IL CASTELLO DI GELA
I CASTELLI DELLA PROVINCIA DI CALTANISSETTA
I Duchi/sse di Terranova erano anche Marchese/a della Valle di Oaxaca (Messico) perchè parenti del
"conquistadores" spagnolo Hermàn Cortes.
CASTELLO DI "TERRANOVA"
Gela – Caltanissetta
Ubicazione: Piazza Calvario – Centro Urbano
Castello della Val di Noto
NOTIZIE
STORICHE
Nella prima metà del XIII secolo, durante la reggenza di Federico
II di Svevia, si ha la fondazione di “Terra Nova”, in contrapposizione alla
“Terra Vecchia abitata nei periodi precedenti e costruita sulle rovine
dell’antica e prestigiosa Gela greca. Per molto tempo il nuovo sito venne
identificato con quello della città di Eraclea e per questo motivo la nuova
città fu chiamata all’origine Heraclea. Alla fine prevalse l’appellativo di
Terranova, cioè “Città Nuova” che durò fino a quando in epoca fascista la città
riacquistò l’antico nome di Gela.
La fondazione di Terranova fu un avvenimento importante per l’area
geografica in cui sorse il centro. Un centro che fu presidiato da
fortificazioni e successivamente dotato anche di un approdo, il Reale Caricatoio, per il
commercio dei prodotti. Dopo poco tempo Terranova diventò il secondo centro più
popoloso della Sicilia Orientale. Era preceduta da Messina e seguita da
Catania, Caltagirone e Siracusa. Dopo la fine della dinastia Sveva, la città
seguì il destino e le vicende degli altri centri dell’isola. Partecipò
attivamente alle giornate del Vespro nel 1282, nella lotta tra Aragonesi ed
Angioini.
Fasi Storiche
Nella seconda metà del XIII secolo si avrebbe, secondo
“Dufour, Nigrelli 1997”, la costruzione di una “torre maestra” come probabile primo nucleo del castello e nel XIV
secolo delle strutture di legno vennero addossate alla torre per rafforzare la
sua funzione militare.
Nel 1355 la città fu
indicata. come.”Eraclia alias vocata Terra Nova”
(Librino 1928) ed era città Demaniale
Nel 1369, Terranova fu data in feudo da Federico IV (III - Il
Semplice) d’Aragona prima a Manfredi di Chiaramonte, VII Conte di Modica, e poi
in feudo e baronia a Johannes de Ferula.
Johannes de Ferula partecipò alla congiura dei baroni contro
Martino I e quindi dichiarato “fellone”
perse il feudo.
La
famiglia “La Ferla” o “Ferla” è di origine normanna (Ferlè o Ferlay, come
risulta dai documenti medievali
conservati
nell’Abbazia di Saint Aubin d’Angers). Scese in Italia al seguito degli
Altavilla
nell’XI secolo.
Nel
1282, all’epoca del Vespro la nobiltà normanna aveva perduto molto potere ad
esclusione delle famiglie:
Caltagirone,
Abbate, Barresi Mazzarino, Sclafani e Ferla.(Henri Bresc, storico medievale).
"La nobiltà francese partecipa poco
al potere sugli uomini, ma notiamo che la nobiltà siciliana del ceppo normanno
è stata quasi completamente eliminata da questa funzione di mediazione: restano
solo Caltagirone Butera, Abbate Ciminna, Barresi Pietraperzia e Naro, il
Mazzarino, lo Sclafani, il Ferla; la loro autorità è esercitata su pochi
insediamenti permanenti e fortificati ".
Il nobile “miles
Iohannes de Ferula” nel suo testamento del 1292, ritrovato tra le pergamene
della Casa
dei Principi
Moncada, cita la potenza della famiglia attraverso i legami e le alleanze con
altre casate di Sicilia:
i de Rocca,
Pescatore, Moncada, Lancia, Alagona, Chiaramonte, ecc.
Il figlio di
Iohannes, Lando de Ferula (o La Ferla), ricevette il 10 gennaio 1345 dalla
cugina, Donna Lukina (Pescatore e de Rocca di nascita, e moglie del Conte
Guglielmo Raimondo Moncada de Montecateno), la donazione dei beni esistenti
nella terra di Ragusa. Un altro Lando, barone di Morbano cioè di un feudo nel
territorio di Vizzini, nel 1375 ottenne da Re Federico IV (III) d’Aragona la
concessione di “poter acquistare alcuni
feudi posseduti dal nobile Chaula”. Nello stesso anno andò in aiuto del Re
Federico IV partecipando alla repressione della rivolta di Avola.
Un personaggio
ambiguo perché nel 1393 si ribellò al re Martino I. Per questo motivo gli
furono
confiscati tutti i
beni compreso l’importante feudo di Morbano che fu assegnato a Giacomo Serra
con atto
dell’8 ottobre
1393. Un altro Lando, anche lui ribelle
al re Martino fu spogliato di tutte le
concessioni
feudali tra cui le terre e il castello di Ferla. Terre e castello di Ferla che
furono concessi a
Ruggero Planellis.
Nella famiglia non poteva mancare Iohannes de Ferula, dal nome dell’antico avo,
dichiarato “fellone” sempre dal re Marino che subì la confisca delle saline,
del Caricatore Reale, delle Terre e del
Castello di
Eraclea (Terranova) in data 2 maggio 1392 e concessi successivamente al
catalano
Pietro De
Planellis (o de Planell).
Lo stemma della
famiglia è costituito dalla ferula e da due leoni rampanti. La ferula
rappresenta il potere
temporale e
spirituale dei Papi mentre i leoni rampanti rappresentano la forza e il
coraggio della
famiglia nel
sostenere il potere dei Papi.
Con un diploma del 13 marzo 1396 Re Martino I reintegrò la città
di Terranova nel Regio Demanio. Con lo stesso diploma ricompensò la città per i suoi servizi resi alla corona in tempo
di guerra. I ricavati delle gabelle dell’erbaggi furono donati alla città per riparare le mura
necessarie per la difesa dalle continue scorrerie dei pirati.
La città venne affidata a Pietro de Planellis (o Planell).
Il
“Nobiliario Siciliano” non cita le origine della famiglia, probabilmente
catalane.
“Raimondo,
con privilegio del 19 maggio 1392, ottenne concessione in feudo di
onze
300 annue sul porto di Terranova. Un Pietro, milite, ottenne da Re Martino
concessione
“durante vita” della
terra e castello di Terranova.
Tornata
questa al Regio Demanio, Ruggero familiare regio e figlio di Pietro, ottenne
con privilegio del
15
febbraio 1400, concessione di una salina nel territorio di Terranova ed altri
diritti.
Salina
che era stata concessa in precedenza a Giovanni ed Antonio la Ferla, padre e
figlio (i precedenti feudatari del castello (famiglia: De Ferula), dichiarati
ribelli.
Lo
stemma su sfondo rosso presenta “ lupa passante d’oro, addestrata da un giglio
dello stesso (d’oro) e
sinistrata
da una rosa d’argento
Nei libri di
Araldica Spagnola ci sono diverse case Planell. Una casata molto importante
e conosciuta. Non
tutti le discendenze di questo cognome hanno un origine comune.
Presentano diversi scudi attraverso i quali
manifestavano gli elementi differenziali del casato
Gli smalti dell’arma del Planells proclamano i seguenti
valori:
l’Azzurro corrisponde al simbolo dell’acqua, della continuità
della vita. È un colore di nobiltà, bellezza,
castità e fedeltà, in aggiunta altre virtù hanno
caratterizzato la famiglia, come ricchezza,
perseveranza, fama e desiderio di vittoria…
Nel 1401 lo stesso Martino I, abolì con un diploma tutte le
concessioni donate alla città e dichiarò Demaniale tutto il territorio di
Terranova. Con lo stesso diploma confermò la moratoria dei debiti per 8 anni a
chiunque si fosse trasferito nella città.
1425, il castello e la terra passarono a Giovanna Villademani
erede di Lluis Rayadeli, feudatario del re;
1438 – Terranova fu definita Terra e Castrum dalla Regia
Cancelleria (2830, c 257 – E Maurici)
1453 – Beatrice Cruylles e il marito Giovanni D’Aragona sono i
nuovi feudatari di Terranova.
Malgrado il provvedimento di Martino I la popolazione non aumentò
e questo forse per la presenza endemica nel territorio della malaria e sia per
le pestilenze del 1455 e 1456.
All’origine il
castello era quindi costituito da una torre. Si può parlare di vero e proprio
castello solo a partire dal XVI secolo quando attorno alla torre vennero
costruite altre strutture.
Infatti proprio nel XVI secolo il castello era completo ed
era costituito da un quadrilatero, con lati disuguali, delle torri angolari e
una grande corte interna.
Agli
inizi del XVI secolo, dopo diversi trasferimenti, il castello con il suo feudo passò
alla famiglia Tagliavia Aragona
Terranova
con le altre terre feudali (Buscemi, Montalbano, Monreale) partecipò ai moti del 7 marzo 1516 contro il viceré Moncada e si
ribellarono ai propri signori. Infatti dopo la morte di Ferdinando I, i
terranovesi si rifiutarono di prestare obbedienza e di dare il possesso della
terra e di tutto il suo stato a Donna Antonina Contessa d’Aragona. I rivoltosi,
capeggiati dal Capitano d’Armi Giovanni Antonino Puglio, chiusero le porte
della città resistendo anche agli ordino reali. Dopo quattro mesi di aspre
lotte, i giurati di Terranova, temendo il peggio per la propria città in virtù
della forte resistenza al potere regio, si riunirono il 22 luglio 1516 nella
Chiesa di Santa Maria dé Platea.
Chiesa Madre –
fine Ottocento
La Chiesa Madre
sorge sul luogo della trecentesca chiesa di Santa Maria dè Platea.
Il termine Santa
Maria dè Platea deriva dall’archivio dei documenti di proprietà dei beni e
delle
Persone, tra cui
schiavi e servi, che erano conservato nella chiesa e detto “platea”.
L’antica chiesa
era in rovina a causa del terremoto del 1693 e nel 1766 iniziarono i
lavori per la
costruzione del nuovo edificio sacro che fu completato nella prima metà
dell’Ottocento.
La Chiesa Madre è
dedicata alla Vergine Assunta, Madre di Dio. Al suo interno pregevoli opere
d’arte tra cui un dipinto su tavola, con fondo, in oro, raffigurante Maria SS.
dell’Alemanna (o della Manna), patrona di Gela.
(foto dal sito: http://www.gelabeniculturali.it/CHIESE-CHIESA%20MADRE.htm
Gela – Chiesa
Madre
Icona , Maria SS.
dell’Alemanna (o della Manna)
Le tradizioni
sull’origine dell’Icona sono diverse. Una fonte cita che fu portata da alcuni
viandanti ebrei che transitando nel territorio ricevettero ospitalità. Per
ringraziamento donarono alla città la preziosa icona. Un icona legata
al viaggio degli
israeliti durante l’attraversamento del deserto e che ricevettero del cibo
inviato miracolosamente
dal cielo da Dio.
