LA SICILIA NEL
CINEMA – 3° PARTE – CATANIA -
VIAGRANDE – CIMINNA – PALERMO
Indice
1-
STORIA DI UNA CAPINERA
2-
IL
GATTOPARDO
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1 - STORIA DI
UNA CAPINERA
(Paese
di Produzione : Italia – Anno: 1993 – Durata: 1h 40m – Genere. Sentimentale,
Drammatico –
Regia:
Franco Zeffirelli – Soggetto: Romanzo di Giovanni Verga – Sceneggiatura: Franco
Zeffirelli e Allan Baker – Produttore: Mario e Vittorio Cecchi Gori – Musiche:
Claudio Capponi –
Montaggio:
Richard Marden – Effetti Speciali: Franco Ragusa – Scenografia: Giantito
Burchiellaro –
Costumi:
Piero Tosi)
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Interpreti
e Personaggi
Angela
Bettis: Maria Vizzini – Johnathon Schaech: Nino Valentini – John Castle: Giuseppe
–
Valentina
Cortese: Madre Superiora – Sinèad Cisack: Matilde – Mia Fothergill: Giuditta –
Sara
Jane Alexander: Annetta; Andrea Cassar:
Gigi
– Frank Finlay: Padre Nunzio – Pat Heywood: Suor Teresa – Janet Maw : Tecla –
Denis Quilley: Barone Cesarò – Vanessa Redgrave: Suor Agata – Annabel Ryan: Filomena)
Trama
Catania nella metà dell’Ottocento è
colpita da una grave epidemia di colera. La giovane novizia Maria fè costretta
ad abbandonare il convento e a tornare a casa dal padre che vive con la
matrigna Matilde.
Maria (Angela Maria Bettis nata ad Austin in Texas )
https://www.davinotti.com/index.php?forum=50017063
Catania - Il Collegio dei Gesuti – Via Crociferi
Ex Collegio dei Gesuiti
https://etnaportal.it/public/upload/foto/sfondi/1548_20a5647b4032708d0a502014051416485550104b345d835c26b82df308.jpg
Maria con la sua famiglia si
trasferisce, per proteggersi dall’epidemia, nella Villa “Di Bella” in Via
Giuseppe Garibaldi (298) a Viagrande, un centro sulle falde dell’Etna, in
provincia di Catania.
https://i.pinimg.com/originals/47/fc/69/47fc69fefdf685bbee26b6fb833dd18f.jpg
Appare spesso nel film un ampio
cortile dove dei contadini lavano una carrozza, per scongiurare la diffusione
del colera, adoperapata da Maria e dalla
sua famiglia. Si tratta di un ampio spazio che si trova all’esterno del Borgo “Vallefame”,
(Traversa Vallefame) di Palazzolo Acreide (Siracusa).
Borgo "Vallefame"
Palazzolo Acreide – Chiesa dell’Annunziata
Palazzolo Acreide – Il Parco Archeologico
http://www.viaggioasudest.it/wp-content/uploads/2014/12/2045-12-57-04-5912.jpg
La giovane ragazza che sin da piccola
conosce la vita solo del monastero, si ritrova improvvisamente immersa in una realtà
diversa a tal punto da rimanerne affascinata. Conosce in questo momento ricco
di sensazioni nuove un giovane, Nino, studente e di buona famiglia del quale
s’innamora.
Il giovane sembra mostrare un grande
interesse nei confronti della ragazza.. l’invita a ballare durante una festa e
si lascia andare a corteggiamenti.
Naturalmente Maria è indecisa.. sogna
una vita di coppia con Nino ma nello stesso tempo pensa alla sua vita da
novizia.. al suo destino forse segnato di diventare suora come la sua matrigna
aveva stabilito.. forse per liberarsi della figliastra.
Accade l’imprevidibile quello che la
vita ci riserva con le sue tranezze nei momenti forse non sperati…. Nino gli
rileva il suo amore.. una dichiarazione che aumenta i tormenti della fanciulla
che sente in sè la vita segnata dal dovere nei conftonti di Dio. Alla fine
proprio questo grande senso del dovere la spinge a rifiutare la dichiarazione
d’amore di Nino e fa ritorno in convento.
Nel convento è ancora assalita dai
tormenti… ha paura di aver preso una decisione sbagliata.
