La Roma di una volta….. Campo Vaccino – Le Olmate – Le Ville Patrizie ….
Con
il termine di “Campo Vaccino” s’indicava nel XVI - XVII secolo l’area degli
antichi Fori Imperiali di Roma.
L’area
era abbandonata ed adibita a pascolo ma anche al passeggio e al ritrovo. Era
circondata da chiese, monumenti ed erano anche ben visibili le antiche rovine
che affioravano dal terreno. Per questi suoi aspetti l’area riusciva ad
imprimere al visitatore un suo particolare fascino ben lontano dalle
ristrutturazioni e capovolgimenti urbanistici che segnarono la città nei secoli
XIX e XX. Riporto una serie di raffigurazioni che spero riescano a dare
sensazioni piacevoli legate alle immagini di una Roma d’altri tempi.
Veduta di Campo Vaccino, 1750 circa,
opera di Giovanni Battista Piranesi definito il “Rembrandt dell’Archiettura”. A
sinistra dell’immagine è raffigurato l’arco di Settimio Severo. Alle spalle
dell’arco parte una bellissima alberata di olmi che si concludeva davanti all’arco
di Tito , appena percettibile in fondo. A sinistra, sullo sfondo è visibile il
Colosseo.
(foto dal sito: http://www.pierotrincia.it/IT/2959/Veduta-di-Campo-Vaccino---Giovan-Battista-Piranesi.html)
(foto dal sito:
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/tag/campo-vaccino/page/2)
Campo Vaccino –
Mercato delle Vacche - fine 800
In primo piano le
tre colonne del Tempio dei Dioscuri e sullo sfondo la Basilica di Massenzio.
A destra delle
colonne si nota il profilo della Chiesa di Santa Maria Liberatrice che
fu demolita nel
1800 per riportare alla luce un antico edificio di culto di Santa Maria
Antiqua,
un vero gioiello
risalente al VI secolo d.C,
https://www.capitolivm.it/meraviglie-di-roma/santa-maria-antiqua-un-gioiello-della-cristianita-nascosto-nel-foro-romano/
Santa Maria Antiqua
(foto dal sito:
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/22473/foro-romano-9)
Il
termine “Campo Vaccino” appare nella Bolla Pontificia di papa Sisto V del 1589.
Un appellativo legato al mercato dei bovini che vi si svolgeva e che era
regolato dal “Governatore della Dogana di
Campo Vaccino” dove era ubicata la “Dogana
della Grascia”.
Cosa
significa il termine “Grascia” ?
Secondo
gli statuti della città di Roma, risalenti al XIV secolo, “grascia” indicava.. “intelligatur granum, farina, ordeum, mileum,
legumen et omne genus bladi, carnes, untum, oleum, vinum”.
.. "è un
grano, farina, orzo, miglio, e ogni tipo di legume, mais, carne, renne, olio e
vino." (“renne” starebbe per cervi..daini ?)
Si
tratta di elementi che entrano nel vocabolo “grascia” ovvero un termine che si trovava negli statuti dei
principali comuni dell’epoca. Statuti che regolavano gli approvvigionamenti
alimentari della città. Ci troviamo in presenza di regole annonarie che
favorivano l’importazione e nello stesso tempo vietavano l’esportazione e
disciplinavano la vendita nell’interno del comune. Era proibito il trasporto
dei prodotti da un luogo ad un altro ed era imposto che “dovessero essere consumati nel luogo in cui erano stati raccolti,
tranne che fossero diretti verso la città che era sempre preferita al contado”.
Nei
centri più importanti fu istituito un corpo di ufficiali “grascieri” che erano
preposti all’ispezione delle strade e
delle rive dei fiumi navigabili. Un servizio decisamente importante che veniva
spesso affidato al capitano del popolo. L’esportazione dei prodotti era
consentita solo nei casi di esuberanza. Il divieto assoluto di esportazione
restava in vigore per il pane, per il pesce, per la carne. Una norma che vedeva
in primo piano la tutela del consumatore che era ritenuta come un dovere da
parte dei governanti in un’epoca in cui erano frequenti le carestie che
favorivano una spietata speculazione da parte di intermediari che agivano a
danno del popolo.
(Nelle
note sono riportate delle notizie sulla “Dogana della Grascia”, sulle regole e
alcune immagini che riprendono antichi documenti sulle spese sostenute dalla
Dogana nel 1850).
Campo Vaccino –
1868
https://www.pinterest.es/pin/385620786830857123/
Purtroppo l’area fu oggetto di spoliazioni dei
preziosi reperti sin dal XVI secolo, regno di Paolo III Farnese. Il pregiato materiale
archeologico fu riutilizzato per scopi edilizi. Una “trafugazione” che durò
sino al XVIII secolo, e non per provvedimenti giuridici, ma perché il materiale
cominciò a scarseggiare. Solo nel periodo dell’occupazione napoleonica e
successivamente con il pontificato di papa Pio VII, si decretò la fine del
mercato e l’inizio dei lavori di scavo nel Foro. Lavori di scavo che
soprattutto nel XIX secolo videro importanti studiosi impegnati nelle ricerche
tra cui Luigi Canina. L’area non fu più adibita a pascolo e a mercato o fiera
di animali.
Campo Vaccino in
un disegno del’ 600 di Claude Lorrain.
Al centro del
dipinto è visibile l’antica fontana con il mascherone. Il Colosseo è sullo
sfondo.
Claude Gellè detto
Lorrain o anche Claudio Lorenese (Champagne, 15 dicembre 1600 – Roma, 23
novembre 1682.
Dal 1840 la sua
salma riposa nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Sulla sua tomba
l’epigrafe:
“Rappresentò in modo meraviglioso i raggi del sole all’alba
e al tramonto sulla campagna”
Quando la statua di Marforio dal Campo Vaccino
fu trasferita al Campidoglio, fu rinvenuta un’enorme vasca rotonda di granito
che probabilmente accompagnava la statua e forse parte integrante di una
fontana romana.
(La freccia indica
il luogo dove si trovavano la statua di Marforio e la vasca di granito)
Statua di Marforio
– I secolo d.C. –
Raffigura
probabilmente il dio Nettuno, l’Oceano o il Tevere. È una delle sei statue
parlanti di Roma –
È conservata nei
Musei Capitolini.
La vasca fu lasciata nel Foro dove fu
trasformata in un abbeveratoio per il bestiame. Come bocca d’acqua fu posta un
bellissimo mascherone opera dello scultore Giacomo della Porta, celebre
“fontaniere” della fine del ‘500.
(Campo Vaccino con
la vasca e il mascherone – Disegno di Stefano Della Bella – 1626)
http://www.bollettinodarte.beniculturali.it/opencms/multimedia/BollettinoArteIt/documents/1437568590178_06_-_Maranini_14.pdf
(il mascherone
nell’ubicazione attuale)
Nel 1816 la vasca aveva perso la sua funzione
originaria e si era riempita di terra. Papa Pio VII decise di trasferirla in un
luogo più idoneo cioè sotto la statua dei Dioscuri davanti al Palazzo del
Quirinale. L’altrettanto pregevole mascherone fu riutilizzato per decorare un
piccolo sarcofago-beveratoio sulla riva del Tevere opposta a San Giovanni de’
Fiorentini. Circa 70 anni dopo, a causa della costruzione dei muraglioni a
protezione delle piene del Tevere, fu nuovamente smontato e messo in magazzino. Nel 1936 fu “riscoperto” e venne finalmente
collocato in un’altra vasca sull’Aventino, addossato al muro della Rocca
Savella di fronte alla facciata della Basilica di Santa Sabina, in piazza
dell’Illiria.
