San Leucio -- il Sogno del re Ferdinando I di Borbone - La prima colonia socialista dell'era moderna - Seconda Parte : Gli Aspetti Agrari
Indice:
-
Superficie agraria originaria del Real Sito di San Leucio – Acquisizione di
terreni con permute;
Quadro riassuntivo delle produzioni del Real
Sito di San Leucio;
23.
Reali Giardini di S. Leucio – Il Nuovo
Parco – Francesco I di Borbone - La
Casetta di Delizia nel Nuovo Parco – Il Monumento Gotico
24.
Montagna sottoposta alla filanda;
25.
Giardini di San Silvestro;
26.
Real Bosco di San Leucio;
27.
Vigna della Torretta;
28.
Vigna del Pomarello;
29.
Vigna dell’Arcone;
30.
Vigna del Zibibbo;
31.
Vigna di San Silvestro;
32.
Vigna del Ventaglio – In una cantina un bottiglia di vino del 1860 – La Vigna
per la sua
Valorizzazione è stata data in concessione
alla Società “Tenuta Grande”;
33.
La Sparaciaia;
34.
Territorio Ulivetato detto “La Calcara”;
35.
La Lepreria;
36.
Carpineto con il “Capo Retajolo”;
37.
Monte Sommacco (ex Montagna della Rocca) e il Monte Tifata – La coltivazione
del
sommacco;
38.
Montebriano e Montemajulo (Boschi ed uliveti)
39.
Terreni Acquistati:
a. Montanino;
b. Montecupo;
c. Le “Brecce” – “Cagnolillo”;
40.
Terreni Acquistati con retrocessione dei censi;
41.
Terreni acquistati con denaro contante dal Novembre 1753;
42.
Terreni acquistati con permute dal 1753 al 1783;
43.Acquisizione
di terreni con permute e riuniti all’Amministrazione Reale di San Leucio
durante l’Occupazione Francese; Acquisizione della “Masseria” Acquisizione della Montagna di Buonpane
al Sommacco;
44.
I terreni della Badia di Santa Croce di Caiazzo trasferiti alla Reale
Amministrazione di San
Leucio durante l’occupazione militare
francese;
45.
I Terreni dell’Abbazia di san Pietro ad Montes trasferiti alla Reale
Amministrazione di San
Leucio in seguito alla Sovrana
Risoluzione del 28 dicembre 1795;
46.
Fondi Rustici della Reale Amministrazione di San Leucio – Reali Mulini di
Montebriano e
l’officina per la filatura “de’ cotoni” – Il Marchese di
Montinaro (Famiglia De Renzis) –
L’antica via dei “Pallettoni” a Caserta;
47.
Progetto Frutta Antica;
48. Gli Antichi Vitigni del Real Sito di San
Leucio;
Aglianico – Aleativo – Lacrima –
Delfino Bianco (Pergolone d’Ortona ?) –
Piedimonte Rosso e Bianco (Pallagello
Nero e Bianco) – Terranova Rosso –
Lipari Bianco e Rosso (Malvasia e
Corinto Nero) –
Siracusa Rosso e Bianco ( Pollio,
Albanello, Nero d’Avola e Syrah) –
Uve “Bianche Vernotiche” (Falanghina e
Fiano Minutolo)
Somma (Somma Vesuviana) Bianche e Nere (Catalanesca. Coda di Volpe,
Piedirosso)
Zibibbo
49.
Il MirtoAltro File su San Leucio:
San Leucio (Caserta) –
Ferdinando I di Borbone e la sua Repubblica Socialista…..
La prima Colonia Socialista dell’era moderna con un primato mondiale nella fabbricazione della seta.
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Quadro riassuntivo delle produzioni del Real Sito di San Leucio;
23. Reali Giardini di S. Leucio – Il Nuovo Parco – Francesco I di Borbone - La Casetta di Delizia nel Nuovo Parco – Il Monumento Gotico
24. Montagna sottoposta alla filanda;
25. Giardini di San Silvestro;
26. Real Bosco di San Leucio;
27. Vigna della Torretta;
28. Vigna del Pomarello;
29. Vigna dell’Arcone;
30. Vigna del Zibibbo;
31. Vigna di San Silvestro;
32. Vigna del Ventaglio – In una cantina un bottiglia di vino del 1860 – La Vigna per la sua
Valorizzazione è stata data in concessione alla Società “Tenuta Grande”;
33. La Sparaciaia;
34. Territorio Ulivetato detto “La Calcara”;
35. La Lepreria;
36. Carpineto con il “Capo Retajolo”;
37. Monte Sommacco (ex Montagna della Rocca) e il Monte Tifata – La coltivazione del
sommacco;
38. Montebriano e Montemajulo (Boschi ed uliveti)
39. Terreni Acquistati:
a. Montanino;
b. Montecupo;
c. Le “Brecce” – “Cagnolillo”;
40. Terreni Acquistati con retrocessione dei censi;
41. Terreni acquistati con denaro contante dal Novembre 1753;
42. Terreni acquistati con permute dal 1753 al 1783;
43.Acquisizione di terreni con permute e riuniti all’Amministrazione Reale di San Leucio durante l’Occupazione Francese; Acquisizione della “Masseria” Acquisizione della Montagna di Buonpane al Sommacco;
44. I terreni della Badia di Santa Croce di Caiazzo trasferiti alla Reale Amministrazione di San
Leucio durante l’occupazione militare francese;
45. I Terreni dell’Abbazia di san Pietro ad Montes trasferiti alla Reale Amministrazione di San
Leucio in seguito alla Sovrana Risoluzione del 28 dicembre 1795;
46. Fondi Rustici della Reale Amministrazione di San Leucio – Reali Mulini di Montebriano e
l’officina per la filatura “de’ cotoni” – Il Marchese di Montinaro (Famiglia De Renzis) –
L’antica via dei “Pallettoni” a Caserta;
47. Progetto Frutta Antica;
48. Gli Antichi Vitigni del Real Sito di San Leucio;
Aglianico – Aleativo – Lacrima – Delfino Bianco (Pergolone d’Ortona ?) –
Piedimonte Rosso e Bianco (Pallagello Nero e Bianco) – Terranova Rosso –
Lipari Bianco e Rosso (Malvasia e Corinto Nero) –
Siracusa Rosso e Bianco ( Pollio, Albanello, Nero d’Avola e Syrah) –
Uve “Bianche Vernotiche” (Falanghina e Fiano Minutolo)
Somma (Somma Vesuviana) Bianche e Nere (Catalanesca. Coda di Volpe, Piedirosso)
Zibibbo
49. Il Mirto
San Leucio (Caserta) –
Ferdinando I di Borbone e la sua Repubblica Socialista…..
La prima Colonia Socialista dell’era moderna con un primato mondiale nella fabbricazione della seta.
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Superficie Originaria del Real Sito di San Leucio
Nome del Fondo |
Superficie Mq |
Superificie Regno di Napoli Moggio – passi -
passitelli |
Giardini di S.
Silvestro |
7.708 |
|
Vigna della
Torretta |
32.202 |
|
Vigna del
Pomarello |
5.928 |
|
Vigna dell’Arcone |
27.581 |
|
Vigna dello
Zibibbo |
16.812 |
|
Vigna di S.
Silvestro |
54.864 |
|
Vigna del
Ventaglio |
30.380 |
|
Territorio del
Rosario |
35.631 |
|
La Sparaciaia |
9.533 |
|
Giardino vicino
la Sparaciaia |
847 |
|
Giardino Nuovo
dietro Quartiere San Carlo |
6.775 |
|
Uliveto la Calcara |
37.341 |
|
Territorio
dirimpetto la Vaccheria |
25.985 |
|
Territori
Seminativi “Parco delle Vacche” |
26.203 |
|
Lepreria |
76.592 |
|
Piantagione Mele Nel Bosco |
81.297 |
|
Piantagione mele Fosso Gradillo |
20.158 |
|
Montebriano e
Montemaiolo |
111.783 30.486 62.579 |
|
Carpineto |
45.180 |
|
Quercione |
51.619 |
|
Uliveto vicino
corpo di guardia alla Cascata |
3.146 |
|
Totale |
1.656513 mq = 166 ha |
|
Il Bosco “San
Leucio” ha una superficie (al netto dei meleti) di |
185 ha |
|
La Superficie originaria del Real Sito “Colonia di San Leucio “ era di circa 351 ha.
Acquisizione di terreni con permute
Nome del Fondo |
Superficie in mq |
|
Masseria Ferrari |
410.000 |
|
Dognolillo |
117.560 |
|
La Croce |
28.849 |
|
Montagna Buonpane |
187.660 |
|
Terreno contiguo alla Montagna di Buonpane |
20.663 |
|
Ponte Sala |
9.259 |
|
Fosso dell’Arena |
5.499 |
Terreno acquisito per la creazione di una fagianieria
che non fu mai realizzata |
Totale |
779.490 mq |
|
Quadro
Riassuntivo delle produzioni nel Real Sito
Pianta |
Numero |
Produzione |
Produzione |
Note |
Limoni |
164 |
|
|
|
Arance |
201 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Frutta |
347 |
|
|
Pera – Mela –
Pesca – Prugna – Altra Frutta: non distinta e piantate nei Giardini Reali
accanto al Belvedere |
Pere |
256 |
|
|
Di cui 74 nel
Bosco di S. Leucio |
Pesche |
139 |
|
|
|
Crimosole (Albicocche) |
79 |
|
|
|
Mele |
581 |
|
|
Di cui N. 505
nel Bosco di S. Leucio |
Prugne |
43 |
|
|
|
Percoche |
64 |
|
|
|
Fichi |
244 |
|
|
* Un numero considerevole di piante
di Fichi si trovava nell’ultimo settore dei Giardini Reali. Settore che fu diventò, in parte,
“boschetto di amarene e melograni”, di cui non si indica il numero delle
piante |
Amarene |
148 |
|
|
* |
Melograni |
4 |
|
|
* |
Cirriegge Ciliegie |
87 |
|
|
|
Sorbi |
6 |
|
|
|
Noci |
2 |
|
|
|
Castagni |
1000 |
|
|
Solo sul Monte Sommacco Non si riporta il numero di
Piante presenti sul Monte San Leucio e che doveva essere considerevole. |
Gelsi |
899 |
|
|
(di cui 360 piante mostravano una
crescita stentata perché messe a dimora in un luogo non adatto) |
Ulivi |
2310 |
10 cantaja
|
891 kg 891/0,92 = 968
litri di olio |
Produzione parziale riferita solo
agli uliveti di Monte Montebriano e Montemaiulo |
Viti |
61364 |
428 barili
|
18670 litri |
Produzione Parziale |
Mirtella (Mirto) |
|
60/70 cantaja |
5346/6237 kg 24/28 litri |
Per 1 litro di olio essenziale ci
vogliono circa 225 kg di pianta |
23. Reali Giardini
di Belvedere
Il giardino, in cui si coltivano scelti fiori, è il primo che si vede nella parte inferiore, esso è di figura rettangolare, ed è il più piccolo di tutti.
Viene poscia in sito più alto il giardino detto degli agrumi, circondato da ventidue piante di aranci, e rivestito di altre cento diciotto grosse piante della stessa specie messe con regolare simmetria.
Questo giardino fornito di ringhiere di ferro dalla parte di mezzogiorno, ha la figura di un quadrato, nel di cui mezzo evvi una colonna, dalla estremità della quale sorte una graziosa zampollina di acqua.
Si può entrare nel medesimo anche per mezzo di una porta munita di cancello di ferro che sporge nel piccolo spazio ad occidente del Real Casino.
Si sale in seguito ad un secondo quadrato fornito di fontana, vi è in esso una spalliera con ventitre alberi di agrumi, e vi sono inoltre centocinque alberi di pera, di pesche, di mela e di altre frutta, e si coltivano erbe di ogni sorta. Nel mezzo del lato orientale di questo quadrato evvi una porta con cancello di ferro grande, e con una scala ornata di ringhiere di ferro. È questo l’ingresso principale ai giardini, ed è situato nel piano rimpetto alla linea dè portoni del Real Casino.
Da questo secondo quadrato per breve scalinata interna si giunge ad un terzo, nel quale vi è una spalliera con trentacinque piante di limoni. Vi sono inoltre novantadue alberi di ottime pera, di pesche, e di altre frutta.
Nell’angolo a sinistra di questo giardino evvi una piccola porta per la quale si passa al parco.
Più in alto evvi un quarto giardino a rettangolo, in cui si vede una spalliera con quaranta piante di limoni; vi sono inoltre cento quattro alberi di pera, di prugna, di pesche e di altre frutta.
Nella estremità a dritta di questo rettangolo evvi una porta riservata alle sale delle Persone Reali, per la quale si va’ a’ Reali appartamenti. Vi è inoltre nel centro una vasca per lo inaffiamento.
Si sale in ultimo a due giardinetti che compongono una figura quasi rettangolare. Nel primo di essi vi è una spalliera con venti piante di limone, e ventitre di altre frutta. Nel secondo ch’è più alto, e nel quale si giunge per mezzo di una scaletta, evvi un'altra spalliera con ventuno piante di limoni e ventitre di altre frutta. Evvi pure la gran vasca, nella quale entra la copiosa quantità di acqua, che poi si spande per i giardini sottoposti, e va altrove. Vi è pure su questo sito una porta munita di cancello di legname, per la quale si esce nel parco.
Al di sopra di tutti questi giardini esserne un altro detto di fichi, il cui piano corrisponde a quello de’ tetti del Reale appartamento, ma questo giardino si è ora riunito al parco, ed è divenuto boschetto di granati ed amarene.
La coltivazione di questi giardini è la migliore che può desiderarsi.
Fondiaria
Trattandosi di terreni addetti a delizie Sovrane non sono compresi nei ruoli di fondiaria.
Nuovo
Parco
Tutto questo terreno, messo fuori del recinto del bosco per non alterare la regolarità del muro che lo circonda, era interamente boscoso, e non serviva ad alcun uso.
S.M. Re Francesco( nell’anno 1826), osservando questo sito, ne vide tutta la bellezza, e comandò che una parte di esso, e precisamente quella, che incomincia dal cancello che sta al di sopra della nuova filanda, e termina alla porta de’ vermi, si fosse ridotta ad un parco di delizie; diradandosi il bosco ne’ luoghi più fitti, stabilendosi de’ gruppi di scelte piante ove la opportunità lo additasse, e formandosi delle praterie nelle diverse pianure a declivio.
Questi ordini del Re sono stati eseguiti ed il nuovo parco gareggia colle bellezze de’ giardini Inglesi.
Da sinistra a destra: Maria Isabella di Borbone-Spagna (seconda moglie di Francesco I), Maria Carolina Ferdinanda, Maria Antonietta granduchessa di Toscana, Luisa Carlotta, Maria Cristina regina di Spagna, Ferdinando II, Maria Amalia, Francesco I, Carlo principe di Capua e Leopoldo conte di Siracusa
Si sono aperti de’ stradini ne’ siti opportuni, e si è aggiunto ciò che serve all’ornamento di un luogo Reale.
Due graziosi edificj messi ne’ punti di vista più importanti, compiono la bellezza di questo Parco.
Esso viene rallegrato da una cascata di acqua, che sorte quando il bisogno o la circostanza lo richiede dal piano inferiore di uno de’ due indicati edificj.
Finalmente trovasi pure aggregato a questo Parco il giardino de’ fichi, asservito oggi a boschetto di granati e di amarene, ed il delizioso sito detto il Tosello, che presenta uno de’ più bei punti di veduta, che offre Belvedere.
La estensione di questo Parco può ascendere a circa moggia
Casetta di
Delizia
Nel Nuovo Parco
È di forma rettangolare, la sua primiera costruzione di contemporanea a quella del condotto che dalla cascata grande mena l’acqua a Belvedere, per regolare in detto punto l’acqua medesima secondo il bisogno.
Il tempo del decennio fu alzato il secondo piano ad uso di guardia.
Non ha guari per comando dell’Augusto Re Francesco si è questa fabbrica ridotta nello stato attuale, che è il più gajo che poteva ivi farsi.
Una scaletta semicircolare a due braccia nella parte di mezzogiorno, ed un'altra di pochi scalini dritti nel lato opposto sulla strada rotabile del formale, anzidetto introducono a questo piccolo fabbricato, il quale si compone di due piani, ciascuno di una stanzetta, e passaggi laterali, con loggiato scoverto al si sopra.
In mezzo alla stanza del pianterreno è situato un recipiente di marmo a guisa di bagno con caduta d’acqua, racchiusa da ringhiera di ferro.
La stanza superiore poi, a cui si ascende per idonea scala, è fornita di tuttociò che può servire ad un delizioso trattenimento.
Finalmente altra scala simile alla già descritta porta comodamente al piano della loggia scoverta.
Tutto l’interno e l’esterno del fabbricato è abbellito con molta vaghezza secondo l’antica usanza Romana ed è fiancheggiato da due pensili giardinetti egregjamente disposti. Da’ singolare ornamento a questa piccola fabbrichetta l’acqua perenne che vi è portata dal citato condotto.
La qualcosa ha dato luogo all’immaginazione di una fontana con getto verticale al lato destro di chi guarda la casetta, e di una graziosa cascatina costrutta in piè della stessa verso il basso con artefatta scogliera.
È stata ultimata questa casetta nell’anno 1830.
La condotta idrica costeggiava il muro
Monumento Gotico
Nella fine
del Nuovo Parco
Una doppia scalinata circolare con alternative scalette dà l’ingresso a questo monumento. Le annose querce, che lo circondano, gli fanno assai bello accompagnamento, e producono tale graziosa illusione nell’animo dello spettatore, che tel fanno credere veramente antico. Questa fabbrichetta presenta ogni maniera d’ornamenti di stile Gotico.
24. Montagna Sottoposta alla
Filanda
Detta delle Pallotte
25. Giardini di San
Silvestro
26. Real Bosco di S. Leucio
Le
strade presenti nel bosco
27. Vigna della Torretta
Nella provincia di Caserta l’unità locale di misura della superficie agraria è il moggio che è utilizzato come sinonimo di tumulo.
Nel 1840 circa il moggio e suoi sottomultipli, nel circondario dello Stato di Caserta erano di:
1 moggio = 3.387,3632 mq
1 moggio = 30 passi dai cui 1 passo = 112,91 mq
1 passo = 30 passitelli da cui 1 passitello = 3,76 mq
32.202 mq = 3,2202 ha = 3 ha – 22 a - 2 ca
All’epoca del Re Ferdinando I di Borbone doveva avere quindi una maggiore estensione dal lato orientale. La descrizione parla di un confine proprio ad oriente dove si trova un ingresso, che costeggia una strada “tortuosa”. Il prospetto lungo la strada “Via dei Giardini Reali”, frontale alle case del quartiere San Ferdinando Re, doveva essere di circa 363 metri. Ho indicato con la lettera (A) la probabile strada “tortuosa” come confine orientale della “Vigna della Torretta”. Più ancora ad oriente c’è un muro di confine, indicato con la lettera (B) che potrebbe essere il confine orientale della Vigna. Ma in quest’ultimo caso la superficie supera decisamente i 32.202 mq indicati dalla scheda di censimento del Real Sito di San Leucio. Naturalmente la mia è solo una ricostruzione grafica e da considerare solo come una probabile ipotesi.
