Castellammare del Golfo (TP)….. Escursione in barca … LA CHIESA RUPESTRE DI SANTA MARGHERITA


Indice
1.  Il tratto di costa tra Castellammare del Golfo e Cala Bianca;
2.  Emporium Segestanorum – Segesta (cenni)
3 Le Grotte
4.Le Grotte di Cala Bianca
5. La Grotta di Santa Margherita – La Chiesa Rupestre – I preziosi affreschi – Un sito da 
    salvaguardare e da valorizzare -  Una” laura monastica” basiliana ? - Il Santuario della Madonna 
     della Scala –  Il Ritrovamento della preziosa Icona …..

-----------------------------

1. Il Tratto di Costa tra Castellammare del Golfo e Cala Bianca
Il tratto di costa che si snoda dall’attuale porto di Castellammare del Golgo alla Cala Bianca, e oltre andando verso Scopello – Riserva dello Zingaro – San Vito lo Capo,  è interessante non solo dal punto di vista paesaggistico e naturale ma anche storico sociale.

Una costra caratterizzata da alte scogliere e da un pendio montano spesso molto scosceso. Le alture che si affacciano sulla costa sono spesso interrotte da  gradinate o piattaforme poco profonde ma percorribili per tratti più o meno lunghi. Su questi terrazzamenti o “piattaforme” si snodavano antichi sentieri che hanno finito con caratterizzare l’etimologia della zona che nella tradizione popolare è indicata con l’appellativo di “li scali”. (traduzione del termine “al Madarigh” che gli arabi diedero all’antico Emporio).





L’antico Emporio greco sarebbe l’”Emporium Segestanorum” oggi Castellammare del Golfo.
2    2.  L’Emporium Segestanorum

Castellammare del Golfo (Trapani)

L’esistenza di un Emporio, ovvero di uno scalo marittimo della città di Segesta, dove oggi sorge Castellammare del Golfo, è rilevabile da fonti classiche a partire dal V secolo a.C.

Erodoto riportò come il tiranno Gelone rinfacciò agli ambasciatori Greci, giunti in Sicilia per chiedere un aiuto militare contro i Persiani, di non essere stato aiutato da loro nelle operazioni militari che aveva condotto contro i Cartaginesi e i Segestani. Una guerra per vendicare l’uccisione dello spartano  Dorieo, ma anche per liberare gli importanti empori della Sicilia Occidentale dal dominio Carataginese. Dorieo, principe spartano, fu ucciso dagli Elimi di Segesta e dai Punici di Cartagine durante il tentativo di fondazione di una nuova colonia siracusana proprio nella Sicilia Occidentale probabilmente nei pressi di Drepano. L’accesso agli empori della Sicilia Occidentale
era di fondamentale importanza per abbattere la potenza cartaginese nel Mediterraneo.
Gelone in un certo senso anticipò quella che fu politica di Roma nella prima guerra punica.
Tucidide, in merito alla spedizione ateneiese in Sicilia del 415 a.C. citò più volte
le navi che si spostavano da Segesta e che “Nicia andò lungo la costa direttamente da
Iccara a Segesta”. Segesta non si trova lungo la costa ma all’interno dell’isola, ed è quindi
evidente che doveva esserci un porto dove le navi potessero ormeggiare.
Diodoro Siculo, a proposito della su citata spedizione, riferì che..” gli strateghi Ateniesi
rimasti in Sicilia con le loro forse navigarono alla volta di Segesta, conquistarono la piccola
città sicula di Iccara (Carini) e col bottino ricavarono cento talenti; ricevuti poi anche
i trenta talenti promessi dai Segestani, ritornarono a Catania”.

Segesta… il tempio dorico del 430 -420 a.C.


Teatro greco … metà del IV secolo a.C.

Segesta … “Le Dionisiache” di Nonno di Panopoli

Segesta … Edipo e Tebe.. la Tragedia del Destino… di Sofocle


Polibio affermò che nel 260 a.C., agli inizi della prima guerra punica..”i Romani sbarcati in