(Il mascherone
nella sua collocazione al Porto Leonino dal 1827 alla fine del Novecento)
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/103991/porto-leonino-3
(La vasca di
granito posta sotto i Dioscuri)
Nel
Campo Vaccino erano presenti delle chiese. Di fronte alla fontana si trovava la
chiesa di Santa Maria Liberatrice al Foro Romano che venne demolita, come
abbiamo visto, nel 1900 (si trovava adiacente alle tre colonne del famoso
tempio dei Càstori).
La
chiesa dei Santi Luca e Martina è invece ancora esistente. Ubicata accanto
all’Accademia di San Luca che fu demolita nel XVII secolo per essere trasferita
a Palazzo Carpegna.
(Campo Vaccino - Cornelius
Van Poelenburch
pittore, incisore,
ecc.
Utrecht, 1594/95 –
Utrecht, 12 agosto 1667
Attivo a Roma dal
1617 al 1625
Olio su rame – (40
x 50)cm – Museo del Louvre)
https://it.wikipedia.org/wiki/File:View_of_the_Campo_Vaccino_1620_Cornelis_van_Poelenburch.jpg
Campo Vaccino nel 1844
Thomas Hartley Cromek (England; 8/8/1809 – 1873)
Campagna Romana –
Costumi
Nel
Campo Vaccino c’era un Crocifisso ligneo del 1400 che Pio IX fece trasferire
nel Carcere Mamertino, in una cappella ricavata in un vano dell’antico “Carcer”
e sottostante alla Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.
La predica di Pio
IX in occasione dello spostamento del Crocifisso ligneo da
Capo Vaccino alla
Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.
Michelangelo
Pacetti (Roma, 26/12/1773 – Roma, 1/4/1865)
Il miracoloso
Crocifisso ligneo dell’ 400 che dal Campo Vaccino fu spostato per essere
collocato sopra
l’ingresso del “Carcer”. Successivamente fu collocato prima in un vano
dello stesso
“carcer” e poi nella soprastante Chiesa di San Giuseppe ai Falegnami.
Il
Campo Vaccino era adiacente al palazzo Senatorio a cui era collegato grazie ad
una strada piuttosto ampia e carrozzabile. Sull’area si affacciavano gli
edifici posti sul versante Sud del Colle, come la Torre di Niccolò V, ed oltre
al già citato mercato e pascolo dei bovini, si svolgeva un antica
manifestazione detta “sassaiola”. Si trattava di una vera e propria battaglia
con lancio di sassi (“rocci”) tra i
ragazzi, “bulli” dei vari quartieri.
In particolare era una gara tra i “bulli”
di Trastevere e quelli del Monti.
Sassiaiola fra "bulli"
https://eholgersson.wordpress.com/2017/09/23/g-zanazzo-er-grevetto-de-li-monti-e-la-storia-del-bullo-romano/
Campo Vaccino – 1839
Joseph Mallord William Turner
Olio su tela – (90
x 122) cm – Getty Museum Los Angeles
Veduta del
Colosseo da Campo Vaccino
Gaspar Van Wittel
Olio su tela del
1711
http://mostreemusei.sns.it/index.php?page=_layout_mostra&id=815
Nel Campo Vaccino c’era una bellissima
alberata che fu piantata da papa Alessandro
VII Chigi nel 1656. Un scenario da
favola. L’antica e prestigiosa Via Sacra fiancheggiata da olmi che partivano dall’Arco di Settimio Severo per giungere all’Arco
di Tito. Fu distrutta nei primi anni
dell’800 per gli scavi archeologici ma fu subito ripristinata da un altro papa,
Pio IX nel 1855. Ebbe poca durata perché alla fine dell’ottocento anche questa
alberata venne distrutta.
(Olmata di Campo
Vaccino – Foto del 1863)
L’Olmata - 1856
Campo Vaccino con
la famosa alberata di olmi. Dipinto del 1787 –
Albert Christoph
Diesin (Hannover, 11 febbraio 1755 – Vienne, 29 dicembre 1822)
Pittore,
compositore e biografo - Lower Saxony State
Museum
Fu
papa Alessandro VII Chigi a realizzare nel 1656 le prime alberature dando delle
precise direttive: “ siano olmi, veda
d’onde cavarsi il denaro”. L’Olmata di Campo Vaccino fu sacrificata per gli
scavi archeologici. Fu reimpianta da Pio IX ma successivamente distrutta alla
fine dell’800. L’olmo era legato alla chiesa e ai Pontefici per una lunga
tradizione. Davanti ad ogni parrocchia di campagna si piantava un olmo.
Un’altra
olmata congiungeva le due basiliche di San Giovanni in Laterano e di Santa
Croce in Gerusalemme. Fu piantata nel 1743 dopo che l’avvallamento esistente
tra le due basiliche fu colmato. Questi olmi furono tagliati con… estrema
urgenza durante la Repubblica Romana per la costruzione di barricate difensive
!!!!!!! Entrarono in disgrazia con i Savoia che non vollero recedere dai loro
propositi e alla fine dopo lo scempio piantarono dei platani….
(San Giovanni in
Laterano 1790 circa
Giacomo Giovanni
Van Lint (Roma 1723 – Roma 1790)
https://www.romasparita.eu/foto-roma-sparita/114557/san-giovanni-laterano-7
(San Giovanni in
Laterano, 1860 circa)
Anche
l’olmata dei Cappuccini venne sacrificata per l’apertura di Via Veneto. Olmi
che, a quanto sembra, davano fastidio agli artisti che numerosi avevano i loro
atelier nella zona. Non riuscivano ad avere più la luce a causa delle folte
chiome degli alberi.
Piazza Barberini –
Anno 1865
Sullo sfondo
l’olmata di Via Veneto e la Chiesa dei Cappuccini
https://www.pinterest.it/pin/292452569537499729/
Strano
destino per Roma che con il suo verde e le testimonianze archeologiche
affascinava i visitatori e gli artisti. Era l’anno 1622 quando il Cardinale
Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV, acquistò la vigna Del Nero che
comprendeva il cinquecentesco Casino
dell’Aurora, detto anche “Casino del Monte” dal nome del proprietario, il
cardinale Francesco Del Monte, che lo acquistò nel 1595. Il Cardinale Ludovisi
acquistò anche la proprietà Orsini con l’antico “Palazzo Grande” che lo stesso
cardinale utilizzò come residenza principale facendolo restaurare dal Domenichino.
http://www.romeandart.eu/it/arte-giardini-ludovisi.html
Successivamente acquistò anche le vigne vicine
che appartenevano ai Cavalcanti, ai
Capponi e agli Altieri. Si formò una proprietà immensa di circa 35 ettari che
oggi è occupata quasi per intero dal rione “Ludovisi”. Il cardinale non volle
alterare la vegetazione dei giardini appartenuti ai precedenti proprietari e
cercò di unire le varie proprietà in modo armonico. Furono effettuati anche dei
lavori di sbancamento e vennero alla luce le due statue con i “Galati” vicino
al luogo dove sorgevano gli “Horti Sallustiani” cioè i famosi giardini del
senatore Sallustio.
Galata Morente
È la copia
marmorea romana di una scultura bronzea attribuita ad Epigono
e risalente al 230
– 220 a.C.. con il “Galata suicida” e con altre opere doveva fare parte
del Donario di
Attalo nella città di Pergamo. Fu commissionata da Attalo I per celebrare
la sua vittoria
contro i Galati. La Copia romana fu appunto trovata durante gli scavi di Villa
Ludovisi all’inizio del XVII secolo. Si trova esposta al Museo Capitolino.
