Cassibile - L'Armistizio "breve o corto" del 3 settembre 1943 - Il maniero fortificato di San Michele
un antico feudo della baronessa Aline Grande.
Famiglia Grande
Antica ed assai nobile famiglia del Regno delle Due Sicilie, conosciuta come Grande o de Grandis, di chiara ed avita virtù, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d’Italia. Secondo quanto viene tramandato da storici ed araldisti, fu suo capostipite un Leone, cavaliere romano, che al tempo dell’Imperatore Ottone I fu soprannominato “Il Grande” per i suoi molti meriti militari. I suoi discendenti presero quindi a cognominarsi in tal modo. Il primo che portò la famiglia in Sicilia fu però un Luca de Grandis, anch’egli gentiluomo romano e discendente del predetto Leone, che, passato nel reggimento di Federico II, ebbe in ricompensa il godimento della città di Siracusa per tre anni. Egli si casò con la figlia di Pietro d’Ancona, nell’anno 1305, stabilendo la sua discendenza proprio in Siracusa. I suoi successori ebbero sempre le più importanti cariche ed uffici cittadini fra cui un Giacomo fu giurato di Siracusa nel 1412.
Il Feudo San Michele sarebbe appartenuto a Matteo I Moncada (Montecateno) conte di Augusta che il 15 aprile 1343 sposò in prime nozze Giovanna Peralta d’Aragona, figlia del conte Raimondo Peralta, Conte di Caltabellotta, e della infante Isabella, figlia del re Federico III d’Aragona, che gli portò in dote 2.000 onze.
Dal matrimonio nacquero:
- Guglielmo Raimondo (marchese di Malta e Gozo). Sposò in prime nozze Beatrice Alagona Palizzi, figlia di Giovanni, conte di Novara, da cui ebbe cinque figli, e in seconde nozze Stefania Carroz Lauria, figlia di Francesco, ammiraglio catalano, dalla quale ebbe due figli;
- Giovanna che sposò Giacomo di Prades, signore di Caccamo
- Costanza, moglie di Blasco II Alagona, conte di Mistretta.
Matteo Moncada, dopo la morte di Giovanna Peralta, che risultava ancora vivente in data 21 aprile 1352, sposò in seconde nozze Allegranza Abate d’Arbes, figlia di Enrico Abbate, signore di Favignana.
Tra il Moncada, allora ammiraglio, e la giovanissima Allegranza, ci doveva essere una grande differenza d’età.
Dal matrimonio nacquero:
- Pietro, barone di Troina;
- Elvira (Albira) che sposò Antonio Ventimiglia conte di Collesano;
- Antonio, postumo cioè nato dopo la morte del padre, II conte di Adernò. Sposò Agata Chiaramonte Ventimiglia, figlia di Matteo, conte di Modica. Non ebbero figli.
(figlio nato dal matrimonio con la Peralta)
.. eccettuata la Contea di Adernò e Centorbi dei quali volle erede particolare
il postumo nascituro Antonio Montecateno.
con l’obbligo di servire un cavallo armato….
somma di 20 onze con l’obbligo del servizio militare…
alla madre Margherita l’usufrutto del feudo Murgo, del territorio di Lentini.
guerre existentis inter barones regni per dictum dominum testatorem»
per il male offerti per alcune depredazioni commesse in passato
all'epoca della guerra esistente tra i baroni del regno dal detto signore testimone"
a Siracusa onze 600..
a Palazzolo onze 400…
ad Avola onze 100…
a Buscemi onze 50….
a Ferla onze 100….
e a Lentini onze 600.
Fu un importante figura politica e militare nello scenario storico del XIV secolo.
Nel 1353 fu nominato siniscalco del Regno di Trinacria dal re Ludovico (il Fanciullo), una carica che mantenne fino al 1363.
Il suo titolo di Conte di Augusta risalirebbe al 1354 quando gli fu concessa la Contea di Augusta che era appartenuta al padre Guglielmo Raimondo Moncada Alagona (la madre fu Margherita Sclafani d'Incisa). La Contea era stata sottratta a Guglielmo Raimondo dai Chiaramonte.
Sempre nel 1354 Matteo I Moncada fu coinvolto in un litigio per la successione sul possesso delle contee di Adernò e di Sclafani.
Alla morte del nonno materno Matteo Sclafani nacque un litigio legale con i cugini Matteo e Guglielmo Peralta figli della zia (sorella della madre) Luisa Sclafani Calvellis.
La controversia giuridica durò ben 39 anni e si concluse con l’assegnazione ai Moncada della Contea di Adenò e Centorbi (Centuripe) di cui sarà investito il figlio di Matteo I, Antonio nel 1393. (Il conte Matteo I era già deceduto da tempo).
Nel 1359 Federico IV lo nominò vicario e captano generale del Ducato di Atene fino al 1362. Nel 1363 gli furono assegnati il Ducato di Neopatria dove uno dei suoi luogotenenti, Pietro de Pou, scatenò la rivolta contro di lui a Tebe costringendolo alla fuga. Il Moncada fu reintegrato nel 1364 e mantenne la carica fino al 1367. La Corona d’Aragona gli assegnò le signorie di Argo e Corinto come premio per la difesa della sua sovranità sulle due province greche contro gli attacchi nemici del 1364.
Successivamente gli furono concesse anche delle baronie ( Fiumesalato (1363), Curcuraci (1370) e Sortino) e 500 onze annuali sul porto di Augusta e sul caricatore di Bruca (Brucoli).
Nel 1370 il re di Sicilia Federico IV (Il Semplice) assegnò al Conte di Agosta e ai suoi eredi, sotto servizio militare, i proventi annualmente dovuti per la sovvenzione regia nella terra di Augusta ed Altavilla e nel casale Melilli.
Nel 1374 la regina Antonia Visconti gli concesse, in perpetuo a lui ed ai suoi eredi come vitalizio, il Pantano Salso con fiume nel territorio di Lentini. Privilegio che fu confermato dal marito della regina Federico IV nel 1375.
(Sembra che il Feudo sia successivamente passato alla famiglia Gravina, Platamone ed Arezzo. Trasferimenti che dovrebbero essere verificati).
- Giovanna Bonanno Moncada, figlia di Orazio Bonanno Gioeni e di Maria Moncada, sposò Giovanni Gravina dei Baroni di San Michele. Il loro unico figlio morì dopo poche mesi;
- Ignazio Sebastiano Gravina, figlio di Ferdinando Francesco Gravina e di Costanza Amato, sposò in seconde nozze Lucrezia Gravina dei duchi di San Michele. Investitura il 7 agosto 1686;
- Francesco Platamone, figlio di Antonio Platamone sposò Eufemia Arezzo dei Baroni di San Michele e in seconde nozze Francesca Morini dei Duchi di Gualtieri, fu principe di Rosolini con regio diploma del 20 Ottobre 1673;
Durante il secondo conflitto mondiale, nel luglio 1943, la località di Cassibile diventò il luogo di sbarco degli Alleati e cioè dell’VIII Armata britannica.
L’operazione di sbarco era denominata in codice “Ladbroke” (“Il ragazzo si è rotto”) e prevedeva dei lanci aviotrasportati inglesi che si dimostrarono fallimentari. Il piano d’invasione inglese prevedeva la sbarco nella zona denominata “George Break”, corrispondente alla spiaggia di Fontane Bianche ed esattamente presso “Scoglio Imbiancato”.
Le truppe di sbarco erano costituite dal 2° battaglione Raoyal Scots Fusiliers e dal 6° battaglione del Seaforth Highlanders, entrambi facenti parte della 17° brigata e di appartenenza alla 5° divisione fanteria britannica del maggiore generale Horatio Berney - Ficklin. Nella notte tra il 9 ed il 10 luglio 1943 dalle navi da sbarco dell’8° armata scesero i mezzi da sbarco e i soldati che approdarono sulla costa intorno alle ore 2,25. A causa del vento e del mare agitato approdarono nella spiaggia tra la foce del fiume Cassibile e “Punta del Cane”. C’erano stati tre giorni di scirocco che non resero facile l’approdo. Tante navi… così numerose che un ragazzino all’alba del 10 luglio del ‘43, affacciatosi a vedere il mare dalla collina, esclamò....
Intorno alle ore 3,00 sbarcò la prima truppa della 3° “Army Commando” (parte della British Commandos) presso lo “Scoglio Imbiancato” posto, come abbiamo visto dalla mappa, a Fontane Bianche..
Scesero a terra circa 180 commandos e poco dopo, alle ore 4.00 scese a terra una seconda truppa, sempre dell’Army Commando e una terza ondata approdò all’alba nella spiaggia di Fontane Bianche.
Insieme ai Commandos sbarcò alla foce del fiume Cassibile anche uno squadrone del SAS (il 1° squadrone del 2° reggimento). Si trattava di militari originari del Sudafrica britannico. Questo squadrone in poco tempo riuscì a conquistare il ponte di Cassibile (sull’omonimo fiume), importante punto di collegamento perché posto sulla SS115.

Sempre alle ore 3.00 sbarcarono, tra le spiagge “George” (Fontane Bianche) e la How (Punta del Cane / Foce del Cassibile), i primi carri armati “M4 Sherman” della 4th Infantry Brigade and Headquarters North East (soprannominati "The Black Rats"; "I Ratti Neri"), con il 3rd County of London Yeomanry.