Pensa ai momenti passati con
sincerità con Nino e alla fine si confessa con suor Agata.
Una suora che l’autore definisce “pazza”
ma che in realtà ha in sè gli stessi tormenti di Maria causati da un sentimento
d’amore per un uomo conosciuto diversi anni prima. Agata è diventata suora,
come Maria, per errore.
Durante una cerimonia di matrimonio
nella Chiesa di San Benedetto, posta sulla stessa via e a poca distanza dal
convento, Maria intravede lo sposo… è Nino….sta sposando la sorella di
Maria…Giuditta.
Catania - Chiesa di San Benedetto
Catania - Chiesa di San Benedetto
Dopo che Maria era tornata in
convento, Nino aveva chiesto alla famiglia la mano della sorella Giuditta..
Maria cade in una forte depressione… la delusione è grande.
Da suo padre viene a sapere che gli
sposi sono andati a vivere in una casa che si trova proprio davanti al
convento.
Il palazzo dove vivono Nino e Giuditta è “Palazzo Asmundo
Francica-Nava, posto in piazza Asmundo
https://www.alain-collet.com/Italie/Volcans/Photo_big/012.jpg
Maria osserva di continuo, da una
finestra del convento, la terrazza del palazzo dove vive la coppia.
La terrazza del palazzo che Maria osserva dal convento
appartiene, invece, al palazzo dei Trigona, Marchesi di
Caniacarao e di Noto. Si trova a Noto in Via C.B. Conte di
Cavour n. 95
Una sera Maria lascia il convento e
si reca a casa da Nino.
Viene accolta da Nino e Giuditta e
capisce.. guardando nei loro occhi che non c’è nulla da fare perché la coppia è
adesso ancora più unita… Giuditta aspetta un bambino.
In preda alla disperazione si lascia
andare ad una terribile confessione rilevando a Nino di essere sempre stata
innamorato di lui. Nino risponde rilevandogli ancora una volta l’amore che
provava per lei.. una volta ritornata nel convento aveva sofferto e, preso
coraggio, ha cercato di rifarsi una vita cercando di dimenticarla. Alla fine i
due si danno un bacio e Maria ritorna in convento rassegnata.. diventa suora e
serve con amore Dio e la Chiesa.
Catania - Chiostro del Monastero dei Benedettini
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2
- Il GATTOPARDO
Anno:
1963 – Paese di Produzione: Italia, Francia – Durata: 187 min. – Genere:
Storico –
Regista:
Luchino Visconti - Soggetto: Giuseppe Tomasi di Lampedusa -
Casa
di Produzione:Titanus, S.N.Pathè Cinema, S.G.C. - Distribuzione (Italia) :
Titanus –
Musiche:
Nino Rota – Scenografia: Mario Garbuglia – Costumi: Pietro Tosi.
Interpreti
e Personaggi
Burt
Lancaster: Principe Don Fabrizio di Salina – Claudia Cardinale: Angelica
Sedara/Donna Bastiana
Alain
Delon: Tancredi di Falconieri – Paolo Stoppa: Don Calogero Sedara – Lucia
Morlacchi: Concetta -
Rina
Morelli: Principessa Maria Stella di Salina – Romolo Valli: Padre Pirrone –
Mario Girotti: Conte Cavriaghi
Pierre
Clémenti: Francesco Paolo di Salina – Serge Reggiani: Don Ciccio Tumeo –
Ottavia Piccolo: Caterina
Giualiano
Gemma: Generale di Garibaldi – Ivo Garrani: Colonnello Pallavicino – Leslie Franch:
Cavaliere Chevalley –
Pino
Caruso e Tuccio Musumeci: giovani patrioti – ecc.
Un
film storico colossal tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa.
Fu
vincitore della Palma d’Oro come miglior film al 16° Festival di Cannes.
La
figura del protagonista s’ispira a quella del bisnonno dell’autore del libro,
il Principe Giulio Fabrizio Tomasi di Lampedusa, un importante astronomo che
nella finzione letteraria diventa Principe Fabrizio di Salina e della sua
famiglia tra il 1860 e il 1910 in Sicilia (a Palermo, Ciminna, Palma di
Montechiaro e Santa Margherita Belice).