User:Jean-Pol GRANDMONT
Il Galata Suicida
noto anche come Galata Ludovisi
anche questa è una
copia marmorea romana di un originale attribuito all’autore del Galata Morente
e risalente allo
stesso periodo. Venne trovata durante gli scavi di Villa Ludovisi nel XVII
secolo.
Si trova esposta
al Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps
foto di Jastrow
Per la progettazione del giardino sembra che
sia stato incaricato l’architetto francese di Versailles, Andrè Le Nòtre. I
lavori eseguiti furono numerosi. Ornò la
villa con dipinti, affreschi e con statue che furono acquistate da altri
collezionisti come i Cesi, i Cesarini, i Carpi, gli Orsini, i Soderini e gli
Altemps… Acquisti che crearono una collezione di 450 sculture antiche che
furono restaurate dallo stesso cardinale. Questo attirò l’interesse di artisti
e viaggiatori europei come Goethe e Schiller. All’ingresso del piazzale grande
che conduceva al palazzo, due grandi vasi di terracotta provenienti dagli scavi
di San Francesco a Ripa; la bellissima testa di Giunone, ora al Museo di
Palazzo Atemps, che tanto affascinò Goethe: “
è stata il mio primo amore a Roma…. Non vi sono parole, che possono renderne
un’idea: è un canto di Omero”; sulla facciata il profilo di Medusa morente.
Medusa morente ?
Testa
di Giunone - Museo di Palazzo Atemps
La villa era da favola ed è difficile descriverla. Il Cardinale Ludovico
Ludovisi era un infaticabile collezionista
d’antiquariato e riuscirà a creare la visione di un bosco architettonico. Il preesistente
“Casino Capponi”, che si trovava ad oriente della proprietà e posto lungo il
tracciato che proveniva da Porta Salaria, diventò una vera galleria di statue;
il “Casino dei Pranzi o del Guardaroba”, che
sporgeva su via di Porta Pinciana, venne
anch’esso abbellito; il “Casino del Belvedere”, oggi detto dell’Aurora”, fu
internamente affrescato dal Quercino e circondato esternamente da un “ bel teatro di statue antiche” come
testimonia il Roisecco Gregorio nel 1741. I viali della villa formarono un vero
e proprio labirinto con la creazione di giardini a tema: “ delle piante secolari”, “delle piante
esotiche”, “il giardino segreto” con al centro un bellissima voliera….ecc.
L’obelisco oggi al Laterano, proviene dalla
villa Ludovisi quando ancora era villa Orsini. Molti artisti intervennero per
restaurare le antiche opere d’arte tra cui Alessandro Algardi e forse anche il
Bernini. Questo determinò nell’immediato futuro dei problemi soprattutto per la
ricostruzione e l’interpretazione delle opere d’arte che non furono facilmente
risolvibili. Comunque circa un centinaio di opere furono acquistate dallo Stato
Italiano nel 1910 e oggi si trovano nel quattrocentesco palazzo Altemps vicino
Piazza Navona.
Il giardino era costituito da ampi viali arricchiti
da innumerevoli statue di varie epoche.
(Villa
Ludovisi – Giuseppe Vasi –Incisione del 1786)
https://www.romeartlover.it/Vasi189.htm
Chi ha avuto la fortuna di visitare Villa
Ludovisi ha lasciato bellissime immagini. Stendhal raccontò..” era quasi notte, ma abbiamo potuto
ammirare egualmente il celebre gruppo del Bernini “Il Ratto di Proserpina”…Il
Bernini tagliava il marmo con raro talento”. Il gruppo fu eseguito tra il
1661-62 e il cardinale Scipione lo regalò nello stesso anno (1662), al
cardinale Ludovisi, nella cui villa rimase fino al 1908 quando fu acquistato
dallo Stato Italiano ed entrò nella collezione Borghese.
Gian Lorenzo Bernini
– Ratto di Proserpina
https://cultura.biografieonline.it/ratto-proserpina/
D’Annunzio nel suo “Piacere”…” e la villa Ludovisi, un po’ selvaggia, profumata di viole,
consacrata dalla presenza della Giunone cui Wolfang adorò, ove in quel tempo i
platani d’Oriente e i cipressi dell’Aurora, che parvero immortali”.
Villa Ludovisi –
Il Giardino Segreto
http://passatoprossimo.museodiroma.it/il-giardino-segreto-di-villa-ludovisi/
(Villa Ludovisi
– G. B. Piranesi – 1748)
Henry James, un altro illustre visitatore
della villa: “Certamente non c’è nulla di
meglio a Roma, e forse nulla di così bello. I prati e i giardini sono immensi e
il grande arrugginito muro della città si stende dietro ad essi e fa che Roma
appaia vasta senza ch’essi sembrino piccoli. La dentro v’è tutto: viali oscuri
sagomati da secoli con le forbici, vallette, radure, boschetti, pascoli,
fontane riboccanti di calami, grandi prati fioriti, punteggiati qua e
là da enormi pini obliqui. Il luogo è una rivelazione di quel che l’Italia
e il maggiorasco possono fare uniti.”
Villa Ludovisi –
Copia in acquerello,
datata 1818, di un originale di Thomas
Bowles del 1750 circa
http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2013/09/barbarie-nella-roma-di-fine-800.html
Come
mai la villa fu distrutta ? Sono
rimasti, come vedremo, il “Casino dell’Aurora” affrescato dal Guercino e il
Palazzo Grande che è stato inglobato nel Palazzo Margherita oggi sede
dell’Ambasciata USA…
Un
patrimonio naturalistico…un orto botanico con 250 varietà di piante sparito nel
nulla assieme a un numero mai precisato di statue, sarcofagi, bassorilievi, ecc
Cardinale Ludovico
Ludovisi
(Bologna, 27/10/1595
– Bologna, 18/11/1632)
https://it.wikipedia.org/wiki/Ludovico_Ludovisi
Con
la morte del cardinale Ludovisi la villa passò per eredità ai Boncompagni,
principi di Piombino e duchi di Sora.
Villa Ludovisi –
Pianta Planimetrica
Siamo
nel 1885… ..l’ora della villa era ormai
segnata… il principe Boncompagni Ludovisi aprì i cancelli della sua villa a
Theodor Mommsen. Mommsen era uno storico
tedesco e il principe gli consegnò una raccolta di dagherrotipi che riprendevano
il viali della villa con le innumerevoli e lussureggianti piante (lecci,
cipressi), le statue pagane, i giardini segreti, gli orti, i frutteti, tutte le
meraviglie dell’immenso parco. “Conservi
queste immagini… perché la mia villa dovrà scomparire”. Lo storico tedesco
rimase esterrefatto.
Don
Rodolfo Boncompagni Ludovisi aveva appena stipulato una convenzione con la “Società
Generale Immobiliare” per edificare un quartiere residenziale sui suoi terreni.
Piano d’intervento
urbano per il nuovo quartiere Ludovisi presentato
alle autorità
cittadine dalla piemontese “Società Generale Immobiliare di Lavori
di Utilità
Pubblica ed Agricola” –
La Società passò
nel 1968 sotto il controllo dell’avv. Michele Sindona)
Il
principe aveva probabilmente bisogno di realizzare delle somme di denaro e
sfruttava la “febbre” edilizia dell’epoca. Il piano regolatore prevedeva la
conservazione della villa e l’agenzia immobiliare pagava bene ed era
l’occasione per il proprietario di avere a disposizione subito delle somme di
denaro.
