso. L’addetto, di cui il guardiano non ricordava il nome, arrivò quella sera da Enna ed era parente di un poliziotto, Lavigna Leonardo, che ‘prestava servizio presso l’antimafia’. Lamendola aggiunse che, a parte l’addetto già citato, non ricevette la visita di nessun’altra persona fino al sopraggiungere del cambio di guardia.
Il
castello Utveggio, dunque, nelle ore immediatamente successive alla strage era
presidiato, ma quando il vice-questore di Polizia Genchi ed il suo autista
suonarono per accedere alla struttura non ricevettero alcuna risposta. Non fu
pertanto possibile eseguire alcun accertamento sullo stato dei luoghi e sulle
persone presenti all’interno della struttura.
Fra
gli atti depositati dalla procura di Caltanissetta al termine delle indagini
preliminari nel procedimento penale 'Borsellino QUATER', non figurano ulteriori
accertamenti investigativi sui tabulati telefonici delle utenze attive presso il
castello nella giornata di domenica 19 luglio 1992.
Non
essendo stato possibile effettuare presso il castello Utveggio, domenica 19
luglio 1992, rilievi di Polizia sullo stato dei luoghi e sull'identità degli
individui presenti presso l'edificio e non essendo state depositate agli atti
ulteriori verifiche sui tabulati delle utenze attive, quel giorno, all'interno
dell'edifico situato su Monte Pellegrino, risulta estremamente difficile trarre
conclusioni
esaustive sull'identità di chi fu presente nelle pertinenze del castello nel pomeriggio della strage di via D'Amelio.
esaustive sull'identità di chi fu presente nelle pertinenze del castello nel pomeriggio della strage di via D'Amelio.
Il
mistero sulle indagini si fece più fitto ed intrigato. Le indagini portarono in
risalto i tabulati di alcune utenze telefoniche di pertinenza del personale
operante all’interno del castello.
Durante
il processo d’appello, “Borsellino Bis”, lo stesso Genchi testimoniò che nel
1992, a seguito di indagini sui tabulati telefonici di un cellulare in uso a
Gaetano Scotto, sospettato di appartenere alla famiglia mafiosa del quartiere
Arenella di Palermo c’erano due telefonate “di
notevole rilievo investigativo”. In data 6 febbraio 1992 alle ore 14,28 lo
Scollo telefonò, con una conversazione di due minuti e dieci secondi, l’utenza
n. 091/652XXXX che era intesta a Vincenzo Paradiso (cioè l’abitazione dello
stesso Paradiso a Palermo). Subito topo alle ore 14,30 l’utenza di Scotto entrò in contatto, per
circa tre minuti e nove secondi, con il numero 091/637YYYY intestato al
CERISDI. In quella data il sig. Paradiso era impiegato presso l’ente regionale
CERISDI come collaboratore esterno.
Nell’udienza
del 23 maggio 2001, a ben 9 anni dalla strage, in seguito all’audizione di
Genchi e alla sentenza d’appello “Borsellino Bis”, il PM riprese le indagini e
la DIA di Caltanissetta individuò “un
cospicuo raggio di attività investigative aventi ad oggetto organismi e persone
che potevano contare sulla disponibilità dei locali di Castello Utveggio”.
In
merito alle due chiamate del sig. Scollo del 6 febbraio 1992 la Dia di
Caltanissetta avanzò il sospetto che fossero collegate. Lo Scotto cerò il sig. Paradiso nella sua
abitazione e, non avendolo trovato, telefonò nel luogo di lavoro cioè al
castello Utveggio. Naturalmente lo stesso sig. Paradiso fu interrogato, come persona informata dei fatti, interrogatorio che
avvenne nel maggio 2004 e sempre in riferimento alle due telefonate, e dichiarò
di non conoscere alcuna persona con il cognome Scollo e nello stesso tempo di
non sapersi spiegare, dato il tempo intercorso, del motivo di quelle
telefonate.
Il
PM di Caltanissetta iscrisse successivamente il nome di Vincenzo paradiso nel
registro degli indagati per il “reato di concorso esterno in associazione
mafiosa”. Fu nuovamente interrogato l’11 novembre 2004 e dichiarò che il suo
rapporto di lavoro con il CERISDI era un rapporto di collaborazione, nato nel
1991, di essere stato assunto nel 1992 e di aver lavorato alle dipendenze
dell’ente fino al 1999. Non si riuscì a svelare il mistero di quelle telefonate
e anche il Sig. Scollo, a sua volta interrogato come autore di quelle chiamate
telefoniche, si avvalse della facoltà di non rispondere.
La
Procura di Caltanissetta ritenne gli elementi raccolti nelle indagini
investigativi non idonei a sostenere l’accusa a carico del sig. Vincenzo
Paradiso e chiese il 30 aprile 2005 l’archiviazione del procedimento. Il Gip,
Giovanbattista Tona, esaminando la richiesta della procura, concluse che
l’ipotesi accusatoria a carico del Sig. Paradiso non “fosse sostenibile in dibattimento né suscettibile di ulteriori
approfondimenti e dispose l’archiviazione del procedimento in data 14 maggio
2005”.
Le
indagini non avevano evidenziato l’esistenza di alcun contatto del sig.
Paradiso né con il Sig. Scollo né con elementi vicini a Cosa Nostra per cui il
Gip Tona dichiarò che “‘Rimane allora oscuro il motivo
per il quale Scotto ebbe necessità di parlare anche per pochi minuti con un
soggetto, che nessun contatto aveva avuto ed in seguito nessun contatto avrà
con esponenti della criminalità organizzata e che al contempo nessun rapporto
di altro tipo, ancorché lecito, aveva avuto e avrà poi con lo stesso Scotto”.
Un
altro elemento, forse ancora più inquietante si aggiunse alle indagini e anche
in questo caso si trattò di contatti telefonici questa volta inviati dagli
uffici del CERISDI presso il castello.
Infatti
da un utenza installata nel castello per gli uffici del CERISDI, in uso al sig.
Salvatore Coppolino, ex ufficiale dei Carabinieri, risultavano inviate diverse
telefonate:
-
il 4 maggio 1992 verso utenze intestate alla
G.A.T.TEL srl (Via Roma 467, Palermo);
-
G.U.S.
(Via Roma 457, Palermo), società di copertura del centro SISDE di Palermo.
Nel
maggio 1992 il Sig. Coppolino era collaboratore esterno del CERISDI ed
assistente personale del presidente cioè il prefetto ed ex Commissario per la
lotta alla mafia dott. Pietro Verga.
Il controllo dei tabulati telefonici rilevò che in passato il Sig. Coppolino era sta operativo presso un aliquota del SISDE. Dalle indagini investigative non si riuscì a spiegare il motivo della presenza di queste contatti telefonici negli atti giudiziari.
Il controllo dei tabulati telefonici rilevò che in passato il Sig. Coppolino era sta operativo presso un aliquota del SISDE. Dalle indagini investigative non si riuscì a spiegare il motivo della presenza di queste contatti telefonici negli atti giudiziari.
Lo
stesso Giacchino Genchi rilevò alcuni dati investigativi che svolse nei primi
anni novanta in merito all’omicidio di Ignazio salvo e agli accertamenti sui
tabulati telefonici in uso a Gaetano Scollo.
Genchi
rilevò che durante l’esame dei tabulati, sempre in riferimento all’omicidio
Salvo, si scoprì che anche il cellulare
di Giovanni Scaduto, boss di Bagheria e successivamente condannato
all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, era in comunicazione con i
mafiosi di Altofonte, a loro volta in contatto con esponenti dei servizi
segreti, aveva avuto contatti con il CERISDI.
