La Roma di una volta….. Campo Vaccino – Le Olmate – Le Ville Patrizie ….




Con il termine di “Campo Vaccino” s’indicava nel XVI - XVII secolo l’area degli antichi Fori Imperiali di Roma.
L’area era abbandonata ed adibita a pascolo ma anche al passeggio e al ritrovo. Era circondata da chiese, monumenti ed erano anche ben visibili le antiche rovine che affioravano dal terreno. Per questi suoi aspetti l’area riusciva ad imprimere al visitatore un suo particolare fascino ben lontano dalle ristrutturazioni e capovolgimenti urbanistici che segnarono la città nei secoli XIX e XX. Riporto una serie di raffigurazioni che spero riescano a dare sensazioni piacevoli legate alle immagini di una Roma d’altri tempi.


Veduta di Campo Vaccino, 1750 circa, opera di Giovanni Battista Piranesi definito il “Rembrandt dell’Archiettura”. A sinistra dell’immagine è raffigurato l’arco di Settimio Severo. Alle spalle dell’arco parte una bellissima alberata di olmi che si concludeva davanti all’arco di Tito , appena percettibile in fondo. A sinistra, sullo sfondo è visibile il Colosseo.


(foto dal sito: https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/tag/campo-vaccino/page/2)

Campo Vaccino – Mercato delle Vacche - fine 800
In primo piano le tre colonne del Tempio dei Dioscuri e sullo sfondo la Basilica di Massenzio.
A destra delle colonne si nota il profilo della Chiesa di Santa Maria Liberatrice che
fu demolita nel 1800 per riportare alla luce un antico edificio di culto di Santa Maria Antiqua,
un vero gioiello risalente al VI secolo d.C,

https://www.capitolivm.it/meraviglie-di-roma/santa-maria-antiqua-un-gioiello-della-cristianita-nascosto-nel-foro-romano/

Santa Maria Antiqua
L’Annunciazione – Affresco Bizantino (565 – 578)
Sailko
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(foto dal sito: https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/22473/foro-romano-9)

Il termine “Campo Vaccino” appare nella Bolla Pontificia di papa Sisto V del 1589. Un appellativo legato al mercato dei bovini che vi si svolgeva e che era regolato dal “Governatore della Dogana di Campo Vaccino” dove era ubicata la “Dogana della Grascia”.
Cosa significa il termine “Grascia” ?
Secondo gli statuti della città di Roma, risalenti al XIV secolo, “grascia” indicava.. intelligatur granum, farina, ordeum, mileum, legumen et omne genus bladi, carnes, untum, oleum, vinum”.
.. "è un grano, farina, orzo, miglio, e ogni tipo di legume, mais, carne, renne, olio e vino." (“renne” starebbe per cervi..daini ?)
Si tratta di elementi che entrano nel vocabolo “grascia” ovvero un termine che si trovava negli statuti dei principali comuni dell’epoca. Statuti che regolavano gli approvvigionamenti alimentari della città. Ci troviamo in presenza di regole annonarie che favorivano l’importazione e nello stesso tempo vietavano l’esportazione e disciplinavano la vendita nell’interno del comune. Era proibito il trasporto dei prodotti da un luogo ad un altro ed era imposto che “dovessero essere consumati nel luogo in cui erano stati raccolti, tranne che fossero diretti verso la città che era sempre preferita al contado”.
Nei centri più importanti fu istituito un corpo di ufficiali “grascieri” che erano preposti  all’ispezione delle strade e delle rive dei fiumi navigabili. Un servizio decisamente importante che veniva spesso affidato al capitano del popolo. L’esportazione dei prodotti era consentita solo nei casi di esuberanza. Il divieto assoluto di esportazione restava in vigore per il pane, per il pesce, per la carne. Una norma che vedeva in primo piano la tutela del consumatore che era ritenuta come un dovere da parte dei governanti in un’epoca in cui erano frequenti le carestie che favorivano una spietata speculazione da parte di intermediari che agivano a danno del popolo.
(Nelle note sono riportate delle notizie sulla “Dogana della Grascia”, sulle regole e alcune immagini che riprendono antichi documenti sulle spese sostenute dalla Dogana nel 1850).

Campo Vaccino – 1868
https://www.pinterest.es/pin/385620786830857123/

Purtroppo l’area fu oggetto di spoliazioni dei preziosi reperti sin dal XVI secolo, regno di Paolo III Farnese. Il pregiato materiale archeologico fu riutilizzato per scopi edilizi. Una “trafugazione” che durò sino al XVIII secolo, e non per provvedimenti giuridici, ma perché il materiale cominciò a scarseggiare. Solo nel periodo dell’occupazione napoleonica e successivamente con il pontificato di papa Pio VII, si decretò la fine del mercato e l’inizio dei lavori di scavo nel Foro. Lavori di scavo che soprattutto nel XIX secolo videro importanti studiosi impegnati nelle ricerche tra cui Luigi Canina. L’area non fu più adibita a pascolo e a mercato o fiera di animali.
Campo Vaccino in un disegno del’ 600 di Claude Lorrain.
Al centro del dipinto è visibile l’antica fontana con il mascherone. Il Colosseo è sullo sfondo.
Claude Gellè detto Lorrain o anche Claudio Lorenese (Champagne, 15 dicembre 1600 – Roma, 23 novembre 1682.
Dal 1840 la sua salma riposa nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Sulla sua tomba l’epigrafe:
“Rappresentò in modo meraviglioso i raggi del sole all’alba e al tramonto sulla campagna”

Quando la statua di Marforio dal Campo Vaccino fu trasferita al Campidoglio, fu rinvenuta un’enorme vasca rotonda di granito che probabilmente accompagnava la statua e forse parte integrante di una fontana romana.

(La freccia indica il luogo dove si trovavano la statua di Marforio e la vasca di granito)

Statua di Marforio – I secolo d.C. –
Raffigura probabilmente il dio Nettuno, l’Oceano o il Tevere. È una delle sei statue parlanti di Roma –
È conservata nei Musei Capitolini.

La vasca fu lasciata nel Foro dove fu trasformata in un abbeveratoio per il bestiame. Come bocca d’acqua fu posta un bellissimo mascherone opera dello scultore Giacomo della Porta, celebre “fontaniere” della fine del ‘500.
(Campo Vaccino con la vasca e il mascherone – Disegno di Stefano Della Bella – 1626)
http://www.bollettinodarte.beniculturali.it/opencms/multimedia/BollettinoArteIt/documents/1437568590178_06_-_Maranini_14.pdf

(il mascherone nell’ubicazione attuale)

Nel 1816 la vasca aveva perso la sua funzione originaria e si era riempita di terra. Papa Pio VII decise di trasferirla in un luogo più idoneo cioè sotto la statua dei Dioscuri davanti al Palazzo del Quirinale. L’altrettanto pregevole mascherone fu riutilizzato per decorare un piccolo sarcofago-beveratoio sulla riva del Tevere opposta a San Giovanni de’ Fiorentini. Circa 70 anni dopo, a causa della costruzione dei muraglioni a protezione delle piene del Tevere, fu nuovamente smontato  e messo in magazzino.  Nel 1936 fu “riscoperto” e venne finalmente collocato in un’altra vasca sull’Aventino, addossato al muro della Rocca Savella di fronte alla facciata della Basilica di Santa Sabina, in piazza dell’Illiria.
(Il mascherone nella sua collocazione al Porto Leonino dal 1827 alla fine del Novecento)
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/103991/porto-leonino-3

(La vasca di granito posta sotto i Dioscuri)

Nel Campo Vaccino erano presenti delle chiese. Di fronte alla fontana si trovava la chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro Romano che venne demolita, come abbiamo visto, nel 1900 (si trovava adiacente alle tre colonne del famoso tempio dei Càstori).
La chiesa dei Santi Luca e Martina è invece ancora esistente. Ubicata accanto all’Accademia di San Luca che fu demolita nel XVII secolo per essere trasferita a Palazzo Carpegna.


