Kοριός….Cilantro….

 

Coriandolo
(Coriandrum sativum)



Le informazioni riportate non sono consigli medici ed hanno un fine storico. In ogni caso nell’utilizzo della spezia in campo medico è sempre opportuno ascoltare il parere del proprio medico

La buona norma da seguire sempre è quella della precauzione d'uso e di rivolgersi sempre al proprio medico per il suo parere.

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In Dialetto Siciliano : Cugghiàndru
Vocabolo dal lessico romano: “coriandrum”
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Indice
1.      Habitat;
2.      Botanica:
3.      Origine del nome;
4.      Storia (Il Coriandolo nella tomba della Principessa di Urok, del IV secolo a.C. – Egitto – Cultura Micenea – Antica Roma – Medioevo – Montalbano Elicona, Arnaldo da Villanova e il Coriandolo;
5.      Il Coriandolo nella Religione;
6.      Simbologia del Coriandolo;
7.      Le parti utilizzate del Coriandolo;
8.      Il Coriandolo in Cucina – Alcune Ricette
9.      Il Coriandolo nella Medicina;
10.  La Magia del Coriandolo;
11.  Il Coriandolo nella Medicina Ayurvedica;
12.  Il Coriandolo nella Mitologia e la Tratta degli schiavi (Italia, Portogallo, Inghilterra…) cenni;
13.  Il Coriandolo essenza germicida del “Terreno”;
14.  Cirene – La statua di Venere – la pianta di Silfio – La Coppa di Arkesilas;
L’estinzione delle Piante Medicinali.

Appendice:
*Il Sangue di Drago;
** Polvere di  Benzoino; 
 
Essiccazione del Coriandolo (Video
 Il Coriandolo Coltura da reddito ?

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1.
      1. Habitat

Nei campi e negli orti anche in terreni difficili (aridi).  La sua distribuzione altimetrica oscilla tra 0 e 1000 m s.l.m. Si suppone che sia originaria del Medio Oriente o del Nord Africa da dove si sarebbe diffusa, sfuggendo alla coltivazione, in tutto il Bacino del Mediterraneo, in Asia ed anche in America,

 2. Botanica

Il Coriandolo (Coriandrum sativum) è una pianta erbacea annuale (appartenente alla famiglia delle “Apiaceae” o “Ombrellifere”) con un fusto eretto di circa 30 – 50 cm. Le foglie assomigliano a quelle del prezzemolo (per questo motivo viene anche chiamato “prezzemolo cinese”). I fiori sono di colore bianco o rosa e sono riuniti ad ombrelle. I frutti aromatici si presentano sotto forma di piccoli globuli dal colore  giallo paglierino e detti impropriamente “semi”.


https://thumbs.dreamstime.com/z/semi-e-fiori-di-un-coriandolo-cucchiaio-cilantro-la-spezia-diffusa-cucina-coriandrum-legno-sano-chiusura-sapore-cibi-foglia-152284541.jpg

3. Origine del nome

Il termine Coriandrum è una parola latina citata da Plinio il Vecchio nel suo “Naturalis Historia”. Il termine deriva dal greco “corys” o “Korios” (cimice) seguito dal suffisso “ander” (somigliante). Un collegamento alla somiglianza dell’odore emesso (di cimice) dai frutti acerbi (una volta essiccati l’odore sgradevole svanisce) o strofinando con forza le foglie verdi della pianta. Per questo motivo la pianta è conosciuta anche con il nome di “erba cimicina”. L’epiteto “sativum”, collegato al latino “sativus – a –um” (coltivato, seminato), è legato al comune utilizzo orticolo della pianta.

4. Storia -  

Le più antiche testimonianze archeologiche sull’uso del coriandolo nell’alimentazione umana risalirebbero a circa 8000 anni fa.  Nella grotta di Nahal Hermar (Israele) furono rinvenuti 15 semi di coriandolo. Un importante testimonianza perché dimostrerebbe come la spezia era conosciuta ed usata durante il neolitico.

Furono trovati semi di coriandolo e nigella  a Natal Hemar Cave (Israele),  in numerose tombe di faraoni in Egitto e nel sito di Tell ed-Der in Siria (semi di coriandolo e cumino).
La mappa indica gli importanti ritrovamenti di spezie risalenti al periodo neolitico in Europa e nel Medio Oriente. L’immagine, ripresa da PlosOne, riporta gli anni espressi in BP (Before Present) cioè prima dell’anno 1950, anno di datazione del carbonio.
I validi ricercatori, forse per la prima volta nella storia dell’archeologia, riuscirono a dimostrare un uso culinario delle spezie . Furono trovate tra i residui di cibo (carne e pesce), contenuti in delle ciotole, delle tracce di fitoliti. (Depositi di silice amorfa che è presente soprattutto nelle piante erbacee e in grado di aumentare la rigidità e consistenza dei fusti e delle foglie. La loro particolare composizione chimica li rende praticamente indistruttibili e facilmente reperibili nel terreno anche dopo un incendio).
Gli antenati cucinavano la carne ed il pesce aggiungendo quindi le spezie e le erbe aromatiche per insaporire i cibi.
Furono scoperti semi di coriandolo in sei siti bulgari del 5000 a.C. segno di una sua coltivazione a partire dal IV millennio a.C.
I ritrovamenti si fecero sempre più frequenti in gran parte dell’area del Bacino del Mediterraneo (Creta, Francia, ecc.). 

Semi di coriandolo anche nel sito di Min Qalat in Pakistan con una datazione tra il 2500 ed il 2000 a.C., testimonianza della diffusione della pianta in Asia.
Degno di rilievo fu il  ritrovamento  di frutti di coriandolo in alcune tombe a tumulo scitiche ( Kurgan) nel sito di Pazyryk dell’Altai in Mongola. I frutti erano conservati in piccole tasche di pelle. Naturalmente in quelle aree, a causa del freddo intenso, il coriandolo non poteva essere coltivato e giunse nell’area grazie ai commerci con luoghi lontani. 


Tumuli dell’Altai

https://travels-choice.com/it/travel/guide/page=1595c334c252e8430649d1cddb14d92b

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https://it.hoboetc.com/images/puteshestviya/pazirikskie-kurgani-altaya_7.jpg

Nel 1993 nell’altipiano di Ukok (Russia), posto nella Siberia meridionale tra i Monti Altai, in un tumulo funerario fu trovato il corpo mummificato di una donna di probabile etnia scita. Il corpo, risalente al V sec. a.C., recava eleganti tatuaggi e  vicino alla salma fu trovato anche un astuccio con dei semi di coriandolo.
La mia ricerca desidera essere anche un viaggio nella storia e la pianta di coriandolo accompagna questo percorso che potrei definire fantastico perché ricco di realtà nascoste.
L’altipiano di Ukok (Russia), situato nella Siberia meridionale tra i Monti Altai, nell’estate del1993 fu oggetto di ricerche archeologiche da parte dell’archeologa Natal’ja Polos’mak, docente all’Istituto d’Etnografia e Archeologia di Novosibirsk. Le ricerche di scavo riguardavano alcuni tumuli funerari posto quasi al confine tra Russia e Cina. Sotto questi tumuli di pietre si sviluppavano delle camere funerarie dall’aspetto planimetrico e architettonico molto complesso.
In uno di questi tumuli, congelato a causa del permafrost (suolo perennemente ghiacciato non necessariamente con presenza di masse d’acqua congelata), furono trovate dei reperti di notevole valore: vasellame di ceramica e oggetti in oro smaltati. Furono trovate anche le carcasse congelate di sei cavalli e, a una profondità maggiore, una bara in legno di larice. La bara era come racchiusa da una bolla di ghiaccio e quando fu aperta fu trovato un corpo mummificato di una donna di probabile etnia scita. Come altre mummie scoperte nella zona, recava complessi ed eleganti tatuaggi sulla spalla sinistra, sul braccio e sul ventre. La ragazza fu appellata come “La Principessa di Ukok”.
Nella sua camera mortuaria vi era un basso tavolo di legno, posto accanto al corpo della ragazza, sul quale erano posti: un piatto di carne di cervo, una scodella di yogurt, una borraccia contenete una bevanda, un astuccio con dentro semi di coriandolo ed erbe medicinali (cannabis).
I reperti costituivano un ultima offerta alla defunta. La mummia indossava una camicia di seta cinese, una gonna di lana morbida e degli stivali. Sul capo portava una parrucca che sostituiva i capelli rasati.
La datazione al radiocarbonio ha permesso di fissare la datazione della mummia e del suo corredo intorno al V secolo a.C. L’esame dei pollini e delle erbe trovate nella tomba indicavano nella primavera la stagione della sepoltura.
(La Principessa di Ukok sarà oggetto di una mia prossima ricerca nell’Enciclopedia delle Donne).

In Egitto la presenza del coriandolo è attestata a partire dalla XVIII Dinastia, cioè dal 1500 a.C. per
giungere nel Nuovo Regno e nel periodo Tolemaico e Romano.
Il coriandolo veniva indicato con il geroglifico “šɜw” , con i termini “venshivu e ounshavo” s’indicavano la pianta e con il termine “ounshi” i frutti.
Nella tomba di Tutankhamen furono trovate otto piccole ceste piene di frutti di coriandolo per un volume totale di circa mezzo litro.
Gli egizi aggiungevano i semi di coriandolo al vino per renderlo più inebriante ed è forse la prima volta che la pianta venne citata per le sue proprietà psicoattive.
Sembra che venisse impiegato, come additivo, negli antichi vini di Abydos che risalirebbero al periodo pre-faraonico e cioè al 3150 a.C.

Il re Scorpione, dettaglio della sua testa di mazza
Ashmolean Museum, Oxford
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kingscorpion.jpg

Un magnifico pezzo di calcare che fu trovato in un sito egiziano e che raffigura il re ScorpioneIl periodo è lontano, tra il 1890 ed il 1898, gli archeologi James Edward Quibell e Frederick William Green, stavano effettuando degli scavi archeologici nella città predinastica di Hierakonpolis (l’anticaNekhen degli egizi) nei pressi di El-Kab quando trovarono una grande testa di mazza. Un reperto molto frammentario, datato al 3100 a.C., alto circa 25 cm e  con un peso di circa nove chili. Presentava una bellissima decorazione con l’immagine di un re che portava la corona bianca (simbolo dell’Alto Egitto), una coda di toro che gli pendeva dalla vita e aveva in mano uno strumento agricolo cioè una zappa. Vicino al capo un fiore dalla caratteristica forma di rosetta (con sette petali e simbolo per indicare il sovrano) e  vicino al volto, la figura di uno scorpione. Gli archeologi non riuscirono a trovare  dei riferimenti per scoprire il nome dell’antico sovrano che fu battezzato come “Re Scorpione”. La fantastatica storia non finì con questo ritrovamento. Si giunse al 1988 quando una missione archeologica tedesca, guidata dall’archeologo Gunter Drever, durante gli scavi nei cimiteri reali di Abydos ( Umm el-Qaab) nell’Alto Egitto, trovò una grande tomba sotterranea composta da ben dodici stanze. La tomba era stata purtroppo saccheggiata nell’antichità ma in una delle camere gli archeologi trovarono uno scettro d’avorio heka, simbolo del potere reale, e ben 400 vasi di ceramica provenienti dal vicino Oriente. Un ritrovamento di vasi che confermava l’esistenza di intensi rapporti commerciali al tempo del sovrano. L’aspetto importante dei ritrovamenti dei vasi era legato anche al simbolo che vi era impresso su di un lato: lo scorpione. Era questa la tomba del sovrano la cui mazza era stata trovata tra il 1890 e il 1898 da Quibell?

L’identificazione  non fu risolta e la tomba fu datata  intorno al 3200 a.C. in un periodo che gli egittologi indicarono come “Dinastia O”.
Recenti ricerche indicarono come la tomba sia appartenuta ad un altro re Scorpione che regnò prima del suo omonimo raffigurato nella mazza di Hierakonopolis. Gli archeologi infatti lo chiamarono come “Horus  Scorpion I”.
Il sovrano raffigurato nella mazza trovata tra il 1890 ed il 1898 fu chiamato “Horus Scorpion II” ed era chiaramente un sovrano dell’Alto Egitto e questo quando il paese non era ancora unificato
È probabile che Scorpion II fosse il padre o il predecessore di Narmer, il sovrano a cui fu attribuita l’opera di unificazione dell’Egitto e quindi il primo faraone della storia.
Sul luogo di sepoltura di Scorpion II non si hanno ancora dati precisi anche se dagli studi si potrebbe avanzare l’ipotesi che fosse sepolto nella tomba “B-50” nel cimitero detto “B” di Abydos.
Nella tomba di re Scorpione I, in una delle camere, furono rinvenute numerose anfore di vino.


Nella tomba di Scorpione I fu quindi rinvenuta una camera che fu definita dagli archeologi come una “cantina per l’eternità”. Una cantina costituita da ben 700 vasi vinari. Il vino fu analizzato e presentava un’aromatizzazione con resina di pino, fichi, erbe tra cui balsamo, coriandolo, menta, salvia ed altri. Un vino che potremo definire come un elisir curativo per l’Aldilà. Gli Egizi facevano un gran uso di coriandolo (e di altre e numerose piante aromatiche) che furono raffigurati nei disegni presenti nelle tombe come un rituale d’offerta.


Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico.

Le sponde del Nilo erano fittamente ricoperte da arbusti acquatici. Negli stagni crescevano fiori di loto e papiri, piante che rappresentavano simbolicamente le due parti del paese: l'Alto e il Basso Egitto. Numerose piante selvatiche erano commestibili: i rizomi del papiro tostati, le castagne d'acqua o il loto indio, ad esempio, venivano consumati già a partire dal IX secolo a. C. Alcune erbe, come il cumino, il coriandolo e l'aneto venivano coltivate per condire gli alimenti e dar loro un sapore più gustoso. Gli antichi egiziani credevano in una vita ultraterrena, in cui l’individuo continuava ad avere necessità di tutto ciò di cui aveva goduto in vita. Abbondanti erano i cibi e le bevande che, facenti parte del corredo funerario, venivano deposti nelle tombe. Venivano deposti anche semi di piante aromatiche e tra queste il coriandolo.  Il seme, in Egitto, era considerato un afrodisiaco e in Grecia serviva per aromatizzare il vino.

La famosa cultura micenea (1600 a.C.) ha lasciato notevoli dati archeologici sul coriandolo.
La presenza della pianta è attestata  nelle tavolette con scrittura micenea antica (Lineare B9 dei centri di Knosso, Pilo e Micene).  Nelle tavolette era riportata la quantità di coriandolo depositata in magazzino o le quantità offerte alle divinità. Il nome era indicato nelle forme “ko-ri-ja-da-na” /”ko-ri-a2-da-na” e nella forma “ko-ri-ja-da-no” che equivale al greco “koriadnon”.
Sono quantitativi (derrate annuali e locali) molto copiose di frutti di coriandolo sino a 7.000 e 10.000 litri e in un caso anche di 13.000 litri, equivalenti in peso a 2.000 – 3.000 kg. Gli archeologi, alla luce dei ritrovamenti di questi grandi quantità di frutti di coriandolo, si chiesero i motivi di simili produzioni e del commercio sempre in ambito miceneo.
C’era una regolarità cronologica nelle forniture di coriandolo che lasciava attoniti sul loro uso per:

 1)      Offerte alle divinità;
2)      Uso culinario.
AlAlle divinità veniva offerto con un'altra pianta aromatica che non è stata ancora individuata e che prendeva il nome, sempre in lingua micenea, di “ko-no”.
Fu avanzata l’ipotesi  che queste quantità di coriandolo fossero parte integrante nella dieta alimentare dei funzionari addetti al culto religioso. Alla fine questa ipotesi fu dichiara improbabile perché tre tonnellate di frutti di coriandolo rappresentano una quantità notevole  per un impiego come aromatizzante delle pietanze destinate,  solo ad uso locale, di funzionari religiosi.
Produrre così grandi quantità avrebbe dovuto avere alla base un energia agricola non indifferente.
In merito basta fare un esempio con i nostri tempi. Nel XIX secolo in Romagna, per produrre tre tonnellate di frutti di coriandolo era necessaria una superficie agricola di ben 3 ettari.
Facendo riferimento alle tecniche agricole dell’Età del Bronzo l’area di coltivazione e l’impegno umano nella prestazione del lavoro, dovevano essere decisamente maggiori, troppi per giustificare un semplice scopo aromatizzante dei cibi.
Un quantitativo così grande potrebbe trovare la sua utilizzazione, non solo in campo culinario, ma anche nella ricerca dell’ebrezza che , da sempre, ha coinvolto l’essere umano.
Su quali ricerche si potrebbe avvallare una simile ipotesi?
 Nel VII secolo a.C. nel tempio di Hera, nell’isola di Samo, furono trovati dei semi di coriandolo,  di “Lactuca serriola” e di “Papaver somniferum”. 

Tempio di Hera (Isola di Samo – Grecia)
https://www.vacanzegreche.com/public/img/data/elaborate/202035143417871_tempoio-di-heraion-isola-di-samos_L900X500.jpg

SoSono tre piante che hanno proprietà inebrianti. Semi di coriandolo che venivano commerciati in grandi quantità come testimonierebbe il relitto di Ulu Burun, una nave mercantile affondata lungo le coste dell’Anatolia verso il 1300 a.C. Sul relitto fu trovato un cospicuo quantitativo di frutti di coriandolo.

https://www.nauticareport.it/dettnews/report/il_relitto_di_uluburun_una_storia_mediterranea-6-14477/

SeSemi di coriandolo furono trovati anche a Pompei distrutta dall’eruzione vulcanica del Vesuvio nel 79 d.C. Nell’Antica Roma un notissimo gastronomo, Marco Gavio Apicio (semplicemente Apicio) nato del 25 a.C. e morto nel 37 d.C., scrisse un famoso libro  di ricette “De re coquinaria” e nelle pagine del libro era presente una ricetta detta  “del Coriandratum”.  Una salsa adoperata sul maialino arrostito “Porcellum coriandratum”.

“Assas porcellum diligenter; facies mortarium sic: in quo teres piper, anetu,
origanum, coriandrum uiride; amiscese mel, vinum, liquamen, oleum,
acetu, defritu. Hec omnia calefacta perfundes, et aspargisuua passa,
nucleos pineos et cepam concisam, et sic inferes”.
 
Arrostisci con cura il maialino. Prepara triturando nel mortaio: pepe, aneto,
origano, coriandolo fresco; aggiungi miele, vino, garum, olio,
aceto e vino cotto. Fai scaldare il composto e ornalo di una passa,
pinoli, e cipolla affettata; e servi così.

Manoscritto di Sebastianus Gryphium, Lione 1541
(Autore: Marco Gavio Apicio
Periodo: I secolo
Lingua: Latino

Apicio riportò nella sua opera un gran numero di ricette gastronomiche e moltissime presentavano il coriandolo come spezia per insaporire gli alimenti. Caio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (Como, 23 d.C. – Stabia, 25 agosto 79)  riportò nel suo “Naturalis Historia” come

Mettendo alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino al levar del sole,
si poteva far sparire il mal di testa e prevenire la febbre. 

I   I Romani amavano il cibo ben condito e proprio per questo la maggior parte degli alimenti erano insaporiti grazie all’utilizzo di spezie. Tra queste troviamo sicuramente il sale e il pepe ma anche senape e coriandolo venivano adoperati in quantità. Le spezie erano considerate ottime alleate dal punto di vista digestivo e come prevenzione alle malattie intestinali, tra queste troviamo: cumino, timo, zenzero, ecc. Nella letteratura antica sono presenti molti riferimenti in merito all’utilizzo del coriandolo.Ippocrate ( IV- III secolo a.C.) fu il primo autore greco a riportare le proprietà del coriandolo in merito al suo utilizzo terapeutico per combattere l’acidità di stomaco e favorire il sonno.

LaLa spezia è presente in una commedia di Aristofane (“Cavalieri” – 676 -682). Nella commedia il coriandolo venne usato in modo ironico come elemento di corruzione politica.
Un salumiere, grazie all’utilizzo della spezie nei suoi prodotti, ottenne le lodi e di conseguenza i favori dei membri del Consiglio a cui offrì, in modo gratuito, il coriandolo necessario per condire le alici.
Il già citato Plinio il Vecchio riportava come non si conoscevano piante selvatiche di coriandolo, un osservazione attenta che è perfettamente conforme alle  moderne conoscenze botaniche sulla pianta.
Citò come la migliore qualità varietale era quella egizia e riportò l’impiego della pianta in una serie di impieghi medicinali. La sua relazione esaltava l’impiego topico sulle ferite, sugli ascessi di viaria natura, nell’uso interno per curare le malattie biliari, le febbri terzane e contro i parassiti intestinali.
Riportò una fonte del filosofo Senocrate (Calcedonia, 396 a.C. – Atene, 314 a.C.) che riferiva come

“il mestruo si interrompe per un giorno, se una donna ingerisce in pozione un grano di coriandolo; per due giorni, se ne ingerisce due, insomma tanti giorni quanti sono i grani ingeriti”.
(Hist.Nat., XX, 216-8).  