In merito,
invece, agli approfondimenti investigativi sul tabulato dell’utenza cellulare
in uso a Scotto, Genchi dichiarò:
Analizzando il tabulato di Gaetano Scotto ... io trovai dei contatti telefonici devo dire, insomma, inquietanti con una serie di soggetti, dei medici, e dei medici che erano stati processi al maxiprocesso, uno dei quali era stato anche assolto, che nella ricostruzione della vicenda del maxiprocesso e poi dell'altro processo, "Golden Market", che si fece a Palermo tempo dopo ... proprio su queste collusioni tra criminalità organizzata in ambienti mafiosi, avvocatura, probabilmente anche settori della magistratura che non furono mai individuati o comunque solo in parte, poi, in alcuni stralci che finirono a Caltanissetta, però sicuramente dal contesto più immediato, Guttadauro e l’altro medico che adesso non ricordo come si chiamasse questo assolto, questo era... c’erano dichiarazioni che avrebbe fatto, addirittura, interventi chirurgici in una sua casa di Mondello, di fronte a un fosso... Romano, ecco, Romano. C’erano questi contatti telefonici di Scotto. Ora, per carità, poteva chiamare il professore... il dottore Romano perché stava male, tra l’altro era un bravo medico Romano, quindi le ragioni per cui si fa una chiamata possono essere tante, però fra i rapporti, fra i contatti di... di Scotto, in coincidenza, eh. C’erano questi, c’erano telefoni della Guardia di Finanza, cellulari, all’epoca il cellulare della Guardia di Finanza non è che l’aveva il finanziere o il maresciallo, il cellulare era di un soggetto che doveva essere titolato o che comunque aveva ruoli importanti nei servizi informativi”.
Analizzando il tabulato di Gaetano Scotto ... io trovai dei contatti telefonici devo dire, insomma, inquietanti con una serie di soggetti, dei medici, e dei medici che erano stati processi al maxiprocesso, uno dei quali era stato anche assolto, che nella ricostruzione della vicenda del maxiprocesso e poi dell'altro processo, "Golden Market", che si fece a Palermo tempo dopo ... proprio su queste collusioni tra criminalità organizzata in ambienti mafiosi, avvocatura, probabilmente anche settori della magistratura che non furono mai individuati o comunque solo in parte, poi, in alcuni stralci che finirono a Caltanissetta, però sicuramente dal contesto più immediato, Guttadauro e l’altro medico che adesso non ricordo come si chiamasse questo assolto, questo era... c’erano dichiarazioni che avrebbe fatto, addirittura, interventi chirurgici in una sua casa di Mondello, di fronte a un fosso... Romano, ecco, Romano. C’erano questi contatti telefonici di Scotto. Ora, per carità, poteva chiamare il professore... il dottore Romano perché stava male, tra l’altro era un bravo medico Romano, quindi le ragioni per cui si fa una chiamata possono essere tante, però fra i rapporti, fra i contatti di... di Scotto, in coincidenza, eh. C’erano questi, c’erano telefoni della Guardia di Finanza, cellulari, all’epoca il cellulare della Guardia di Finanza non è che l’aveva il finanziere o il maresciallo, il cellulare era di un soggetto che doveva essere titolato o che comunque aveva ruoli importanti nei servizi informativi”.
Alla fine la pista che portava al
castello Utvegio collegato, in un certo
modo alla strage di Via D’Amelio, fu
ricoperta da tante zone o momenti d’ombra sulle quale non si riuscì a fare luce
malgrado le varie prove indiziarie… tabulati
telefonici, presenze…
La moglie di Paolo
Borsellino, Agnese (deceduta il 5 maggio 2013), rilevò i timori del marito..
“Mio marito, dopo l’incontro alla sala VIP (aeroporto di Fiumicino, 28 giugno 1992, ndr), non mi disse nulla che riguardava Ciancimino.
“Mio marito, dopo l’incontro alla sala VIP (aeroporto di Fiumicino, 28 giugno 1992, ndr), non mi disse nulla che riguardava Ciancimino.
Ricordo, invece, che mio marito mi disse testualmente che ‘c’era
un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello Stato’. Ciò mi disse intorno
alla metà di giungo del 1992. In quello stesso periodo mi disse che aveva visto
la ‘mafia in diretta’, parlandomi anche in quel caso di contiguità tra la mafia
e pezzi di apparati dello Stato italiano.
In
quello stesso periodo chiudeva sempre le serrande della stanza da letto di
questa casa (l’abitazione del magistrato in via Cilea, ndr), temendo di esser
visto da Castello Utveggio. Mi diceva: ‘Ci possono vedere a casa’”.
Raccontare .. significa Resistere alle
ingiustizie della vita…
Per dovere di cronaca c’è da dire
che il dott. Gioacchino Genchi, stimato consulente di molte procure italiane e
all’epoca anche collaboratore di Giovanni Falcone, fu “perseguitato” negli anni
successivi sempre per le sue inchieste.
Clamorosa l’inchiesta Poseidone e
Why Not, quando a fianco del Pm di Catanzaro, Luigi de Magistris, il 13 marzo
2009 i “Ros dei Carabinieri” gli sequestrarono l’archivio acquisendo i dati
delle sue inchieste in questione.
Una grande “Scandalo della
Repubblica” … uno dei tanti in un paese ricco d’ingiustizie perché Genchi per
qualcuno era “l’orecchio
che ascoltava tutto il potere”. Nei suoi hard disk
erano inserite ben 351.991.031 comunicazioni telefoniche e 13.684.937 utenze
telefoniche. Al PM De Magistris furono revocate le inchieste che, la Corte
d’Appello di Salerno nel novembre 2018 ha sancito “che gli furono sottratte illegalmente” e
il 18 luglio 2019, il Tribunale di Palermo ha stabilito che l’attività del
dott. Genchi era assolutamente regolare… Che vergogna…. Uno scandalo ma come
definiscono i giornali “al contrario”..
La Visita di Papa Giovanni Paolo II
Stranamente ad appena due anni dall’inizio
dell’attività, eravamo nel 1994, si sparse la voce su una presunta chiusura del
Cerisdi….. ma la crisi venne scongiurata e l’attività della “scuola di
eccellenza” continuò… …..
Nel 1995 il Papa Giovanni Paolo II organizzò nel
castello il 3° Convegno delle Chiese d’Italia.
Con il Decreto A.R.T.A. del 6 ottobre 1995 fu
istituita la Riserva Orientata di Monte Pellegrino che comprendeva nella sua
area anche il Castello Utveggio.
Nel mese di maggio 1997, in occasione del V Raduno
Nazionale dei gruppi giovanili dell’Associazione Dimore Storiche Italiane venne
organizzata una visita alla struttura.
Nel 2005 il castello ospitò in maniera provvisoria
alcuni Uffici del CGA
Il prof. Ennio Pintacura nel 1999 fu nominato
presidente del Cerisdi e coprirà quest’incarico fino alla sua morte improvvisa
(4 settembre 2005).
Nel 2001 il FAI aprì il castello ai visitatori…. Una
grande affluenza di gente..
Il 20 novembre 2001 il Comune di Palermo collocò una
lapide commemorativa nello spiazzale d’ingresso del castello alla memoria di
Michele Utveggio e di Antonino Collura.
Il 30 aprile
2003 giunse al castello Emanuele Filiberto di Savoia per avviare una collaborazione tra il Cerisdi e
la Fondazione “Principe di Venezia” di cui era presidente. Nel 2005 il Cerisdi
avviò il progetto “Euromediterraneo” per il recupero e la trasformazione della
palazzina (alloggio del personale al tempo in cui la struttura era un albergo)
posta all’ingresso del Parco del Castello. Nuovi spazi dovevano essere adibiti
a uffici, piccole sale di riunioni e conferenze, foresteria, tutti ambienti
proposti secondo le direttive dello studio Galkl.
Ad aprile
2006 venne nominato come presidente del
Cerisdi il ministro Calogero Mannino che però si dimetterà appena un anno dopo
(marzo 2007).
Dal 2007 al
2009 il Cerisdi sarà senza presidente.
Solo nel
2009 verrà nominato un presidente, il prof. Adelfio Elio Cardinale, che guiderà
l’ente fino al giorno delle sue dimissioni presentate il 30 agosto 2013.