(Campo Vaccino - Cornelius Van Poelenburch
pittore, incisore, ecc.
Utrecht, 1594/95 – Utrecht, 12 agosto 1667
Attivo a Roma dal 1617 al 1625
Olio su rame – (40 x 50)cm  – Museo del Louvre)
https://it.wikipedia.org/wiki/File:View_of_the_Campo_Vaccino_1620_Cornelis_van_Poelenburch.jpg

Campo Vaccino nel 1844
Thomas Hartley Cromek (England; 8/8/1809 – 1873)

 Roma – Campo Vaccino – Costumi - 1877



Campagna Romana – Costumi


Nel Campo Vaccino c’era un Crocifisso ligneo del 1400 che Pio IX fece trasferire nel Carcere Mamertino, in una cappella ricavata in un vano dell’antico “Carcer” e sottostante alla Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.

La predica di Pio IX in occasione dello spostamento del Crocifisso ligneo da
Capo Vaccino alla Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.
Michelangelo Pacetti (Roma, 26/12/1773 – Roma, 1/4/1865)

Il miracoloso Crocifisso ligneo dell’ 400 che dal Campo Vaccino fu spostato per essere
collocato sopra l’ingresso del “Carcer”. Successivamente fu collocato prima in un vano
dello stesso “carcer” e poi nella soprastante Chiesa di San Giuseppe ai Falegnami.


Il Campo Vaccino era adiacente al palazzo Senatorio a cui era collegato grazie ad una strada piuttosto ampia e carrozzabile. Sull’area si affacciavano gli edifici posti sul versante Sud del Colle, come la Torre di Niccolò V, ed oltre al già citato mercato e pascolo dei bovini, si svolgeva un antica manifestazione detta “sassaiola”. Si trattava di una vera e propria battaglia con lancio di sassi (“rocci”) tra i ragazzi, “bulli” dei vari quartieri. In particolare era una gara tra i “bulli” di Trastevere e quelli del Monti.

Sassiaiola fra "bulli"
https://eholgersson.wordpress.com/2017/09/23/g-zanazzo-er-grevetto-de-li-monti-e-la-storia-del-bullo-romano/

Campo Vaccino – 1839
Joseph Mallord William Turner
Olio su tela – (90 x 122) cm – Getty Museum Los Angeles


Veduta del Colosseo da Campo Vaccino
Gaspar Van Wittel
Olio su tela del 1711
http://mostreemusei.sns.it/index.php?page=_layout_mostra&id=815

Nel Campo Vaccino c’era una bellissima alberata  che fu piantata da papa Alessandro VII Chigi nel 1656.  Un scenario da favola. L’antica e prestigiosa Via Sacra fiancheggiata da olmi che partivano dall’Arco di Settimio Severo per giungere all’Arco di Tito. Fu distrutta  nei primi anni dell’800 per gli scavi archeologici ma fu subito ripristinata da un altro papa, Pio IX nel 1855. Ebbe poca durata perché alla fine dell’ottocento anche questa alberata venne distrutta.
(Olmata di Campo Vaccino – Foto del 1863)

L’Olmata - 1856

Campo Vaccino con la famosa alberata di olmi. Dipinto del 1787 –
Albert Christoph Diesin (Hannover, 11 febbraio 1755 – Vienne, 29 dicembre 1822)
Pittore, compositore e biografo - Lower Saxony State Museum

Fu papa Alessandro VII Chigi a realizzare nel 1656 le prime alberature dando delle precise direttive: “ siano olmi, veda d’onde cavarsi il denaro”. L’Olmata di Campo Vaccino fu sacrificata per gli scavi archeologici. Fu reimpianta da Pio IX ma successivamente distrutta alla fine dell’800. L’olmo era legato alla chiesa e ai Pontefici per una lunga tradizione. Davanti ad ogni parrocchia di campagna si piantava un olmo.
Un’altra olmata congiungeva le due basiliche di San Giovanni in Laterano e di Santa Croce in Gerusalemme. Fu piantata nel 1743 dopo che l’avvallamento esistente tra le due basiliche fu colmato. Questi olmi furono tagliati con… estrema urgenza durante la Repubblica Romana per la costruzione di barricate difensive !!!!!!! Entrarono in disgrazia con i Savoia che non vollero recedere dai loro propositi e alla fine dopo lo scempio piantarono dei platani….

(San Giovanni in Laterano 1790 circa
Giacomo Giovanni Van Lint (Roma 1723 – Roma 1790)
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/114557/san-giovanni-laterano-7

(San Giovanni in Laterano, 1860 circa)

Anche l’olmata dei Cappuccini venne sacrificata per l’apertura di Via Veneto. Olmi che, a quanto sembra, davano fastidio agli artisti che numerosi avevano i loro atelier nella zona. Non riuscivano ad avere più la luce a causa delle folte chiome degli alberi.

Piazza Barberini – Anno 1865
Sullo sfondo l’olmata di Via Veneto e la Chiesa dei Cappuccini
https://www.pinterest.it/pin/292452569537499729/


Strano destino per Roma che con il suo verde e le testimonianze archeologiche affascinava i visitatori e gli artisti. Era l’anno 1622 quando il Cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV, acquistò la vigna Del Nero che comprendeva il  cinquecentesco Casino dell’Aurora, detto anche “Casino del Monte” dal nome del proprietario, il cardinale Francesco Del Monte, che lo acquistò nel 1595. Il Cardinale Ludovisi acquistò anche la proprietà Orsini con l’antico “Palazzo Grande” che lo stesso cardinale utilizzò come residenza principale facendolo restaurare dal Domenichino. 