 Manoscritto bizantino del XII secolo recante il Giuramento i Ippocrate
Autore; Ippocrate ed altri
Il giuramento originale risalirebbe al IV secolo a.C. in greco antico.

Un frammento del Giuramento di Ippocrate sul papiro di Ossirinico 2547 del III sec. a.C.

Il coriandolo fu citato nel “Corpus Hippocraticum” come si nota anche in un edizione pubblicata a Parigi nel 1849.

Émile Littré:
Hippocrate. Oeuvres Completes
(Traduction Nouvelle, avec le texte grec en regard)
Emile Littrè:
Ippocrate. Opere complete
(Nuova traduzione, con il testo greco a fianco)
VOLUME I: Paris: J.-B. Baillière, 1839

38. (Ferite) “Nelle ferite, bisogna prescrivere la dieta, sbarazzare il ventre di materia, sia attraverso un lavaggio, sia attraverso un purgativo, dare come bevanda dell'acqua e dell'aceto, e per nutrimento delle minestre. Si rinfrescherà con dei cataplasmi le parti infiammati; questi cataplasmi saranno di bietola cotta nell'acqua, o di sedano, o di foglie di ulivo, o di foglie di fico, o di foglie di sambuco, o di pruno, o di melograno dolce. Queste foglie saranno impiegate cotte; ma si impiegheranno crude quelle di spincervino, d'agnocasto, di salvia, di euforbia, di “pouillot verde”, di porro, di sedano, coriandolo, o di guado. Se non avete alcuna di queste piante né alcun altro cataplasma, mischiate della farina con dell'acqua o del vino ed applicatela. Questi cataplasmi sono utili per tutto il tempo in cui rimangono più freddi della ferita; ma, se sono più caldi o egualmente caldi, essi nuocciono.
Le sostanze grasse non convengono né alle parti infiammate né alle ferite sordide, né alle ferite
putride; ciò che conviene alle parti infiammate sono le applicazioni fredde; alle ferite sordide e alle
ferite putride le sostanze acre e che, avendo qualcosa di incisivo, mondano. Quando si vuole toccare la carne, è meglio impiegare è meglio impiegare le applicazioni grasse e le applicazioni calde, perchè esse fanno ricrescere la carne.”

………………..

54. (Legumi verdi.) “Tra i legumi verdi, l'aglio bollito e grigliato è diuretico, rilascia il ventre e
favorisce le mestruazioni. La cipolla è diuretica, … Il sedano cotto e crudo è diuretico, … Il
coriandolo cotto e crudo è tonico per il cuore e rilascia il ventre. … Il porro cotto è diuretico e
favorisce la defecazione; crudo, esso riscalda ed è pituitoso. ...”
54. (Le erbe.) “l'aglio è caldo, evacuante e diuretico, buono per il corpo, cattivo per gli occhi;
poiché, producendo una purgazione considerevole del corpo, esso indebolisce la vista; esso è
diuretico ed evacuante a causa della virtù purgativa che possiede, … La cipolla è buona per la vista, cattiva per il corpo, … senza dare al corpo nutrimento né profitto, essa lo riscalda e lo rende secco attraverso il suo succo. Il porro scalda meno; esso è più diuretico e evacuante; esso ha qualcosa di purgativo; … Il rafano umetta, dissolvendo il flegma con il suo sapore forte; … Il coriandolo è caldo, restringente; … L'aneto è caldo e restringente; annusato esso arresta lo starnutire. L'appio è più diuretico che evacuante; e le radici evacuano più del gambo. Il basilico è secco, caldo e restringente. La ruta è più diuretica che evacuante; essa ha qualcosa di coagulante; … L'asparago è caldo e restringente. La salvia è secca e restringente. L'ortica purga. … La menta scalda, è diuretica, e arresta il vomito; e, se se ne mangia soventemente, essa fonde lo sperma in maniera da produrre delle perdite seminali, impedisce le erezioni e indebolisce il corpo. … La zucca rinfresca, umetta e rilassa, ma non fa urinare. La rapa è riscaldante; … L'origano riscalda, ma fa anche espellere le materie biliari. … Il timo è caldo, evacuante e diuretico; esso fa anche espellere le materie flegmatiche. Tra il legumi selvaggi, … quelli che sono acri e di buon odore fanno urinare; quelli che sono acri e secchi nella bocca, rendono secchi; quelli che sono acidi rinfrescano. ...”.
...................................
Piero Spano (Hispano) nel suo “Tesaurus pauperum”, del XIII secolo, riportava come i semi di coriandolo erano adatti  per
Spegnere il coyto
Era quindi indicato come anafrodisiaco (XXXVI).
Pietro Spano era Papa Giovanni XXI  (nato Pedro Juliao o Pedro Juliao Rebolo detto Petrus Iuliani o Pietro di Giuliano o Pietro Ispano o Pedro Hispano) (Lisbona, 1205/1220 – Viterbo, 20 maggio 1277). Fu l’unico papa ad essere lodato nella Divina Commedia (Paradiso, XII, 135).
Pietro Spano, lo qual giù luce in dodici libelli (libretti)
Dante era accompagnato nella seconda corona del Paradiso dal beato Bonaventura da Bagnoregio che nelle sue cariche ecclesiastiche mise sempre in secondo piano i desideri mondani. Nella seconda corona Dante incontrò Illuminato da Rieti e Agostino da Assisi (furono i primi seguaci di San Francesco), Ugo di San Vittore, Pietro Mangiadore e Pietro da Lisbona (Pietro Spano/Hispano) che scrisse i dodici libri della “Summulae logicales”. Insieme a loro anche il profeta Natan, il patriarca di Costantinopoli San Giovanni Crisostomo, Anselmo da Aosta, Elio Donato, Rabano Mauro ed il calabrese Gioacchino da Fiore.
Papa Gregorio X nel 1273 nominò Pietro Hispano cardinale vescovo di Frascati.
Alla morte di papa Gregorio X ( gennaio 1276) Pietro Hispano partecipò al conclave che nominò Innocenzo V al soglio pontificio. Dopo appena cinque mesi papa Innocenzo V morì, lo stesso Hispano partecipò al conclave che nominò papa Adriano V.  Il pontificato di Adriano V durò solo 39 giorni (morì a Viterbo il 18 agosto 1276). I membri del Sacro Collegio si trovarono ad eleggere un nuovo papa, la terza elezione, in meno di nove mesi.
Il conclave iniziò il 3 settembre 1276 e nel pomeriggio del 5 settembre sarebbe stato eletto il cardinale piacentino Vicedomino Vicedomini. Era un umile e modesto francescano, nipote di papa Gregorio X. Si riteneva indegno della nomina e chiese, per questo motivo, una pausa di riflessione.
Chiese, una volta accettata la nomina, di potersi chiamare Gregorio XI. Ma nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, ancora prima di dare la sua risposta definitiva sull’accettazione o meno della nomina, morì. Per questo motivo non è presente alcuna notizia ufficiale su questo papa effimero. Il conclave fu quindi riaperto senza alcun indugio. Grazie anche all’intervento  del cardinale Giangaetano Orsini fu eletto al soglio pontificio Pietro di Giuliano (Pietro Hispano) che scelse di chiamarsi Giovanni XXI.

Artista: non identificato
Datazione. Intorno al XVI secolo
Collezione: Casa do Tanque, Braga
Collocazione: Curia Arcivescovile, Braga


Thesaurus pauperum. Thesoro di poueri composta da messer Pietro Hispano.
(Stampata in Vinegia: per Agostino di Bendoni, 1543 adi VI de Febraro).
Collezione: Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, Milano
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Thesaurus_pauperum_V00179_00000004.tif

Thesaurus pauperum
Editore: Bartolomeo de’ Libri
Italiano: Thesaurus pauperum (italiano). - [Firenze] : [Bartolomeo de' Libri], [1500 circa].
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/44/Ioannes_-_Thesaurus_pauperum%2C_circa_1500_-_517764_a1r.jpg

Il papa non aveva una grande esperienza della vita curiale e si trovò immerso in una realtà difficile  soprattutto dal punto di vista politico a causa delle vessazioni di Carlo D’Angiò.
Nel giorno della sua incoronazione (20 settembre 1276 ?) prese una grave decisione abrogando pubblicamente la Costituzione  apostolica “Ubi Periculum” (“Dove il pericolo”) emessa da papa Gregorio X il 16 luglio 1274 durante il secondo Concilio di Lione.
La Costituzione apostolica “Ubi Periculum” fu emessa per evitare i problemi nati durante l’elezione papale dello stesso Gregorio X. Un elezione avvenuta dopo ben 1965 giorni di sede vacante. Fu una delle più difficili e lunga elezione papale della storia a causa delle discordanti opinioni politiche dei cardinali (19 cardinali riuniti in Conclave a Viterbo).
La Costituzione era molto limitante con i cardinali dato che impediva loro di avere qualsiasi contatto con l’ambiente esterno che invece avveniva nelle precedenti elezioni.
Probabilmente dietro l’introduzione di queste nuove norme c’era l’influenza di San Bonaventura da Bagnoreggio che era un grande amico di Gregorio X  e voleva ricostruire l’autonomia del Sacro Collegio.
L’antica Costituzione stabiliva delle regole ben precise e molto rigide sullo svolgimento del Conclave per l’elezione papale:
-          I cardinali dovevano riunirsi, ciascuno con un solo accompagnatore, dieci giorni dopo la morte del papa nello stesso palazzo dov’era avvenuto il decesso;
-          Tutti dovevano abitare in una sala comune, senza alcun contatto con l'esterno;
-          L'invio di scritti ai cardinali era severamente vietato, pena la scomunica;
-          Viste le esperienze precedenti, il documento prescriveva anche norme ben precise sull'alimentazione dei cardinali. Trascorsi senza esito i primi tre giorni, i cardinali avevano diritto ad una sola pietanza per pasto e dopo altri cinque giorni  avevano come pasto solo pane, vino ed acqua; 
-          Durante il periodo della sede vacante, tutti i proventi ecclesiastici spettanti ai cardinali erano trattenuti dal camerlengo, per essere poi messi a disposizione del nuovo pontefice.
L’attuazione delle norme non fu facile. I cardinali si dimostrarono insofferenti alle regole e il
periodo storico era animato dalle forti pressioni politiche (accompagnate spesso da vessazioni) che 
Carlo I D’Angiò mise in atto nei confronti dei cardinali nella scelta del papa a lui gradito. Carlo 
D’Angiò si autoproclamò, con il suo comportamento come “custode del conclave”.
Papa Adriano V sospese le norme della Costituzione apostolica e Giovanni XXI decise di abrogarne
le norme.
Nel 1294 fu reintrodotta da papa Celestino V e nel 1298 papa Bonifacio VIII, inserì la Costituzione
apostolica nel codice di Diritto Canonico.
Fu nuovamente abrogata da papa Pio VI con la bolla “Cum Non Superiori” del 13 novembre 1798
con l’occupazione dello Stato della Chiesa da parte delle truppe francesi che esiliarono il papa e
costrinsero i cardinali a lasciare Roma.
Ritornando a papa Giovanni XXI (Pietro Spano o Hispano) ebbe dei problemi con gli esponenti
della curia che probabilmente non erano abituati a dialogare o trattare con un medico, filosofo e
scienziato. Era stato medico di papa Gregorio X e  fu quindi guardato con una certa perplessità e
venne anche considerato un mago, “stregone”, in poche parole un “mezzo eretico”. Una situazione
certamente non facile da gestire e lo stesso Giovanni XXI continuò ad operare con una sorprendente
disinvolture aprendo ai poveri il suo palazzo.
Un papa onesto, religioso, serio ed anche energico. 
Era innamorato della città di Viterbo e decise  di stabilirvisi per evitare i contrasti e le diffidenze con
gli esponenti della curia.
Si fece costruire nel Palazzo papale di Viterbo una grande stanza con una splendida vista. Una
stanza che utilizzava come camera da letto e studio. Il soffitto di quella stanza crollò
improvvisamente nella notte tra il 10 e l’11 maggio 1277. Giovanni XXI rimase sotto le macerie, fu
estratto ancora in vita ma le sue gravissime ferite lo portarono alla morte dopo quasi 5 giorni di
terribile agonia. Morì il 16 maggio 1277 e  sepolto nella cattedrale di Viterbo.
Un papa dalla tempra robusta che, per ironia della sorte, amava  dire a tutti, con grande sincerità,
che era sicuro di vivere a lungo.

Montalbano Elicona…. Arnaldo da Villanova e il coriandolo
Nel castello di Montalbano Elicona (Messina)  visse come ministro del re Federico III d’Aragona 
(XIV secolo) lo spagnolo Arnaldo da Villanova, famoso filosofo, alchimista, medico.
Scrisse tanti testi  tra cui il “Regimen Almaria”

Montalbano Elicona – Il Castello
https://www.palermomania.it/public/news2014/news_img1_105336_castello-montalbano-elicona-0.jpg


Arnaldo da Villanova (Arnoldi De Nova Villa) era quindi un medico e filosofo spagnolo. Studiò
fisica, chimica, astrologia, alchimia e medicina presso gli Arabi in Spagna. Fece continui viaggi tra
la Spagna, l’Italia e la Francia dove studiò nelle scuole di Montpellier e di Parigi.
Nel 1290 il suo primo successo insegnando nella scuola di Medicina di Montpellier dove acquistò
una grande fama nel campo dell’alchimia.
Si stabilì a Barcellona alla corte dei re aragonesi Pietro III e Giacomo II, per poi trasferirsi in Sicilia
alla corte di Federico III d’Aragona e della moglie Eleonora D’Angiò. Fu anche medico di due papi:
Clemente V e Benedetto XI.
Numerosi i trattati che scrisse abbracciando vari campi: dalla medicina all’alchimia, dalla filosofia
alle lettere, ecc. Un brevissimo trattato dal titolo “Reginem Almeriae” o “Regimen Castra
Sequentium”, dedicato a Giacomo II, re d’Aragona. Il sovrano in quel momento era impegnato
nell’assedio della città d’Almeria, avvenuto nel 1309, che era ancora in mano degli Arabi. Il piano
militare era costituito da una vasta azione da parte della Castiglia e dell’Aragona contro il regno
arabo di Granada.
Il testo del suo piccolo trattato fu riportato da tre manoscritti, di epoca tarda, tra cui il Palat. Lat.
1180 della Vaticana risalente alla metà del XV secolo.
Il trattato contiene una serie di suggerimenti sul regime sanitario dell’esercito e alcune ricette
mediche a base di erbe da usare per le cure delle truppe.

IL “REGIMEN ALMARIA”,  CHE ARNALDO DI VILLANOVA PREPARO’ PER IL RE DI ARAGONA DURANTE LA TRAVERSATA VERSO ALMERIA.

Un esercito non deve accamparsi in regioni paludose per un lungo periodo di tempo. Ovunque si trovi il campo, il re deve risiedere sempre  dal lato opposto da dove soffia il vento di terra dalle montagne, chiamato zefiro [garbius dall’arabo garb]; e ogni sera si prenda una porzione di ceci o di semi di lupino,  imbevuta nel vino, e la si ponga sulla brace nella tenda dove il re riposa. Egli manterrà la corona che conosci sulla sua testa e, di giorno, indosserà una collana di pietre intorno al collo pendente sul petto.
Quando l’esercito deve spostarsi da un posto a un altro, i fanti precedano sempre di un miglio o due , calzando scarpe pesanti, cercando se lungo il percorso siano stati disseminati “triboli” [chiodi a quattro punte, atti ad ostacolare la marcia dei cavalli], ed eventualmente rimuovendoli. Allo stesso modo ispezioneranno le sorgenti per vedere se dentro vi sia una pietra cava mobile o un palo infisso e li rimuoveranno prima che sia bevuta l’acqua; allo stesso modo se vi siano piante morte che galleggiano. Nelle acque dei fiumi devono verificare se eventualmente vi sia un lungo tronco collocato di traverso; e se questo non può essere rimosso, l’acqua dovrà essere attinta o a monte o a valle di esso, e nel secondo caso, almeno un miglio a valle. Nelle cisterne e nei pozzi bisognerà fare lo stesso esame come nelle sorgenti, e fare sempre attenzione a vedere se in fondo vi sia un fondo nero e melmoso, e in tal caso eliminarlo; ma se è una cisterna, non bisogna usare quell’acqua, se invece è un pozzo, bisognerà prima ripulirlo. Se non possibile fare un simile esame, allora si imbeva accuratamente nell’acqua un panno di lino bianchissimo e finissimo, immergendolo piegato e legato ad una corda; poi lo si appenda al sole e all’aria, e quando si sarà bene asciugato, lo si apra. Se compaiono delle macchie, di qualsiasi colore, l’acqua è sicuramente malsana, ma se non è macchiato, allora è sana.
E così che l’esercito possa essere preservato dall’epidemia, si abbia cura di scavare delle fosse fuori dai limiti dell’accampamento, a mo’ di trincee, dove si possano gettare rifiuti e corpi di animali; e quando saranno piene a metà, le si ricoprirà di terra.
Quando l’esercito deve spostarsi da un posto a un altro, i fanti precedano sempre di un miglio o due , calzando scarpe pesanti, cercando se lungo il percorso siano stati disseminati “triboli” [chiodi a quattro punte, atti ad ostacolare la marcia dei cavalli], ed eventualmente rimuovendoli. Allo stesso modo ispezioneranno le sorgenti per vedere se dentro vi sia una pietra cava mobile o un palo infisso e li rimuoveranno prima che sia bevuta l’acqua; allo stesso modo se vi siano piante morte che galleggiano. Nelle acque dei fiumi devono verificare se eventualmente vi sia un lungo tronco collocato di traverso; e se questo non può essere rimosso, l’acqua dovrà essere attinta o a monte o a valle di esso, e nel secondo caso, almeno un miglio a valle. Nelle cisterne e nei pozzi bisognerà fare lo stesso esame come nelle sorgenti, e fare sempre attenzione a vedere se in fondo vi sia un fondo nero e melmoso, e in tal caso eliminarlo; ma se è una cisterna, non bisogna usare quell’acqua, se invece è un pozzo, bisognerà prima ripulirlo. Se non possibile fare un simile esame, allora si imbeva accuratamente nell’acqua un panno di lino bianchissimo e finissimo, immergendolo piegato e legato ad una corda; poi lo si appenda al sole e all’aria, e quando si sarà bene asciugato, lo si apra. Se compaiono delle macchie, di qualsiasi colore, l’acqua è sicuramente malsana, ma se non è macchiato, allora è sana.
E così che l’esercito possa essere preservato dall’epidemia, si abbia cura di scavare delle fosse fuori dai limiti dell’accampamento, a mo’ di trincee, dove si possano gettare rifiuti e corpi di animali; e quando saranno piene a metà, le si ricoprirà di terra.
Tutti devono assumere assieme al cibo la polvere di coriandolo bollito nell’aceto e poi essiccata. Per essere protetti in modo più efficace, devono prendere la seguente pozione a stomaco vuoto, ogni quattro giorni: una parte di fiore di camomilla, due parti di “grana” [bacche tintorie], tre parti di “usnea” [lichene], e succo di “cedracca” [tipo di felce] pari al peso di tutti gli altri ingredienti. Se ne prenda un cucchiaio con zucchero semplice o rosato,
accompagnato da un po’ di buon vino (i poveri possono bere una tazza di tisana cotta tre volte preparata con una doppia misura di gambi d’erba).
Che tutti abbiano i capelli coperti di “alcanna[una sorta di henné) fino al collo.
La suddetta tisana si prepara così: diluire in un’ampolla di vetro o di latta una ciotola di orzo, con una quantità di  acqua calda che arrivi a coprirlo tutto, lasciare che arrivi a ebollizione a fuoco lento. Quindi filtrare e di nuovo bollire e poi filtrare; ripetere ancora per un terza volta e, infine, versare in quattro ciotole di acqua con due manciate di steli di gramigna e loti, far bollire il tutto a fuoco lento fino all’evaporazione di circa metà dell’acqua; quindi togliere dal fuoco e metterla da parte per l’uso futuro, filtrata o meno. Chiunque soffra di febbre, di qualunque età o sesso o costituzione, potrà assumere a digiuno, un cucchiaio di acetosella in polvere aggiunta alla suddetta tisana, bevuta fredda d’estate e calda d’inverno. Si potrà anche usare questa tisana come bevanda in mancanza del vino.
Tutti i feriti usino quotidianamente polvere di Poligonia [farfalla], assumendone una cucchiaiata a digiuno con il vino, o se sono poveri, con l’acqua; e quando la ferita sarà stata pulita, cospargerla esternamente con la suddetta polvere.
Se qualcuno è avvelenato, da una freccia o da qualcos’altro, deve prendere, a digiuno, un cucchiaio della seguente polvere con vino aromatico, o con la summenzionata tisana: una parte di semi di limone e tre di “scolopendria” [tipo di felce] ridotte in polvere. A tali pazienti potranno essere anche dati da mangiare cavoli con l’olio.
Arnaldi de Villanova Opera medica omnia: 2. Regimen Almarie
, vol. 10 di Arnaldi de Villanova Opera medica omnia, a c. di Luis García Ballester, Michael Rogers McVaugh, Juan Antonio Paniagua, Edicions Universitat Barcelona, 1981.