Il governo già nel 1884,
per tramite del Ministro dell’Interno, si era proposto per l’acquisto di una
parte del giardino per costruire il nuovo complesso del Parlamento (Camera,
Senato, Aula Magna per le allocuzioni reali). La trattativa si prolungò e il
principe aveva la necessità immediata di vendere
senza attendere oltre. Si rivolse quindi al Comune di Roma che allora era retto
dal principe Leopoldo Torlonia. Lo stesso principe Boncompagni Ludovisi
prospettò al Comune la possibilità di creare sulla villa un vasto quartiere
alto-borghese. Il municipio non diede una risposta e nello stesso tempo suggerì
il procedimento per superare il problema del vincolo che ricadeva sulla
prestigiosa villa. I lavori stradali e fognari relativi alla lottizzazione
sarebbero stati a carico dei privati. La Società Generale Immobiliare si
assunse l’onere della costruzione delle strade e della vendita dei lotti. Il 29 gennaio 1886
venne firmata la convenzione triangolare tra Don Rodolfo Boncompagni –Ludovisi,
La Società Generale Immobiliare e il Comune.
Un mattino d’inverno del 1886 la villa, dopo
tanti secoli, fu invasa dai vandali. Livellarono i prati, estirparono le
piante, distrussero i boschi e le fontane e anche le statue, accesero fuochi,
scavarono trincee, lavorarono la calce… tutto andò perduto a causa della
speculazione edilizia di Roma Capitale. Furono venduti oltre 200.000 mq (20
ha).. fu un aberrante taglio di un patrimonio architettonico, storico e
naturalistico senza antecedenti ma che purtroppo proseguì in modo sistematico
anche in altre zone fino a cancellare la bellissima corona di verde che
abbelliva Roma.
https://villaludovisi.org/2013/07/02/the-destruction-of-rome-herman-grimm-1886-on-the-development-of-the-rione-ludovisi/
Già
nel 1885 si era aperto il tracciato delle strade e iniziarono la rimozione
degli arredi senza alcun accorgimento.
Torre di Paolo III
– Demolita nel 1885
https://www.flickr.com/photos/dealvariis/5060040509
Torre di Paolo III
con il Campidoglio - 1852
http://www.flickriver.com/photos/dealvariis/tags/torredipaoloiii/
https://www.pinterest.it/pin/351984527107729081/?lp=true
Ritornando
alla Villa Ludovisi i giornali riportarono le opinioni di illustri stranieri
che parlarono della distruzione definendola “la
sacrilega strage”.
Domenico
Gnoli, poeta e storico romano, di fronte alla fotografia della villa disse: “come un cadavere sul letto funebre…. E gli
antichi cipressi che forse avevano veduto il cavallo di Belisario e l’irrompere
barbarico dei Goti, caddero con la compostezza dei martiri, mentre l’elci (lecci) s’agitavano nelle convulsioni della morte”.
Sul
giornale tedesco “Deutsche Rundschae”: “…
Certo che se si fosse domandato qual fosse il più bel giardino del mondo,
coloro che conoscevano Roma avrebbero risposto senza esitare Villa Ludovisi.
Fra le cose che, diventando Roma capitale d’Italia, venivano in mente a quanti
conoscevano ed amavano Roma, c’era la speranza che quei giardini, con le belle
fabbriche, le statue e i quadri in esse contenute diventassero di dominio
pubblico e fossero più facilmente accessibili”.
( Guglielmo
Mangiarelli – 1846 – 1917
Villa Ludovisi –
12 giugno 1885 – “Una Giornata Triste” –
Museo di Roma)
La Villa Ludovisi
come appare nel Piano Regolatore di Roma del 1883.. ancora intatta.
La Villa Ludovisi nel suo contesto urbano, come raffigurato nel Piano
Regolatore del 1883. Le aree a sud e sud-est colorate in marrone rossiccio e
salmone erano già in costruzione all'epoca
Gabriele
D’Annunzio assistette incredulo alla distruzione della “perla di Roma” perduta per
sempre..” i giganteschi cipressi
ludovisi, quelli dell’Aurora, quelli medesimi i quali un giorno avevano sparsa
la solennità del loro antico mistero sul capo olimpico del Goethe, giacevano atterrati…
Sembrava che soffiasse su Roma un vento
di barbarie e minacciasse di strapparle quella raggiante corona di ville
gentilizie a cui nulla è paragonabile nel mondo delle memorie e della poesia”.
Per
ironia della sorte il ricavato della forte speculazione, che portò nel giro di
circa trent’anni alla costruzione di uno dei quartieri più eleganti di Roma, fu
inferiore alle aspettative. Come riporta con un attenta analisi Salvatore Lo
Leggio, nel suo sito http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2013/09/barbarie-nella-roma-di-fine-800.html, fu appena di
cinque milioni e mezzo, dei quali tre quinti all’Immobiliare e il resto alla
famiglia Boncompagni –Ludovisi.
Nel
1889, a tre anni della stipula del contratto di vendita, il Comune di Roma completò la devastazione di
Villa Ludovisi…
“Nell’Inserzioni a Pagamento della Gazzetta
Ufficiale del Regno D’Italia” –
Num. 204 del 28
Agosto 1889
….” Apertura nuova
strade nel quartiere di Villa Ludovisi….”
Lo
Stato con tanta premura pose la sua perla sullo scempio già effettuato…
proclamò Villa Ludovisi monumento nazionale…….forse nel 1939 .. a distanza di
mezzo secolo…..
I
provvedimenti legislativi che nel tempo hanno caratterizzato i beni culturali,
in termini di protezione, restauro e manutenzione, sono i seguenti:
- la legge 1 giugno 1939, n. 1089, rimasta in vigore
fino all'emanazione del testo unico sui beni culturali del 1999;
- DPR 30 settembre 1963 n. 1409;
- il testo unico sui beni culturali approvato con
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 490, che ha disciplinato ex novo l'intera
materia, accorpando nel suo seno sia i beni culturali che i beni ambientali e
contemporaneamente sopprimendo la legge 1 giugno 1939, n. 1089;
- il D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283, che disciplinava
in gran parte i beni culturali appartenenti alla mano pubblica e che, per la
prima volta, aveva dato corso al tentativo di addivenire sollecitamente
all'inclusione in apposito elenco dei beni non appartenenti ai privati e alle
società commerciali.
Molte opere d’arte, in massima parte reperti archeologici,
andarono perduti e molte finirono nei
musei stranieri.
Nel
1897 una grande statua femminile fu acquistata dalla coppia, Charles Franklin
Sprague e Mary Sprat Sprague, di Boston.
Disegno di J.
Riepenhausen intorno al
1840 della statua
colossale oggi a Boston,
Museum of Fine Arts (foto Istituto
Archeologico
Germanico, cartella 77).
La statua si
trovava lungo le mura aureliane (Viale dei Cipressi ) accanto al sarcofago con
defunti
Foto tratta
dall’album “Villa Ludovisi, a cura di Boncompagni Ludovisi, Roma 1885
La
statua era collocata, assieme ad altre opere d’arte, lungo il viale della villa
che costeggiava la Mura Aureliane. Sculture che probabilmente furono collocate
intorno al 1621- 1633, cioè nella prima fase decorativa della villa e
provenivano da collezioni del 1500 (Cesarini, Altemps, Capranica, Medici,
Cesi), dal mercato d’antiquario (Giovanni e Vincenzo Stampa) e ancora da scavi
eseguiti nell’area della villa.