 ( Villa Ludovisi – Palazzo Grande
http://www.romeandart.eu/it/arte-giardini-ludovisi.html

Successivamente acquistò anche le vigne vicine che appartenevano ai Cavalcanti,  ai Capponi e agli Altieri. Si formò una proprietà immensa di circa 35 ettari che oggi è occupata quasi per intero dal rione “Ludovisi”. Il cardinale non volle alterare la vegetazione dei giardini appartenuti ai precedenti proprietari e cercò di unire le varie proprietà in modo armonico. Furono effettuati anche dei lavori di sbancamento e vennero alla luce le due statue con i “Galati” vicino al luogo dove sorgevano gli “Horti Sallustiani” cioè i famosi giardini del senatore Sallustio.
 Galata Morente
È la copia marmorea romana di una scultura bronzea attribuita ad Epigono
e risalente al 230 – 220 a.C.. con il “Galata suicida” e con altre opere doveva fare parte
del Donario di Attalo nella città di Pergamo. Fu commissionata da Attalo I per celebrare
la sua vittoria contro i Galati. La Copia romana fu appunto trovata durante gli scavi di Villa Ludovisi all’inizio del XVII secolo. Si trova esposta al Museo Capitolino.
User:Jean-Pol GRANDMONT


Il Galata Suicida noto anche come Galata Ludovisi
anche questa è una copia marmorea romana di un originale attribuito all’autore del Galata Morente
e risalente allo stesso periodo. Venne trovata durante gli scavi di Villa Ludovisi nel XVII secolo.
Si trova esposta al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps
foto di Jastrow 

Per la progettazione del giardino sembra che sia stato incaricato l’architetto francese di Versailles, Andrè Le Nòtre. I lavori eseguiti furono numerosi.  Ornò la villa con dipinti, affreschi e con statue che furono acquistate da altri collezionisti come i Cesi, i Cesarini, i Carpi, gli Orsini, i Soderini e gli Altemps… Acquisti che crearono una collezione di 450 sculture antiche che furono restaurate dallo stesso cardinale. Questo attirò l’interesse di artisti e viaggiatori europei come Goethe e Schiller. All’ingresso del piazzale grande che conduceva al palazzo, due grandi vasi di terracotta provenienti dagli scavi di San Francesco a Ripa; la bellissima testa di Giunone, ora al Museo di Palazzo Atemps, che tanto affascinò Goethe: “ è stata il mio primo amore a Roma…. Non vi sono parole, che possono renderne un’idea: è un canto di Omero”; sulla facciata il profilo di Medusa morente.
Medusa morente ?

Testa di Giunone - Museo di Palazzo Atemps

La villa era da favola ed è difficile descriverla. Il Cardinale Ludovico Ludovisi era un infaticabile collezionista  d’antiquariato e riuscirà a creare la visione  di un bosco architettonico. Il preesistente “Casino Capponi”, che si trovava ad oriente della proprietà e posto lungo il tracciato che proveniva da Porta Salaria, diventò una vera galleria di statue; il “Casino dei Pranzi o del Guardaroba”, che 
sporgeva su via di Porta Pinciana, venne anch’esso abbellito; il “Casino del Belvedere”, oggi detto dell’Aurora”, fu internamente affrescato dal Quercino e circondato esternamente da un “ bel teatro di statue antiche” come testimonia il Roisecco Gregorio nel 1741. I viali della villa formarono un vero e proprio labirinto con la creazione di giardini a tema:  “ delle piante secolari”, “delle piante esotiche”, “il giardino segreto” con al centro un bellissima voliera….ecc.
L’obelisco oggi al Laterano, proviene dalla villa Ludovisi quando ancora era villa Orsini. Molti artisti intervennero per restaurare le antiche opere d’arte tra cui Alessandro Algardi e forse anche il Bernini. Questo determinò nell’immediato futuro dei problemi soprattutto per la ricostruzione e l’interpretazione delle opere d’arte che non furono facilmente risolvibili. Comunque circa un centinaio di opere furono acquistate dallo Stato Italiano nel 1910 e oggi si trovano nel quattrocentesco palazzo Altemps vicino Piazza Navona.

Il giardino era costituito da ampi viali arricchiti da innumerevoli statue di varie epoche.


(Villa Ludovisi – Giuseppe Vasi –Incisione del 1786)
https://www.romeartlover.it/Vasi189.htm
Chi ha avuto la fortuna di visitare Villa Ludovisi ha lasciato bellissime immagini. Stendhal raccontò..” era quasi notte, ma abbiamo potuto ammirare egualmente il celebre gruppo del Bernini “Il Ratto di Proserpina”…Il Bernini tagliava il marmo con raro talento”. Il gruppo fu eseguito tra il 1661-62 e il cardinale Scipione lo regalò nello stesso anno (1662), al cardinale Ludovisi, nella cui villa rimase fino al 1908 quando fu acquistato dallo Stato Italiano ed entrò nella collezione Borghese.

Gian Lorenzo Bernini – Ratto di Proserpina
https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/

D’Annunzio nel suo “Piacere”…” e la villa Ludovisi, un po’ selvaggia, profumata di viole, consacrata dalla presenza della Giunone cui Wolfang adorò, ove in quel tempo i platani d’Oriente e i cipressi dell’Aurora, che parvero immortali”.
Villa Ludovisi – Il Giardino Segreto
http://passatoprossimo.museodiroma.it/il-giardino-segreto-di-villa-ludovisi/


(Villa Ludovisi – G. B. Piranesi – 1748)
Henry James, un altro illustre visitatore della villa:  “Certamente non c’è nulla di meglio a Roma, e forse nulla di così bello. I prati e i giardini sono immensi e il grande arrugginito muro della città si stende dietro ad essi e fa che Roma appaia vasta senza ch’essi sembrino piccoli. La dentro v’è tutto: viali oscuri sagomati da secoli con le forbici, vallette, radure, boschetti, pascoli, fontane riboccanti di calami, grandi prati fioriti, punteggiati qua e là da enormi pini obliqui. Il luogo è una rivelazione di quel che l’Italia e il maggiorasco possono fare uniti.”
Villa Ludovisi –
Copia in acquerello, datata 1818,  di un originale di Thomas Bowles del 1750 circa
http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2013/09/barbarie-nella-roma-di-fine-800.html
Come mai la villa fu distrutta ?  Sono rimasti, come vedremo, il “Casino dell’Aurora” affrescato dal Guercino e il Palazzo Grande che è stato inglobato nel Palazzo Margherita oggi sede dell’Ambasciata USA… 
Un patrimonio naturalistico…un orto botanico con 250 varietà di piante sparito nel nulla assieme a un numero mai precisato di statue, sarcofagi, bassorilievi, ecc

Cardinale Ludovico Ludovisi
(Bologna, 27/10/1595 – Bologna, 18/11/1632)
https://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Ludovisi

Con la morte del cardinale Ludovisi la villa passò per eredità ai Boncompagni, principi di Piombino e duchi di Sora.
Villa Ludovisi – Pianta Planimetrica

Siamo nel 1885…  ..l’ora della villa era ormai segnata… il principe Boncompagni Ludovisi aprì i cancelli della sua villa a Theodor Mommsen.  Mommsen era uno storico tedesco e il principe gli consegnò una raccolta di dagherrotipi che riprendevano il viali della villa con le innumerevoli e lussureggianti piante (lecci, cipressi), le statue pagane, i giardini segreti, gli orti, i frutteti, tutte le meraviglie dell’immenso parco. “Conservi queste immagini… perché la mia villa dovrà scomparire”. Lo storico tedesco rimase esterrefatto.


Don Rodolfo Boncompagni Ludovisi aveva appena stipulato una convenzione con la “Società Generale Immobiliare” per edificare un quartiere residenziale sui suoi terreni.