Arnaldus de Villa Nova, "De_regimine_castra_sequentium" in Opera (1504) f. 143r
Opera anno 1504 edita, f. 143r –
Biblioteca publica Bavarica
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arnaldus_de_Villa_Nova_De_regimine_castra_sequentium_ex_operibus_1504_impressis_f._143r.jpg


Arnau de Vilanova, obra d' Eusebi Arnau dal 1905 al 1911,
situato presso l' Hospital de Sant Pau a Barcellona.
https://fr.wikipedia.org/wiki/Fichier:StPau-arnau-ArnauVilanova-5-4341.jpg



Incipit di Arnaldus de Villa Nova, Regimen sanitatis ad regem Aragonum, 1474
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Arnaldus_Regimen_1474_f_1r.jpg


Il Coriandolo a Montalbano Elicona…. 

Arnaldo da Villanova scrisse a Montalbano (?),  il “Thesaurus Pauperum” (il Tesoro del  
poveri”).  Si tratta di un codice del XIV secolo, scritto in lingua siciliana, conservato nella
Biblioteca Comunale di Palermo (segn. 2; Qq E22).
Un prezioso documento letterario per vari motivi: 
1)      scritto con il più antico dialetto siciliano; 
2)      espressione per la storia della medicina in Sicilia

Un trattato seguito  dal popolo che nel corso dei secoli vi recepì quanto di buono e di cattivo, di
irragionevole e d’illogico, vi era scritto nelle sue originarie 38 carte. Oggi il trattato presenta 32
carte dato che nella parte interna furono staccate numerose carte prima che venisse rilegato in
pergamena intorno al XVIII secolo. Una scienza empirica che fu studiata dal chirurgo medico
Giuseppe Pitrè con grande imparzialità, senza commenti. Un volume lungo 28 cm e largo 26 cm che
sul dorso della rilegatura reca la scritta:
Thesaurus pauperum Renaldi de Villanova
Una scrittura che si estende sulle due facce delle carte, in stile semigotico, rotondo, di proporzione
media ed appartenente al secolo XIV come dimostrarono le indagini degli storici Vincenzo Di
Giovanni e S.V. Bozzo.
Per le nozze di Salvatore Salomone Marino con Marletta Abate, il 29 di aprile 1878, Vincenzo Di Giovanni (Salaparuta 1823 – 1903) pubblicò un piccolo gustoso lavoro filologico; una specie di ricettario di medicina popolare estratto dal “Liber thesauri pauperum” attribuito a Maestro Rinaldo da Villanova.”
Il codice fu probabilmente ricopiato da un manoscritto originale perché si riscontrano delle parole
ripetute per sbaglio e poi cancellate. Nel retro della prima carta si trova, scritta in corsivo con una
scrittura risalente al XVI secolo, la seguente frase:
di me Siragusa
la stessa parole “Siragusa” si legge, scritta sempre dalla stessa mano, sul margine interno della carta
n. 36.
Probabilmente il codice di Arnaldo fu preso in visione da Marcu Siragusa, probabilmente uno
studioso di scienze mediche o qualcuno che esercitava la professione medica grazie ad una licenza.
Le ricette mediche sono riportate senza alcun ordine e recano spesso il nome degli autori, in gran
parte medici noti nel medioevo: Macco, Qalienu, Dinas, Ruggieru, Costantinus, Sisto, Rays,
Avicenna, Dioscoride, Alberto. 
Spesso le ricette sono ripetute, con altri termini, a poca distanza l’una dall’altra:
a c. 14 v. Cur a contra troppu fluxu di mestrua …
a c. 16 r. un'altra ricetta sullo stesso argomento, intitolata: A fluxu di fimina;
a c. 17 r. A fistula oy a pustema e nella stessa carta: A fistula;
a c. 16 v. Ad quilli chi non potinu pixari e a c. 18 v. A cui non potissi pixari;
a c. 1 v. Cur a allivari doluri di testa, a c. 18 v A dulurj di testa
ecc
Il Siragusa trascrisse le ricette per uso proprio senza preoccuparsi nel seguire un ordine e quindi
ricopiandole così come gli capitavano. Ricette che gli servivano nell’esercizio della sua professione.
La scrittura è ad inchiostro nero e solo i titoli, le segnature ai capoversi e i  nomi degli autori, posti
sotto le ricette, sono scritte in rosso. Forse ogni ricetta aveva in origine il nome del suo autore  e
solo nelle ultime ricette non lo riportò  ritenendolo inutile. Il codice inizia con questa frase (titolo):
Incipit liber thesauri pauperum, quern fecit magister Renaldus de Villanova
Il libro del povero tesoro che fece Renald de Villanova.
e doveva essere costituito da 38 carte. Mancano infatti le carte n.: 13, 21, 22, 30, 31, 33.
Un vero peccato, fogli staccati forse da qualcuno a cui interessava la ricetta medica che vi era
trascritta. Vi sono riportati anche degli aneddoti in latino come sul verso della carta n. 38 in merito
ai “proprietari de la rosa” e all’uso di quell’”erba”:
Ante portam galilea jacebat Petrus de mala febre, et dominus Jhesus Cristus supervenit et dixit ei: Petru, ki jaces ? Eo, domine, iaceo de mala febre. Dixit ei Jehsus: Surge ?.....
Pietro giaceva davanti alla porta della Galilea per una febbre malvagia, e il Signore Gesù Cristo si avvicinò e gli disse: "Pietro, (perché ?) stai mentendo?" Mento, signore, per la febbre. Gesù gli disse: Alzati ?
Seguiva un’altra ricetta, dal titolo “A mali di fiancu”, scritta con una scrittura diversa da quella di
Marcu Siragusa e forse aggiunta in seguito.
Nell’angolo interno della ricetta 38 è presente anche un disegno a penna costituito da:
cerchi, croci, linee che s’incrociano, mezzi cerchi e parole intelligibili
formule tipiche degli studiosi di dottrine ermetiche che univano filosofia e magia e basate
essenzialmente sull’alchimia. Naturalmente sono presenti anche ricette contro i mali causati dalla
presenza di spiriti maligni, maghi, esseri soprannaturali. In questi casi, venendo meno la scienza
medica, entrava in gioco la superstizione.
Infatti nella ricetta n. 37 “
Ad humiliari li nervi
sarebbe sufficiente scrivere le parole :
Queste parole in una scodella stagnata (rivestita di stagno) e poi lava
le lettere (impresse) con vino e grattali tutti:  ? con tre Padri Nostri e
tre Ave Maria
Un codice di Alchimia ?  
No, Arnaldo di Villanova scrisse un documento di medicina popolare d’un tempo. Un periodo, il
XIV secolo,  nel quale le malattie si curavano anche con scongiuri, erbe, pietre ed animali.
Sull’opera di Arnaldo de Villanova è opportuno fare delle necessarie precisazioni.
Riportava  il nome di un’altra opera, già menzionata in questa ricerca, del portoghese Pietro
Hispano (medico, botanico) e futuro papa Giovanni XXI nel 1276. Un opera che riportava lo stesso
titolo: “Thesaurus Pauperum” (“Tesoro dei Poveri”).
L’opera di papa Giovanni XXI ebbe molta fortuna nel corso del Basso Medioevo. I rimedi venivano
elencati partendo dal disturbo del mal di testa fino a quelli dei piedi, con una struttura letteraria ben
studiata “a capite ad pedes”. L’opera era finalizzata a  fornire ai meno abbienti esempi di cure
facilmente praticabili che ovviassero la crescente medicalizzazione delle cure e l’esosità di medici e
medicinali. L’opera  presentava una corretta conoscenza dell’anatomia, proponeva una farmacologia
esemplare basata sulle erbe, una patologia abile nel descrivere e distinguere i sintomi delle patologie
ma inefficiente nella scoperta di rimedi e cause. Evidenziava i limiti di un’incomprensione del
sistema circolatorio e di una fisiologia legatissima a quella tetraumorale. L’opera incontrò un vivo
successo andando incontro a plurime traduzioni e volgarizzazioni.
Arnaldo da Villanova (nato nel 1238/40 e morto nel 1313) fu uno dei più importanti medici del
Tardo Medioevo. Tra le sue opere c’è un  commentatore del “Regimen sanitatis” di Salerno (la
Scuola Medica Salernitana) e redattore di un “Breviarium” molto usato dai medici e studenti.  Un
personaggio dotato di una grande personalità e cultura e nel passato molti critici attribuirono proprio
ad Arnaldo Villanova il “Thesaurus  Pauperum” scritto da papa Benedetto XXI e a lui attribuito, per
la prima volta, da Tolomeo di Lucca. Il testo di Benedetto XXI fu nel tempo oggetto di aggiunte,
soprattutto a partire dal XIV secolo, come il capitolo sulle febbri , mancante nelle edizioni più
antiche.
Arnaldo di Villanova copiò il titolo, la vicinanza ai poveri  fu sempre una sua costante religiosa, e
diede vita ad un trattato di medicina popolare siciliana (molte ricette sono la testimonianza anche di
antiche superstizioni e riti magici) scritto in lingua siciliana.


In questo trattato appare anche il coriandolo. Nei nostri giorni il coriandolo in lingua siciliana è
detto cugghiandruHo cercato nel volume dell’Arnaldo il termine ma senza risultato. Una ricerca
difficile e alla fine ho scoperto che il coriandolo nel XIV secolo era chiamato in lingua siciliana con
il termine di “cuglandru”Nel volume sono presenti alcune ricette con l’uso di alcune parti della
pianta:






Montalbano Elicona (Messina)
Tomba di Arnaldo di Villanova – Cappella del Castello
https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Tomba_di_Arnaldo_da_Villanova_1.JPG
…………………..

Pietro Andrea Mattioli (Siena, 12 marzo 1501 – Trento, 1578) (umanista, medico, botanico) nel
suo libro “Discorsi” del 1557 scrisse che:
È il coriandro in Italia notissima pianta e parimenti notissimo è il suo seme
chiamato volgarmente coriandolo”, e aggiungeva che “sono in Italia i coriandoli preparati
di meza coverta in frequentissimo uso dopo cena, per riprimere (come dicono i medici)
 i vapori che dallo stomaco fumano al cervello”.
Pietro Andrea Mattioli
Artista: Alessandro Bonvicino (Buonvicino)
Noto come Moretto o il Moretto da Brescia
(Brescia, 1498 ? – Brescia, 22 dicembre 1554)
Datazione: 1533 - Dipinto: olio su tela – Misure: (84 x 75) cm
Collocazione: Musei di Strada Nuova – Palazzo Rosso - Genova


Commentarii in sex libros Pedacii Dioscoridis Anazarbei de medica materia, 1565
Biblioteca europea di informazione e cultura – Milano

Il Mattioli per “meza coverta” intendeva i semi glassati (ricoperti di zucchero). Era un
procedimento per la preparazione di semi per uso medico. Un procedimento che diede origine alla
curiosa pratica di lanciare per aria i confetti di coriandolo durante il carnevale.
…………………….
Francis Bacon (italianizzato in Francesco Bacone) (Londra, 22 gennaio 1561 – Londra, 9 aprile
1626) (filosofo, politico, giurista e saggista) visse alla corte inglese sotto la reggenza di Elisabetta I
Tudor e di Giacomo I Stuart.

Ritratto di Francis Bacon, Visconte St Alban
Autore: John Vanderbank
(Londra, 9 settembre 1694 – Londra, 23 dicembre 1739)
Da un ritratto di un artista sconosciuto (1618 circa)
Datazione: 1731 circa – Dipinto: olio su tela
Misure (76,5 x 63,2) cm – Collocazione: Galleria Nazionale dei Ritratti, Londra

Famoso per la “rivoluzione scientifica” che, avrà tra i suoi protagonisti Galileo Galilei e
successivamente Cartesio, e per lo sviluppo della corrente dell’Illuminismo nel corso del Settecento.

Fu autore di molti testi tra cui il “Silva silvarum”, pubblicato nel 1627, che riportava una credenza
inglese secondo la quale 
Se una donna gravida assumeva del seme di coriandolo, il bambino sarebbe
stato più intelligente (X, 977).
C’è da dire che molti autori ritenevano il seme di coriandolo tossico, mortale.
Il botanico inglese Williams Coles, nel 1657 nel libro “Adam in Edem”, nel  paragrafo 225,
affermava che
“il succo dell'erba presa internamente è mortale, sia all'uomo che al bestiame,
                e perfino il solo odore dell'erba uccide le mosche, se la si lascia dove loro sono”.

5.     Il Coriandolo nella Religione

Il coriandolo è riportato due volte nell’Antico Testamento nel contesto della descrizione della
“manna” cioè il cibo miracoloso di cui il popolo ebraico si nutrì negli anni della peregrinazione
verso la Terra Promessa. In ebraico il coriandolo è detto “gad” e viene paragonato alla manna del
deserto. Esodo, 16,31

La casa d'Israele chiamò quel pane manna; esso era simile al seme del coriandolo; era bianco, e aveva il gusto di schiacciata fatta col miele.

Nel Libro dei Numeri
 (Il Libro dei Numeri è il quarto libro della Torah Ebraica e della Bibbia Cristiana. Nel libro
sono descritti i viaggi, i problemi, le norme, le battaglie con altre popolazioni ed i conflitti
interni del popolo eletto. La narrazione delle difficoltà incontrate simboleggia le situazioni
difficili presenti nella vita umana. Viene tracciata la via per cercare di superare le difficoltà ed è
la strada indicata da Dio).
Numeri, 11,7….
Ora la manna era simile al seme del coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa
Il popolo andava attorno a raccoglierla; poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta all'olio.
9 Quando di notte cadeva la rugiada sul campo, cadeva anche la manna.

Testo - 11
Kibrot-Taava. Lamenti del popolo
4La gente raccogliticcia, che era tra il popolo, fu presa da bramosia; anche gli Israeliti ripresero a lamentarsi e a dire: “Chi ci potrà dare carne da mangiare? 5Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. 6Ora la nostra vita inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna”. 7Ora la manna era simile al seme del coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa. 8Il popolo andava attorno a raccoglierla; poi la riduceva in farina con la macina o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere nelle pentole o ne faceva focacce; aveva il sapore di pasta all'olio. 9Quando di notte cadeva la rugiada sul campo, cadeva anche la manna.
Intercessione di Mosè
10Mosè udì il popolo che si lamentava in tutte le famiglie, ognuno all'ingresso della propria tenda; lo sdegno del Signore divampò e la cosa dispiacque anche a Mosè. 11Mosè disse al Signore: “Perché hai trattato così male il tuo servo? Perché non ho trovato grazia ai tuoi occhi, tanto che tu mi hai messo addosso il carico di tutto questo popolo? 12L'ho forse concepito io tutto questo popolo? O l'ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: Pòrtatelo in grembo, come la balia porta il bambino lattante, fino al paese che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? 13Da dove prenderei la carne da dare a tutto questo popolo? Perché si lamenta dietro a me, dicendo: Dacci da mangiare carne! 14Io non posso da solo portare il peso di tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. 15Se mi devi trattare così, fammi morire piuttosto, fammi morire, se ho trovato -grazia ai tuoi occhi; io non veda più la mia sventura!”.

6.   Simbologia del Coriandolo: “Valore Nascosto”
Un antica tradizione contadina attribuiva al coriandolo anche una simbologia magica. Una
simbologia legata alle sue proprietà neurotoniche ed al suo gusto piccante. Veniva usato infatti
negli incantesimi d’amore e aggiunto al vino per stimolare il desiderio ed il piacere sessuale.
Abbiamo anche visto come il noto filosofo Francis Bacon attribuiva al coriandolo  (nel 1627
circa) la capacità di sviluppare nel nascituro una fervida intelligenza grazie proprio
all’assunzione di coriandolo durante la gestazione.
In epoca rinascimentale si festeggiavano i lieti eventi lanciando in aria i semi di coriandolo
glassati di zucchero. (un usanza che ai nostri giorni è stata sostituita dal riso  durante i
festeggiamenti del matrimonio).
Un tempo nelle sfilate di Carnevale, in alcune città d’Italia, venivano lanciati sulla folla
mascherata del granoturco, arance, fiori, gusci d’uovo ripieni di essenze odorose e anche
monete.
In Europa, nella prima metà del XVI secolo, s’incominciarono a produrre dei piccoli confetti
profumati ottenuti con i piccoli frutti del coriandolo ricoperti di zucchero.
Questi semi venivano immersi nello zucchero e poi lasciati seccare. Confettini profumati ottimi
per essere lanciati dai carri mascherati o dai balconi.
Naturalmente era un usanza costosa e cadde in disuso.  I confetti bianchi vennero gradualmente
sostituiti dai piccoli confetti, quindi d’identico aspetto  di quelli glassati, ma fatti di gesso.
Nel XIX secolo s’incominciarono a tirare dei minuscoli dischetti di carta bianca che ricoprivano
i carri carnevaleschi in sfilata.
Secondo  una fonte la nascita dei coriandoli di carta sia dovuta all’ingegnere Enrico Mangili che
per la loro creazione usò dei dischetti di scarto dei fogli bucherellati che si usavano come
lettiere nell’allevamento dei bachi da seta. Brevettò il suo prodotto ad una festa di carnevale per
bambini. In seguito i fogli  usati nell’allevamento dei bachi da seta furono sostituiti da carta
colorata.
L’Ing. Enrico Mangili, abitante a Crescenzago ( quartiere di Milano) aveva nell’800 una
stamperia di tessuti e si dedicò alla creazione dei coriandoli e delle stelle filanti.
La fabbrica si trovava nel complesso di Villa Lecchi (tra piazza Costantino, il Naviglio della
Martesana, via Meucci ed i giardini dell’associazione “Villa Pallavicini” e vi operavano molte
donne del paese. Per fare funzionare i motori della stamperia, sfruttava con una ruota in legno la
forza idraulica del Naviglio.
L’uso di coriandoli  sarebbe  un gesto per dimostrare la propria partecipazione al trionfo anche
senza raggiungere fisicamente la persona. D’altra parte lo stesso lancio di coriandoli o di fiori
sarebbe simile, nella sua interpretazione, al lancio di doni.