28. Vigna del Pomarello
29. Vigna dell’Arcone
Ingresso Vigna
dell’Arcone
.........................
30. Vigna del
Zibibbo
.....................
31. Vigna
di S. Silvestro
...........................
32.Vigna del Ventaglio
Dal Belvedere si procede, attraverso la Via Giardini Reali,
per l’Oasi del WWF di Bosco San Silvestro. S’incontrerà sulla destra l’imbocco
per la sterrata dell’Oasi e poco dopo, sulla sinistra, è posta la Vigna del
Ventaglio.
Le vigne esistenti, della Torretta e del Pomerello, e diversi frutteti, erano stati impiantati dagli Acquaviva, principi di Caserta.
Creò la famosa vigna del Ventaglio sfruttando il declivio naturale della collina tra il Belvedere e San Silvestro.
Ciascun raggio partiva dal centro del semicerchio dov’era situato il piccolo cancello d’ingresso.
Iniziando dal primo raggio, le varietà erano le seguenti:
- Lipari Rosso;
- Delfino Bianco;
- Procopio;
- Piedimonte Rosso;
- Piedimonte Bianco;
- Lipari Bianco;
- Siracusa Bianco;
- Terranova Rosso;
- Conigliano Rosso;
- Siracusa Rosso.
Una vera e propria azienda che aveva tra l’altro l’obiettivo di studiare i vari vitigni. Il tutto condotto con grande professionalità dato che anche i nomi dei vari vitigni erano impressi su piccole lapidi di travertino.
Sulla sua figura si raccontano tante storie, alcune inedite, che mettono in
risalto il suo carattere estroso.
L’architetto era impegnato a Caserta per la costruzione della Reggia commissionatagli dal Re Ferdinando IV ed aveva fatto richiesta di una “cassetta di cioccolata” a suo fratello che , fuori dal Regno di Napoli, avrebbe dovuto pensare ad inviargliela al più presto superando gli intralci doganali.
Così scrisse al fratello Urbano il ” 26 gennaro 1754″ :
” Il giorno quattro di Febbraro partirò per Puglia, vedero’ se puotro’ avere il lascia passare per Mola a Caserta della cioccolata”
In data 1 febbraio 1754 aggiorno‘ il fratello dandogli disposizioni precise,
preoccupato dalla severità dei doganieri di Mola:
” La cioccolata la ponerete in una cassetta con la soprascritta a me per Caserta.
Il Marchese di Gregorio ha scritto a quel Doganiero di Mola di Gaeta che per ordine di Sua Maestà la lasci passare”
In pratica Luigi Vanvitelli aveva trovato il modo , tramite un alto funzionario del Re Ferdinando IV, per eludere il fisco daziario e la pignoleria del ” doganiero” di Mola.
Sappiamo che, in altri periodi , i controlli daziari per le merci che attraversavano il nostro territorio erano duplici , ed erano localizzati presso il Ponte di Rialto e presso la Torre di Mo
La natura, l’indole e la posizione declive del terreno rendevano questo sito
opportunissimo per una vigna. Fu essa stabilita presso a cinquanta anni indietro
sulle diverse proprietà, che si acquistarono dalla famiglia Panaro, come abbiamo
enunciato nel figlio 13 della presente platea.
La disposizione di questa vigna è singolare, come scorgesi dalla Tav.... messa
nel volume delle piante. Forma essa un semicerchio, diviso in 10 raggi, ed è
tanto somigliante ad un ventaglio, che ne ha preso e ritenuto il nome.
Ciascun raggio, che parte dal centro, ov’è il piccolo cancello d’ingresso, contiene
viti di uve di diverse specie, contrassegnate con lapidi di travertino.
La lapide, messa nel primo raggio a mano dritta dell’ingresso, indica le uve dette
Lipari Rosso. Quella del secondo raggio indica il Delfino Bianco. Quella nel
Quella nel quinto raggio indica Piedimonte Bianco. Quella nel sesto raggio indica
Lipari Bianco. Quella nel settimo raggio indica Siracusa Bianco. Quella nell’ottavo
Quella nel decimo raggio indica Siracusa Rosso.
Le viti sono basse all’uso Siciliano, ed il loro numero giunge a diecimila.
Non vi è in questa vigna alcun albero, né vi si esercita altro genere di coltivazione,
che quello che è indicato per le vigne, cioè tre zappature, ingrasso di favucce
ed altro. Nella sommità di questa vigna a pochi passi fuori il recinto della
medesima nel sito il più alto vedesi un vasto pagliaio con de’ sedili
contornato da piante, e costruito nell’anno 1828 per luogo di fermata delle
Reali Persone”.
Confinazione e misura
Il lato meridionale di questa vigna è messo sulla strada, per la quale si sale a san Silvestro, e da questa parte è difesa da un muro, in mezzo alla quale c’è il cancello d’ingresso.
Gli altri tre lati sono circondati da terreni buoni del Real Sito, e si trovano circondati da deboli ripari di canne. Per ordine di S. M. deve costruirsi un muro per cingere l’intera vigna.
Compongono queste terre una estensione di moggia sette, passi ventinove e passitelli due. (30.380 mq = 3 ha, 03 a, 80 ca)
Rendita
Questa vigna, egualmente che le altre messe sul Real Sito, si tiene in amministrazione. Può calcolarsi, che si ottengono dalla medesima circa ottanta barili di vino.
Fondiaria
Non si paga contributo fondiario, perché compresa la vigna tra le terre addette a Reali delizie, bensì nei ruoli vengono riportate le vigne di Belvedere in due articoli al N. 1 per moggia 24, ed al N. 10 per moggia 3 colla osservazione di essere esenti dal contributo. Questa osservazione valga per le altre vigne.
«Il bisnonno di mio nonno non era un semplice bracciante ....ma uno degli uomini di fiducia del Conte Gennaro Carlo, incaricato da Re Lazzarone in persona di seguire le attività della Colonia Leuciana»
L’Azienda
“Tenuta Fontana”
33. Sparaciaia
.....................
34. Territorio Ulivato
Detto
la Calcara
35. Lepreria
la strada forma la limitazione di questo fondo
Veduta di parte
della Lepreria
..............................
36.Caccetta di
Carpineto
Esse per la loro natura, e posizione erano opportunissime al richiamo di siffatti uccelli, e vennero disposte in modo che potessero servire all’oggetto, cui erano destinate.
Chiamò inoltre la M.S. da Sorrento individui abili a tal mestiere, e quindi fece costruire l’edificio (Casa del Retaiolo all’Arco) per l’abitazione del Capo Retajolo, e per lo deposito delle reti, e degli altri necessarj utensilj.
Confina il quel sito le terre di primitivo acquisto, e le altre posteriormente comprate da diversi particolari, e distrutte eziando le antiche configurazioni, è difficile di poter pronunciare con dettaglio la loro provenienza. Lo stato attuale di questo tenimento è quello che segue. Forma esso una continenza di moggia tredici, passi dieci e passitelli quattro (45.180 mq = 4 ha, 51 a, 80 ca)
Trovasi diviso in tre sezioni.
Una parte di moggia otto, passi quindi e passitelli ventidue, è buona, ed è pure dotata di un canneto, che s’impiega per le vigne.
La seconda di moggia due, passi cinque e passitelli dodici è fornita di diversi alberi alti a richiamare gli uccelli, ed è precisamente nel sito, in cui può eseguirsi la cacia tanto al fucile che con le reti, e va in seguito inoltrandosi sempre in alto nelle scoscese sottoposte al sito di S. Silvestro. Esso è circondato da altre terre buone, che compongono Montebriano.
Confinazione e Misura
Questo tenimento incomincia dal piano messo dietro la casa delle reti, e va in seguito inoltrandosi sempre in alto nelle scoscese sottoposte al sito di S. Silvestro.
Esso’ circondato da altre terre boscose, che compongono Montebriano.
Rendita
Essendo piaciuto al defunto Re Ferdinando di tolerare, che tuttociò che ricavasi dalle terre colte ed incolte addette a questa caccia, potesse andare a beneficio del vecchio Capo Reatjolo Giuseppe Sane, la Reale Amministrazione nulla attualmente percepisce.
Nondimeno potrebbe ottenersi una rendita di circa ducati sessanta all’anno.
Fondiaria
Non vi è peso fondiario perche trattati di terreno addetto a Delizie Reali.
I confini della tenuta “Carpineto” sono ipotetici
Si tratta in un uccello miratore presente in quasi tutta l’Europa e diffuso da maggio fino a settembre. In inverno si trova nell’Africa tropicale.
Il tempo di percorrenza e la direzione del volo gli sono innate. Il beccafico vive in giardini, parchi, ambienti arbustivi e territori boschivi aperti. Molti si scelgono ogni anno lo stesso territorio per l'estate.
Il nome è composto dai termine “beccare” e “fico” perché ghiotto di fichi.
In latino era chiamato “ficedùla” cioè da “ficus” e da “edère” mangiare;
un termine che è ancora oggi usato in diversi regioni del centro-sud.
Dai cacciatori viene molto apprezzato per la sua carne.
..............
37. Monte Sommacco (Ex Montagna della
Rocca)
Appartenente al
Regio Demanio (Riserva di caccia)
Vicino Tifata (Monti Tifatini)
Il Monte Sommacco e i vicini Monti Tifatini
(Monte Tifata)
Pianoro della Montanina
Croce sul Monte Tifata... non
rispettata
Eremo di Sant’Offa
Tempio di Giove
famiglia delle Brassicacee. Fa parte delle piante “da blu” perché permette di
ottenere questo colore. Il colore si estrae dalle foglie raccolte durante il primo anno di vita. Dopo la macerazione e fermentazione in acqua si ottiene una soluzione dal colore giallo-verde che, agitata ed ossidata, produce un precipitato (indigotina). Il colorante, molto solido,
è utilizzabile nella seta, nella lana, nel lino, cotone e juta ma anche in cosmesi e per i
colori pittorici
Copiosi
raccolti di guado provenivano dalla Starza grande (Avellino) e dal feudo dei
Mormili dove era impianta anche la
coltivazione della Robbia.
La
lavorazione del guado si effettuava all’interno della Starza grande nei pressi
della Regalata, nel quartiere di San Carlino.
Nel
1751, grazie ad una iniziativa privata, nacque a Caserta una società per la
produzione di guardo tra il torinese Giuseppe Agostino Manera, D. Giovanni Pons
e D. Domenico Galiardo di Santa Maria di Capua. Il sovrano incoraggiò l’iniziativa
emettendo con l concessione il
Privilegio di poter fare l’erba per il Gialdo tanto in
questo regno,
quanto in quello di Dicilia
necessaria per le tinte de’ Panni e setaria colla
privativa per soli 14anni.
Agli
inizi del 1753 le prime quantità di guado prodotte, sebbene ritenute dai
mercanti del settore. Di tutta perfezione,
restarono
invendute a causa della concorrenza del “guado straniero” (cinese ed americano)
che monopolizzavano il mercato. Il Manera sollecitò il sovrano per l’adozione
di qualche opportuno provvedimento per
così proseguire l’industria in questo stato
che sarebbe di qualche vantaggio
per l’entrate di S.M in questa città.
In un
dispaccio del 17 agosto 1756, indirizzato al marchese di Squillaci (Leopoldo de
Gregorio), si rendeva notto che nella
società di produzione del guado, era entrate a farne parte anche la “Reale
Azienda” e che la fabbrica di produzione era stata installata a Durazzano e che
il Manera ne era il direttore. Nel documento ci si lamentava anche della
cattiva amministrazione e i modesti risultati che erano stati conseguiti.
Nel
dicembre dello stesso anno il Manera decise di lasciare il bene al regno e
chiese al Sovrano un contributo di 600/700 ducati per trasferire la propria
famiglia a Torino.
Il
sovrano (Carlo III di Borbone) era rimasto deluso dall’amministrazione del
Manera ed era disposto a versargli al massimo in contributo
Di centro dubli, per pura pietà
..... a patto che rinunci al
privilegio concessogli.
Privilegio
che, secondo l’accusa del sovrano, gli era stato estorto surrettiziamente dal
Manera,
avendo questi (il Manera)
millantato che quella di Caserta era la prima
fabbrica di guado del Regno,
laddove ne esisteva già una a Teramo
fondata molti anni prima.
Apparecchiarsi l’erba per l’uso di
tinta.
Il
fabbricato, denominato “Casa delle Tinte”
fu portato a termine nel 1772 come risulta dailibri contabili
dello stabilimento nei quali risulta che i “tre raffinatori di guado”,
in forzaall’opificio, percepivano un salario mensile complessivo di 12 ducati.Sul
monte detto “Sommaco” per iniziativa del barone siciliano Innocenzo Zappini,
furono introdotte la pianta del sommacco utile per la concia delle pelli e
anche piante di pistacchio. Avvenimenti,
per certi versi simili, colpirono anche la coltura e la coltivazione del
sommacco,una pianta particolarmente ricca di tannini ed impiegata per la
tintoria e la concia delle pelli.
Terreni Acquistati
36 Montanino
Territorio a
Montanino
Sul Monte
Sommacco
Stabilita mediante l’opera del barone Zappini la
piantagione del sommacco nelle terre demaniali del Comune di Caserta nel luogo
precisamente denominato Montanino, una della montagne della Rocca...., si vide
la necessità di fare acquisto di diversi terreni seminatorj ed alberati, che
alcuni particolari possedevano sul sito medesimo: Questi territorj, essendo
messi nel mezzo della indicata piantagione e nelle vicinanze del casino,
presentavano ostacolo alla coltura novellamente introdotta, anche per lo
accesso continuo, e molesto de’ rispettivi proprietarj.
Per
tali motivi S.M il Re Ferdinando con due Sovrane Risoluzione, la prima del dì 2
... 1192 e la seconda del dì 27 Febbrajo
1793 sanzionò la compra di queste terre, le quali furono eseguite con
istrumenti stipulati nelle epoche che verremo ad indicare.
Le
terre acquistate furono le seguenti:
Nome |
Superficie Moggia – Passi -
Passitelli |
Sup. in mq |
Sup. catastale |
Note |
Ducati |
Angela
Mincione Di
Coccagna |
3 - 17 – 5 1 – 10 – 0 0 – 15 - 0 |
12.100 1.129 1.694 14.923 |
1
ha,21 a 11 a, 29 ca 16 a, 94 ca 1
ha, 49 a, 23 ca |
Tre fondi
alberati |
340,80 |
Giovambatista
Gallo |
2 – 4 – 0 1 – 26 - 20 |
7.226 6.398 13.624 |
72 a, 26 ca 63
a, 98 ca 1 ha, 36 a, 24
ca |
Querce Ulivi fruttiferi |
362 |
Carlo
Petriccione |
3 – 13 - 0 |
11.630 |
1 ha, 16 a, 30
ca |
Frutteto vigneto |
301,45 |
Mattia
e Vucta Santenastaso |
2 – 8 – 0 |
7.678 |
76 a, 78 ca |
oliveto |
192,66 |
Antonio
Centone |
2 – 24 - 15 |
9.541 |
95 a, 41 ca |
Oliveto frutteto |
253,50 |
In tutto il prezzo di questi territori ascese a Ducati 1109,61
Il contratto con la Mincione fu stipulato da Notar Gennaro Vincenzo Scialla nel dì 13 Settembre 1792;
quello con Gallo ed altri fu stipulato da Notar Salvadore Pezzella nel dì 10 dicembre 1793.
Tutti questi terreni furono subito confusi agli altri adiacenti,, vennero pur soggettati alla coltura istessa, e sparì totalmente la loro antica configurazione.
Attualmente sono essi pure inselvatichiti ed addetti come tutti gli altri a formare una riserva di caccia, non è possibile individuare poi con precisione il loro sito, e figura né possono farsi de’ ragguagli sulla loro rendita.
37 Montecupo ( cave di pietre)
Nell’epoca dell’occupazione militare avendo compito il cavaliere Macedonio il progetto di acquistare e con denaro contante, e con permute i territorj che componevano la Riserva del Sommacco, trattò con Donna Antonia Cameo, e D. gennaro Scialla di Casanova, lo acquisto di un comprensorio di terre, che costoro possedevano nel sito precisamente detto di Montecupo, che entrava nel perimetro della Riserva. Era composto questo comprensorio di un pezzo di montagna arborea con mirtella della estensione di moggia undici, passi quattrodici e passitelli 20 ( 38.917 mq = 3 ha, 89 a, 17 ca); di un pezzo di terra seminatorio con cinquantaquattro piante di olive e di una cava di pietre con spiazzo, ed al suolo adiacente della estensione di moggia tre, passi tre, e passitelli venticinque (19.595 mq = 1 ha, 95 a, 95 ca).
Concentrate dunque queste tre porzioni formano un totale di moggia quindici, passi diciannove e passitelli quindici (53.012 mq = 5 ha, 30 a, 12 ca)
Con istrumento dunque del dì 18 novembre 1807 di Notar Salvatore Pezzella fu acquistato questo territorio per la somma di Dicati 1400,99 quale somma venne ‘a venditori soddisfatta in tante diverse rate pagate nello spazio di diversj anni nel modo seguente:
Pagamenti fatti a metà in Dicembre 1807
A D. Gennaro Scialla, per mezzo del Sig. Duca Di Campochiaro Ducati 300
A D. Antonia Cameo per mezzo del Sig. Cav. Macedonio ..............D. 300
In uno (Totale) Ducati 600
Si noti che l’importo de’ suddetti tre fondi componenti moggia quindici, passi diciotto e passitelli quindi per D. 1400,99 si spettavano cioè:
A D. Gennaro Scialla ................. D: 466,99
A Donna Antonia Cameo.............D. 933,99
..........................
D. 1499,99
Pervenuto questo comprensorio di terre alla Reale Amministrazione, la montagna mirtellata ed erbosa rimase per uso di caccia. Il piccolo territorio seminatorio anche compreso nella Riserva venne dato in affitto, e lo stesso praticavasi rispetto alla cava, la quale rimase allo stesso Scialla per annui Ducati dieci.