Piano d’intervento urbano per il nuovo quartiere Ludovisi presentato
alle autorità cittadine dalla piemontese “Società Generale Immobiliare di Lavori
di Utilità Pubblica ed Agricola” –
La Società passò nel 1968 sotto il controllo dell’avv. Michele Sindona)

Il principe aveva probabilmente bisogno di realizzare delle somme di denaro e sfruttava la “febbre” edilizia dell’epoca. Il piano regolatore prevedeva la conservazione della villa e l’agenzia immobiliare pagava bene ed era l’occasione per il proprietario di avere a disposizione subito delle somme di denaro.
Il governo già nel 1884, per tramite del Ministro dell’Interno, si era proposto per l’acquisto di una parte del giardino per costruire il nuovo complesso del Parlamento (Camera, Senato, Aula Magna per le allocuzioni reali). La trattativa si prolungò e il principe aveva la necessità immediata di vendere senza attendere oltre. Si rivolse quindi al Comune di Roma che allora era retto dal principe Leopoldo Torlonia. Lo stesso principe Boncompagni Ludovisi prospettò al Comune la possibilità di creare sulla villa un vasto quartiere alto-borghese. Il municipio non diede una risposta e nello stesso tempo suggerì il procedimento per superare il problema del vincolo che ricadeva sulla prestigiosa villa. I lavori stradali e fognari relativi alla lottizzazione sarebbero stati a carico dei privati. La Società Generale Immobiliare si assunse l’onere della costruzione delle strade e  della vendita dei lotti. Il 29 gennaio 1886 venne firmata la convenzione triangolare tra Don Rodolfo Boncompagni –Ludovisi, La Società Generale Immobiliare e il Comune.
 Un mattino d’inverno del 1886 la villa, dopo tanti secoli, fu invasa dai vandali. Livellarono i prati, estirparono le piante, distrussero i boschi e le fontane e anche le statue, accesero fuochi, scavarono trincee, lavorarono la calce… tutto andò perduto a causa della speculazione edilizia di Roma Capitale. Furono venduti oltre 200.000 mq (20 ha).. fu un aberrante taglio di un patrimonio architettonico, storico e naturalistico senza antecedenti ma che purtroppo proseguì in modo sistematico anche in altre zone fino a cancellare la bellissima corona di verde che abbelliva Roma.
https://villaludovisi.org/2013/07/02/the-destruction-of-rome-herman-grimm-1886-on-the-development-of-the-rione-ludovisi/

Già nel 1885 si era aperto il tracciato delle strade e iniziarono la rimozione degli arredi senza alcun accorgimento.

Torre di Paolo III – Demolita nel 1885
https://www.flickr.com/photos/dealvariis/5060040509

Torre di Paolo III con il Campidoglio - 1852
http://www.flickriver.com/photos/dealvariis/tags/torredipaoloiii/


https://www.pinterest.it/pin/351984527107729081/?lp=true


Ritornando alla Villa Ludovisi i giornali riportarono le opinioni di illustri stranieri che parlarono della distruzione definendola “la sacrilega strage”.
Domenico Gnoli, poeta e storico romano, di fronte alla fotografia della villa disse: “come un cadavere sul letto funebre…. E gli antichi cipressi che forse avevano veduto il cavallo di Belisario e l’irrompere barbarico dei Goti, caddero con la compostezza dei martiri, mentre l’elci (lecci) s’agitavano nelle convulsioni della morte”.
Sul giornale tedesco “Deutsche Rundschae”: “… Certo che se si fosse domandato qual fosse il più bel giardino del mondo, coloro che conoscevano Roma avrebbero risposto senza esitare Villa Ludovisi. Fra le cose che, diventando Roma capitale d’Italia, venivano in mente a quanti conoscevano ed amavano Roma, c’era la speranza che quei giardini, con le belle fabbriche, le statue e i quadri in esse contenute diventassero di dominio pubblico e fossero più facilmente accessibili”.


( Guglielmo Mangiarelli – 1846 – 1917
Villa Ludovisi – 12 giugno 1885 – “Una Giornata Triste” –
Museo di Roma)


La Villa Ludovisi come appare nel Piano Regolatore di Roma del 1883.. ancora intatta.



La Villa Ludovisi nel suo contesto urbano, come raffigurato nel Piano Regolatore del 1883. Le aree a sud e sud-est colorate in marrone rossiccio e salmone erano già in costruzione all'epoca

Gabriele D’Annunzio assistette incredulo alla distruzione della “perla di Roma” perduta per sempre..” i giganteschi cipressi ludovisi, quelli dell’Aurora, quelli medesimi i quali un giorno avevano sparsa la solennità del loro antico mistero sul capo olimpico del Goethe, giacevano atterrati… Sembrava che  soffiasse su Roma un vento di barbarie e minacciasse di strapparle quella raggiante corona di ville gentilizie a cui nulla è paragonabile nel mondo delle memorie e della poesia”.
Per ironia della sorte il ricavato della forte speculazione, che portò nel giro di circa trent’anni alla costruzione di uno dei quartieri più eleganti di Roma, fu inferiore alle aspettative. Come riporta con un attenta analisi Salvatore Lo Leggio, nel suo sito http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2013/09/barbarie-nella-roma-di-fine-800.html, fu appena di cinque milioni e mezzo, dei quali tre quinti all’Immobiliare e il resto alla famiglia Boncompagni –Ludovisi.
Nel 1889, a tre anni della stipula del contratto di vendita,  il Comune di Roma completò la devastazione di Villa Ludovisi…
Nell’Inserzioni a Pagamento della Gazzetta Ufficiale del Regno D’Italia” –
Num. 204 del 28 Agosto 1889


….” Apertura nuova strade nel quartiere di Villa Ludovisi….”

Lo Stato con tanta premura pose la sua perla sullo scempio già effettuato… proclamò Villa Ludovisi monumento nazionale…….forse nel 1939 .. a distanza di mezzo secolo…..
I provvedimenti legislativi che nel tempo hanno caratterizzato i beni culturali, in termini di protezione, restauro e manutenzione, sono i seguenti:

 - la legge 1 giugno 1939, n. 1089, rimasta in vigore fino all'emanazione del testo unico sui beni culturali del 1999;
- DPR 30 settembre 1963 n. 1409;
- il testo unico sui beni culturali approvato con decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 490, che ha disciplinato ex novo l'intera materia, accorpando nel suo seno sia i beni culturali che i beni ambientali e contemporaneamente sopprimendo la legge 1 giugno 1939, n. 1089;
- il D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283, che disciplinava in gran parte i beni culturali appartenenti alla mano pubblica e che, per la prima volta, aveva dato corso al tentativo di addivenire sollecitamente all'inclusione in apposito elenco dei beni non appartenenti ai privati e alle società commerciali.

Molte opere d’arte, in massima parte reperti archeologici, andarono perduti e molte  finirono nei musei stranieri.
Nel 1897 una grande statua femminile fu acquistata dalla coppia, Charles Franklin Sprague e Mary Sprat Sprague, di Boston.

Disegno di J. Riepenhausen intorno al
1840 della statua colossale oggi a Boston,
Museum of Fine Arts (foto Istituto
Archeologico Germanico, cartella 77).