Sicilia liberarono dall’assedio Segesta ridotta ormai allo stremo”.. e
Cicerone citò una “Segestana navis” e un certo “Eraclio di Segesta, navarco, comandante di navi…
..ingiustamente punito da Verre”.
Dal punto di vista giografico una descrizione esatta sulla posizione dell’Emporio ci venne
fornita da Strabone che fissò il sito..”a 32 miglia a ovest di Palermo “..per cui l’ordine delle
località era ..”Panormo, foce del bathis/Iato, Emporio di Segesta, Cetaria,
Capo Egitarso/S. Vito, Drepano”.
Castellammare del Golfo, oltre al requisito della distanza presenta anche un'altra
caratteristica importante come riferiscono alcuni studiosi:
"il sito di esso senza meno era quello istesso che al presente viene occupato dalla terra di Castello a Mare del Golfo; che un tempo dicevasi Seno Egestano, distante da Segesta circa cinquemila passi verso il Settentrione, poco lungi dalla foce del fiume Crimiso. Questo si è il comune sentimento degli Eruditi, sostenuto da vari contrassegni, troppo manifesti; primieramente quivi trovasi una Cala, sufficiente a mantenere il traffico del Caricatore di frumento, di vino, e di molti altri generi di commercio, che si fa colle estere Nazioni. Inoltre la qualità del luogo, dalla natura stessa fortificato, è tutto isolato, in maniera che per via di un ponte si unisce al continente; la fortezza, che si erge sopra un'alta rupe, in cui vanno a spezzarsi l'onde adirate del mare di tramontana, sono i caratteri più chiari del sito di questo emporio." (Longo- Ragionamenti istorici, VII, cap. XIX, pag. 116). 
"Il territorio egestano si estendeva da capo Egitarso fino a Iccara (Carini) dalla parte settentrionale; da ponente fino al fiume Amfisbite, oggi delle Arene, il quale segnava la linea di confine tra Egesta e Selinunte; da mezzogiorno confinava col territorio di Alicia (Salemi), da levante con quello di Panormo; e perciò nessun altro sbocco di mare potea avere Egesta che nel solo golfo di Castellammare (...). Del resto è ovvio riflettere che, avendo un mare proprio, a pochi chilometri di distanza, Egesta non potè avere un Emporio in un territorio non suo, molto lontano, vicino Selinunte sua odiata nemica, che avrebbe continuamente ostacolato i suoi commerci (...) nessun'altra spiaggia è più vicina ad Egesta (18 Km.); e dal capo S. Vito al Rama non si trova altra rada più adatta allo approdo delle navi, né altro luogo più fortificato e più sicuro." 
(D. Buccellato Galatioto)



Castellammare del Golfo – Castello Arabo - Normanno



Le calette della Marina e quella di Petrolo offrivano un eccellente approdo per le navi e i Segestani decisero quindi di costruire in questi luoghi il loro importante Emporio.



Caletta Petrolo

Ma c’era un altro aspetto nella topografia dei luoghi che era di fondamentale importanza per la costruzione dell’Emporio: la vicinanza del Crimiso che sfocia a poca distanza dall’abitato.

Il Fiume Crmiso




La costa era collegata con le città poste nell’interno dell’isola dai fiumi che spesso erano navigabili. Fiumi che offrivano un comodo e facile mezzo di trasporto e sulle cui sponde gli antichi fondavano le loro città avendo in questo modo la possibilità della creazione di uno scalo commerciale, presso la foce, importante per la vita sociale ed economica della comunità.
Emporium Segestarum (Castellammare del Golfo) seguì le vicende storiche della città di Segesta e sul destino della città in epoca romana non si sa molto. Si è spesso avanzata l’ipotesi di un progressivo spostamento dell’abitato verso l’attuale Castellammare del Golfo, dove appunto sorgeva l’Emporium,  soprattutto dopo la distruzione di Segesta ad opera dei Vandali.

3.      Le Grotte 

Altro elemento che caratterizza la zona è la presenza di numerose grotte che si aprono ad una certa altezza dal mare a picco sulle scogliere.
Tutte le grotte testimoniano l’intervento dell’uomo che ha inciso le loro pareti, ampliato gli ambienti naturali dando loro spesso un notevole sviluppo in lunghezza e rendendole adatte all’abitazione per periodi più o meno lunghi.
Purtroppo le grotte si raggiungono con una certa difficoltà  mentre alcuni sentieri in epoca antica le rendevano facilmente raggiungibili.
Uscendo dal molo s’incontrano nell’ordine:
-          Grotta “di li palummi o rutta magna”; non è molto profonda ed è di difficile accesso rispetto alle altre e come accenna il suo secondo nome è caratterizzata da un ampia apertura:


-          Grotta  di “Peppe lu foddi” (“Giuseppe il folle”), un nome caratteriristico perché secondo la tradizione vi fu rinchiuso un facoltoso trapanese durante un sequesto in epoca non lontana. Rispetto alle altre si caratterizza per il suo ingresso quasi a pozzo. L’interno si divide in due ambiente in successione;

-          Grotta di Santa Margherita;


-          Grotte di “Punta Pirale”; due grotte a livelli sovrapposti ed una molto profonda e situata su un alto strapiombo;

-          Grotte “di fossa di stinco”; due grotte  simili a quelle di Punta Pirale;
-          Grotte di Cala Bianca; due grotte similari ed una separata con caratteri diversi.


Cala Bianca

2        4. Le Grotte di Cala Bianca

Le Gotte di Cala Bianca si aprono sul costone roccioso che  circonda l’ampio pendio che a ventaglio abbraccia la cala. Un pendio che doveva essere intensamente coltivato come dimostrano i numerosi terrazzamenti costruiti con muretti a secco in pietra. Si nota la presenza di viti inselvatichite, di un antica cisterna con “gebbia” (vasca)  e i resti di un complesso costruttivo antico e ben articolato che si trova in prossimità del mare.