Dipinto di G.
Mangiarelli
Il quadro presenta
sul retro la seguente dicitura:
“Villa Ludovisi –
Viale dei Cipressi” – 20 dicembre 1886
Olio su legno –
(25 x 32) cm
Giacomo
Pinarolo riportò le meraviglie esistenti nel “Viale dei Cipressi di Villa
Ludovisi. Una descrizione che fu compilata nel 1712: «Vialone dei Cipressi […] il quale termina alle muraglia
di Roma le quali
circondano una parte di esso giardino verso Ponente, co’ uno spatioso stradone
contiguo ad esse
mura, ornato di alcune statue e sepolcri: la gran statua di Valeria Messalina,
quella di Giove, la statua di Epuleio Macrino imperatore, il sepolcro di Marco
Aurelio console e Teodora sua moglie come si legge nella sua iscrizione. Sotto
ad esso sepolcro è posta una singolare statua di un satiro, il busto magnifico
di Alessandro Severo imperatore, un sepolcro con bassorilievo di una battaglia
di marmo orientale con espressione singolarissima».
Una
ricca coppia, la donna era la nipote del ricco William Fletcher Weld e parente
del governatore William Weld. La statua fu spedita e una volta raggiunta
Boston, venne caricata su un carro trainato da buoi e condotta alla tenuta degli Sprague (“Faulkner Farm”)
nel Brookline. La statua, che rappresentava probabilmente Giunone, fu sistemata
in giardino dove rimase per circa un secolo fino a quando non venne acquistata
dal Museum of Fine Arts di Boston. Un acquisto avvenuto nel 2011 grazie alla
generosità di un donatore anonimo e di William Frances Warden Fund.
Una
statua gigantesca, supera i 2 metri d’altezza, ed è la più grande statua romana
negli Stati Uniti.
Ma
non è finita….lo stesso Museum aveva acquistato altri pregiati pezzi della
Collezione Ludovisi tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo. Una
trattativa d’acquisto che fu condotta da
Rodolfo Lanciani (?). il complesso di reperti acquistati era costituito
da cinque teste marmoree tra cui il prezioso busto di Massimino il Trace.
Villa Ludovisi –
Il Viale dei Cipressi lungo le mura della città
Planimetria – da
G.B. Falda
Non
si sa quante opere siano finite nel nulla. Infatti dagli inventari si deduce
che le opere collocate all’aperto vengano considerate di “minor pregio”
rispetto a quelle situate all’interno dei Palazzi. Non furono sottoposte
infatti al vincolo e quindi non furono acquistate dallo Stato Italiano e per la
maggior parte furono….. esportate.
Pianta della Villa
Ludovisi, particolare con
il Casino del
Monte e la Fontana del Bosco
(da G. B. Falda).
Statua
maschile togata velata
Ludovisi,
oggi dispersa; disegno di P. Batoni
(Album Topham, Eton College Library;
foto
Biblioteca).
Rilievo votivo
alla dea Syria, già
Coll.
Cesi-Ludovisi; disegno di G. A. Dosio,
oggi disperso (Palma 1983,
Sarcofago di
battaglia e rilievo votivo a Silvano, già a Villa Ludovisi, disperso
(album Villa
Ludovisia; foto Roma, Museo di Roma)
E tante altre…..
Per
dovere di cronaca c’è da dire che altre ville patrizie sparirono nel nulla
sotto colate di cemento delle case e del bitume delle strade (da Porta del
Popolo a Porta San Giovanni). Ville riportate nei disegni dei viaggi barocchi e
romantici: Massimo, Capizucchi, Nari, Magnani, Patrizi, Altieri, Albani,
Gonzaga, Olgiati, Strozzi, Bolognetti, Rondanini.. e tante altre…
Della famiglia
Patrizi Naro Montoro- Nel 1907 fu venduta all’Amministrazione
delle Ferrovie
dello Stato. L’immobile ha subito tante modifiche e della struttura originaria
non rimane nulla. Nel giardino della villa
un rarissimo albero di canfora. Una pianta rara a queste latitudini. La
villa aveva un Casino dove si trova l’affresco “L’allegoria del carro del sole”
opera di Pannini che oggi è esposto
nella Sala Pannini di Palazzo Madama.
Villa Altieri – Incisione di Giuseppe Vasi
Costruita nel 1660
è casa di villeggiatura del Cardinale Paluzzo Albertoni Altieri.
Manomessa in tuto
è oggi sede di due Istituiti scolastici.
Un sito riporta come il danno maggiore sia legato
alla scomparsa dei
dipinti provenienti dal “Sepolcro dei Nasoni” che fu scavato nel 1674 sulla
via Flaminia e
risalente all’epoca di Marco Aurelio.
https://www.romasegreta.it/esquilino/villa-altieri.html
Ho
cercato con ricerche di avere notizie sugli affreschi del “Sepolcro dei Nasoni”
che sono andati perduti e che si trovano all’interno della Villa Altieri. È
come se mi fossi avventurato nella lettura di un romanzo che ti lascia tanta
amarezza.
Poco
dopo la scoperta del “Sepolcro dei Nasoni”, avvenuta nel 1674 sulla Via
Flaminia, il Cardinale Camillo Massimo, Camillo II e detto anche Camillo il
Massimo (Roma 20 luglio 1620 – Roma, 12 settembre 1677), diede incarico a
Pietro Santi Bartoli (Perugia, 1635 – Roma, 7 novembre 1700) noto pittore,
incisore al bulino ( sottile scappello con punta d’acciaio per particolari
incisioni) e acquafortista, di eseguire i disegni sulla decorazione pittorica
del sepolcro rinvenuto. Un vero e proprio censimento dell’antico edificio, un
sepolcro rupestre risalente agli ultimi decenni del II secolo d.C.
Nella
sua importante relazione il Bartoli scrisse: “ … Si concede che alcune di esse immagini siano condotte con poca
perfezione, ma altre ve ne sono assai perfette di colore, e disegno e tra
queste principalmente la memoria di Ovidio, le vittorie nel soprarco del
nicchio, e li Genis nella volta, dè quali faremo menzione. Il che si può
credere essere avvenuto, perché ad esse pitture non s’impiegarono li Maestri
più eccellenti di quel secolo, anzi riconosconsi eseguite da mani diverse, e
con prestezza, e trascuraggine nel centro di quella grotta. Si che si poteva
abbastanza sofferire l’ardire, e l’ignoranza di alcuni Aristarchi moderni, di
quali senza riguardare né alla qualità stimabili, né al senso erudito delle
immagini, venivano a schernirle, per far onta à gli Antichi. Ma il danno fu che
li colori avendo sentito l’aria, divenuti languidi, cominciarono a sparire, e à
mancare ogni giorno più, staccandoli, e cadendo l’incrostatura da ogni lato
insieme con lo stucco macero, e umido; tanto che l’immagini e gli ornamenti
restano ora quasi estinti, e invisibili.
Fù fortuna che
l’Eccellentissimo Sig. D. Gasparo
Altieri mosso dal nobile genio, che nutrisce verso le bone arti le memorie
Romane della sua patria, ne fece distaccare tre pezzi dal tufo, l’uno de’ quali contiene intiera la favola
di Edipo e della Sfinge, l’altro è un frammento della caccia delle tigri allo
specchio, il terzo è un altro frammento con un Cavallo. Questi sono oggi
esposti alla vista de’ Curiosi nella Galleria della sua Villa Altiera, da sua
Eccell. magnificamente edificata nella via di Santa Croce in Gerusalemme su l’
colle Esquilino”.