La statua si trovava lungo le mura aureliane (Viale dei Cipressi ) accanto al sarcofago con defunti
Foto tratta dall’album “Villa Ludovisi, a cura di Boncompagni Ludovisi, Roma 1885

La statua era collocata, assieme ad altre opere d’arte, lungo il viale della villa che costeggiava la Mura Aureliane. Sculture che probabilmente furono collocate intorno al 1621- 1633, cioè nella prima fase decorativa della villa e provenivano da collezioni del 1500 (Cesarini, Altemps, Capranica, Medici, Cesi), dal mercato d’antiquario (Giovanni e Vincenzo Stampa) e ancora da scavi eseguiti nell’area della villa.
Dipinto di G. Mangiarelli
Il quadro presenta sul retro la seguente dicitura:
“Villa Ludovisi – Viale dei Cipressi” – 20 dicembre 1886
Olio su legno – (25 x 32) cm

Giacomo Pinarolo riportò le meraviglie esistenti nel “Viale dei Cipressi di Villa Ludovisi. Una descrizione che fu compilata nel 1712: «Vialone dei Cipressi […] il quale termina alle muraglia
di Roma le quali circondano una parte di esso giardino verso Ponente, co’ uno spatioso stradone
contiguo ad esse mura, ornato di alcune statue e sepolcri: la gran statua di Valeria Messalina, quella di Giove, la statua di Epuleio Macrino imperatore, il sepolcro di Marco Aurelio console e Teodora sua moglie come si legge nella sua iscrizione. Sotto ad esso sepolcro è posta una singolare statua di un satiro, il busto magnifico di Alessandro Severo imperatore, un sepolcro con bassorilievo di una battaglia di marmo orientale con espressione singolarissima».

 Una ricca coppia, la donna era la nipote del ricco William Fletcher Weld e parente del governatore William Weld. La statua fu spedita e una volta raggiunta Boston, venne caricata su un carro trainato da buoi e condotta  alla tenuta degli Sprague (“Faulkner Farm”) nel Brookline. La statua, che rappresentava probabilmente Giunone, fu sistemata in giardino dove rimase per circa un secolo fino a quando non venne acquistata dal Museum of Fine Arts di Boston. Un acquisto avvenuto nel 2011 grazie alla generosità di un donatore anonimo e di William Frances Warden Fund.
Una statua gigantesca, supera i 2 metri d’altezza, ed è la più grande statua romana negli Stati Uniti.
Ma non è finita….lo stesso Museum aveva acquistato altri pregiati pezzi della Collezione Ludovisi tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo. Una trattativa d’acquisto che fu condotta da  Rodolfo Lanciani (?). il complesso di reperti acquistati era costituito da cinque teste marmoree tra cui il prezioso busto di Massimino il Trace.

Villa Ludovisi – Il Viale dei Cipressi lungo le mura della città
Planimetria – da G.B. Falda

Non si sa quante opere siano finite nel nulla. Infatti dagli inventari si deduce che le opere collocate all’aperto vengano considerate di “minor pregio” rispetto a quelle situate all’interno dei Palazzi. Non furono sottoposte infatti al vincolo e quindi non furono acquistate dallo Stato Italiano e per la maggior parte furono….. esportate.


Pianta della Villa Ludovisi, particolare con
il Casino del Monte e la Fontana del Bosco
(da G. B. Falda).

Statua maschile togata velata
Ludovisi, oggi dispersa; disegno di P. Batoni
(Album Topham, Eton College Library;
foto Biblioteca).

Rilievo votivo alla dea Syria, già
Coll. Cesi-Ludovisi; disegno di G. A. Dosio,
oggi disperso (Palma 1983,



Sarcofago di battaglia e rilievo votivo a Silvano, già a Villa Ludovisi, disperso
(album Villa Ludovisia; foto Roma, Museo di Roma)
 
E tante altre…..

Per dovere di cronaca c’è da dire che altre ville patrizie sparirono nel nulla sotto colate di cemento delle case e del bitume delle strade (da Porta del Popolo a Porta San Giovanni). Ville riportate nei disegni dei viaggi barocchi e romantici: Massimo, Capizucchi, Nari, Magnani, Patrizi, Altieri, Albani, Gonzaga, Olgiati, Strozzi, Bolognetti, Rondanini.. e tante altre…

 (Villa Patrizi –  Anno 1761 – Giuseppe Vasi
Della famiglia Patrizi Naro Montoro- Nel 1907 fu venduta all’Amministrazione
delle Ferrovie dello Stato. L’immobile ha subito tante modifiche e della struttura originaria non rimane nulla. Nel giardino della villa  un rarissimo albero di canfora. Una pianta rara a queste latitudini. La villa aveva un Casino dove si trova l’affresco “L’allegoria del carro del sole” opera di Pannini che oggi è esposto  nella Sala Pannini di Palazzo Madama.


 Villa Altieri – Incisione di Giuseppe Vasi
Costruita nel 1660 è casa di villeggiatura del Cardinale Paluzzo Albertoni Altieri.
Manomessa in tuto è oggi sede di due Istituiti scolastici.  Un sito riporta come il danno maggiore sia legato
alla scomparsa dei dipinti provenienti dal “Sepolcro dei Nasoni” che fu scavato nel 1674 sulla
via Flaminia e risalente all’epoca di Marco Aurelio.
https://www.romasegreta.it/esquilino/villa-altieri.html

Ho cercato con ricerche di avere notizie sugli affreschi del “Sepolcro dei Nasoni” che sono andati perduti e che si trovano all’interno della Villa Altieri. È come se mi fossi avventurato nella lettura di un romanzo che ti lascia tanta amarezza.
Poco dopo la scoperta del “Sepolcro dei Nasoni”, avvenuta nel 1674 sulla Via Flaminia, il Cardinale Camillo Massimo, Camillo II e detto anche Camillo il Massimo (Roma 20 luglio 1620 – Roma, 12 settembre 1677), diede incarico a Pietro Santi Bartoli (Perugia, 1635 – Roma, 7 novembre 1700) noto pittore, incisore al bulino ( sottile scappello con punta d’acciaio per particolari incisioni) e acquafortista, di eseguire i disegni sulla decorazione pittorica del sepolcro rinvenuto. Un vero e proprio censimento dell’antico edificio, un sepolcro rupestre risalente agli ultimi decenni del II secolo d.C.


Nella sua importante relazione il Bartoli scrisse: “ … Si concede che alcune di esse immagini siano condotte con poca perfezione, ma altre ve ne sono assai perfette di colore, e disegno e tra queste principalmente la memoria di Ovidio, le vittorie nel soprarco del nicchio, e li Genis nella volta, dè quali faremo menzione. Il che si può credere essere avvenuto, perché ad esse pitture non s’impiegarono li Maestri più eccellenti di quel secolo, anzi riconosconsi eseguite da mani diverse, e con prestezza, e trascuraggine nel centro di quella grotta. Si che si poteva abbastanza sofferire l’ardire, e l’ignoranza di alcuni Aristarchi moderni, di quali senza riguardare né alla qualità stimabili, né al senso erudito delle immagini, venivano a schernirle, per far onta à gli Antichi. Ma il danno fu che li colori avendo sentito l’aria, divenuti languidi, cominciarono a sparire, e à mancare ogni giorno più, staccandoli, e cadendo l’incrostatura da ogni lato insieme con lo stucco macero, e umido; tanto che l’immagini e gli ornamenti restano ora quasi estinti, e invisibili.
Fù fortuna che l’Eccellentissimo Sig. D. Gasparo Altieri mosso dal nobile genio, che nutrisce verso le bone arti le memorie Romane della sua patria, ne fece distaccare tre pezzi dal tufo, l’uno de’ quali contiene intiera la favola di Edipo e della Sfinge, l’altro è un frammento della caccia delle tigri allo specchio, il terzo è un altro frammento con un Cavallo. Questi sono oggi esposti alla vista de’ Curiosi nella Galleria della sua Villa Altiera, da sua Eccell. magnificamente edificata nella via di Santa Croce in Gerusalemme su l’ colle Esquilino”.
Sono riuscito, non senza difficoltà, a trovare i disegni di quegli affreschi con relative descrizioni, eseguiti dal Bartoli, che il cardinale Altieri fece staccare dal sepolcro.