Due grotte tesimoniano una utilizzazione della zona per usi agricoli fino ad epoca recente, l’adattamento alle necessità tramite la costruzione di muraglioni di chiusura o divisori e poi, caso veramente eccezionale, la presenza di due “palmenti” per la lavorazione delle uve con fosse per la raccolta del mosto.

Fabbricati Rurali (F.R.) che dovrebbero essere recuperati e valorizzati


Altra grotta molto ampia si apre in buona vista della cala su un sito eccezionale dal punto di vista panoramico ma inaccessibile. Presenta un ampio muraglione di difesa costruito con grossi blocchi di pietra e una divisione in due grandi ambienti che è operata con un altro muraglione. Uno degli ambienti si caratterizza per la presenza centrale di un pezzo di roccia appositamente squadrata.

2     5. GROTTA SANTA MARGHERITA – Chiesa Rupestre….





Grotta Santa Margherita

È una delle grotte più importanti per la sua estensione e per la presenza di testimonianze che evidenziano una frequentazione nei secoli. Fino a circa vent’anni fa veniva utilizzata dai pastori.
La sua ubicazione è circa 10 metri al disopra del livello del mare, in un punto ben nascosto e si può raggiungere, al momento attuale, solo dal mare e con una certa difficoltà. Un muretto di contenimento antico, in prossimità dell’ingresso, testimonia un passaggio ben predisposto in cui si doveva concludere certamente un agevole sentiero che metteva probabilmente in collegamento le varie grotte.
L’ingresso della grotta presenta lateralmente un muraglione costruito in passato per renderla più ospitale e probabilmente anche come protezione dell’interno da parte dei venti.




L’ambiente interno, asciutto, levigato e profondo circa 17 metri è in realtà costituito da due parti:
la parte anteriore, lunga circa 10 metri per cinque, in buona luce e con le pareti ben lisce doveva essere adibita al culto; l’altra parte, di circa sette metri e con una pianta quasi circolare, è in penombra e forse era dibita a dormitoio o refrettorio per la presenza di cunicoli utilizzati come prese d’aria

Nella grotta qualcosa di eccezionale.. presenta nelle pareti rocciose delle pitture.




Tutte le immagini sono racchiuse in stilistici riquadri e le figure presentano il caratteristico nimbo.
Gli affreschi si trovano in quella parte della grotta esposta alla luce, a circa 1,50 m dall’ingresso, sulla destra e sulla sinistra. Le immagini sono riportate su di un fondo bianco, riquadrato in rosso ed incorniciato all’interno in  giallo.

Nella parte di destra al centro e in posizione un po’ sopraelevata rispetto alle altre figure, c’è l’immagine della Madonna, affiancata da un santo, nell’atto in cui abbraccia il Bambino.


C’è poi il riquadro con un personaggio (Santo) non ben  identificato perché non leggibile che sembra barbuto e con un libro in mano. Questa figura indossa all’apparenza un manto serico decorato e svolazzante.
Le due figure potrebbero essere la rappresentazione dei Santi Pietro e Paolo.

Il Santo con la barba e il libro

Guardando il riquadro della Madonna , a sinistra, è raffigurata Santa Margherita con due angeli.


Accanto all’immagine di Santa Margherita, sulla sinistra, è disegnata la testa di un mostro, mezzo pesce e mezzo drago.


Sulla parete di sinistra si notano le tracce di un affresco rovinato che raffigura la Crocifissione con al centro il Cristo in Croce e ai due lati due santi dolenti, forse la Madonna (o la Maddalena) e  San Giovanni.
Risultano ben evidenti e visibili le mani crocifisse e il viso di San Giovanni dolente.
Subito dopo la Crocifissione una serie di immagini di Santi illeggibili perché rovinati.

La Crocifissione

Ricostruzione schematica della Crocifissione

I dipinti sono stati rovinati dai visitatori con scritte e altro….
L’ambiente nel 1976, quasi mezzo secolo fa…., fu segnalato da G. Pottino e U. Mirabelli e, con l’aiuto di qualche foto eseguita da P. Thomas e B. La Bruna, posto all’attenzione di Rosario La Duca. La notizia fece scalpore e lo stesso La Duca (Palermo, 22 giugno 1923- Palermo, 23 ottobre 2008; storico dell’arte, ingegnere, accademico e politico) attribuì il dipinto al XII secolo pur non avendolo visitato.
Da quel momento il sito stranamente rimase in abbandono perché non facilmente raggiungibile e questo contribuì a preservarlo in discrete condizioni malgrado l’intervento di certi ”amanti dell’arte e della natura” che sono riusciti a raggiungerlo imprimendo sulle figure dei disegni, firme e altro….vergogna…

Gli affreschi sembrano databili al XIII – XIV secolo e probabilmente farebbero parte di un ciclo pittorico che prevedeva la realizzazione di una Madonna con il Bambino, in atteggiamento affettuoso e per questo motivo detta “eleusa”; di un Santo, affiancato alla Madonna, con barba e con un libro, e da un altro santo non identificato. Sulla parete opposta una Crocifissione e una serie di figure di cui restano sono labili tracce che con il passare del tempo stanno ormai scomparendo.
Un aspetto importante è legato al fatto che gli affreschi attuali furono sovrapposti a raffigurazioni ben più antiche.