Per questo motivo la chiamarono “Madonna della Manna”.
Più veritiera è
invece l’altra fonte storica che rileva l’Immagine portata dall’ordine
religioso dei
Teutonici di Santa
Maria de Alemanna (Ordo domus Sanctae Mariae Teutonicorum). Ordine che fu
fondato nel 1190 a
San Giovanni d’Acri (cittadina dell’Israele), abitata da cittadini di Lubecca e
Brema. Ordine che nel 1198 fu trasformato in ordine cavalleresco. Secondo
l’abate Rocco Pirri il culto a Maria SS. dell’Alemanna si deve proprio ai
cavalieri Teutonici che fondarono a Terranova un tempio ed una casa, dipendenti
dalla Magione di
Palermo.. Una casa destinata ai pellegrini, come “hospistale”, che si recavano
a Gerusalemme
in pellegrinaggio.
Un analoga fondazione fu fatta, dagli stessi cavalieri Teutonici, a Messina con
una
chiesa dedicata a
Maria SS. D’Alemanna.
L’icona era
custodita in origine nel Santuario della “Madonna SS. Dell’Alemanna”.
Santuario della
“Maria SS. dell’Alemanna”
L’antica chiesa fu
edificata nel XII secolo, nel 1242 era forse presente una cappella, e retta
dall’Ordine
Teutonico. Nel 1540 fu abbandonata
dall’Ordine e
affidata dal pontefice Paolo III, su istanza del marchese Don Giovanni Aragona
e Tagliavia, al
patronato degli
abitanti di Heraclea-Terranova.
Un Santuario che
subì diverse ricostruzioni. Nel 1540 ricostruito tranne l’abside; nel 1700
demolito e
ricostruito; nel
1860 era in rovina per cui fu demolito e nel 1865 ricostruito. Nel 1911-12 era
adibito a lazzaretto durante l’epidemia di colera e nel luglio 1943 fu
saccheggiato durante lo sbarco alleato. Nel dopoguerra ospitava
delle povere
famiglie e nel 1969 venne chiuso al culto perché pericolante. Nel 1973 fu
demolito e nel 1984 ricostruito con riapertura al culto nel 1985. La sacra
Icona è oggi custodita nella Chiesa Madre. Nel Santuario si trova
la buca dove venne
miracolosamente trovata l’icona da un contadino, mentre arava il suo terreno.
I Gelesi recitano:
All’unnici ‘i jnnaru a vintun’ura
Si vitti e nun si vitti Terranova;
S’unn’era ppì Maria, Nostra Signura,
Sutta li petri fussi Terranova.”
All’unnici ‘i jnnaru a vintun’ura
Si vitti e nun si vitti Terranova;
S’unn’era ppì Maria, Nostra Signura,
Sutta li petri fussi Terranova.”
Nella Chiesa
Madre, Vergine Assunta e Madre di Dio, durante i lavori di ripavimentazione,
eseguiti tra il
2007 e il 2013, vennero alla luce delle cripte con numerose sepolture
gentilizie risalenti al Settecento. Fu rinvenuta anche ceramica greca e la base
di un tempio greco.
Chiesa Madre –
Cripta della navata sud
http://www.gelabeniculturali.it/CHIESE-CHIESA%20MADRE.htm
Si
raggiunse un accordo che fece però ricadere Terranova nello stato di vassallaggio.
Verso
la fine del 1500 la città fu ampliata verso Ovest e fu ricostruita o comunque
ristrutturata la cinta muraria che fu completata nel 1593.
Un castello che subì diversi ampliamenti perché risale alla
fine del XVI secolo l’aggiunta di un corpo di fabbrica allungato, destinato a
magazzini e baglio antistante, i cui lavori finiranno nei primi anni del
XVII secolo con la creazione di un
recinto perimetrale del baglio.
Nel
1639 il possesso della città passò dagli Aragona Tagliavia a Ettore Pignatelli che la mantenne fino all’abolizione della
feudalità nel 1812.
Il castello in questo periodo era adibito dai
Duchi di Terranova a magazzino e a prigione.
Una relazione redatta dal Negro e risalente al XVII secolo,
riportò lo stato “Fortificazioni di
Terranova” (mura e castello). Il Negro giudicò il castello privo di
strutture difensive se ad esclusione dei “
torrionelli negli angoli che non sono atti a reggere artiglieria se non
pezzotti piccoli”.
Con
il terribile terremoto dell’11 gennaio 1693, il castello subì notevoli danni.
Una relazione d’epoca citò il fabbisogno di “almeno
751 onze per i ripari del castello, il quale aveva subito danni maggiori alla
torre di Ponente”.
Nella
prima metà del XVIII secolo, il castello era semidistrutto e quindi in
abbandono. Un anonima relazione consegnata al Duca di Terranova sullo stato
della città citò anche il castello.. “vi
è in detta un palazzo seu casa quale si chiama il castello… e per essere assai
antico si vede rovinato” (Scuto, 1995);
Nel
1787 Terranova ebbe la possibilità di affrancarsi dal vassallaggio inviando una
notevole somma di denaro al “Banco del Real Patrimonio”.
1789 – Terranova, dopo circa 300 anni di signoria degli Aragona,
tornò al Regio Demanio.
Terranova
tra il 1789 ed il 1799, periodo compreso tra lo scoppio della Rvoluzione
Francese e l’instaurazione della Repubblica Partenopea, fu al centro di
avvenimenti legati ai privilegi e ai soprusi perpetrati a danno del popolo. Gli
avvenimenti sono un esempio di come anche nella lontana Sicilia l’illuminismo e
il giacobinismo si diffusero sia pure a fatica e quasi sottovoce.
Il 3 febbraio 1799 ci fu la sanguinosa rivolta del “Ribello”.
Il 3 febbraio 1799 ci fu la sanguinosa rivolta del “Ribello”.
Il duca Ettore Pignatelli Aragona Tagliavia Cortéz non
intende rispettare l’ingiunzione del Real Patrimonio di Palermo di restituire
al Regio Demanio il feudo di Terranova ed Avola dietro il già stabilito compenso
di 3.300 onze. Il duca risiede a Palermo, conducendo un esistenza tra l’aria
spagnola e l’oblomovismo, si serve della mano occulta del terranovese notaio
Gino Lipardi, il notaio dovrebbe fare pressione sui membri più importanti e
progressisti del Consiglio Civico di Terranova affinchè non venga deliberata la
raccolta della somma da versare al duca.
Con l’approvazione della delibera avrebbe avuto fine il “mosto e mero
impero “ feudale” che aveva avuto inizio con l’acquisto del diritto da parte di
Carlo D’Aragona.
Nel 1788 la somma venne però depositata. Il duca e il notaio,
che nel frattempo era stato nominato Capitano del Popolo, decisero
congiuntamente di ricorrere alle maniere forti. Avanzarono dei cavilli
giudiziari per ritardare l’esecuzione dell’ordine di restituzione del feudo. Ma
la cosa più grave fu la diffusione nella città di un clima d’intimidazione e di
terrore.
Nel carnevale del 1799 si scatenerà il sanguinoso “ribello”
alla cui base c’era il contrasto tra i notabili cittadini e le idee giacobine.
Sei avversari “riformisti” verranno uccisi dalla gente aizzata o fomentata dal
notaio. Tre giovani esecutori materiali della strage saranno impiccati mentre
il “duca il notaio e un prete “assistono compiaciuti al trionfo della loro
giustizia.
Nel 1994 si ebbe il restauro
dei magazzini “Pignatelli”. Sono le uniche strutture superstiti dell’antico
castello.
STRUTTURE ARCHIETTONICHE
Stabilire
o descrivere lo stato di consistenza del castello non è facile perché le varie
parti sono state in parte inglobate in strutture successive e altre distrutte.
L’antico
impianto planimetrico doveva essere costituito da un nucleo principale, di
pianta quadrangolare, con torri angolari. Successivamente alla struttura venne
affiancato un corpo rettangolare con baglio o ampio cortile.
Il
castello aveva una posizione marginale rispetto alla città voluta da Federico
II di Svevia e questo suo aspetto non consentiva alcun tipo di controllo
militare. L’unico controllo militare era legato alla visione di un tratto di
costa antistante e della foce
dell’antico fiume di Gela.
Probabilmente
era anche esterno al tracciato medievale delle mura e fu inglobato al loro
interno quando furono effettuati gli ampliamenti. Grazie a questi ampliamenti,
che si sono verificati nel corso dei secoli, il castello entrò a fare parte
integrante del sistema difensivo senza
però mai raggiungere il ruolo
carismatico di estremo e forte baluardo difensivo.
Come
già su accennato, il nucleo originario era di ridotte dimensioni e cioè un
quadrilatero irregolare con cortile centrale e torre agli angoli.
La
necessita di avere a disposizione dei locali da adibire a magazzini ducali per
la conservazione degli alimenti portò alla messa in opera di un blocco
rettangolare costruito in aderenza al fronte sud-ovest. Il nuovo corpo era
costituito da una bassa cortina muraria della quale uno dei lati era occupato,
per l’intero fronte, da una costruzione ad una sola elevazione.
La tesi su descritta è stata redatta attraverso l’esame della cartografia secentesca ed in particolare attraverso i disegni del Negri.
La tesi su descritta è stata redatta attraverso l’esame della cartografia secentesca ed in particolare attraverso i disegni del Negri.
https://www.mondimedievali.net/castelli/Sicilia/caltanissetta/provincia000.htm
Il
nucleo principale del castello, in questi disegni, è costituito da una
costruzione a due piani, con due torri a pianta quadra e due a pianta
semicircolare. Al castello si accedeva attraverso un ingresso posto sulla
cortina settentrionale e che apriva su un vasto cortile interno. In questo
cortile si sviluppava una scala d’accesso ai livelli superiori. Quando furono
aggiunti i magazzini venne realizzata una grande apertura sul prospetto
settentrionale che immetteva sul corso principale.
Oggi
restano dell’antico castello i magazzini con grandi granai interrati che sono
stati restaurati in tempi moderni.
Parti delle torri e delle cortine murarie sono state inglobate in edifici di epoca successiva.
Parti delle torri e delle cortine murarie sono state inglobate in edifici di epoca successiva.
Proprietà
attuale : Comune
Uso
attuale: i magazzini ducali vengono utilizzati per attività culturali.
https://www.tripadvisor.it/ShowUserReviews-g1096054-d6698298-r208835140-Palazzo_Ducale-Gela_Province_of_Caltanissetta_Sicily.html
http://www.gelabeniculturali.it/Piana%20del%201600.jpg
TERRANOVA
– LE MURA DI FEDERICO II DI SVEVIA
Rimane ben poco delle antiche mura che sembrano quasi nascosti confondendosi con
le costruzioni successive. Gela ha una patrimonio archeologico e storico notevole
e il suo Museo Archeologico è uno dei più importanti d’Italia per i reperti
custoditi.