Nel mese di luglio, a 17 anni dall’eccidio del giudice
Borsellino, si svolse una manifestazione simbolica di denuncia per lamentare lo
stato delle indagini sulla strage. I partecipanti riuniti in va D’Amelio,
raggiunsero a piedi il Castello Utveggio, portando ognuno in mano un’agenda
rossa, come quella utilizzata da Borsellino e misteriosamente scomparsa.
Manifestazione che si svolse anche in occasione dell’anniversario della strage
, luglio 2010.
Il FAI ritornò a Castello Utveggio il 26 settembre
2009 nell’ambito di una raccolta fondi a favore del terremoto che aveva colpito
l’Abruzzo.
Sul prospetto della torre principale del castello
Utveggio campeggiò nel 2010 la gigantografia di Sakineh, una donna israeliana
condannata a morte per adulterio. L’iniziativa si inquadrò nell’ambito di una
mobilitazione generale per salvarle la vita, alla quale aderì il Cerisdi.
Chiusura notturna, nel 2013, della via Pietro Bonanno a causa dei
cinghiali che vivono allo stato brado sul monte Pellegrino e che scavando nel
terreno provocano la caduta di massi sulla carreggiata
Grazie a una iniziativa perorata dal vice Presidente del Cerisdi, il Castello
Utveggio aprì le porte a visitatori e turisti, dal 30 novembre 2013 al 6
gennaio 2014, …..circa 1200 persone visitarono il complesso
Il comune di Palermo ( Area del verde e viabilità Urbana) in collaborazione con
l’Orto Botanico, provvidero a rendere nuovamente fruibile la rete dei percorsi
nel parco dell’Utveggio; un privato regalò delle palme da impiantare al posto
di quelle storiche debellate dagli attacchi del punteruolo rosso.
Nel 2014 per frane e cadute massi fu chiusa la via Monte Ercta da via Annone al
Santuario
L’ultimo Presidente del Cerisdi fu il prof. Salvatore Parlagreco, eletto il 22
maggio 2014.
Il Cerisdi chiuse i battenti il 23 marzo 2016. Il Castello fu nuovamente
abbandonato. La Rai dedicò un servizio al degrado della struttura e denunciò la
possibilità di atti vandalici.
Un vasto incendio il 16 giugno 2016 devastò le pendici di Monte Pellegrino estendendosi anche sul
Primo Pizzo e lambendo Castello Utveggio…600 ettari di Bosco e Macchia Mediterranea bruciati… oltre il 60% del
Monte fu colpito dall’incendio….sempre l’ecomafia in azione...
Anche nel 2017 la riserva fu colpita da un incendio di
minore proporzioni. Purtroppo ogni anno
il promontorio è colpito, come la vicina Riserva dello Zingaro…un territorio
senza pace. Incendi dolosi e spesso
appiccati in più punti… una cosa è certa… Il Monte Pellegrino non diventerà mai
una zona urbanizzata… potrà sparire anche l’ultimo albero sul Monte ma non sarà
mai un area edificabile e questo dovrebbero capirlo. Non ho preso visione delle
mappe sui percorsi degli incendi e sul luogo in cui hanno avuto origine, ma
sono sicuro che attraverso la loro lettura ci si renderà conto che gli incendi
sono tutti dolosi e spesso innescati negli stessi punti o vicini…
La Struttura Interna – La camera di Papa Giovanni Paolo II
Al
terzo piano del castello vi sono ventisette camere per un totale di cinquanta
posti letto. Una di queste camere ospitò Papa Giovanni Paolo II il 23 novembre 1995 e da allora la camera è rimasta intatta,
non adoperata da alcuno.
il corridoio
Al
secondo piano c’è la sala del Consiglio
d’amministrazione, la Sala Collura con una raccolta di fotografie che
ritraggono le visite di importanti personaggi al castello e la stanza del
presidente del Cerisdi.
LE CURIOSITA’: L’Adesivo
dell’Albergo; La Posateria: Le Auto del Cav. Michele Utveggio
A
chi soggiornava nell’Hotel veniva dato in omaggio un adesivo da collocare
sulla valigia seconda quella che era una moda del tempo.
L’Hotel
aveva una linea personalizzata nelle posaterie
e nei tessuti. Nei piatti era impresso il logo dell’Hotel.
L’impianto
di riscaldamento era molti efficiente. Fu realizzato da Andrea Terenghi che fu
chiamato dal Cav. Michele Utveggio nel 1927 da Milano. Il Terenghi portò con sé
la sua famiglia e si sistemò in una suites del castello fino alla fine dei
lavori. La famiglia Terenghi non partì più da Palermo.
Le Auto del Cav.
Michele Utveggio
Il
Cavaliere possedeva una Balilla che fu immatricolata nel 1933. Un‘auto che usò
poco perché nello stesso anno morì.
Rimase
chiusa nel garage dell’albero durante l’occupazione tedesca e nella successiva
fase dell’occupazione del castello da parte degli americani.
Riuscì
a scampare al saccheggio del castello grazia al nipote del cavaliere, Antonio
Collura, che la portà a Palermo dove
rimase chiusa in un garage di Via Calatafimi. Nel 1985 fu venduta in ottime condizioni data la continua
manutenzione di cui era oggetto. Oggi l’auto fa bella mostra di sé nelle
rassegne d’auto storiche con i suoi 26.000 km.
Il
cav. Aveva anche una “Minerva” che nei primi decenni del 1900 era considerata
una Roll Royce. Fu costruita in Belgio e
anch’essa era custodita nel garage del castello Utveggio ai tempi
dell’occupazione tedesca ed americana. Alla fine non ebbe la stessa fortuna
della Balilla perché non si salvò dalla stupidità umana. Durante il saccheggio
del castello fu scoperta e venne gettata in un dirupo e se ne persero le
tracce..
Le
Voci “Misteriose”……
Sul
castello altre “voci” misteriose …non si sa se vere o false..
Prima
dell’avvento del Giudice Falcone c’è la visione di una magistratura siciliana
un po’ confusa… una visione che cambiò radicalmente con la venuta di Falcone…
in questo cambiamento figura anche il castello Utveggio.
Un
episodio che sarebbe avvenuto negli anni settanta.. sembra la storia dettata da
un cantastorie..
Un
magistrato palermitano era stato nominato titolare di un inchiesta le cui piste
finivano al castello Utveggio. Una seria un gruppo di studenti che
frequentavano il liceo Meli, si riunì per ascoltare della musica dei Doors e
preparare una pièce teatrale. Entro nella loro cameretta il giudice che era il
padre di uno di quei ragazzi..”il
magistrato avvertì subito nell’aria tanfo di sogni ed illusioni. A quell’età,
si sa, sembra che tutto possa essere concesso. Compreso cambiare il mondo o
anche solo una città.”
Il
Giudice volle a dare a quei ragazzi una lezione
cercando di fargli toccare la dura realtà di una città… una realtà dura
come il marmo o la pietra.
Confessò
loro di essere stato appena nominato titolare in una scabrosa inchiesta, le cui
piste conducevano pericolosamente fin dentro i segreti del castello.
“Una vicenda, a quanto lui aveva fino a quel
momento appreso, di traffici d’armi, mafia e spionaggio. Il giudice,
riflettendo sull’oggetto dell’indagine e il luogo che lo avrebbe costretto a
lugubri accertamenti, narrò ai ragazzi di essersi tormentato un po’. Ma infine
disse loro di aver preso la decisione più saggia e naturale: declinare ogni
responsabilità, nel perseguire i suoi doveri d’ufficio. In pratica, si era “ammucciata” (nascosta)
l’inchiesta sul castello. L’aveva insabbiata.. Il motivo ? Semplice , spiegò il
magistrato ai suoi ragazzi: lui preferiva continuare ad ascoltare al mattino il
cinguettio degli uccellini fuori dalla sua finestra, piuttosto che correre il
rischio di essere ammazzato”.
Tanti
anni dopo, nel suo ultimo discorso pubblico, pronunciato prima della sua morte,
il magistrato Paolo Borsellino rispose indirettamente al suo collega
magistrato…Dirà ai ragazzi di scegliere
il profumo della libertà.