Sono
riuscito, non senza difficoltà, a trovare i disegni di quegli affreschi con
relative descrizioni, eseguiti dal Bartoli, che il cardinale Altieri fece
staccare dal sepolcro.
Edipo e la Sfinge
“Finsero che la
Sfinge nel paese di Tebe sedendo sopra un sasso, con umana favella proponesse
a’ Viandanti oscurissimi enigmi, e tale era la legge, che se altri non avesse
saputo interpretarli, restasse dalla Sfinge lacerato, e morto, e che
all’incontro dovesse ella morire, quando alcuno li avesse disciolti. Passando
Edipo saggiamente rispose, e vinse la Sfinge. L’enigma fu dell’animale che hà
quattro piedi il mattino, due piedi à mezzo giorno, tre piedi la sera; ove
Edipo interpretò l’allegoria sopra l’imbellicità dell’humana vita, e
dell’huomo, il quale non reggendosi nell’infantia, si muove co’ piedi, e con le
mani. L’istesso poi adulto camina con due piedi in terra, finche pervenuto
all’ultima età si appoggia stanco al bastone, e s’inclina alla tomba. Il senso
di questa favola è molto proprio per lo significato dell’humana vita sempre
debole, e inferma, e che và a ritrovare la quiete al sepolcro. Vedesi la Sfinge
sedente sopra quel sasso, hà l’ali d’Aquila, cosce e zampe di Leone, il volto,
e ‘l petto di Vergine. Distende il braccio, e la mano verso Edipo, il quale su
la via smontato da cavallo, riguarda il mostro, e si ferma alla proposta. Con
la mano sinistra tiene l’asta, e volge l’altra col dito alla bocca, meditando
attentamente la risposta. Heroico è il portamento col manto pauonazzo, e ‘l
corpo ignudo. Dietro si arresta il cavallo con un’Armato che regge il freno”.
Caccia delle Tigri allo specchio
“ Sopra l’autunno
curiosissima è la caccia alle tigri ingannate dagli Specchi come usarono, per
ritardarle dal rapido corso in perseguitare i Cacciatori, e ricoverare
gl’involati parti; poiche lasciati fra via, uno, o più specchi, la Fiera
arrestandosi à quella vana immagine, dà tempo a’ cacciatori stessi portati da
velocissimi corsieri con la fuga di salvarli al lido, come appunto ci descrive
Claudiano, comparando alla Tigre la furia di Cerere, per la figliuola
Proserpina rapita. Vedesi in questa immagine una tigre, che si trattiene in
riguardare se stessa nello specchio, e essa resta delusa dalla similitudine. Lo
specchio è accomodato ad una base quadrata, ove salito un cacciatore coperto
dallo scudo, piega un ginocchio, e vibra l’asta per colpir la fiera. Vi sono
appresso tre altri cacciatori uniti insieme parimenti piegati à Terra con gli
scudi, e con l’haste; e sei altri dall’altro lato in piedi unitamente chiusi
con gli scudi; uno dè quali percuote un’altra Tigre caduta a Terra. In questa
immagine le Tigri non corrono per ricuperare i parti involati, come habbiamo
veduto avanti nella tavola XV. Ma pare che con questo inganno li Cacciatori le
ferischino, per prenderle, ò per ucciderle con fine di acquistar le pelli”.
Questi
affreschi sono spariti nel nulla e anche altri affreschi furono trafugati senza
tenere in considerazione che il sepolcro rupestre fu gravemente danneggiato a
causa delle demolizioni che sconvolsero la città tra la fine dell’800 e i primi
del ‘900…. Società Generale Immobiliare ……
Un
affresco si trova al British Museum di Londra ma ci sono da fare delle
considerazioni…. L’Affresco rappresenta il “Ratto di Proserpina” e fu
descritto dal Bartoli.
Nel
maggio del 1825 Antonio Nibby ( Roma, 4 aprile 1792 – Roma, 29 dicembre 1839),
storico, archeologo e topografo, visitò il Sepolcro dei Nasoni. Riconobbe sulle
pareti alcuni dei quadri riprodotti nelle incisioni del Bartoli. Tra questi
affreschi, nel terzo pannello del fregio
sulla parete destra, vide la scena del Ratto di Proserpina. C’erano anche cinque frammenti di affreschi
che si erano staccati al soffitto e che finirono nel mercato
dell’antiquariato…..
Nel 1883 l’affresco del Ratto di Proserpina
venne staccato e acquistato dal British Museum. Altri affreschi furono staccati
ma non sono riuscito a ricostruire la “via di fuga” e la loro relativa
collocazione attuale.
La
descrizione del Bartoli in merito all’affresco del “Ratto di Proserpina” fu così riportata:
“Il Ratto di
Proserpina viene espresso in questa immagine com’è solito negli antichi marmi
con Plutone num. 1 che à forza la rapisce, e l’abbraccia nel carro tirato da
quattro velocissimi neri Cavalli incitati ferocemente al corso. Prosepina .2 si
lagna, e stride agitata, e dolente col volto avverso, e con li capelli sparsi,
e aprendo al cielo il braccio, e la palma, come và ben descrivendo Claudiano.
Corron Alcastore, e gli altri Cavalli Infernali, 3 già pervenuti alla spelonca
di Averno .4. Colui, che avanti regge le redini de’ Cavalli 5. è Mercurio
Infero, come si riscontra ne gli antichi marmi, che la medesima favola
rappresentano. Sotto di essa vollero intendere la discesa dell’Anime
all’Inferno, come spiega Sallustio Filosofo, onde Plutone nel condurvi i popoli
fu chiamato (Ploutonion,
Porta dell’Inferno ?), à cui erano consacrate
l’Inferie, ò siano sacrifici de’ Morti. Così le lamentazioni, e ‘l pianto ne’
funerali imitavano il lutto di Cerere, e perciò nelle Arche sepolcrali si vede
scolpito il Rapimento della medesima Proserpina, e ‘l duolo della Madre, che
con le faci ardenti tirata nel carro dà due Draghi, và cercando la figliuola
rapita, secondo habbiamo esposto nel libro de’ medesimi vestigi”.
L’affresco
su descritto si troverebbe al British Museum di Londra con la seguente scheda
tecnica:
datazione:
II – III sec.d.C.;
Provenienza:
da Roma – Tomba dei Nasoni – Parete destra – 3° Pannello;
Tipologia:
Pittura Parietale;
Tecnica;
Affresco Staccato;
Dimensioni:
(71 x 98 )cm
Soggetto:
Plutone Rapisce Proserpina sul suo carro.
In
questo affresco “staccato” lo schema è tradizionale.
Plutone
è su una quadriga e porta con sé Proserpina. I cavalli sono marroni, i primi
due più chiari. Il carro è verde con ruote verdi-marroni. Il corpo di Plutone è
anch’esso marrone e indossa un mantello viola, ombreggiato di verde. Proserpina
è più chiara e indossa un drappo giallo. Il terreno su cui corre il cocchio
presenta varie sfumature che vanno dal verde-grigio fino al marrone. Dietro lo
sfondo è chiaro.
Nei
disegni di Bartoli è raffigurato anche Mercurio, con caduceo stretto in mano ed
elmo alato sul capo, che guida la quadriga. Nell’affresco del British Museum è
assente e tutta la rappresentazione, anche nell’ambientazione, ha delle
notevoli differenze. Forse fu staccato solo la parte del mosaico che
raffigurava Plutone e Proserpina sul carro e non l’affresco intero ?