Lo squadrone B degli Sherman si unì al 2º battaglione Northamptonshire Regiment (17ª brigata) e marciò con essi verso Siracusa, mentre lo squadrone C di questi carri armati venne diretto verso Floridia. Il resto della brigata sarebbe sbarcato l'11 luglio.

I militari italiani affrontarono una battaglia impari. La forza militare era costituita da un unico battaglione che dovette affrontare ben 10 battaglioni inglesi.
Altro aspetto negativo fu la grave dispersione delle forze italiane che difendevano un territorio molto ampio (circa 40 km di costa) con risorse umane e armamenti insufficienti.
Un caposaldo, presidiato dall'80ª batteria di masseria Scatà, nelle immediate vicinanze del bordo di Cassibile, venne conquistato da un plotone di aliantisti (finiti nel sito per un errore di lancio). Vi fu una lotta con gli italiani e alla fine tra i difensori ci furono 6 morti, 6 feriti e 40 prigionieri (tra costoro diversi decorati).
Anche Torre Cuba venne assalita dalle forze della 1ª AD, insieme ad altre forze della 17ª brigata. Una torre presidiata da circa 50 soldati italiani, i quali resistettero da soli per diverse ore e cedettero le armi solo quando vennero sopraffatti dai commandos.
La spiaggia di Fontane Bianche cadde in mano degli scozzesi, che faticarono per fiaccare la resistenza del presidio composto da 26 uomini, 13 dei quali vennero uccisi. Il fortino di Foce del Cassibile venne investito dalla forza dei commandos e del SAS: qui caddero 7 italiani.
Le notizie sono scarse. Lo storico Giuseppe Agnello ci ha lasciato alcune notizie storiche su questa torre:
Il campo di volo era stato costruito agli americani nel luglio 1943, pochi giorni dopo la sbarco in Sicilia ed utilizzato, quindi, dagli Inglesi Beaufighter della caccia Notturna”. A settembre arrivarono gli aerei americani sempre della “Caccia Notturna” e i canadesi del No. 417 Squadron (No. 244 Wing).
L’aeroporto venne abbandonato definitivamente alla fine di novembre dello stesso ano e spostato a Montecorvino per seguire l’avanzata dell’offensiva bellica lungo la penisola italiana. Il sito finì nell’oblio per tre motivi:
2) le piastre mobili (P.S.P.) usate per la costruzione della pista furono rimosse dagli americani al momento di trasferire le base;
3) l’antica torre usata come Torre di Controllo nel 1956 crollò, come già riportato, a causa di una violenta tromba d’aria.
una piccola basilica tricora di epoca bizantina.
Un aspetto che rendeva difficile l’identificazione del sito era legata alla modifica strutturale della Torre Cuba. Le foto dell’epoca mostravano la Torre integra ma nel 1956, a causa di una tromba d’aria, venne danneggiata in modo grave rendendo così difficile la sua identificazione.
Oggi della torre restano il basamento ed il piano rialzato. Ma la struttura, oggetto di un attento restauro da parte dei proprietari, permette di riconoscere i balconcini del primo piano e l’ingresso con i suoi merli, aspetti che si ritrovano nelle foto scattare dagli inglesi.
Vicino alla Torre Cuba c’è un’altra torre detta “Tonda”, che presenta una fattura simile nella costruzione dei merli e forse risalente al Cinquecento.
La caduta di questo presidio si collegava con quella, altrettanto importante, dell’entroterra di Ognina a Siracusa
Nella contrada di Santa Maria Longarini era presente un antico maniero fortificato, denominato di San Michele, e residenza della famiglia Grande, nobili originari di Avola.
La struttura era una masseria fortezza circondata da fossati ed una sera il Conte Corrado Paolo Grande Benoit de Sainte Colombe (di padre avolese e di madre francese) aprì la porta ad un gruppo di paracadutisti indiani (lanciati da alianti). Appartenevano alla “British Indian Army” comandanti dal generale Bernard Law Montgomery.
I soldati gli dissero…
La struttura venne quindi requisita dagli Alleati che gli diedero in nome di “ Fairfield Camp” (Campo giusto?) e consentirono al conte e alla moglie Aline di poter rimanere tranquillamente nel maniero.
La residenza cominciò a divenire quindi il luogo d'incontro degli alti ufficiali anglo-americani.
Poi sentimmo bombardamenti e ritornammo di nuovo al rifugio.
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[…] Allora tutta la notte c’erano dei bombardamenti sopra le tegole, schegge, cose, c’era “ ‘u iocu-focu”.Io mi spaventavo, avevo dodici anni, ero piccolina e allora cosa ho fatto: ho riempito due sacchi di paglia e li ho messi sotto il letto perché arrivavano le schegge sul tetto. Sotto il letto c’eravamo io, mia cognata e mio fratello che ci trovavamo a Spinagallo, vicino al mare, nella nostra tenuta.[…] Verso le cinque di mattina nostro zio, quello che ci accudiva gli animali, ci venne a dire: ragazzi, ragazzi, alzatevi che gli inglesi sono arrivati tutti qua nella strada per Floridia! E mentre tutta la notte bombardamenti che fuori sembrava chiaro, tutto chiaro come quando fanno i tuoni.[…] Poi sono venuti dei nostri amici dalla Fanusa (contrada tra Fontane Bianche ed Ognina) con tutti i loro animali, carri; hanno buttato gli animali nella nostra tenuta e ce ne siamo andati tutti nella grotta di Spinagallo. Nel momento era tempo che si "pisava" il frumento e noi avevamo tanto frumento nell’aia, minimo c’erano cinque ettari di frumento. Non li ha presi nessuno! La gente pensava per la sua pelle e se ne andava nella grotta a cominciare da me per prima. La grotta era sporca che c’erano state tante pecore a dormire. Verso le 10.00 abbiamo visto sulla strada per Floridia tutta la squadriglia dei soldati che andavano avanti, prima un gruppo, poi un altro gruppo, tanti gruppi c’erano. Io mi sono spaventata! La grotta era in alto e la strada dove erano loro era sotto. Loro avevano i cannocchiali, ci hanno visto e sono venuti là. Allora tutti quelli che eravamo dentro la grotta ci siamo messi fuori con le braccia alzate e ci hanno perquisito; mentre c’erano due ragazze americane che erano di Cassibile però erano vissute in America che sapevano parlare la lingua americana e li hanno calmati.[…] Poi frugarono tutti gli angoli della grotta per vedere se c’erano persone nascoste e infine se ne andarono.
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Verso le quattro di mattina ci fu un subbuglio di navi e aerei. Verso le cinque, i soldati italiani scapparono e vennero nella grotta dove eravamo noi che volevano aiuto e si volevano “spogliare”. Gli americani poi sono arrivati al nostro rifugio e spararono ad un signore che era con noi, poverino , ora non c’è più! Un certo Lentini. Verso le sei, ci hanno messo in fila come i militari e ci hanno portato verso Fontane Bianche. Tutti prigionieri, ci hanno fatto accampare in un mandorleto lì all’aria aperta e mentre gli apparecchi tedeschi che mitragliavano di sopra, per noi era la fine! Il mare era un’immensità di navi, carri e “palloni frenati,” così li chiamavano. Terribile ricordare quei giorni che sono stati i più difficili della vita oltre la fame e la disperazione che c’era! Verso mezzogiorno ci hanno riportato a Cassibile tutti incolonnati a cui si aggiungeva altra gente che non so da dove veniva. Poi vedendo che non c’era niente, ci hanno lasciati liberi e ognuno siamo ritornati nelle nostre case.
Lo sbarco non creò grossi problemi a Cassibile; gli inglesi rispettavano la popolazione, i più turbolenti erano i negri, i soldati di colore del Sudafrica, c’erano gli aborigeni australiani, gli indiani che facevano tutti parte delle colonie inglesi. Erano questi che cercavano di molestare la popolazione, in particolare le ragazze, ma gli inglesi non volevano assolutamente e se li pescavano li bastonavano per bene, li punivano. Sono stati accettati più come liberatori che come invasori perché si sono comportati bene con la popolazione.
[…] A Cassibile abbiamo incontrato questi americani che erano alloggiati nelle campagne, sotto le piante delle mandorle e ci hanno offerto delle scatolette, ci hanno offerto tante cose, non lo immaginavamo! […] Poi c’era questo amico mio che doveva andare in campagna verso Siracusa e sono andato con lui. Camminando abbiamo incontrato i “police”, la polizia americana; ci hanno fatto fermare, ci hanno fatto “spaiare” il mulo e ce l’hanno tolto e ce ne siamo dovuti tornare a Cassibile senza carretto e senza niente. Poi dopo quattro giorni ce lo hanno dato. Sempre, ripeto, questi americani ci hanno accolto con tanto amore.
[…] Sono stati abbastanza pacifici e poi ci davano a tutti da mangiare, non lo so da dove lo prendevano, ma quanto ne avevano! Scatolette di carne dai tre ai quattro chili che noi la sconoscevamo. Quando l’ho portata a casa l’abbiamo mangiata senza riscaldarla.