Abbiamo visto il castello coinvolto nella strage di
Via D’Amelio… un castello quasi processato e assolto…
Il castello domina la città e sulla vetta del monte la
presenza di imponenti antenne per le telecomunicazioni che potrebbe nascondere
un segreto legato al “snodo di Palermo”. Si tratta di quella misteriosa
centrale d’ascolto di tutti i traffici telefonici dall’Europa ai Paesi Arabi
che, da una data imprecisata d’inizio e fino ad oggi, controlla l’intera
mobilità dei contatti via etere tra Vecchio Continente e Medio oriente. Non c’è
telefonata, mail, sms e chat, se partita dall’Europa che vada verso un paese
arabo, che non finisca nella rete dello “snodo di Palermo”. Dove sia
materialmente ubicato non si sa. Sembra che l’esistenza di questa struttura
segreta sul capoluogo siciliano sia stata confermata dai vertici delle aziende
telefoniche, compreso l’uso della rete da parte degli americani….. sono solo
cantastorie ?
Fra i tanti fantasmi del castello anche
quello di un noto personaggio della nobiltà palermitana, presidente storico
della squadra di calcio del Palermo e inventore, ma questo nessuno lo sa
proprio perché è un siciliano, del calcio mercato all’Hotel Gallia di Milano..
fu definito come l’ultimo “Gattopardo” e Domenico Modugno gli dedicò una
canzone, delle più belle.. “L’uomo in
frack”… quel personaggio si chiamava Raimondo Lanza di Trabia.. e si suicidò
lanciandosi dalla finestra dell’Hotel Eden di Roma… questa fu la versione
ufficiale…il Fratello Galvano in punto di morte dichiarò che la fine di
Raimondo non fu suicidio..
Una storia carica di segreti, di attività
politica, di legami con gli alleati, di
ricerche petrolifere (contatti con Onassis e nell’albergo, nel giorno del
presunto “suicidio”, la presenza anche di Enrico Mattei).. la mafia che ambiva
ai suo immensi feudi… il problema sulla Miniera Tallarita che portava tanti
voti alla Dc e personaggi inquietanti della mafia come Calogero Vizzini, Genco
Russo che grazie ai quei feudi divennero ricchi ed intoccabili come emerge dai racconti Leonardo Sciascia. Il 3
settembre 1943 si svolse ad Algeri la trattiva per la firma di un armistizio
tra l’Italia e gli anglo-americani, nella trattativa era presente Raimondo
Lanza di Trabia. L’8 settembre l’armistizio fu firmato a Cassibile (Siracusa) e
con i comandi Alleati erano presenti, su indicazione dello stesso Raimondo
Lanza, il fratello Galvano Lanza e il suo amico Vito Guarrasi. Vito Guarrasi
una figura misteriosa che verrà nominato a Palermo come “la testa dell’acqua”
cioè la sorgente di tutto. Verrà coinvolto anche nella scomparsa del
giornalista dell’Ora Mauro de Mauro e nel falso sequestro dal bancarottiere
Michele Sindona, anche lui siciliano,, ma verrà sempre scagionato da ogni
accusa.
Raimondo Lanza come detto, fu l’inventore
del calcio mercato con Gipo Viani all’Hotel Gallia di Milano; fu presidente del
Calcio Palermo e partecipò a varie edizioni della Targa Florio , la mitica corsa
automobilistica nata del 1902 e di cui fu
anche presidente che più volte si
concluse sulle terrazze del castello Utveggio..
Raimondo Lanza di Trabia (a destra) e Gipo Viani
Tazio Nuvolari alla partenza della Monte Pellegrino del 1950 con la
CISITALIA
A destra, con le mani appoggiate sull’auto, Raimondo Lanza di Trabia
Dopo la guerra fu proprio Raimondo Lanza di Trabia e il barone Stefano della Motta a rilanciare
la Targa Florio con arrivo al castello Utveggio. Nel 1950 vinse Stefano La Motta.
Il castello fu spettatore silenzioso della grande passione di Raimondo
Lanza sia per le auto che
per la corsa che portava il nome della famiglia Florio a cui lo stesso
Raimondo era legato
grazie alla nonna paterna. E forse in quel castello si decisero le sue
sorti perché il suo presunto suicidio
ha tanto lati oscuri… un personaggio che dava fastidio alla mafia, agli
imprenditori locali e anche a tanti politici.
Il Castello in abbandono….
Nel 2017 Castello Utveggio era ancora chiuso e in uno stato di degrado. Procedeva la liquidazione del Cerisdi che una volta completata consentiva alla Regione di rientrare in possesso del bene. Frattanto si moltiplicavano sui media le denunce sullo stato di incuria e degrado cui era soggetto l’edificio. Molti cittadini esprimevano il loro disappunto con proteste simboliche. Si costituì l’Associazione “Salviamo Castello Utveggio”. Nel mese di novembre 2017, 22 associazioni presentarono un esposto alla Polizia Municipale.. secondo il Presidente della Fondazione Unesco e docente di Sociologia dell’Ambiente all’Università di Palermo, Aurelio Angelini fu “scelta un assegnazione ad un ente che ha lasciato pure debiti da ripianare, ci vuole un piano serio” perché il “castello potrebbe fungere da rilancio del territorio”.
Dal marzo
2016, momenti di chiusura del Cerisdi, il castello Utveggio fu abbandonato e
incominciò in suo degrado con la recinzione del parco divelta in più punti;
strada di accesso con rifiuti d’ogni genere; parti di intonaco staccati.
La denuncia
sul degrado del Castello Utveggio (bene vincolato dall’Assessorato ai Beni
Culturali), presentata a novembre del 2017 alla Polizia Municipale (Nucleo
Tutela Patrimonio Artistico), fu redatta da Giovanni Purpura, vicepresidente
della Pro Loco Vergine Maria, per conto di 22 associazioni.
L’Associazione
“Salviamo Castello Utveggio” nacque il 4 ottobre 2017 e fu sottoscritta da
oltre 100 personalità della politica, della giurisprudenza e della cultura
siciliana. Il nuovo ente intende proporsi come
intermediario tra la Regione e le Istituzioni politiche e private che vorranno
proporre progetti per il rilancio turistico e culturale del castello.
Nel 2018 la
Regione avviò dei lavori di manutenzione. Il parco del castello fu riaperto
alle visite mentre ancora ad oggi rimane chiuso il castello per i lavori in
corso.
il 29 novembre 2017 la “Repubblica” di Palermo
riportava un articolo in cui metteva in evidenza la presenza nel castello
Utveggio di cucine arrugginite, corridoi magazzino pieni di sedie e scatoloni
impolverati (lasciati dal Cerisdi) e la biblioteca, per fortuna, chiusa a
chiave. Gli impianti elettrici sono indietro di sette normative mentre gli
ascensori e i rilevatori di fumo sono ormai fuori norma. Da circa due anni
operano gli operai del servizio d’ingegneria della Regione per i lavori di
manutenzione ordinaria mentre l’edificio è sottoposto ad un sistema di
videosorveglianza. I lavori alla rete elettrica permetteranno di fare tornare
l’illuminazione nell’area esterna con moderne luci al led a basso consumo. Grazie ai finanziamenti ottenuti si
interverrà sulle coperture e sull’impermeabilizzazione del terrazzo.
La
Testimonianza della Signora Angela Gatto Giunta nella Colonia Estiva del 1950
nel Castello Utveggio
La Signora Angela Gatto Giunta era Istruttrice nella
colonia e riportò la sua esperienza nel
castello in una lettera datata settembre 2017
ed inviata dagli USA. Una lettera che riporto integralmente per la
sensibilità espressa e per la visione che offre del castello forse sconosciuto
a tanti siciliani e non apprezzato per la sua storia.
“Questi appunti sono il
ricordo di una mia esperienza, alquanto indimenticabile della mia gioventù,
vissuta negli anni 1950.