Con
il cessare della minaccia barbaresca nel Mediterraneo, la solida e spessa cinta
muraria medievale della città, a cominciare dal Settecento, incominciò ad
essere smantellata dalla popolazione per ricavare materiale da costruzione. Si
narra che furono oltre 150 le usurpazioni sulla cinta muraria.
L’antica
cinta si potrebbe dividere in due sezioni. Il primo perimetro è compreso tra
Piazza Calvario e Via Porta Vittoria ad est e via Giacomo Navarra Bresmes ad
ovest. Si tratta di un area di circa duecentomila metri quadrati (20 Ettari).
Il
secondo perimetro, con circa la stessa superficie, giunge sino a Via Matteotti.
Le
mura erano munite di quattro porte e di una postierla:
-
Porta
Penestrina o Porta Vittoria, ad est, che fu demolita nel 1878;
-
Porta
Caltagirone, a nord, che fu diroccata nel 1859;
-
Porta
Licata o Porta del Salvatore, ad ovest, abbattuta nel 1860;
-
Porta
Marina, a sud, demolita negli anni Sessanta.
La
Postierla denominata “Pertugio della Graticola” (“u purtusu”), odierna Via Istria, fu eliminata nel 1892.
Nelle
immediate vicinanze di Porta Marina, durante il restauro dell’attiguo Bastione,
venne alla luce un ‘altra porta. Una porta più antica con arco a sesto acuto e
risalente alla fondazione della città.
Porta
Vittoria e Porta Licata si trovavano sulla direttrice dell’attuale Corso
Vittorio Emanuele mentre Porta Marina risultava non in linea, sfalsata,
rispetto a Porta Caltagirone.
In
origine la cerchia muraria era divisa, lungo l’attuale via Giacomo Navarra
Bresmes, in due parti da un muro trasversale che separava la “Terra Vecchia”
(ad ovest) dalla “Terra Nuova”. Su questo muro alla fine del XVI secolo si aprì
la “Porta de’ Carri”.
Della
Porta Marina rimangono solamente i muri laterali con relativi imposte e
piedritti. Negli anni Sessanta subì una parziale demolizione. I conci degli
archi furono numerati e conservati per essere successivamente ricollocati … ma
ciò non avvenne perchè si persero.
Adiacente
alla Porta Marina un torrione quadrangolare, risalente alla seconda metà del
XVII secolo, caratterizzato dalla presenza di un elegante cornicione. Un
cornicione costituito da grossi ed eleganti cantonali in pietra arenaria e da
pietre informi che costituiscono il resto della costruzione.
Porta Marina una
Volta…
Il Bastione
adiacente a Porta Marina
I conci di Porta
Marina, numerati e poi scomparsi….
Gli orti sotto
Porta Marina
http://www.gelacittadimare.it/cartoline1.html
Porta Marina –
oggi..
Porta Marina – Il
Bastione…. Oggi
Partendo
da Porta Marina, che è posta a sud di Via Marconi e percorrendo verso est sulla
Via Mediterraneo, s’incontra un primo tratto delle mura di cinta e un imponente
torre, dalla pianta semisferica, risalente probabilmente al XIV secolo. La
parte basale del muro è formata da diversi file di blocchi regolari di pietra
arenaria mentre la torre è formata da pietre informi di diverso taglio o
misura. Le case sono costruite nello spessore delle stesse mura di cinta.
Dopo circa trenta metri s’incontra un'altra torre, sempre di pianta
semisferica che, purtroppo, è inclusa quasi totalmente nelle costruzioni
successive. Procedendo s’intuisce che la linea originaria delle mura sia
spostata di un paio di metri verso l’interno del prospetto degli edifici che si
susseguono.
In una rientranza si nota una caratteristica scala ripida a diverse rampe.
Una scala che da tempi memorabili è adoperata come piccola scorciatoia che permette
di raggiungere la sovrastante Via Cocchiara.
Giunti al termine di Via Mediterraneo, prima di iniziare la salita verso
Piazza Calvario. Si osserva una torre angolare risalente probabilmente al XIII
secolo che individua il limite di sud-est della cinta muraria medievale.
Dopo
aver percorso la salita si giunge in Piazza Calvario.
Piazza Calvario
Di
fronte alle Croci si possono osservare i resti delle mura di cinta del XIII
secolo e che furono ristrutturati nelle poche successive. Resti che sono da
attribuire al castello di Federico II. Del castello rimane solo una delle
quattro torri angolari, quella di sud-est. I resti di questa torre, due
finestre con arco acuto e strombature e in mezzo un apertura a doppio arco, si
possono osservare entrando nei locali degli ex granai del Palazzo Ducale. La
famiglia Pignatelli Aragona Cortes, proprietaria del castello, nel
Settecento fece dei lavori per
trasformare il complesso difensivo in magazzini per derrate alimentari.
<a
href="https://www.tripadvisor.it/LocationPhotoDirectLink-g1096054-d6698298-i100385101-Palazzo_Ducale-Gela_Province_of_Caltanissetta_Sicily.html#100385101"><img
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src="https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/05/fb/c1/ed/palazzo-ducale.jpg"/></a><br/>Questa
foto di Palazzo Ducale è offerta da TripAdvisor.
Il
cortile del Palazzo Ducale fu
interessato da una serie di scavi archeologici che portarono alla luce
interessanti strutture della Gela Greca e Medievale.
La zona del
Calvario, in seguito agli scavi operati da Paolo Orsi e successivamente da
Orlandini e
Adamesteanu, è
considerata l’area sacra dell’antica città greca. Furono portati alla luce dei
resti
di sacelli,
decorazioni fittili e terrecotte architettoniche. Nel cortile del castello
furono rinvenuti materiali e
strutture del
periodo medievale, alcune cisterne ed un muro largo 2 m e lungo 25 m. Nella parte settentrione, dello
stesso cortile, furono identificate due fasi riferibili ai periodi arcaico e
classico. I rinvenimenti del periodo arcaico, due muri di un edificio con zoccoli in pietrame
misto a ciottoli di fiume, un phitos e molti frammenti di ceramica, si
fanno risalire al
VII – VI secolo a.C. Rinvenimenti forse da collegare al periodo di fondazione
della città da parte
dei coloni di Rodi
e di Creata condotti rispettivamente da Antifemo e da Entimo. Una fondazione
che avvenne 45 anni dopo la fondazione di Siracusa. Al periodo classico si
attribuiscono diversi frammenti di antefisse sileniche e gorgoniche, oltre ad
un tratto di strada costruita con ciottoli di fiume, larga 2 m e con
orientamento nord-sud.
Piazza Calvario con la torre e il muro dei magazzini del Castello
la Torre e i magazzini del castello
Scendendo
verso Via Porta Vittoria, dopo aver superato l’incrocio col Corso, ci dovremmo
trovare in corrispondenza delle linee est e nord delle mura. Della prima linea
rimangono solo pochissime tracce mentre nella seconda linea sono ancora
presenti una scalinata e i resti di due torri, distanti tra loro circa centro
metri. Continuando verso Ovest si arriva all’ex Mercato, oggi Piazza Enrico
Mattei, all’incrocio con Via Giacomo
Navarra Bresmes, nei pressi del luogo dove fino al 1859 esisteva Porta
Caltagirone.
Superato l’incrocio si passa sulla Via Verga dove insiste la seconda parte
della cinta muraria che fu ricostruita nella seconda metà del 1500. Di questa
cinta rimane qualcosa nei muri dell’ex chiesa e convento di Santa Maria di Gesù
e dell’ex Carcere mandamentale, ubicato all’angolo delle vie Verga e Matteotti
(già Via Bastione). Su via Matteotti si snoda la parte ovest delle mura di
cinta. Sono presenti quattro grandi arcate, una torre di pietra e gesso e una
serie di contrafforti che arrivano fino all’incrocio di Corso Vittorio
Emanuele. Superato tale incrocio si scende fino al Bastione, o meglio quel che
rimane di esso e continuando sulla Via Istria inizia il lato sud delle mura. In
questo tratto di mura le uniche vestigia sono riferibili ad una serie di
contrafforti e ad una torre quadrangolare. Torre posta nelle immediate
vicinanze dell’imbocco di via Filippo Morello, cioè in quella zona dove
anticamente sorgeva la Postierla della Graticola.
l'ex macello
i contrafforti delle mura
foto dal sito:
Come riporta il sito, http://www.gelabeniculturali.it/PORTA%20MARINA.htm, si sono verificate tante barbarie al patrimonio cittadino forse perché
legate ad un concetto sbagliato di antichità perché i resti archeologici si
sono ben protetti e anche valorizzati.
La chiesa rinascimentale di San Antonio, la
trecentesca chiesa di San Giacomo e quelle del Settecento di Santa Lucia, San Nicola
di Bari, numerosi basolati antichi e i vicoli del centro spariti, palazzi del
centro storico, e come abbiamo visto anche le antiche mura sono svaniti nel
nulla.
Porta Marina e l’adiacente Bastione corsero il rischio
di sparire, di essere diroccati come era avvenuto qualche anni prima con il
convento cinquecentesco dei PP Conventuali abbattuto su volere di Salvatore
Aldisio sotto l’obiettivo di un” rinascimento architettonico della città”
Se la Porta non fu abbattuta lo si deve a Padre Luigi
Aliotta grande cultore di storia patria.
Anche la casa di Antonio Scibona, primo contestatore
delle istituzioni, fu salvata. Lo stesso Scibona, insieme all’anziana madre,
dopo aver ricevuto lo sfratto dal Comune, prese il letto e lo sistemò a ridosso
dell’ingresso sud della Chiesa Madre. Un avvenimento che suscitò tanto scalpore
nell’opinione pubblica a tal punto che il sindaco dell’epoca fu costretto a
revocare quel provvedimento di sfratto. I due rimasero nella loro casa fino
alla morte.
Della Porta Marina, come abbiamo visto, sono spariti
gli antichi conci.. andati perduti… dove ?
L’usura del tempo e delle piogge hanno logorato la
consistenza dell’unica parte rimasta di Porta Marina a tal punto che
nell’Ottobre 2000 ci fu un rovinoso crollo per fortuna senza vittime o feriti.
I DUCHI DI TERRANOVA
I
Tagliavia erano probabilmente dei commercianti di Amalfi. Secondo la leggenda
il loro nome deriverebbe dall’impresa di un “Manfredo di Svevia” che prese i nome di “Tagliavia” per aver
sbarrato la strada all’esercito nemico.
Il
primo Tagliavia a scendere in Sicilia fu Guido, al servizio dell’imperatore
Enrico IV di Svevia (1165 – 1197). Durante le reggenza di Federico II di
Svevia, ebbero il feudo di Castelvetrano (18 gennaio 1199)
Importante nella casata fu Bartolomeo
Tagliavia a cui si deve probabilmente il sorgere della fortuna famigliare.