[...] La mattina stessa questi paracadutisti sono sbarcati e sono venuti a visitare l’azienda del marchese. Noi vedendo questi americani armati con mitragliatrici, cose, ci siamo avvicinati e gli abbiamo fatto l’incontro invitandoli verso il caseggiato della marchesa. Non ci hanno maltrattato. Arrivati alle case, là c’erano dei recipienti di vino vecchio e noi li abbiamo invitati a bere vino, ci abbiamo fatto una festa. Loro – dice – no, no, noi no bere! Bevete prima voi? Così abbiamo bevuto e poi si sono avvicinati loro ad assaggiare questo vino. Certo il vino era eccellente e dato che gli è piaciuto si sono “allegrati” di vino e poi sono usciti fuori. Ricordando il vino dov’era, sono tornati e si sono presi ancora un po’ di vino. Allora ho detto a mio fratello: Carmelo, guarda che i soldati si portano tutto il vino perché l’hanno assaggiato e gli è piaciuto. Allora cercammo di nascondere il vino […] c’era un sergente inglese che parlava italiano che ci faceva la guardia davanti la porta, così noi abbiamo lavorato per nascondere il vino e quando siamo usciti gli abbiamo regalato un 10 bottiglie di vino. I soldati americani pigliavano dalla marchesa che c’era tanta biancheria, tante belle cose e le portavano che c’era una famiglia, là alla casina, che aveva due figlie signorine. I soldati, vedendo quelle ragazze, si sono allarmati e pigliavano biancheria e oggetti della marchesa per portarli a quelle ragazze. Quando ho visto che tutta questa biancheria preziosa della marchesa scompariva ho pensato che mentre i soldati si andavano a fare il rancio, ho preso tutta la biancheria che potevo caricare, ho preso delle lenzuola le ho stirate nella stanza le ho rotolate e ho fatto scivolare ‘sta biancheria in un sottoscala e sopra ho messo tante cose 16 brutte, rotte, vecchie. […] Un giorno poi nella grotta sono venuti due soldati inglesi, mi hanno fatto segnale ma non capivo, allora mi hanno preso e mi hanno portato via su un camioncino. Certo mia mamma si sono afflitti – dice – ora lo ammazzano! Tempo di guerra era! Invece mi hanno portato verso la proprietà della marchesa che c’era un allevamento di bestiame, mi hanno portato là che c’erano tante bestie e mi hanno detto di prendere un bovino. Si sono presi il miglior bovino che c’era, l’hanno messo sul camion, mi hanno messo sul bagaglio e siamo ripartiti. […] Arrivati a destinazione mi hanno dato uno scatolo di sigarette, mi hanno salutato e se ne sono andati. Quando sono ritornato nella grotta mi sono riabbracciato con i miei. « […] In quei momenti c’erano i “neri” che facevano cattive cose e dove vedevano signorine se le dovevano portare con loro che si dovevano passare i “piaceri” e allora tutte le ragazzine di allora si vestivano a vecchiette brutte, sporche per non farsi guardare da nessuno perché si spaventavano che quelli se le portavano con loro. Dai miei zii, c’erano ‘sti “neri” e c’era una “sterna” profonda con un po’ d’acqua. Loro per farsi il bagno scendevano là sotto e si infilavano tutti nudi. Un giorno arrivò mia nonna e sentiva da là sotto delle voci, va per affacciarsi e come li ha visti, ha esclamato: misericordia, misericordia! Nel frattempo si erano portati lo zio Paolo e lo zio Turi nella strada di Floridia a seppellire i soldatini che erano morti per strada. Gli inglesi erano bravissimi e tutti di buon umore, ma gli altri erano brutti e cattivi e dove vedevano signorine se li dovevano portare. Tutti i disturbi che furono, furono questi. […] Poi era tempo di mandorle e sempre nella zona della nostra tenuta eravamo fuori che raccoglievamo le mandorle sotto gli alberi; passa un camion con tutti ‘sti soldati e ci buttarono un po’ di scatolame che ancora noi qua non ne avevamo visto. Allora dico: mamma mia, “i bummi!” Che spavento! Però poi abbiamo visto che c’era stampata precisa la simmental, ma simmental di tre, quattro chili che come si apriva una scatola si doveva consumare perché altrimenti si perdeva,
[…] Mentre eravamo al rifugio passarono gli indiani, “disgraziati”, come hanno letto la tabella che non si poteva entrare, gli diedero un calcio e ce la fecero arrivare dentro la cava. […] Una volta entrarono nella “pirrera” i soldati inglesi, che erano scozzesi con le gonnelline plissate. Io appena li vidi mi spaventai e mia nonna che era con me disse loro: figlia mia, figlia mia! E loro: no paura, no paura e hanno preso una scatola di caramelle e gliele hanno buttate nel lettino a mia nonna. Questi erano bravi, quelli disgraziati erano “i malacculuri”, giallastri, gli indiani. Alla 17 figlia di Lucia se l’erano presa da dentro la “pirrera” e se la stavano portando. I parenti si misero a piangere e loro la sputarono e la spinsero dentro la cava!
[…] Mali facci nunni ficiunu” ma quando siamo ritornati a casa dalla grotta non abbiamo trovato più niente, si erano presi tutte cose. Si erano presi il tavolo ed era messo nella campagna con la “macchina parlante” di mio fratello.
[…] Ricordo che al rifugio mi fecero una veste lunga, mi “tingenu” a facci e mi lasciarono li dentro per almeno 15 giorni.
[… ] Io ero bambina e ricordo che ci facevano carezze e davano cioccolata, caramelle, sigarette, carne in scatola, latte; non facevano male azioni questi inglesi!
[…] C’erano soldati scozzesi, “neri”, indiani; quelli col “coso” in testa si volevano portare le ragazze! Allora noi nelle cave ci mettavamo lo scialle, uomini accanto, per fare vedere che eravamo sposate. Le ragazze si mettevano le fedi, ad esempio a me l’hanno tolta per metterla ad altre e loro gli facevano: no madama, tu senorita!
La
situazione sociale in Sicilia era gravissima
L’Italia era in guerra da oltre tre anni e alla realtà dura, sofferta a causa delle vicende belliche, particolarmente gravi apparivano le condizioni vissute dalle classi più semplici. Le città, le campagne nella distruzione e nel caos, turbe di uomini senza lavoro, situazione scolastica di ogni ordine e grado disastrosa, soprattutto per ragioni belliche. Case distrutte, il commercio paralizzato, i servizi pubblici scomparsi, le attività industriali, artigiane, agricole danneggiate.
Il
signor Fronte, cittadino cassibilese, all’epoca bambino di sette anni, visse la
sua infanzia durante la guerra nella città di Noto…..
Andavo a scuola finchè ci sono potuto andare e ci andavo scalzo, senza scarpe! Chi me li doveva comprare se erano tutti militari? Emanuele era disperso, Meno era disperso, mio padre era nelle camice nere che fu richiamato e non sapevamo dov’era e perciò c’era la fame vera e propria e non per scherzo! Io andavo a scuola, poi nel pomeriggio hanno bombardato e una bomba è caduta vicino la scuola dove andavamo noi perciò tutti scappavamo fuori. Le maestre – dice – ora chiudiamo la scuola, che avevano paura, e si finì la scuola. Neanche quella potei finire perché ero in seconda elementare e non ci sono potuto più andare perché l’hanno chiusa. L’hanno riaperta dopo che c’è stato l’armistizio la licenza della quinta elementare l’ho presa dopo la guerra, ma serale perché di giorno dovevo lavorare. Perciò durante la guerra la mia vita quotidiana era quella di andare da una vicina di casa, che stava benino, oppure dalla signora Montalto o dalla signora Schembari e mi davano qualcosa da portare a casa; addirittura la buccia delle mele cotogne mi sono mangiato, solo la buccia, perché non c’era niente! Poi cosa ho fatto: siccome prima di partire per la guerra, mio padre faceva il carbonaio e ce ne aveva lasciato un pochetto, mia madre lo pesava coi cesti, mi riempiva ‘sti braccetti pieni di canestri per portarli alle persone e avevo tutte le braccia rotte per portare un po’ di pane a casa! Solo a guerra finita si è cominciato ad avere un po’ di respiro e anche un po’ di pane perché si iniziava a vendere la farina, i giardinieri facevano cipolle, peperoni che prima non c’era niente, sembrava tutto deserto e non c’era la gente per lavorare queste cose! Le scarpe me le hanno comprate che avevo 11 anni e non ci sapevo camminare perché ero sempre scalzo, anche di inverno con la pioggia io camminavo tranquillo. Per me è stato bruttissimo, non lo auguro a nessuno perché è una cosa incredibile; avrei preferito essere grande e andare in guerra, ma non essere un bambino, un bambino che ha vissuto con la sua pelle!
In nessuna regione dell’ Italia peninsulare la popolazione civile soffrì privazioni pari a quelle che affliggevano allora i più che quattro milioni di abitanti della Sicilia.
Per
esigenze belliche il regime aveva posto il razionamento dei beni primari e strumentali.
A tal fine aveva distribuito la tessera annonaria, unico strumento per poter
acquistare nei negozi.