Tramite una mia zia, Lucia Portera, direttrice delle scuole arcivescovili,
ho ottenuto, per un mese estivo, il posto come vigilatrice delle Colonie
arcivescovili istituite da Sua Eminenza Cardinale Ernesto Ruffini,
località “Castello Utveggio“.
Un Castello che io definivo come una visione ultraterrestre per la sua posizione maestatica, per i suoi colori non definiti ma che servivano da cornice per quel bel monte: Monte Pellegrino.
Un Castello che io definivo come una visione ultraterrestre per la sua posizione maestatica, per i suoi colori non definiti ma che servivano da cornice per quel bel monte: Monte Pellegrino.
Ero felice di quell’occasione , ma c’era un problema: non avrei potuto
accettare quell’offerta di vigilatrice se non avessi risolto le condizioni di
lavoro. Infatti io ero stata rimandata in 2 materie ed avevo bisogno di
studiare e siccome i ragazzi della colonia venivano trasportati da Palermo
all’Utveggio con l’autobus, il che non mi permetteva di studiare, così ho fatto
la richiesta di usare una stanzetta tutta per me, per avere tempo di
dedicarmi allo studio dopo che i ragazzi andavano via.
La mia richiesta venne esaudita, la stanzetta dei miei sogni venne allestita; l’unica finestra venne sbarrata ed io sono riuscita a compiere entrambi gli obiettivi: lavoro e studio, dentro un Castello tutto per me.
Il guardiano di cui non ricordo il nome, durante la notte bussava alla porta chiedendomi:” Signorina Giunta tutto bene?” Per me era l’angelo custode “.
Quella stanzetta, in un castello fatato, mi ha dato la possibilità di superare lavoro ed esami con successo.
La mia richiesta venne esaudita, la stanzetta dei miei sogni venne allestita; l’unica finestra venne sbarrata ed io sono riuscita a compiere entrambi gli obiettivi: lavoro e studio, dentro un Castello tutto per me.
Il guardiano di cui non ricordo il nome, durante la notte bussava alla porta chiedendomi:” Signorina Giunta tutto bene?” Per me era l’angelo custode “.
Quella stanzetta, in un castello fatato, mi ha dato la possibilità di superare lavoro ed esami con successo.
Adesso quando vengo in Italia, a Palermo, guardo quel Castello con orgoglio
e la sua visione mi ridà un po’ della mia gioventù, dei miei sogni, di un’età
che non ritornerà più, ma mi ridà memorie che non potranno mai essere
cancellate.
Grazie castello Uuveggio, grazie a coloro che hanno creato questo magnifico monumento, che è stato testimone di tempi che furono, tempi di pace, di guerra ma che dà speranze per il futuro. Di questo periodo ho una bella foto, con Sua Eminenza Cardinale Ruffini circondati dai bimbi della colonia, sul terrazzo dell’Utveggio.
Grazie castello Uuveggio, grazie a coloro che hanno creato questo magnifico monumento, che è stato testimone di tempi che furono, tempi di pace, di guerra ma che dà speranze per il futuro. Di questo periodo ho una bella foto, con Sua Eminenza Cardinale Ruffini circondati dai bimbi della colonia, sul terrazzo dell’Utveggio.
Questo Castello poggiato in cima a un monte che fu definito da Goethe come
“ il più bel promontorio del mondo” ci ricorda che la vita continua nelle belle
memorie. “
Anni '20
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Postazioni Contraeree Monte Pellegrino
Le
postazioni naziste iniziano a sud del Belvedere e si snodano lungo il crinale
fino a raggiungere la via Piero Bonanno vicino al Pizzo Volo dell’Aquila. Si
tratta di strutture in cemento armato, dalla pianta circolare e dotate di un
ingresso con scivolo, per permettere l’accesso dei grossi automezzi di
trasporto. Lungo la circonferenza ci sono disposti quattro loculi che dovevano
servire ad accogliere i pezzi d’artiglieria. Al centro della rotonda una serie
circolare di perni dove veniva fissata la contraerea girevole. Almeno 12
postazioni sono presenti tra la vegetazione, alcune in ottimo stato strutturale.
Sono
presenti anche dei bunker. Ecco il video realizzato a Monte Pellegrino
Quando furono create queste postazioni ?
Nel
1940 proprio sul Monte Pellegrino erano state predisposte alcune postazioni e
dopo i primi bombardamenti inglesi ed americani, che dal giugno 1940 avevano
colpito varie parti della Sicilia, Mussolini chiese ad Hitler di fortificare le
difese sul Monte.
Il
comando tedesco verso la fine del 1940 inviò il “X Fligerkorps” (Corpi Arei)
e diverse unità d’artiglieria che comprendevano postazioni di mitragliere (tra
le cui le “Flakyerling 38”) e cannoni
da 88 mm, fu quindi create una vera e propria rete difensiva attorno alla città
di Palermo con postazioni sul Monte Pellegrino che andavano ad aggiungersi a
quelle fasciste esistenti nel “Pizzo
Volo dell’Aquila”, e lungo la fascia costiera della città.
“Pizzo Volo
dell’Aquila”
Si notano le postazioni
della contraerea fascista
X Fligerkorps
Flack 38
Flakyerling 38
Cannoni da 88 Flak
FuMG 39/62
Wurzburg D
FuMG 39
A
queste postazioni vennero aggiunti due radar, un aereo a lungo raggio, un FuMG
80 Freya, che copriva una distanza massima di 120 km, posto sulla cima di Capo
Gallo e un secondo terrestre a corto raggio, FuMG 39/62 Wurzburg D. entrambi
coordinati da un centro operativo, composto esclusivamente da personale
tedesco, posto a castello Utveggio.
I
fascisti nella postazioni antiaeree di Pizzo dell’Aquila avevano probabilmente
i cannoni da 102/35 Ansaldo Schneider. Un cannone che si poteva collocare su
nave ma aveva una versione su affusto a piattaforma da posizione terrestre con
elevatore fino a + 80° idoneo al tiro contraerei.
Il
porto di Palermo era importantissimo nello scacchiere militare. Dalla città
partivano i rifornimenti che erano diretti alle truppe tedesche impegnate in
Africa e per questo motivo tra il 1941 ed il 1942 il porto di Palermo fu
interessato da diversi raid aerei della RAF (Royal Air Force).
È
importante a questo punto mettere in evidenza la rotta che seguivano gli aerei
della Rayal Force nel portare gli attacchi alla città di Palermo.
Gli
attacchi dei bombardieri britannici “Avro Lancaster” seguivano un percorso che
da Malta li portava su Palermo passando nel tratto di mare antistante Trapani e
da Trapani seguivano la rotta verso Palermo sorvolando le zone di Sferracavallo
e Mondello per giungere sul porto sito nel quartiere dell’Arenella.
Sul
Monte Pellegrino, sovrastante il porto, i soldati fascisti e nazisti avevano
installato le loro postazioni di artiglieria antiaerea che per un certo tempo
permise di arginare in qualche modo i danni al porto ed evitare che i cantieri
navali, situati proprio sotto le postazioni antiaeree, venissero bombardati.
La
contraerea tedesca e quella fascista erano riuscite a contenere gli attacchi
aerei al porto di Palermo anche perché la vicinanza del Monte Pellegrino e le
correnti d’aria, sempre presenti e molto forti, avevano impedito che i cantieri
navali fossero seriamente danneggiati. Non ‘c’erano altri punti strategici da
colpire e la città, anche se con una naturale paura, continuava la sua vita.
Ma
nel 1943 qualcosa stava radicalmente cambiando nel terribile scenario della
guerra. L’aviazione americana e quella
inglese applicarono la tecnica del terribile “bombardamento a tappeto” e la Sicilia, come affermò qualche
studioso ma non i libri di storia, fu la prima regione italiana a sperimentarne
gli effetti devastanti.