Confinazione e misura
Questo tenimento ha per confine dalla parte di oriente la strada pubblica, da quella di occidente i beni di Piccirillo, da mezzogiorno i beni di Tiano e Piccerillo, e da settentrione i fondi anche di Peiccerillo.
Misurati esattamente questi fondi sonosi trovati della estensione di moggia quattrodici, passi diciannove e passitelli quindici (49.625 mq = 4 ha, 96 ha, 25 ca) secondo la misura Casertana
Rendita
Calcolatosi il prodotto che potevasi ottenere dalla montagna mirtellata incorporata alla Real Riserva del Sommacco, si vide che poteva ascendere ad annui Ducati trentacinque e grana venti, e tal somma veniva pagata annualmente dalla Reale Balestreria.
Ora essendosi abolito siffatti pagamenti l’amministrazione niente percepisce.
Il piccolo territorio olivetato si affitta ad un tale Angelo Sorbo di Casanova per annui D. sei. E finalmente la cava di pietre continua a rimanere presso di esso Scialla per annui Ducati dieci, in virtù di un antico contratto di affitto il quale sarò migliorato.
N.B-
Il Duca di Campochiario era Ottavio Mornile, importante esponente politico e militare nella Corte Borbonica soprattutto di Ferdinando I dove ricopriva la carica di ministro.
..........................
Località |
Superficie
(mq) |
Ducati |
Note |
Montanino |
57.396 |
1109,61 |
Paragrafo N. 36 |
Montecupo |
39.463 |
1400,99 |
Cava di Pietre Paragrafo N. 37 Esempio di pagamento rateale |
Montecupo |
3.387 |
218,81 |
Acquitato da Portillo di Casanova |
Le Brecce a Cagnolillo |
18.886 |
595,16 |
Paragrafo N. 38 Vertenza giudiziaria |
Totale |
129.294 mq = 12 ha, 92 a, 94 ca |
3324,57 |
|
In Verde i
territori che fanno parte della Riserva di Caccia del Monte Sommacco
Terreni acquistati con
retrocessione dei censi
Località |
Superficie mq |
Ducati |
Note |
Cappuccio (Falde Monte San Leucio |
60.971 |
670 |
Eredi di Vincenzo D’Amico (censo
per tumula 20 di grano fino a terza generazione) |
Cappuccio |
37.261 |
175 |
Berardino Milano erede di
Domenico Milano - |
Cappuccio di San Leucio |
23.301 |
40 |
Anna Boccardo, vedova di Pacella,
e di suo figlio Censo di anni due e grana ottanta Retrocessione del censo e
pagamento di migliorie |
Falde Monte San Leucio |
36.237 |
140,76 |
Bernardino Milano – retrocessione
di un censo istruito dal Principe di Caserta l’8 agosto 1741 con il canone di
tomola sei di grano |
Cappuccio (Falde Monte San Leucio |
20.324 |
125 |
Anna Gentile vedova di Angelo
Milano - Retrocessione di censo
concesso a Giuseppe Milano per annui sette ducati e con contratto stipulato
dalla Camera Baronale il 18 gennaio 1727 |
Coste Monte San Leucio |
29.324 |
115 |
Roco Ricciardi figlio del fu
Domenico Ricciardi – Retrocessione censo stipulato dal Principe di Caserta il
10 novembre 1731 per il canone annuo di tomola sette e misure dodici di grano |
Costa Monte San Leucio |
74.522 |
575 |
Retrocessione censo concesso a
Bartolomeo Petrillo per annui ducati 25 |
Monte San Leucio |
40.648 |
150 |
Eredi di Donato Savastano –
retrocessione e migliore di un censo con canone di tomola 16 di grano |
Monte San Leucio |
18.400 |
742,20 |
Fratelli Pezzella – Retrocessione
di un censo con il canone annuo di 15 carlini. |
Totale dei
territori che erano stati concessi in enfiteusi e riscattati dalla Reale
Amministrazione con contratti dal: 30 agosto 1754
al 28 ottobre 1775 |
|||
Superficie Totale :
331.988 mq = 33 ha, 19 a, 88 ca |
|||
Ducati : 2732,
96 |
6 Ducati, 1770 , Napoli
Dritto: busto adulto paludato e cappelli raccolti sulle spalle a destra
FERDIN . IV.D.SICILIAR.ET.HIER.REX
Sotto: .B.P.
Rovescio: nel campo scudo coronato con onorificenze tra rami di palma e alloro
HISPA IAR. U FA S. 1770
Ai lati CC, a sinistra in alto R e sotto D 6
Contorno cordonato in rilievo
Ho trovato su Internet un interessante ricerca che permetterebbe di dare una risposta.
Il riferimento per il calcolo su basa su due indici:
1) Il valore del cambio preso a base del calcolo imposto dai piemontesi nel 1860;
2) Riferimento alla svalutazione intervenuta a tutto il 31 dicembre 2001
1 Ducato = 10 Carlini = 100 Grana
1 Grana = Tornesi = 12 Cavalli
Moneta |
Valore Annuo
2001 Lire |
Euro
|
Ducato |
31.028,90 |
16,03 |
Carlino |
3.102,89 |
1,60 |
Grana |
310,29 |
0,16 |
Tornese |
155,14 |
0,08 |
Cavallo |
25.86 |
0,01 |
Fonte: ISTAT |
una cifra notevole...
Terreni acquistati con denaro in
contante dal Novembre 1753
Località |
Superficie In mq |
Ducati |
Note |
Montebriano |
Non specificata |
250 |
Antonio Forgione Montagna
mirtellata |
Montebriano |
13.549 |
224,60 |
Domenicantonio
Battista Montagna
mirtellata |
Montebriano |
74.522 |
575 |
Petrillo |
Parito (Montebriano) |
7.151 |
237,60 |
Andrea Natale |
Cappuccio Falde di Monte
San Leucio |
18.720 |
225 |
Agostino Papa |
San Silvestro |
|
749,20 |
Andrea Appierto Terreno
mirtellato e piccola casa |
Montebriano |
27.099 |
300 |
Marchese
Montanaro |
Carpineto |
32.737 |
1111,16 |
Giulio Passaro e
Angela Iannello, vedova di Crescenzo Panaro |
|
3.387 |
64 |
Canonico Corvino Montagna
mirtellata |
Parito – Carpineto
– Sopra l’Arco e Montemajulo |
159.295 |
1492,57 |
Università di
Caserta |
Territorio
montuoso |
1.807 |
28 |
Beneficiato de’
Gentili |
Territorio
montuoso |
1.637 |
26,16 |
Marchese
Montanaro |
Territorio
montuoso |
6.775 |
54,40 |
Marchese
Montanaro |
Territorio
montuoso |
113 |
15 |
Marchese
Montanaro |
|
3.711 |
252,15 |
Crescenzo
Passero |
Terreno olivato |
677 |
47,50 |
Parrocchia di
Briano |
Cave di Pietra |
5.852 |
492,80 |
Giulio Passero |
Cave di Pietra |
7.054 |
380,82 |
Aniello Fiorillo |
Cave di Pietra |
15.791 |
551,25 |
Alessandro
Giaquinto |
Territorio
montuoso olivato |
10.689 |
259,90 |
Alessandro
Giaquinto |
Territorio
montuoso olivato – frutteto - seminatorio |
26.873 |
405,90 |
Alessandro
Giaquinto |
Aratorio –
frittiferato - alberato |
4.027 |
202,96 |
Gioampietro
Tescione |
Aratorio e
montuoso |
17.338 |
416 |
Agostino Borgognone |
Aratorio e
montuoso – bosco – fruttiferato |
82.990 |
1797.70 |
Giuseppe
Veglione |
Aratorio olivato |
527 |
43,20 |
Convento del
Carmine di Caserta |
Carpineto e
Croce |
6.341 |
146,44 |
Andrea
Petrucione |
|
903 |
85 |
Crescenzo e
fratelli Esperti |
Terreni
acquistati “con denaro contante” dal 22 novembre 1753 |
|||
Superficie
totale : 529.525 mq = 52 ha, 95 a, 25 ca |
|||
Ducati : 10344,21 |
Pari a : 320.969.458 Lire = 165.818 Euro
............................................................
Terreni acquisti con permute dal 22 Maggio 1753
AL 9 Dicembre 1783
Località |
Superficie Mq |
Permuta
Terreno in Contrada mq |
Ducati |
Note |
Pertinenze
di Briano Montagna |
34.626 |
Sandinella 8.132
|
......... |
Giuseppe Varone, Rettore della Cappellania di
S.M.Mater Domini della Villa di Puccianello e
di Marita Maritaggi, eretti da Geronimo Garzella |
Montebriano
Olivetato con piane novelline |
33.870 |
Sandinella 9.055 |
96,84 |
Governatore
del Monastero del Carmine di Caserta |
Montagna
Olivata e mirtellata |
Non
specificata |
Villa di
Casolla – La Corte del Principe 9.413 |
106,46 |
Giuseppe
e Don Pasquale della Ratta |
Montebriano
– Mirtellata ed olivata |
33.870 |
Centurano Luogo
dello Campo 12.642 |
..... |
Agostino
e Giulio di Micco |
Montemajulo Mirtellata
ed olivata |
Non
Specificata |
Centurano 20.892 |
..... |
Giovanvincezo
De Caprio |
Puccianello (luogo
detto Canale) Mirtellato
ed olivato |
54.198 |
Centurano Luogo
dello Campo 27.449 |
.......... |
Domenico
Palmiero, Procuratore del Monastero dei Certosini di Napoli |
Gradillo |
6.003 |
Fuori le
Mura di S. Leucio (circa
stessa estensione) |
..... |
Parrocchial
Chiesa di Ercole |
Superfici acquisite con permute dal 22 Maggio 1753 al 9 Dicembre 1783 Totale (mancano due fondi) = 162.567 mq = 16 ha. 25 a, 67 ca |
||||
Superfici in permuta - Totale:
93.583 mq = 9 ha, 35 a, 83 ca Ducati: 203,30 (6.308.175 Lire – 3259 Euro) |
Acquisizione di Terreni con permute
e riuniti all’Amministrazione di San
Leucio durante
l’Occupazione Militare Francese
Località |
Superficie Mq |
Proprietari
|
Permuta con Fondo |
Cappuccio |
39.105 |
Fratelli Gazzella di Puccianello |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Cappuccio |
20.832 |
Fratelli della Valle di Puccianello |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Monte Sommacco |
157.738 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Monte Sommacco |
20.663 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Monte Sommacco |
151.433 |
Fratelli Forgione |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Porta di Parisi |
9,259 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni Del Monastero de’ Domenicani di
Maddaloni |
Montagna Della Rocca (Monte Sommacco) |
412.388 |
Sig,ra Lupino, vedova Ferraro |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Briano (vicino le mura di S. Leucio) |
28.848 |
Fratelli Petriccione di Briano |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Trattoria di Belvedere (dirimpetto) |
8.453 |
Chiesa Parrocchiale di Briano |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Gradillo |
7.904 |
Fratelli Fiorillo |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Cappuccio |
7.855 |
Eredi di Grasso di Maddaloni |
Parte di masseria di proprietà del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni
|
Montecupo |
52.899 |
Scialla e Cameo di Casanova |
................... (Denaro contante non specificato) |
Acquisizione di Terreni con permute
e riuniti all’Amministrazione di San
Leucio durante l’Occupazione
Militare Francese : 917.384 mq = 91
ha, 73 a, 84 ca Di cui ben 795.121 mq destinati alla Riserva Reale
di Caccia del Monte Sommacco.
|
La
Badia di Santa Croce di Cajazzo e i suoi terreni
Trasferiti alla Reale Amministrazione
di San Leucio durante l’Occupazione Militare Francese
Località |
Superficie Mq |
Coltura |
Affittuario |
Rendita Annua - Ducati |
Note |
Montagna |
1.019.031 101 ha,90 a, 31 ca |
In parte mirtellata |
Comune della Piana |
40 |
Per comodo dei cittadini |
Starzodella |
223.942 22 ha,39 a, 42 ca |
Uso semina |
Stefano Migliorati |
83,33 |
|
S. Lucia |
40.212 4 ha, 02 a, 12 ca |
Seminativo Scadente |
Franceso Martucci e Donato Di Palma |
17 |
N.3 Fondi |
Agna |
29.188 2 ha, 91 a, 88 ca |
Seminativo scadente |
Ferdinando Di Maria |
16 |
|
Morrone |
16.629 1 ha, 66 a, 29 ca |
Seminatorio |
Mattia Barbieri |
6,50 |
|
Morrotiello |
25.199 2 ha, 51 a, 99 ca |
Seminativo |
Ferdinando Di Maria |
14 |
Tenimento Rujano (Ruviano) |
Le Bozzelle |
16.971 1 ha, 69 a, 71 ca |
Seminativo |
Agostino Anziano |
8 |
|
Torrieri |
7.078 - ha, 70 a, 78 ca |
Seminativo |
Ferdinando Di Maria |
4 |
|
Superficie Totale dei terreni della Badia di S. Croce di Caiazzo annessi alla Reale
Amministrazione di S. Leucio = 1378250 Rendita Annua ricavata dagli affitti: Ducati 189 circa 5.864.462 Lire =
3.030 Euro |
.......................................
26.Montebriano e
Montemajulo
27.Caccetta di
Carpineto
Si tratta in un uccello miratore presente in quasi tutta l’Europa e diffuso da maggio fino a settembre. In inverno si trova nell’Africa tropicale.
Il tempo di percorrenza e la direzione del volo gli sono innate. Il beccafico vive in giardini, parchi, ambienti arbustivi e territori boschivi aperti. Molti si scelgono ogni anno lo stesso territorio per l'estate.
Il nome è composto dai termine “beccare” e “fico” perché ghiotto di fichi.
In latino era chiamato “ficedùla” cioè da “ficus” e da “edère” mangiare;
un termine che è ancora oggi usato in diversi regioni del centro-sud.
Dai cacciatori viene molto apprezzato per la sua carne.
..............
28.Territori al
Quercione
b . Territorio
dirimpetto La Padula
ove vi è
la grottella
Numerati gli alberi degli ulivi ascendono a 204. Trovandosi questa terra nelle più basse falde della montagna di S. Leucio, non è atta ad altra miglior coltura. Vi sono in una parte di questo fondo alcuni cavi (cave) poco profondi fatti nel rialto del terreno, ove il suolo è di pietra fragile: somigliano queste cavi a delle piccole grotte, ed avevano forse per oggetto il ricovero de’ pastori. Per tal motivo il territorio va sovente sotto il nome di grottelle.
La parte meridionale di questo fondo confina colla strada, che da Belvedere conduce alla Cascata. La occidentale confina collo stradino nuovo alla estremità della vigna della Torretta.
La settentrionale con un altro piccolo stradino che divide questo terreno dalla falda superiore boscosa, e la orientale confina colla strada della casa delle reti ossia della caccetta.
La sua estensione è di moggia cinque, passi quattro e passitelli dieci, incluso un pezzetto incolto di moggia due.
Rendita
Questo fondo forma parte delle terre affittate a Giuseppe Pane e Valeriano Carniani per annui D. Dugento, e può giudicarsi, che il suo estaglio parziale entri a calcolo in questo affitto per la somma di D. 28.
Fondiaria
Il contributo fondiario che gravita su questo fondo, è compreso fra quello portato in massa per gli altri corpi già descritti, indicati per moggia 15.07.05 al Quercione.
c . Territorio
messo a fianco sinistro
Della Cuccetta
di Carpineto, denominato
le Cave
d . Territorio
montuoso
Messo a fianco
dritto del Casino di Carpineto
e . Territorio
Montuoso
Coll’antico
canneto al Quercione
Questo formava parte delle falde di Montebriano, tagliata giù allorche si stabilì la strada della cascata,
siffatto fondo è quasi tutto sassoso e montuoso, e soltanto nel lato settentrionale, presenta un poco di terra suscettibile di semina.
Nella parte montuosa vi si piantarono gli alberi di ulivi, i quali esistono nel numero di sessantatre framischiate con querce ed altre piante selvagge.
Nella parte alta a semina vi era un canneto per uso delle Reali vigne.
Ora è piaciuto a S. M. di ordinare che quest’ultima parte si provasse a buon coltivo, come si è già praticato, ed oltre vi si sono piantati diciotto alberi di olivi ed alcuni gelsi.
Negli angoli di questo terreno verso il quercione vi sono tre piccioli giardini della estensione di pochi passi, lasciati gratuitamente a quegli abitanti per loro uso.
Misura
Si la parte montuosa ulivata, che la boscosa, e la seminatoria, non esclusi i tre giardinetti, presentano insieme una estensione di moggia....
Rendita
Trovandosi la parte olivata di questo fondo affittato complessivamente con altri diversi territori a Giuseppe Pane e Valeriano Carniani per annui D. Dugento può entrare a calcolo nell’estaglio per Duc. Sette annui.
Deve avvertirsi che dietro gli ordini di S. M di dissodarsi le terre, ov’era il canneto, si è questo picciolo tratto, che non era compreso nell’affitto di Pane e Carmiani, conceduto gratuitamente per quattro anni, affin di evitare le spese delle siepi, e tutte le altre inerenti al dissodamento. Elasso il quadriennio, che va spirare nel 1832, si aumenterà di qualche ducato l’affitto istesso proporzionamento al vantaggio, che se ne riceverà.
Fondiaria
Questo fondo non figura praticamente nel catasto provvisorio del Comune di S. Leucio, esso però è compreso nel numero di quei territorj che formano in totale una estensione di moggia 15.07.05 riportate nel catasto sopraindicato.
29. Territorio Ulivato
Vicino al Corpo
di Guardia alla Cascata
Confinazione e misura
Dalla parte settentrionale è messo questo fondo lungo la strada, che dalla Cascata conduce a Belvedere. Da Mezzogiorno e da occidente è chiuso dal muro circondario del Real Sito, che corrisponde su i terreni della Parrocchia di S. Vincenzo di Briano, e da oriente confina con il bosco di Caserta. La sua estensione è di passi ventisette, e passitelli 26. (3.146 mq = 31 a,46 ca)
Rendita
Questo territorio forma parte di quelli che sono affittati a Pane e Carniani per somma D. dugento; pare che possa calcolarsi nell’affitto per annui D. quattro.
Fondiaria
Questo piccolo territorio non figura in fondiaria, a va compreso tra le moggia 15.07.05.
30 . Montagna della Rocca
(Ex nome del
Monte Sommacco)
Appartenente al
Regio Demanio
Molte di queste attività furono proseguite nel tempo e quindi legate a finalità speculative.