Bartolomeo visse alla corte di Palermo perché la madre era dama di compagnia di
Costanza di Hoenstaufen, figlia di Manfredi re di Sicilia, e futura sposa del
re Pietro d’Aragona.
I
Tagliavia mantennero e forse incrementarono un elevata posizione sociale e
politica sotto gli Angioini e con Carlo I D’Angiò. All’arrivo degli Aragona,
che riuscirono a scacciare gli Angioni, Bartolomeo ottenne delle importanti
cariche a differenza del fratello
maggiore Nicolò. Pietro III d’Aragona gli affidò l’organizzazione delle difese
della Sicilia che furono concentrate nella regione di Randazzo. La regina Costanza
gli affidò la gestione della reggia palermitana con l’incarico di “maggiordomo di Palazzo”. Nel 1288 fu
anche nominato tesoriere della “curia regis” e castellano del “castello a mare
di Palermo”. Presiedeva alla gestione delle fortificazioni a mare della città
dove si trovavano importanti depositi di munizioni e materiale bellico oltre
alle prigioni.
Con
Federico III d’Aragona, nominato re della Sicilia il 25 marzo 1296 nella
Cattedrale di Palermo Bartolomeo fu nominato cavaliere con altri trecento
uomini che avevano appoggiato il nuovo re nella disputa contro il fratello
Giacomo II e Carlo II d’Angiò. La nomina si svolse sempre nella Cattedrale
durante l’incoronazione.
Nell’agosto
del 1296 Bartolomeo ottenne a Rossano la conferma del feudo della Gazzella
(Calabria) che era stato concesso in precedenza al nonno materno e il 18
gennaio 1299 la baronia di Castelvetrano.
Numerose
le unioni che nel corso degli anni videro i Tagliavia imparentarsi con le più
nobili famigile.
Nel 1491 Giovan Vincenzo Tagliavia (1° Conte
di Castelvetrano e barone di Avola) si sposò con Beatrice d’Aragona e Cruyllas,
baronessa di Terranova.
Da
questo matrimonio si ha l’unione delle due casate. Gli Aragona erano infatti
baroni di Avola e Terranova ed avevano importanti cariche nel Regno come gran
Contestabili e Gran Ammiragli.
Il
figlio Gasparo(e) Federico d’Aragona, barone di Avola e Terranova, si sposò con
Chiara d’Aragona. Dal matrimonio i seguenti figli:
Carlo
d’Aragona, marchese d’Avola;
Beatrice
d’Aragona e Cruyllas
Il
fratello di Beatrice, Carlo d’Aragona (morto nel 1460), non aveva avuto figli
maschi e nel 1512 la sua unica figlia ed erede, Antonia contessa d’Aragona,
(marchesa di Avola e Terranova), sposò all’età di 14 anni il cugino Francesco
Tagliavia. La morte prematura del giovane sposo, avvenuta nel 1515 (dopo tre
anni di matrimonio) costrinse la giovane donna ad intraprendere la via di un
secondo matrimonio. Nel 1516 sposò il fratello minore del suo ex marito,
Giovanni Tagliavia (1505 – 1548). Un matrimonio che si celebrò dopo aver
ottenuto la dispensa papale, Giovanni aveva dodici anni, e con l’accordo che i
figli avrebbero portato per primo il cognome Aragona.
Con il matrimonio Giovanni dispone di un
immenso patrimonio economico e del prestigio della casata Aragona. Fedele alla
corona spagnola si distinse per varie imprese. Nel 1530 mandò la sua cavalleria a Napoli in appoggio
dell’imperatore Carlo V. Nel 1535
allestì due navi da guerra e una da rifornimento che si unirono alla flotta
spagnola per la spedizione di Tunisi. Un
impresa coronata dal successo con la conquista della città, la sconfitta
dell’ammiraglio turco Khair-ad-Din e la
cancellazione del tratto di alleanza nel Mediterraneo tra Francesco I di
Francia e il Sultano ottomano.
Per
riconoscenza l’imperatore Carlo V investì nel 1539 e nel 1544-45, Giovanni
Tagliavia della carica importante di Presidente del Regno.
Giovanni
Tagliavia e Antonia d’Aragona ebbero un figlio, Carlo d’Aragona Tagliavia (1530
-1600) che fu quindi il primo esponente a portare i due cognomi. Carlo aveva seguito spesso il padre Giovanni nelle
campagne militari e nel 1542 Carlo V lo nominò marchese di Avola e cinque anni
dopo, consigliere del Regno. Tra le spedizioni militari partecipò anche alla
nuova spedizione di Carlo V contro Algeri. Una spedizione che finì tragicamente,
dato che una terribile tempesta distrusse ben 150 navi della flotta imperiale e
che segnerà il fallimento nel dicembre del 1541.
Nel
1561 Filippo II di Spagna concederà a Carlo d’Aragona Tagliavia anche il titolo
di Duca di Terranova con il quale venne spesso indicato nella storiografia e
nel 1564 anche quello di Principe di Castelvetrano. Anche lui ottenne numerosi
incarichi e titoli tra cui oltre a quello di Presidente del Regno per diversi
anni, anche quello di Vicerè di Catalogna (1580), governatore del ducato di
Milano (1582). Ottenne anche il feudo di Gela e il titolo di Conte di Borgetto
e, sempre da Filippo II di Spagna, capitano di Giustizia in Palermo nel
1545-46, deputato del Regno, grande di Spagna, cavaliere dell’Ordine del Topson
d’Oro nel 1585. A Madrid diventò membro del Consiglio di Stato e Guerra e
presidente del Consiglio d’Italia.
Don
Carlo, Duca di Terranova, fu una figura importante nella diplomazia del XVI
secolo similare a quella dei dogi di Venezia e a quella dei papi del tempo.
Come Capitano di Giustizia di Palermo ordinò la raccolta delle “Prammatiche del
Regno e dei Capitoli”. Furono stampate a Venezia nel 1574 e consentirono la
stesura di un Primo Codice delle Leggi del Regno Siciliano. Fu ricordato dai
palermitani con la coniazione di medaglie in cui era riportata la dicitura “magnus siculus”.
http://www.chiesasandomenico.it/storia/gli-aragona-tagliavia/
Don
Carlo e Donna Antonia ebbero 13 figli, otto maschi e cinque femmine. Sfruttò le leggi in vigore e la sua posizione
giuridica di cittadino parlemitano utilizzando la norma, che esentava dal
pagamento dei dazi civici dall’Università di Palermo, per chi aveva almeno 12
figli.
Il
figlio maggiore, Giovanni II Aragona Tagliavia si distinse nella carriera
militare, partecipò tra l’altro alla battaglia di Lepanto nel 1571, e contrastò
efficacemenete lo sbarco di pirati mori e turchi nella zona di Avola. I suoi
fratelli Simone Aragona Tagliavia che completò gli studi in Spagna
all’Università Complutense e venne eletto cardinale nel 1583 da Gregorio XIII
ed Ottavio anche lui un uomo importante d’armi
Il
titolo di secondo Duca di Terranova e secondo
principe di Castelvetrano, passò a Carlo, figlio di Giovanni e di Maria de Marinis, marchesa di Favara. Fu
deputato del Regno nel 1599 e morì nel
1604.
Carlo
Tagliavia d’Aragona sposò Giovanna Pignatelli e Colonna, marchesa della Favara.
Dal loro matrimonio: Giovanni, Diego, Isabella e Margherita.
Giovanni
d’Aragona Tagliavia (1585 – 18 gennaio 1624) fu il III Duca
di Terranova e III Principe di Castelvetrano, marchese di Avola e di
Favara, conte di Borghetto e cavaliere dell’Ordine del Toson d’Oro.
Giovanni
sposò nel 1607 Zenobia Gonzaga, figlia di Ferrante II Gonzaga, terzo conte di
Guastalla, e di Vittoria Doria cioè la figlia del celebre ammiraglio genovese
Andrea Doria. Non ebbero figli e alla morte della moglie, avvenuta nel 1618, si
risposò con Giovanna Mendoza (Juana de La Cueva), dama alla corte del re di
Spagna (Filippo III). Anche da questo matrimonio non ebbero figli e il titolo
di Duca di Terranova passò al fratello Diego.
Diego
Tagliavia Aragona (1596 – 1663) fu quindi IV Duca di Terranova e IV principe di
Castelvetrano oltre agli altri titoli posseduti dal fratello.
Era
fedelissimo al re di Spagna Filippo IV e
fu un personaggio di primo piano nella storia della politica spagnola
nella prima metà del 600. Don Diego sposò Estefania (Stefania) Carrillo de
Mendoza Cortèz (1595 – 1653) abiatica
(nipote del nonno) del conquistatore spagnolo Hernán Cortés Monroy Pizarro
Altamirano e quindi erede di una ricchezza smisurata. (Notizie sul Cortèz e sul
suo comportamento nei confronti degli Aztechi, alla fine della ricerca).
Don Diego e Donna
Estefania ebbero una sola figlia, Giovanna Tagliava Aragona Cortèz (1619 –
1692).
Collezione Famiglia Pignatelli
https://s22.postimg.cc/rbf2rcksx/Giovanna_I_TAC_moglie_di_Ettore.jpg
La
famiglia si estinse nel XVII secolo con il matrimonio di Giovanna Aragona
Tagliavia e Cortes, principessa di
Castelvetrano nel 1654, duchessa di Terranova ed Avola con Ettore Pignatelli,
duca di Montelone che assunse in questo modo i cognomi e i titoli della moglie.
Stemma Famiglia Tagliavia
Stemma Famiglia Aragona
Castelvetrano (Tp)
– Fontana della Ninfa
Costruita da
Giovanni Tagliavia , III Principe di Castelvetrano, nel 1615 durante la
reggenza di Filippo III di Spagna
https://s33.postimg.cc/3ogwbnrm7/Castelvetrano_Fontana_della_Ninfa.jpg
Menfi (Ag) –
Palazzo Tagliavia Aragona
Nel 1638 Diego
Tagliavia Aragona fonda Menfi
https://s15.postimg.cc/qbaxqtg8b/4_Menfi_2.jpg
Castelvetrano (Tp)
– Chiesa di San Domenico
Mausoleo della
Famiglia Tagliavia d’Aragona
La chiesa fu
edificata nel 1470 e all’interno presenta pregevolissime opere d’arte
tanto da essere
definita “La Cappella Sistina della Sicilia”.
Castelvetrano (Tp)
- Chiesa di San Domenico – La Navata del Presbiterio
https://s15.postimg.cc/5d9d6dy0r/1413533026-0-castelvetrano-la-chiesa-di-san-domenico-inserita-ne.jpg
https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/05/e6/62/6b/chiesa-san-domenico.jpg
,.
Castelvetrano (Tp)
– Chiesa di San Domenico
Mausoleo della
Famiglia Tagliavia d’Aragona
“L’Albero di Iesse”
Una grandiosa opera
in stucco che presenta un tema iconografico presente dall’XI secolo.