Edipo e la Sfinge


“Finsero che la Sfinge nel paese di Tebe sedendo sopra un sasso, con umana favella proponesse a’ Viandanti oscurissimi enigmi, e tale era la legge, che se altri non avesse saputo interpretarli, restasse dalla Sfinge lacerato, e morto, e che all’incontro dovesse ella morire, quando alcuno li avesse disciolti. Passando Edipo saggiamente rispose, e vinse la Sfinge. L’enigma fu dell’animale che hà quattro piedi il mattino, due piedi à mezzo giorno, tre piedi la sera; ove Edipo interpretò l’allegoria sopra l’imbellicità dell’humana vita, e dell’huomo, il quale non reggendosi nell’infantia, si muove co’ piedi, e con le mani. L’istesso poi adulto camina con due piedi in terra, finche pervenuto all’ultima età si appoggia stanco al bastone, e s’inclina alla tomba. Il senso di questa favola è molto proprio per lo significato dell’humana vita sempre debole, e inferma, e che và a ritrovare la quiete al sepolcro. Vedesi la Sfinge sedente sopra quel sasso, hà l’ali d’Aquila, cosce e zampe di Leone, il volto, e ‘l petto di Vergine. Distende il braccio, e la mano verso Edipo, il quale su la via smontato da cavallo, riguarda il mostro, e si ferma alla proposta. Con la mano sinistra tiene l’asta, e volge l’altra col dito alla bocca, meditando attentamente la risposta. Heroico è il portamento col manto pauonazzo, e ‘l corpo ignudo. Dietro si arresta il cavallo con un’Armato che regge il freno”.


Caccia delle Tigri allo specchio


“ Sopra l’autunno curiosissima è la caccia alle tigri ingannate dagli Specchi come usarono, per ritardarle dal rapido corso in perseguitare i Cacciatori, e ricoverare gl’involati parti; poiche lasciati fra via, uno, o più specchi, la Fiera arrestandosi à quella vana immagine, dà tempo a’ cacciatori stessi portati da velocissimi corsieri con la fuga di salvarli al lido, come appunto ci descrive Claudiano, comparando alla Tigre la furia di Cerere, per la figliuola Proserpina rapita. Vedesi in questa immagine una tigre, che si trattiene in riguardare se stessa nello specchio, e essa resta delusa dalla similitudine. Lo specchio è accomodato ad una base quadrata, ove salito un cacciatore coperto dallo scudo, piega un ginocchio, e vibra l’asta per colpir la fiera. Vi sono appresso tre altri cacciatori uniti insieme parimenti piegati à Terra con gli scudi, e con l’haste; e sei altri dall’altro lato in piedi unitamente chiusi con gli scudi; uno dè quali percuote un’altra Tigre caduta a Terra. In questa immagine le Tigri non corrono per ricuperare i parti involati, come habbiamo veduto avanti nella tavola XV. Ma pare che con questo inganno li Cacciatori le ferischino, per prenderle, ò per ucciderle con fine di acquistar le pelli”.

Questi affreschi sono spariti nel nulla e anche altri affreschi furono trafugati senza tenere in considerazione che il sepolcro rupestre fu gravemente danneggiato a causa delle demolizioni che sconvolsero la città tra la fine dell’800 e i primi del ‘900…. Società Generale Immobiliare ……
Un affresco si trova al British Museum di Londra ma ci sono da fare delle considerazioni…. L’Affresco rappresenta il “Ratto di Proserpina” e fu descritto  dal Bartoli.
Nel maggio del 1825 Antonio Nibby ( Roma, 4 aprile 1792 – Roma, 29 dicembre 1839), storico, archeologo e topografo, visitò il Sepolcro dei Nasoni. Riconobbe sulle pareti alcuni dei quadri riprodotti nelle incisioni del Bartoli. Tra questi affreschi, nel terzo pannello del fregio  sulla parete destra, vide la scena del Ratto di Proserpina.  C’erano anche cinque frammenti di affreschi che si erano staccati al soffitto e che finirono nel mercato dell’antiquariato…..
 Nel 1883 l’affresco del Ratto di Proserpina venne staccato e acquistato dal British Museum. Altri affreschi furono staccati ma non sono riuscito a ricostruire la “via di fuga” e la loro relativa collocazione attuale.
La descrizione del Bartoli in merito all’affresco del “Ratto di Proserpina”  fu così riportata:



“Il Ratto di Proserpina viene espresso in questa immagine com’è solito negli antichi marmi con Plutone num. 1 che à forza la rapisce, e l’abbraccia nel carro tirato da quattro velocissimi neri Cavalli incitati ferocemente al corso. Prosepina .2 si lagna, e stride agitata, e dolente col volto avverso, e con li capelli sparsi, e aprendo al cielo il braccio, e la palma, come và ben descrivendo Claudiano. Corron Alcastore, e gli altri Cavalli Infernali, 3 già pervenuti alla spelonca di Averno .4. Colui, che avanti regge le redini de’ Cavalli 5. è Mercurio Infero, come si riscontra ne gli antichi marmi, che la medesima favola rappresentano. Sotto di essa vollero intendere la discesa dell’Anime all’Inferno, come spiega Sallustio Filosofo, onde Plutone nel condurvi i popoli fu chiamato (Ploutonion, Porta dell’Inferno ?), à cui erano consacrate l’Inferie, ò siano sacrifici de’ Morti. Così le lamentazioni, e ‘l pianto ne’ funerali imitavano il lutto di Cerere, e perciò nelle Arche sepolcrali si vede scolpito il Rapimento della medesima Proserpina, e ‘l duolo della Madre, che con le faci ardenti tirata nel carro dà due Draghi, và cercando la figliuola rapita, secondo habbiamo esposto nel libro de’ medesimi vestigi”.

L’affresco su descritto si troverebbe al British Museum di Londra con la seguente scheda tecnica:
datazione: II – III sec.d.C.;
Provenienza: da Roma – Tomba dei Nasoni – Parete destra – 3° Pannello;
Tipologia: Pittura Parietale;
Tecnica; Affresco Staccato;
Dimensioni: (71 x 98 )cm
Soggetto: Plutone Rapisce Proserpina sul suo carro.

In questo affresco “staccato” lo schema è tradizionale.
Plutone è su una quadriga e porta con sé Proserpina. I cavalli sono marroni, i primi due più chiari. Il carro è verde con ruote verdi-marroni. Il corpo di Plutone è anch’esso marrone e indossa un mantello viola, ombreggiato di verde. Proserpina è più chiara e indossa un drappo giallo. Il terreno su cui corre il cocchio presenta varie sfumature che vanno dal verde-grigio fino al marrone. Dietro lo sfondo è chiaro.