Particolarmente importante, anche in merito alla ricerca in questione, fu quella della coltivazione del guado e della sua molitura.
famiglia delle Brassicacee. Fa parte delle piante “da blu” perché permette di
ottenere questo colore. Il colore si estrae dalle foglie raccolte durante il primo anno di vita. Dopo la macerazione e fermentazione in acqua si ottiene una soluzione dal colore giallo-verde che, agitata ed ossidata, produce un precipitato (indigotina). Il colorante, molto solido,
è utilizzabile nella seta, nella lana, nel lino, cotone e juta ma anche in cosmesi e per i
colori pittorici
La lavorazione del guado si effettuava all’interno della Starza grande nei pressi della Regalata, nel quartiere di San Carlino.
Nel 1751, grazie ad una iniziativa privata, nacque a Caserta una società per la produzione di guardo tra il torinese Giuseppe Agostino Manera, D. Giovanni Pons e D. Domenico Galiardo di Santa Maria di Capua. Il sovrano incoraggiò l’iniziativa emettendo con l concessione il
Privilegio di poter fare l’erba per il Gialdo tanto in questo regno,
quanto in quello di Dicilia necessaria per le tinte de’ Panni e setaria colla
privativa per soli 14anni.
Agli inizi del 1753 le prime quantità di guado prodotte, sebbene ritenute dai mercanti del settore
Di tutta perfezione,
restarono invendute a causa della concorrenza del “guado straniero” (cinese ed americano) che monopolizzavano il mercato. Il Manera sollecitò il sovrano per l’adozione di
qualche opportuno provvedimento per così proseguire l’industria in questo stato
che sarebbe di qualche vantaggio per l’entrate di S.M in questa città.
In un dispaccio del 17 agosto 1756, indirizzato al marchese di Squillaci (Leopoldo de Gregorio), si rendeva notto che nella società di produzione del guado, era entrate a farne parte anche la “Reale Azienda” e che la fabbrica di produzione era stata installata a Durazzano e che il Manera ne era il direttore. Nel documento ci si lamentava anche della cattiva amministrazione e i modesti risultati che erano stati conseguiti.
Nel dicembre dello stesso anno il Manera decise di lasciare il bene al regno e chiese al Sovrano un contributo di 600/700 ducati per trasferire la propria famiglia a Torino.
Privilegio che, secondo l’accusa del sovrano, gli era stato estorto surrettiziamente dal Manera,
avendo questi (il Manera) millantato che quella di Caserta era la prima
fabbrica di guado del Regno, laddove ne esisteva già una a Teramo
fondata molti anni prima.
Non sono conosciuti gli esiti della vertenza e nel 1770 Ferdinando I di Borbone introdusse la coltura del guado nella masseria denominata Piazza del re nello “stato” di Durazzano e nello stesso sito fece costruire un fabbricato nel quale
Apparecchiarsi l’erba per l’uso di tinta.
Il fabbricato, denominato “Casa delle Tinte” fu portato a termine nel 1772 come risulta dai libri contabili dello stabilimento nei quali risulta che i “tre raffinatori di guado”, in forza all’opificio, percepiscono un salario mensile complessivo di 12 ducati.
Avvenimenti, per certi versi simili, colpirono anche la coltura e la coltivazione del sommacco, una pianta particolarmente ricca di tannini ed impiegata per la tintoria e la concia delle pelli.
Risalente al XV secolo ed originaria della Basilicata e passata in
Sicilia con Giovanni Innocenzo, senatore di Palermo nel 1442.
Avevano il titolo di barone dii di Mezzograno (ereditato dai Tramotana ?)
Sopra le tonnare di Solanto (santa Flavia-Pa) San Nicola e l’Arenella.
Nel 1792 fu costruito anche un fabbricato, vicino alla riserva, attrezzato per la macina della corteccia e delle foglie della pianta.
In seguito alla rivoluzione del 1799, il barone abbandonò l’iniziativa agricola e ritornò a Palermo dove si era rifugiato anche il Sovrano.
Quando Ferdinando I ritornò a Napoli, la Real Riserva del Sommacco venne riattivata e anche durante l’occupazione francese fu coltivata come dimostrano i bilanci del “Ramo di San Leucio, risalenti al 1806 – 1807, dove figurano dei ricavi in seguito alla vendita del sommacco
delle Anacardiaceae. I fiori sono di colore giallo-verdastro (fioriscono in
maggio - agosto) e riuniti in pannocchie. I frutti,
sono delle drupe di colore rosso – bruno, velenosi se consumati freschi.
Il termine sommacco è di origine araba. Summaq trova la sua origine dal
termine “summaqia”, riferibile ad un piatto molto ricco di origine islamica.
La Sicilia è una terra ricca di contraddizioni ma sicuramente ha una caratteristica consolidata: i rapporti, sono sacri.
Il bollettino ufficiale della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, nel n. 7, luglio 1928 – su coltivazione e impiego del sommacco fino a circa la seconda metà del secolo scorso:
La foglia di sommacco, disseccata al sole e grossolanamente sminuzzata mediante un sistema di trebbia fatto con animali, viene acquistata da incettatori, che ne curano la spedizione agli esportatori di Palermo.
Ridotto per la massima parte in polvere finissima, il sommacco viene venduto in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti, lo adoperano come materia tannante e come mordente per conciare alcuni tipi speciali di pelli. Raggiunto il massimo nel 1925, i prezzi sono andati progressivamente diminuendo con tendenza ancora al ribasso…Questo ramo di commercio ha risentito molto gli effetti della concorrenza di altri surrogati adottati in speciali metodi di concia.
Il sommacco importato negli Stati Uniti è tutto proveniente dall’Italia, meno qualche decina di tonnellate fornite irregolarmente da altri Paesi. I conciatori, nell’impossibilità di pagare i prezzi richiesti dalle ditte esportatrici, si sono ingegnati per rimpiazzare il sommacco con altre materie concianti, tipo estratto delle foglie di quercia. Si può dire che attualmente, fatte rare eccezioni, non si concia più col sommacco puro, ma bensì con miscugli di sommacco e altri prodotti. Ne consegue che il consumo di sommacco è diminuito in forti proporzioni.
Già negli anni Cinquanta del secolo scorso non erano pochi i contadini che raccontavano della raccolta e del commercio del sommacco molto fiorente. Erano soprattutto le donne che venivano impiegate nella raccolta, l’essiccazione e la macina delle foglie, attività ormai dismessa”.
Nel libro “Esposizione italiana tenuta in Firenze nel 1861: Relazione dei Giurati
Vittorio Emanuele III alla Leopolda di Firenze
All’Esposizione è presente la famiglia Florio, originaria di Bagnara Calabra,
trasferitasi a Palermo verso la fine del’ 700. In Sicilia riuscirono a creare un impero e nella seconda metà dell’Ottocento, diedero un grande lustro alla città.
I Florio, già importanti commercianti, erano noti anche per il consistente commercio del chinino, presentarono i loro prodotti all’Esposizione di Firenze. Tra i loro prodotti, il Marsala Riserva, per il quale erano diventati famosi e il sommacco, la cui esportazione in uno dei principali paesi consumatori, la Francia, era in caduta per le frodi commesse da alcuni commercianti. Il sommacco dei Florio risultò purissimo e i giudici nella loro relazione riconobbero ai Florio la purezza del prodotto e il metodo di lavorazione che aveva avuto il merito di far risorgere il mercato. Ai (fratelli) Florio viene attribuita la medaglia di merito, assieme ai fratelli Maiorana di Catania, che avevano una vasta estensione di coltivazione di sommacco
Se ne ricava il succo immergendo i semi triturati in acqua per venti minuti (circa 1 dL d'acqua ogni 35 grammi di semi), quindi si scolano e si strizzano.
Un tempo dalla corteccia e dalle foglie della pianta si estraevano i tannini impiegati in tintoria. Veniva falciata in estate e lasciata seccare nell’aia per favore l’essiccazione. Periodicamente veniva rivoltata e poi insaccata per essere ritirata dai commercianti.
Questa spezia ha un potere antiossidante (ORAC) tra i più elevati in assoluto, un indice di valore 312400, circa 73 volte più potente di una mela, notoriamente considerata un ottimo antiossidante. Nei paesi mediorientali se ne prepara una bevanda acidula che si somministra per la cura dei lievi disturbi di stomaco.
e nel processo di concia delle pelli.
38. Montebriano e
Montemajulo
Nell’appendice del fol. 57 leggesi l’elenco di siffatte compre colle notizie necessarie a riscontrare gli istrumenti, qualora la necessità lo esige.
Riunite dunque nella loro totalità alla Real casa le due montagne, denominate Montebriano e Montamajulo, che sono tra loro congiunte, formasi il tenimento di cui trattasi.
Sono esse sormontate da belle pianure e da declivj, ne’ quali si rinchiudono le terre, che ritengono ancora il nome di Parito e di S. Silvestro.
Quanto di vago e di dedizioso poteva rinvenirsi e praticarsi, tutto trovasi nel sito, di cui ragioniamo.
Gli antichi proprietarj di queste terre avevano stabilite ne’ siti più opportuni delle medesime diverse piantagioni di ulivi, specialmente né luoghi a declivio.
Siffatte piantagioni vennero fin dal principio conservate, ed in qualche luogo sono state anche aumentate. Tutta la parte meridionale di Montebiano, detratte i due pezzi, che fiancheggiano la cascata, e che sono rivestite di elci (pioppi), e di altri alberi silvestri, è ripiena di olivi, ed il lor numero si eleva a settecento dieci. Questo tratto di terra vien calcolato per moggia diciotto, passi quattordici e passitelli sette.(62.579 mq = 6 ha,25 a, 79 ca).
Finalmente nella parte superiore della pecoreria, che fora presso a nove moggia, vi sono altre trecento dieci piante di olivi (30.486 mq = 3 ha, 04 a, 86 ca)
Vi esistono in conseguenza in questo tenimento mille settecentoventicinque alberi di ulivi.
Vi sono inoltre diversi piccoli pezzi di terre coltivabili, che s’impiegano per la semina di derrate, e per uso della caccia o delle vacche.
Nella parte superiore di queste due montagne, e precisamente nel sito più alto, vi è l’antico giardino detto di S. Silvestro della estensione di un maggio, dieci passi e dodici passitelli, circondato da muro. Questo giardino si trova in uno stato poco vantaggioso, perche, per la sua posizione, è di raro visitato.
Vi sono in esso diversi alberi da frutta, delle viti di una scelta, e si veggono ancora diversi ornamenti a delizia, eseguiti nei primi tempi del Re Ferdinando.
Più sotto evvi la vigna detta di S. Silvestro. A fianco di questa vigna evvi un aggregato di pagliaje disposte a semicerchio con bella simmetria destinato per un gruppo di pecore, ed a tal fine chiamasi pecoreria.
Viene in seguito, dopo qualche varietà di terreno, il Real Casino di S. Silvestro, e quindi i giardini de’ quali abbiamo parlato in precedenza in altro foglio.
Prima di giungere al Casino vi è un delizioso declivio, detto vallone delle castagne per i grossi ed antichi alberi di castagno che vi si trovano.
Sù in alto de’ giardini di S. Silvestro, e sempre salendo verso occidente, vi sono i boschettini e de’ gruppi, in mezzo de’ quali si veggono costruiti de’ finti ruderi di antichità forniti di statue e di altri abbellimenti,
tornando poi verso il mezzogiorno si arriva finalmente ad una vasta pianura, che presenta una estesossima e deliziosa veduta.
In questo punto vi è la discesa per la cascata delle acque, la quale è tutta rivestita ne’ suo fianchi di folti alberi di elci.
Si prolunga in fine questa pianura per tutta la sommità di Montemajulo, la quale domina la sottostante campagna e tutto il giardino Inglese.
Per rendere il Real Casino detto di S. Silvestro, e le contigue terre veramente deliziose, eravi bisogno di abbondante acqua, e questa per ordine di S.M il Re Ferdinando, fecesi giungere per mezzo di un formale, che quici le conduce dalle sorgive dette di Giove e Fontanelle, le quali sortono dalle alti montagne perviene a Caserta Vecchia.
Or queste acque che fluivano in una vasca messa in un lato dello spiazzo del Casino di S. Silvestro, dopo di aver servito al bisogno del tenimento, vanno a percolare nel formale, che restituisce alla Cascata la parte esuberante delle acque date a Belvedere.
Nel prospetto di Montebriano a mezzogiorno ammirasi la bella cascata delle acque, essendo ivi l’ultimo punto del condotto Carolino, che, dopo aver traversato le alture di Garzano e degli altri paesi messi sulla catena dei monti Tifatini, entra in Montemajulo, e quindi giunge nel sito che abbiamo indicato.
Molte opere ammirabili ancor si veggono vicino alla cascata, e nel seno che esiste tra Montebriano e Montemajulo ove erasi divisato di costruire quell’immenso serbatojo, che supplir doveva al bisogno delle acque per la Regia e delizie di Caserta, qualora fosse accaduto qualche spiacevole avvenimento al condotto Carolino.
Queste opere non si veggono però terminate a causa delle vicende de’ tempi.
Tutto il sito che noi descriviamo in abbozzo, è difeso da un muro, che incomicia dalla parte dritta del cancello della cascata, circuisce i terrenni addetto alla caccia delle reti, e quindi giunge all’altro cancello detto di S. Silvestro.
S’incontra quivi il muro del bosco, che gli serve pure di cinta fino al cancello dell’Arco.
In questo punto ricomincia l’altro muro, che circonda, e chiude tutte le tenute di S. Silvestro, e nel punto dell’antico giardino cala alla vallata del Mezzzano fino a Pucciarello, indi circuisce il giardino Inglese, ove termina.
Non omettiamo di accennare che le alture di S. Silvestro furono giudicate ne’ passati tempi molto acconce per una caccia di fagiani, e di fatti vi furon quivi disposti gli elementi per le schiuse domestiche.
Abbandonatasi in seguito questa idea, nel 1826 si adottò quella di stabilire una caccia di lepri, immaginandosi che quelle campagne somministrar ne potessero il bisognevole cibo e ricovero.
A tale effetto si elevarono tutte le mura all’altezza sufficiente, onde la caccia non potesse sortire dal recinto.
Si è sperimentato però, che i calori estivi brugiano quasi tutte le erbe, sicche gli animali per mancanza di nutrimento, e per l’eccessivo calore perirono, quando non riesce loro di saltare il muro.
Confinazione e misura
Chiuso interamente da un muro tutto questo tenimento, non ha bisogno di termini, che ne stabiliscano, ed assicurino la confinazione. D’altronde esso è circondato quasi da per tutto da siti di Real proprietà; solo sul lato di oriente il muro corrisponde alla strada che conduce a Morrone, e sulla parte al di là del muro vi sono delle terre di particolari, che entrano nel territorio Casertano.
Rendita
I diversi oliveti spari in questo tenimento di Montebriano e Montemajulo formano in totale di N. 1725 alberi di ulivi. Da questi ulivi si ottiene un risultato di circa dieci cantaja di olio, che sogliono serbarsi per la Real mensa.
Dalle vigne si ottiene un prodotto di circa novanta barili di vino.
Da qualche pezzo di terreno semensabile, quando non si destini al pascolo delle vacche, o a cibo de’ lepri, potrebbero ricevarsi circa cinquanta tomola di granone ovvero di legumi.
Evvi pure la mirtella in Montebriano, la quale negli anni scorsi ha prodotto un vantaggio di circa sessanta in settanta cantaja.
Finalmente dalla puta delle piante boschereccie può sperarsi un prodotto di circa quattrocento fascine.
Fondiaria
Essendo questo tenimento addetto ai Reali delizie, è esente da contribuzione fondiaria.
39. Terreni Acquistati
a Territorio a
Montanino
Sul Monte
Sommacco
Per tali motivi S.M il Re Ferdinando con due Sovrane Risoluzione, la prima del dì 2 ... 1192 e la seconda del dì 27 Febbrajo 1793 sanzionò la compra di queste terre, le quali furono eseguite con istrumenti stipulati nelle epoche che verremo ad indicare.
Le terre acquistate furono le seguenti:
Nome |
Superficie Moggia – Passi -
Passitelli |
Sup. in mq |
Sup. catastale |
Note |
Ducati |
Angela
Mincione Di
Coccagna |
3 - 17 – 5 1 – 10 – 0 0 – 15 - 0 |
12.100 1.129 1.694 14.923 |
1
ha,21 a 11 a, 29 ca 16 a, 94 ca 1
ha, 49 a, 23 ca |
Tre fondi
alberati |
340,80 |
Giovambatista
Gallo |
2 – 4 – 0 1 – 26 - 20 |
7.226 6.398 13.624 |
72 a, 26 ca 63
a, 98 ca 1 ha, 36 a, 24
ca |
Querce Ulivi fruttiferi |
362 |
Carlo
Petriccione |
3 – 13 - 0 |
11.630 |
1 ha, 16 a, 30
ca |
Frutteto vigneto |
301,45 |
Mattia
e Vucta Santenastaso |
2 – 8 – 0 |
7.678 |
76 a, 78 ca |
oliveto |
192,66 |
Antonio
Centone |
2 – 24 - 15 |
9.541 |
95 a, 41 ca |
Oliveto frutteto |
253,50 |
b
Montecupo ( cave di pietre)
........................................
c. Le
Brecce o Cognolillo
Località |
Superficie
(mq) |
Ducati |
Note |
Montanino |
57.396 |
1109,61 |
Paragrafo N. 36 |
Montecupo |
39.463 |
1400,99 |
Cava di Pietre Paragrafo N. 37 Esempio di pagamento rateale |
Montecupo |
3.387 |
218,81 |
Acquitato da Portillo di Casanova |
Le Brecce a Cagnolillo |
18.886 |
595,16 |
Paragrafo N. 38 Vertenza giudiziaria |
Totale |
129.294 mq = 12 ha, 92 a, 94 ca |
3324,57 |
|
In Verde i
territori che fanno parte della Riserva di Caccia del Monte Sommacco
40. Terreni acquistati
con retrocessione dei censi
Località |
Superficie mq |
Ducati |
Note |
Cappuccio (Falde Monte San Leucio |
60.971 |
670 |
Eredi di Vincenzo D’Amico (censo
per tumula 20 di grano fino a terza generazione) |
Cappuccio |
37.261 |
175 |
Berardino Milano erede di
Domenico Milano - |
Cappuccio di San Leucio |
23.301 |
40 |
Anna Boccardo, vedova di Pacella,
e di suo figlio Censo di anni due e grana ottanta Retrocessione del censo e
pagamento di migliorie |
Falde Monte San Leucio |
36.237 |
140,76 |
Bernardino Milano – retrocessione
di un censo istruito dal Principe di Caserta l’8 agosto 1741 con il canone di
tomola sei di grano |
Cappuccio (Falde Monte San Leucio |
20.324 |
125 |
Anna Gentile vedova di Angelo
Milano - Retrocessione di censo
concesso a Giuseppe Milano per annui sette ducati e con contratto stipulato
dalla Camera Baronale il 18 gennaio 1727 |
Coste Monte San Leucio |
29.324 |
115 |
Roco Ricciardi figlio del fu
Domenico Ricciardi – Retrocessione censo stipulato dal Principe di Caserta il
10 novembre 1731 per il canone annuo di tomola sette e misure dodici di grano |
Costa Monte San Leucio |
74.522 |
575 |
Retrocessione censo concesso a
Bartolomeo Petrillo per annui ducati 25 |
Monte San Leucio |
40.648 |
150 |
Eredi di Donato Savastano –
retrocessione e migliore di un censo con canone di tomola 16 di grano |
Monte San Leucio |
18.400 |
742,20 |
Fratelli Pezzella – Retrocessione
di un censo con il canone annuo di 15 carlini. |
Totale dei
territori che erano stati concessi in enfiteusi e riscattati dalla Reale
Amministrazione con contratti dal: 30 agosto 1754
al 28 ottobre 1775 |
|||
Superficie Totale :
331.988 mq = 33 ha, 19 a, 88 ca |
|||
Ducati : 2732,
96 |
6 Ducati, 1770 , Napoli
Dritto: busto adulto paludato e cappelli raccolti sulle spalle a destra
FERDIN . IV.D.SICILIAR.ET.HIER.REX
Sotto: .B.P.