Un tema legato
alla profezia di Isaia:
“ Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un
virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di
sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza, spirito di
conoscenza e di timore del Signore” (Is. 11,1-2).
Sanza la profezia
di Isaia, Iesse, discendente di Booz e padre di Davide, sarebbe rimasto uno
punto non chiaro
negli agnelli della catena degli antenati di Cristo.
Tertulliano diede
un’interpretazione alla profezia di Isaia che fu largamente accolta e mai
modificata:
la virga nata da
Iesse era la Vergine e il suo fiore il Cristo.
Si tratta di un vero
e proprio albero genealogico che finisce con la Beata Vergine Maria,
rappresentata al sommo
dell’albero, coronata da angeli, e con il Bambino sul ginocchio sinistro.
Nel mistero dell’Incarnazione
Jesse è raffigurato sdraiato e con il braccio sinistro sorregge
il tronco
ramificato di un albero sui cui rami sono presenti i dodici re della tribù di
Giuda:
-
Sui
rami inferiori sono presenti Davide ed Asa a sinistra; Salomone e Roboamo a
destra. Davide è riconoscibile per l’arpa mentre le altre figure sono
rappresentate con in mano uno scettro e un cartiglio che reca il proprio nome;
-
Sui
rami medi sono raffigurati Iosafat e Ioram a sinistra, Ozia e Ioatam a destra;
-
Sui
rami superiori Achaz a sinistra, Manasse a destra;
-
Sulla
sommità chiude la chioma la figura di Maria e Gesù.
Sotto la figura di
Jesse si trovano due iscrizioni:
-
"VIRGA IESSE FLORUIT – VIRGO DEUM ET NOMINE
GENUIT – PACEM DEUS REDDITI".
-
"ET
EGREDIETUR VIRGA DE RADICE IESSE ET FLOS E RADICE EIUS ASCENDETE ET REQUIESCET
SUPER EUM SPIRITUS DOMINI ET PERCUTIET TERRAM VIRGA ORIS"
Iscrizioni tratte
dall’Antico Estamento, Isaia, Capitolo XI
I
Pignatelli erano una nobile famiglia napoletana, pugliese, siciliana e calabrese
con una ramo spagnolo un tempo fra le più importanti nel panorama araldico. Un
papa, cardinali, vicerè di Sicilia e anche un Santo, Giuseppe Pignatelli di
Fuentes (1737 -1811) che fu canonizzato nel 1954 da Pio XII. La famiglia nel
tempo unì la propria genealogia con quella di altre tre grandi famiglie
europee. Alla fine portarono tutti e quattro i cognomi: Pignatelli, Aragona,
Tagliavia, Cortès.
Stemma Famiglia Pignatelli
https://www.maremagnum.com/stampe/pignatelli-aragona-cortes-dei-duchi-di-monteleone-e/130410930
Alcuni
storici attribuirono alla famiglia un origine longobarda e le prime
testimonianze sulla famiglia risalirebbero al 1102 con Lucio Pignatiello,
Contestabile di Napoli.
L’origine
del Cognome è collegato al comportamento di un certo Landolfo, ufficiale del re
Ruggero che nei combattimenti al palazzo imperiale di Costantinopoli, dopo un
ennesimo assalto, tornò con un bottino costituito da tre pignatte o tre grandi
vasi d’argento.
Nel
XV secolo la famiglia si divise in due rami:
-
Una
linea proveniente da Stefano Pignatelli diede origine ai rami dei marchesi di Casalnovo,
dei principi di Monteroduni e della Leonessa, dei duchi di Montecalvo;
-
Un'altra
linea discendente da Palamede, diede origine ai seguenti rami:
a)
Principi
Pignatelli Aragona Tagliavia Cortes, duchi
di Terranova, principi di Noia;
b)
Pignatelli
principi di Strongoli;
c)
Principi
Pignatelli Aragona, linea di Fuentes;
d)
Principi
Pignatelli di Cerchiara.
Il
ramo che interessa la storia di Terranova è “Pignatelli, Aragona, Tagliavia,
Cortes”
Ettore
IV (1620 – 1674), IV principe di Nola e conte di Borrello, primogenito del V
Duca di Monteleone, fu un personaggio di grandissima importanza politica per le
sue cariche di vicerè del Regno d’Aragona e Grande del Regno di Castiglia,
ambasciatore spagnolo dell’Imperatore nello Stato Pontificio. Nel 1649 ebbe
l’incarico di accompagnare l’arciduchessa Marianna d’Asburgo alle nozze con il
re Filippo IV di Spagna.
Fu
proprio con Ettore IV che avvenne l’unione con gli Aragona Tagliavia. Infatti,
come già detto, sposò il 16 giugno 1637, Donna Giovanna Aragona Tagliavia
Cortès, principessa di Castelvetrano e V duchessa di Terranova, marchesa
d’Avola e marchesa della Valle d’Oaxaca (Messico). Ettore diventò uno degli
uomini più potenti d’Italia e tra i più influenti d’Europa.
Ettore
IV Pignatelli nacque a Senise (Basilicata) il 4 giugno 1620, Figlio di
Fabrizio, principe di Noia e marchese di Cerchiara, e di Gerolama Pignatelli,
duchessa di Monteleone.
Gerolama
era stata designata dal padre Ettore come erede del patrimonio familiare perché “maritata all’interno del lignaggio” a
danno della primogenita Anna che si era sposata contro la volontà del padre con
Francesco Maria Carafa.
Fabrizio
nel 1625 non diede al figlio Ettore i beni che appartenevano al suo casato e
che erano costituiti da una vasta e compatta area della Calabria “Ulteriore”.
Gli assegnò invece i possedimenti, decisamente più importanti, costituiti dal
Ducato di Monteleone, della Contea di Borello, delle baronie di Mesiano e
Rosarno, delle terre di Filocastro e di Feroleto.
Ettore
ottenne dalla madre, Gerolama Pignatelli, il “grandato di Spagna” in quanto
ereditario della famiglia, e altri titoli. Utilizzò quelli di duca di Borrello
e di marchese di Caronia e, solo dopo la morte del padre, anche quello di Monteleone
che adoperò per tutta la vita.
Dopo
il matrimonio con la ricchissima ereditiera Giovanna Tagliavia d’Aragona,
figlia di Diego, principe di Castelvetrano e duca di Terranova, e di Stefania
Carrillo Mendoza Cortès, discendente del conquistatore del Messico e intestataria
di quel Marchesato, concesso dall’imperatore Carlo V al suo antenato, e corrispondente all’ampio e ricco territorio
della Valle di Oaxaca.
I
“capitoli matrimoniali” furono stipulati il 18 ottobre 1638 dal notaio
Pietro Graffeo di Palermo. Oltre a fissare in “Aragona Pignatelli Cortès” il nome di famiglia, si indicò l’enorme patrimonio economico che nel tempo
sarebbe entrato in possesso della coppia e costituito dai possedimenti:
-
Della
casa di Monteleone;
-
Dei
principi di Noia, ubicati tra Basilicata e Calabria;
-
Del
Marchesato delle Indie Occidentali.
I
su citati possedimenti erano di pertinenza di Ettore Pignatelli mentre Giovanna
Tagliavia Aragona avrebbe portato in dote i possedimenti:
-
Posti
tra la Val di Noto e la Val di Mazara;
-
Il
principato di Castelvetrano;
-
Il
Ducato di Terranova;
-
Il
marchesato di Avola;
-
Il
marchesato di Favara;
-
La
Contea di Borgetto.
Il
matrimonio fu officiato a Palermo dal cardinale, arcivescovo di Palermo e
viceré di Sicilia, Giannettino Doria il 16 giugno1639.
Ci
furono dei fastosi festeggiamenti con grande partecipazione di popolo e con una
massiccia partecipazione dell’aristocrazia siciliana. In riferimenti agli
impegni assunti nella sottoscrizione del “capitolo matrimoniale”, la coppia
rimase a vivere presso i duchi di Terranova e nell’isola misero al mondo i loro
figli. I Pignatelli erano già inseriti nell’élite spagnola, vicini alla corona
reale spagnola e continuarono a sostenere la “Monarquìa” anche durante la grave
crisi politica del primo Seicento. Crisi politica e sociale causata dalla insistente domanda di
Madrid sulla fornitura di uomini e denaro per sostenere gli eventi bellici che
perduravano ormai da tanto tempo.
Il
duca di Monteleone aveva già in passato reclutato a proprio spese fanti e
cavalieri da inviare sui campi di battaglia lombardi e tedeschi. All’inizio
degli anni Trenta fu incaricato di provvedere ad un nuovo arruolamento
militare, insieme al conte di Conversano e al marchese del Vasto. Una richiesta
di Madrid legata ai vincoli di autorità e deferenza che legavano i su citati
nobili alle popolazioni soprattutto calabresi.
Il
duca Fabrizio e il marchese Ettore si distinsero nella repressione della
rivolta antispagnola di metà secolo come risulta dai diari e resoconti
dell’epoca. In Sicilia Ettore si distinse per aver sedato con grande
tempestività e determinazione la rivolta che scoppiò a Castelvetrano. Un
successo legato al prezioso aiuto dei suoi vassalli che gli erano fedeli. I
rivoltosi furono poi severamente puniti.
Pignatelli
continuò a vivere in Sicilia fruendo di privilegi ed immunità che erano legati
al possesso della cittadinanza siciliana e godendo di grande prestigio e
visibilità sulla scena pubblica palermitana. La sua carriera fu anche favorita
dal suocero, illustre esponente dell’antico baronaggio. Pignatelli fu quindi un forte sostenitore del
suocero e di conseguenza dello schieramento filonobiliare presente nel
parlamento siciliano. Fu eletto ripetutamente membro della Deputazione del Regno,
ovvero la massima istituzione rappresentativa della Nazione Siciliana ed entrò
a fare parte del Consiglio di Stato di Sicilia.
Quando
Diego Tagliavia trasmise alla figlia tutti i suoi beni e titoli, riservandosi
solo quello di Duca di Terranova, Pignatelli subentrò al suocero negli uffici
di Gran Almirante e Gran Contestabile del Regno di Sicilia (titoli ereditari
della famiglia). A questi titoli si aggiunse nel 1666 la carica di gran
camerario del Regno di Napoli. Ottenne anche il titolo di principe del Sacro
Romano Impero che nel 1648 fu concesso da Ferdinando III al duca di Terranova
con “diritto di trasmissione ai discendenti di ambo i sessi”.
Quando
Diego Tagliavia si recò in Spagna, come capitano generale dell’esercito
siciliano, per prestare aiuto militare a Filippo IV, impegnato nella sua perenne
lotta contro i nemici interni ed esterni alla Corona, il Pignatelli fu nominato
maestro di campo e seguì il suocero con tutta la sua famiglia. Riuscì con
grande merito ad inserirsi nella vita politica e sociale spagnola a tal punto
da diventare gentiluomo di camera del re. Alcuni suoi figli conclusero
prestigiosi matrimoni con esponenti dell’alta aristocrazia spagnola. Partecipò
al forte processo d’integrazione delle aristocrazie dei diversi “Reinos” che
aveva il suo punto di forza proprio nel ricorso a pratiche endogamiche.