Palermo - Villa Lampedusa fu
costruita come residenza suburbana da Ferdinando IV di Borbone.
Gli ultimi proprietari furono i Tomasi
di Lampedusa. La villa era nota come “Osservatorio ai Colli del principe di
Lampedusa”, dall’attività prediletta dell’allora proprietario, Giulio Fabrizio
Tomasi, nonno di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Il grande scrittore siciliano si
ispirò al nonno Giulio Fabrizio per tratteggiare
l’indimenticabile Principe Fabrizio Salina, protagonista del suo romanzo.
Romanzo che ebbe anche una straordinaria trasposizione cinematografica a cura
di Luchino Visconti.
La villa sembra che da tempo sia in
completo abbandono e quindi in rovina….
Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà
saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e
pecore, continueremo a crederci il sale della terra
TRAMA
Nel
maggio 1860, dopo lo sbarco a
Marsala di Garibaldi in Sicilia, Don Fabrizio assiste con
distacco e con malinconia alla fine dell'aristocrazia. La classe dei nobili
capisce che ormai è prossima la fine della loro superiorità, infatti gli
amministratori e i latifondisti della nuova classe sociale in ascesa
approfittano della nuova situazione politica.
Don
Fabrizio appartiene a una famiglia di antica nobiltà e viene rassicurato dal
nipote prediletto Tancredi che, pur combattendo nelle
file garibaldine, cerca di far volgere gli eventi a proprio vantaggio e
cita la famosa frase: "Se vogliamo
che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Specchio della
realtà siciliana, questa frase simboleggia la capacità di adattamento che i
siciliani, sottoposti nel corso della storia all'amministrazione di molti
governanti stranieri, hanno dovuto per forza sviluppare. E anche la risposta di
Don Fabrizio è emblematica: "...E
dopo sarà diverso, ma peggiore."
Quando,
come tutti gli anni, il principe con tutta la famiglia si reca nella residenza
estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un
borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito e ha
fatto carriera in campo politico. Tancredi, che in precedenza aveva manifestato
qualche simpatia per Concetta, la figlia maggiore del principe, s'innamora di
Angelica, figlia di don Calogero, che infine sposerà, sicuramente attratto dal
suo notevole patrimonio.
Episodio
significativo è l'arrivo a Donnafugata di un funzionario piemontese, il
cavaliere Chevalley di Monterzuolo, che offre a Don Fabrizio la nomina
a senatore del nuovo Regno d'Italia. Il principe però rifiuta,
sentendosi troppo legato al vecchio mondo siciliano, citando come risposta al
cavaliere la frase: "In Sicilia non
importa far male o bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è
semplicemente quello di 'fare'".
Il discorso di Don Fabrizio al Ministro Chevalley…
“Ma allora, principe,
perché non accettare?” “Abbia pazienza, Chevalley, adesso mi spiegherò; noi
Siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti che non
erano della nostra religione, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i
capelli in quattro. Se non si faceva così non si sfuggiva agli esattori
bizantini, agli emiri berberi, ai viceré spagnoli. Adesso la piega è presa,
siamo fatti così. Avevo detto ‘adesione’ non ‘partecipazione’. In questi sei
ultimi mesi, da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe
cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un
membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento;
adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o
bene; per conto
mio credo che parecchio sia stato male; ma voglio dirle subito ciò che Lei
capirà da solo quando sarà stato un anno fra noi. In Sicilia non importa far
male o far bene: il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è
semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono
venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche
civiltà eterogenee, tutte venute da fuori già complete e perfezionate, nessuna
germogliata da noi stessi, nessuna a cui abbiamo dato il ‘la’ 1; noi siamo dei
bianchi quanto lo è lei, Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da
duemila cinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è in gran
parte colpa nostra; ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”[…] “Il sonno, caro
Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre
chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto
fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi
nel bagaglio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche,
anche le più violente: la nostra sensualità è desiderio di oblio, le
schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di
immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri
sorbetti di scorsonera2 o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello
del nulla che voglia scrutare gli enigmi del nirvana”.
Il
connubio tra la nuova borghesia e la declinante aristocrazia è un cambiamento
ormai inconfutabile: Don Fabrizio ne avrà la conferma durante un grandioso
ballo, al termine del quale inizierà a meditare sul significato dei nuovi
eventi e a fare un sofferto bilancio della sua vita.