[…] Campavamo col pane della tessera; a tempo di guerra ci davano la tessera e prendevamo, ad esempio, duecento grammi di pane, tanto di zucchero, tanto di patate, legumi; tutto questo ci passavano e noi campavamo così. Io raccoglievo i fichi d’India e quello che trovavamo mangiavamo.
Non
sempre però la tessera si rivelava sufficiente a soddisfare le necessità
familiari per cui le difficoltà e le restrizioni alimentari costringevano la
popolazione ad attingere al cosiddetto mercato nero:
ricordo che mancava quasi tutto, c’era la tessera. Il cibo mancava e perciò era razionato, la tessera serviva per comprarne una quantità stabilita. C’erano comunque gli approfittatori che facevano uso del mercato nero e facevano pagare tutto più caro.
L’accaparramento dei viveri, le speculazioni, le sottrazioni di generi all’ammasso erano così diventate pratica normale di quanti erano in grado di dedicarvisi per profitto personale.
La limitatezza prebellica dell’alimentazione della popolazione rurale si acuì ulteriormente durante la seconda guerra mondiale e il settore nel quale si apportarono le maggiori restrizioni fu proprio il settore granario dal quale dipendeva con assoluta prevalenza l’alimentazione del popolo siciliano.
Mia mamma raccoglieva spighe e le tessere che ci davano per il pane gliele davamo agli altri che non avevano possibilità. Una volta eravamo andate al mulino e là c’era mia zia, buonanima! Siccome noi potevamo macinare settanta chili di frumento, lei aveva il sacco di cento chili (certo la famiglia era grossa) allora mia zia mi dice: commare mettiamo il mio sacco che è di cento chili che il nostro era di settanta, nel frattempo vennero i carabinieri di Avola e come videro che io ne potevo macinare settanta chili e il sacco era di cento chili dissero: e ‘sta Di Pietro Maria che azienda ha? Allora vennero a Cassibile dal maresciallo Onestini che con mia madre si conoscevano. Io, come dissero andiamo a vedere quanto frumento ha ‘sta Di Pietro Maria, mia madre, ho preso mio cugino Muccio dalla Zagaria, dove c’era il mulino ad acqua e l’ho portato a Cassibile arrivata a casa presi il frumento, tutto quello che avevamo (dodici “tummini” di frumento”) e lo distribuii quattro "tummini" per parte. […] Lo uscii tutto il frumento di dentro, perché se ci toglievano il frumento era come se ci ammazzavano, ci lasciavano morti di fame! Noi avevamo il frumento per tutta l’annata che mia madre raccoglieva spighe. Sai cosa fecero i carabinieri? Arrivarono dal maresciallo Onestini e dice: maresciallo, ‘sta Di Pietro Maria che azienda ha? Il maresciallo risponde: Di Pietro Maria è una povera vedova "cu tri figghi ‘nda facci!" Allora i disgraziati se ne sono andati e non vennero a fare perquisizioni al frumento. E così, figlia mia, a via di pene, a fare nottate intere perché c’erano troppe "stritture" non si poteva macinare, dovevi essere come a quello che dovevi cogliere l’opportunità di macinare di notte.
Ci si accomodava,
noi avevamo comprato un po’ di frumento; poi c’era il mulino dal marchese,
portavamo il frumento, ce lo macinava e facevamo un po’ di pane, i forni
c’erano. Con la farina 20 facevamo la pasta e tiravamo avanti in questo modo.
Noi, per fortuna, ce lo avevamo il frumento, ma quelli che non ce lo avevano
rimanevano morti di fame! Neanche fave c’erano per mangiare.
Un’altra causa che favoriva la violazione delle norme annonarie e che quindi alimentava "l’intrallazzo", era costituita dalla grande irregolarità e dall’enorme ritardo col quale venivano distribuiti ai siciliani i generi che lo stato aveva monopolizzato a causa della loro importanza e scarsità come lo zucchero, l’olio e il grano di cui la Sicilia era grande produttrice e di cui doveva subire l’ammasso per essere poi inviato nelle regioni continentali per la pastificazione.
c’era tanta fame e non si trovava il grano, il pane, niente! Si mangiavano spesso carrube e, quando si riuscivano a trovare, legumi. Io mi ricordo, piccolino, che qui vicino c’era un campo di grano e dopo la mietitura andavamo insieme alla nonna a cercare le spighe che rimanevano per poter fare un po’ di farina e di pane.
Ad
aggravare la situazione alimentare fu la presenza sul suolo dell’Isola di
fortissimi contingenti di truppe tedesche e italiane che si rifornivano in loco
dei beni di prima necessità:
qui siamo in via Fontane Bianche; questa casa se l’erano requisita i soldati, ci hanno buttato fuori gli affittanti […] e le case se li è requisite il governo […] se li tennero queste case diciotto mesi; prima portarono i soldati "polentoni" che presero i brachettoni delle porte e si fecero i "tannuri" sfasciando le porte .
Era anche naturale che il popolo attribuisse gran parte delle privazioni all’incapacità e alla trascuratezza delle autorità centrali e riversasse su Mussolini e sul fascismo la colpa di aver voluto la guerra prima, e di non aver saputo provvedere a lenirne le conseguenze, poi.
Il
signor Fronte ricorda:
[…] Ad ogni
parola, si diceva alla faccia di lui! E io gli dicevo: mamma, ma chi è lui?
Lui, cornuto lui e tutto il tavolino di Roma. Ce l’avevamo tutti con Mussolini!
C’è
da dire comunque che i problemi alimentari causati dallo stato di guerra si
avvertivano di più nelle città, come dimostra il racconto del signor Fronte.
Nelle campagne invece si riusciva a sopravvivere grazie ai prodotti della terra
e all’allevamento del bestiame. Questa era la condizione che viveva la maggior
parte dei cassibilesi:
[…] Nella nostra
famiglia avevamo la massaria, avevamo gli animali, avevamo il latte, avevamo
sempre qualcosa; certo gli operai, quelli che facevano la giornata erano un po’
più disastrati…successe anche un po’ di scabbia; c’è stata un po’ di
disperazione; proprio come casa mia questo non lo posso dire.
La popolazione di Cassibile, in particolare,
riusciva a sfruttare ogni tanto le riserve dei soldati italiani posizionati in
paese trovando così qualcosa da mangiare.
Nella casina della marchesa c’era il ben di Dio! Essendo riserva militare c’era da mangiare e non mancava niente per cui a noi il mangiare non ci mancava.
Quando i soldati se ne andarono c’era il ben di Dio e allora andarono lo zio Angelino e lo zio Ciccio e portarono un sacco di pasta di 100 kg ed un pezzo di formaggio che sembrava una ruota di macchina. Quando lo portarono, lo portarono ad uso di una ruota e per tagliarlo presero una sega e lo tagliarono il nonno con lo zio Ciccio fino a ridurlo a pezzettini. La crosta era dura ma mangiavamo lo stesso.
[…] Fame "nun n’amu tastatu" perché la buonanima di mio padre si dava verso; certo non è che era come ora, ma dire che abbiamo sofferto la fame no! Certo che tempo di guerra era! Avevamo un vestito solo, lo lavavamo e ce lo mettevamo, questo era ciò che avevamo!
E
così ognuno parla, racconta la propria esperienza, gli orrori vissuti, i
momenti del trionfo, della tragedia, dell’esaltazione, del rimorso: tutto ciò
che dovrebbe servire a disconoscere il fascino sinistro esercitato dalla
guerra.
Quel giorno, indicato da molti storici come il “giorno della vergogna”, alle ore 17,15 nella tenda della mensa dello Stato Maggiore fu firmato l’armistizio che era costituito da dodici articoli, redatto in tre copie, firmato per l’Italia dal generale Giuseppe Castellano e per gli Alleati dal generale Walter Bedell Smith. Erano presenti anche il generale Dwight David Eisenhower e il generale Harold Rupert Leofric Gerge Alexander (I Conte di Tunisi).
Walter Bedell Smith appone la sua firma al documento dell'Armistizio.
Da sinistra: il commodoro britannico Royer Mylius Dick,
il maggior generale americano Lowell Rocks, il capitano inglese de Hann,
il generale Giuseppe Castellano (in borghese e abito scuro),
il generale inglese Kenneth Strong (dietro Castellano) ed il console Franco Montanari, funzionario del Ministero degli Esteri.
In piedi il generale statunitense Walter Bedell Smith (a destra) e il funzionario Franco Montanari del Ministero degli Esteri.
Una foto scattata subito dopo la firma dell’Armistizio fra l’Italia e le potenze alleate.
La foto fu scattata nell’antico uliveto del feudo.
Da sinistra:
il Generale inglese Kenneth Strong, il Generale italiano Giuseppe Castellano,
il Generale statunitense (futuro dirigente della CIA) Walter Bedell Smith e il
diplomatico Franco Montanari che aveva svolto le funzioni di traduttore
e interprete per il Generale Castellano.