Ettore
IV Pignatelli e Giovanna vissero a Palermo nel Palazzo Monteleone, oggi
scomparso, di Piazza San Domenico
L’erede
Andrea Fabrizio sposò nel 1665 Teresa Pimentel e Benavides, figlia del conte di
Benavente.
Le
figlie Stefania e Maria Anna sposarono rispettivamente, Fernando de Zuniga,
duca di Penaranda e Jaime da Silva e Fernandez de Hìjar, duca di Hìjar.
Nel
1667-68 Pignatelli diventò viceré d’Aragona. Una carica che aveva già ricoperto
suo padre e che nella seconda metà del XVII secolo era sempre stata affidata a
personaggi nobili italiani, tutti membri dell’aristocrazia sociale e politica
che gravitavano attorno alla “Monarquìa. Personaggi spesso investiti del rango
di grandi di Spagna e anche decorati del Toson d’Oro. Un’onorificenza che
i due Pignatelli, padre e figlio,
avevano ottenuto nel 1659 e nel 1670.
Non
tornò più in Sicilia perché morì a Madrid l’8 marzo 1674 e le sue spoglie
furono portate ad Alcalà per essere deposte nella chiesa delle Cappuccine.
Ettore Pignatelli
– IV Principe di Noia – V Duca di Monteleone –
(Senise, 17 giugno
1620 – Madrid, 8 marzo 1674)
Figlio di : Fabrizio Pignatelli – III
Principe di Noia
Girolama Pignatelli
Sposato con :
Giavanna Tagliavia d’Aragona Cortez
Principessa di
Castelvetrano – V Duchessa di Terranova – Marchesa di
Oaxaca (Messico) e di Avola, ecc
Figli/e
-
Andrea Fabrizio Pignatelli d’Aragona ( VI Duca di Monteleone – VI
Duca di Terranova,ecc.)
-
Geronima
Pignatelli Aragona Tagliavia (Palermo, 5
marzo 1644 – Napoli, 16 novembre 1711) – Sposata con : Francesco Marino
Caracciolo, IV Principe di Avellino -
figli/e: Francesca Caracciolo – Marino Francesco, V Principe di
Avellino; Giovanna Caracciolo.
-
Giovanna
Pignatelli “ “( nata 1645 circa - ?); Sposata
con : Francesco IV Rodrigo Ventimiglia, V Principe di Castelbuono; Figli/e:
Stefania Pignatelli Ventimiglia, Giovanna Ventimiglia, II Signora di Nissoria;
Felice Ventimiglia Pignatelli Aragona.
-
Marianna
Pignatelli “ “ (nata tra il 1625 e il 1671 - ?); Sposata con:
Jaime Francisco de Silva y Fernandez de Hijar, dunque (duca) de Hijar e VIII
conde (conte) de Belchite. – figli/e: Dona Juana Petronilla Fernandez de Hijar,
VI duquesa de Hijar; Isabel Margarita de Silva e Hijar, dama de la Reyna.
Marianna
Pignatelli
Juan
Baptista Martinez del Mazo (1660)
Real Academia de
Bellas Artes de San Fernando - Madrid
https://s11.postimg.cc/k1jrm3ipf/Maria_Pignatelli_de_aragon_duchessa_de_Hijar.jpg
-
Estefania de Aragon y Pignatelli (nata tra il 1625 e il
1667); Sposata con: Fernando de Zuniga Avellaneda y Enriquez de Acevedo, IX
conde de Miranda e V duque de Penaranda
- figli/e: Ana de Zuniga Avellaneda y Pignatelli, VIII Marquesa de la
Baneza.
-----------------------------
Andrea
Fabrizio Pignatelli d’Aragona
(VIII
Marchese di Oaxaca, VI Duca di Monteleone, VI duca di Terranova, Grande di
Spagna, Gran Cimabellano alla Corte di Napoli)
(Castelvetrano –
Tp, 25 gennaio 1640; Girona, 27 luglio 1677)
Sposato con:
Teresa Antonia Pimentel y Benavides, figlia
di D. Antonio Alfonso de Oruinones, XI conte di Benevento e di Donna
Elisabetta Francesca di Benavides, IIImarchesa di Javalquinto e di Villa Reale.
Figli/e
-
Giovanna Pignatelli de Aragon, VII Duchessa di Terranova;
-
Rosalia
Maria de Aragon y Pignatelli (15 luglio 1672; 10 settembre 1736) – Sposata con:
Inigo de La Cruz Manrique de Lara, XI conde di Aguilar; figli/e: Maria Nicolasa
Valbanera Manrique de Avellano
-----------------------------------------
Giovanna
Pignatelli de Aragon Pimentel Carillo de Mendoza Cortés
VII
Duchessa di Terranova
E
VII duchessa di Monteleone, Principessa di
Castelvetrano, Marchesa di Avola e Favara; IX marchesa della Valle di Oaxaca
(Messico); Contessa di Borgetto, Baronessa di: Birribaida, di Belice, di Pietra
Belice, di sant’Angelo di Muxiario, di Baccarasi, di Casteltermini e
Guastanella; Signora di Montedoro, Grande di Spagna
(Madrid, 6
novembre 1666; Madrid22 giugno 1723) –
Sposata con:
Nicolò Pignatelli, dei principi di Noia
e Cerchiara, VIII duca di Monteleone, Cavaliere del Teson d’Oro, Vice Re di
Sardegna e di sicilia
Figli/e:
-
Maria
Thersia de Aragon y Pignatelli ( Mdrid, 1 dicembre 1683; 2 Agosto 1728)-
Sposata con: Jean Philippe Eugéne de Mérode, marquis de Westerloo – Figli/e:
Isabella Johanna de Mérode, contessa de Mérode
-
Stefania
Pignatelli Aragona;(Madrid, 1 dicembre 1683; 2 agosto 1728) – Sposata con:
Giuseppe Sanseverino, X principe di Bisignano – figli/e: Luigi Sanseverino, XI
principe di Bisignano; Giovanna Sanseverino
-
Diego Pignatelli d’Aragona Cortez, VII principe di Noia e VIII Duca di Monteleone
e VIII duca di Terranova
-
Fernando
Pignatelli, VII principe di Strongoli;(Sardegna, 13 marzo 1689; Napoli, 22
ottobre 1767) – sposato con: Lucrezia Pignatelli, IV Principessa di Strongoli;
Figli/e: Salvatore Pignatelli, V Principe di Strongoli; Francesco Pignatelli,
Vincenzo Pignatelli
-
José
Pignatelli de Aragon;(nascita stimata tra il 1671 – 1719).
-
Rosalia
Pignatelli de Aragon;
-
Fabricio
Pignatelli de Aragon;
-
Maria
Rosa Pignatelli Aragona Cortez;
-
Caterina
Pignatelli;
-
Antonio
Pignatelli de Aragon
---------------------------------
Diego
Pignatelli d’Aragona Cortez,
(Madrid, 21
gennaio 1687; Palermo, 28 novembre 1750),
VII principe di
Noia e VIII Duca di Monteleone e VIII duca di Terranova
E
Principe di Castelvetrano, Marchese di Avola e Favara; X marchese della
Valle di Oaxaca (Messico); Conte di Borgetto, Barone di: Birribaida, di Belice,
di Pietra Belice, di Sant’Angelo di Muxiario, di Baccarasi, di Casteltermini e
Guastanella; Signore di Montedoro, Grande Ammiraglio, Grande di Spagna, Toson
d’Oro
Sposato con: Margherita Pignatelli, V Duchessa
di Bellosguardo e Anna Maria Caracciolo;
figli/e:
-
Fabrizio Matteo Pignatelli d’Aragona e Cortez, VIII principe di Noia
e IX duca di Monteleone e IX Duca di Terranova;
-
Francesca
Pignatelli Tagliavia d’Aragona; (29 giugno 1721; 28 maggio 1788); sposata con
Girolamo Pignatelli, III Principe di Marsiconovo – figli/e: Giovanni Battista
Pignatelli d’Aragona Cortez, IV Principe di Marsiconovo;
-
Maria
Anna Pignatelli Tagliavia d’Aragona Cortez; (1703/1753)- sposata con: Salvatore
Branciforte, IX principe di Butera – figli/e:
Caterina Branciforte e Pignatelli; Ercole Michele Branciforte e
Pignatelli, Principe di Butera e Radali; Teresa Branciforte Pignatelli;
-
Stefania
Pignatelli d’Aragona Cortez.(16 febbraio 1732; 9 aprile 1804)- sposata con:
Girolamo Francesco Caracciolo, XI duca di Martina – figli/e: Maria Isabella
Caracciolo.
--------------------------------------
Fabrizio
Matteo Pignatelli d’Aragona e Cortez,
(24 febbraio 1718
– 28 settembre 1763)
VIII
principe di Noia e IX duca di Monteleone e IX Duca di Terranova
E
"Principe di Castelvetrano", "Marchese
di Ávola e Favara", "XI Marqués del Valle de Oaxaca",
"Conte di Borghetto", "Barone di Birribaida", "di
Belice", "di Petra Belice", "di Sant'Angelo di
Muxiario", "di Baccarasi", "di Casteltermini e di
Guastanella", "Signore di Montedoro", Grande di Spagna
– Sposato con:
Costanza dè Medici dei Principi di Ottajano
Figli/e
-
Ettore Pignatelli, IX principe di Noia, X duca di Monteleone e X
Duca di Terranova;
-
Margherita
Pignatelli d’Aragona Cortez; ( 1723-1771) – sposata con : Riccardo Carafa, XIV
duca d’Andria – figli/e: Don Francesco Carafa, XIV duca d’Andria, Giuseppe di
Sangro; Donna Maria Luisa Carafa.