Nei
primi giorni del 1943 i bombardamenti degli Alleati si fecero insistenti e
sempre più violenti e le difese antiaeree non furono in grado di fronteggiare
le incursioni perché gli aerei procedevano ad alta quota. Sono attacchi a
“tappeto” non solo sul porto ma anche le strade, la ferrovia, il macello
comunale, i mulini… si cercava di preparare lo sbarco alleato e i Boeing B-17
Flyng Fortress, “Le Fortezze Volanti”, cominciarono con l’inizio del muovo anno
la loro terribile opera di demolizione che con il passare dei giorni si fece
sempre più intensa:
Bombardiere Boeing B-17 la Fortezza Volante
-
7
gennaio ; 10 aerei attaccarono il porto affondando il cacciatorpediniere
“Bersagliere” … 139 vittime
-
3
febbraio; 30 bombardieri americani sganciarono bombe lungo la costa su un ampio
raggio fino al comune di Villabate… in
città vennero colpiti Piazza Magione e Corso dei Mille…98 morti e 300 feriti;
-
15
febbraio.. nuovo bombardamento contro il porto … 226 vittime;
-
1
marzo: due squadriglie, 36 aerei, sganciarono sul porto e sulla città di
Palermo ben 94 tonnellate di bombe.. vennero colpiti molti edifici tra cui
un’ala della Cattedrale (il portico meridionale) e l’Albero delle Povere di
Corso Calatafimi, il complesso monumentale di via Cappuccini… non si sa il
numero delle vittime..
-
22
marzo.. 24 bombardieri sganciarono 264 bombe sul porto della città. Le incursioni
iniziarono alle ore 15,35 e finirono alle 17, 38. Le esplosioni avvennero in
mare e sul tratto di costa antistante il porto; si formarono delle onde anomale
che arrivarono sino al rifugio antiaereo in cui si trovavano rifugiati gli
operatori portuali. Morirono per annegamento 24 operatori portuali. Sei navi
mercantili vennero affondate.. 38 vittime. Alle ore 15,45 venne colpita da una
bomba la nave Alessandro Volta, ormeggiata al molo Piave e carica di munizioni.
L’esplosione fu tremenda e il fumo arrivò ad un altezza di 4500 metri. Il capitano pilota, Rober E. Blòack,
raccontò: “ “L’esplosione del cargo fu
talmente poderosa che gli equipaggi la percepirono a cinque miglia d’altezza.
Questo accrebbe molto i danni provocati dalle bombe. Facemmo un buco sul fianco
del molo Piave, largo 300 iarde (274,32 m) e profondo 150 piedi (45,72 m)”.L’acqua sollevata dall’esplosione allagò un rifugio
antiaereo sul molo, dove s’erano rifugiati gli operai della Compagnia portuale.
Ricordiamone i nomi. Sono siciliani, lavoratori portuali, vittime della follia
umana: – Battaglia Gaetano – Buccafusca Antonino – Caramola
Gioacchino- Castelli Giuseppe- Castelli Raffaele- Castiglione Rosario –
Chianello Giuseppe – Ciaramitaro Francesco – Compagno Francesco- D’Addelfio
Giuseppe – Dallara Antonino – D’Amico Mario- Farina Gaetano- Ficarra Nicolò-
Gambacorta Carmelo- Ganci Gandolfo- Giaconia Stefano- Giuliano Giuseppe- Lo
Coco Gaetano- Lombardo Rocco- Marino Antonino- Messina Pietro- Messina
Salvatore- Morello Carmelo- Notaro Giovanni – Onorato Salvatore- Richichi
Antonino – Richichi Lorenzo- Tarantino Gaetano- Vignera Nunzio. Parti della nave, una di queste del peso di sei
quintali, colpì la Banca d’Italia, che distava 800 metri dal porto, entrando
dal tetto. Insieme a queste arrivò anche il fusto dell’ancora della nave, che
si trova custodito nella Caserma dei Vigili del Fuoco, “Ignazio
Caramanna”. Lo spostamento d’aria causato dall’esplosione della
nave riuscì ad aprire le porte e le finestre delle case sino in periferia- le
persone che si trovavano in strada furono scaraventate a decine di metri di
distanza e subito dopo arrivò sulle stesse persone e sugli edifici una miriade
di micidiali e terribili schegge di pezzi di nave.
Le Navi Spiga e San Gennaro scaraventate sul molo a causa dell’esplosione
della nave Volta
Il Porto in fiamme
Il fusto della
nave Volta finito sull’edificio della Banca d’Italia in Via Cavour –
Oggi conservato
nella caserma dei Vigili del Fuoco “Caramanna”
-
4
aprile, nella notte una squadriglia britannica sganciò bombe sulla città
danneggiando la Chiesa del SS. Salvatore, la Biblioteca Nazionale e l’ospedale
di San Saverio all’Albergheria;
-
15-16
aprile: alcune squadriglie di B-17 partite dall'Algeria
colpirono, il primo giorno, il rifugio antiaereo di Monte Pellegrino, causando
92 morti; il secondo giorno tutta la zona circostante il porto fu bombardata
con ordigni al fosforo causando l'incendio e il crollo del primo piano dell'Archivio
di Stato.
-
17-18
aprile: 48 bombardieri americani colpirono, con 1200 bombe per un totale di 130
tonnellate di esplosivi, il Corso Vittorio Emanuele e Via Cavour. La contraerea
tedesca riuscì ad abbattere quattro “Fortezze Volanti”. Il 18 aprile con bombe
dirompenti e spezzoni incendiari vennero colpiti gli importantissimi snodi
ferroviari di Brancaccio e dell'Ucciardone, assieme al deposito tram, paralizzando
così i trasporti e le comunicazioni. 20 vittime civili. Palermo è isolata..
Dopo
il bombardamento del 18 aprile, ci sono stranamente dei giorni di tregua… A
Palermo venne assegnata una simbolica “medaglia di mutilata” e la cerimonia
venne fissata per il 9 maggio a Piazza Bologni.
Ma
la mattina del 9 maggio “Radio Londra”, la “Radio degli Alleati” “invitava la popolazione a disertare la
cerimonia perché si preparava una grande
incursione aerea. Centinaia di bombardieri preparano l’apocalisse, che presto
arriverà”.
Quel
messaggio era veritiero… l’attacco non tardò..
Le
“Fortezze Volanti” evitarono Capo Zafferano dov'era concentrata la difesa
antiaerea e si presentò a Termini Imerese. Alle ore 11 una formazione di caccia
bimotori bombardò l’aeroporto di Boccadifalco dove furono messi fuori
combattimenti ben 70 aerei parcheggiati sulla pista.
Alle
12,35 arrivarono le “Fortezze Volanti”…. in diversi gruppi..
Bombardiere Boeing B-26
Il
primo gruppo era composto da 222 bombardieri che provenivano dall’Algeria ed
erano armati con bombe da 500 libbre (227 chili) ed erano scortati da ben 118
“caccia pesanti”. Seguivano altri 90 bombardieri che portavano ordini da 300
libbre (136 chili) e scortati a loro volta da 60 caccia bimotore.
Naturalmente
la contraerea sul Monte Pellegrino sparò senza sosta.. ma l’attacco era
fortissimo … un numero impressionante di aerei oscurava il cielo… e volavano
troppo in alto … verranno colpiti, in parte, nella via del ritorno dopo aver
sganciato sulla citta un vero inferno di morte …. 1114 bombe da 500 libbre e
altre 456 da 300 libbre…. con devastazione e distruzione della città.
Palermo
fu quindi la prima città, come detto prima, a subire un bombardamento a tappeto
in Italia. Nessuno dei suoi quartieri venne risparmiato… il bellissimo tessuto
architettonico, storico e monumentale ridotto in macerie.. macerie che
riprendevano a bruciare anche dopo che l’incendio era stato spento perché
effetto degli ordigni incendiari come le bombe al fosforo.
I
Vigili del Fuoco e la Soprintendenza ai Beni Culturali fecero un elenco degli
edifici distrutti e venne fuori la pianta di una città terribilmente e
ingiustamente devastata. Ma non finì la devastazione.. perché nella notte, del 9-10 maggio, la città tornò ad essere
colpita da 23 bimotori Wellington. Bimotori che sganciarono 76 ordigni
esplosivi tra cui due bombe Hc (High Capacity) da 4.000 libbre (1.814 chili)
che non penetravano al suolo ma risultavano micidiali per distruggere le zone
edificate.