Data : 3 settembre 1943
L’armistizio fu il crollo verticale di una struttura statuale e militare e l’abbandono di un intero popolo e delle sue Forze armate alla vendetta degli ex alleati tedeschi. Vendette così spaventose che ancora oggi, a oltre 80 anni di distanza, è impossibile leggerne senza dolore e vergogna. Le trattative di armistizio, la loro conclusione e il loro annuncio furono condotti tanto maldestramente e con tale irresolutezza e attendismo che alla fine gli alleati si stufarono (dopo aver rinunciato al lancio di una divisione aviotrasportata su Roma perché gli italiani non furono in grado di garantirne il successo) e diedero l’annuncio da Radio Algeri costringendo il Re e Badoglio alla fuga dopo la lettura alla radio del famoso comunicato che metteva fine alla guerra. In quel giorno si ruppe il legame tra il Paese e le sue élite culturali, positive e negative, che non si è mai davvero ricostruito per un armonioso processo di sviluppo legato al dialogo e al confronto obiettivo.
Tutto alla presenza dell’onorevole Harold Macmillan, Ministro Residente britannico presso il Quartier Generale delle Forze alleate e di Robert Murphy, rappresentante personale del Presidente degli Stati Uniti.
Alle spalle dell’armistizio non solo avvenimenti bellici ma anche delle verità nascoste.
Berlino, 10 agosto 1942
https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000009647/12/l-ambasciatore-dino-alfieri-esce-dall-ambasciata-italiana-berlino.html?startPage=0
Casoria: Aprile 1939
Foto: Fondo Amoroso (Autore della foto: Amoroso Roberto)
https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL0000002412/32/il-cardinale-luigi-maglione-posa-gruppo-prelati-e-personalita-civili-politiche-e-militari-casoria-sua-citta-natale.html?startPage=0
I due dittatori s’incontrarono alla stazione ferroviaria di Treviso per poi raggiungere in treno Feltri e quindi in auto Villa Gaggia.
I motivi per quella eliminazione furono spiegati successivamente da Nino Piazza, sergente degli Alpini. Una dichiarazione che fu trascritta negli atti del
Dalla fine del 1942 esistevano a Belluno due organizzazioni antifasciste:
- Il Comitato d’azione antifascista che faceva capo al Partito d’Azione PdA;
- la rete del Partito Comunista PC .
Il racconto del dott. Armando Bettiol che all’epoca aveva 19 anni ed era studente universitario alla Facoltà di Giurisprudenza di Padova…
https://www.youtube.com/watch?v=XPW0tQnDhLk&t=1s
https://www.youtube.com/watch?v=xI9lWGQj3uY&t=9s
https://www.youtube.com/watch?v=bOBoHskS0Vk
Governo Badoglio
Il nuovo ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Raffaele Guariglia (primo a sinistra), posa con alcuni dignitari e un porporato
https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL3000001998/12/il-nuovo-ambasciatore-d-italia-presso-santa-sede-raffaele-guariglia-primo-sinistra-posa-alcuni-dignitari-e-porporato.html
ad un ricevimento offerto dal Console Martelli
https://www.flickr.com/photos/immaginariodiplo/40216195684/in/photostream/
nel porto di Genova
https://www.alamy.it/foto-immagine-supremo-consiglio-di-guerra-riuniti-parigi-31-maggio-1940-winston-churchill-il-generale-sir-j-aneto-sir-ronald-campbell-ambasciatore-britannico-clement-atlee-paul-reynaud-primo-ministro-francese-sui-gradini-della-guerra-francese-ministero-57364809.html?imageid=9D1ACF19-E4E0-4725-9838-277439BB014F&p=75935&pn=1&searchId=ddc67d8b5d245c2b0f052691c1f26e5c&searchtype=0
Perché fu mandato in Portogallo un funzionario di grado non molto elevato?Alla base di questa missione c’era un obiettivo ben preciso da parte di Badoglio: prendere e tempo e testare il terreno per prendere visione delle posizioni angloamericane.Infatti il marchese non ricevette quelle credenziali che lo autorizzassero a negoziare ma solo istruzioni generiche.Fu una scelta molto infelice perché il d'Ayeta era stato capo gabinetto di Ciano. A Lisbona, dove giunse il 4 agosto, il funzionario italiano prese contatto con l'ambasciatore inglese Campbell, per metterlo al corrente della situazione italiana e per presentare alcune raccomandazioni del governo italiano:1) che questo primo contatto con gli Alleati fosse inteso in tutta la sua serietà al fine di poter predisporre di comune accordo, su dì un terreno politico o soprattutto militare, tutte le misure con l’obiettivo di creare le condizioni necessarie per fare uscire 'Italia dal conflitto:2) l’invito alla cessazione degli attacchi e delle insinuazioni contro il sovrano e il governo Badoglio allo scopo di facilitare il loro arduo compito all'interno delle funzioni governative. Impedire che un estremismo caotico, di cui si erano avuti alcuni sintomi, potesse pregiudicare il normale ritorno a delle forme costituzionali di governo e favorire la nascita di un giustificabile disordine spirituale fra gli italiani favorendo la presenza germanica;3) che le radio anglo-americane smettessero di attaccare Vittorio Emanuele III e Badoglio paventando il rischio di un'insurrezione comunista; 4) che fossero cessati i bombardamenti aerei non resi necessari da precise esigenze belliche sulle città italiane e ciò con opportune finte per non favorire i sospetti tedeschi. Tale appello del governo particolarmente si riferiva alla capitale ed alle città del Nord dove, oltre che le popolazioni maggiormente preparate nella loro organizzazione borghese e operaia ad una nuova Italia liberale, gli attacchi aerei colpivano i tradizionali centri italiani di resistenza ai tedeschi;5) auspicava inoltre una manovra diversiva degli Alleati nei Balcani per alleggerire la pressione della Wehrmacht in Italia;6) Avvisò infine che entro pochi giorni Guariglia avrebbe incontrato il ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop ma solamente per guadagnare tempo. L'ambasciatore Carnpbell fece comprendere al d'Ayeta che i piani bellici concernenti l'Italia erano stati già da tempo predisposti dai comandi alleati e che l'atteggiamento politico delle Nazioni Unite verso l'Italia era già definito nella formula della resa incondizionata.Churchill, appena informato del colloquio tra il d’Ayeta e Campbell, scrisse a Roosevelt:Dalla prima parola all'ultima d'Ayeta non ha mai minimamente alluso a termini di pace, e tutta la sua esposizione non é stata che la preghiera che noi si salvi l’Italia dai tedeschi e da se stessa, e al più presto possibile..Nel complesso, la missione di Lanza d'Ajeta non ebbe altro risultato se non quello di alimentare sospetti sull'effettiva volontà dell'Italia di sganciarsi dal Terzo Reich, rafforzando le posizioni - che sarebbero poi emerse nella conferenza di Québec dell'agosto 1943 - di chi voleva imporre all'Italia una pace punitiva. Alle raccomandazioni italiane rispose prima Radio Londra accusando il governo Badoglio di voler fare il furbo e successivamente il bombardamento di Milano con l’obiettivo di far capire, al governo italiano, che non vi era altra scelta che la resa. Il 4 agosto Guariglia inviò a Tangeri, sempre come consigliere di legazione, Berio, il quale doveva prendere, contatto con il ministro di Gran Bretagna, Gascoigne (Robert Anthony Eden, conte di Avon) per prospettargli la situazione italiana e spiegare che ...gli Alleati avrebbero dovuto in primo luogo attenuare l’intensità dei bombardamenti sull'Italia onde rendere possibile al Maresciallo di mantenere il fronte interno. Vi era inoltre da augurarsi che gli Alleati effettuassero uno sbarco nella Francia del sud o nei Balcani, onde attirare altrove le forze tedesche dislocate in Italia e dare così maggiore libertà di azione al Regio Governo.
Adolfo Filippo Giovan Battista Berio
Robert Anthony Eden, conte di Avon
(Gascoigne?)Gascoigne era però assente da Tangeri e Adolfo Berio conferì con il console inglese Watkinson che si affrettò a riferire al suo governo. La reazione fu immediata.Gascoigne ricevette l'ordine di tornare a Tangeri e consegnare a Berio un messaggio per il governo italiano da parte dei governi di Gran Bretagna e degli Stati Uniti:If is necessary that Marshal Badoglio understand that we cannot negotiate but require unconditional surrender. This 'mons that Me Italian Government must place, itself in the hands of the two Allied Governments which will later advice it of their tems. Call Signor Berio's attention to the fact that the Heads of the two Governments have already erpressed their desire that ltay have a respected place in the new Europe as soon as the conflict is over and Gen. Eisenhower has already announced that the Italian prisoners in Tunisia and Sictly shall relesead subject to the release of all Allied prisoners.Occorrerebbe che il maresciallo Badoglio capisse che non si può negoziare ma esigere la resa incondizionata. Questo è il motivo che il Governo italiano deve mettersi nelle mani dei due Governi Alleati che più tardi lo consiglieranno sulle loro condizioni. Richiamate l'attenzione del signor Berio sul fatto che i Capi dei due governi hanno già espresso il desiderio che l'Italia possa avere un posto rispettato nella nuova Europa non appena il conflitto sarà finito e il generale Eisenhower ha già annunciato che i prigionieri italiani in Tunisia e Sictly verrà rilasciato subordinatamente al rilascio di tutti i prigionieri alleati.Berio rispose che tale messaggio non apportava nulla di nuovo e che la questione fondamentale restava che il suo governo non avrebbe potuto accettare ufficialmente una resa senza condizioni perché ciò avrebbe provocato un atto di forza da parte tedesca. La risposta a tali obiezioni non fu dissimile alla prima. Fallì quindi anche la missione Berio mentre nel frattempo giunse a Lisbona il generale Giuseppe Castellano.Ma prima che la questione dei contatti con gli angloamericani passasse in mano ai militari, Guariglia fece ancora un tentativo incaricando il senatore Alberto Pirelli di recarsi in Svizzera e prendere gli opportuni contatti per accertare se il governo elvetico fosse disposto a fare un approccio presso i governi alleati per raccomandare la soluzione prospettata dall'Italia, cioè di effettuare lo sbarco nella Francia del sud o nei Balcani.La risposta del governo elvetico, com’era da presumere, fu negativa.