Rovescio: nel campo scudo coronato con onorificenze tra rami di palma e alloro
HISPA IAR. U FA S. 1770
Ai lati CC, a sinistra in alto R e sotto D 6
Contorno cordonato in rilievo
Ho trovato su Internet un interessante ricerca che permetterebbe di dare una risposta.
Il riferimento per il calcolo su basa su due indici:
1) Il valore del cambio preso a base del calcolo imposto dai piemontesi nel 1860;
2) Riferimento alla svalutazione intervenuta a tutto il 31 dicembre 2001
1 Grana = Tornesi = 12 Cavalli
Moneta |
Valore Annuo
2001 Lire |
Euro |
Ducato |
31.028,90 |
16,03 |
Carlino |
3.102,89 |
1,60 |
Grana |
310,29 |
0,16 |
Tornese |
155,14 |
0,08 |
Cavallo |
25.86 |
0,01 |
Fonte: ISTAT |
I Ducati 2732, 96
spesi per la riscossione dei terreni censuati sarebbe stata
in lire: 84.800.742 in Euro : 43.809
una cifra
notevole...
41. Terreni acquistati
con denaro in contante dal Novembre 1753
Località |
Superficie In mq |
Ducati |
Note |
Montebriano |
Non specificata |
250 |
Antonio Forgione Montagna
mirtellata |
Montebriano |
13.549 |
224,60 |
Domenicantonio
Battista Montagna
mirtellata |
Montebriano |
74.522 |
575 |
Petrillo |
Parito (Montebriano) |
7.151 |
237,60 |
Andrea Natale |
Cappuccio Falde di Monte
San Leucio |
18.720 |
225 |
Agostino Papa |
San Silvestro |
|
749,20 |
Andrea Appierto Terreno
mirtellato e piccola casa |
Montebriano |
27.099 |
300 |
Marchese
Montanaro |
Carpineto |
32.737 |
1111,16 |
Giulio Passaro e
Angela Iannello, vedova di Crescenzo Panaro |
|
3.387 |
64 |
Canonico Corvino Montagna mirtellata |
Parito –
Carpineto – Sopra l’Arco e Montemajulo |
159.295 |
1492,57 |
Università di
Caserta |
Territorio
montuoso |
1.807 |
28 |
Beneficiato de’
Gentili |
Territorio
montuoso |
1.637 |
26,16 |
Marchese
Montanaro |
Territorio
montuoso |
6.775 |
54,40 |
Marchese
Montanaro |
Territorio
montuoso |
113 |
15 |
Marchese
Montanaro |
|
3.711 |
252,15 |
Crescenzo
Passero |
Terreno olivato |
677 |
47,50 |
Parrocchia di
Briano |
Cave di Pietra |
5.852 |
492,80 |
Giulio Passero |
Cave di Pietra |
7.054 |
380,82 |
Aniello Fiorillo |
Cave di Pietra |
15.791 |
551,25 |
Alessandro
Giaquinto |
Territorio
montuoso olivato |
10.689 |
259,90 |
Alessandro
Giaquinto |
Territorio
montuoso olivato – frutteto - seminatorio |
26.873 |
405,90 |
Alessandro
Giaquinto |
Aratorio –
frittiferato - alberato |
4.027 |
202,96 |
Gioampietro
Tescione |
Aratorio e
montuoso |
17.338 |
416 |
Agostino
Borgognone |
Aratorio e
montuoso – bosco – fruttiferato |
82.990 |
1797.70 |
Giuseppe
Veglione |
Aratorio olivato |
527 |
43,20 |
Convento del
Carmine di Caserta |
Carpineto e
Croce |
6.341 |
146,44 |
Andrea
Petrucione |
|
903 |
85 |
Crescenzo e
fratelli Esperti |
Terreni
acquistati “con denaro contante” dal 22 novembre 1753 |
|||
Superficie
totale : 529.525 mq = 52 ha, 95 a, 25 ca |
|||
Ducati :
10344,21 |
Pari a : 320.969.458 Lire ?= 165.818 Euro
............................................................
42. Terreni acquisti con permute dal 22
Maggio 1753
AL 9 Dicembre 1783
Località |
Superficie Mq |
Permuta
Terreno in Contrada mq |
Ducati |
Note |
Pertinenze
di Briano Montagna |
34.626 |
Sandinella 8.132 |
......... |
Giuseppe Varone, Rettore della Cappellania di
S.M.Mater Domini della Villa di Puccianello e
di Marita Maritaggi, eretti da Geronimo Garzella |
Montebriano
Olivetato con piane novelline |
33.870 |
Sandinella 9.055 |
96,84 |
Governatore
del Monastero del Carmine di Caserta |
Montagna
Olivata e mirtellata |
Non
specificata |
Villa di
Casolla – La Corte del Principe 9.413 |
106,46 |
Giuseppe
e Don Pasquale della Ratta |
Montebriano
– Mirtellata ed olivata |
33.870 |
Centurano Luogo
dello Campo 12.642 |
..... |
Agostino
e Giulio di Micco |
Montemajulo Mirtellata
ed olivata |
Non
Specificata |
Centurano 20.892 |
..... |
Giovanvincezo
De Caprio |
Puccianello (luogo
detto Canale) Mirtellato
ed olivato |
54.198 |
Centurano Luogo
dello Campo 27.449 |
.......... |
Domenico
Palmiero, Procuratore del Monastero dei Certosini di Napoli |
Gradillo |
6.003 |
Fuori le
Mura di S. Leucio (circa
stessa estensione) |
..... |
Parrocchial
Chiesa di Ercole |
Superfici acquisite con permute dal 22 Maggio 1753 al 9 Dicembre 1783 Totale (mancano due fondi) = 162.567 mq = 16 ha. 25 a, 67 ca |
||||
Superfici in permuta - Totale:
93.583 mq = 9 ha, 35 a, 83 ca Ducati: 203,30 (6.308.175 Lire – 3259 Euro) |
……………………..
43. Acquisizione di Terreni con permute e riuniti all’Amministrazione di San Leucio durante
l’Occupazione Militare Francese (1806 – 1815)
Località |
Superficie Mq |
Proprietari |
Permuta con Fondo |
Cappuccio |
39.105 |
Fratelli Gazzella di Puccianello |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Cappuccio |
20.832 |
Fratelli della Valle di Puccianello |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Monte Sommacco |
157.738 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Monte Sommacco |
20.663 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Monte Sommacco |
151.433 |
Fratelli Forgione |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Porta di Parisi |
9,259 |
Fratelli Buompane |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni Del Monastero de’ Domenicani di
Maddaloni |
Montagna Della Rocca (Monte Sommacco) |
412.388 |
Sig,ra Lupino, vedova Ferraro |
Del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Briano (vicino le mura di S. Leucio) |
28.848 |
Fratelli Petriccione di Briano |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Trattoria di Belvedere (dirimpetto) |
8.453 |
Chiesa Parrocchiale di Briano |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Gradillo |
7.904 |
Fratelli Fiorillo |
Dell’Abbazia di San Pietro de Montes |
Cappuccio |
7.855 |
Eredi di Grasso di Maddaloni |
Parte di masseria di proprietà del Monastero de’ Domenicani di Maddaloni |
Montecupo |
52.899 |
Scialla e Cameo di Casanova |
................... (Denaro contante non specificato) |
Acquisizione di Terreni con permute
e riuniti all’Amministrazione di San
Leucio durante l’Occupazione
Militare Francese : 917.384 mq = 91
ha, 73 a, 84 ca Di cui ben 795.121 mq destinati alla Riserva Reale
di Caccia del Monte Sommacco. |
Masseria
detta di Ferrari
(acquisizione
nel 1808)
“... possiede egli
una Masseria sopra S. Leucio nel luogo detto cappuccio di
vasta estenzione,
la quale è di sua famiglia in proprietà. Crede il supplicante che
questo Fondo possa
di molto essere adatto per la vostra Real Faggioneria, quindi si
vede nell’obbligo
indispensabile di offrire alla M.V. una permuta con qualche
Fondo rustico de’
Monasteri soppressi, per cui ricorre alla M.V.... che sia informato
dell’utile che la
Masseria offerta potrebbe recare all’aumento della
Faggioneria anche
per riguardo del gran comodo, che si avrebbe dalla
medesima alla M.
S. per essere adiacente al Real muro del bosco di
S. Leucio, la
supplica denigrarsi rimette al Direttore della Real
Faggioneria
Balestriere D. Gaetano Beria residente
in Caserta
Masseria Ferrari (?)
Commessosi
l’apprezzo a due architetti fu valutato il terreno per ducati undicimila
trecento undici, sulla base di una rendita di annui D. 350.35, da’ quali
essendosi dedotti D. 1205 per capitali di due canoni, uno di annui D. 25,
dovuti alla Parrocchia di S. Vito in Ercole, alla quale appartenevasi il
dominio diretto della vigna, e l’altro di annui D. 23.20 dovuto al Monistero
dei P.P. Civili extra Capuani, padroni diretti dell’altro fondo vicino la vigna
istessa, rimasero D. 10106.
Il
casino fu poi valutato per D. 6281.45.
In
tutto il valore delle terre col Casino fu portato a D. 17 592,45 ossia netto D.
16387,45.
La
Signora Supino aveva chiesto in compenso della sua proprietà una masseria di
cinquantaquattro moggia sita verso S. Nicola della strada, ch’era stata di pertinenza de Domenicani di
Maddaloni e si trovava aggregata alla Amministrazione di Caserta.
(Un
aggregazione che era stata solo temporanea).
Essendosi
aderito a tale richiesta si ordinò la valutazione di questo secondo fondo, che
fu stimato per D. 17015; quindi fattovi il bilancio, ne risultò un debito da
parte della Signora Supino: debito di cui ricchiese la bonifica a titolo di
prezzo di affezione.
Notizie
riservate giunte al Cavaliere Macedonio sulla inesattezza degli architetti,
lo determinavano ad ordinare un secondo
apprezzo della masseria e del Casino della Sig.ra Supino, e di fatti tuttoche
l’Individuo, cui venne commessa tal revisione, fosse stato poco severo, pure di opinione, che dovesse dedursi la
somma di circa D. duemila sulla base di una rendita non maggiore di D. 410.
A
norma dunque di questo secondo estimo fu eseguita la permuta con istrumento del
di 5 Marzo 1808 stipulato per mano di notar Germano Vincenzo Sicalla, che
trovasi inserito nel volume delle
cautele N.
Su
effetto di questa permuta la masseria della di Ferrari passò presso
l’Amministrazione di S. Leucio,
alla
Sig.ra Supino fu data la masseria de’ Domenicano di Maddaloni che aveva
chiesto; e siccome per pareggiare le somme
rimaneva un debito di circa D
2336.33 a carico della Sig. Supino si convenne, che avrebbe ritenuta questa
somma a capitale infisso sul feudo che acquistava, corrispondendone l’interessi
di annui D 105.13 al 4.2 per %.
Pervenuto
il podere pressi l’Amministrazione, si vide che non sussisteva punto la rendita
asserita dagli architettti ne’ loro apprezzi.
Si
diedero de’ passi per annullare il contratto, che dicevasi , come in effetti
fossa, lesivo: ma essendosi inteso un magistrato di fiducia, costui fu lontano dal consultare un procedimento
giuridico, e credè che dovesse lacersi (lasciare).
È
questa la spiacevole istoria dello acquisto della masseria di Ferrari.
Er
questa masseria, o per dir meglio comprensorio di terre, era diviso nel
seguente modo.
Moggia
Mq
Catastali
Coltivato
a vigna, appartenuto al diretto dominio della
Chiesa
Parrocchiale di S. Vito in Ercole
2.10
7.100
71 a
Campestre,
denominato terra “di Gerusalemme” appartenente al dominio dei R.R. P.P.
Servili fuori Capua
7
23.709
2ha.37a.9 ca
La
masseria divisa nel seguente modo
Con
alberi di mela, ulivi ed altre frutta
5.15
17.428
1 ha,74a, 28 ca
Montagna
denominata “Nespolo, Monaco e Pezza della Cerasa” con alberi di ulivi
15
50.805
5 ha,8 a, 5 ca
Campestre
ed arbustato
4.15
14.056
1 ha, 40 a, 56
ca
Denominato
“Canalicelle” piantato ad arbusto, ulivi ed altre frutta
13
44.031
4 ha, 40 a, 31
ca
Di
cesina alla a semina ed alla piantagione di ulivi ed altre frutta, e dove
esiste il fabbricato del Casino
14
47.418
4 ha, 74 a. 18
ca
Montagna
cesinale
58
196.446
19 ha, 64 a,46
ca
In
totale mappa
121.10
410.166
41 ha, 01 a, 66
ca
N.
b. - Cesina - Il
nome Cesine non deriva, come si pensa comunemente, da Segine che a
sua volta deriva da seges che significa zona incolta e abbandonata,
ma proprio dalla parola italiana (ma di diffusione meridionale) cesina,
che significa "radura, zona disboscata" Devi
aggiungersi che nel lato, che corrisponde alla strada, vi sono le fondamenta di
una cantina, le di cui fabbriche erano state sospese forse per la inutilità dell’opera.L’amministrazione divenuta posseditrice di queste terre venne a
stabilire i suoi affitti ed in questi rinventri fu con maggiore evidenza
appalesati il danno sofferto in tal permuta.
Danni che ... calcolare la ragione della compra ad una proporzione ..... Messi
questi terreni in un sito montuoso e scosceso,
tranne quei che sono al piano della strada di Gradillo, e .....Siffatte
terre sono di qualità diverse come diverso è il genere di culture cui sono
addette, secondo l’indole del suolo.L’attuale
conduttore ha serbato per quanto è stato possibile la loro antica partizione,
ma in generale ne ha addette moggia settantuno a pascolo, e tutto il rimanente
a coltura.Gli
alberi che attualmente esistono in questo comprensorio di terre, sono i
seguenti.
Piante di ulivi
630
Simili di
ciriegge
114
Di elmi, oppi, e
pioppitelli per sostegno delle viti
1444
Capi di vite
3212
Piante di mele
329
Di pera
99
Di fichi
114
Di noci
44
Di pioppi che
costeggiano la strada
178
Simili di
castagne
72
Di pesche
4
Di prugna
10
Di querce grandi
e piccole
78
Di gelse
8
Di sorbo
13
Di amarene
2
Di mandorle
1
Di acacie
11
Non
dobbiamo dissimulare che l’attuale conduttore è stato poco diligente nella
coltura del fondo, e che ha tralasciato di reimpiazzare molti alberi che da
tempo in tempo sono andati a mancare: e per cui anderà ad esser tradotto in
giudizio ed obbligarlo a rifare i danni che non sono di poco momento.Abbiamo
accennato che nella parte che corrisponde alla strada, eransi stabilito le
fondamenta di una cantina. Avendo la Reale Amministrazione giudicato che il
prosieguo di questa cantina resse dispendioso e di niuma utilità, ha fatto...
le cose nello stato in cui erano.Confinazione
e misuraConfina
questo comprensorio di terre da oriente colla via pubblica di Cappuccio, da
mezzogiorno con i beni di Landi e di altre da occidente col tenimento del
Sommacco e di Sairo, e da settentrione
con i beni di Giuda, Mincione ed altre.La
misura è quella che abbiamo espressa cioè di moggia centoventuno passi dieci e
passitelli dieci.RenditaL’antica
rendita di questo fondo allorquando
trovavan presso il Sig. Ferrari
avea sorpassato di poco la somma di ducati dugento malgrado i vantaggi
che forniva il Casino ed i copiosi corredi che’essa conteneva.Ad
onda di ciò i Periti che valutarono la masseria magnificarono molto questa
rendita fermandosi a dati ipotetici.La
verità de’ fatti si scoprì quando le
terre vennero in potere dell’Amministrazione. Attualmente trovasi in affitto a
Ferdinando di Maria di S. Leucio per l’annuo
estaglio di D Dugento in forza di
contratto sipulato per mani di notar
PezzellaFondiariaLa
coltura, classificazione, estensione rendita netta imponibile di questo fondo
riporta nel catasto provvisorio del
Comune di Caserta, sotto nome di Monti della Rena, è come segue
Da
ciò si osserva che tanto la moggia 72.08 di montagna erbosa, quanto il
Casamento di membri quindici, vengono
esentati dal contributo fondario,
dappoiche la prima partita era inclusa nella Riserva ed il casamento lo
era egualmente.
Limitazione
Evvi
vieppiù assicurare i confini di una sì vasta estensione di terre, si è creduto
necessario tumularla coll’opposiz. di 74 termini di travertino, porzioni de’
quali perche messi a fronte di strade sono contradistinti dalle cifre di Casa
Reale, dalle lettere S.L. che indicano essere proprietà “Dell’Amministrazione
di S. Leucio, essendo gli altri poi semplicemente segnali colle lettere
iniziali R. A. dinotanti Reale Amministrazione” nella parte montuosa. Siffatta
limitazione è stata eseguita coll’intervento de’ proprietarj limitrofi ponendo
nel verbale redatto dell’Architetto Di Lilli che nei inscriamo nel vol.
detti cautela fog.
Il “Casino” presentava ben 12 vani al piano terra
con corte e loggiato , il tutto chiuso da mura.
Dal cortile una scala permette di raggiungere la
loggia “scoverta” e il piano superiore (con n. vani ?).