Le immagini nei secoli sono stati più volte ridipinte utilizzando colori naturali semplici,  con prevalenza dei colori giallo e rosso ocra, e si notano le tracce di dipinti in stile bizantino al di sotto di quelli oggi visibili.

Il ciclo pittorico, posto sulla parete di destra, si conclude con la raffigurazione di un pesce “mostro” posto su un arco roccioso sporgente che sembra separare il vestibolo, parte anteriore della grotta, dalla cavità terminale di forma rotondeggiante.
Una figura marina con squame e raffigurata in modo quasi umano: con lunghe ciglia, sguardo sornione, una lingua maligna pendula e grandi denti aguzzi.
Rappresenta il Male e si snoda in modo sinuoso sull’arco e finendo, con il lungo corpo e la coda,  probabilmente nel posto in cui è raffigurata la Madonna che fu aggiunta successivamente.
Guardando la figura si nota nella profondità della grotta, nella parte terminale, un cumulo di pietre che sembrano ben disposte.  Il pesce sembra voler indicare quel punto… forse la sepoltura di qualche personaggio importante della comunità che frequentava la grotta ? O ancora la sepoltura di un eremita che aveva predicato il vangelo e combattuto il Male ?
Mancano gli studi e degli scavi o indagini archeologiche che potrebbero svelare tanti misteri. In particolare uno studio  su queste pitture che sembrano descrivere un arco di tempo che potrebbe benissimo andare dal periodo bizantino, monaci basiliani, al XIII – XIV  e XVII secolo. Un patrimonio culturale ignorato.
Il pesce marino ha una datazione più antica perché il trittico di Santa Margherita, della Madonna e forse dei Santi, fu sovrapposto  al “pesce”. Una scrostatura dell’icona di Santa Margherita evidenzia la continuazione pittorica del “pesce-mostro”
Il pittore del XIII/XIV secolo con il suo disegnò affidò alla Madonna e ai Santi, che ricoprono le pareti della grotta, il compito di proteggere se stesso e la comunità del mare dai mostri che lo popolano e, per allegoria, dal Male del Mondo.
Le immagini pittoriche vengono confrontate nei loro studi con immagini simili e la Madonna della grotta si potrebbe benissimo confrontare con l’Odigitria del XII secolo presente nella Cappella Palatina di Palermo.

 Palermo – Cappella Palatina

Il pesce, che presenta un caratteristico muso di delfino o di squalo, animali che nella realtà sono privi di squame e di lingua e che distrurbavano con la loro presenza l’ingresso dei tonni nella tonnara di Scopello, si potrebbe benissimo collegare e confrontare con i dettagli delle bestie e degli animali fantastici rappresentati nelle travi del Palazzo Steri a Palermo e soprattutto con la raffigurazione del Maligno come cane con corpo di serpente nell’”albero della vita” del portico meridionale della Cattedrale di Palermo, databile tra il 1129 ed il 1429.

“Cane con corpo di serpente” , particolare del XIII – XIV secolo,
posto nel portico meridionale della Cattedrale di Palermo

 Santa Margherita, posta a sinistra della raffigurazione della Madonna e adiacente al “mostro marino”, è affiancata da due angeli ed è sovrapposta ad affreschi più antichi che risultano parzialmente nascosti. Si tratta di un affresco del XVII secolo di  buona esecuzione ma danneggiato da scritture moderne ed iscirizioni…..
Rappresenta Santa Margherita ? La santa è affiancata da due angeli che sembrano affiacciarsi da un struttura merlata cioè un castello forse da identificare con il vicino castello di Castellammare del Golfo.
Il collegamento a Santa Margherita sembra legato alla tradizione religiosa secondo la quale la Santa vinse il drago con il Segno della Croce, (talvolta con una collana di perle - margaritae), calcando il mostro, nel disegno marino, e vincendo il superamento di ogni paura.
Questa figura su sovrapposta alle figure precedenti del 1300 e dimostra, ancora una volta, la lunga frequentazione della grotta come luogo di culto. S’intravedono immagini di Angeli da colori più accesi e forse risalenti al Cinquecento.
Il culto della santa, secondo la tradizione e la passio sia greca che latina originaria di Antiochia di Pisidia e martire sotto Diocleziano (307), è presente presso altre fondazioni basiliane di Puglia e di Sicilia (a Melfi esiste una grotta di Santa Margherita con pitture rupestri, come alla santa è dedicato un antico centro monastico presso Sciacca).
La chiesa greca la chiama “megalomartyr” e della santa si fa già memoria dal secolo IV. In occidente è ricordata per la prima volta tra i martiri  nelle litanie del VII secolo e successivamente nei martirologi a partire del IX secolo. Il culto della santa si diffuse dunque in occidente, forse proprio in seguito al riflusso verso l’occidente del monachesimo orientale.
Si ritiene che le sue reliquie siano state portate nel X sec. a Montefiascone nel Lazio. Essa fa parte dei quattordici Santi Ausiliatori e delle Quattuor Virgines Capitales. Krauss, Uthemann,
Ad altro santo, pure vincitore sul maligno, San Michele Arcangelo (la chiesa era detta anche S. Angelo al Monte) era dedicata l’antica chiesa di Scopello.