Il
Cohen, in un suo saggio del 2010,
affermò che spesso gli artisti nelle copie aggiungevano dei dettagli.
Secondo questa tesi il Bartoli aggiunse Mercurio, il paesaggio alle spalle di
Plutone e Proserpina e anche la spelonca. È da accettare questa tesi ? Un dato è certo.. tra trafugazioni, perdite e
distruzioni.. degli affreschi originarie è rimasto ben poco… un patrimonio
culturale perduto…
La
distruzione dei giardini romani diventò un caso internazionale che si ampliò dopo
la caduta di Villa Ludovisi. I giornali europei gridarono: “Gli italiani stanno distruggendo Roma”. (Ferdinand Gregorovius e
Herman Grimm nei primi mesi del 1886 sulla stampa tedesca).
Gli
storici, gli artisti parlarono di “delitto contro l’umanità”.
Il
pittore francese Ernest Hebert (Grenoble, 3 novembre 1817 – La Tronche, 5
novembre 1908), direttore dell’Accademia Francese a Villa Medici, inviò al
comune di Roma un suo dipinto dal titolo “Roma
Sdegnata”.
Grimm
sul suo opuscolo “Distruzione di Roma”
scrisse con toni romantici un inno in memoria di Villa Ludovisi: “il luogo più bello della terra….inveì
contro la “barbarie italiana” che minaccia la Città Eterna…dove un tempo si scozzonavano i cavalli,
dove brucavano le pecore, dove giacevano rovine romane o giardini barocchi, ora
sorgono file di colossali case a sei piani senza nessuna architettura, intese
soltanto a dar ricovero agli uomini e in mezzo a quelle le immense caserme dei
carabinieri…In qualunque cantiere voi andiate, o si smuove o s’agguaglia il
terreno per guadagnar lotti fabbricativi, o già sorgono nuove case, o le
vecchie si demoliscono. File interminabili di carri, portando scarichi o
materiale da costruzione ingombrano le vie e le riempiono di strepito e di
sudiciume. Torme d’operai forestieri s’aggirano dappertutto….Un’incomoda
agitazione ha preso il luogo dell’antica quiete”.
Hermann
Grimm continuò:
“Bellissimi viali ombrosi di querce e di
allori, qua e là frammezzati da alti e grossi pini, tranquillità e aria
balsamica facevano della villa Ludovisi uno di quei luoghi di Roma ch’erano
nominati per primi quando si discorreva degli incanti della Città Eterna. Si,
io credo che se si fosse domandato quel era il più bel giardino del mondo,
coloro che conoscevano Roma avrebbero risposto senza esitare: villa Ludovisi.
Fra le
cose che, divenendo Roma capitale d’Italia, venivan prima in mente a quanti
conoscevano ed amavano Roma, c’era la speranza che quei giardini, con le belle
fabbriche e con le stanze e i quadri in esse contenuti, diventassero di dominio
pubblico e fossero facilmente accessibili. Predire che sotto il nuovo Governo
la villa dovesse andare distrutta, come oggi accade, e gli allori, le querce, i
pini abbattuti, come oggi li vedi abbattere, sarebbe stata una offesa che neanche
il più acerbo nemico della nuova Italia avrebbe osato recarle, perché sarebbe
sembrata un’enorme follia.”
La follia fu purtroppo
realizzata e non fu la sola. Scomparvero la Villa Massimo agli Orti di
Sallustio, La Spithovr e Grimm le elenca tutta.. occupando una buona mezza
pagina di ville distrutte…
Insolera fece una
critica esprimendo come “ Roma abbia
perso una occasione di migliore crescita, che avrebbe anticipato di mezzo
secolo il concetto di Gree Belt proposto da Abercrombie nel piano della Grande
Londra.. Questa eccezionale fascia verde sarebbe servita ottimamente a
collegare il centro vecchio di Roma con una nuova città residenziale al di là
delle ville, tenendo separate le differenti funzioni urbane e le diverse scale
edilizie. (….) Si poteva evitare la demolizione di tanta incomparabile bellezza
accumulata da papi e principi in più di quattro secoli ? Se si fossero eseguite
le disposizioni del piano regolatore dell’ 83 tutte le ville tra Castro
Pretorio e Porta Pinciana sarebbero state risparmiate e tra loro anche la più
bella di tutte, Villa Ludovisi (….). Ma i piano regolarori a Roma sembrano
essere sempre esistiti solo per dividere le opere in due categorie: quelle
dentro al piano e quelle fuori. Realizzabili poi tutte quante indifferentemente
e quasi sempre prima e più facilmente
quelle fuori”
Il Casino dell’Aurora è l’unico monumento
rimasto di questa gloriosa villa.
Oggi al posto della villa, Via Veneto e il
quartiere Ludovisi le cui strade, in parte, corrispondono a quelle che attraversavano
il giardino, tra queste Via Boncompagni.
Il Principe di Piombino, Rodolfo Boncompagni
Ludovisi, dopo la lottizzazione della villa, subì l’esproprio dell’antico
Palazzo Piombino che si trovava su Via Del Corso (Galleria Colonna). Decise di costruire tra il 1886 ed il 1890,
su progetto di Gaetano Koch, Palazzo “Margherita”, nel terreno residuo di Villa
Ludovisi. La nuova costruzione inglobò (nel retro) il vecchio fabbricato
“Palazzo Grande” (ex proprietà Orsini) e che fu il primo nucleo della villa
Ludovisi. Gli alberi che allo stato attuale sono visibili attorno a Palazzo
Margherita, sono i residui dell’antico e bellissimo parco.
Alcuni
siti riportano una notizia secondo la quale l’immobile fu affittato da casa
Savoia per insediarvi Bela Rosin, la compagna di Vittorio Emanuele III.
La
notizia è da scartare per vari motivi:
1-
Palazzo
“Margherita” fu costruito tra il 1886 ed il 1890;
2-
Re
Vittorio Emanuele II morì, a causa di una polmonite, il 9 gennaio 1878;
3-
Bela
Rosin morì il 26 dicembre 1885;
4-
Il
re acquistò a Roma la Villa Mirafiori dove andò a vivere la Belin con i suoi
due figli avuti dal re
Villa Mirafiori
Dal 1980 sede del
Dipartimento di Filosofia dell’Università La Sapienza
Il parco della
villa su sistemato dal giardiniere di Casa Savoia, Emilio Richter, secondo il
gusto
inglese.
Comprendeva due laghi, un’uccelliera proveniente dai giardini del Quirinale,
una serra con piante rarissime. Del parco rimane oggi ben poca cosa se non
degli alberi di cedro. Il parco fu ridotto nel 1910
per l’allargamento
della Via Nomentana.
Bela
Rosin, ovvero Rosa Vercellana, e Vittorio Emanuele II vissero un amore intenso
che durò per molto tempo. Un amore forte ma soprattutto pacato, domestico, familiare.
La Rosin seguiva sempre il suo compagno negli spostamenti di città in città. Un amore che fece tanto
scalpore e che vide anche personaggi
politici come Cavour contrari al legame
del re.
Vittorio
Emanuele II dal 1855 era vedovo di Maria Adelaide e contrasse con la sua
compagna Bela Rosin le nozze morganatiche (ovvero senza comunione di beni e
riconoscimento dei titoli) in “articulo
mortis” nel 1869 quando il re a causa di una malattia era stato dichiarato in
fin di vita.