Inizialmente
il regista Luchino Visconti voleva utilizzare il borgo medievale di Palma di
Montechiaro per rappresentare il castello di “Donnafugata”, la casa del
principe di Salina, ma la situazione della villa e la mancanza di una strada
accessibile creò dei problemi. Si doveva costruire ma “degli uomini con occhiali scuri chiesero il loro prezzo d’azione”.
Il
regista fu quindi costretto a scegliere un altro luogo per la produzione e la
scelta cadde sul piccolo centro di Ciminna, a circa 30 km a sud di Palermo.
La
piazza di “Donnafugata” è la piazza di Ciminna ed è in questa piazza che fu
costruita magistralmente la facciata del palazzo dei Salina.
Nelle
scene iniziali si scelse la villa
Boscogrande, nei pressi di Mondello,
dato che il Palazzo dei Salina, come abbiamo visto, non era nelle condizioni
adatte per essere utilizzato nelle riprese.
Mondello (Pa) - Villa di Boscogrande
Villa Boscogrande risale al
settecento ed è posta nel sobborgo Cardillo di Palermo. Una delle ville della
“Piana dei Colli” ovvero un area di villeggiatura della nobiltà palermitana e
siciliana.
Venne
costruita da Giovanni Maria Sammartino di Ramondetto, primo duca di Montalto
con investitura di re Filippo V, su un preesistente “baglio” di proprietà della
famiglia Sammartino... La villa fu ultimata nel 1770 e realizzata in stile
Luigi XVI. L’immobile fu costruito
ispirandosi alla reggia di Versailles.
La
pianta della villa ha una caratteristica
forma a “T” ed è preceduta da un piccolo viale inserito in un giardino che
risale all’Ottocento.
Infatti
il doppio scalone si ferma su un pianerottolo che non immette direttamente nella
casa. Si accede in un vestibolo e successivamente al prospetto vero e proprio
dell’edificio. Prospetto che è sormontato da un fastigio, a semiluna che mostra
protomi antropomorfi e fasci, con al centro lo stemma del casato.
Le
decorazioni e gli affreschi sono quelli originari che non hanno perso nel tempo
la loro bellezza. I pavimenti anch’essi originali furono realizzati con mattoni
in argilla smaltata con disegni geometrici. Le terrazze danno sul giardino,
anche se nel tempo ridimensionato che non ha perso il suo fascino per la
presenza di alberi secolari. Un tempo era giardino-frutteto e al suo interno si
conservano ancora quattro antiche formelle rettangolari e in stucco che
rappresentano le stagioni.
La
residenza si chiamava “Villa Moltaltto” e il nome fu modificato in “Villa
Boscorotondo” in seguito alle nozze di Felicia Montalto con un giovane
esponente della famiglia Boscogrande. Una famiglia di mecenati che spesso
diedero aiuto ai giovani artisti dell’epoca. Il grande Vincenzo Bellini fu
aiutato dalla famiglia Boscorotondo e per sdebitarsi dedicò alla duchessa
Beatrice una sua opera ovvero la “Beatrice di Tenda”.
la famiglia San
Martino o Sammartino, secondo gli storici, è originaria della Catalogna, dalla
nobilissima
Famiglia dei “Sancto Martino della Catalogna” dalla
famiglia del duca Oddone di Guascogna (la famiglia
San Martino “ab Eudone Vasconiae Duce nostris proaribus
consanguineo originem traxit”.
Il suo
capostipite, Raimondo Sammartino, signore di Miger e Tupers, che
dall’Imperatore
Federico II di Svevia, per i suoi atti eroici in Terrasanta, ottenne il
privilegio (1235)
di “alzare nelle proprie armi l’aquila
imperiale che tiene lo stendardo con le armi gerosolimitane in ambo gli artigli”.
“fu il primo che salito sulle mura
della santa città vi piantò lo stendardo”
La famiglia scese
in Sicilia con Guglielmo, ai tempi di re Pietro. Possedette il principato di
Pardo; le ducee di Fabrica, Montalto e San Martino; le baronie di Campobello, Gimia, Gisira, Morbano,
Pardo; le ducee di Fabrica, Montalto e San Martino; le baronie di Campobello, Gimia, Gisira, Morbano,
Priolo, Tuzia,
ecc.