Nella parete opposta è presente il dipinto della Crocifissione con un apostolo o una Maddalena e qualche altri figura. Questo affresco risalirebbe anch’esso al XIII-XIV secolo.
Le immagini non sono molto chiare e con alcuni interventi di restauro potrebbero svelare molti misteri e quindi dare una giusta interpretazione… ma a chi interessa ?
Abbiamo descritto gli affreschi… cercato di collocare dal punto di vista storico la loro origine…ma la storia di questo luogo ?
Le pitture testimoniano  un ambiente che era utilizzato per funzioni religiose ?

Un tema dibattuto e non risolto è quello legato alla possibilità che la grotta di Santa Margherita e quelle vicine possano costituire quella che potremmo indicare come una laura monastica.
La tipologia compositiva, in particolare quello della Madonna e della Crocifissione, riportano a dipinti similari presenti sempre in ambienti rupestri sia in Sicilia che nell’Italia meridionale come a Matera, in Puglia e in Calabria.
Forse siamo in presenza di una traccia di vita eremitica che si potrebbe collocare dal VII secolo in poi ?
Con il VII secolo si verificò un vero e proprio processo migratorio dall’Oriente verso l’Occidente di religiosi e monaci. Una migrazione dal mondo ellenico ma anche dalla Siria e dell’Egitto, alla ricerca di un luogo sereno per la loro vita ascetica turbata dalla lotta iconoclastica, dalle controversie religiose e successivamente dalle invasioni prima persiana e poi araba.

Con queste “migrazioni” di monaci ci troviamo in presenza di una Sicilia sempre più bizantina, con legami sufficientemente saldi con Roma, e con una serie di cenobi che porteranno avanti un discorso  importante dal punto di vista religioso e culturale.
L’invasione araba dell’827 porterà i greci in minoranza ma in ogni caso i musulmani in Sicilia  non esercitarono una persecuzione sui monaci lasciando loro libertà di culto. Il monachesimo basiliano grazie a questi aspetti mantenne in tale periodo i suoi centri, anche se spesso in precarie condizioni strutturali ed economiche, e contribuì a non fare spegnere l’elemento cristiano in un mondo islamico.
Uno dei centri più significativi fu il monastero di Santa Maria di Boikòs di Vicari detto anche Biccari o Boico. Ruggero il normanno trovò i monaci di questo monastero che pregavano per il suo successo contro gli infedeli.
Lo stesso Ruggero con un atto datato ottobre 1097 fece donazione di alcune terre al monastero e tra queste terre Scopello.
Monastero Basiliano di Santa Maria de Boikòs che sorgeva ai piedi del Castello (allora un piccolo presidio militare) di Vicari, che “in eremi laura” avviava giovani monaci ed eremiti a tradurre la fede in superamento delle passioni ed a conseguire quella “apatheia” con lo splendido contatto con la natura.

La donazione testimonia un legame già esistente tra Scopello e il monastero, venuto forse ad affievolirsi in epoca saracena. In seguito a quest’atto è possibile che stabilmente i monaci basiliani si trasferissero in questa zona e vivessero da anacoreti nelle grotte della costa in prossimità dell’antico Emporium.
Probabilmente la grotta di Santa Margherita fu il centro di raccolta dei monaci che scelsero di vivere in assoluto isolamento (laura).
Il termine “làura”  “cammino”..”strada” e successivamente “quartiere”.. La “laura” si distingueva dall’eremo, dove il monaco viveva da solo” e dal “cenobio”, dove il monaco viveva in comunità cioè in celle separate e cinte da un muro. La “laura” era invece un gruppo più o meno grande di celle monastiche, generalmente formate di piccole capanne o di grotte scavate nel territorio roccioso, ognuna separata dalle altre, ma con una chiesa in comune e con un sacerdote che amministrava i sacramenti e spesso, ma non sempre, guidava i monaci nella vita spirituale. Nel nostro caso siamo in presenza di alcune piccole grotte e della grotta Margherita che era adibita a luogo di culto e di preghiera da parte di monaci che vivevano isolati l’uno dall’altro dedicandosi  alla preghiera e ai lavori agricoli.
Il contatto con la natura favoriva nei giovani monaci il recupero dei valori e dei bisogni essenziali della vita.