Visita del presidente della Confindustria Alberto Pirelli alla Fiera Campionaria di Milano del 1934
https://archiviostorico.fondazionefiera.it/oggetti/3334-visita-del-presidente-della-confindustria-alberto-pirelli-alla-fiera-campionaria-di-milano-del-1934Nel frattempo in Italia si fecero più pressanti le istanze per porre fine alla guerra.Il 2 agosto si riunì a Roma il Comitato Nazionale delle correnti antifasciste.Venne emesso un ordine del giorno che invocavala cessazione senza indugi della guerra e la certezza di come il popolo italiano fosse concorde nell’affrontare i pericoli che sarebbero derivati da una simile decisione.Il 3 agosto l'ordine del giorno fu presentato a Badoglio il quale, però, dichiarò chenon può discutere "una materia cosa delicata ed infiammabile".Il Comitato continuò a riunirsi anche nei giorni successivi. ma le divergenze di opinioni non consentiranno di elaborare un nuovo documento comune fino al 2 settembre (documento che d'altra parte non fu reso pubblico).Il ministro Guariglia prese atto dei fallimenti delle sue iniziative diplomatiche e decise di affidare la questione ai militari.Si diede l'incarico al generale Castellano. uomo di fiducia del Capo di Stato Maggiore, generale Ambrosio. Ma a questo punto la storia si tinse di giallo.Il generale Giuseppe Castellano chiese delle precise istruzioni oltre alle credenziali e a un passaporto ma gli fu rispostoche nulla poteva essere dato e che il suo compito era esclusivamente quello di prendere contatto con rappresentanti delle forza alleate per conoscere lo «eventuali» condizioni di resa ed esporre contemporaneamente la nostra situazione militare e quindi la necessità assoluta di un immediato aiuto per far fronte alla reazione tedesca.Destinazione del generale Castellano fu Lisbona. Unica credenziale era una lettera dell’ambasciatore, presso la Santa Sede, Osborne per il suo collega di Madrid Hoare.
Sir Samuel John Gurney Hoare,
1º visconte di TemplewoodPer il viaggio a Lisbona niente passaporto individuale ma collettivo e il generale viaggiò sotto il falso nome di Raimondi con un gruppo di funzionari del ministero degli Affari Esteri.Castellano si chiese qual era la funzione della lettera per l'ambasciatore inglese a Madrid se la sua destinazione era Lisbona. La fortuna gli venne incontro.A Genova, per un errore (?), il treno fu fatto proseguire via Nizza anziché via Modane per cui la sosta a Madrid poteva essere più lunga del previsto. Il generale aveva a sua disposizione un intero pomeriggio ed era questa l’unica possibilità di incontrare Hoare. Tuttavia c'era una difficoltà. Castellano non conosceva una parola d'inglese ed era necessario quindi trovare un interprete. La scelta cadde su un giovane funzionario che faceva parte del gruppo, Franco Montanari, che da quel momento prenderà parte a tutte le trattative.Franco MontanariIl 15 agosto Castellano incontrò Hoare e alla fine quest’ultimo gli assicurò che avrebbe mandato un telegramma a Londra per informare il proprio governo sulla conversazione e per chiedere che un ufficiale dello Stato Maggiore britannico raggiungesse Lisbona per incontrare Castellano.Un altro telegramma sarebbe stato inviato all'ambasciatore inglese a Lisbona per metterlo al corrente della questione. Il governo inglese fu informato immediatamente del colloquio.Churchill si trovava a Ouebec per una riunione con Roosevelt, nella quale fra l'altro si era decisa la condotta della guerra in Italia. Vennero allora inviate al generale Eisenhower le istruzioni di orientamento che non facevano altro che confermare la resa incondizionata.
Conferenza di Quebec (18 agosto 1943).
Località: Château Frontenac, Québec
Da sinistra a destra:
Seduti: WLM King (Primo Ministro canadese), FD Roosevelt (Presidente americano),
W. Churchill (Primo Ministro britannico).
In piedi: il generale Arnold, il maresciallo capo dell'aeronautica Portal, il generale Brooke, l'ammiraglio King, il feldmaresciallo Dill, il generale maresciallo George Catlett Marshall Jr., l'ammiraglio Pound e l'ammiraglio Leahy.
Esito della Conferenza:
- accordo per iniziare l’effettiva pianificazione dell’invasione della Francia
(azione militare in codice: Overlord (Signore Supremo). D-Day previsto per il 1944;
- incrementare i bombardamenti aerei sulla Germania e discussione sulla
dislocazione delle forze americane in Gran Bretagna;
- discussione sull’operazione Culverin. Un’operazione in cui gli alleati avrebbero
dovuto riconquistare la punta settentrionale dell’isola di Sumatra (provincia di
Aceh), occupata dall’Impero giapponese;
- siglati degli accordi segreti anglo-americani per la condivisione dei progetti di
sviluppo di ordigni atomici, la gestione delle relative informazioni e del loro
utilizzo bellico;- discussione sul progetto Habakkuk che prevedeva la costruzione di una
portaerei di ghiaccio. I progettisti, Lord Mountbatten e Geoffrey Pyke,
portarono un blocco di pykrete (composto da cellulosa e ghiaccio) da mostrare a
Winston Churchill, per ricevere l’approvazione del progetto dai Capi di Stato
e dagli ammiragli. Navi che avrebbero dovuto affrontare i sommergibili
tedeschi nell’Atlantico, in una zona che era al di fuori del raggio d'azione
degli aerei con basi a terra.
- Le decisioni strategiche vennero comunicate all'Unione Sovietica e a Chiang Kai-Shek. Vennero anche espresse dichiarazioni congiunte sulla Palestina occupata dai britannici e sulla condanna delle atrocità naziste in Polonia. Churchill scrisse al generale AlezxanderSiete senza dubbio al corrente degli approcci fatti dagli italiani e della nostra risposta. Il vostro maggior pericolo è che i tedeschi entrino a Roma e vi stabiliscano un governo fantoccio con, per esempio, Farinacei. Sarebbe altrettanto inquietante che tutta l'Italia scivolasse nell'anarchia. Dubito che il governo Badoglio possa mantenersi al potere sino al giorno fissato per il nostro attacco principale, o sarà quindi di grande aiuto tutto quello che potete faro por abbreviare questo periodo senza pregiudizio del successo militare.
Harold Rupert Leofric George Alexander, I conte Alexander di Tunisi
Mentre il generale Castellano si trovava a Lisbona, si svolse a Bologna un convengono tra gli stati maggiori italiano e tedesco allo scopo di esaminare un piano di difesa comune della penisola.Nel frattempo l’Agenzia Stefani commentò i risultati della Conferenza di Quebec.Dans la phase historique actuelle l’Italia a une voie bien tracee et fixée par un systeme d'alltance, de solidarité et de collaboration militarie, aquel elle n'entend pas manquer.Nell’attuale fase storica, l’Italia ha un percorso ben tracciato, costituito da un sistema di alleanza, solidarietà e collaborazione militare, che non intende fallire.Sia il convegno di Bologna che la nota dell’Agenzia Stefani non facilitavano il compito del generale Castellano. Il governo e gli ambienti che lo influenzavano erano disorientati.Il 17 agosto il generale Castellano s’incontrò con l’ambasciatore inglese Campbell e nel colloquio sorsero le prime difficoltà.L’ambasciatore inglese chiese al Castellano se fosse fornito di credenziali e la risposta fu negativa.Il Campbell fece allora presente che il governo britannico difficilmente avrebbe potuto attribuire alla sua missione un carattere ufficiale.Il problema fu superato perché il Castellano fece presente i motivi della sua missione e si giunse ad un ‘accordo…Il Campbell avrebbe comunicato a Montanari, mediante una firma convenzionale,il giorno e l'ora dell'appuntamento.L'incontro si svolse nella tarda sera del 19 agosto ed erano presenti:- Campbell;- l'incaricato d'affari americano Kennan;- i generali Walter Bedell Smith e Strong, il primo capo di Stato Maggiore e il secondo capo dell'Intelligente delle forze alleate in Mediterraneo.