I suoi discendenti
ricoprirono cariche importanti e il nostro Giovanni Maria, con un privilegio
dato in
Madrid il 7 marzo
1710, reso esecutivo in Messina il 22 marzo 1713, ottenne il titolo di
Duca di Montalto.
Fu deputato del regno negli anni1732, 1741, 1746, 1748,
maestro razionale
del tribunale del Real Patrimonio nel 1743,
pretore di Palermo
negli anni 1741-42, 1752-53, 1754-55-56, cavaliere di Malta,
gentiluomo di
camera, intendente generale degli eserciti in Sicilia, tesoriere generale della
Santissima
Crociata, prefetto della deputazione delle strade di Palermo nell’anno 1744,
ecc.;
Nel
romanzo la residenza estiva dei principi Salina è il Castello di Donnafugata.
Spesso sorge una confusione perché con il termine di castello di Donnafugata
s’intende il castello sito in provincia di Ragusa. Il realtà il termine
“Donnafugata” nel romanzo è il toponimo usato per indicare il centro di Palma
di Montechiaro.
Fu
lo stesso autore, Giuseppe Tomasi, in una lettera a svelare il mistero: “Donnafugata come paese è Palma; come
palazzo è Santa Margherita”.
Palma
di Montechiaro un luogo caro all’autore dove trascorse molto tempo della sua
infanzia.
Un
centro che per le sue testimonianze archeologiche, architettoniche, storiche,
religiose, gastronomiche è un’altra delle infinite perle di questa nostra Isola
così dimenticata da chi ci governa.
Palma di Montechiaro (Ag) - Chiesa Madre
Palma di Montechiaro - Monastero delle
Benedettine
Palazzo Ducale
Soffitto ligneo
del Palazzo Ducale
A
Santa Margherita Belice c’era il palazzo
che nel romanzo era la residenza estiva dei principi Salina. In questo palazzo,
l’autore trascorse gran parte della sua infanzia. Palazzo che era di proprietà
dei Filangeri di Cutò, residenza di parte materna, e che fu il modello nel
romanzo del “Castello di Donnafgata”. Oggi il Palazzo è sede del municipio.
Accanto
al palazzo ci sono i giardini con gli alberi secolari così come li descrive
l’autore: ““Il giardino, come tanti altri
in Sicilia, era disegnato su un piano più basso della casa, credo affinché
potesse usufruire di una sorgente che lì sgorgava…”
https://www.tripadvisor.it/LocationPhotoDirectLink-g1795305-d5570059-i115412372-Palazzo_Filangeri_Cuto-Santa_Margherita_di_Belice_Province_of_Agrigento.html
A
causa delle condizioni degli ambienti o delle dimore sia di Palma di Montechiaro
che di S. Margherita Belice, Luchino Visconti non girò in questi centri storici
del romanzo nessuna scena.
Scelse
per le riprese Ciminna, un piccolo centro distante circa 40 km a sud di
Palermo.
Perché
fu scelto il centro di Ciminna ?
Il
regista Visconti s’innamorò della Chiesa Madre di Ciminna e del paesaggio
circostante.
Ciminna (Pa)
Serre di Ciminna
Serre di Ciminna –
Riserva Naturale Orientata
Ciminna - Chiesa Madre
La
chiesa a tre navate, ricca di opere d’arte, con uno splendido pavimento in
maiolica e ancora: l’abside decorato con pregevoli stucchi che rappresentano
gli apostoli e angeli, opera di Scipione Li Volsi nel 1622; gli scrinni lignei
del 1619 mirabilmente intagliati con motivi grotteschi e particolarmente adatti
ad accogliere le scene della famiglia Salina in occasione del Te Deum… era il
luogo adatto.
Davanti
alla chiesa una larga piazza.. tutto era adatto per accogliere le riprese del
soggiorno della famiglia del principe nella sua residenza estiva. Ma mancava un
aspetto che potremmo dire importante… mancava il palazzo del principe….