Gli antichi terrazzamenti potrebbero avere un’antica origine ed essere legati proprio a quei monaci bizantini che partendo dal cenobio di Santa Maria di Boikos di Vicari decidevano di dedicare la propria vita religiosa nel più assoluto isolamento anche come periodo di prova spirituale.
La politica di Ruggero verso i monaci basiliani era motivata dalla necessità d’avere l’appoggio delle popolazioni greche dell’isola ma anche l’opportunità di utilizzare lo strumento religioso quale mezzo efficace per controllare e  vivificare i territori conquistati.
 Altri centri basiliani nel Trapanese erano Santa Trinità di Delia, Sancta Iryn ( sarà citato come casale  successivamente tra i territori concessi a Monte S. Giuliano da Federico II nel 1241) e le fondazioni di San Placido e Zachalanzir (oggi Raganzili) e di Tutti i Santi alla Linciasella presso il fiume di Custonaci (gli atti di donazione di terre a tali fondazioni monastiche sono del 1167 da parte di Guglielmo II ) 

Vicari (Pa) - Chiesa di Santa Maria di Boikòs
La presenza del mostro marino nell’antro sembra dunque aver determinato la denominazione della grotta e la successiva realizzazione dell’immagine di Santa Margherita, vincitrice sul drago e dunque sul Male. Un primitivo eremo sul mare, uno dei pochissimi sopravvissuti con originarie ed originali decorazioni marine. Un ambiente sede di un culto particolare legato alle acque ed ai suoi mostri e che spesso era frequentato dai pescatori della vicina Castellammare del Golfo.
Il tentativo di trasformare tale ambiente in una cappella rupestre sembra non fu portato a termine.
Infatti, come detto, sul fondo dell’antro un tumulo di pietre sembra collegarsi alla desposizione di un santo eremita nella parte più profonda della grotta e che risulta lavorata e levigato da un uso costante ed antico.
Ci sono altre grotte di difficile accesso lungo la stessa scogliera che indagate potrebbero rilevare l’esistenza dell’ importante laura marina di età medievale ma questo sembra ancora una volta non interessare nessuno……

Umbria – Valnerina – Laura monastica

Umbria – Valnerina – Laura monastica

L’Eremo di Santa Margherita porta pure ad una rilettura di un episodio avvenuto a Castellammare il 7 settembre 1641, il ritrovamento dell’immagine della Madonna della Scala da parte della pastorella Maria D’Angelo.
L’avvenimento, che la tradizione popolare ha arricchito di aspetti anche fantasiosi, certamente si riferisce  alla “invenzione” fortuita di una artistica immagine  “tutta adorna di gemme ed oro” in un anfratto roccioso nella località chiamata “li Scali”.
La tradizione narra che la giovane pastorella mentre pascolava il gregge sulle montagne di Castellammare del Golfo trovò rifugio in una grotta o anfratto “scavato” poco prima da un fulmine.
All’interno della grotta la  fanciulla trovò una piccola scatola d’argento recante un monogramma della Vergine ed una Croce.  Dopo il ritrovamento della scatola il temporale cessò e la fanciulla tornò a casa dai suoi genitori che nel frattempo erano preoccupati e la stavano cercando.
La preziosa scatola venne consegnata all’arciprete di Castellammare del Golfo che aprendola vi trovò una croce d’argento e un reliquario, adorno di gemme e d’oro, contenente un’immagine della Madonna con il Bambino. Sul luogo del ritrovamento venne edificata una chiesa  che venne dedicata alla Madonna con l’appellativo di Madonna della Scala. Un appellativo legato alla particolare conformazione del terreno che degrada dolcemente verso il mare.