Nei disegni di Bartoli è raffigurato anche Mercurio, con caduceo stretto in mano ed elmo alato sul capo, che guida la quadriga. Nell’affresco del British Museum è assente e tutta la rappresentazione, anche nell’ambientazione, ha delle notevoli differenze. Forse fu staccato solo la parte del mosaico che raffigurava Plutone e Proserpina sul carro e non l’affresco intero ?
Il Cohen, in un suo saggio del 2010,  affermò che spesso gli artisti nelle copie aggiungevano dei dettagli. Secondo questa tesi il Bartoli aggiunse Mercurio, il paesaggio alle spalle di Plutone e Proserpina e anche la spelonca. È da accettare questa tesi ?  Un dato è certo.. tra trafugazioni, perdite e distruzioni.. degli affreschi originarie è rimasto ben poco… un patrimonio culturale perduto…


La distruzione dei giardini romani diventò un caso internazionale che si ampliò dopo la caduta di Villa Ludovisi. I giornali europei gridarono: “Gli italiani stanno distruggendo Roma”. (Ferdinand Gregorovius e Herman Grimm nei primi mesi del 1886 sulla stampa tedesca).


Gli storici, gli artisti parlarono di “delitto contro l’umanità”.
Il pittore francese Ernest Hebert (Grenoble, 3 novembre 1817 – La Tronche, 5 novembre 1908), direttore dell’Accademia Francese a Villa Medici, inviò al comune di Roma un suo dipinto dal titolo “Roma Sdegnata”.


Grimm sul suo opuscolo “Distruzione di Roma” scrisse con toni romantici un inno in memoria di Villa Ludovisi: “il luogo più bello della terra….inveì contro la  “barbarie italiana” che minaccia la Città Eterna…dove un tempo si scozzonavano i cavalli, dove brucavano le pecore, dove giacevano rovine romane o giardini barocchi, ora sorgono file di colossali case a sei piani senza nessuna architettura, intese soltanto a dar ricovero agli uomini e in mezzo a quelle le immense caserme dei carabinieri…In qualunque cantiere voi andiate, o si smuove o s’agguaglia il terreno per guadagnar lotti fabbricativi, o già sorgono nuove case, o le vecchie si demoliscono. File interminabili di carri, portando scarichi o materiale da costruzione ingombrano le vie e le riempiono di strepito e di sudiciume. Torme d’operai forestieri s’aggirano dappertutto….Un’incomoda agitazione ha preso il luogo dell’antica quiete”.

Hermann Grimm continuò:

 “Bellissimi viali ombrosi di querce e di allori, qua e là frammezzati da alti e grossi pini, tranquillità e aria balsamica facevano della villa Ludovisi uno di quei luoghi di Roma ch’erano nominati per primi quando si discorreva degli incanti della Città Eterna. Si, io credo che se si fosse domandato quel era il più bel giardino del mondo, coloro che conoscevano Roma avrebbero risposto senza esitare: villa Ludovisi.
Fra le cose che, divenendo Roma capitale d’Italia, venivan prima in mente a quanti conoscevano ed amavano Roma, c’era la speranza che quei giardini, con le belle fabbriche e con le stanze e i quadri in esse contenuti, diventassero di dominio pubblico e fossero facilmente accessibili. Predire che sotto il nuovo Governo la villa dovesse andare distrutta, come oggi accade, e gli allori, le querce, i pini abbattuti, come oggi li vedi abbattere, sarebbe stata una offesa che neanche il più acerbo nemico della nuova Italia avrebbe osato recarle, perché sarebbe sembrata un’enorme follia.”
La follia fu purtroppo realizzata e non fu la sola. Scomparvero la Villa Massimo agli Orti di Sallustio, La Spithovr e Grimm le elenca tutta.. occupando una buona mezza pagina di ville distrutte…
Insolera fece una critica  esprimendo come “ Roma abbia perso una occasione di migliore crescita, che avrebbe anticipato di mezzo secolo il concetto di Gree Belt proposto da Abercrombie nel piano della Grande Londra.. Questa eccezionale fascia verde sarebbe servita ottimamente a collegare il centro vecchio di Roma con una nuova città residenziale al di là delle ville, tenendo separate le differenti funzioni urbane e le diverse scale edilizie. (….) Si poteva evitare la demolizione di tanta incomparabile bellezza accumulata da papi e principi in più di quattro secoli ? Se si fossero eseguite le disposizioni del piano regolatore dell’ 83 tutte le ville tra Castro Pretorio e Porta Pinciana sarebbero state risparmiate e tra loro anche la più bella di tutte, Villa Ludovisi (….). Ma i piano regolarori a Roma sembrano essere sempre esistiti solo per dividere le opere in due categorie: quelle dentro al piano e quelle fuori. Realizzabili poi tutte quante indifferentemente e quasi sempre prima  e più facilmente quelle fuori”


Il Casino dell’Aurora è l’unico monumento rimasto di questa gloriosa villa.
Oggi al posto della villa, Via Veneto e il quartiere Ludovisi le cui strade, in parte, corrispondono a quelle che attraversavano il giardino, tra queste Via Boncompagni.
Il Principe di Piombino, Rodolfo Boncompagni Ludovisi, dopo la lottizzazione della villa, subì l’esproprio dell’antico Palazzo Piombino che si trovava su Via Del Corso (Galleria Colonna).  Decise di costruire tra il 1886 ed il 1890, su progetto di Gaetano Koch, Palazzo “Margherita”, nel terreno residuo di Villa Ludovisi. La nuova costruzione inglobò (nel retro) il vecchio fabbricato “Palazzo Grande” (ex proprietà Orsini) e che fu il primo nucleo della villa Ludovisi. Gli alberi che allo stato attuale sono visibili attorno a Palazzo Margherita, sono i residui dell’antico e bellissimo parco.


Alcuni siti riportano una notizia secondo la quale l’immobile fu affittato da casa Savoia per insediarvi Bela Rosin, la compagna di Vittorio Emanuele III.
La notizia è da scartare per vari motivi:
1-      Palazzo “Margherita” fu costruito tra il 1886 ed il 1890;
2-      Re Vittorio Emanuele II morì, a causa di una polmonite, il 9 gennaio 1878;
3-      Bela Rosin morì il 26 dicembre 1885;
4-      Il re acquistò a Roma la Villa Mirafiori dove andò a vivere la Belin con i suoi due figli avuti dal re

Villa Mirafiori
Dal 1980 sede del Dipartimento di Filosofia dell’Università La Sapienza
Il parco della villa su sistemato dal giardiniere di Casa Savoia, Emilio Richter, secondo il gusto
inglese. Comprendeva due laghi, un’uccelliera proveniente dai giardini del Quirinale, una serra con piante rarissime. Del parco rimane oggi ben poca cosa se non degli alberi di cedro. Il parco fu ridotto nel 1910
per l’allargamento della Via Nomentana.

Bela Rosin, ovvero Rosa Vercellana, e Vittorio Emanuele II vissero un amore intenso che durò per molto tempo. Un amore forte ma soprattutto pacato, domestico, familiare. La Rosin seguiva sempre il suo compagno negli spostamenti  di città in città. Un amore che fece tanto scalpore e che vide anche  personaggi politici come Cavour contrari  al legame del re.
Vittorio Emanuele II dal 1855 era vedovo di Maria Adelaide e contrasse con la sua compagna Bela Rosin le nozze morganatiche (ovvero senza comunione di beni e riconoscimento dei titoli) in  “articulo mortis” nel 1869 quando il re a causa di una malattia era stato dichiarato in fin di vita.