In
45 giorni davanti ai piccoli palazzi della piazza fi messa in opera una
facciata disegnata da Marvuglia. L’intera pavimentazione della piazza fu
rifatta eliminando l’asfalto e rimpiazzandolo con ciottoli e lastre.
http://www.giornalecittadinopress.it/wp-content/uploads/2014/08/Gattopardo_-costruzione_Palazzo_principe.jpg
A
Ciminna, nel palazzo la famiglia del principe aspetterà la fine degli scontri
tra l’esercito borbonico e i garibaldini. Le riprese esterne furono fatte in
massima parte proprio a Ciminna.
Le
riprese interne, oltre a quelle iniziali della villa di Boscogrande, furono
girate nel palazzo Valguarnera Gangi a Palermo e a Palazzo Chigi di Ariccia,
vicino Roma.
Nel
palazzo Valguarnera Gangi, in Piazza Croce dei Vespri, furono girate le scene
del grande ballo in casa Ponteleone.
Palermo - Palazzo Valguarnera Gangi
http://www.repstatic.it/content/localirep/img/rep-palermo/2016/05/31/142713263-960674df-8cc0-4317-a894-481608f224d7.jpg
Palazzo Valguarnera Gangi
https://www.lasiciliainrete.it/wordpress/wp-content/uploads/2016/09/Palazzo-Valguarnera-Gangi-Palermo-.jpg
Il
film registrò un discreto successo nel 1962/63 con oltre due milioni di
spettatori. Il mercato americano rifiutò
il film a causa del suo montaggio realizzato senza l’autorizzazione del
regista.
Ci
fu anche una forte critica che molti non conosceranno… Il Partico Comunista
(PCI), a cui il regista Visconti era legato, criticò duramente il film definendolo..” espressione di un’ideologia reazionaria…. Politicamente conservatore…
un film antistoricismo” !!!!!!!!!!!!
Il
Visconti era così legato al Partito che creò addirittura una versione
alternativa del film che includeva delle scene completamente estranee al
romanzo originale ma conformi alla lotta di classe, alla rivolta contadina in
ossequio alla sua fede marxista. Scene che furono poi tagliate quando la
pellicola fu presentata al Festival di Cannes.
Il
romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa aprì un dibattito sul “risorgimento”
definendolo “rivoluzione senza
rivoluzione”.. esprimeva l’atmosfera di immobilismo legata ad un
“contratto” tra una vecchia aristocrazia, fedele ai suoi “primati” e una classe
emergente borghese che si faceva strada a “colpi di pugni e compromessi”.
Il
principe di Salina osserva attentamente i cambiamenti del suo tempo…”nessuna forza positiva della storia… si
profila come alternativa all’epos della decadenza cantato con struggente
nostalgia”.
Il
ballo finale che occupa quasi un terzo del film
è vissuto dal principe, a differenza degli altri invitati, come il
presagio conclusivo della morte. La morte fisica, il Principe che si sofferma
davanti al dipinto, capolavoro di Greuze, “La Morte del Giusto” e la morte di
una classe sociale ovvero di un mondo di “leoni
e gattopardi” che viene sostituito da un mondo di “sciacalli e iene” (che si cibano soprattutto di carogne di
animali).
Il
principe si guarda attorno e vede personaggi mediocri, avidi di denaro, veri
millantatori e approfittatori del tempo e soprattutto delle incertezze.
Persone
anche ciniche come il nipote Tancredi (Alan Delon) che ha combattuto
valorosamente con i garibaldini e che non esita, dopo la vergona dell’Aspromonte,
pagina dimenticata di storia, a schierarsi con i vincitori ed approvare la
fucilazione dei suoi fratelli siciliani….. a questo punto il principe è
perplesso e scende ulteriormente nel suo cuore una profonda nostalgia..” è la fine degli ideali morali ed
estetici del suo mondo”.
Il
film fu rivalutato giustamente dalla critica storica, almeno quella imparziale
e Martin Scorzese l’ha inserito fra i dodici film preferiti di tutti i tempi e
selezionato tra i 100 film italiani da salvare.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Giuseppe Tomasi di Lampedusa con la moglie
https://www.historytoday.com/alexander-lee/portrait-author-historian-giuseppe-tomasi-di-lampedusa
O stella, o fedele stella, quando ti deciderai a darmi
un appuntamento meno effimero, lontano da tutto, nella tua regione di perenne
certezza?
El Gatopardo (Luchino Visconti, 1963)
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