La grotta dove trovò riparo la giovane pastorella durante il temporale era già esistente e un fulmine gli indicò la via per raggiungerla. Qui trovò il prezioso cofanetto di rame arrugginito che la giovane aprì trovando al suo interno un’altra scatola sigillata, questa volta d’argento, sulla quale era inciso il monogramma della Vergine e una Croce.
La tempesta cessò e la giovane non tornò a casa e rimase in ginocchio a pregare vicino a quel prezioso invenimento. I genitori preoccupati cominciarono a cercarla e la trovarono nella grotta in preghiera davanti a quel prezioso tesoro.
Fu subito chiamato l’arciprete di Castellammare del Golfo, padre Stella, che si reco con un gran numero di fedeli nella grotta. Aprì la scatola d’argento e vi trovò una croce d’argento e un reliquario contenete una preziosa immagine della  “Vergine e del Bambino Gesù tra le sue braccia, tutte adornate con gemme e oro…”.
“Il luogo fu custodito dai Padri Benedettini… una chiesa fu costruita con l’intenzione di creare un convento per la custodia della Sacra Immagine, e la Vergine fu chiamata Madonna della Scala, perché il punto in cui fu trovata era chiamata “li scali”. Fu realizzata una fedele copia in argento del reliquario, ma nessuno sa dove sia andato l’uno o l’altro”.
Si racconta che in quei giorni la Madonna della Scala era apparsa in sogno alla madre della pastorella chiedendole di condurre un piccolo corteo di bambine (“li vergineddri”).
La donna obbedì al volere della Madonna e prima di accompagnare le bambine alla processione, servì loro un piatto di “tagghiarini” cioè pasta con le fave cotte e “spicchiate”.
Per raggiungere la piccola chiesa bisogna percorrere una lunga scalinata al cui termine si ammira uno splendido panorama. La Chiesa  fu costruita quasi alle pendici del Monte Ilici cioè sulle sue propaggini che dominano la città.
La devozione per la Madonna è molto vivo negli abitanti di Castellammare del Golfo, mi sembra che la Chiesa sia un Santuario Mariano, il cui culto è celebrato l’8 settembre. La processione prevede ancora oggi la processione delle bambine e la preparazione della psta con le fave in Piazza Fraginesi.
C’è da rilevare che stranamente il santuario subì anni di completo abbandono e che in tempi recenti il luogo di culto fu restaurato e riconsegnato alla devozione della comunità

L’antica immagine dove finì ? Era un icona bizantina legata ai monaci della “làura” di Santa Margherita ? L’immagine era la stessa di quella presente nella chiesa rupestre di Santa Margherita ?
Tanti interrogativi e le relative risposte possono essere affidate solo a delle ipotesi.
L’antica immagine si è volatilizzata per la rapacità dei famosi vicerè spagnoli, non esiste più traccia e nemmeno della copia che fu eseguita. Si può certamente avanzare l’ipotesi che si trattasse di una preziosa icona bizantina, nascosta in epoca antica, quando le grotte della nostra zona erano abitate da monaci orientali ed occasionalmente  venuta alla luce.
Da notare che i monaci benedettini presero subito in tutela la chiesa costruita sul luogo del ritrovamento, quasi che tra quelle balze montagne e quelle grotte avessero sostituito i basiliani nella predicazione del Vangelo.

Santuario -  Il quadro della Madonna



La rilettura di un antica carta del territorio della città del Monte (Erice) riportata da un antico cronista, Bonaventura Provenzani, è il più attento documento dal punto di vista delle testimonianze religiose.
Questo documento si riferisce probabilmente ad altri documenti più antichi ed evidenzia nella zona descritta delle costruzioni o piccole cappelle che sono indicate con delle croci. Probabilmente si trattava di fondazioni religiose o si faceva riferimento alla memoria storica delle stesse fondazioni.
Il pianoro che sovrasta la scogliera in cui si trovano le grotte ed indicato con il termine di “Marcatu di lu Pirali”, spinge ad avanzare l’ipotesi dell’esistenza di un piccolo nucleo abitativo che è testimoniato dal rinvenimento di ceramica sparso nel territorio. Si tratta dell’antico centro monastico, la “làura”, collegato tramite sentieri a strapiombo sul mare e sembra che proprio su uno di questi sentieri si trovi ancora “un antica  bassa porta di chiusura”. Un sentiero che collegava le varie grotte a quella principale di Santa Margherita dove era collocato il luogo di culto.

------------------------
Su internet c’è un blog che  dal 2008 porta avanti un dibattito sulla  valorizzazione della grotta di Santa Margherita.
Il blog di Nicolò Lentini chiesero al Sindaco di Castellammare del Golfo, l’ing. Marzio Bresciani:

Egregio Sindaco Bresciani,
il nostro Blog è interessato a farle una richiesta particolare che riguarda il recupero e il restauro della grotta di Santa Margherita.
Le chiediamo di interessarsi al recupero di questo nostro patrimonio culturale di altissima qualità, l'accesso alla grotta è possibile quasi esclusivamente dal mare, tranne l'utilizzo via terra per impervi sentieri a strapiombo sul mare.
Le chiediamo che si ponga in essere uno studio per il recupero e il restauro delle icone che vi sono nella grotta e la progettazione di un percorso via terra che porti all'ingresso della grotta nel pieno rispetto della costa, della flora e della fauna.
con osservanza
IL Blog di Nicolò Lentini “

Panorama della grotta di Santa Margherita





Come rendere fruibile la grotta ?
Un percorso da terra sembra difficile a causa della parete rocciosa. Esiste, come testimonianza dell’antichità, un sentiero che veniva percorso dai monaci ma è molto scosceso e di estrema pericolosità. L’unico accesso potrebbe essere via mare ma è necessario una piattaforma d’attracco e il collegamento della stessa piattaforma all’ingresso della grotta. Si dovrebbe creare una scalinata in pietra che rovinerebbe la costa  fino adesso un vero gioiello della natura.
La grotta necessita di restauri e di appropriati interventi da parte di tecnici della Sovrintendenza per il recupero di quegli affreschi che coprono un arco temporale che va dal V- VII secolo al XIII secolo e fino al XVIII secolo.
Gli altri interventi riguarderebbero il recupero di Cala Bianca con i suoi terrazzamenti, le grotte, i palmenti e i vecchi fabbricati che testimoniano una presenza umana antichissima anche che arriva fino XX secolo con una presenza umana per attività agricole e pastorizie.