---------------------------------------------------
Ettore Mattia
Pignatelli, d’Aragona, Tagliavia Cortés
(Monteleone, Foggia, 8 settembre 1742; Barra – Napoli,
28 febbraio 1800)
IX
principe di Noia, X duca di Monteleone e X Duca di Terranova;
E
"Principe di Castelvetrano", "VII Duca
di Bellosguardo", "Marchese di Ávola e Favara", "XII
Marqués del Valle de Oaxaca", "Conte di Borghetto", "Barone
di Birribaida", "di Belice", "di Petra Belice",
"di Sant'Angelo di Muxiario", "di Baccarasi", "di
Casteltermini e di Guastanella", Grande di Spagna
Sposato con: Anna Maria Piccolomini d’Aragona, dei
duchi di Amalfi, VI principessa di Valle e Maida
Figli/e:
-
Giovanna
Pignatelli Tagliavia d’Aragona; (Napoli, 19 Marzo 1769; “6 Febbraio 1821) –
Sposata con: Antonio Pignatelli, VIII Principe di Belmonte;
-
Fabrizio
Pignatelli d’Aragona Cortés;(Napoli, 12 Febbraio 1773; Napoli, 3 Luglio 1779);
-
Diego Maria Pignatelli d’Aragona Cortés, X principe di Noia, XI duca
di Monteleone; XI Duca di Terranova);
-
Margherita
Pingatelli d’Aragona Cortés;(8 Agosto 1783; 11 Agosto 1830)- Sposata con:
Niccolò Filingeri, VII principe di Cutò – figli/e: Alessandro Filingeri, VIII
principe di Cutò;
-
Anna
Maria Francisca Pignatelli Tagliavia d’Aragona;(Casale di Barra, 2 Settembre
1784; Palermo, 21 Aprile 1837) – Sposata con: Antonio Lucchese-Palli, VII
principe di Campofranco e III duque della Grazia – figli/e: Donna Bianca
Lucchesi-Palli; Emanuele Lucchese-Palli, VIII principe di Campofranco e duque
della Grazia; Conte Don Ettore Carlo Lucchese-Palli, IV duca della Grazia e IX
principe di Campofranco;
-
Costanza
Pignatelli d’Aragona Cortés; (11 Novembre 1787; Palermo, 17 Novembre 1830)
---------------------------------
Diego Maria Pignatelli d’Aragona Cortés,
X principe di Noia, XI duca di Monteleone;
XI Duca di Terranova);
(Napoli, 12 Gennaio 1774; 14 Gennaio 1818)
Sposato con: Maria Carmela Caracciolo
Figli/e:
-
Giuseppe Pignatelli d’Aragona Cortés, XI principe di Noia, XI duca
di Monteleone, X1 Duca di Terranova
-----------------------------------------------
Giuseppe Pignatelli d’Aragona Cortés,
XI principe di Noia, XI duca di Monteleone,
XI Duca di Terranova e XIV erede del Marchesato di Oaxaca
E
Principe di Castelvetrano", "IX Duca di
Bellosguardo", "Marchese di Ávola e Favara", "XIV Marqués
del Valle de Oaxaca", "Conte di Borghetto", "Barone di
Birribaida", "di Belice", "di Petra Belice", "di
Sant'Angelo di Muxiario", "di Baccarasi", "di Casteltermini
e di Guastanella"
(Napoli, 10
Novembre 1795; Palermo, 25 Settembre 1859)
Sposato con: Donna
Bianca Lucchese-Palli
Figlie/e:
-
Donna
Maria Carmela Pignatelli d’Aragona;(1821; 1889)- sposata con Carlo Avarna, duca
di Gualtieri – figli/e: Giuseppe Avarna, duca di Gualtieri;
-
Diego Pignatelli d’Aragona Cortés, XII principe di Noia, XV duca di
Monteleone, XI Duca di Terranova;
-
Don Antonio Pignatelli, XIII principe di Noia, XVI duca di
Monteleone e XII duca di Terranova
-------------------------------------------
Diego
Pignatelli d’Aragona Cortés,
XII principe di Noia, X duca di Monteleone, X Duca di Terranova
E
E
“Principe di
Castelvetrano”, “X Duca di Bellosguardo”, “Marchese di Ávola e Favara”, “Conte
di Borghetto”, “Barone di Birribaida”, “di Belice”, “di Petra Belice”, “di Sant’Angelo
di Muxiario”, “di Baccarasi”, “di Casteltermini e di Guastanella”
Nato tra il 1823 – 1880
Sposato nel 1845 con: Giulia Cattaneo di
Sannicandro
------------------------------------------------------------------
Don
Antonio Pignatelli,
(1 Aprile 1827 – 3 Giugno 1881)
XIII
principe di Noia, XI duca di Monteleone e (XI duca di Terranova ?), Principe di
Castellaneta
E
"Principe di
Castelvetrano", "XI Duca di Bellosguardo", "Marchese di
Ávola e Favara", "Conte di Borghetto", "Barone di
Birribaida", "di Belice", "di Petra Belice", "di
Sant'Angelo di Muxiario", "di Baccarasi", "di Casteltermini
e di Guastanella"
Sposato nel 1859: Marianna Fardella o Falvella
Figli/e:
-
Giuseppe Pignatelli d’Aragona Cortés, XIV principe di Noia,
XII duca di Monteleone, XII duca di Terranova;
-
Diego Pignatelli d’Aragona Cortés, Principe del Sacro Romano
Impero; ( Palermo, 1 marzo 1862; Napoli, 11 giugno 1930) – Sposò nel 1886 :
Donna Rosa Fici (1869 – 1955), dei duchi
di Amalfi, ricevuta il 30/12/1909 nel S.M.O. di Malta, dama di Palazzo di S.M.
la Regona d’Italia – figli/e: Principessa Donna Ludovica Pignatelli, Antonio
Pignatelli Aragona Cortés;
-
Federico Pignatelli d’Aragona Cortes, (28 Marzo 1864; 21
Luglio 1947) – Principe del Sacro Romano Impero – Sposò nel 1890: Eleonora
Lanza Branciforte e, in seconde nozze, Isabella Mastrilli dei duchi di
Marigliano – figli/e: Fabbrizio Pignatelli Aragona Cortés, Principe del Sacro
Romano Impero.
--------------------------------------
Giuseppe Pignatelli d’Aragona Cortés,;
(Palermo, 28 Agosto 1860; Roma, 8 Marzo 1938)
XIV principe di Noia, XII duca di Monteleone, XII duca di
Terranova, Principe di Castellaneta e Principe del Sacro Romano Impero
E
"Principe di
Castelvetrano", "XII Duca di Bellosguardo", "Marchese di
Ávola e Favara", "XV Marqués del Valle de Oaxaca", "Conte
di Borghetto", "Barone di Birribaida", "di Belice", "di
Petra Belice", "di Sant'Angelo di Muxiario", "di
Baccarasi", "di Casteltermini e di Guastanella"
– Sposato con: Rosa de La Gàndara y Plazaola
Figli/e: Antonio Pignatelli Aragona
Cortes, XIII Duca di Terranova,?
-------------------------
Antonio Pignatelli Aragona
Cortes,
(18 Dicembre 1892; 3 Dicembre 1958)
XIII Duca di Terranova
?
E
"Principe di
Castelvetrano", "XIII Duca di Bellosguardo", "Marchese di
Ávola e Favara", "Conte di Borghetto", "Barone di
Birribaida", "di Belice", "di Petra Belice", "di
Sant'Angelo di Muxiario", "di Baccarasi", "di Casteltermini
e di Guastanella"
– sposato con : Beatrice Molvneux – figli/e: Maria Gloria
(Lolita) Pignatelli Aragona Cortés.
-----------------------------------------------------------------------------------------
In merito a Giovanna
Tagliavia d’Aragona Cortez,Principessa di Castelvetrano – V Duchessa di Terranova – Marchesa di Oaxaca (Messico) e di
Avola, ecc, che sposò Ettore IV Pignatelli,
la sua genealogia era la seguente
Da “Memorie sul Messico”
“Don Fernando Cortez Conquistatore e Governatore e Capitan Generale del
Messico, primo Marchese della Valle di Oaxaca, sposò in seconde nozze D.
Geronima Ramirez di Arrellano e Zanega, figlia di D. Carlo Ramirez di
Arrellano, 2° Conte di Aguilar, e di D. Geronima di Zuniga figlia del conte di
Benares, primogenito del Duca di Bejar D. Alvaro di Zuniga.
Da questo matrimonio nacque:
D. Martino Cortez Ramirez d’Arrellano, 2° marchese della Valle d’Oaxaca, il
quale sposò sua nipote Donna Anna Ramirez d’Arrellano, e con questa ebbe la
seguente prole:
1) D. Fernando Cortez Ramirez
d’Arellano, 3° marchese di Oaxaca, ammogliato con Donna Mencia Fernandez de
Cabrera e Mendoza, figlia di D. Pedro Fernandez Cabrera e Bobadilla, 2° conte
di Chinchoo, e di Donna Maria di Mendoza e Cerda, sorella del principe di
Melito;
2) D. Pedro Cortez Ramirez
d’Arrellano, 4° marchese di Oaxaca, che succedette a suo fratello D. Fernando
morto senza prole. Egli si ammogliò con Donna Anna Pacheco della Cerda, sorella
del 2° conte di Montalbano. Morì anche questo senza prole e gli succedette sua
sorella;
Donna Geronina Cortez Ramirez d’Arrellano, 5° marchesa di Oaxaca, la quale
si maritò con D. Pedro Carillo de Mendoza, 9° conte di Priego, Capitan Generale
di Siviglia e Ciambellano della Regina Margherita d’Austria. Da questo
matrimonio nacque: Donna Stefania Carillo de Mendoza e Cortez, 6° marchesa di
Oaxaca, che fu moglie di D. Diego d’Aragona Tagliavia,
4° Duca di Terranova, Principe di Castelvetrano, Vice Re di Sardegna e
Cavaliere del Toson d’Oro..
Fu grazie al matrimonio di Stefania (Estefania)
Carillo de Mendoza, nipote del conquistatore Don Fernando Cortez, con Diego
d’Aragona (1590 -1654), IV duca di Terranova, che il cognome Cortez si
aggiunse a quello degli Aragona Tagliavia. La stessa Stefania era VI marchesa
di Oaxaca, una stupenda valle del Messico ricca di preziose testimonianze
archeologiche.
Prole di questo matrimonio fu l’unica figlia Donna
Giovanna d’Aragona, Carillo de Mendoza e Cortez, 7° marchesa di Oaxaca, 5°
duchessa di Terranova, Cameriera della Regina Luisa d’Orleans, ed in seguito
della Regina Marianna d’Austria. Essa sposò Ettore Pignatelli, 5° duca di
Monteleone, principe di Noia, marchese di Cerchiara, conte di Borello,
Catalogna e Santangelo, Grande di Spagna.
La Valle
dell’Oaxaca si trova nello Stato di Oaxaca nel Messico Merdionale.
Una zona che ha
numerosissime testimonianze archeologiche legate alla civiltà Zapoteca e alla
successiva Mixteca.
Uno dei siti
archeologici più importanti è Mont Albàn, Mitla, ecc. La capitale dello Stato
è Oaxaca de Juàrez.
Gli Zapotechi e
gli Mixetechi, che abitavano la Valle, furono sottomessi, tra il 1497 ed il
1502, dagli Aztechi e la Valle di Oaxaca entrò a fare parte dell’impero azteco. L’impero Azteco andò in rovina quando la capitale
Tenochtitlàn fu conquistata dagli spagnoli nell’agosto del 1521. Nel novembre
del 1521, Don Francisco de Oruzco, giunse nella Valle di Oaxaca
per reclamarla in nome del “conquistatore Herman Cortez” a cui era stata donata dalla corona
spagnola come premio per le sue conquiste in “Nuova Spagna”.