Generale Walter Bedell Smith
Generale Sir Kenneth Strong
Prese la parola il generale Smith per leggere le condizioni dell’armistizio dettate all’Italia.Il generale Castello dichiaròdi non aver alcun mandato per trattare rannistizio ma soltanto il compito di far presente agli Alleati la situazione militare e politica dell'Italia.Smith rispose chel'ordine da lui ricevuto é quello di comunicare le condizioni di armistizio. le quali potevano essere accettate o respinte ma non discusse. La partecipazione dell'Italia alla guerra contro i tedeschi è una questione politica che non compete ai militari; sono in grado di assicurare che tale questione era stata esaminata a Ouebec da Roosevelt e da Churchill con buone prospettivee consegnò al Catellano un promemoria aggiuntivo alla condizioni di armistizioLa misura nella quale le condizioni saranno modificate in favore dell’Italia dipenderà dall'entità dell'apporto dato dal governo e dal popolo italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra.Il Castellano prese atto delle condizioni proposte dagli angloamericani e dichiarò che le avrebbe comunicate al governo italiano.La riunione si concluse con un accordoche l’accettazione da parte italiana deve avvenire entro il 30 agosto e comunicata per mezzo di una radio consegnata al generale Castellano. In caso di impossibilità, l’accettazione avrebbe dovuto essere notificata all'ambasciatore Osborne con un messaggio dal testo concordato. Nel caso poi di accettazione italiana, il generale Castellano si sarebbe dovuto trovare a Termini Moroso allo ore 9 del 31 agosto.Gli Alleati, però, consapevoli degli esiti negativi delle precedenti missioni italiane, intensificarono i loro attacchi aerei sulle principali città (Milano. Roma. Napoli. Genova. Bari, Taranto) convinti di poter in questo modo far leva sull'opinione pubblica e provocare una maggiore pressione sul governo per giungere alla fine della guerra.La situazione era drammatica e il governo perse la testa. Non avendo avuto notizie del generale Castellano, questa fu la tesi ufficiale, si decise di mandare a Lisbona il generale Giacomo Zanussi.
Il generale Giacomo Zanussi
Da chi partì questa iniziativa non si seppe mai e nessuno se ne assunse la responsabilità.Probabilmente la missione fu opera del generale Giacomo Carboni (tra l’atro anche direttore del Servizio Informazioni Militari - SIM - dal novembre 1838 al settembre 1940) e soprattutto di Mario Roatta (di cui Zanussi era l’uomo di fiducia) che forse volle vendicarsi di essere stato tenuto all’oscuro della missione del Castellano.Zanussi arrivò a Liscona quando il Castellano era già partito e la sua presenza destò molti sospetti fra gli Alleati. Gli stessi Alleati decisero di utilizzarlo e gli consegnarono il testo del “lungo armistizio” avvisandolo che si trattava di un documento della massina importanza e differente da quello consegnato al Castellano.Il generale Zanussi ebbe uno strano comportamento.Non inviò il documento a Roma e lo mise tranquillamente in tesca. Non lo consegnò nemmeno al generale Castellano qundo lo incontrò a Cassibile (Siracusa) il 31 agosto 1943.Il 27 agosto il Castellano ritornò a Roma e riferì al Badoglio i risultati della sua missione.Il 28 ed il 29 agosto ci furono delle riunioni al governo ma nessuno, nemmeno il Re, volle assumersi la risponsabilità di una precisa decisione.La mattina 30 agosto comunicarono al generale Castellano di partire e gli consegnarono una nota del ministro Raffaele Guariglia da leggere agli Alleati…L’Italia potrà chiedere l'armistizio solo quando, in seguito a sbarchi degli alleati con contingenti sufficienti e in località adatte, cambiassero le attuali condizioni, oppure se gli alleati fossero in grado di determinare una diversa situazione militale in Europa.Il Badoglio aggiunse delle istruzioni….«Per non esser, sopraffatti prima che gli inglesi possano far sentire la loro azione noi non possiamo dichiarare accettazione armistizio se non a sbarchi avvenuti di almeno 15 divisioni, la maggior parte di esse fra Civitavecchia e La Spezia..La risposta del governo italiano non era un’accettazione dell’armistizio ma nemmeno un rifiuto… era una risposta ambigua.che il governo italiano deve respingere o accettare le condizioni di armistizio cosi come sono: se le accetta. deve dichiarare la fine delle ostilità contemporaneamente allo sbarco principale degli Alleati. Se non accetta le condizioni, il governo italiano non avrà in avvenire più alcuna possibilità di trattare con i militari e di concludere, quindi l’armistizio.Lo stesso Smith aggiunse chese gli Alleati avessero disponibili per lo sbarco in Italia le 15 divisioni richieste da Badoglio non offrirebbero di certo l'armistizio.Nè migliore esito ebbe la richiesta italiana di dilazionare la proclamazione dell'armistizio, mentre Smith e Strong si dichiararono disposti ad inviare una divisione di paracadutisti per la difesa di Roma. Su questa base si chiuse la riunione, rimanendo d'accordo chel’accettazione italiana deve essere comunicata per radio entro la mezzanotte del 1 settembre.Castellano ritornò ancora a Roma e riferì a Badoglio. Questi convocò Ambrosio, Guariglia, Acquarone e Carboni. Tutti si convinsero che non vi fosse ormai altra soluzione e decisero di sottoporre al re il consenso per la stipulazione dell’armistizio.Occorre però tenere presente che ancora nessuno era a conoscenza delle clausole del «lungo armistizio” poiché il documento era in possesso di Zanussi (in tasca). Ottenuto il consenso reale Badoglio telefonò a Cassibile per annunciare l'accettazione italiana e per preannunciare l'arrivo di Castellano.Il 2 settembre Castellano arrivò dunque a Cassibile. Inviato a Cassibile ma per fare cosa?Quando Smith gli chiese se avesse i poteri necessari per firmare rannitizio, il generale italiano cadde dalle nuvole: non aveva alcun potere, né a Roma gli era stato detto nulla a riguardo perchè si credeva che bastasse il telegramma di Badoglio! Una giusta tesi? Non vi fu forse l’illusione che il discorso pronunciato il giorno prima da Papa Pio XII avrebbe potuto modificare all'ultimo momento le condizioni dell’armistizio?
Papa Pio XII
RADIOMESSAGGIO DI SUA SANTITÀ PIO XII
NEL IV ANNIVERSARIO
DELL'INIZIO DELLA GUERRA MONDIALE
Mercoledì, 1° settembre 1943
Si compiono oggi quattro anni dal giorno orrendo che diede inizio alla più formidabile, distruggitrice e devastatrice guerra di tutti i tempi, la cui visione atterrisce chiunque nutra in petto anima e sensi di umanità.Nel presentimento di così universale sciagura, che minacciava la grande famiglia umana, Noi indirizzammo, pochi giorni avanti lo scoppio delle ostilità, il 24 agosto 1939, ai Governanti e ai popoli un caldo appello e una supplichevole ammonizione : Nulla — dicemmo — è perduto con la pace. Tutto può esser perduto con la guerra !La Nostra voce giunse agli orecchi, ma non illuminò gli intelletti e non scese nei cuori. Lo spirito della violenza vinse sullo spirito della concordia e della intesa : una vittoria che fu una sconfitta.Oggi, sulla soglia del quinto anno di guerra, anche coloro, che contavano allora sopra rapide operazioni belliche e una sollecita pace vittoriosa, volgendo lo sguardo a quanto li circonda dentro e fuori della patria, non sentono che dolori e non contemplano che rovine. A molti, i cui orecchi rimasero sordi alle Nostre parole, la tristissima esperienza e lo spettacolo dell'oggi insegnano quanto il Nostro ammonimento e presagio corrispondessero alla realtà futura. Ispirarono allora le Nostre parole amore imparziale per tutti i popoli senza eccezione e vigile cura per il loro benessere. Lo stesso amore e la stessa cura Ci muovono in quest'ora grave e angosciosa, e mettono sulle Nostre labbra parole che vogliono essere a vantaggio di tutti e di nessuno a danno, mentre istantemente supplichiamo l'Onnipotente Iddio, affinché apra loro la via ai cuori e alle decisioni degli uomini, nelle cui mani sono le sorti dell'afflitta umanità.Attraverso lotte gigantesche le esteriori vicende della guerra si avvicinano e confluiscono al loro punto culminante.Mai la esortazione della Scrittura: « Imparate, o giudici della terra! » (Ps. 2, 10), non fu più invocata e urgente che in quest'ora in cui a tutti parla la tragica realtà.Dappertutto i popoli rientrano in se stessi a meditare, con gli occhi alle rovine. Vera saggezza è incoraggiarli e sostenerli nelle loro prove. Scoraggiarli sarebbe funesto accecamento.Per ogni terra l'animo dei popoli si aliena dal culto della violenza, e nell'orrida messe di morte e di distruzione ne contempla la meritata condanna.In tutte le Nazioni cresce l'avversione verso la brutalità dei metodi di una guerra totale, che porta ad oltrepassare qualunque onesto limite e ogni norma di diritto divino ed umano.Più che mai tormentoso penetra e strugge la mente e il cuore dei popoli il dubbio, se la continuazione della guerra, e di una tale guerra, sia e possa dirsi ancora conforme agl'interessi nazionali, ragionevole e giustificabile di fronte alla coscienza cristiana ed umana.Dopo tanti trattati infranti, dopo tante convenzioni lacerate, dopo tante promesse mancate, dopo