Il
bilancio ufficiale delle vittime del 9 maggio è dimenticato dalle pagine dei
libri scolastici di “Storia”.. si accertarono “solo” 373 nomi… un numero
decisamente basso rispetto alla portata degli attacchi e alla devastazione
subita dalla città.
-
Palermo
“capitale Europea della Cultura da sempre sin dal tempo dei Normanni, diventò
la capitale delle “macerie”.. una città allo sbando, senza vie di comunicazione
e in preda a sciacalli d’ogni genere che a lungo avrebbero continuato a
colpirla.. ma questa è un’altra storia…
Nel 2004 fu ritrovato un rifugio anti aereo sotto la scuola Madre Teresa
di Calcutta in Via Maqueda. Un rifugio visitabile e che rappresenta la memoria
di quei terribili giorni..
-
13
maggio: un bombardamento della RAF causa 17 vittime civili
-
12
giugno: bombardamento da parte di 39 aerei dell'USAAF, con obiettivo
l'aeroporto. 25 vittime civili.
-
30
giugno: bombardamento da parte dell'USAAF con obiettivo l'aeroporto di
Boccadifalco. Viene colpita anche la città, con 84 vittime civili
-
1º
luglio: bombardamento da parte della RAF, 32 vittime civili
-
14
luglio: bombardamento da parte di 24 aerei dell'USAAF
Rifugio di Piazza
Sett’Angeli. Dopo il bombardamento del 18 aprile 1943 si scavò per
il recupero delle
sfortunate vittime. Ufficialmente furono 30 ma in realtà le vittime furono
più numerose.
Infatti le autorità decisero di ricoprire il tutto in maniera sbrigativa con
una
colata di cemento
Le catacombe dei
Cappuccini colpite da una bomba l’11 marzo
La Biblioteca
Nazionale colpita il 5/17 aprile e il 9 maggio
Una carrozza
funebre colpita durante un incursione… i cavalli e i vetturini fecero la stessa
triste fine
Rione San Pietro
Via Emerico Amari
Via Mariano
Stabile vista da Piazza S. Francesco di Paola
Palazzo Moncada
Casa Professa
Via Vittorio
Emanuele
Vicino al Teatro
Massimo
Le
contraeree nazista e fascista cercarono di contrastare il massiccio attacco ma
le forze erano impari. Centinaia e centinaia
di aerei degli Alleati, il volo ad alta quota, resero inutili ogni tentativo di resistenza. Eppure
molti aerei alleati furono abbattuti. Risale ad alcuni anni fa il ritrovamento
di una “Fortezza Volante “Inglese alla foce del fiume Oreto di Palermo e chissà
quanti relitti si trovano nei fondali del Tirreno.
Nel settembre 2017 fu ritrovata una "Fortezza Volante" a circa 59 m dalla foce del fiume Oreto a Palermo. Un aereo abbattuto probabilmente dalla contraerea sul Monte Pellegrino e precipitato in mare. il relitto è in ottimo stato di conservazione e grazie al numero identificativo sulla carlinga . fu possibile risalire all'equipaggio, dato per disperso, e tramite il consolato inglese attivare tutte le procedure umanitarie per un giusta cerimonia di ricordo dei caduti.
Di
gran valore storico il racconto di quei giorni dalla viva voce di uno dei
discendenti di Michele Utveggio Salvatore Collura.(che costruì il Castello assieme allo
zio).
Eppure
in tutto questo trambusto il castello Utveggio non fu colpito o meglio si narra
che alcune bombe furono sganciate sul bersaglio. Certamente gli alleati erano a conoscenza che
era uno dei quartieri generali dei tedeschi, ma le bombe prima di arrivare al
bersaglio viravano improvvisamente come sospinte da venti impetuosi. Viravano
giunti quasi alla quota del segnale semaforico che la Marina collocò sul Monte Pellegrino (nei pressi di dove oggi si trovane le antenne televisive) .
Nei pressi del segnale si schiantò l’aereo tedesco che cercò di schiantarsi
contro il castello. Nelle parole e nelle immagini di Salvatore Collura i tristi momenti del recupero della salma
dilaniata.
La Guerra Vista da Castello Utveggio
(Salvatore Collura)
https://www.yhttps://www.youtube.com/watch?v=c7NVkLEhYa4
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Postazione Militare
nel primo tratto della “Scala Vecchia”
Salendo
lungo il primo tratto della “Scala Vecchia”, sulla sinistra c’è una postazione
militare che aveva il duplice compito di rifugio militare e di sorveglianza
delle pendici del Monte Pellegrino.
Una
postazione ben mimetizzata. Il suo ingresso non è infatti adiacente alla
postazione ma si trova dietro un muro che protegge l’ingresso. All’interno
della postazione, interamente scavata nella roccia, due ambienti che,
attraverso un passaggio più stretto, conducono all’interno della postazione.
Nelle
vicinanze della postazione si trovano le famose cisterne della Marina Militare,
poste nel piano del Parco della Favorita che rientra nella R.N.O. di Monte
Pellegrino.
Cisterne
della Marina Militare che furono progettate e costruite da Pier Luigi Nervi nel
1935 e che furono chiamate “serbatoio
tipo Ing. Nervi e Bartoli”
Serbatoi
della Marina Militare
Si
tratta di dodici cisterne ipogee, come deposito di carburante, che durante la
seconda guerra mondiale furono strategicamente importanti per la Marina
Militare.
“Ogni
cisterna ha una struttura cilindrica in calcestruzzo armato, realizzata
sfruttando lo scavo come cassaforma base. Sulla pianta circolare, con diametro
da 32 a 36 metri, sono impostate le colonne, in numero da 12 o di 21 a seconda
delle dimensioni della cisterna, per un’altezza, anch’essa variabile, di 10 o
16,5 metri”.
Del
progetto prototipo furono elaborate soluzioni differenti che erano legate alle
diverse condizioni ambientali del luogo di realizzazione ed anche alle
specifiche esigenze militari. Oltre alle
variazioni dimensionali si avevano delle
variazioni per tipologia di terreno (roccioso, non roccioso, ecc.) e per
copertura cioè a “semplice mascheramento” che prevedeva il ricoprimento con
terreno vegetale o quello “a copertura blindata” per resistere alla percussione
diretta di due bombe da 500 kg.
La
spazialità interna è affascinante.. circolare e scandita dalla geometria della fitta serie di colonne.
l'interno dei serbatoi
Il
progetto di queste cisterne fu il
risultato di una serie di studi portati avanti dall’ing. Nervi sulle
potenzialità del calcestruzzo armato. Un materiale che veniva bandito all’epoca
dalle costruzioni. L’ing. Nervi si espose in prima persona in difesa della
convenienza della struttura in calcestruzzo armato e s’impegnò assiduamente,
con un grande slancio pionieristico, nella ricerca sperimentale e nella
progettazione. Attraverso il mondo militare ebbe la possibilità di costruire
con il calcestruzzo armato e di farlo in maniera completamente libera dai
riferimenti imposti dalle retoriche di regime.
Riuscì
a mettere in pratica i suoi studi, le sue ricerche e realizzò in anteprima
rispetto alla ricostruzione postbellica, le teorie e le sperimentazioni di un
intera generazione di ricercatori. Il
suo progetto prototipo di cisterna fu realizzato in Italia grazie anche alla sua impresa la “Nervi &
Bartoli”.
Nel
fondo Nervi, del centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università
degli Studi di Parma, si trovano i disegni relativi al progetto per serbatoio “Tipo Nervi & Bartoli” e alle sue varianti, e quelli relativi alle
realizzazioni effettuate nel territorio siciliano ed esattamente a Palermo,
Siracusa e Trapani. I disegni dei serbatoi di Palermo costituiscono un
importante documento perché testimoniano lo studio completo di progetto: dalle
sezioni idrauliche, che verificano le pendenze del terreno, alla precisa
collocazione dei dodici serbatoi che si succedono in fila ai piedi del Monte
Pellegrino e della sua parete rocciosa (parte occidentale e meridionale).