“Nell’angolo fra oriente e mezzogiorno vi è una
Cappella pubblica con una scala di fabbrica per salire al coretto sotto la
quale vi è una piccola sagrestia”
Abbiamo
detto che il territorio accordato alla Sig. Supino essendo di maggiore valore
della masseria dalla medesima ceduta per la plusvalenza in ducati 2336.ò53 di capitale, erasi
obbligata di corrispondere annui D. 105,13.
Or
avendo D. Ferdinando Ferrari, figlio della Sig. Supino, venduto il territorio a
Don Mario Piccolelli, cui ingiunse il
peso della corrisponsione degli annui D. 105,13. Costui a’ termini del decreto
de’ 28 Maggio 1816 (relui ?) quest’ annualità presso la Cassa di
Ammortizzazione, e ne fu all’uopo
assegnata a beneficio della Reale Amministrazione una egual rendita iscritta
sul gran libro, la quale incominciò a decorrere dal primo maggio 1817.
Commessosi
l’apprezzo a due architetti fu valutato il terreno per ducati undicimila
trecento undici, sulla base di una rendita di annui D. 350.35, da’ quali
essendosi dedotti D. 1205 per capitali di due canoni, uno di annui D. 25,
dovuti alla Parrocchia di S. Vito in Ercole, alla quale appartenevasi il
dominio diretto della vigna, e l’altro di annui D. 23.20 dovuto al Monistero
dei P.P. Civili extra Capuani, padroni diretti dell’altro fondo vicino la vigna
istessa, rimasero D. 10106.
Il
casino fu poi valutato per D. 6281.45.
In
tutto il valore delle terre col Casino fu portato a D. 17 592,45 ossia netto D.
16387,45.
La
Signora Supino aveva chiesto in compenso della sua proprietà una masseria di
cinquantaquattro moggia sita verso S. Nicola della strada, ch’era stata di pertinenza de Domenicani di
Maddaloni e si trovava aggregata alla Amministrazione di Caserta.
(Un
aggregazione che era stata solo temporanea).
Essendosi
aderito a tale richiesta si ordinò la valutazione di questo secondo fondo, che
fu stimato per D. 17015; quindi fattovi il bilancio, ne risultò un debito da
parte della Signora Supino: debito di cui ricchiese la bonifica a titolo di
prezzo di affezione.
Notizie
riservate giunte al Cavaliere Macedonio sulla inesattezza degli architetti,
lo determinavano ad ordinare un secondo
apprezzo della masseria e del Casino della Sig.ra Supino, e di fatti tuttoche
l’Individuo, cui venne commessa tal revisione, fosse stato poco severo, pure di opinione, che dovesse dedursi la
somma di circa D. duemila sulla base di una rendita non maggiore di D. 410.
A
norma dunque di questo secondo estimo fu eseguita la permuta con istrumento del
di 5 Marzo 1808 stipulato per mano di notar Germano Vincenzo Sicalla, che
trovasi inserito nel volume delle
cautele N.
Su
effetto di questa permuta la masseria della di Ferrari passò presso
l’Amministrazione di S. Leucio,
alla
Sig.ra Supino fu data la masseria de’ Domenicano di Maddaloni che aveva
chiesto; e siccome per pareggiare le somme
rimaneva un debito di circa D
2336.33 a carico della Sig. Supino si convenne, che avrebbe ritenuta questa
somma a capitale infisso sul feudo che acquistava, corrispondendone l’interessi
di annui D 105.13 al 4.2 per %.
Pervenuto
il podere pressi l’Amministrazione, si vide che non sussisteva punto la rendita
asserita dagli architettti ne’ loro apprezzi.
Si
diedero de’ passi per annullare il contratto, che dicevasi , come in effetti
fossa, lesivo: ma essendosi inteso un magistrato di fiducia, costui fu lontano dal consultare un procedimento
giuridico, e credè che dovesse lacersi (lasciare).
È
questa la spiacevole istoria dello acquisto della masseria di Ferrari.
Er
questa masseria, o per dir meglio comprensorio di terre, era diviso nel
seguente modo.
|
Moggia
|
Mq |
Catastali
|
Coltivato
a vigna, appartenuto al diretto dominio della Chiesa
Parrocchiale di S. Vito in Ercole |
2.10 |
7.100 |
71 a |
Campestre,
denominato terra “di Gerusalemme” appartenente al dominio dei R.R. P.P.
Servili fuori Capua |
7 |
23.709 |
2ha.37a.9 ca |
La
masseria divisa nel seguente modo |
|
|
|
Con
alberi di mela, ulivi ed altre frutta |
5.15 |
17.428 |
1 ha,74a, 28 ca |
Montagna
denominata “Nespolo, Monaco e Pezza della Cerasa” con alberi di ulivi |
15 |
50.805 |
5 ha,8 a, 5 ca |
Campestre
ed arbustato |
4.15 |
14.056 |
1 ha, 40 a, 56
ca |
Denominato
“Canalicelle” piantato ad arbusto, ulivi ed altre frutta |
13 |
44.031 |
4 ha, 40 a, 31
ca |
Di
cesina alla a semina ed alla piantagione di ulivi ed altre frutta, e dove
esiste il fabbricato del Casino |
14 |
47.418 |
4 ha, 74 a. 18
ca |
Montagna
cesinale |
58 |
196.446 |
19 ha, 64 a,46
ca |
In
totale mappa |
121.10 |
410.166 |
41 ha, 01 a, 66
ca |
|
|
Piante di ulivi
|
630 |
Simili di
ciriegge |
114 |
Di elmi, oppi, e
pioppitelli per sostegno delle viti |
1444 |
Capi di vite |
3212 |
Piante di mele |
329 |
Di pera |
99 |
Di fichi |
114 |
Di noci |
44 |
Di pioppi che
costeggiano la strada |
178 |
Simili di
castagne |
72 |
Di pesche |
4 |
Di prugna |
10 |
Di querce grandi
e piccole |
78 |
Di gelse |
8 |
Di sorbo |
13 |
Di amarene |
2 |
Di mandorle |
1 |
Di acacie |
11 |
Non dobbiamo dissimulare che l’attuale conduttore è stato poco diligente nella coltura del fondo, e che ha tralasciato di reimpiazzare molti alberi che da tempo in tempo sono andati a mancare: e per cui anderà ad esser tradotto in giudizio ed obbligarlo a rifare i danni che non sono di poco momento.
Limitazione
Evvi vieppiù assicurare i confini di una sì vasta estensione di terre, si è creduto necessario tumularla coll’opposiz. di 74 termini di travertino, porzioni de’ quali perche messi a fronte di strade sono contradistinti dalle cifre di Casa Reale, dalle lettere S.L. che indicano essere proprietà “Dell’Amministrazione di S. Leucio, essendo gli altri poi semplicemente segnali colle lettere iniziali R. A. dinotanti Reale Amministrazione” nella parte montuosa. Siffatta limitazione è stata eseguita coll’intervento de’ proprietarj limitrofi ponendo nel verbale redatto dell’Architetto Di Lilli che nei inscriamo nel vol. detti cautela fog.
Il “Casino” presentava ben 12 vani al piano terra con corte e loggiato , il tutto chiuso da mura.
Dal cortile una scala permette di raggiungere la loggia “scoverta” e il piano superiore (con n. vani ?).
“Nell’angolo fra oriente e mezzogiorno vi è una Cappella pubblica con una scala di fabbrica per salire al coretto sotto la quale vi è una piccola sagrestia”
Or avendo D. Ferdinando Ferrari, figlio della Sig. Supino, venduto il territorio a Don Mario Piccolelli, cui ingiunse il peso della corrisponsione degli annui D. 105,13. Costui a’ termini del decreto de’ 28 Maggio 1816 (relui ?) quest’ annualità presso la Cassa di Ammortizzazione, e ne fu all’uopo assegnata a beneficio della Reale Amministrazione una egual rendita iscritta sul gran libro, la quale incominciò a decorrere dal primo maggio 1817.
....................
Montagna
di Buonpane sul
Sommacco
1° di una montagna ulivata con mirtelle e canneto della estensione di moggia quarantasei, passi diciassette (157.738 ma = 15 ha, 77°, 38 ca) inclusa nella Real Riserva del Sommacco;
2° di un altro territorio di moggia sei e passi tre (20.663 mq = 2 ha, 6 a, 63 ca) contiguo alla montagna ulivata;
3° di un altro territorio di moggia due e passi ventidue ( 9.259 mq = 92 a, 59 ca)di terreno seminatorio arbustato vicino la porta detta di Parisi al Ponte di Sala.
Presentarono quindi in tempo della occupazione militare le loro domande per avere queste tre tenute all’Amministrazione di S. Leucio, al di cui dominio pareva convernicale che passassero, e chiesero in compenso una parte del territorio del soppresso Monistero di S. Domenico di Maddaloni posto nel tenimento di della Città nel luogo detto Cornali: Domandarono inoltre che in questo compenso si conteggiassero i due crediti testè enunciati, cioè i Ducati 6000 insieme con alcune annualità arretrate, ed il valore del territorio incorporato al Giardino Inglese.
La loro domanda venne accolta. Si procede all’apprezzo di tutti i territorj, si conteggiarono tutte le partite, e vennero perfettamente equilibrati i rispettivi interessi.
A tale uopo nel dì 7 Luglio 1808 ne venne stipulato il corrispondente istrumento per mezzo di Notar Gennaro Vincenzo Scialla, per effetto del quale istrumento vennero ceduti in proprietà ai Sig. Buonpane moggia trentanove della masseria che domandavano.
In virtù di questo contratto la Reale Amministrazione di S. Leucio divenne proprietaria di diversi terreni, tra quali evvi la montagna ulivata e mirtillata col corrispondente casinetto, che ritiene ancora la denominazione di Buonpane, dal nome del suo antico possessore.
Questa bella collina, messa in un sito oltremodo ameno, domina tutta la sottoposta pianura de’ tenimenti di Casanova e Casapolla, e presenta la veduta di una parte di terra Di Lavoro, la medesima contiene piccole pianure atte a semina, e tutto il resto è sparso di alberi di olivo e di mirtelle, e di qualche albero da frutta.
Il Casuno di cui si è parlato, è composto da una stanza a volta a pianterreno, e di un’altra superiore con scala di fabbrica e loggia su tre lati. Evvi pure un aja di astraco con cisterna munita di pargatojocavato nel monte ed un altro basso ad uso di stalla.
Iserandosi questo fondo incorporato alla Real Riserva del Sommacco, la Reale Amministrazione non ha potuto fare nel medesimo alcuni di quei miglioramenti de’ quali sembrava e poteva essere suscettibile granche la parte piana capace di ottime produzioni, e tutto il resto della montagna potrebbe essere impiegabile e per vigna e per una piantagione più estesa di olivi e frutta.
Lasciato quindi questo territorio quasi ad inselvatichito; la Reale Amministrazione non ha cavato se non che il prezzo della mirtella ed il frutto di poche ulive, ciò che approssimativamente non ha potuto calcolarsi più di ducati trenta l’anno.
Continua questa terra a far parte della Real Riserva del Sommacco, e l’Amministrazione non trae vantaggio maggiore di quelle che si ha ottenuto per lo passato.
Confinazione e misura.
Confina questa tenuta con i beni del Sig. Mauro e (Balzo ?) verso oriente; con quelli del Sig. Natale verso Settentrione, col vallone Chiamello verso occidente e cò beni di Stasio e Giannattasio vero mezzogiorno.
La estensione di questo fondo è di moggia quarantasei e passi diciassette. (157.738 mq = 15 ha, 77 a, 38 ca).
Rendita.
Tutto questo territorio è addetto assolutamente ad uso di caccia e non somministra alla Reale Amministrazione se non che que’ pochi prodotti che risultano dalle mirtelle quando possono recidersi e dagli ulivi, ciò che più calcolarsi a circa D. trenta.
È da marcarsi però che nell’epoCa in cui questo territorio era stato preso in affitto per conto dell’antica fagianeria, si corrispondevano ai Sig. Buonpane dalla Balestreria annui Ducati 120.
Masseria Buonpane ?
..............................
44. La
Badia di Santa Croce di Cajazzo e i suoi terreni
Trasferiti alla Reale Amministrazione
di San Leucio durante l’Occupazione Militare Francese
Località |
Superficie Mq |
Coltura |
Affittuario |
Rendita Annua - Ducati |
Note |
Montagna |
1.019.031 101 ha,90 a, 31 ca |
In parte mirtellata |
Comune della Piana |
40 |
Per comodo dei cittadini |
Starzodella |
223.942 22 ha,39 a, 42 ca |
Uso semina |
Stefano Migliorati |
83,33 |
|
S. Lucia |
40.212 4 ha, 02 a, 12 ca |
Seminativo Scadente |
Franceso Martucci e Donato Di Palma |
17 |
N.3 Fondi |
Agna |
29.188 2 ha, 91 a, 88 ca |
Seminativo scadente |
Ferdinando Di Maria |
16 |
|
Morrone |
16.629 1 ha, 66 a, 29 ca |
Seminatorio |
Mattia Barbieri |
6,50 |
|
Morrotiello |
25.199 2 ha, 51 a, 99 ca |
Seminativo |
Ferdinando Di Maria |
14 |
Tenimento Rujano (Ruviano) |
Le Bozzelle |
16.971 1 ha, 69 a, 71 ca |
Seminativo |
Agostino Anziano |
8 |
|
Torrieri |
7.078 - ha, 70 a, 78 ca |
Seminativo |
Ferdinando Di Maria |
4 |
|
Superficie Totale dei terreni della Badia di S. Croce di Caiazzo annessi alla Reale
Amministrazione di S. Leucio = 1.378.250 mq =
137 ha, 82 a, 50 ca Rendita Annua ricavata dagli affitti: Ducati 189 circa 5.864.462 Lire =
3.030 Euro |
Dipendenze della Badia di Santa Croce passate alla Reale Amministrazione di San Leucio
45. I
terreni dell’Abbazia di San Pietro ad Montes trasferiti alla Reale Amministrazione di San Leucio
in seguito alla Sovrana Risoluzione del 28 Dicembre 1795
N. |
Contrada Tipologia Terreno |
Superficie (in mq) |
|
||
|
|
Originaria |
Permuta |
Residua
|
Eventuale permuta / Altra tipologia di contratto - Rendita del terreno Residuo |
1 |
Corticella San Pietro Guiardino
Oliveto e Terreno roccioso |
37.652 |
|
37.652 |
In
Comodato d’uso ai Padri Dottrinari
che abitano nell’Abbazia Rendita = 0,00 |
2 |
Sandinella Seminativo n.
42 pioppi maritati con viti n.
32 pioppi giovani non maritati e n. 63 gelsi |
93.543 |
14.679 6.154 20.584 26.338 |
………. …… ............ ………. 25.717 |
(1808) - Permuta con terreno a San Leucio deiFratelli
Baldassare e Francesco della Valle (1808) – Permuta con
terreno ceduto vicino alla Reggia - Fratelli
Marco e Pasquale Giaquinto (1828) – Terreni ceduti: Giardino Inglese, Olmi di S. Nicola e
San Leucio - Francesco, Domenico, Arcangelo Gazzella Amministrazione Regia per la costruzione della Strada Caserta - Napoli |
3 |
San
Pietro pioppi
con viti: n. 149 Altre simili
novelline non ancora formate .... N. 76 n.
40 piante di gelsi Esistono
poi nel secondo pezzo: n. 398 piante di pioppi maritate con viti Altre
novelline senza viti. N. 136 n.
44 piante di gelsi |
113.032 |
3.387 46.697 |
……….. ………. 62.677 |
Permuta con terreni di
Gianni Natale Permuta parziale con il
“Casino” d’Ischia – Famiglia Bonocore La superficie residua era costituita da due fondi tra loro
separati dato che i Bonocore scelsero il
terreno nella parte centrale del fondo. Rendita =
252,51 ducati (per contratti
con vari individui”) |
4 |
La Lenza n.
366 piante di pioppi maritate con viti n.47
piante piccole senza viti n.46
piante di gelsi ancora novelline |
165.329 |
45.199 |
………. 120.131 |
Permuta parziale con il
“Casino” d’Ischia – Famiglia Bonocore Rendita = 485.33 ducati per contratti con vari
“individui” |
5 |
S.
Maria Macerata (costituito
da due fondi) a)
dov’è presente
l’Eremo di S. Maria Macerata b) altro fondo, contiguo al primo
superficie Sono
presenti n. 282 piante di pioppi maritati con viti n. 42
pioppi giovani sena viti |
61.353 |
48.473 1.882 |
……… ……….. 59.471 |
dato totalmente in permuta ai Fratelli Forgione per un terreno
posto sulla Montagna della Rocca a San Leucio Parte
di permuta per un terreno posto sulla Montagna della Rocca (Sommacco) a San
Leucio – Fratelli Forgione Rendita
= 260 ducati per affitto a Leonardo Caglia e Antonio Compagnano |
6 |
Fondo
Scarrupata n.
56 cerri maritati con viti |
14.024 |
5.349 |
……….. 8.675 |
Permuta con terreno ceduto ai Giardini Inglesi – Fratelli, Michele, Francesco e Antonio Valentino Rendita
= 37,50 |
7 |
Scampia
di Santa Lucia n.
86 piante di gelsi |
48.266 |
|
48.266 |
“Scampia” –
“Terreno non coltivato” Rendita = 256 ducati |
8 |
Starza
della Camera n.
197 (pioppi, querce ed olmi) maritate con viti n.
107 (pioppi, querce ed olmi) non ancora maritate; n.
60 piante di gelsi |
50.644 |
|
50.644 |
Rendita = 252 ducati per
affitto a contadini di Tuoro |
9 |
Ciaurri n.
47 piante di gelsi |
57.788 |
50.697 |
7.091 |
Permuta con terreno di San Leucio – Fratelli Petriccione Rendita = 29 ducati per affitto a Domenico D’Agostino di Casolla |
10 |
Oliviero n.
178 piante di gelsi |
54.559 |
|
54.559 |
Rendita = 260,16 ducati per affitto a: Paolo
Cioffi; e Domenico D’Agostino di Casolla, a D. Camillo
Scielzo, a D. Ferdinando di Maria e a D. Stefano Catillo. |
11 |
Le
Maremole Seminativo
con n. 4 piante di pioppi maritate con viti |
83.562 |
|
83.562 |
Rendita = 286 ducati per affitto a: Ferdinando di Maria di S. Leucio
e D. Stefano Cutillo di Tuoro |
12 |
I
Vernilli “seminatorio”
con n. 27 piante di ulivi |
17.641 |
|
17.641 |
Rendita = 50 ducati per affitto a: Salvatore Vanore e Domenico Buonocore
di Piedimonte di Casolla |
13 |
Chiesa
Vecchia Seminatico
con: n.