Rosa Vercellana,
Vittorio Emanuele II e i
figli Emanuele
Filiberto e Vittoria Guerrieri
L’immobile
fu acquistato da Casa Savoia nel 1900 per ospitare la Regina Madre Margherita
vedova di Umberto I (attentato di Monza).
Nel
1931 diventò la sede dell’Ambasciata Usa e nel 1946 fu acquistato dallo Stato
Americano.
L’ultima parte del Seicento è rivolta all’Orto
Botanico che fu voluto sempre da Alessandro VII Chigi. Orto Botanico che dal
Lungotevere fu spostato alle spalle del Fontanone, sul Gianicolo. Un posto
incantevole ma non adatto per le piante e per le persone. Il direttore
dell’Istituzione, Poggioli, così scriveva:”
Posto com’è sulla Cima del Gianicolo, fa guerra ai comodi e alla salute dei
suoi amatori, onde da sé allontana anziché invitarli a godere delle sue
bellezze. Esposto alla tramontana non può non piangere bene e spesso la rovina
dei suoi prodotti”. Sarà spostato
più volte nel corso del XIX secolo.
***********
L’attività della “Dogana della Grascia” era regolata
da un corposo volume di regolamenti..
che avevano come obiettivo la regolamentazione del commercio e delle attività
produttive. Si tratta di diverse centinaia di emendamenti.. ne pubblicherò solo
alcuni.
n. 181
“che ogni volta
parerà al Governatore di detta Dogana, che la denuncia della Vendita, e compra
sia inferiore al giusto prezzo, sia lecito al medesimo fare riconoscere e
stimare il bestiame dalli due soliti Stimatori della Dogana, e se la stima, che
questi faranno sarà maggiore del prezzo denunciato, in tal caso la Gabella
dovrà pagarsi secondo detta stima fatta dalli suddetti Stimatori di Dogana”
n. 182
“che non sia
persona alcuna, che ardisca andare, o mandare incontro al Bestiame di qualunque
sortasi sia, grasso, o minuto, che viene in Roma per vendersi in Campo, tanto
dentro, come fuori le porte di Roma, per comprare, o contrattare detto
Bestiame, ma quello debbano lasciare condurre in Roma in Campo Vaccino, sotto la pena al Compratore di scudi 50 per Bestia
grossa, che comprerà, o contratterà, e di scudi venticinque per Bestia minuta,
ed al Venditore della perdita delle Bestie, e di scudi dieci per Bestia, ed
oltre pene corporali a nostro arbitrio”.
n. 183
“che tutti li
Macellari di Roma, che condurranno, o faranno condurre in essa Città Bestiame
di qualsivoglia sorte minuto, o grosso, che sia di loro Massarie, e che entrerà
in capata, non lo possono menare, o far condurre alli loro Macelli, ma debbano
prima condurlo, o farlo condurre in Campo,
e quello farlo vedere, e riconoscere dai Ministri di detta Dogana, sotto pena
di scudi 50 di oro per ciascuna volta, oltre la perdita di esso Bestiame, ed
altre pene corporali a nostro arbitrio”.
n. 185
“che li Custodi
delle Porte di Roma ogni volta, che entrerà bestiame in Roma di qualsivoglia
sorte grosso, o minuto, siano tenuti, e debbano con ogni diligenza contarlo, e
scriverlo nelli loro Libri; che gli vengono per tale effetto consegnati, e
farne la bolletta, come si è detto, della qualità e quantità giusta, e gli
Agnelli, anche quelli che sono piccoli li debbano scrivere per Agnelli nelle
Bollette, e Libri, ed il Bestiame Porcino debbano tutto scriverlo per Porci, e
non Porcastri, e similmente l’Asseccaticcie le debbano scrivere per Bestie
grosse, ma li Ciavarri per Ciavarri, e li Castrati per Castrati, e ciò a fine,
che non si commettano frodi in iscriversi, e farsi rispettivamente scrivere una
specie di Bestiame per un’altra, e sotto pena della privazione dell’officio, ed
altre a nostro arbitrio, e li Padroni, di esso bestiame, che da ciò si
sentissero gravati, debbano far vedere, e riconoscere il detto Bestiame dalli
suddetti Stimatori di Dogana, quali con detta assistenza del Governatore
dovranno con tutta esattezza farne la distinzione, ed accomodare le Bollette
suddette fatte da detti Custodi delle Porte, secondo la vera qualità del
medesimo Bestiame per potersi regolare il pagamento della Gabella per quello,
che detto Bestiame dovrà giustamente pagare”
(
“Asseccaticcie” ovvero il Bufalo
Mediterraneo dallo svezzamento ai 12 mesi.
( “Ciavarro” e
“Ciavarra” indicano rispettivamente l’agnellone maschio e femmina di 12/18
mesi)
n. 189
“che
nessun Mercante, o Macellaro, tanto di Roma, che di fuori, ardisca far entrare
di notte in Roma, cioè dalle 24 ore della sera sino all’Alba del giorno,
qualsivoglia sorte di Bestiame ma debbano aspettare il giorno per poterlo
assegnare al Custode di quella Porta, dove entrerà sotto pena della perdita
degli Animali, che saranno entrati di notte, e di scudi 50 per ciascuna Bestia
grossa, e scudi cinque per ciascuna Bestia minuta, e per ciascuna volta, che si
contraverrà, ed il Portinaro Custode, che le lascerà passare, incorra oltre la
privazione dell’offizio in altre pena anche corporali a nostro arbitrio”.
n.
195
“
e per ovviare alle Fraudi, che possano commettersi in pregiudizio di detta
Dogana dalli Carrari, che menano Bovi, o Bufale con il Carro, o Giogo, dè quali
non se ne fa Bolletta alla Porta per il continuo entrare, ed uscire, che fanno:
pertanto ordiniamo, e comandiamo a ciascheduno di detti Carrari, e loro
Padroni, tanto di Roma, che del suo Distretto debbano notificare al Governatore
di detta Dogana, e Ministri a ciò deputati quali non possano prendere
emolumento alcuno, quante Bestie tengano, ed in che luogo, e con qual Merco
sono segnate per detto servizio di carreggiare Legne, Legnami, Grani, Vini e qualsivoglia
altra cosa, quale assegna debbano fare ogni sei mesi di ciascun anno, cioè nel
mese di Maggio, e di Novembre, sotto pena a chi contraverrà, e non accusasse il
giusto numero di dette Bestie da Carreggio di scudi cinquanta per ciascheduna
Bestia, ed altre a nostro arbitrio, oltre la perdita delle Bestie non accusate”.
n.
199
“che
non sia lecito ad alcuna persona, comprato che avrà in detto Campo Vaccino nei soliti giorni, che vi
si farà Mercato, Bestiame di qualsivoglia sorte, grosso o minuto, si per vita,
come per Macello, levare, o far levare da detto Campo, poco o assai di detto
Bestiame, che avrà comprato, senza averlo di prima assegnato in detta Dogana, e
senza licenza del Governatore, o Ministri a ciò deputati, e senza prima aver
pagato la debita Gabella che importerà il Bestiame compreso, sotto pena, oltre
la perdita del medesimo Bestiame, di scudi dieci per ciascheduna Bestia, e
volta, che si contraverrà”.
Preventivo delle
Spese occorrenti per l’anno 1850 di gennaio
Rapporto sulla
Dogana della Grascia sul dazio Consumo di Liquidi,
foraggi e quello sul
pesce fresco
Paolo Anesi (Roma 1697-1773) - Paolo Monaldi (Roma
1704-1780)
1760-1770 circa - olio su tela - (74 x 99,5) cm
Commenti
Posta un commento