7.  Parti utilizzate del Coriandolo
La parte maggiormente usata è costituita dai minuscoli frutti che impropriamente, proprio per l
loro dimensione, vengono detti semi.
Le foglie fresche, nonostante il loro forte odore non troppo gradevole (di cimice), vengono usate
nella preparazione di insalate nelle popolazioni del Medio Oriente.
I frutti, una volta essiccati, hanno un gradevole sapore aromatico e trovano un largo impiego
nella preparazione di salse, dolci, biscotti e focacce. Gli Olandesi preparano con il coriandolo un
pane particolare. Famosa era la preparazione dell’Epityrum, un condimento di origine greca nel
quale il coriandolo entrava come ingrediente tra le piante aromatiche. 
Un condimento molto apprezzato dai romani con i formaggi e a base di olive.
 Catone ne riportò la ricetta:
olive verdi e mature, senza nocciolo, e tritate con olio, aceto, coriandolo, cumino, finocchio, ruta e menta.
I Romani usavano il coriandolo per cucinare l’aragosta e per preparare un salsa per condire i
tartufi.
Nella seconda metà del Quattrocento il famoso cuoco Maestro Martino (Martino de Rubeis) 
Martino de’ Rossi o Martino de Rubeis,, detto Maestro Martino
(Torre, frazione di Blenio nel Cantone Ticino, 1430 circa – Roma o Milano, fine del XV secolo)
Fi il più importante cuoco europeo del XV secolo.
Scrisse il “Libro de Arte Coquinaria” che fu considerato il caposaldo della letteratura
gastronomica italiana nel passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale.
Il testo scritto da Maestro Marino e rivisitato negli anni tra il 1456 ed il 1467.
https://www.sapere-sapori.it/wp-content/uploads/2021/04/martino.jpg

Ricettario manoscritto  del cuoco Maestro Martino (XV secolo),
conservato presso l’Archivio Storico di Riva del Garda.
Quattro sono gli esemplari di manoscritti giunti fino ai giorni nostri identificati come ricettari del cuoco Maestro Martino: il Buehler n. 19, conservato alla Pierpoint Morgan Library di New York; l’esemplare della Library of Congress di Washingto; l’esemplare Vaticato Urbinate, noto come Anonimo Catalano e il manoscritto di Riva del Garda
https://www.comune.rivadelgarda.tn.it/Aree-tematiche/Archivio-Storico/RIVA-NELLA-STORIA/MAESTRO-MARTINO-DE-ROSSI
Tramandò una ricetta per
fare coppiette (specie di spiedini) al modo romano
nel quale ricordava d’insaporire il piatto di carne con
un pocho de sale et de pitaterma, cioè il seme dei coriandoli
    
8. Il Coriandolo in cucina
Si possono usare, a seconda dei gusti, tutte le parti della pianta: semi, foglie e radice.
Le foglie e i semi sono utilizzati nella cucina indiana e latino americana.
I semi secchi di coriandolo, con il loro aroma delicato, non coprono il gusto delle pietanze.
Per questo motivo si presta bene nella cucina per insaporire carne, pesce, zuppe, minestre,
legumi e verdure (cavoli e crauti) ed entra nella preparazione di alcuni salumi. Vengono usati
anche nel pane, nei biscotti, nei confetti e nelle mele al forno. Ingrediente fondamentale
dell'Afelia (stufato di maiale al vino rosso) piatto tipico della Grecia e di Cipro
I semi sono meno piccati delle foglie ed hanno un lieve sapore di limone.
Molti consigliano di tostare i semi prima del loro utilizzo mentre altri li tritano con mortaio e
pestello.
Si utilizza anche la polvere di semi di coriandolo ma le sostanze aromatiche sono molto volatili
e quindi si rischierebbe di perdere il sapore degli stessi semi.
I semi macinati entrano, come ingrediente principale, nella composizione del curry del “garam
masala”. I semi con il timo o il pepe danno un ottimo sapore al riso bollito e con la noce
moscata al purè di patate.
Anche le foglie, sia fresche che secche, si usano nella cucina nonostante l’odore forte non sia
molto gradito. Sono molto usate nella cucina messicana mentre in Medio Oriente si adoperano
nell’insalata. Le foglie, in Oriente, sono utilizzate al posto del prezzemolo.
Le foglie tritate si usano anche in zuppe o nei piatti di legumi e verdure.
Le radici, difficili da trovare, a meno di non coltivarlo in casa, sono alla base di una salsa
thailandese usata per insaporire numerosi piatti. Hanno una consistenza legnosa e sono sottili.
Basterà tritarle assieme ad un po’ di zenzero, curcuma e lemongrass per ottenere una salsa
perfetta per i soffritti anche se non sono molto gradite proprio per la loro consistenza.

Alcune ricette con il Coriandolo

Alcune ricette con il Coriandolo

A  – dal sito: https://www.corriere.it/cook/ricette/petto-pollo-verdure-coriandolo-cartoccio_fdbc41fe-1afa-11df-af4a-00144f02aabe.shtml
 
Petto di pollo con verdure e coriandolo al cartoccio
Dose x 4 persone  - Preparazione: 55 m
Grado di difficoltà: facile

INGREDIENTI
-          400 g di petto di pollo
-          200 g di melanzane lunghe
-          200 g di pomodori
-          200 g di zucchine
-          150 g di champignon
-          1 cucchiaino di semi di coriandolo
-          2 cucchiai di olio di semi di arachidi
-          Sale
-         
pepe nero in grani

PREPARAZIONE
1-      Spuntare e lavare le zucchine per poi tagliarle a rondelle dello spessore di 1/2 cm. Spuntate e lavate anche le melanzane per poi ridurle a fette che si devono cospargere. Si devono quindi lasciare a riposare in uno scolapasta affinché perdano l’acqua amara di vegetazione. Lavare e tagliare a fette sottili i pomodori, privandoli dei semi interni. Pulite gli champignon con un telo da cucina leggermente inumidito, in modo da eliminare ogni residuo terroso per poi ridurli a lamelle sottili.
2-      Stendere sul piano di lavoro quattro grossi fogli di carta da forno su cui distribuire le verdure, alternando pomodori e melanzane e completando con zucchine e champignon fino a formare una composizione a ventaglio.
3-     
Tagliare il petto di pollo a fettine per distribuirle, anch’esse a ventaglio, a fianco delle verdure; insaporite con una presa di sale e pepe nero macinato al momento e cospargendo con i semi di coriandolo. Condire il tutto con due cucchiai di olio di semi di arachidi e arricciare con le mani i bordi dei cartocci. Con altri quattro fogli, leggermente più piccoli, formare altrettanti “coperchi” per coprire la preparazione. Disporre i quattro cartocci sulla placca del forno e cuocere a 170 °C per almeno 30 minuti. Portare in tavola i cartocci molto caldi e sollevare i coperchietti di carta.

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Insalata di pollo al coriandolo e senape
n. 2 porzioni
Marinatura: 8h – Preparazione: 10 min. – Cottura; 20 min.
Calorie: 330 x porzione
Ingredienti
-          2 cucchiai di succo di limone = ¾ di limone
-          ½ cucchiai di senape all’antica (con grani interi)
-          4 cucchiai d’olio d’oliva = 60 ml
-          ½ cucchiaio d’olio di sesamo = 8 ml
-          0,4 g di semi di coriandolo
-          1 petto di pollo disossato = 300 g
-          80g di fagiolini
-          1 carota = 100 g
-          6 funghi champignon = 80 g
-          ¼ lattuga liscia = 50 g
-          2 fette di bacon (pancetta affumicata) = 40 g
-          Carta assorbente
-          1 pizzico di sale (facoltativo) = 0,2 g
-          0,2 g di pepe macinato (facoltativo)
-          1 cucchiaio di coriandolo (facoltativo) = 2 g
Il pollo si può cuocere nel forno o sul barbecue

Marinare:

1-      Mettere il succo di limone, la senape, l'olio d'oliva e l'olio di sesamo in una ciotolina. Macinare grossolanamente i semi di coriandolo e aggiungerli nella ciotolina.

2-      Adagiare il pollo in una fondina. Versare sul pollo circa la metà della marinata (coprire appena) e lasciare in frigorifero per una notte. Conservare in frigorifero anche il resto della marinata che servirà per condire l'insalata.

Cuocere:

1-      Fare bollire i fagiolini in una pentola di acqua bollente e salata. Mantenerli al dente (7 minuti circa) e poi raffreddarli rapidamente sotto l'acqua corrente per arrestare la cottura e mantenere il colore brillante. Affettare finemente i funghi.
2-      Spezzettare la lattuga e distribuirla su quattro piatti. Mettere i fagiolini cotti e le carote in una terrina.
3-      Scaldare la pancetta in una padella antiaderente. Una volta rosolata, posarla su della carta assorbente per eliminare un po' di grasso, poi metterla nella terrina con le verdure.
4-      Mettere il pollo sulla griglia del barbecue o dentro il forno azionando il grille, cuocere per una decina di minuti, girandolo a metà cottura, fino a quando è ben cotto e dorato. Durante la cottura versare un paio di volte sulla carne la marinata e insaporirla con un pizzico di sale e di pepe. Tagliare delle fette sottili in diagonale.
5-      Versare sulle verdure la marinata non utilizzata, aggiungere un po' di sale e di pepe e mescolare bene. Distribuire le verdure nei quattro piatti sopra le foglie di lattuga. Posizionare in cima le fettine di pollo, guarnire col corian­dolo e servire.
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Pasta al coriandolo
Ricetta x 4 persone

Ingredienti:
-          250 g di mezze maniche (pasta corta);
-          1 avocado piccolo;
-          Qualche foglie di menta;
-          1 limone;
-          1 cucchiaino di semi di coriandolo tritati;
-          2 cucchiai di olio extravergine d’oliva;
-          8 pomodorini a dadini;
-          Sale q.b.
 
Preparazione
1.      Lessare la pasta in acqua leggermente salata
2.      Nel frattempo frullare la polpa di avocado con il succo di ½ limone, il coriandolo e la menta, unendo poi qualche cucchiaio di acqua di cottura della pasta in modo da rendere il composto ben cremoso.
3.      Lavare e tagliare i pomodorini a dadini;
4.      A parte, in una ciotola, versare i pomodorini e condirli con olio e sale.
5.      Quando la pasta è al dente, scolare e condire con la crema di avocato e menta.
6.      Unire la dadolata di pomodorini e servire a tavola.
…………………….

di Paola Toia
Carne alla griglia al coriandolo

La dott.  Paola Toia  nel suo articolo riferiva uno studio pubblicato sull”American Journal of
Clinical Nutrition” su alcune spezie che erano in grado di limitare la produzione di sostanze
chimiche che si formano durante la cottura ad alte temperature.
Una di queste spezie era  il coriandolo, la cui azione aiuterebbe a contrastare ammine
eterocicliche cancerogene, prodotta dalla reazione alla cottura di manzo, pollame e pesce. Un
ottimo motivo per aggiungere il coriandolo alle grigliata per avere anche un tocco di vivacità, di
gusto e di benessere nel piatto.

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E –  Dal Sito: lacucinaitaliana.it/ricetta/secondi/spiedini-di-carne-al-coriandolo/ 
Spiedini di carne al coriandolo

Dose x 4 persone - Tempo: 30 min.

Ingredienti
-          400 g di carne trita di manzo ( o avanzi di arrosto o bollito, macinati);
-          2 zucchine;
-          16 pomodorini a ciliegia;
-          2 tuorli;
-          2 fette di pancarrè;
-          2 cipollotti;
-          Prezzemolo;
-          Semi di coriandolo;
-          Latte;
-          Vino bianco secco;
-          Olio d’oliva;
-          Succo di limone;
-          Sale;
-          Pepe.
 
Procedimento:
1.      Mettere a bagno il pancarrè nel latte.
2.      In una ciotola mettere la carne macinata, un cucchiaio di prezzemolo tritato, un cucchiaino di semi di coriandolo, i 2 tuorli d’uovo, un pizzico di sale e una macinatina di pepe.
3.      3 strizzare il pancarrè, sbriciolarlo con le dita e unirlo al resto nella ciotola.
4.      Amalgamare il tutto in modo da ottenere un impasto uniforme.
5.      Suddividere l’impasto in 24 parti, formando altrettante polpettine tonde e compatte.
6.      Preparazione degli spiedini. Prendere 8 stecconi di legno e mettere nel seguente ordine: una fettina di zucchina, un pomodorino intero ben lavato, una polpettina, un pezzo di cipollotto, un’altra polpettina, un altro pezzo di cipollotto, una terza polpettina, un secondo pomodorino. Chiudere lo spiedino con una fettina di zucchina.
7.      In una padella larga scaldare 4 cucchiai d’olio.
8.      Rosolarvi gli spiedini, rigirandoli
9.      Salare, pepare e sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco secco
10.  Evaporato il vino bianco,  aggiungere una cucchiaiata di succo di limone.
11.  Trasferire gli spiedini nel forno, già caldo a 200 gradi e completare la cottura il altri 10 minuti.
12.  Irrorarli durante questo tempo con un po’ del loro fondo e servirli subito

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F- dal sito: https://www.lacucinaitaliana.it/tutorial/i-consigli/coriandolo-5-piatti-italiani-dove-e-perfetto/
Zuppa di legumi al coriandolo

Tritare il coriandolo e aggiungerlo alla zuppa o alla vellutata.
Da provare anche l’abbinamento carote e coriandolo adatto per una saporita crema di verdure. In
alternativa si possono utilizzare le zucchine (dalle grandi proprietà depurative) per preparare
un’ottima velluta da gustare fredda (zucchine, coriandolo e qualche foglia di menta fresca)
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G – Dal Sito: https://www.lacucinaitaliana.it/tutorial/i-consigli/coriandolo-5-piatti-italiani-dove-e-perfetto/
Salsa Verde al coriandolo

Tritare le foglie fresche di coriandolo e aggiungere olio di oliva extravergine, aglio,
parmigiano e il succo di mezzo limone. In alternativa si possono unire: coriandolo e
prezzemoli tritati, olio d’oliva, aceto e sale.

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H – Dal Sito: https://www.gustissimo.it/ricette/carne-di-manzo/polpette-al-coriandolo.htm
Polpette al coriandolo
Dosi per 4 persone – tempo: 45 min.

Ingredienti
-          400 g di macinato di manzo
-          2 uova
-          2 cucchiai di farina di grano tenero 00
-          1 mazzetto di coriandolo
-          2 carote
-          40 g di Parmigiano Reggiano grattuggiato
-          Pangrattato q.b.
-          2 cucchiai di olio d’oliva
-          Sale q.b.
-          Pepe. q.b
 
Preparazione
1.      Lessare le carote, lavate, pelate e tagliate a tocchetti in una pentola d’acqua bollente per 15 minuti. Scolarle e frullare in modo da fare una purea liscia.
2.      Versare il macinato di manzo in una terrina, aggiungere la purea di carote insieme alle uova, al Parmigiano grattugiato, alla farina e al coriandolo tritato finemente.
3.      Aggiungere sale e pepe, quanto basta, e mescolare in modo da fare un composto omogeneo.
4.      Dal composto formare le palline aiutandosi con un cucchiaio; passarle in un piatto fondo con il pangrattato e  metterle da parte
5.      Scaldare l’olio in una casseruola e fare rosolare le polpette (in un fornello a fiamma media, per avere una deliziosa crosticina) in modo omogeneo. Quando si sarà formata una crosticina dorata sulla loro superficie, dopo circa 15 minuti, spegnere il fuoco e spostarle sul piatto da portata per essere servite calde.
(Una Variante sarebbe quella di sostituire le carote con un peperone rosso. Tagliare il peperone a quarti, privarlo dei semi e del picciolo, quindi farlo ammorbidire in forno a 180 gradi per 15 minuti. Spellarlo, tagliarlo a dadini e metterlo nel composto di carne).

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I – Dal sito: https://blog.giallozafferano.it/diplomatica/polpette-di-pollo-al-coriandolo-di-ispirazione-thai/
Polpette di pollo al coriandolo d’ispirazione Thailandese

Preparazione: 20 min. – Cottura:10 min.
Porzioni : 30 polpettine

Ingredienti
-          500 g di carne trita di pollo
-          40 g mollica di pane grattugiato
-          2 cipollotti (circa 120 g)
-          1 cucchiaino di coriandolo in polvere
-          25 g di foglie di coriandolo
-          2 cucchiai di Sweet chilli sauce *
-          100 g di pane raffermo grattugiato

*Sweet chilli sauce
Dal sito: fragolosi.it/salse-e-sughi/salsa-chili-dolce/
Si tratta di una salsa al peperoncino dolce originaria dell’Asia, probabilmente in Thailandia con
il nome di “nan chim kai”. È diffusa anche nella cucina afgana e malese.
Una salsa dal gusto agrodolce, che oscilla tra il gusto dolce dello zucchero  e quello piccante del
peperoncino, che si abbina con i fritti e con i formaggi.
Ha un utilizzo molto ampio che va anche dalle grigliate a base di carne, pesce, pollo, involtini,
fritture di crostacei o pesci, frutti di mare, verdure lesse, riso….
                             Preparazione: 10 min. - Tempo di cottura: 5 min.

Ingredienti x per un barattolo di 300 g
-          2- 3 peperoncini piccati;
-          155 g di zucchero;
-          125 ml di aceto di riso (o di mele o vino bianco);
-          60 ml d’acqua;
-          3 grossi spicchi d’aglio;
-          ½ cucchiaino di peperoncino piccate in scaglie (facoltativo);
-          ½  cucchiaino di sale
Per addensare:
-          Un cucchiaio colmo di amido di mais (o fecola di patate);
-          2 cucchiai d’acqua fredda
Preparazione
-          Pulire i peperoncini con un panno umido e tagliarli a metà, nel senso  della lunghezza, eliminando i piccoli semi;
-          Tagliarli a pezzi;
-          Pelare gli spicchi d’aglio e sminuzzarli dopo aver tolto il germoglio verde interno;
-          Mettere nel vaso del mixer i peperoncini rossi, gli spicchi d’aglio, l’aceto di riso (o di mele o vino bianco), lo zucchero, le scaglie di peperoncino (facoltativo) ed il sale;
-          Bagnare con l’acqua il composto e frullare, in modo grossolano, per qualche secondo. (per una consistenza più cremosa è necessario frullare più di qualche secondo fino ad ottenere una salsa liscia ed omogenea;
-          Trasferire il composto in una casseruola dal fondo spesso e portate il tutto a bollore su fuoco medio-alto:
-          Appena raggiunta l’ebollizione spegnere la fiamma.  Lasciare sobbollire il composto per 3 – 5 minuti in modo da sciogliere lo zucchero ed ammorbidire i peperoncini e l’aglio;
-          Nel frattempo diluire l’amido di mais con l’acqua fredda, mescolando di continuo fino ad ottenere una cremina
-          Versare questa cremina nel composto di peperoncini in modo che faccia da addensate;
-          Proseguire la cottura per un altro minuto, mescolando la salsa con un cucchiaio di legno fino a quando risulterà leggermente più spessa;
-          La salsa, una volta addensata, lascerà in sospensione i pezzetti di peperoncini e di aglio;
-          Togliere la salsa dal fuoco e lasciarla raffreddare;
-          Travasare la salsa in un barattolo sterilizzato e chiudere con il coperchio. Conservare la salsa in frigo per un paio di settimane circa, non di più.
Consigli
-          Maneggiare i peperoncini, dopo avere indossato un paio di guanti, giacché i semi sono piccanti.
-          Se si desidera una salsa chili più piccante, non eliminare i semi interni o utilizzare una varietà di peperoncino dal gusto più intenso e deciso
.

Riprendiamo la ricetta delle
Polpette di pollo al coriandolo di ispirazione thai

Preparazione

 È consigliabile grattugiare le briciole di pane nel frullatore e successivamente collocarle in una ciotola che servirà nella formazione dell’impasto.
2.      Tritare nel frullatore anche i cipollotti e le foglie di coriandolo;
4.      Aggiungere due cucchiai di sweet chilli sauce e mescolare con le mani o aiutandosi con una forchetta. Aggiungere anche un pizzico di sale (pochissimo perché la sweet chilli è sufficiente come condimento);
3.      Aggiungere nella ciotola contenente il pane grattugiato: la carne di pollo, i cipollotti e le foglie di coriandolo tritati, il coriandolo in polvere e il succo di mezzo limone (dopo aver eliminato i semi).
5.      Con l’impasto omogeneo ottenuto si devono formare delle polpettine (abbastanza piccole);
6.      In una padella fare scaldare dell’olio per friggere;
7.      Impanare le polpettine con le briciole di pane raffermo;
8.      Friggere le polpettine a fuoco medio-basso finchè non saranno dorate su entrambi i lati(circa 1,5/ 2 minuti per ogni lato).
9.      Togliere le polpettine dalla padella e collocarle su un foglio di carta assorbente.
10  - Scaldare il forno a 200 gradi. Prendere una teglia e coprirla con della carta stagnola e alzata a coprire leggermente i bordi. Disporre le polpettine;
11- cuocere per circa 5 minuti e lasciare raffreddare prima di servire

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9.   Il Coriandolo nella Medicina

Ai frutti del Coriandolo sono state, nel tempo attribuite, proprietà antisettiche, aromatizzanti, antispasmodiche, carminative, digestive, euforizzanti, profumanti, stimolanti, stomatiche, vulnerarie.
Il coriandolo ha proprietà antispasmodiche, carminative, antisettiche, aperitive, digestive, , antisettico intestinale; antifermentativo e antiputrefattivo; antispasmodico gastrico e intestinale. In dosi controllate è efficace per contrastare inappetenza, gonfiore intestinale, digestione difficile e stitichezza, ma non bisogna comunque abusarne perchè se usato in dosi eccessive è inebriante e può causare disturbi nervosi e fastidi renali. La spezia ha inoltre un effetto antibatterico e fungicida.
I semi di coriandolo sono un efficace aiuto per combattere i piedi stanchi e gonfi se utilizzati nei pediluvi  e nel bagno hanno un effetto stimolante e deodorante.
In altre epoche si riteneva il Coriandolo efficace per guarire la peste e l'epilessia e per rendere indolore il parto. Scuole contrarie però lo indicavano come velenoso, ed è pur vero che l'essenza ottenuta per distillazione dai frutti di Coriandolo ha effetti inebrianti sull'uomo. Entra anche nella composizione di unguenti per massaggi antidolorifici e di alcuni preparati medicinali per correggerne il sapore.
Dioscoride disse che il Coriandolo aumenta lo sperma, ma mangiato in gran quantità fa uscire di senno. Ippocrate gli attribuiva proprietà narcotiche. Plinio riportò, non sempre condividendoli, rimedi del suo tempo: succo di Coriandolo per bagnare le orecchie gonfie e poterle meglio curare, ad esempio instillandovi grasso di rana; Coriandolo con testicoli o vulva di donnola, invece, nei casi di epilessia.