23 piante di ulivi; n.
7 piante di cirriegge; n.
7 olmi maritate con viti; n.
7 piante di fichi; n.
1 pianta di sorbo |
38.612 |
|
38.612 |
Rendita = 101 ducati per affitto a Piempro e Gennaro Scacco |
14 |
Rado
Longo Seminativo
a grani e capane |
97.790 |
|
97.790 |
Rendita = 470,60 ducati |
15 |
Cava
sopra i pioppi Seminativo
con n.
35 alberi di cirriegge |
45.591 |
|
45.591 |
Rendita= 100 ducati per affitto a: Nicola e Francesco Brigantino |
16 |
I
Pioppi |
13.154 |
|
13.154 |
Rendita= 21 ducati |
17 |
Le Petrare seminativo |
6.311 |
|
6.311 |
Rendita = 10 ducati per
affotto a Salvatore Maielli di Caserta |
Superficie (al netto
delle permute) = 777,544 mq (77 ha, 75 a, 44 ca)Rendita = 2871,30 ducati (89.093.281 Lire = 46.027 Euro)
Superficie (al netto delle permute) = 777,544 mq (77 ha, 75 a, 44 ca)
…………………..
46. Fondi Urbani
Rustici della Reale
Amministrazione di San Leucio
Reali Molini di Montebriano e della Officina per la filatura de’ Cotoni
Coll’andare del tempo, trovandosi in queste contrade il Negoziante D. Luigi Vallin, che aveva stabilito una fabrica di cotonerie in Alfrida, propose di volgere a miglior uso il locale destinato per trappeto, piantando ivi un officina di da filare i cotoni con macchine mosse ad acqua. Avendo ottenuto il debito permesso eseguì quanto aveva proposto a sue spese, e fece tuttociò, che in quei tempi poteva chiamarsi un ottima fabbrica di filatura.
Or tutto l’edificio che comprende i molini, e questa officina di filatura, poggia sopra di un suolo della estensione di passi quattordici e passitelli ventinove. (1.690 ma = 16 a, 90 ca).
Il molino è composto da quattro macine, ed è situato in un piano terreno, che forma una lunga sala di palmi ottantaquattro e mezzo, divisa in due arcate.
A mano destra dell’ingresso di questa sala evvi una scaletta, per la quale si monta a due stanze destinate per commodo dello affittatore de’ molini.
Si è qui un corridojo che, fiancheggiando le stanze medesime, mena alle vasche dell’acque, che animano le machine.
Presso il molino vi è un Oratorio, in cui si celebra la messa ne’ giorni di festivi, e vi si entra per una porta, che comunica coll’anzidetta sala, e per pezzo di un’ altra porta, che corrisponde ad un cortile, che commmunica con fabbricato del Real giardino Inglese.
Vi è pure una piccola taverna stabilita in un basso che fiancheggia nella parte esterna la sala de’ molini.
Vi è finalmente un cortile non angusto, ove vi sono due stalle per commodo degli animali degli avventori, e due bassi destinati a diversi usi.
Il fabbricato poi per la filatura de’ cotoni consiste in un vasto compreso, ossia stanzone messo al di la delle vasche alla parte orientale, sicche a comodo e a piacere del Conduttore può fornire l’acqua necessari per far muovere il machinismo delle filature. Tutte la machine appartengono alla eredità di Vallin, e quando volessero togliersi per far altro uso del locale, dovrebbero gli eredi di esso Vallin ristabilire l’antico trappeto, secondo la convenzione allora fatta.
Descirizione, confinazione e misura
Questo edificio è circondato dalla parte di mezzogiorno, ed oriente dal giardino Inglese, dalla parte di settentrione vien confinato dal Real Boschetto di Caserta, e finalmente tutta la parte ocidentale è messa sulla strada, che mena non solo al molino, ma eziandio ad uno de’ portoni del Boschetto.
Rendita
Di ottiene da questi mulini, e dalla officina della filatura una annua rendita di ducati cinquemila dugento, simulativamente (simultaneamente) affitato a D. Aniello de Livo, D: Francesco Verde, e D. Luigi Zappelli con istrumenti del di....
Fondiaria
Estratto del Catasto
Nel Catasto provvisorio del Comune di Caserta all’art. 98 bis, si porta questo locale nel modo se segue:
Chiamasi palazzo di Montanaro, perché fu costui a costruirlo a spese del fu Marchese di Montanaro.
Il medesimo si compone di un pianterreno, e di due piani superiori, ed è piantato su di un suolo di figura rettangolare della estensione di passi otto e passitelli due, ch’era diretto dominio della Reale Amministrazione di Caserta, su cui trovavasi infisso un annuo canone di Ducati uno, gra. 61.5
Il pianterreno è formato da numero quattro bassi a fonte di strada, due de’ quali sono addetti per abitazione, altro a cappella con un dietrobasso per Sagrestia, ed altro ad uso di stalla.
Nel vano arcato del portone evvi un altro basso, dirimpetto al di cui ingresso vi è una scalinata a quattro pilastri, per la quale si ascende a due piani superiori, entrando nel cortile si osservano altri otto bassi, che lo circondano, tre di essi addetti a stalle e cinque per abitazioni.
Nell’angolo a sinistra, entrando nel cortile, evvi altra scaletta a lumaca, che impiana negli appartamenti superiori. Per questa scaletta si ha pure l’ingresso in uno de’ descritti bassi, da cui si sorte in un altro cortiletto verso occidete, e quindi in due giardinelli. Vi sono nel cortile due cisterne, il lavatojo ed altre comodità.
I due piani superiori poi si compongono, cioè il primo di dieci stanze, e due cucine, ed il secondo ed ultimo di altrettante stanze ed una cucina.
Entrambi questi appartamenti son corredati di buoni pezzi d’opera né vani di porte, mediocri telai di vetrate e buoni scuri.
Cinque stanze del primo piano ed altrettante del secondo hanno l’aspetto a mezzogiorno e le rimanenti verso il cortile.
Appartenevasi questo casamento, come abbiamo detto, al Marchese di Montanaro, da cui prese il nome. In tempo del decennio si determinò di acquistarsi affin di situarvi una porzione degli Individui, che sloggiare dovevano dalla Real Colonia per far lasciare a disposizione di coloro che seguivano l’Occupatore Militare. Le abitazioni che ivi rispettivamente tenevano.
Esso casamento fu apprezzato per D. 5356:23 e questa somma fu calcolata sul valore di alcuni specciosi fondi del Demanio, che furono ceduti al Marchese di Montanaro con istrumento stipulato nel dì 29 Aprile 1807, per mano del N. Gius. (Ciuseppe) Narici di Napoli, nel quale intervenne il Principe di Caposele per la parte fiscale.
Confinazione
Siffatto Casamento confina da settentrione col giardino della Signora Lotti; da occidente con una villa, che mena nel giardino di D. Stefano Michitto; da mezzogiorno colla strada detta de’ Pallottoni, e da oriente colle case a giardino di D. Orsola Bernasconi.
Rendita
Sino all’anno 1821, è stato questa casamento abitato da diverse famiglie d’individui Leuciani, ma essendo queste per disposizione Sovrana passate ad abitare nella Villa di Briano in parte, ed in parte ritornate in S. Leucio, si diè questo Casamento in affitto al Comune di Caserta per l’annua pigione di D. 230.
Fondiaria
Questo casamento trovasi esente di contributo fondiario, perché addetto ad abitazioni gratuite per gl’Individui Leuciani, e per semplice memoria si posta ne’ ruoli del catasto provvisorio nel seguente modo
Art. 97. Sezione I-G = N. 360 = Casa membri 27 di 8° Classe = Pallottoni
Nota
Nel volume de’ documenti, che servono di appoggio alla descrizione, si è inserita la descrizione ed appresso originale di questo Casamento, che fu formato dagli Architetti Luigi Faunotta e Luca De Lillo.
Cui è inserita una partita di Banco, che porta la data del dì 25 agosto 1809, dalla quale partita si rileva tutto il conteggio, che fecesi in quella epoca tra la così detta Intendenza della Real Casa ed il Marchese di Montanaro per i rispettivi crediti e debiti, ed in questo conteggio entrò il casamento in quistione, il di cui prezzo fu estinto colla cessione di diversi fondi del soppresso Monistero di S. Lorenzo di Aversa.
Palazzo Montinaro (?)
........................................
47. Progetto Frutta
Antica
Frutti dimenticati uniti ad antiche tradizioni ed abbandonati, perduti e sostituiti da colture più produttive o comunque legati a logiche commerciali ed industriali.
Le varietà coltivate in passato erano contraddistinte da nomi affascinanti, spesso legati al territorio d’origine e caratterizzavano gli orti ed i giardini.
Purtroppo le “logiche” industriali ed anche i gusti dei consumatori, hanno finito con il privilegiare il valore estetico e dimensionale del frutto. Questo ha determinato l’abbandono delle antiche varietà e in circa mezzo secolo, ma l’arco di tempo potrebbe essere benissimo più ampio, sono scomparse almeno l’80% di varietà fruttifere.
Perdere una varietà significa perdere un importante patrimonio genetico che non sarà più riproducibile.
Ricordo anni fa di aver creato nella fattoria didattica di un agriturismo un piccolo frutteto antico. Durante una mia ricerca ebbi la fortuna di visionare un antico libro dove erano riportate diverse varietà di frutta con i luoghi d’origine. Ricordo di essere andato a Mazzarino e riuscì a rintracciare l’antica contrada che era stato percorsa l’anno precedente da un incendio. Forse fu un caso ma trovati due piccole piantine di pero le cui foglie corrispondevano a quelle di una varietà citata dall’antico testo... una varietà che portava un nome antico “piru lignu di metere”.
In altre zone di comuni diversi trovai altre piante che misi a dimora nel frutteto.. “Fraccuneddu, morticciaru, Sant’Antoninu, Bedda Lagrima, Utticciaru...ecc.”
Fecero un buon sviluppo e alcune mi diedero anche degli squisiti frutti.
Purtroppo non avevo l’appoggio nel portare avanti il progetto di chi invece avrebbe dovuto condividere la mia esperienza... solo rimproveri perché quella realizzazione era solo una perdita di tempo.....
48. Gli Antichi Vitigni del Real Sito
In merito ai vitigni nel censimento del 1820 sono riportate diverse varietà.
Aglianico
nome di “Hellenico”. Il nome attuale sarebbe legato alla dominazione degli
Aragonesi. Aglianico sarebbe infatti legato alla pronuncia spagnola
di “Hellenico”. Un vino che fu soprannominato il “Barolo del Sud”.
Aleatico
.......................
Lacrima
Procopio
(?)
........................
Delfino Bianco
“Pergolone di Ortona –
La pruvilòne di
Urtòne “ (?)
Piedimonte Rosso
e Bianco
(Pallagrello
Nero e
Bianco)
Terranova Rosso
L’autore indica
spesso il vitigno in base alla sua provenienza.In questo caso si
trattava della città di Terranova di Sibari che fu fondata tra il VI ed VII secolo a.C. dai
profughi della città panellenica di Thurium. Il vitigno era
probabilmente il Gaglioppo, a bacca rossa ed autoctono della Calabria, assieme
al Mantonico ed al Greco di Bianco.La denominazione Gaglioppo deriva dalla
forma conica dei suoi grappoli che, secondo gli antichi Greci, era simile a quella
di un bel piede (dove bello = kalos e piede = podos,
quindi kalos-podos = Gaglioppo).
È considerato
dagli enologi come uno dei vitigni più antichi al mondo.Già intorno al
VIII secolo a. C. le popolazioni
residenti in Calabria avevano incominciato a praticare la viticoltura, addomesticando
i vitigni selvatici che crescevano abbondantemente sulle pendici collinari fino
alle zone costiere.I primi
colonizzatori Ellenici trasformarono gran parte del territorio della Magna Grecia in vigneto, sfruttando il notevole patrimonio di
vitigni autoctoni.Sulle colline
dell’antica Cremissa, dove era stato edificato un tempio dedicato a Bacco (dio
del vino), ai tempi della Magna Grecia, ebbe inizio la storia di questo vitigno, in grado di
produrre quantità di vino tali da venire trasportate anche presso Sibari, allora
considerata una delle più famose capitali del vino.Attualmente sede
di Cirò Marina, la collina ospitava numerosi
vigneti da cui veniva prodotto il vino ufficiale per le
Olimpiadi, anche perché si credeva che fosse dotato di poteri terapeutici di tonico.In quel periodo, i coloni Calabresi erano soliti trasportare
questo prodotto attraverso vinodotti, formati da
un complesso sistema di tubi realizzati per trasferire il vino fino al porto,
da cui veniva poi spedito in tutto il Mediterraneo. .................................Lipari Bianco e
Rosso
Per Lipari Bianco
s’intendeva il vitigno Malvasia.Fu introdotto
nelle isole Eolie dai coloni Greci introno al VII – VI secolo
a.C. Fu descritto dagli storici latini e
altre notizie risalirebbero al
1696 quando Francesco Cupani indicò il vitigno con il nome di “Malvagia”
dal dialettale “Marvascia”. Non si conosce l’origine del nome né il suo
significato, visto la bontà del suo prodotto. È coltivato in prevalenza nell’isola di
Salina.
Per quanto
riguarda il Lipari Rosso s’intendeva probabilmente il Corinto nero. Originario della
Grecia, anche lui quindi portato dai coloni Greci, venne
citato anche da Plinio come Uva Marina Nera e successivamente dal Molon, nel
1906, come Passerina Nera...............................Siracusa Rosso e
Bianco
Cercare di scoprire
i vitigni indicati come “Siracusa Bianco e Rosso” non è facile.A Siracusa il
termine vino risale a circa duemila anni fa quando navigatori fenici, di Corinto, micenei,
giungevano nel porto di Siracusa che era uno dei più importanti del Mediterraneo.
Plinio affermava che “le varietà di viti indigene erano tanto numerose
quanto i granelli di sabbia di una spieggia”. Parlare quindi dei vitigni indicati come “Siracusa” significherebbe ricostruire le origini del
Moscato di Siracusa, del Nero d’Avola e dell’Albanello, vitigno forse più
antico dei precedenti e che ha rischiato di scomparire, ed anche dello Shiraz.
Moscato bianco /
Pollio
Il Moscato di
SiracusaFu il celebre
archeologo siciliano – scopritore della Venere Anadiomene oggi
custodita al Museo P. Orsi di Siracusa – Saverio Landolina Nava (Catania 1743 –
Siracusa 1814) a dissolvere le nebbie che aleggiavano intorno alle origini del
Moscato di Siracusa. Egli seguì il lungo e sottile filo che, da Omero ed
Esiodo, passando per le citazioni e i riferimenti degli antichi, congiungeva l’antico
vino Pollio al Moscato siracusano che si produceva ai suoi tempi.Analisi meticolosa delle fonti, confronto attento tra le antiche
tecniche di vinificazione e quelle moderne in uso ai suoi tempi, che
risultarono affini, permisero allo studioso di considerare il Moscato di
Siracusa diretto discendente del vino Biblino o Pollio e, quindi, il vino più
antico d’Italia, forse anche d’Europa.Si chiamava vino Pollio perché
un mitico re di Siracusa, di nome Pollis, lo ricavò dall’uva Biblina originaria dei monti della Tracia e portata in Sicilia dai
Greci ai tempi della colonizzazione (VIII sec. a. C.), come racconta lo
scrittore greco Ateneo nei Deipnosofisti. La fonte di
quest’ultimo è uno storico italiota del V sec. a. C., Hippis di Reggio, secondo
il quale il Pollio si ricavava da una varietà di vite “eileos”
ovvero “vite che si attorciglia”, chiamata anche Biblina.Dionigi I (432-367
a. C.), tiranno di Siracusa, istituì addirittura un fondo, destinato a uso e
consumo della reggia, per la coltivazione delle uve di Moscato e per la
produzione di questo vino.Quando Plinio il Vecchio descrisse le varietà di vite diffuse in Italia,
probabilmente annoverava già anche il Moscato di Siracusa tra le viti “apiane”,
note per la dolcezza e la fragranza delle uve che attiravano le api.
Identificò, poi, il Pollio con un vino dolce chiamato Haluntium che “nasceva in
Sicilia e aveva sapore di mosto”.Per lo storico
latino Eliano, “laudatissimus erat Syracusanis Poliumvinum”.Dal 1200 in poi,
il Moscato entrò nelle prime opere in lingua italiana, a indicare quei vini
dolci e aromatici prediletti dalle classi sociali più elevate in Sicilia.Ne troviamo citazione in diversi componimenti burleschi siciliani del 1500, che
ne esaltavano qualità e virtù, e in numerosi documenti testamentari del
periodo, in cui il territorio della “Fanusa” era indicato come
specifico per la produzione di vino Moscato.Lo storico Fazello, uno dei primi a intravedere il legame tra il Moscato e
l’antico Pollio, ne parlò come di un vino “dolce, di grato odore e soavissimo”.Le navi del Re Sole (1643-1715) approdavano nel porto di Ortigia per rifornirsi
di vino Moscato. Alexandre Dumas inserì i “Moscati bianchi e rossi di Siracusa”
nel suo grande Dizionario di cucina (1873) tra i vini
liquorosi più famosi e, nel suo romanzo I tre moschettieri, i
protagonisti brindavano con Moscato di Siracusa. Anche il conte di Montecristo,
nell’omonimo romanzo, lo offre regolarmente ai suoi ospiti. ......................
Albanello
Era uno dei due
“carichi” scoperti da Mario Soldati a Siracusa durante il suo viaggio in
Sicilia negli anni ’70: l’Albanello, uno dei vitigni antichi e storici di Siracusa,
dalle origini misteriose che si perdono tra accenni storici, mito e leggenda.Nel V sec. a. C.,
il poeta siciliano Epicarmo esaltava nei suoi versi anche “l’aristocratico
Albanello”.Secondo una
vecchia leggenda sull’Albanello, riportata nel 1958 sul numero 43 del Corriere
Vinicolo, “l’Albanello di Comiso nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare
la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano fare alcun brindisi
in quanto poveri e privi di vino”.I vini che si
producevano da questo vitigno, caratteristico della zona di Siracusa, erano
molto apprezzati nelle tipologie secco e asciutto, dolce e liquoroso,
e altrettanto ricercati, anche se difficili da reperire e molto costosi. La
coltivazione era limitata alla provincia di Siracusa, dove nel tempo si è
ridotta a pochi esemplari:Nella lunga
dissertazione sul vino Pollio siracusano, il solito Saverio Landolina Nava
sosteneva che l’Albanello fosse da preferire al Moscato perché più soave, privo
di quella “grassa dolcezza” e “più fluido, brillante e delicato”, anche se –
ammetteva – “è molto raro e forse non è conosciuto fuori dalla Sicilia”.L’Albanello è menzionato nel 1700 come una varietà di vitigno storico di grande
valore: l’enologo ottocentesco Giuseppe Rovasenda lo annoverava tra i “migliori
vini liquorosi” e Giovanni Briosi, altro illustre enologo, nel 1879
spiegava che “l’Albanello non è molto noto in commercio, specialmente
all’estero, e pure si potrebbe con esso ricavare il migliore vino asciutto di
tutta la Sicilia”.A Siracusa, il primo produttore di Albanello di cui abbiamo notizia era la
nobile famiglia Landolina che, nel 1712, coltivava questo vitigno e ne
vinificava le uve insieme a quelle del Grillo............................