Come rendere fruibile la grotta ?
Un percorso da terra sembra difficile a causa della parete rocciosa. Esiste, come testimonianza dell’antichità, un sentiero che veniva percorso dai monaci ma è molto scosceso e di estrema pericolosità. L’unico accesso potrebbe essere via mare ma è necessario una piattaforma d’attracco e il collegamento della stessa piattaforma all’ingresso della grotta. Si dovrebbe creare una scalinata in pietra che rovinerebbe la costa  fino adesso un vero gioiello della natura.
La grotta necessita di restauri e di appropriati interventi da parte di tecnici della Sovrintendenza per il recupero di quegli affreschi che coprono un arco temporale che va dal V- VII secolo al XIII secolo e fino al XVIII secolo.
Gli altri interventi riguarderebbero il recupero di Cala Bianca con i suoi terrazzamenti, le grotte, i palmenti e i vecchi fabbricati che testimoniano una presenza umana antichissima anche che arriva fino XX secolo con una presenza umana per attività agricole e pastorizie.



Nel gennaio 2016 l’amministrazione comunale di Castellammare del Golfo  presentò il progetto “Memorie antropologiche lungo la costa del Castellammare del Golfo” che tra le iniziative prevedeva il recupero e la valorizzazione della grotta di Santa Margherita.
Lo scopo è quello di rendere accessibile via terra la splendida grotta, al momento raggiungibile solo dal mare. 
Il tratto di costa che va da Castellammare a Scopello è caratterizzato dalla presenza di numerose grotte che raccontano di un territorio un tempo abitato e raggiungibile attraverso mulattiere e antichi sentieri, ormai abbandonati. «Grazie alla collaborazione e alla passione dei componenti del CAI di Castellammare e di studiosi del territorio come il professore Internicola, l’attenzione si è concentrata soprattutto nell'intervento di restauro, conservazione e valorizzazione delle risorse storico/antropologiche della grotta dedicata a Santa Margherita e delle antiche mulattiere –afferma il sindaco Nicolò Coppola-, per renderla accessibile da terra allo scopo di farla diventare un’attrattiva per le popolazioni residenti, dei visitatori, dei turisti e degli imprenditori che intendono investirvi risorse». L’amministrazione «nella scelta di restituire alla cittadinanza la memoria storica dei suoi territori, ha affidato ad una professionista del settore, l’architetto Irene Cavarretta, l’incarico di redigere un progetto per il restauro e la valorizzazione dei monumenti architettonici del mondo popolare di costa – spiega il dirigente dell’ufficio tecnico Simone Cusumano - in una prospettiva di recupero dell’identità del territorio, conservando e valorizzandone i beni antropologici delle vecchie cave  delle antiche tonnare e delle grotte quali abitazioni dei pastori, individuando nella riqualificazione del territorio la possibilità di uno sviluppo turistico/rurale».
--------------------------------
Ci sono diverse compagnie di navigazione che organizzano Tour lungo la costa tra cui la
Partenza dal Porto di Castellammare del Golfo ed include la visita e le seguenti attrazioni:
 
  • GROTTA DI SANTA MARGHERITA
  • PUNTA IN TESTA LA PORTA
  • GROTTA DELLA VUCCIRIA
  • CALA BIANCA
  • CALA ROSSA
  • GROTTA DELLE COLOMBE
  • GUIDALOCA
  • sosta con bagno a SCOPELLO
  • a seguire la RISERVA DELLO ZINGARO con:
  • CALA CAPRERIA
  • CALA DEL VARO
  • PUNTA LEONE
  • CALA DELLA DISA
  • CALA BERETTA
  • CALA MARINELLA
  • TORRE DELL'UZZO con sosta e bagno











---------------------------------

Vicari - Castellammare del Golfo - Scopello


Commenti

Post popolari in questo blog

MONTE PELLEGRINO (R.N.O.) - Palermo - "Il Promontorio più bello al mondo.." -

PIETRAPERZIA (Caltanissetta) – Il castello della Principessa Dorotea Barresi “Grandes de Espana de primera grandeza” - La triste storia di uno dei castelli più belli della Sicilia..

MONTE PELLEGRINO (RNO)(PA) – LA GROTTA DELLE INCISIONI