Pier Luigi Nervi: “progetto per serbatoio interrato di
combustibile, pianta e sezione”
Tra
i disegni è conservata anche la planimetria generale che ha permesso di
identificare sul terreno i 12 serbatoi con la loro copertura in calcestruzzo.
L’area
in cui sono ubicate fu strategicamente importante durante la seconda guerra
mondiale. Infatti è un area baricentrica tra il porto, ed in particolare
l’estremità settentrionale di questo che ospitava, sul molo di Santa Lucia, lo
scalo degli idrovolanti, l’aereostazione della Favorita ( ove oggi sorge
l’ippodromo comunale) e il campo di volo di Mondello.
I
dodici serbatoi sono uguali tra di loro con ciascuno un diametro di 36 m su cui
sono impostate 22 colonne alte 16,5 metri. La capacità di ogni serbatoio è di
circa 30.000 metri cubi di combustibile. La settima cisterna ha subito un
crollo ed è visibile il suo interno con l’impianto delle 22 colonne, che
sorreggeva la copertura, e la struttura delle pareti perimetrali dove è
visibile l’armatura: una fitta rete metallica in origine rifinita da
calcestruzzo spruzzato. La nafta è stagnante all’interno dei serbatoi dagli
anni cinquanta quando hanno perso la loro funzione. In corrispondenza di ogni
serbatoio sono presenti gli ingressi delle discenderie che permettevano
l’accesso al sistema di percorsi sotterranei, costituiti da cunicoli coperti a
volta che ospitavano le condotte e permettevano l’ispezione. Attraverso questi
cunicoli sotterranei le dodici cisterne non solo erano messe in comunicazione
tra di loro ma anche con il porto da cui si apriva la prima discenderia. Un
documento importante della storia ma anche della tecnica industriale del
Novecento.. quindi Archeologia Industriale..
Alcune cisterne
viste dall’alto
Sono
delle testimonianze che oltre al loro valore progettuale, legato come detto all’ing.
Pier Luigi Nervi, famoso nel campo dell’ingegneristica a livello sia nazionale
che internazionale, hanno anche un valore storico. Per questo motivo alcuni architetti stanno portando avanti un
progetto di riqualificazione di quelle strutture che potrebbero raccontare gli
aspetti storici del conflitto. Il progetto si chiama “La storia racconta la storia”
promosso dagli architetti Danilo Maniscalco, Giulia Argiroffi, Andrea Liguori,
Ferdinando Scalia, Simona Lomolino, Wil Rothier e Samuel Romeo. L’idea fu anche presentata a Berlino e prevede
l’allestimento di un Museo della seconda guerra mondiale nelle dodici cisterne
e nell’area circostante.
Nel
settembre 2016 sembra che il progetto abbia ricevuto un certo interesse sia da
parte della Presidenza della Repubblica Italiana sia da parte del consolato
degli Stati Uniti e alla fine di dicembre 2017 si svolse una conferenza stampa
all’interno del rifugio antiaereo di Piazza Pretoria a Palermo... .”Prevediamo di affidare a ognuna delle
potenze in guerra la progettazione e la gestione di un padiglione tematico per
raccontare il proprio punto di vista della seconda guerra mondiale. Le spese
per la realizzazione e la riqualificazione degli spazi sarebbe a carico dei
singoli Stati. Questo permetterebbe di facilitare ulteriormente la realizzazione
del nostro progetto” ( Arch. Danilo Maniscalco, uno dei progettisti).
Le
dodici cisterne, già collegate tra di loro, farebbero nascere un percorso
completo sui vinti e sui vincitori
attraverso testimonianze e cimeli.
“I Paesi che hanno
partecipato alla seconda guerra mondiale dovrebbero bonificare e recuperare le
strutture e poi il fruitore del percorso avrebbe così la possibilità di
ascoltare tutte le versioni della storia e farsi una propria idea su cosa è
stata la seconda guerra mondiale in Sicilia. si aspetta l’ok da tutte le
ambasciate per partire con il progetto vero e proprio”.
C’è
da dire che queste cisterne in passato suscitarono tante polemiche.
Nel
2012 il giornale “Repubblica” lanciò l’allarme
sulla cisterna n.7 che aveva subito un cedimento strutturale rilevando il
proprio contenuto di carburante. Carburante che con il passare del tempo, 69
anni, si era trasformato in catrame cristallizzato. Una vera e propria bomba
ambientale che rischiava di esplodere all’interno del Parco della Favorita. Ci
fu un “palleggio” di competenze fra Regione,, che gestisce il Parco, e la
Marina Militare che è proprietaria delle aree. Queste divergenze bloccarono ogni tipo di intervento.
La
Procura della Repubblica aprì un inchiesta, sul crollo della copertura della
cisterna, per verificare eventuali
responsabilità penali ed un iniziativa analoga fu presa anche dal Ministero
della Difesa. La Marina Militare bandì un appalto per la bonifica dei luoghi e
nel 2015 i lavori furono ultimati dall’impresa “Tecno In” che si aggiudicò la
gara per un importo di 522.988 euro (iva esclusa).
La
Marina Militare sistemò una rete metallica come misura di sicurezza prima
dell’ispezione della Commissione Difesa del Senato che nel maggio 2016 verificò
la messa in sicurezza della zona.
Un serbatoio prima dell’interramento
Uno dei cunicoli
di collegamento tra le varie cisterne e il porto
La custerna n. 7 che ha subito il crollo della copertura
La ricostruzione di quei giorni da parte di ogni Stato può realizzarsi
con l’uso di automezzi, indumenti,
aerei, armamenti, fotografie, videomapping, registrazioni, cinegiornali,
motociclette e anche degli alianti che per la prima volta furono utilizzati dagli Alleati proprio in
Sicilia. Beni che servirebbero a ricreare la triste atmosfera di quei giorni.
La creazione a costo zero per l’amministrazione comunale che in cambio dell’uso
del bene attualmente di proprietà del Demanio Militare, ben disposto a
collaborare per la realizzazione
dell’importante proposta culturale, potrebbe chiedere alle nazioni
invitate tra cui gli Stati Uniti, la Russia, il Giappone, la Francia,
l’Inghilterra, la Germania, il Canada, l’Australia, la Polonia e i Paesi
Scandinavi, di sostenere gli oneri per la sistemazione e la bonifica dell’area,
e il restyling dello spazio loro assegnato. Una proposta culturale, già
realizzata in Normandia e anche nei bunker berlinesi, che inciderebbe sul
valore turistico della città ampliandone la visione e la redditività. A
prescindere dai risvolti economici è da tenere presente con l’iniziativa il
ricordo e la memoria di quei protagonisti le cui storie non sono mai ricordate e rischiano
l’oblio assoluto.
L’opera dell’ing. Pier Luigi Nervi non si fermò
alla progettazione e costruzione dei serbatoi
nel Parco della Favorita ma
lasciò un'altra importante testimonianza
di quei drammatici anni. (Importanti le aviorimesse nello Stagnone di Trapani).
Sempre nel Parco della Favorita, vicino alle 12
cisterne, c’è la “Casermetta”, una costruzione definita in questo modo dal suo
progettista e costruttore ing. Nervi.
La “Casermetta”
del Paro della Favorita ( prog. Ing. Nervi)
Nel 2016 era in completo abbandono e
giustamente potrebbe rientrare nel Museo
della Storia anche come un possibile centro studi di opere nerviane che
in Sicilia sono numerose.
L’edificio fu realizzato in calcestruzzo armato
e si trova ad un centinaio di metri dalla Fiera del Mediterraneo, ormai in
abbandono. Una postazione che aveva
naturalmente l’obiettivo di controllo dell’area militare
Pianta originale della “casermetta” progettata dall’ing. Nervi
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