Erboristeria – Fitoterapia
Dal Sito : https://erbeofficinali.org/

Uno dei siti più interessante e completo sull’argomento.

Droga Utilizzata: i piccoli frutti detti “semi”
Periodo Balsamico: Luglio, Agosto (Estate)
Principi Attivi:
-          Olio essenziale con geraniolo;
-          δ -limonene;
-          N-cimene;
-          β-fellandrene,
-          canfene λ-borneolo,
-          δ-linalolo,
-          acido clorogenico e caffeico,
-          vitamina C.
Odore: Aromatico
Sapore: Amarognolo – Aromatico
Tossicità: Nessuna
Controindicazione: Nessuna controindicazione alle dosi terapeutiche normali;
Avvertenze: Pericolo l’uso dell’olio essenziale per via interna

Efficacia Terapeutica : Confermata

Organi Interessati dall’Azione Fitoterapica
-          Intestino;
-          Intestino Crasso;
-          Organi Digestivi;
-          Organi o Tessuti di vari Distretti Corporei
-          Organi Gustativi;
-          Pancreas;
-          Sistema Immunitario;
-          Sistema Nervoso Enterico;
-          Stomaco;
-         
Tubo Gastro-Enterico.
 
Proprietà ed Indicazioni:
-          Aromatizzante (Ottima, confermata dalla pratica e dall’uso comune);
-          Condimento o spezia (Buona,  efficacia risolutiva nella maggior parte dei casi, confermata dalla pratica e dall'uso comune);
-          Repellente insetti (Buona, efficacia risolutiva nella maggior parte dei casi, confermata dalla pratica e dall'uso comune);
-          Aerofagia (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Antisettico (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Carminativo – Antifermentativo (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Conservante Naturale (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Digestivo Eupeptico Stomachico (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Dispesia o Cattiva Digestione (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Meteorismo Flatulenza e Fermentazioni Intestinale (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Spasmolitico Antispasmodico (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Spasmolitico Intestinale (Media, Un'efficacia terapeutica media  è quello che dovremmo aspettarci da un'erba ovvero un'azione dolce ma costante nella risoluzione dei disturbi, specialmente se utilizzata in modo preventivo);
-          Colite (Bassa, L'efficacia terapeutica bassa  è indicata per quelle erbe che hanno funzione coadiuvante ma non sempre risolutiva del disturbo anche se per esse la patente di erbe buone è stata rilasciata più dalla tradizione popolare e dalla pratica quotidiana nei secoli che dalla scienza.
-          Glicemia (Ipoglicemizzante) (Bassa. L'efficacia terapeutica bassa  è indicata per quelle erbe che hanno funzione coadiuvante ma non sempre risolutiva del disturbo anche se per esse la patente di erbe buone è stata rilasciata più dalla tradizione popolare e dalla pratica quotidiana nei secoli che dalla scienza).
-          Inappetenza e Anoressia ((Bassa. L'efficacia terapeutica bassa  è indicata per quelle erbe che hanno funzione coadiuvante ma non sempre risolutiva del disturbo anche se per esse la patente di erbe buone è stata rilasciata più dalla tradizione popolare e dalla pratica quotidiana nei secoli che dalla scienza).
-          Infezioni (Gastrointestinali) (Bassa. L'efficacia terapeutica bassa  è indicata per quelle erbe che hanno funzione coadiuvante ma non sempre risolutiva del disturbo anche se per esse la patente di erbe buone è stata rilasciata più dalla tradizione popolare e dalla pratica quotidiana nei secoli che dalla scienza).
-          Micosi (Bassa. L'efficacia terapeutica bassa  è indicata per quelle erbe che hanno funzione coadiuvante ma non sempre risolutiva del disturbo anche se per esse la patente di erbe buone è stata rilasciata più dalla tradizione popolare e dalla pratica quotidiana nei secoli che dalla scienza).

Erbe Sinergiche
-          Anice Verde
-          Camedrio

Tisana

Attenzione, l’assunzione di qualsiasi pianta officinale può provocare effetti collaterali non desiderati. Per questo motivo è sempre consigliabile attenersi in modo scrupoloso ai suggerimenti ed indicazioni del medico curante. Qualsiasi alimento ingerito può provocare infatti effetti indesiderati ed è importante seguire le indicazioni del medico che conosce il vostro stato clinico.

Tisana al Coriandolo e semi di anice
1.      Dal Sito: https://blog.giallozafferano.it/unaspiaincucina/tisana-al-coriandolo-e-semi-di-anice/

 Ingredienti x una tisana;
-          200 ml d’acqua;
-          1 cucchiaino di semi di coriandolo intero;
-          ½ cucchiaino di semi di anice;
-          Un pezzetto di radice di zenzero (o polvere)
Preparazione:
-          Mettere l’acqua in un pentolino e portare ad ebollizione;
-          Tostare leggermente i semi di coriandoli e di anice in un pentolino, a fuoco basso. Si devono semplicemente riscaldare;
-          Appena i semi cominciano ad emanare il loro profumo, levateli dal pentolino e pestateli, in modo grossolano, con un batticarne;
-          Aggiungere le spezie e un pezzetto di zenzero all’acqua calda e fare bollire per circa cinque minuti:
-          Spegnere il fuoco e lasciare riposare per cinque minuti;
-          Filtrare la tisana e, a piacere, dolcificare con un po’ di miele.

 Un’ottimo rimedio naturale contro il gonfiore addominale post pasto. L’uso del coriandolo ha, inoltre, proprietà stimolanti e antispastiche, è un valido aiuto per l’alito cattivo, per i disturbi digestivi, cura la gastrite e stimola l’appetito.
I semi di anice invece vengono usati per le proprietà digestive, per il gonfiore intestinale, per crampi e nausea mentre per quanto riguarda lo zenzero ormai tutti sappiamo che è un ottimo antinfiammatorio, favorisce la digestione, allevia il senso di nausea e aiuta anche a prevenire raffreddore ed influenza.
Dunque il mix di coriandolo, semi di anice e zenzero sotto forma di tisana è un valido aiuto per rendere la pancia piatta sempre se accompagnata da una dieta sana ed equilibrata.

 2 – Sal Sito:  https://www.cure-naturali.it/enciclopedia-naturale/alimentazione/nutrizione/coriandolo.html#:~:text=Con%20il%20coriandolo%20si%20pu%C3%B2,l'eliminazione%20dei%20gas%20intestinali

Il coriandolo è carminativo, antispasmodico e stomachico, è quindi un buon rimedio naturale contro coliche addominali, difficoltà digestive e gonfiore.
Preparazione della Tisana
2 grammi di semi di coriandolo x 100 ml d’acqua bollente per qualche minuto
La tisana favorirà la digestione e l’eliminazione dei gas intestinali.
Il suo effetto stimolante attenua il senso di fatica, l’inappetenza  ed è anche un buon tonico per l’attività cerebrale e per il sistema nervoso.

Calorie e valori nutrizionali del coriandolo

100 g di coriandolo fresco contengono:
23 kcal
Proteine 2,13 g
Carboidrati 3,67 g
Zuccheri 0,87 g
Grassi 0,52 g
Colesterolo 0mg
Fibra alimentare 2,8 g
Sodio 46 mg       
 
100 g di semi di coriandolo contengono:
298 Kcal;
Proteine, 12,37 g
Carboidrati: 54,99 g
Lipidi: 17,77 g di cui:
-          13,58 g di acidi grassi monoinsaturi;
-          1,75 g di acidi grassi polinsaturi;
-          0,99 g di acidi grassi saturi;
-         
0,46 mcg di filosteroli

 3 – Dal Sito: https://www.ilgiornaledelcibo.it/coriandolo-proprieta/

Il coriandolo, sia la pianta fresca che i frutti (semi), contengono fino al 2% di oli essenziali tra cui il linololo (45 -85%), a cui si deve la maggior parte delle proprietà  della pianta, e il limonene (1 – 4%). È ricco anche di flavonoidi che sono dei forti antiossidanti. La caratteristiche  chimiche le la presenza degli importanti composti bioattivi nel coriandolo dipendono da vari fattori come la varietà, la stagione di semina, la fase di crescita e di raccolta, la parte della pianta che viene utilizzata.
Sempre nella ricerca della Dott.ssa Federica Portuese si rileva come il coriandolo abbia un’azione antifermentativa a livello intestinale, per merito delle proprietà antisettiche degli oli essenziali di cui sono ricchi i piccoli frutti, e quindi riducendo il gonfiore addominale.
In caso di ipercolesterolemia  i semi sono in grado di ridurre il colesterolo LDL, aumentando il colesterolo HDL e favorendone l’eliminazione per via biliare. Alcuni componenti dei frutti sono ance in grado di stimolare la produzione di insulina e quindi di diminuire i livelli di glucosio nel sangue.
Le foglie del coriandolo si usano in cucina come quelle del prezzemoli e masticate riescono a nascondere lo sgradevole odore dell’aglio dall’alito. Non tutti però riescono ad accettare il sapore della foglie di coriandolo fresca  a causa del suo odore di “cimice”.
Le foglie sono comunque ricche in beta-carotene e vitamina K ed hanno un’azione antiossidante rispetto ai frutti.
Alcuni studi, come riferisce sempre la Dott.ssa Federica Portuese,  avrebbero dimostrato come le foglie di coriandolo abbiano effetti positivi nel migliorare la memoria.
Inoltre le ricerche della Dott.ssa avrebbero dimostrato come nella letteratura medica non siano stati segnalati effetti collaterali o tossici sull’utilizzo della pianta tranne che nell’individuo non vi sia una particolare sensibilità oppure un’allergia alle Apiaceae (Ombrellifere). Infatti il coriandolo rientra tra le pianta classificate come GRAS,  ovvero come ingredienti alimentari “generalmente riconosciuti come sicuri” dalla Food and Drug Administration statunitense.

Tisana di Coriandolo (digestiva)

NS Natural Queen/shutterstock.com

Ingredienti
-          2 cucchiaini di frutti di coriandolo essiccati
-          150 ml d’acqua
Preparazione:
-          Versare l’acqua in un pentolino e portare ad ebollizione;
-          Tritare i semi di coriandolo con un mortaio o un macinapepe;
-          Aggiungere i semi tritati all’acqua bollente e spegnere il fuoco;
-          Lasciare in infusione, con un coperchio, per 10/15 minuti
-          Filtrare e versare in una tazza. Se necessario aggiungere un cucchiaino di miele per dolcificare. 

Un pugnetto di frutti di Coriandolo infusi nell'acqua calda del bagno e, in proporzione, in quella di 
pediluvi o semplici semicupi, ha effetto stimolante e deodorante. 

PROPRIETÀ ED USI OGGI
È sempre affascinante osservare come nella mitologia antica si faccia riferimento a proprietà e usi
delle piante che poi la scienza conferma, questo vale anche per il Coriandolo.
Oggi molti usano l’olio essenziale biologico in un diffusore durante la meditazione per calmare la
mente. È perfetto per ridurre l’ansia, come dimostrato anche da numerosi studi.
Oggi infatti il coriandolo è ampiamente studiato per le sue innumerevoli proprietà.
Le sue qualità antispasmodiche e digestive sono oggi confermate in numerosi studi che evidenziano
come agisca con differenti modalità. Tra queste si annovera anche quella di rendere inospitale
l’ambiente interno per alcuni tipi di batteri patogeni. In questo senso si è anche preso in
considerazione il suo utilizzo come conservante. Inoltre sembra, unito al Timo, dare buoni risultati
per la cura delle infezioni vaginali.
Altri studi dimostrano avere ottimi effetti nel regolare la pressione sanguigna.
È inoltre un buon antiossidante e ansiolitico (soprattutto grazie alla presenza del linalolo), motivo
per cui l’abbiamo citato nel nostro articolo “I 10 oli essenziali perfetti per ridurre l’ansia”. Ma anche
neuroprotettore, al punto che si sta valutando di usarlo in combinazione con i trattamenti classici
contro l’alzheimer.
Sembra anche che aiuti il corpo a smaltire scorie e metalli pensanti, grazie al suo potere chelante.
Va ricordato che, date le proprietà descritte, è sconsigliato l’uso in grandi quantità nel caso in cui si
assumano farmaci psicotropi o neurostimolanti. Altresì, da momento che ha un azione stimolante su
fegato e reni, va evitato in caso di calcoli o problematiche ad essi legate. Infine, qual ora si
assumano farmaci che agiscono sul transito intestinale, va usato con parsimonia.
Un’ultima raccomandazione è verso le donne in gravidanza, per le quali è sconsigliato perché altera
il sapore del latte materno.

10.      La Magia del Coriandolo

L’uso magico del coriandolo  permetteva di realizzare una miscela di incenso da usare per la propiziazione e meditazione. Per propiziare si tritava nel mortaio, nelle ore di Giove (ad esempio: il lunedì alle ore 3 e alle ore 10; il martedì alle ore 7,00; ecc.), 1 parte di Coriandolo, 1 parte di Cinnamomo, 1 parte di Sangue di drago *, 1 parte di polvere di Benzoino**, 1/5 parte di polvere di Mirra. Si riduceva  in polvere e si lasciava il preparato a riposare nel mortaio per 1 giorno, coprendolo ed esponendolo ai raggi mattutini del sole.
Per la meditazione si tritava nel mortaio 1 parte di Coriandolo, 1/5 parte di Sandalo, 1 parte di Gelsomino ed 1/5 parte di aghi di Pino e 1/5 parte di Petali di rose rosa.
Si polverizzava e veniva usata per aiutare nello studio e nella meditazione oltre ad esercizi legati al rilassamento ed alla respirazione.
Il Coriandolo è legato all’elemento Aria, ed il suo metallo lo stagno. Le pietre sono quarzo, smeraldo

11.      La medicina Ayurvedica

Nel X secolo a.C. circa, la Medicina Ayurvedica fu una delle prime a riconoscere le proprietà del
coriandolo.  Era riconosciuta come una pianta rinfrescante e calmava la sete. Il suo uso arrecava un
equilibrio, aiutava la digestione, era considerata afrodisiaca e favoriva il benessere psichico.
Citazioni che si trovano in un Sanscrito di circa 8000 anni fa.
La medicina Ayurvedica si perde quindi indietro nel tempo dei millenni ancora prima delle
testimonianze scritte che risalirebbero al 450 a.C. circa.
È quindi una medicina tradizionale utilizzata in India e diffusa ancora oggi nel sub-continente più
della medicina occidentale.
È infatti ben integrata nel sistema sanitario nazionale indiamo con diversi ospedali ayuredici
presenti in tutto lo Stato. Secondo la scienza medica non c’è alcuna prova scientifica che l’ayurveda
sia efficace per il trattamento di qualsiasi malattia anche se negli Stati Unici, ad esempio, la pratica
medica dell’ayurveda è consentita nell’ambito delle terapie complementari. Si basa sulla profonda
conoscenza del corpo e della sua relazione con la mente e con lo spirito. La salute sarebbe quindi
uno stato di equilibrio nel quale i fattori psicologici ed ambientali avrebbero la stessa importanza di
quelli fisici.
Sarebbe quindi non solo una disciplina medica ma anche una filosofia e uno stile di vita che ha
come obbiettivo il raggiungimento del benessere psichico, fisico e spirituale dell’individuo.
I rimedi previsti dalla medicina ayurvedica sarebbero:
-          Trattamenti estetici con oli, spezie ed erbe medicinali.
-          Assunzione di prodotti fitoterapici sotto forma di pillole o tisane.
-          Consigli alimentari.
-          Stile di vita.
-          Esercizio fisico (yoga, massaggio, tecniche di rilassamento e respirazione profonda)
-          Meditazione.
In Cina il coriandolo  era considerato la pianta dell’immortalità e la medicina cinese ne consigliava
l’uso per stimolare la circolazione dell’anergia (Qi) nelle situazioni di stasi.

12.      Mitologia

Queste proprietà e conoscenze, anche nei popoli dell’Asia Minore (Egiziani), fece nascere tutta una serie
di leggende  e aspetti mitologici con forze femminili profonde ed ancestrali o di dei tanti benevoli
quanto crudeli e terrificanti.
Proprio nell’Antico Egitto il coriandolo era dedicato alla dea Hamor, protettrice delle nascite e delle
morti. Per questo motivo i semi del coriandolo accompagnavano i defunti. La dea Hamor era raffigurata
con due forme animali: giovenca celeste e leonessa.
Come giovenca celeste presentava le corna che le ornavano il capo e che racchiudevano il disco solare.
Una dea benevole simbolo di fertilità ed abbondanza, protettrice del parto.
La raffigurazione come leonessa riportava la dea Hamor alla ferocia con la quale vendicava il padre Ra,
adirato nei confronti degli uomini perché non rendevano più i giusti onori agli dei.
Il coriandolo era dedicato anche ad una importante divinità del centro e Sud America.
Fu importato dopo la scoperta dell’America ma non fu portato in quelle zone dagli europei bensì dagli
schiavi. Il coriandolo era chiamato “cilantro” ed era consacrato ad una divinità della popolazione
Yoruba, originaria dell’Africa.
Gli Yoruba (Yorùbà) sono un vasto gruppo etnico-linguistico di circa 40 milioni di persone, diffuso
nell’Africa Occidentale.
Sono presenti in Nigeria ed anche nel Benin, Togo e Sierra Leone. Proprio nel periodo della “tratta degli
schiavi” molti abitanti di questi Stati furono deportati nelle Americhe. Si trovano oggi molte comunità,
riconducibili agli Yoruba: in Brasile, Cuba, Portorico, Repubblica Domenicana, Haiti, Giamaica
Trinidad, Caraibi e Stati Uniti.
Un commercio di schiavi che si sviluppò in un arco di tempo molto lungo… fra il XVI ed il XIX secolo.
Un aspetto importante da rilevare è legato alle procedure  di vendita degli sfortunati uomini, donne,
bambini, ragazzi… Erano infatti venduti dagli Stati africani ai mercanti dell’Europa Occidentale e da
questi deportati in gran numero nel Continente americano. In America erano impiegati nelle piantagioni
di prodotti che erano destinati al mercato europeo.
Ma un altro aspetto, non sempre analizzato con obbiettività, è legato alla vendita degli schiavi  nello
stesso mercato europeo ed in particolare in Portogallo, Spagna ed Italia. In questi paesi erano impiegati
nei lavori domestici…… e come braccianti agricoli…. molti erano bambini.

"Cara mamma, George Hanger mi ha mandato un ragazzo di colore di undici anni e molto onesto, ma al Duca non piace che io abbia un nero... se ti piace lui al posto di Michel te lo mando, sarà un da quattro soldi servo e ne farai un cristiano e un bravo ragazzo; se non ti piace, dicono che Lady Rockingham ne voglia uno».
Duchessa di Devonshire a sua madre, c1790

Contratto  per uno schiavo maschio di 18 anni, Lima, Perù, 13 ottobre 1794.
Español: Contrato esclavista de un joven de 18 años. Lima, Perù, 13 ottobre 1794.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Slavecontract_doc.jpg

Il “cilantro” (coriandolo) era consacrato dagli Yoruba ad una importante divinità, originaria
dell’Africa, Oshùn. La più bella e potente delle dee. Era considerata la protettrice dell’amore, del
matrimonio, della salute, della diplomazie e regnava sui fiumi presiedendo la fertilità dei campi.
Grazie all’arrivo degli Yoruba a Cuba, ne diventò la protettrice prendendo il nome di “Virgen de la
Caridad del Cobre”. Grazie  a questa dea il coriandolo si diffuse in tutta l’America.