Nero d’Avola
Il vitigno Nero d’Avola era conosciuto in Sicilia fin dalla fine
del 1600.
Apprezzato per la buona qualità delle sue uve, era diffuso con il
nome di “Calabrese”, “Calavrisi” o “!Calaulisi”, tipico della zona di Avola (in
provincia di Siracusa) come dimostra la stessa etimologia del nome: Calaulisi, infatti, fonde i termini
dialettali “cala”, che significa uva, e “aulisi”, di Avola.
Per Angelo Nicolosi, nel 1870, il Nero d’Avola era tra le “specie
più pregiate per il vino, che in Sicilia si coltivano”.
..................................
Syrah
Un vitigno che ancora oggi
presenta degli aspetti misteriosi circa la sua origine.Originario della Persia, dalla
citta di Shiraz e di un vino che portava il nome dell’antica città attraverso il
Mediterraneo giunse quindi a Siracusa.Altre fonti indicherebbero la
sua origine nell’Egitto dove la regina Cleopatra era una grande estimatrice del
vino Syrah. Nel III sec. d. C., l’imperatore
Marco Aurelio Probo, decise di introdurne la coltivazione in Gallia. Durante il
suo viaggio di rientro dall’Egitto si fermò con le sue legioni in Sicilia, a Siracusa.
I legionari piantarono qui i ceppi importati che attecchirono subito e bene. È facile, quindi, collegare il nome Syrah o
Sirach proprio alla città di Siracusa. Abbastanza plausibile,
anche, che siano stati i Greci, fondatori di Siracusa, a introdurre tempo prima
in terra aretusea questo vitigno a bacca nera.La Francia, però, rivendica il
Syrah.Autori greci e latini, tra cui
Columella, Marziale, Plutarco e Plinio il Vecchio, raccontano di vini molto
particolari e famosi a Roma. Avevano un gusto spontaneo, naturale, pungente di
pece o catrame e nascevano da un vitigno a bacca nera conosciuto come Vite
Allobrogica o Picata. Gli Allobrogi erano un’antica popolazione della Gallia
Narbonese, praticavano la viticoltura nella Valle del Rodano e commerciavano
vino con Roma. Che fossero vini Syrah ante litteram o semplicemente antenati
del vitigno ritenuto, quindi, nativo della Francia?Nel XIII sec., il cavaliere
templare Henri Gaspard de Steinberg si ritirò a vita privata nelle terre
donategli dalla Regina di Spagna, nella valle del Rodano. Reduce dalla Crociata
Albigese, piantò alcune barbatelle di Syrah che aveva portato con sé. Ed è così
che il vitigno Syrah – si dice – ebbe nella zona di Tain l’Hermitage, tra
le città di Valence e Vienne, la prima area di coltivazione.Un’altra versione della storia, racconta che alcuni Crociati, al loro ritorno
dalla Terra Santa, si fermarono presso la cappella di San Cristoforo e qui,
nella valle del Rodano, piantarono le talee di Syrah che trasportavano sui loro
cavalli.Secondo il prof. Attilio Scienza,
l’etimologia del nome Syrah contiene la radice indoeuropea *ser, che potrebbe
indicare il luogo di coltivazione del vitigno: “una pianura ai piedi delle
montagne”, forse un riferimento che porterebbe a identificare il Syrah con il
vitigno albanese Shesh, originario della zona di Durazzo, simile
per caratteristiche genetiche a una famiglia di vitigni che prende il nome di
“Serine”.Anche se, come abbiamo visto,
esisteva già da prima con altri nomi, il Syrah compare ufficialmente in
Italia nell’Ottocento con il nome di Grosse Serine o Hermitage nella
collezione dell’ampelografo mantovano Giuseppe Acerbi; devono passare altri
cinquant’anni per trovare riferimento al vitigno in Rovasenda come
“Serine-Syrah” e “Syrah dell’Ermitaggio”.In Sicilia è il Barone Mendola a citare il Syrah con questo nome nel catalogo
della sua collezione.In Toscana, alla fine del XIX secolo, il Syrah è molto diffuso e utilizzato per
migliorare il Chianti classico; sole negli anni Trenta il vitigno si diffonde
anche in altre regioni italiane, tranne la Sicilia, dove non vi è traccia di
uve Syrah.Nonostante questo e nonostante
il vitigno Syrah sia tra i dieci più diffusi e coltivati al mondo, è proprio la
Sicilia oggi a vantare la maggior superficie vitata.
..........................Uve Bianche Vernotiche
Vengono definite “Vernotiche” perché originarie del
centro di
San Pietro
Vernotico (in provincia di Brindisi)
Possibili vitigni:
Falanghina
Fiano Minutolo
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Somma Bianche e Nere
Vitigni dell’area
di Somma Vesuviana
Il vitigno Catalanesca
fu introdotto in Campania nel 1450 dalla Catalognaaa Alfonso I d’Aragona,
monarca del
regno delle Due Sicilie e fu impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. Il vitigno Catalanesca aveva una certa diffusione fino all’inizio del secolo,
ma poco ne è sopravvissuto fino all’epoca postfilosserica ed oggi sopravvive
solo in piccoli appezzamenti..................
La Coda di
Volpe è tra i vitigni autoctoni della zona vesuviana e campana, infatti la
coltivazione avviene in tutte le 5 province.
E’ conosciuta nella zona del vesuviano anche con la denominazione di
Caprettone.
E’ un
vitigno a bacca bianca.
Come
tanti altri vini della zona vesuviana, ritroviamo citazioni sin dall’antica
Roma. Già Plinio il Vecchio nel libro XIV della sua Naturalis Historia parla di
“caudas vulpium imitata” ( imitando le code delle volpi).
Il nome
deriva dalla forma curva del grappolo, che ricorda la coda di una volpe che si
stacca dalle ali, dando al grappolo una forma a “T”. I grappoli hanno grosse
dimensioni, forma piramidale e una lunghezza che può arrivare ai 40 cm. Al
contrario i chicchi si presentano di dimensioni ben più piccole rispetto alle
altre uve, e hanno una forma sferica con bucce spesse e gialle.
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Tra le numerose
specie di uva, il Piedirosso pompeiano è testimone di un territorio ben
definito, l’area vulcanica alle pendici del Vesuvio. Questo perché solo grazie
alla straordinaria composizione del terreno, unita alle qualità climatiche
della pianura napoletana, possiamo ottenere questo vino dal sapore unico.
Inoltre, Pompei in epoca romana era il centro commerciale principale per il
vino in Campania.Il suo
nome ha origini incerte, ma molti studiosi ritengono che corrisponda al
“Colombina” menzionato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Nella
tradizione napoletana il piedirosso è detto “Pèr e palummo” cioè “piede di
colombo”, soprannome derivante dal caratteristico colore che assume il trancio
poco prima della vendemmia, un rosso rubino molto simile al piede dell’uccello..........................Zibibbo
Vitigno originario
dell'Egitto, diffusosi nel bacino Mediterraneo grazie ai Romani.E' una tipologia di uva ampiamente coltivata anche come uva da tavola e da
essiccare. Il nome Zibibbo deriva dalla parola nordafricana Zibibb, che
significa uva secca. Nell’isola di
Pantelleria è coltivata la quasi totalità della produzione nazionale e nel 2014 l’UNESCO ha dichiarato la pratica
della coltivazione ad alberello di Pantelleria, patrimonio dell’UmanitàAnche in Calabria,
nel comune di Pizzo Calabro, sono
presenti delle coltivazioni di vigneti a Zibibbo
Lipari Bianco e
Rosso
Siracusa Rosso e
Bianco
Moscato bianco / Pollio
Albanello
Era uno dei due
“carichi” scoperti da Mario Soldati a Siracusa durante il suo viaggio in
Sicilia negli anni ’70: l’Albanello, uno dei vitigni antichi e storici di Siracusa,
dalle origini misteriose che si perdono tra accenni storici, mito e leggenda.Nel V sec. a. C.,
il poeta siciliano Epicarmo esaltava nei suoi versi anche “l’aristocratico
Albanello”.Secondo una
vecchia leggenda sull’Albanello, riportata nel 1958 sul numero 43 del Corriere
Vinicolo, “l’Albanello di Comiso nacque sul fiorire dell’alba, per rallegrare
la partenza di un crociato, poiché i familiari non potevano fare alcun brindisi
in quanto poveri e privi di vino”.I vini che si
producevano da questo vitigno, caratteristico della zona di Siracusa, erano
molto apprezzati nelle tipologie secco e asciutto, dolce e liquoroso,
e altrettanto ricercati, anche se difficili da reperire e molto costosi. La
coltivazione era limitata alla provincia di Siracusa, dove nel tempo si è
ridotta a pochi esemplari:Nella lunga
dissertazione sul vino Pollio siracusano, il solito Saverio Landolina Nava
sosteneva che l’Albanello fosse da preferire al Moscato perché più soave, privo
di quella “grassa dolcezza” e “più fluido, brillante e delicato”, anche se –
ammetteva – “è molto raro e forse non è conosciuto fuori dalla Sicilia”.L’Albanello è menzionato nel 1700 come una varietà di vitigno storico di grande
valore: l’enologo ottocentesco Giuseppe Rovasenda lo annoverava tra i “migliori
vini liquorosi” e Giovanni Briosi, altro illustre enologo, nel 1879
spiegava che “l’Albanello non è molto noto in commercio, specialmente
all’estero, e pure si potrebbe con esso ricavare il migliore vino asciutto di
tutta la Sicilia”.A Siracusa, il primo produttore di Albanello di cui abbiamo notizia era la
nobile famiglia Landolina che, nel 1712, coltivava questo vitigno e ne
vinificava le uve insieme a quelle del Grillo............................
Nero d’Avola
Il vitigno Nero d’Avola era conosciuto in Sicilia fin dalla fine
del 1600.
Apprezzato per la buona qualità delle sue uve, era diffuso con il
nome di “Calabrese”, “Calavrisi” o “!Calaulisi”, tipico della zona di Avola (in
provincia di Siracusa) come dimostra la stessa etimologia del nome: Calaulisi, infatti, fonde i termini
dialettali “cala”, che significa uva, e “aulisi”, di Avola.
Per Angelo Nicolosi, nel 1870, il Nero d’Avola era tra le “specie
più pregiate per il vino, che in Sicilia si coltivano”.
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Nero d’Avola
Apprezzato per la buona qualità delle sue uve, era diffuso con il nome di “Calabrese”, “Calavrisi” o “!Calaulisi”, tipico della zona di Avola (in provincia di Siracusa) come dimostra la stessa etimologia del nome: Calaulisi, infatti, fonde i termini dialettali “cala”, che significa uva, e “aulisi”, di Avola.
Per Angelo Nicolosi, nel 1870, il Nero d’Avola era tra le “specie più pregiate per il vino, che in Sicilia si coltivano”.
Syrah
Uve Bianche Vernotiche
San Pietro Vernotico (in provincia di Brindisi)
Possibili vitigni:
Falanghina
Fiano Minutolo
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Somma Bianche e Nere
Vitigni dell’area
di Somma Vesuviana
E’ conosciuta nella zona del vesuviano anche con la denominazione di Caprettone.
E’ un vitigno a bacca bianca.
Come tanti altri vini della zona vesuviana, ritroviamo citazioni sin dall’antica Roma. Già Plinio il Vecchio nel libro XIV della sua Naturalis Historia parla di “caudas vulpium imitata” ( imitando le code delle volpi).
Il nome deriva dalla forma curva del grappolo, che ricorda la coda di una volpe che si stacca dalle ali, dando al grappolo una forma a “T”. I grappoli hanno grosse dimensioni, forma piramidale e una lunghezza che può arrivare ai 40 cm. Al contrario i chicchi si presentano di dimensioni ben più piccole rispetto alle altre uve, e hanno una forma sferica con bucce spesse e gialle.
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Zibibbo
49. Il Mirto
Il mirto per il suo contenuto in olio essenziale rientra tra le piante aromatiche ed officinali. Alla pianta sono attribuite proprietà balsamiche, antinfiammatorie, antisettiche e per questo motivo trova un largo impiego nel campo dell’erboristeria e farmaceutico per la cura di problematiche dell’apparato digerente e del sistema respiratorio. Proprietà che probabilmente erano già conosciute nel periodo borbonico.
Ma il mirto veniva soprattutto usato per aromatizzare i cibi e soprattutto la cacciagione (maiale o cinghiale arrosto, il pollame arrosto o bollito, il manzo e un piatto a base di uccellagione bollita costituita da tordi, merli o storni).
L’olio di mirto veniva prodotto nel Real Sito e dato la quantità esigua di prodotto (ha una resa bassissima in olio, veniva adoperato nelle cucine reali.
Mirtella (Mirto) |
|
60/70 cantaja |
5346/6237 kg 24/28 litri |
Per 1 litro di olio essenziale ci
vogliono circa 225 kg di pianta |
Questa
era solo una parte della produzione di olio. Una produzione decisamente
maggiore anche per l’acquisizione di vasti terreni che presentavano aree “mirtellate”
più o meno estese.
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Veduta di San Leucio
Autore: Antonio Veronesi (1764 (?) –
1815 – 1829)
Dipinto
raffigurante una veduta in una cornice in legno dorato intagliata lungo i
bordi. Veduta "a volo d'uccello" del villaggio di San Leucio in
lontananza e del paesaggio circostante. L'ariosa apertura sulle forme tondeggianti
dei colli lontani dà respiro a tutta la veduta e allo stesso tempo richiama la
nobile civiltà del luogo. Domina un'atmosfera di calma serena, animata da un
gruppo di cavalieri e dame a passeggio, a piedi e a cavallo, fermatisi a
sostare in riva a un ruscello.
Data di Creazione:
1818
Tecnica:
tela/pittura ad olio - Misure (142 x 222)cm
Collocazione dell’opera:
Reggia di Caserta
Quadreria – IX Sala:
Vedute del ‘700 e ‘800
Antonio
Veronese fu panoramista ufficiale della Corte dopo il 1815, lavorando sia per
G. Murat che per Ferdinando I di Borbone. Fu un seguace del pittore fedele hackertian e progressivamente diede
origine ad un espressione artistica propria lontana dalla maniera del maestro
nordico, intonandosi al classicismo integrale che ormai dominava in quegli
anni. Con il 1818 infatti, data in cui fu eseguito il dipinto (insieme ad un' altra veduta del maestro
raffigurante la Vaccheria di San Silvestro, anch'essa alla Reggia di Caserta,
si avverte un profondo e reciso distacco dal prospettivismo settecentesco,
mediante la libera grafia classicista tipica del Veronese. Il maestro adotta
infatti un linguaggio analitico che comunica l'impressione di una visione
nitida, tuttavia intimamente vissuta, fissando sulla tela atmosfere che
preannunciano esiti di chiara impronta "verista". Già con il Veronese
dunque, secondo la critica, comincia a Napoli la pittura di paesaggio
dell'Ottocento.
Artista : Antonio Veronese (v.s.)
Data di Creazione: 1818 ?
Tecnica: tela/pittura ad olio – Misure (145 x 222)cm
Collocazione Reggia di Caserta
Dipinto raffigurante una veduta in una cornice in legno dorato intagliata lungo i bordi. Veduta "a volo d'uccello" della Vaccheria di San Silvestro, visibile sulla destra, e del bosco circostante che prosegue sulla sinistra. Ancora a destra, in primo piano, domina un grande albero, al di sotto del quale minute figure di uomini e cani vivono immersi in un'atmosfera di calma serena.
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Artista : Jacob Philipp Hackert (Prenzieau, 15 settembre 1737 – San Pietro di Careggi, 28 aprile 1807)
Data di Creazione: 1782
Tecnica: Carta/ pittura a tempera – Misura (465 x 695) cm
Collocazione: Reggia di Caserta – Appartamento di Ferdinando I di Borbone
Galleria di S. M. il Re Ferdinando IV di Borbone
Dipinto con cornice di bronzo dorato e cesellato raffigurante in primo piano dei contadini in cerchio che assistono ad alcuni giochi. Sulla sinistra, invece, altri contadini stanno falciando e raccogliendo il grano. Sullo sfondo si vede la vaccheria di S. Leucio.
Queste tempere rilevano la piena maturità raggiunta dall’artista proprio in questi ultimi anni di soggiorno napoletano. Un paesaggio ripreso nelle sue rigorose componenti veristiche.
…………………….
Artista: Fergola
Luigi
(Napoli, 11
febbraio 1768 – Napoli, 5 gennaio 1835)
Data di Creazione:
1805
Tecnica: carta
bianca/ pittura a tempera – Misure ( 57 x 86) cm
Collocazione:
Reggia di Caserta
Pinacoteca. Sala
dei porti della Campania
Luigi
Fergola insieme al fratello Salvatore, nel primo trentennio dell'800 fu uno
degli animatori della Scuola di Posilippo. La scena raffigurata presenta una
impostazione da "plastico a volo d'uccello" tipica di Hackert e dei
suoi più fedeli seguaci, quale certamente era Luigi Fergola. La scelta di tale
punto di vista veniva inoltre rafforzata dal mestiere di impiegato del Real
Officio Topografico. Tuttavia non appare eccessivamente freddo e proprio qui
rivela una certa freschezza coloristica. In secondo piano si distingue la
chiesa di Santa Maria delle Grazie nella zona di San Leucio denominata
Vaccheria con altri due edifici. Il tono da cronaca mondana della
rappresentazione si ritroverà nella produzione molto copiosa del figlio
Salvatore.
Il dipinto raffigura una scena di festa con gruppi di persone. In secondo piano
la chiesa della Madonna delle Grazie di Vaccheria e due edifici mentre, sul
lato sinistro, si nota il palco reale. E' inserito in una cornice dorata con
intagli di piccole foglie.
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San Leucio (Caserta) –
Ferdinando I di Borbone e la sua Repubblica Socialista…..
La prima Colonia Socialista dell’era moderna con un primato mondiale nella fabbricazione della seta.
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