Mont Albàn
foto di DavidConFran
Hernán Cortés
Monroy Pizarro Altamirano
(Medellìn-Estremadura,
1485- Castilleia de la Cuesta – Andalusia, 2 dicembre 1547)
(Dipinto del XVIII
secolo - olio su tela – Arista: Sconosciuto
Misura: (58 x 49
cm) – Real Accademia de Bellos Artes de San Farnando – Madrid)
Lo stesso Cortès
usò il nome di “Hermando” o “Fernando”, con il quale spesso
firmava.
Copia
dell'autografo di Hernan Cortes, dalla raccolta di manoscritti Prescott
http://www.pterodactilo.com/blog/esta-firma-es-la-original/
Gli
spagnoli sbarcarono in Messico nel 1518, nello Yucatàn, dove entrarono in
contatto con i Maya.
Dagli
stessi Maya gli spagnoli appresero l’esistenza del meraviglioso Impero Azteco.
L’esistenza
di questo ricco impero fece scalpore e il governatore di Cuba, Diego Velàzques
de Cuèllar, organizzò una spedizione il cui comando fu affidato a Herman
Cortès.
Cortès
partì da Cubail 18 febbraio 1519 con una flotta composta da:
11
navi, 100 marinai e 508 soldati. Nella spedizione c’erano anche 17 cavalli,
cani da combattimento e armi da fuoco tra cui 10 cannoni..
Non
era una spedizione pacifica…..
Sorsero
subito dei contrasti tra il governatore di Cuba e Cortes tanto che la
spedizione per il Messico fu annullata.
Cortes
partì ugualmente e una volta giunti in
Messico diede ordine di “smontare i
brigantini e conservare solo le vele e le gomene”.. con questo comando si
proteggeva da eventuali e possibili diserzioni.
Sbarcarono
il 22 aprile, nei pressi dell’odierna Veracuz, e furono accolti con cordialità
dalle popolazioni e
dall’imperatore Montezuma II che mando subito delle ambasciate.
L’accoglienza
degli atzechi era legata a segno interpretati come premonitori di un evento e
quindi
gli
spagnoli furono considerati come gli emissari della divinità atzeca
Quetzalcoatl.
Cortes
sfruttò abilmente la situazione , favorito anche dalla naturale indecisione di
Montezuna nel
trovarsi
di fronte ad un avvenimento imprevisto e dalla ribellione di alcune popolazioni
mai pienamente sottomesse
all’Impero Atzeco.
Cortès era affiancato da due interpreti, Gerònimo de
Aquilar, uno spagnolo la cui nave era naufragata in quelle coste e che
sapeva parlare la lingua Maya, e da La Malinche (Dona Marina) che era la figlia
di un caicco Azteco.
Cortès
con grande diplomazia riuscì a stringere rapporti di alleanza con le
popolazioni sottomesse dagli Aztechi sempre in stato di ribellione. Un
comportamento legato agli esosi tributi ed alla richiesta di vittime
sacrificali.
Cortès
agiva come “riparatore di torti in
missione per conto dell’imperatore Carlo V e del Cattolicesimo”.
Una
battaglia tra Aztechi e Spagnoli erano improponibile perché dall’esito scontato
a favore dei secondi.
Gli
aztechi seguivano un vero e proprio rituale in battaglia: indossavano un abito
per l’occasione, sceglievano il luogo della battaglia in base a segni divini,
urlavano prima dell’attacco e cercavano di catturare vivo l’avversario per sacrificarlo
agli dei. Attaccavano l’avversario uno alla vota perché prendere un prigioniero
vivo per
sacrificarlo era un grande onore. Un modo di comportarsi che avrebbe persone
agli spagnoli di prevedere le loro azioni. Gli spagnoli invece battagliavano all’europea
colpendo con la spada chiunque si
trovasse innanzi a loro e questo causava molti morti.
L’8
novembre 1519 Cortès entro a Tenochtitlan, con un esercito di circa 3000
indios, fu accolto
con
onori da Montezuma che fu accusato di tradimento per la morte di alcuni
spagnoli in una città vicina.
Cortès
si fece consegnare Quauhpopoca, figlio di Montezuma, e altre 15 persone che
furono bruciate vive.
Gli
spagnoli si accorsero, dopo diversi giorni, che la situazione nella capitale
era molto tesa… gli Aztechi si stavano preparando al massacro.
Alcuni
giorni prima una falange azteca aveva ucciso a Vera Cruz molti spagnoli.
Gli
spagnoli decisero di arrestare Montezuma che saggiamente, per evitare una
sommossa popolare, disse ai
suoi sudditi che si stava recando a casa di suo padre dove alloggiavano gli
spagnoli.
Montezuma
dialogò a lungo con Cortès fino a stringere un rapporto di “pace” dove
Montezuma
poneva
fine ai sacrifici umani. Cortès a sua volta lasciò libero Montezuma di
governare l’impero e
cercò
di convertirlo al Cattolicesimo.
Ma
la situazione precipitò e Cortès radunò i suoi alleati e marciò sulla capitale
azteca. Il 13 agosto 1521, dopo
due mesi di assedio, Tenochtitlan fu espugnata.
La cronaca di quei
giorni:
“Diede (Cortèz) un
nuovo assalto il 31 luglio, fece offrire all’Imperatore (“Cuauthìmoc, il
Principe Bellissimo,”, per gli spagnoli Guatimozin di capitolare; il 3 agosto,
e sul suo rifiuto, fece ricominciare l’attacco il 6.
Al dire di Cortèz
stesso, le strade e le piazze pubbliche erano ingombre di cadaveri, e l’acqua
dè canali e delle fosse
rosseggiava di sangue. L’infezione, che si sparse dopo tale strage, costrinse
gli Spagnuoli ad abbandonare la parte della città ch’era in loro potere; ma vi
rientrarono il 13, e presero d’assalto il quartiere Tlatelolco che ancora
resisteva”.
“perirono durante
l’assedio, che continuò 75 giorni, circa 100 Spagnuoli, parte morti sul campo
di battaglia e
parte sacrificati nei templi. Cuauthimoc fu applicato alla tortura dagli
Spagnuoli, per
costringerlo ad
indicare il luogo dov’egli aveva nascosto i suoi tesori; e fu impiccato al
principio dell’anno 1525 per ordine di
Cortèz. Così crollò quella monarchia, 196 anni dopo la fondazione di Messico per opera degli
Aztecas e 169 anni dopo l’elezione del primo Re”.
Nel
giro di un paio d’anni gli spagnoli presero il controllo dell’intero paese.
Il
Messico diventò una colonia spagnola con il nome di “Nuova Spagna” e Carlo V
nominò Cortès governatore.
Cortèz
si recò in Spagna nel 1528 e ricevette l’8 luglio 1529, da Carlo V, il
titolo di Marchese della “Vallata di
Guaxaco” (Oaxaca) e il grado di Capitano Generale della "Nuova
Spagna" ed anche i titoli di ammiraglio e di governatore di tutti il Continete.
Cortèz
fece un “dono” a Carlo V….”oltre le opere
preziose d’oro e d’argento, che si spedirono
A Carlo V, l’oro
fuso proveniente dalla presa di Messico fu calcolato del peso di 19,200 once,
ossia
1.658,880
franchi”.
Cuauthimoc
è l’eroe nazionale del Messico.
La resa di
Cuauthemoc
https://es.historia.com/magazine/13-agosto-1521-cuauhtemoc-se-rinde-ante-hernan-cortes/
https://www.zonaturistica.com/que-hacer-en-el-lugar-turistico/248/bosque-cuauhtemoc-morelia.html
Il successo
dell’impresa fu anche favorita da diversi circostanze come un sistema primitivo
di dominio sulle popolazione
sottomesse e , un elemento forse ancora più importante, le epidemie che
sconvolsero il paese. Gli abitanti non erano mai stati colpiti da quelle
malattie infettive che gli spagnoli portarono dall’Europa come vaiolo, tifo,
scarlattina. Il sistema immunitario di quelle popolazioni non era in grado di
proteggere quelle popolazioni.
Cortèz mirava
soprattutto ai tesori che gli Aztechi
difendono perché essenzialmente oggetti.
Lo spagnolo li
esige, difronte ai rifiuti non trova di meglio, con tante giustificazioni di
carattere religioso, che sterminarli
oltre a distruggere le vestigia del loro passato. I conquistadores spagnoli
guidati da Cortès,
un uomo che aveva
doti militari e politiche non comuni, distrusse l’Impero Azteco perseguendo due
obiettivi
principali: trovare l’oro e convertire al Cristianesimo le popolazioni pagane
del Nuovo Mondo.
Trovarono poco oro
ma moltissimo argento. Le miniere del Messico fino a metà dell’800 producevano 1/3 dell’argento
di tutta l’America. Trovarono moltissimi uomini da evangelizzare anche perché
agli “infedeli” non
erano date altre alternative e quindi il compito non era difficile….
Nel 1525 Carlo V
con un decreto trasferiva ad un governo locale, Udienza Reale,
i poteri
amministrativi e giudiziari. I nuovi funzionari spagnoli che per incarico
dell’Imperatore
sbarcarono nel
Nuovo Mondo usarono anche loro metodi sbrigativi… brutali ed efficaci.. per
avere
risultati
immediati: cancellazione di ogni memoria spirituale e materiale della civiltà
azteca con demolizione di templi e
palazzi; conversione delle popolazioni e sottomissione totale degli Indios.
La Chiesa e la
Corona agirono insieme in perfetta armonia. Riuscirono a creare uno
sfruttamento
sistematico e
brutale che durò ben 3 secoli.
La popolazione
agli inizi dell’800 si divideva in:
-
Creoli,
di origine spagnola e nata in Messico, minoritaria e per lo più classe
dirigente;
-
Gachupines,
nati in Spagna e giunti in Messico per assumere cariche pubbliche.
e due classi
inferiori:
-
Mestitoz,
circa un milione di individui, nati da matrimoni di spagnoli con donne Indie;
-
Indios,
circa 4 milioni.
Gli Indios vivevano in condizioni di servitù quasi assoluta, relegati da leggi discrminatorie e da severe norme di polizia. il lavoro impiego come braccianti agricoli o come servitori era l'unica possibilità per sopravvivere. vi erano anche circa 10.000 schiavi negri, ma la tratta degli schiavi non fu mai praticata in Messico perchè era più facile ridurre in schiavitù gli Indios. Sottopagati e costretti anche a pagare i regolari tributi al governo ed alla Chiesa. era praticamente impossibile per un Indios migliorare la propria misera condizione sociale.
Mont Albàm - Valle dell'Oaxaca
Mont Albàm - Valle dell'Oaxaca
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Torre di Manfria - Gela
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I CASTELLI DELLA PROVINCIA DI CALTANISSETTA
TRATTATI NELLE PRECEDENTI NOTE
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