Oxum (Oshum)
Scultura di Carybè esposta nel Museo Afro-Brasiliano
Salvador, Bahia - Brasile
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Oxun.jpg?uselang=it

Virgen del Cobre (Barmherzige Jungfrau von El Cobre) - kubanische Nationalheilige, gleichzeitig Ochún in der Santería (Havanna, Kuba)
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Kuba_Virgen_del_Cobre.jpg?uselang=it

In questi miti si ritrovano le proprietà del coriandolo come afrodisiaco, stimolante e rilassante. Una 
pianta influenzata dal pianeta Marte che naturalmente si ricollega all’aspetto bellicoso o guerresco
delle dee. Rinfrescante e benefico per i reni come le acque di Oshun.
Oshùn sarebbe la patrona di tutte le acque (dolci e salate).
Un antica leggenda narra che un giorno la Terra e la Tempesta litigarono. La Terra, per la rabbia,
fuggì sottoterra. Per paura che la Tempesta non fornisse la pioggia al mondo, la Dea Oshùn con 
grande diplomazia riuscì a conciliare la lite tra i due grazie all’uso di acqua e miele. Secondo gli
Yoruba questa dea sarebbe in grado di guarire gli animi con le sue acque e la sua melodia. Lo
scorrere di un fiume o di un torrente  ha in sé degli aspetti che non si limitano sono ad un continuo
fluire delle sue acque. Fermatevi un momento ed ascoltate il suono delle acque che scorrono..
sembra che emanino un voce, un canto melodioso. Adagiate dolcemente la mano sull’acqua sembra
quasi che il fiume o la corrente vi parli.. Sembrano cose assurde ma è un aspetto che dovrebbe 
renderci partecipi della Natura e della sua armonia lontana dalla vita fredda a cui ci legano freddi
motivi economici o anche decreti o leggi che vorrebbero fare di noi come dei robot in mano a
quattro lestofanti avvolti nei loro abiti di potere economico. Sempre secondo il mito africano e
americano Oshun avrebbe il potere dell’amore, capace di radicare le emozioni e lasciare scivolare le
sensazioni
L’amore è infinito come le acque dell’oceano e sia, uomini che donne, sono come dei grandi 
contenitori pronti a raccogliere questo sentimento così naturale ma difficile da scoprire se non ci si
avvicina con grande animo.
Il colore dell’olio di coriandolo è giallo/arancio e ricorda il disco solare di Hathor così come le vesti
gialle di Oshùn.

CUR

Il nome Coriandolo sembra derivare dal greco Korios, ossia cimice. Gli antichi greci notarono
infatti che per alcune persone il coriandolo aveva un odore particolarmente sgradevole e repellente.
Oggi la scienza ha dimostrato che alcune persone presentano una variazione genetica che influisce
sulla percezione di alcune sostanze presenti nel coriandolo

13.      Il Coriandolo tra le Essenze Germicide del Terreno

L’essenza del coriandolo rientra tra le “essenze germicide del terreno”. Le essenze
maggiormente studiate sono: l’Alloro, il Basilico, il Bergamotto, la Camomilla, il Cedro, il
Chenopodio, il Cipresso, la Citronella, il Cumino, il Finocchio, il Ginepro, l’Issopo, il
Limone, la Menta, la Noce Moscata, il Prezzemolo, il Rosmarino, la Salvia, il Sandolo, la
Verdena, lo Zenzero.
Queste essenze sono quindi quelle maggiormente studiate e ognuna presenta un particolare
Indice Aromatico (I.A.) che rappresenta il potere germicida riferito ad un olio essenziale
ricavato dalla pianta (100%). Le essenze germicide del terreno hanno un Indice Aromatico
medio che varia da 0 a 0,15 circa.
( Dott. Paul Belaiche, medico; titolare della prima cattedra di Fitoterapia in Europa
(Università di Bobigny, Parigi Nord), fondatore e Presidente dell'Institut National de
Phytotherapie.
E’ internazionalmente considerato uno dei principali esponenti della moderna fitoterapia
scientifica e tra i fondatori dell'aromaterapia. Tra i suoi libri: L’Aromatogramma.)
L’Aromatogramma è un esame di laboratorio che ha come obiettivo la valutazione della
sensibilità di una specie batterica ad un olio essenziale.
La dicitura  Essenza “Germicida del Terreno” non deve trarre in inganno.
Gli oli essenziali presentano una precisa classificazione e si dividono in:
1.      Maggiori;
2.      Medi;
3.      Di Terreno.
 
1.      Le Essenze germicide Maggiori presentano una azione batterica molto alta e soprattutto costante e agiscono indipendentemente dal terreno.
2.      Le Essenze germicide Medie presentano un potere antisettico  improvviso e imprevedibile. Per questo motivo possono diventare “maggiori” o “di Terreno”;
3.      Le Essenze germicide “di Terreno” hanno invece un azione antisettica molto incostante e saltuaria e  la loro azione varia da individuo ad individuo.
È opportuno ricordare come gli oli essenziali siano estratti dal regno vegetale con vari procedimenti (distillazione, spremitura, ecc.) e presentano una struttura chimica molto complessa per il loro contenuto in terpeni, fenoli, chetoni, aldeidi, esteri, alcol.. Sono oleosi, volatili e odorosi.
Quando strofiniamo un fiore, una foglia o una qualsiasi parte di una pianta, percepiamo subito un odore, un profumo, più o meno gradevole e pericoloso, legato alla presenza di un olio essenziale nella pianta.  Bisogna fare attenzione perché molte piante possono emettere un lattice che a contatto con la pelle e, soprattutto con gli occhi, può arrecare gravi problemi, come ad esempio l’Euforbia.
Gli oli essenziali contenuti nelle piante aromatiche sono dei composti molto leggeri e molto volatili.
La loro composizione chimica, prendendo in esame la singola specie, può variare in funzione della loro localizzazione geografica, della natura e composizione del suolo agrario, e di altri fattori che condizionano il ciclo vitale della pianta.
Ho citato più volte il termine “Terreno” proprio perché l’Aromatogramma  presenta un procedimento di studio che è simile all’Antibiogramma. Si  “semina” la specie batterica da studiare in un “terreno di coltura” solido e successivamente si pone sulla sua superfice  uno o più dischetti di carta imbevuti con alcune gocce dell’olio essenziale da studiare e testare.
Successivamente s’incuba il terreno alla temperatura prestabilita  per un certo periodo di tempo. Al termine dell’operazione si noteranno  sul terreno degli aloni, più o meno estesi di inibizione. Si tratta di zone di marcata crescita del microrganismo. L’estensione di questi aloni indica il potere battericida dell’olio essenziale.
È questo un procedimento che permette di valutare il potere battericida in un olio essenziale nei confronti di un batterio. In questo modo si stabilisce quale olio essenziale è più efficace per combattere quel dato microrganismo.
L’Indice Aromatico, come già citato, sarebbe il rapporto tra l’alone di inibizione dell’olio in analisi e l’azione che avrebbe un olio essenziale ideale, cioè con potere battericida massimo. Un valore ideale  pari ad 1.
L’olio essenziale di Timo presenta, ad esempio, un potere battericida molto alto con un Indice Aromatico parti 0,711 mentre quello del Basilico ha un potere batterico molto blando, pari a 0,012.
L’Indice Aromatico è anche detto “Indice origano” dato che l’olio essenziale dell’origano (Origano di Spagna) è molto attivo e possiede un I.A. di poco inferiore ad 1 (0.873).
L’Aromatogramma misura quindi l’efficacia antibatterica di uno specifico lotto di olio essenziale e non dell’olio essenziale in genere. Questo perché le piante della stessa specie  crescono in ambienti diversi legati al clima, alla temperatura, alla struttura agraria del terreno, al modo di coltivazione, al periodo di raccolta, al metodo di distillazione,  e quindi possono avere un carica antibatterica molto diversa. Quindi il valore dell’Aromatogramma è meno generalizzabile rispetto a quello di un Antibiogramma.
Infine esistono per gli aromatogrammi difficoltà tecniche di valutazione superiori a quelle degli antibiogrammi: essendo gli olii essenziali idrofobi (scarsa tendenza a legarsi con l’acqua o a trattenerla) e i medium di crescita batterica idrofili (capacità di legarsi con l’acqua e di trattenerla), per effettuare l'aromatogramma è necessario aggiungere delle sostanze che fungano da intermedi di solubilizzazione. Tali sostanze aggiunte possono però interferire con l'efficacia dell'olio essenziale (aumentandola o diminuendola).
Dopo circa 36 ore è possibile misurare la resistenza del particolare ceppo batterico al potere germicida dell’olio essenziale.

https://www.odontoiatra.it/aromatogramma/

Le ricerche scientifiche hanno dimostrano come gli oli essenziali possono avere un elevato
potere battericida e possono sostituire gli antibiotici di sintesi.
L’olio essenziale di limone, ad esempio, è in gradi di neutralizzare in modo efficace (per
inalazione) il meningococco in 15 minuti, il bacillo di Eberth in meno di un’ora (in 5 minuti
per via orale), lo stafilococco dorato in due ore, lo streptococco emolitico in 3 – 10 ore, ecc.
 Non ci sono dubbi sul fatto che la maggior parte degli oli essenziali siano
farmacologicamente attivi, e che alcuni oli essenziali lo siano in maniera tale da renderli
interessanti per la terapia umana. Mentre esistono molti dati di sperimentazione in vitro ed in
vivo su modelli animali sull’attività degli oli essenziali, scarseggiano gli studi clinici.
Gli olii essenziali sono miscele complesse e concentrate di sostanze chimiche: l’uso senza la supervisione di un medico può essere pericoloso: l’applicazione di olii essenziali puri sulla pelle può portare a infiammazioni e lesioni della cute, la loro ingestione (a seconda del tipo di olio e della quantità ingerita) è potenzialmente mortale.
………………………….

14.      Cirene
La statua di Venere – Silfio, una pianta estinta – La coppa di Arkesilas
La mia ricerca ha come obiettivo quello di creare la storia di una pianta, nello specifico del
Coriandolo, con un viaggio nella storia.  Un viaggio che, avvolto da un velo di mistero e
misticismo, si rileva affascinante. Per questo motivo raggiungo l’antica Cirene (gr. Kυρήνη),
città della sfortunata Libia (più volte attaccata dai Paesi della Nato….) da cui prende nome
la Cirenaica.

La città prese il nome dalla ninfa Cirene, figlia di Ipso re dei Lapiti della Tessaglia. Fu rapita
da Apollo che la trasportò in Libia dove sarebbe sorta la città a lei dedicata.  Cirene diede un
figlio ad Apollo, che prese il nome di Aristeo. Questa è l’aspetto mitologico del sito di
Cirene. Secondo le fonti la città sarebbe stata fondata verso il 630 a.C. dai coloni Greci di
Thera, guidati da Batto. Fu governata per circa due secoli da monarchi che portavano
alternativamente i nomi di Batto e di Arcesilao. L’ultimo monarca, Arcesilao IV fu ucciso
nel 440 a.C. e la città adottò un ordinamento repubblicano. Fu sottomessa ad Alessandro
Magno nel 331 d.C. e dopo la sua morte nacquero numerosi disordini che provocarono
l’intervento di Tolomeo I che la sottomise all’Egitto.
Nel corso del tempo la città si presentò spesso come separata dalla corona d’Egitto. Con il
dominio romano, 75 a.C., la città perse la sua importanza e fu inclusa da Diocleziano nella
Libia Superiore.
Augusto vi fece costruire un tempio dedicato a Zeus che ospitava una replica della celebre
statua del dio realizzata da Fidia.

Statua scomparsa e considerata una delle stette meraviglie del mondo.

Ιάκωβος Φάλκε. Ελλάς, ο Βίος των Αρχαίων Ελλήνων. Κατά το γερμανικό του Ιακώβου Φάλκε, Ν. Γ. Πολίτης (μετ.), Αθήνα, Κάρολος Βίλμπεργκ, 1887
Una statua che si trovava ad Olimpia e descritta da molti autori classici.

Strabone, nel suo “Geografia” riportò come lo scultore Fidia abbia detto a
Paneno, suo collaboratore (insieme a Kolotes) nella creazione del grandioso simulacro,
di aver avuto ispirazione per l’opera d’arte da alcuni versi dell’Iliade (I, 528 – 530)
"Disse, e con le nere sopracciglia il Cronide accennò; le chiome ambrosie del sire si scompigliarono sul capo immortale: scosse tutto l'Olimpo".
Una statua grandiosa se il basamento occupava un’area di ben (6 x 10) m e  superava i
12 metri d’altezza. La testa di Zeus tra l’altro raffigurato seduto in trono, sfiorava
il soffitto. Lo stesso Strabone citò come..
se il dio si fosse alzato in piedi, avrebbe scoperchiato il tetto del tempio.
Un’altra descrizione, molto accurata, fu quella di Pausania.
Zeus reggeva nella mano destra una Nike (simbolo della vittoria) d’oro e avorio,
mentre sulla sinistra teneva uno scettro su cui poggiava un aquila d’oro,
(simbolo della divinità). Il dio indossava sandali e il mantello di lamina d’oro era
decorato con fiori di giglio in pietra dura e pasta vitrea.
Il trono crisoelefantino, anch’esso decorato con ebano e pietre preziose, recava
In rilievo numerose rappresentazioni di ispirazione storica e mitologica,
idealmente collegate alla rappresentazioni presenti nel tempio.

«Il dio, fatto d'oro] e d'avorio, è seduto in trono. Gli sta sulla testa una corona lavorata in forma di ramoscelli d'ulivo. Nella mano destra regge una Nike, anch'essa criselefantina, con una benda e, sulla testa, una corona. Nella mano sinistra del dio è uno scettro ornato di ogni tipo di metallo, e l'uccello che sta posato sullo scettro è l'aquila]. D'oro sono anche i calzari del dio e così pure il manto. Nel manto sono ricamate figurine di animali e fiori di giglio.»

Di Cirene,  o di una località vicina, era natio Simone detto “il Cireneo” cioè l’uomo che fu
obbligato dai soldati romani , durante il Calvario, a prendere su di sé la Croce e a portarla al
posto di Gesù. il sepolcro di Simone fu scoperto a Gerusalemme.
Nel 115 d.C. un cirenaico d’origine ebrea, Lukuas-Andreas, affermò di essere il messia e
provocò delle rivolte che furono represse con forza da Roma.
Nel 365 un devastante terremoto colpì tutta la Cirenaica e fece sprofondare in lare una buona
parte della città di Apollonia, allora porto di Cirene. La capitale della Libya Superiore
diventò Tolemaide e alla fine del VI secolo d.C. la città di Cirene era in completo
abbandono. Questo è solo un piccolo riassunto di quest’importante citta libica  che ha
lasciato importanti testimonianze archeologiche e non solo.
Una missione archeologica italiana  nel 1913  a Cirene riportò alla luce una bellissima statua
la Venere Anadiomene… del II secolo e considerata copia della famosa e perduta Venere di
Cnido di Prassitele. Il recupero della preziosa statua porto anche al recupero del santuario di
Apollo.
Per la Venere iniziò una nuova esperienza di vita perché fu portata in Italia. La Libia era una
colonia italiana e la statua fu collocata nel Museo Nazionale romano di Roma nell’aula
ottagana delle Terme di Diocleziano.

Il 30 agosto 2008 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi consegnò la preziosa statua al
leader libico Mi’ammar Gheddafi. L’opera fu quindi collocata nel Museo di Bengasi.
Gli eventi bellici che sconvolsero la Libia ebbero gravi ripercussioni sulla statua.
Era stata conservata nei sotterranei della Banca Commerciale di Bengasi. La banca fu
assaltata e nel 2011 la statua fu depredata e da quel momento se ne sono perdute le tracce,
sicuramente introdotta nel mercato clandestino delle opere d’arte. Ma non solo… furono
depredati tanti opere di gran valore che costituivano il famoso “Tesoro di Cirene” e che
erano conservato nei sotterranei della banca.
La perdita della statua suscitò in Italia delle polemiche perché fu ritenuta “ non sensata” la
sua restituzione ad un paese con gravi problemi politici.
La restituzione del reperto era inserita nell’azione che il governo italiano aveva intrapreso in
merito ai reperti archeologici esportati  dai paesi d’origine in maniera illegale e quindi senza
un riconosciuto diritto legale. Mi sembra che nello stesso periodo fu  ad esempio
riconsegnato al Museo di Atene il “frammento di Palermo”. Un frammento decorativo del
Partenone che era conservato proprio nel Museo Archeologico di Palermo.
Si trattava del frammento di una scultura in marmo risalente a circa 2500 anni fa  che
raffigurava il piede e parte del vestito della dea Artemide.

Ma perché ho riportato l’antica città di Cirene nella mia ricerca sul Coriandolo ?
In una ricetta dell’antica Roma,  tramandata da Apicio (I secolo a.C. – I secolo d.C.) si
citava:
“Nel mortaio, sbriciolate pepe, cumino, coriandolo, radice di laser, ruta, inumidite con aceto, aggiungete datteri e il fondo del fenicottero brasato…”:
Nelle ricetta ci sono alcuni aspetti da rilevare:
1.      L’uso di spezie conosciute (pepe, cumino, ruta) tra cui il coriandolo oggetto della ricerca;
2.      La presenza del fenicottero. Una a dir poco strana abitudine di mangiare il volatile:
3.      La radice di laser.
Gli archeologi  si chiesero a quale specie botanica appartenesse la radice di laser.
Attraverso un indagine retroattiva nei secoli gli studiosi si resero conto come sulle tavole
greche e romane, era presente una spezia che prendeva il nome di  Silfio e il cui nome latino
era “laser o laserpitium”.
Quest’erba aromatica era molto apprezzata in epoca romana non solo nella gastronomia ma
anche nella medicina. La vediamo nella ricetta assieme ad altri spezie importanti e principi
della gastronomia come il pepe, il cumino, il coriandolo e la ruta, anche se quest’ultima ha
un sapore decisamente sgradevole ed è considerata una pianta tossica. (Sarebbe importante
sapere il suo modo d’utilizzo nella gastronomia romana).
La pianta di Silfio è oggi considerata estinta e quindi ha assunto oltre ad un aspetto
archeologico anche quello di botanica antica.
Il Silfio non fu citato solo da Apicio ma anche da: Teofrasto Ereso, 371 a.C. – Atene, 287
a.C.) filosofo e botanico greco; dal medico e botanico Dioscoride ( Anazarbo, 40 circa d.C.
90 circa d.C.); dal ginecologo Sorano di Efeso (Efeso, 98 d.C. - ?); Ippocrate; da Plinio il
Vecchio, Catone il Vecchio, Strabone e Columella.
Naturalmente lasciarono degli scritti, delle raffigurazioni sulla pianta di Silfio.
Secondo le fonti, in particolare del botanico greco Teofrasto, apparteneva alla famiglia degli
Apiaceae (Ombrellifere) con il coriandolo e la ferula o finocchio gigante (Ferula Tingitana)
presente in gran parte del Bacino del Mediterraneo ed anche in Sicilia dove raggiunge
un’altezza piuttosto elevata con ricca infiorescenza gialla.

Ferula Communis
In Lingua Siciliana “finocchiaccio”

Ferula Tingitana


La varietà più pregiata di Silfio cresceva proprio a Cirene, in un areale ben definito lungo
circa 200 m e largo circa 50 km. Una zona ricca tanto che il commercio di questa spezie fu
un attività molto importante e predominante. Infatti, grazie alla rarità della pianta ed al suo
utilizzo sia gastronomico che medico, raggiunse un prezzo commerciale molto elevato che
fu citato da Plinio il Vecchio
un denario d’argento alla libbra.
La pianta del Silfio,  in considerazione del suo alto valore commerciale, fu impressa nelle
monete della Cirenaica.



Dracma d’argento del 450 a.C. circa, conservata al British Museum

Tetradracma (14,38 g), Zeus ammone e silfio (ex New York XXVII, 2012);

Bronzo - 282-261 a.C. (6,27 g), palma con datteri e pianta di silfio (ex CNG 294, 2013);


Didracma, 300-277 a.C. (6,59 g), testa di Apollo Myrtous e silfio (ex New York IV, 2002);

Bronzo - 282-261 a.C. (3,81 g) testa femminile e silfio (ex Gemini 2011).