Rosa Vercellana, Vittorio Emanuele II e i
figli Emanuele Filiberto e Vittoria Guerrieri

L’immobile fu acquistato da Casa Savoia nel 1900 per ospitare la Regina Madre Margherita vedova di Umberto I (attentato di Monza).
Nel 1931 diventò la sede dell’Ambasciata Usa e nel 1946 fu acquistato dallo Stato Americano.


L’ultima parte del Seicento è rivolta all’Orto Botanico che fu voluto sempre da Alessandro VII Chigi. Orto Botanico che dal Lungotevere fu spostato alle spalle del Fontanone, sul Gianicolo. Un posto incantevole ma non adatto per le piante e per le persone. Il direttore dell’Istituzione, Poggioli, così scriveva:” Posto com’è sulla Cima del Gianicolo, fa guerra ai comodi e alla salute dei suoi amatori, onde da sé allontana anziché invitarli a godere delle sue bellezze. Esposto alla tramontana non può non piangere bene e spesso la rovina dei suoi prodotti”.  Sarà spostato più volte nel corso del XIX secolo.
***********
L’attività della “Dogana della Grascia” era regolata da un  corposo volume di regolamenti.. che avevano come obiettivo la regolamentazione del commercio e delle attività produttive. Si tratta di diverse centinaia di emendamenti.. ne pubblicherò solo alcuni.






n. 181
“che ogni volta parerà al Governatore di detta Dogana, che la denuncia della Vendita, e compra sia inferiore al giusto prezzo, sia lecito al medesimo fare riconoscere e stimare il bestiame dalli due soliti Stimatori della Dogana, e se la stima, che questi faranno sarà maggiore del prezzo denunciato, in tal caso la Gabella dovrà pagarsi secondo detta stima fatta dalli suddetti Stimatori di Dogana”

n. 182
“che non sia persona alcuna, che ardisca andare, o mandare incontro al Bestiame di qualunque sortasi sia, grasso, o minuto, che viene in Roma per vendersi in Campo, tanto dentro, come fuori le porte di Roma, per comprare, o contrattare detto Bestiame, ma quello debbano lasciare condurre in Roma in Campo Vaccino, sotto la pena al Compratore di scudi 50 per Bestia grossa, che comprerà, o contratterà, e di scudi venticinque per Bestia minuta, ed al Venditore della perdita delle Bestie, e di scudi dieci per Bestia, ed oltre pene corporali a nostro arbitrio”.

n. 183
“che tutti li Macellari di Roma, che condurranno, o faranno condurre in essa Città Bestiame di qualsivoglia sorte minuto, o grosso, che sia di loro Massarie, e che entrerà in capata, non lo possono menare, o far condurre alli loro Macelli, ma debbano prima condurlo, o farlo condurre in Campo, e quello farlo vedere, e riconoscere dai Ministri di detta Dogana, sotto pena di scudi 50 di oro per ciascuna volta, oltre la perdita di esso Bestiame, ed altre pene corporali a nostro arbitrio”.

n. 185
“che li Custodi delle Porte di Roma ogni volta, che entrerà bestiame in Roma di qualsivoglia sorte grosso, o minuto, siano tenuti, e debbano con ogni diligenza contarlo, e scriverlo nelli loro Libri; che gli vengono per tale effetto consegnati, e farne la bolletta, come si è detto, della qualità e quantità giusta, e gli Agnelli, anche quelli che sono piccoli li debbano scrivere per Agnelli nelle Bollette, e Libri, ed il Bestiame Porcino debbano tutto scriverlo per Porci, e non Porcastri, e similmente l’Asseccaticcie le debbano scrivere per Bestie grosse, ma li Ciavarri per Ciavarri, e li Castrati per Castrati, e ciò a fine, che non si commettano frodi in iscriversi, e farsi rispettivamente scrivere una specie di Bestiame per un’altra, e sotto pena della privazione dell’officio, ed altre a nostro arbitrio, e li Padroni, di esso bestiame, che da ciò si sentissero gravati, debbano far vedere, e riconoscere il detto Bestiame dalli suddetti Stimatori di Dogana, quali con detta assistenza del Governatore dovranno con tutta esattezza farne la distinzione, ed accomodare le Bollette suddette fatte da detti Custodi delle Porte, secondo la vera qualità del medesimo Bestiame per potersi regolare il pagamento della Gabella per quello, che detto Bestiame dovrà giustamente pagare”

( “Asseccaticcie”  ovvero il Bufalo Mediterraneo dallo svezzamento ai 12 mesi.
( “Ciavarro” e “Ciavarra” indicano rispettivamente l’agnellone maschio e femmina di 12/18 mesi)

n. 189
“che nessun Mercante, o Macellaro, tanto di Roma, che di fuori, ardisca far entrare di notte in Roma, cioè dalle 24 ore della sera sino all’Alba del giorno, qualsivoglia sorte di Bestiame ma debbano aspettare il giorno per poterlo assegnare al Custode di quella Porta, dove entrerà sotto pena della perdita degli Animali, che saranno entrati di notte, e di scudi 50 per ciascuna Bestia grossa, e scudi cinque per ciascuna Bestia minuta, e per ciascuna volta, che si contraverrà, ed il Portinaro Custode, che le lascerà passare, incorra oltre la privazione dell’offizio in altre pena anche corporali a nostro arbitrio”.
n. 195
“ e per ovviare alle Fraudi, che possano commettersi in pregiudizio di detta Dogana dalli Carrari, che menano Bovi, o Bufale con il Carro, o Giogo, dè quali non se ne fa Bolletta alla Porta per il continuo entrare, ed uscire, che fanno: pertanto ordiniamo, e comandiamo a ciascheduno di detti Carrari, e loro Padroni, tanto di Roma, che del suo Distretto debbano notificare al Governatore di detta Dogana, e Ministri a ciò deputati quali non possano prendere emolumento alcuno, quante Bestie tengano, ed in che luogo, e con qual Merco sono segnate per detto servizio di carreggiare Legne, Legnami, Grani, Vini e qualsivoglia altra cosa, quale assegna debbano fare ogni sei mesi di ciascun anno, cioè nel mese di Maggio, e di Novembre, sotto pena a chi contraverrà, e non accusasse il giusto numero di dette Bestie da Carreggio di scudi cinquanta per ciascheduna Bestia, ed altre a nostro arbitrio, oltre la perdita delle Bestie  non accusate”.
n. 199
“che non sia lecito ad alcuna persona, comprato che avrà in detto Campo Vaccino nei soliti giorni, che vi si farà Mercato, Bestiame di qualsivoglia sorte, grosso o minuto, si per vita, come per Macello, levare, o far levare da detto Campo, poco o assai di detto Bestiame, che avrà comprato, senza averlo di prima assegnato in detta Dogana, e senza licenza del Governatore, o Ministri a ciò deputati, e senza prima aver pagato la debita Gabella che importerà il Bestiame compreso, sotto pena, oltre la perdita del medesimo Bestiame, di scudi dieci per ciascheduna Bestia, e volta, che si contraverrà”.



Preventivo delle Spese occorrenti per l’anno 1850 di gennaio
Rapporto sulla Dogana della Grascia sul dazio Consumo di Liquidi,
foraggi e quello sul pesce fresco







Paolo Anesi (Roma 1697-1773) - Paolo Monaldi (Roma 1704-1780)
1760-1770 circa -  olio su tela - (74 x 99,5) cm




















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