La pianta presentava una grossa radice, a fittone, da cui si sviluppava uno stelo robusto ed
alto, con foglioline e piccoli fiori di colore giallo.
Teofrasto, che era un botanico, riportò nel suo “Storia delle piante” come
Il bulbo era tondeggiante, e pieno
La qualità del bulbo e di parte del fusto era data, secondo Dioscoride, dal particolare colore
rossastro e traslucido, simile alla mirra. Dal suo prezioso seme, a forma di cuore,
deriverebbe il simbolo amoroso ancora oggi in uso.
La comparsa di questa pianta affonda nei tempi ed anche nella leggenda. Si parla di circa
due millenni e fu causata da una pioggia scura. A seguito di questa pioggia apparve la pianta
che cominciò a moltiplicarsi. Una pianta quindi spontanea che sia i greci, come i romani,
cercarono di moltiplicare ma senza successo.
L’uso del silfio fu abbastanza diffuso sia in cucina come in medicina.
I gambi (fusti) venivano tostati, bolliti o arrostiti e mangiati come verdure: le radici
venivano mangiate fresche condite con l’aceto. Dal fusto si estraeva un succo che aveva
caratteristiche chimiche particolari. In pochi attimi il liquido passava dallo stato liquido a
quello solido ed era utilizzato per la preparazione di salse e condimenti per la carne (in
particolare la trippa). Allo stato solido veniva invece grattugiato.
Data da mangiare alle pecore o al bestiame, gli animali ne erano ghiotti, la loro carne
diventava tenera e saporita.
Dal fiore si ricavava un profumo.
Il profumo veniva stillato dalle sue fioritura e la linfa veniva seccata e conservata in piccoli
cubetti che venivano successivamente utilizzato per insaporire le pietanze. Opicio, un grande
cuoco romano, utilizzò la linfa secca della pianta con risultati eccellenti.
Dalla pianta molti utilizzi per scopi medici e anticoncezionali.
Era indicato per curare i morsi dei serpenti e dei cani, per gli emorroidi, per la digestione e
come afrodisiaco per stimolare l’erotismo.
Aveva in quest’ultimo caso anche un effetto contrario dato che fu uno dei primi
anticoncezionali naturali, capace di inibire il concepimento prima e dopo l’atto.
Il suo succo era adatto contro la gotta, l’impotenza maschile e la regolarizzazione del flusso
mestruale, il tetano, la cataratta, l’epilessia e le verruche.
Dai romani era infatti utilizzata per ogni tipo di malattia.
(Per le ragadi anali, Plinio il Vecchio consigliava ripetute fumigazioni con la radice
(per i morsi di cani si consigliava invece di strofinare il Silfio sulla parte colpita dal morso.
Lo stesso Plinio sconsigliava l’uso della pianta per gli ascessi dentali)
Il succo veniva usato anche come afrodisiaco o applicato “per spurgare l’utero” cioè con
proprietà abortive..
Fu uno dei primi anticoncezionali naturali, capace di inibire il concepimento prima e 

Una pianta importante per la vita sociale, prova le numerose monete che le sono state
dedicate nel conio, e Plinio il Vecchio raccontò come si volesse fare un omaggio della pianta
all’imperatore Nerone. Fu trovata una sola pianta.
Tempo prima, sempre secondo le fonti, la pianta fu utilizzata da Cesare, ben 111 libre di
silfio, per pagare insieme ad oro ed argento, le spese di guerra. La pianta doveva avere un
certo areale, molto vasto, per raccoglierne 111 libbre ( una libbra circa 500 g).
 In questa ricerca dell’antica pianta di Selfio c’è anche una parte italiana in merito alla coppa
di Arkesilas risalente al 560 a.C.  Una coppa che non fa certamente onore all’Italia per il
modo di gestione dell’importante patrimonio archeologico nazionale.
La coppa di Arkesilas è un kylix ( coppa di vino in ceramica), prodotta da un ceramista della
Laconia (Grecia) noto come Pittore di Arkesilas (il nome del pittore deriva quindi dalla
coppa, un reperto archeologico di grandissima importanza).
La coppa raffigura il re di Cirene, Arcesilai II (Arkesilas), datata 565 – 560 a.C.,  e fu trovata
a Vulci, città etrusca nel territorio di Canino e di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo
nella Maremma laziale.
Dove si trova la coppa ? E’ esposta al Cabinet des mèdailles della Bibliotheque nationale de
France a Parigi (inventario 189) !!!!!!!!!

https://it.wikipedia.org/wiki/Coppa_di_Arkesilas#/media/File:Pittore_di_arkesilas,_coppa_di_arkesilas,_sparta,_565-560_ac._ca.JPG

Il re è raffigurato mentre osserva sette uomini che stanno imballando, pesando e
immagazzinando beni commerciali. Delle iscrizioni indicano più in dettaglio le loro attività
e il nome del re. Non è chiaro quale prodotto o prodotti stiano caricando; alcuni studiosi
suggeriscono che si tratti del silfio, una pianta rara della quale Cirene aveva il monopolio, e
l'attento controllo da parte del re sembrerebbe dare credito a questa ipotesi. Diversi animali
africani sottolineano l'ambientazione africana della raffigurazione.
Per stile e motivo, questo dipinto è unico nell'arte antica. Immagini raffiguranti scene così
connesse con la vita lavorativa sono molto rare, così come quelle raffiguranti Archesilao II.
Estremamente importante per la storia della tecnologia è la raffigurazione delle bilance a
piatti, poiché ne sono raffigurati l'uso e la struttura. Inoltre è importante che tali immagini
siano state prodotte in Laconia, a dimostrare gli stretti legami tra Sparta e l'Africa
settentrionale. Un altro vaso dello stesso pittore, raffigurante la ninfa Kyrene (patrona di
Cirene) che lotta con un leone, fu ritrovato sull'isola di Samo, un alleato di Sparta.

Libia – La Ninfa Cirene

La pianta si estinse malgrado i tentativi, soprattutto romani, di moltiplicazione e
coltivazione. I risultati di moltiplicazione della pianta furono  vani. Probabilmente
alla base dei fallimenti c’erano diversi fattori:
-          la composizione chimica del suolo;
-          la difficoltà di germinazione del seme;
-          l’ambiente climatico,
-          la semina
-          la difficoltà di germinazione del seme;
-          ecc.
Dato il notevole uso che si faceva della pianta,  con la conseguente estirpazione, il
suo destino d’estinzione era segnato.
I fattori che causarono la sua estinzione potrebbero essere molteplici:
-          l’azione dell’uomo con la sua avidità. In quei tempi doveva essere in atto uno sfruttamento intensivo della pianta senza preoccuparsi del mantenimento della specie lasciando magari dei piccoli areali per favorire la propagazione naturale;
-          un pascolo incontrollato. Gli animali gradivano la piante e se ne cibavano di continuo al pascolo. Probabilmente veniva anche falciata per entrare nell’alimentazione in stalle.  Le fonti citarono come gli animali alimentati con la pianta di silfio davano una carne di ottima qualità;
-          distruzione: lo storico Strabone citò l’esistenza di un conflitto tra raccoglitori  e commercianti. Il mercato della pianta vedeva i commercianti arricchirsi a dismisura rispetto ai raccoglitori che probabilmente venivano pagati alla giornata o per quantità di prodotto raccolto e con paghe esigue. Gli stessi raccoglitori, infuriati per questo disuguale trattamento economico, protestarono e distrussero interi raccolti.
-          Distruzione volontaria delle piante da parte di una delle popolazioni dell’interno per creare un forte danno economico alla città di Cirene.
-          Desertificazione del luogo di produzione;

Ogni ipotesi potrebbe essere valida ma un dato è certo. La pianta si estinse verso il V
secolo d.C. e vani furono  i tentativi dei botanici di trovare qualche antico esemplare
dato che la zona, posta in Libia, non è facile da esplorare. Ci fu nel 1800 la Società
Francese di Geografia che istituì un premio per chi avesse trovato una pianta di
Silfio. Ma nessuno  si presentò alla Società per reclamare il premio.
Era una pianta decisamente importante se rientrava nella raffigurazione di monete.
Monete che hanno avuto il merito di fare riemergere una pagina di storia botanica
antica.
Il suo succo resinoso, detto “lacrima Cyrenaica”, che si ricavava dalle radici ed in
parte del fusto, era molto apprezzato e ricercato.
La pianta e il suo succo, suo derivato, fecero la fortuna della Cirenaica
( fonti dal sito :https://www.ilgiornaledelcibo.it/silfio/)
 
https://www.reccom.org/il-silfio-la-leggendaria-pianta-perduta-che-i-romani-utilizzavano-sia-in-farmacia-che-in-cucina/

MOTIVI DELL'ESTINZIONE
Clima: il Maghreb ha subito nel tempo un  processo di desertificazione;
l’avidità dei governatori romani;  Cirene si trovava nella provincia romana “Creta et
Cirene”. La corruzione dei governatori romani fu documentata da Cicerone nelle sue
famose “Verrinae”. Quando la zona fu conquistata ai coloni greci (avevano
posseduto la zona per secoli) i governatori romani estero la coltivazione del silfio
anche in suoli inadatti. Infatti Teofrasto, basandosi su un’altra fonte,  sosteneva che
il tipo di Ferula che veniva chiamato “silfio” ha
delle esigenze così particolari da crescere solo allo stato selvatico e da non
poter essere coltivata con successo su di un terreno dissodato.
Il mirtillo, ad esempio è una pianta che cresce solo allo stato selvatico. Quando si
riesce a fare una coltivazione, la pianta non fruttifica.
Untesi sulla scomparsa della pianta  fu avanzata da uno studioso, J.S. Gilbert,
secondo la quale il prodotto esportato, costituito da una sostanza gommosa, non era
solo il succo della pianta ma una miscela in cui entravano a farne parte gli intestini di
un insetto. Intestini che contenevano una sostanza chimica detta “cantaridina”.
L’ingrediente dell’insetto fu tenuto nascosto dai greci.
I romani conquistarono Cirene e i governatori, una volta preso possesso della
regione, cercarono di scoprire il metodo di produzione del silfio ma senza risultato.
Utilizzarono quindi gli schiavi  per la coltivazione del silfio. Gli schiavi naturalmente
non conoscevano o ignoravano il procedimento con il quale veniva creato il relativo
prodotto.
I romani quindi non riuscirono ad ottenere la stessa qualità del prodotto greco.

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo, STORICO e non sostituiscono il parere medico

La cantaridina è un principio attivo specifico nel trattamento dermatologico delle
verruche. La sostanza si trova nelle elitre di un insetto, Lytta vesicatoria (detto
Cantarice), da cui veniva ricavata in passato.

L’insetto presenta una caratteristica colorazione verde metallico, lungo circa 2 cm,
dalla forma allungata e on una larghezza di circa 1 cm.
Il suo habitat è nell’Europa meridionale mentre è raro nell’Europa centrale. Si trova
anche in Asia e nel Nord dell’Africa.
Vive  sul frassino (Fraxunus excelsior e Fraxinus angustifolia) ma non sul Fraxinus
ornus.
Vive anche sul sambuco, sull’acero, sul pioppo e su altri alberi che rientrano nelle
coltivazioni agrarie. Ne rode le foglie come nell’Olivo di cui rode le figlie arrecando
ingenti danni soprattutto sulle giovani piante distruggendo i giovani germogli e
compromettendo lo stesso sviluppo delle piante.

Il suo nome deriva dal greco “kantharìs-idos” cioè sacarabeo.
Sono gli adulti che si nutrono dei germogli delle piante mentre le larve si nutrono a
spese delle larve degli Apidi e delle loro provviste alimentari.
È proprio dall’animale essiccato che si ricava la droga che ha lo stesso nome
dell’insetto. La sostanza ha un odore sgradevole ed un sapore amaro molto pungente.
Da quello che riportarono le fonti la cantaridina fu usata come revulsivo locale e per
via orale come afrodisiaco e abortivo per la sua azione congestionante a carico degli
organi pelvici.
Efficace revulsivo indicato per alleviare i dolori nevralgici e articolari (lombaggini,
postumi dolorosi di distorsioni e contusioni, ecc.). allevia le tensioni muscolari e i
sintomi di malessere articolari a carico  del colo, spalle e schiena. Entrando nello
specifico si  tratta di un revulsivo cutaneo il cui effetto principale è la stimolazione
della circolazione sanguigna epidermica. Questa azione determina un riscaldamento
della pelle apportando un beneficio negli stati infiammatori muscolari o articolari. Si
tratta di pomate che possono essere utili  anche per la preparazione dei muscoli
prima di un’attività sportiva. Pomate che vengono fatte con erbe officinali come
l’eucalipto, la pianta che più di tutte presenta un alto contenuto di oli essenziali  per
l’azione decongestionante. Importanti anche l’arnica e la canfora (contro i traumi e le
contusioni), l’aglio e lo zenzero (antinfiammatori per avere sollievo da dolori
articolari e contratture muscolari).
Queste creme devo essere usate con moderazione e sotto consiglio medico.

Ritornando alla cantaride, la sostanza può produrre gravi avvelenamenti a causa della
sua elevata facilità del suo assorbimento cutaneo. Una dose di 0,5 – 1 grammo può
portare alla forma grave di “cantaridismo”.
Il principio attivo del farmaco, che si estrae dal corpo degli insetti (coleotteri) adulti
disseccati e polverizzati, sarebbe proprio la cantaridina (C10 H12 O4, anidride
interna dell’acido cantaridinico) e contenuta nel liquido che circola nelle parti molli
dell’insetto.
Il medicinale viene anche impiegato come vescicatorio provocando la formazione di
vesciche a scopo antinfiammatorio, nel caso di malattie come pleuriti, pericarditi e
bronchiti.
Se ingerita ha un’azione afrodisiaca e diuretica.  Infatti fu proposta contro
l’impotenza ma risultò pericolosa perché agiva grazie all’irritazione che provocava
nella mucosa uretrale quando veniva eliminata. È altresì pericolosa per la sua azione
nocive ai reni.
Quindi la cantaridina è tossica per la persona come la Mentha pulegium perché
potrebbe uccidere facilmente un embrione in via di sviluppo. Per questo motivo
veniva usata come sostanza abortiva.
Le erbe medicinali sostengono quindi un industria  farmaceutica ma è anche vero che
queste piante sono, ormai da oltre cinquant’anni, minacciate dai cambiamenti
climatici e dallo sviluppo antropico. Molte delle piante medicinali crescono allo stato
selvatico e solo nel Sud Africa ben 82 piante medicinali sono in pericolo di
estinzione e due sono già scomparse.
Ritornando all’uso della pianta di Silfio  nella cucina romana ‘è da dire che la stessa
cucina romana  è lontana dalla nostra cucina italiana. I romani amavano il forte
contrasto tra dolce e salato. Un esempio tipico è nella salsa “Garum” eseguita con le
interiora del pesce lasciato marcire. Ha delle analogie invece con la cucina cinese
moderna, secondo l’opinione di alcuni storici.
Una delle ricette di Apicio troverebbe una sua realizzazione sostituendo il Silfio
(Illaser) con l’Assafetida ( per fortuna il Fenicottero è un uccello protetto dalla CE)

Scottare il fenicottero, lavarlo e condirlo, metterlo in una pentola,
aggiungere acqua e sale, aneto e un po’ di aceto, da scottare.
Termina la cottura con un mazzetto di porri e coriandolo e aggiungi del
mosto ridotto (poltiglia condensata) per dargli un coloro.
Nel mortaio schiacciare pepe, cumino, coriandolo, radice laser, menta, ruta,
inumidire con aceto, aggiungere le datteri e il fondo (scolatura) 
dell’uccello brasato,addensare, filtrare, coprire l’uccello con la salsa e servire.

Il pappagallo è preparato allo stesso modo.

Apicus 6.231

L’ESTINZIONE DELLE PIANTE MEDICINALI

Le piante medicinali usate in campo medico sono circa 20.000 specie e circa la metà
sono a pericolo d’estinzione per vari motivi:
-          Prelievo massiccio, senza regole;
-          Scomparsa dell’habitat naturale.
Un rapporto dell’IUCN (Unione Mondiale della Conservazione) (del ?) dal titolo “Le
Radici della Vita” è abbastanza chiaro.
La Cina è uno dei primi paesi al mondo nel commercio delle piante e nel suo
territorio si trovano molte piante in via d’estinzione o seriamente minacciate. Una di 
queste è il ginseng selvatico che viene usato da oltre 2000 anni ed oggi inserito nel 
libro rosso delle piante minacciate.
In India molte piante sono in pericolo d’estinzione soprattutto quelle poste nelle 
montagne del Nepal e del Nord dell’India. Molte di queste piante entrano come 
componenti di moderne medicine e molte di esse giungono in Europa dove circa 200
specie di piante medicinale sono oggetto di una vasto giro commerciale.
Il maggiore paese europeo importatore di piante medicinali è la Germania.
Infatti secondo un recente rapporto del network Traffic, organizzazione creata da
IUCN e WWF per il monitoraggio del commercio illegale di animali e piante protette
dalla Convenzione Cites, nel mondo almeno 150 specie di piante medicinali, come 
l'orchidea selvatica o la calendula, rischiano di scomparire per sempre.
La metà di queste piante giungono da Asia e Africa  dove si trovano allo stato
selvatico.
Sempre secondo il network “Traffic” il commercio di piante ed erbe medicinali é un
“business” che a livello globale si stima in circa 500 milioni di dollari, ma solo una
piccolissima frazione di questo profitto va nelle tasche dei piccoli commercianti dei
mercati indiani, di coloro, cioè, che detengono una cultura vecchia di tremila anni.
Per questo motivo le organizzazioni IUCN e WWF stanno cercando di convincere le
grosse compagnie farmaceutiche
a rendere effettivi piani di gestione sostenibile, e assicurare il futuro di queste piante
di importanza globale”.
L’Himalaya da tempo subisce la pressione delle compagnie farmaceutiche per la
ricerca di prodotti (specie vegetali) per la cura delle malattie del XX secolo come
l’AIDS, il cancro ma anche per la crescita in Europa della medicina naturale e
fitoterapica.
Ma anche molte piante medicinali che crescono in Europa sono in via di estinzione a
causa di un prelievo indiscriminato per le industrie farmaceutiche. Da tempo è infatti
in atto un vero e proprio saccheggio delle piante medicinali spontanee che sta
mettendo in pericolo di estinzione molte specie come la Salvia in Albania, il Ginepro
in Bosnia, l’Ortica in Croazia, il Mirtillo e il lampone in Romania.
Il rimedio?
Uno sfruttamento sostenibile delle piante medicinali e aromatiche nell’ambito dei
paesi dell’Este europeo. Una richiesta che fu avanzata all’Unione Europea e
purtroppo non ascoltata.
Il problema dell’estinzione delle piante medicinali ha messo in luce un altro aspetto 
che influisce sulla biodiversità: migliaia di specie vegetali si stanno estinguendo
perché l’essere umano non ne ha bisogno per i suoi usi.
Il discorso è piuttosto complesso perché l’attività umana favorisce la sopravvivenza
di diverse piante e ne porta all’estinzione altre. Volendo ricondurre questo
comportamento umano ad un rapporto matematico si potrebbe mettere in evidenza
come le specie a rischio d’estinzione sono maggiori rispetto a quelle che si
proteggono.
Lo scenario futuro?
La creazione di comunità vegetali omogenee rispetto ad oggi e quindi gravi
ripercussioni per l’equilibrio di diversi ecosistemi.
Uno studio del National Museum of Nattural History dello Smithsonian ha analizzato
lo stato di conservazione di ben 86.592 piante. Queste piante sono state suddivise in
gruppi diversi facendo riferimento all’influenza che subiscono dall’attività umana.
Una classificazione delle piante in due gruppi dalla terminologia, quasi ironica, ma
purtroppo veritiera:

I Vinti  e i  Vincitori

Queste due grandi categorie di piante includono altre sette sotto categorie:
vincitori utili
perdenti utili
vincitori  non utili
vincitori provvisori
perdenti non utili
potenziali perdenti
neautrali

Molte piante sono favorite perché oggetto di selezione da parte dell’uomo  per vari
motivi legati:
all’alimentazione, dalla farmacologia, al legname, per scopi ornamentali, ecc.
Ben 20.000 specie di piante sono risultate invece “perdenti” perché non utili
all’uomo, mentre solo 7.000 rientrano tra i vincitori perché utilizzate dall’uomo.
Tra le specie più a rischio , quelle appartenenti all’ordine delle Cycadales (il più
primitivo gruppo fra le Gimnosperme) e il genere dei Cipressi.
Il risultato finale della “sfida” tra “i vinti e i vincitori” è stato di 3 -1.. in parole
povere i perdenti superano i vincitori.
Sembrerebbe un aspetto superficiale ma in realtà non lo ‘. Questa scomparsa di
specie vegetali determinerà gravi conseguenze nei delicati equilibri degli ecosistemi
in tutto in londo con gravi ripercussioni sull’umanità.
Il motivo ?
Una minore biodiversità vegetale porterà anche ad una minore diversità anche nel
mondo animale, indebolendo gli ecosistemi di fronte ai gravi problemi di
cambiamenti ambientali. Per l’umanità significherebbe per l’umanità una minore
possibilità di trovare fonti alimentari e medicinali che derivano proprio dalle piante.
La soluzione?
Non è facile e soprattutto è molto complessa.
Forse ripristinare gli habitat naturali, incrementare le aree protette, tutelare le specie
più rare e a rischio per preservare la variabilità delle specie vegetali cercando di
poter preservare le specie che si considerano inutili.
(dal sito: 

Molte piante officinali (aromatiche e medicinali) presentano una terminologia
specifica che varia, nell’ambito del territorio nazionale, da regione a regione e che si
estende all’intero pianeta.
 Con la perdita quindi della diversità linguistica si mette in pericolo la conoscenza
delle piante medicinali.
La conoscenza delle piante per i rimedi contro le varie malattie è legata ad una
cultura arcaica  che si è tramandata grazie alle lingue indigene e locali. Con la
scomparsa di queste antiche lingue si mette quindi in pericolo la conoscenza di
queste piante. Si ha la perdita di un patrimonio culturale di grandissima importanza.

Rimedi ricavati dalle piante e la loro denominazione nelle varie lingue indigene. Cámara-Leret et al., PNAS

Con l’erosione del patrimonio linguistico delle popolazioni, che conoscono i rimedi naturali
delle piante, si perde la possibilità di sfruttare quei rimedi a beneficio della salute.
Il 30% dei 7.400 idiomi parlati sul pianeta rischia di sparire  entro la fine del secolo. Questo
perchè è custodito ormai da piccole e sempre più isolate comunità.
 Proprio per contrastare questa silenziosa erosione di cultura e ricordare l'importanza della
diversità linguistica, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il periodo
2022–2032 Decennio internazionale delle lingue indigene.
Il prof. Rodrigo Cámara-Leret, biologo dell'Università di Zurigo, ha studiato tre aree
geografiche caratterizzate da un'alta diversità biologica e culturale - Nord America, nord
ovest dell'Amazzonia e Nuova Guinea - e analizzato oltre 12.000 servizi delle piante
medicinali citati in 230 lingue indigene di queste tre regioni. Con l'espressione "servizi delle
piante medicinali" si intende l'associazione tra una determinata pianta, per esempio il Ficus
insipida, e lo scopo o la parte del corpo per cui viene usata, che nel caso del ficus è
l'apparato digerente. È emerso che oltre il 75% di questi servizi è custodito e trasmesso da
un unico idioma. Perdendo quelle lingue si perderebbe la millenaria esperienza associata a
quelle piante.
Si parla spesso di perdita di biodiversità, molto meno di perdita della diversità linguistica. Eppure,
spiega Cámara-Leret,
«la perdita del linguaggio avrà ripercussioni più critiche sull'estinzione delle conoscenze tradizionali delle piante medicinali rispetto alla perdita delle piante stesse».
Con la scomparsa delle lingue di chi vive a stretto contatto con le piante e ne conosce
gliutilizzi si compromette la capacità dell'umanità di scoprire nuovi farmaci.
Circa 35 mila specie vegetali sono utilizzate a scopo medico. Le industrie farmaceutiche
hanno isolato  migliaia di molecole, riuscendo poi ad ottenerle in laboratorio e a crearne
medicine. Secondo l’OMS il principio attivo del 25% dei farmaci di sintesi in commercio
deriva dalle piante.
Preservare la diversità linguistica significa salvare dall'oblio un patrimonio trasmesso
soprattutto a voce, la cultura di popoli sempre più spesso privati di terre e identità.

……………………………….

Appendice 

*Sangue di Drago
Si tratta di una resina che si ricava da alcune piante (appartenenti a specie
differenti):
Croton, Dracaena, Daemonorops, Calamus e Pterocarpus.
Il primo Sangue di Drago raccolto, secondo antichi documenti, fu prelevato proprio dalla
Dracena Cinnabari endemica dell’isola di Socotra, nell’Oceano Indiano, tra lo Yemen e la
Somalia.

Ma perché la resina è chiamata “Sangue di Drago” ?
Il nome della resina deriva da una leggenda che fu tramandata da Plinio il Vecchio (I sec.
d.C.).
Un grosso e mostruoso serpente azzannò mortalmente un elefante. Nel cadere il grosso
pachiderma cadde sul serpente uccidendolo. Il sangue dei due animali si mescolò originando
la particolare ed esotica sostanza.
Questa particolare resina dal colore rosso si ottiene, in modo naturale, dall’essudazione delle
spaccature del fusto delle piante o grazie alle incisioni operate dagli agricoltori. Un incisione
molto accurata per impedire la morte della pianta.
La resina, una volta essiccata e frantumata, diventa una polvere, dal colore rosso carminio,
leggermente balsamica e dal sapore dolciastro.
Il suo uso ?
Dai Greci la resina era adoperata come colorante e veniva anche adoperata anche nella
laccatura del legno fino alla bruciatura in incenso ed in cosmetica.

Isola di Socotra
https://www.youreduaction.it/wp-content/uploads/2022/01/isola-di-socotra.jpg

Socotra è l’isola principale di un arcipelago costituito da quattro isole ( le altre sono: Abd al
Kuri, Darsa e Samna)  situate nell’Oceano Indiano a circa 300 km dalla costa somala e a 350
km a Sud della Repubblica dello Yemen, a cui appartengono.
L’isola è stata definita come “L’isola misteriosa del passato” per la presenza di una flora e
fauna di grande importanza biologica.  L’arcipelago è infatti Patrimonio dell’Umanità per la
sua incredibile biodiversità e per le rarissime specie vegetali e animali presenti.

Gli abitanti dell’isola di Socotra ( arabi, con minoranze asiatiche ed africane) usano
il “Sangue di Drago” ricavato dalla Dracena Cinnabari per guarire le ferite, gli
eczemi e altri disturbi della pelle. Un rimedio efficace contro queste patologie per le
proprietà coagulanti della resina.
Il “Sangue di Drago” ottenuto invece  dalle piante del genere Daemonorops (nel Sud
Est Asiatico) ha invece delle proprietà anticoagulanti.
Sempre la resina della Dracena viene usata anche per far abbassare la febbre, per
curare le ulcere della bocca e l’apparato gastro-intestinale, e antivirale per le vie
respiratorie.
La resina, diluita in etilene, viene utilizzata in Cina per decorare pannelli e cartelloini
e per la laccatura dei mobili.
Si dal XVII secolo viene utilizzata dagli artigiani liutai italiani per rifinire i violini e
altri strumenti ad arco. Ancora oggi viene usata per la laccatura degli strumenti
musicali e nel restauro dei mobili e delle cornici dei quadri, nelle fotoincisioni e
anche come olio per il benessere del corpo
In India la resina viene adoperata come incenso matrimoniale mentre nella magia
popolare afro-americana, la resina (Sangue di Drago) è utilizzata per attirare denaro
ed amore e come incenso per liberare i luoghi da influenze negative.
La piante da cui viene stratta la resina sono quindi:
-          Daemonorops draco, una palma originaria della Malesia e dell’Indonesia. Da questa pianta si produce la maggior parte della resina che oggi è in commercio;
-          Dracaena cinnabari, dell’isola di Socotra (ad est della Somalia);
-          Dracaena draco, delle isole Canarie;
-          Croton draco, in Messico;
-          Croton lecheri, in Perù ed Ecuador, dove la resina viene usata per curare le ferite e come astringente.
Come abbiamo visto il prodotto vegetale serve a combattere le infezioni e a guarire
le ferite.
Un azione svolta grazie alla concentrazione di Taspina e di polifenoli nella resina che
facilitala formazione di croste e alla rigenerazione della pelle, favorendo la
produzione di collagene.
Quindi viene adoperato anche nelle ustioni, eruzioni cutanee e psoriasi.
Sul modo d’azione della Taspina e dei polifenoli importanti riferimenti sono
contenuto nel sito:
Nello stesso sito è riportata l’utilizzo della resina nell’igiene dentale.

**Polvere di Benzoino

La  resina di benzoino è una sostanza gommosa che si ricava  da due alberi:
-          Styrax benzoin;
-          Styrax tonkinensis.
La resina è detta anche “incenso di Java” o “gomma beniamin” e non bisogna
confonderla  con il benzoino che è presente nell’olio della mandorla amara.

Lo Styrax benzoin è una pianta che cresce spontaneamente nei territori del Sud-Est
Asiatico e negli stati a regime tropicale come il Laos, la Cambogia, il Vietnam, Cina,
Thailandia e Sumatra.
L’estrazione dalle piante dell’importante resina si realizza in due periodi ben distanti
tra loro.
Nei mesi di giugno ed agosto le piante vengono praticate delle incisioni superficiali.
Dalle incisioni fuoriesce la resina liquida che, naturalmente a contatto con l’aria, si
solidifica.
Nel secondo periodo, da dicembre a marzo, al termine della stagione dei monsoni, la
resina solidificata viene raccolta e trasportata nei  luoghi di lavorazione.   La pianta
viene in genere sfruttata per circa 15 – 20 anni e fornisce un prodotto di circa ½ chilo
all’anno.
 Naturalmente come ogni pianta anche il benzoino (Styrax benzoin), perchè era
conosciuta sia dai Greci che dai Romani. Sembra che dai Romani veniva impiegata
come incenso nelle funzioni religiose oltre che come medicamento e  componente di
profumi e pomate.
Nel medioevo, sembra che venisse adoperata per la conservazione degli alimenti
perché aveva la capacità di ritardare l’irrancidimento degli alimenti (veniva
mescolato con il burro) e per la mummificazione dei cadaveri.
I sultani arabi donavano ai dogi veneziani la resina e sembra che sia stata introdotta
in Occidente verso il XV secolo grazie agli speziali.
 Una resina quindi dalle grandi proprietà usata in profumeria, in fitoterapia ed anche
come olio.
Contiene il benzoato di coniferile che viene impiegato nel trattamento di dermatiti,
come antisettico cutaneo, dell’herpes simplex labiale, psoriasi, come antisettico
dell’apparato respiratorio, balsamico ed espettorante.
Viene infatti anche inserito nella composizione di sciroppi per la tosse e la sua
inalazione è indicata in caso di laringiti (?) e faringiti (asma, bronchite e sinusite).
Dà sollievo nel trattamento di geloni e ragadi e viene adoperato anche su ulcerazioni,
eczemi, macchie della pelle, ustioni e scottature. Sempre la resina è in grado di
attenuare smagliature e rughe.
 L’olio funge da tonico, ansiolitico ed antidepressivo. Il suo leggero odore balsamico
di vaniglia, sarebbe capace di combattere stanchezza, stress ridando energia.
 La resina viene anche usata nella produzione di incenso (in particolare nelle chiese 
in Russia e in quelle cristiane ortodosse orientali) e in profumeria, per il suo delicato
aroma simile alla vaniglia e per le sue proprietà fissative. Entra quindi nella
composizione dei profumi come fissativo perché è in grado di rallentare la
dispersione degli oli essenziali e di altri componenti tipici della fragranza di un
profumo.
Un derivato della resina viene anche utilizzato come agente protettivo del legno
perchè velenoso per l’insetto Anobium punctatum (il Tarlo del Legno). Il benzoino è
uno degli elementi che compongono le vernici per la funzione fissativa, lucidante e
di protezione.
 Non so se corrisponda al vero ma la resina viene anche adoperata nella preparazione
di cioccolati, gelati, chewing gum, e tabacchi persigarette.
 Dal sito:
https://www.tuttogreen.it/benzoino-proprieta-benefici/#:~:text=Benzoino%3A%20una%20resina%20dalle%20incredibili,in%20fitoterapia%20e%20come%20olio&text=La%20resina%20di%20benzoino%20%C3%A8,benzoin%20e%20del%20Styrax%20tonkinensis.
Per iniziare la giornata con positività, versatene 2-3 gocce sulla spugna della
doccia. In alternativa, per scacciare malumore e tristezza, mettetene 5 gocce nel
brucia-essenze o preparatevi un bagno tonificante con 10 gocce. Da emulsionare
agitando forte l’acqua. Immergetevi per almeno 10 minuti.
La resina di benzoino viene indicata per allontanare ansia, stress, depressione e
malumore
Usate 10 gocce di olio essenziale mescolate a 100 ml di olio essenziale di
elicriso pero dare sollievo alla pelle irritata, soprattutto dei piedi e delle mani.
Allo stesso modo, per contrastare il prurito, potete realizzare un mix di 30 ml di olio
di iperico e 5 gocce di olio essenziale di benzoino da tamponare sulla parte.

 Essiccazione del Coriandolo

Il Coriandolo coltura da reddito?

Su internet sono presenti alcuni siti che evidenziano come la coltura del coriandolo
abbia registrato nel 2016 ai coltivatori dei guadagni da record.
Nel sito:
si rileva come la coltura abbia una sua richiesta nei mercati internazionali ed è
tutelata dalla Società “Anseme”.

https://www.anseme.com/it/
Conosciuta in tutto il mondo, ANSEME è una delle aziende leader in Italia nel settore della produzione di sementi. L'azienda è stata fondata nel 1952 e dal 1977 è gestita dalla famiglia Urbini.
Con lievi variazioni annuali, ANSEME coltiva le sue sementi con 1500 coltivatori, su una superficie totale di 2500 ettari di terreno.

L’Azienda stipula con gli agricoltori dei contratti di coltivazione e la coltura si è
estesa in varie regioni d’Italia: Emilia Romagna, Puglia, Umbria, Abruzzo, Molise,
Veneto, Toscana e Lazio.
I risultati produttivi (almeno nel 2016) furono ottimi.
Quali sono i fattori che contribuirono al successo della coltura?
Per dare una risposta penso che si fondamentale dare uno sguardo alle caratteristiche
agronomiche e al mercato del coriandolo.
Caratteristiche agronomiche:
-          Terreno: arato e raffinato;
-          Semina:  da Novembre a Marzo con seminatrice meccanica o pneumatica- 15/30
cm tra le file e 2/3 cm sulla fila;
-          Raccolta: Luglio – Agosto
-          Trebbiatura:  si effettua con trebbie tradizionali con testata da grano, e in questo caso l’agricoltore deve essere  anche attrezzato per staccare il seme in attesa che venga ritirato il raccolto. 
Alla base della messa in coltura del coriandolo c’è un contratto di produzione con l’azienda. Un passo fondamentale per dare  tranquillità all’agricoltore sia per il ritiro del prodotto così come per la sua quotazione eliminando tutte quelle varianti che incidono sull’andamento del mercato di riferimento.
Naturalmente il prezzo viene prefissato prima della semina.
In merito ai guadagni c’è da dire, sempre in riferimento al 2016, come i redditi furono buoni e competitivi.
Le rese variano tra 1,5/2,5 t/ha di seme e con un prezzo del seme intorno ai 60 euro/q e la PLV sui 1300 euro/ha.
Il seme per la semina viene fornito e consegnato gratuitamente.
La coltura s’inserisce senza particolari problemi nelle rotazioni per evitare il ristoppio dei cereali.
Non so se la norma è ancora oggi valida,  ma la coltivazione del coriandolo otteneva gli aiuti della PAC cioè i pagamenti diretti, con la prima pratica del greening, relativa alla diversificazione, che prevede appunto l’obbligo della terza coltura per le aziende con seminativo superiore a 30 Ha.
Semina molto rustica
Resistente agli attacchi parassitari e alle fitopatie
Non ha particolare esigenze di terreno e si adatta a tutti i tipi di terreno
Quindi tecnica di coltivazione molto semplice e con impatto ambientale nullo
Per le aziende che coltivano il grano la coltivazione del coriandolo è auspicabile dato che le attrezzature per il coriandolo da seme sono le stesse . questo è un aspetto importante perché abbassa i costi di produzione.
 L’irrigazione, la disinfestazione del terreno o trattamenti fitosanitari non servono per la coltivazione del coriandolo da seme e questo elimina diversi passaggi, ore di lavoro e manutenzione.
Questa coltivazione non sia attaccata dagli animali selvatici circostanti, di fatto l’odore del coriandolo da seme risulta sgradevole ai cinghiali  ed ungulati.
L’interesse per la pianta di coriandolo è in crescita in tutto il mondo e quindi si potrebbe considerare come un interessante fonte di guadagno economico.
Ha le caratteristiche di coltura estensiva (l'insieme di tecniche agronomiche che tende ad ottenere il massimo di produzione per unità di persona impiegata) in diverse regioni del Nord Italia. Dal 2003 al 2013 la coltivazione del coriandolo (insieme a quelle dell’anice, dell’anice stellato ed al finocchio) è  crescita del 32,5% ((Fonte dati Ismea nel rapporto dell'Osservatorio economico del settore delle piante officinali, 2013). Nel 2015 la superficie interessata a coriandolo è stata di circa 20mila ettari.   
Interessante la relazione dell’Azienda “ANSEME” (già citata nella ricerca) che nella sua relazione riportata da “AgroNotizie” riferì:
"La coltivazione del coriandolo da seme è particolarmente semplice e l'impatto ambientale è minimo. E' una pianta molto rustica e con esigenze pedoclimatiche decisamente poco impegnative. Da anni numerose aziende agricole coltivano per nostro conto questa ombrellifera, ricavando redditi soddisfacenti rispetto alle colture cerealicole ed oleaginose. Sono diversi i fattori positivi che ne hanno determinato lo sviluppo: è una coltura a contratto con prezzo prefissato prima della semina (si elimina così il rischio legato all'andamento oscillante tipico delle commodity), è un'ottima miglioratrice del terreno (rientra nelle principali rotazioni colturali), la sua coltivazione è riconosciuta per la domanda della Pac, non richiede particolari interventi di difesa essendo molto rustica, ha un ciclo colturale breve (semina ottobre-novembre e raccolta luglio-agosto), è totalmente meccanizzata (con le stesse attrezzature usate per il grano) ed ha costi colturali contenuti (visto anche che normalmente non va irrigata)". Anseme ricorda che il seme necessario per la semina viene fornito e consegnato gratuitamente, in base ad accordi, permettendo così all'agricoltore di concentrarsi solo sulla produzione.
"Il nostro percorso all'interno del settore del coriandolo da seme ha radici profonde - continua Anseme -. Le regioni in cui stiamo investendo sono Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Marche, Puglia, Umbria, Abruzzo, Molise, Veneto, Toscana e Lazio. Nel 2018 gli ettari da noi coltivati a coriandolo da seme sono stati oltre 10mila. In questo momento la domanda dei mercati internazionali è in crescita e questo ci permette di ipotizzare un ulteriore aumento nei prossimi anni".

Il coriandolo da seme è una buona opportunità: guadagno e sostenibilità i punti forti
(Fonte foto: © Hans - Pixabay)

Al momento il coriandolo suscita un interesse ridotto nel consumatore del nostro
paese. Più del 90% della produzione made in Italy del coriandolo è destinata
infatti ad essere esportata in Asia, dove il raccolto italiano è apprezzato per la
sua elevata qualità
La tecnica colturale prevede: Preparazione del letto di semina con due passaggi.
Concimazione in post emergenza con nitrato ammonico. Semina con 10 kg seme /ha.
costi di produzione del coriandolo da seme sono abbastanza bassi: si stima che sia
inferiore di circa 300-400 euro/ettaro rispetto a quelli del frumento duro e del
frumento tenero e con limitate anticipazioni di denaro. In Italia, in condizioni di
normale gestione, la resa varia tra 15 e 25 quintali/ettaro: valore che permette
di ottenere una Plv di circa 1.000-1.500 euro/ettaro, visto che il seme viene venduto
intorno ai 60 euro/quintale. Non dimentichiamo che le piante, avendo poche foglie,
tendono ad avere una buona resistenza ai venti ed alle piogge riducendo al minimo il
problema legato all'allettamento tipico di grano, mais, sorgo. 
Quando raccogliere i semi di coriandolo
Quando le foglie tendono al giallo allora è il momento giusto per raccogliere i
suoi semi: bisogna estirpare la pianta ed essiccarla in mazzetti per qualche giorno in
un luogo ombreggiato e ventilato. Poi batterla per ottenere i semi. Quelli più grandi
si possono seminare l'anno successivo.
Quanta acqua dare al coriandolo?
I semi di coriandolo hanno bisogno di molta umidità per germinare, quindi assicurati
di innaffiarli spesso. Hanno bisogno di circa due dita d'acqua per settimana.
https://agronotizie.imagelinenetwork.com/materiali/Varie/Image/Coriandolo/Coriandolo_Pianta_Anseme.jpg

https://www.anseme.com/images/stories/Coriandolo2/fioritura.png

Coriandolo e api - Albarese - Grosseto
http://notizie.comuni-italiani.it/wp-content/uploads/2013/07/Alberese-july13-0501.jpg

https://www.edendeifiori.it/wp-content/uploads/Coriandrum-sativum-da-attribuire.jpg




https://www.idroponica.it/blog/01-21/coltivare-il-coriandolo-la-guida.html

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero nonessere accurate. 
contenuti hanno solo fine illustrativo, STORICO e non sostituiscono 
il parere medico
La buona norma da seguire sempre è quella della precauzione d'uso e di rivolgersi sempre al proprio medico per il suo parere.






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