tanti contraddittori cambiamenti nei sentimenti e nelle opere, la fiducia tra le Nazioni è scemata e caduta così profondamente da togliere animo e ardimento a ogni generosa risoluzione.Perciò Ci rivolgiamo a tutti quelli, cui spetta promuovere l'incontro e l'accordo per la pace, con la preghiera sgorgante dall'intimo e addolorato Nostro cuore, e diciamo loro:La vera forza non ha da temere di essere generosa. Essa possiede sempre i mezzi per garantirsi contro ogni falsa interpretazione della sua prontezza e volontà di pacificazione e contro altre possibili ripercussioni.Non turbate né offuscate la brama dei popoli per la pace con atti, che, invece di incoraggiare la fiducia, riaccendono piuttosto gli odi e rinsaldano il proposito di resistenza.Date a tutte le Nazioni la fondata speranza di una pace degna, che non offenda né il loro diritto alla vita né il loro sentimento di onore.Fate apparire in sommo grado la leale concordanza tra i vostri principi e le vostre risoluzioni, tra le affermazioni per una pace giusta e i fatti.Soltanto così sarà possibile di creare una serena atmosfera, nella quale i popoli meno favoriti, in un dato momento, dalle sorti della guerra possano credere al rinascere e al crescere di un nuovo sentimento di giustizia e di comunanza tra le Nazioni, e da questa fede trarre le naturali conseguenze di maggiore fiducia per l'avvenire, senza dover temere di compromettere la conservazione, l'integrità o l'onore del loro Paese.Benedetti coloro, che con volontà rettilinea aiutano a preparare il terreno, dove germogli e fiorisca, si rafforzi e si maturi il senso della veracità e della giustizia internazionale.Benedetti coloro — a qualunque gruppo belligerante appartengano — i quali con non meno retto volere e con lo sguardo alla realtà cooperano a superare il punto morto, in cui si arresta oggi la fatale bilancia tra guerra e pace.Benedetti coloro che mantengono se stessi e i loro popoli liberi dalla stretta di opinioni preconcette, dall'influsso di indomite passioni, di inordinato egoismo, di illegittima sete di potere.Benedetti coloro che ascoltano le voci supplichevoli delle madri, le quali ai loro figli hanno dato la vita, perché crescessero nella fede e nelle azioni generose, non per uccidere e farsi uccidere; coloro che porgono orecchio alle implorazioni angosciose delle famiglie ferite a morte dalle forzate separazioni, alle grida sempre più insistenti del popolo, il quale, dopo tante sofferenze, privazioni e lutti, non altro chiede per la sua vita che pace, pane, lavoro.Benedetti infine quanti comprendono che la grande opera di un nuovo e vero ordinamento delle Nazioni non è possibile senza alzare e tenere fisso lo sguardo a Dio, che, reggitore e ordinatore di tutti gli eventi umani, è fonte suprema, custode e vindice di ogni giustizia e di ogni diritto.Ma guai a coloro che in questo tremendo momento non assurgono alla piena coscienza della loro responsabilità per la sorte dei popoli, che alimentano odi e conflitti fra le genti, che edificano la loro potenza sulla ingiustizia, che opprimono e straziano gl'inermi e gl'innocenti (cfr. Ier. 22, 13); ecco che l'ira di Dio verrà sopra di loro sino alla fine (cfr. I Thess. 2, 16)!Piaccia al Redentore divino, sulle cui labbra risonarono le parole « Beati i pacifici », illuminare i potenti e i condottieri dei popoli, dirigere i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro deliberazioni, renderli interiormente ed esteriormente vigorosi e saldi contro gli ostacoli, le diffidenze e i pericoli, che intralciano la via alla preparazione e al compimento di una giusta e durevole pace ! La loro saggezza, la loro moderazione, la loro forza di volontà e il vivo sentimento di umanità valgano a far cadere un raggio di conforto sul limitare, bagnato di sangue e di lacrime, del quinto anno di guerra, e dare alle vittime superstiti dell'immane conflitto, curve sotto l'oppressione del dolore, la lieta speranza che l'anno stesso non termini nel segno e nell'oscurità della strage e della distruzione, ma sia principio e aurora di novella vita, di fraterna riconciliazione, di concorde e operosa ricostruzione.Con tale fiducia impartiamo a tutti i Nostri diletti figli e figlie dell'Orbe cattolico, come a tutti quelli che si sentono a Noi uniti nell'amore e nell'opera per la pace, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.
Certo la giustificazione del Castellano sembrò paradossale al generale Smith e forse fu ritenuta dallo stesso generale una mossa scorretta del governo italiano.
Fu lo stesso Smith a preparare il testo (firmato dal Castellano) del telegtamma da inviare a Roma, per chiedere la necessaria autorizzazione necessaria al Castellano.
Si precisò che la mancata firma dell’armistizio avrebbe determinato la definitiva rottura delle trattative.
La risposta del Badoglio non arrivò e il 3 settembre, nella prima mattinata, Castellano inviò un secondo telegramma. Arrivò, finalmente, un radiogramma di Badoglio ma non fu la risposta che ci si attendeva.
Il maresciallo confermava soltanto che il suo telegramma dell’1 settembre
conteneva implicitamente l'accettazione delle condizioni di armistizio.Nessuna delega a Castellano per la firma.
Gli Alleati erano ormai certi che a Roma si stava escogitando qualcosa, ma per fortuna arrivò un secondo telegramma di Badoglio che autorizzava il generale italiano a firmare l'armistizio e avvertiva che la dichiarazione che lo accreditava per quella firma era stata depositata presso l'ambasciatore Osborne.
Il 3 settembre, alle ore 17,30, venne firmato a Cassibile lo "Short Military Arrnistiee".
Ma le complicazioni non erano terminate.
Appena firmato il documento, il generale Smith presentò le clausole aggiuntive..
Castellano chiese irritato di cosa si trattasse.
Smith gli comunicò che il documento era stato consegnato già da tempo al generale Zanussi. Tuttavia precisò che tali clausole avevano un valore relativo qualora l'Italia avesse collaborato con le Nazioni Unite nella guerra contro i tedeschi.
Restavano da risolvere altre due questioni: dove e quando sarebbe avvenuto lo sbarco principale degli Alleati?
- Dove?
Sia Zanussi che Castellano avevano fatto molte domande in proposito sino a suscitare legittimi sospetti negli Alleati. Ma per quanto riguarda la località dello sbarco, se i nostri generali fossero stati più addentro alle cose militari avrebbero facilmente compreso che tale località era quasi obbligata.
Da una parte essa doveva essere compresa in un raggio di non oltre 300-400 km, tale era il raggio di autonomia della caccia alleata e dall'altra doveva prestarsi alle operazioni con mezzi anfibi.
L'unica località che rispondeva a tali requisiti era il tratto tirrenico fra Salerno ed Eboli.
- Quando sarebbe avvenuto lo sbarco principale?
Il generale Smith, forse per le continue domande rivolte dal Castellano, dichiarò che
esso sarebbe avvenuto entro due settimane..Castellano si affrettò di comunicare a Roma che
da informazioni confidenziali presumo che lo sbarco potrà avvenire tra il 10 e l’11 settembre,forse il 12.Ci fu forse da parte del Castellano una leggerezza nella sua comunicazione perché si doveva limitare a riferire testualmente le parole di Smith senza alcuna interpretazione personale, tuttavia la forma dubitativa della sua comunicazione scomparve nelle disposizioni impartite dal Comando Supremo allo Stato Maggiore.
In tali disposizioni, infatti, si diede per certo che l'annuncio dell’armistizio sarebbe stato dato il 12 settembre.
Ma ci fu di peggio perché anche il generale Roatta gli mise del suo indicando lo sbarco vicino Roma di divisioni americane… che nessuno aveva preannunciato.
Sbarco vicino Roma che era stato richiesto anche da Castellano ma che fu negato dagli Alleati.
Il 4 settembre non era ancora possibile conoscere la data dello sbarco principale ed il 6 settembre si comprendeva che doveva ormai essere questione di qualche giorno.
Quel giorno, infatti, i servizi della ricognizione strategica informarono che ingenti convogli navali alleati si erano radunati a Nord di Palermo. Anche un profano avrebbe capito che non si sarebbe esposto un naviglio cosi numeroso per lungo tempo alle minacce delle incursioni aree.
Il Comando Supremo non arrivò a comprendere una cosa cosi elementare!
La sera del 7 arrivò a Roma il generale Mawell Taylor il quale comunicò che
l’indomani sarebbe stato annunciato l'armistizio ed è giunto per predisporre gli aeroporti che dovranno servire allo sbarco della divisione paracadutisti americani.
Generale Maxwell Davenport Taylor
La notizia creò il panico e si cercò di convincere il generale americano che lo sbarco, cosi come lo intendevano gli Alleati (a scaglioni successivi in tre o quattro notti e in tre aeroporti diversi),non era più possibile poiché due divisioni tedesche minacciavano la capitale ma soprattutto che era indispensabile rinviare l'annuncio dell'armistizio.Taylor spedì allora un telegramma ad Eisenhower sia per far sospendere l'operazione della divisione paracadutisti sia per comunicare che Badoglio riteneva necessario ritardare di qualche giorno l'annuncio dell'armistizio.Al generale americano non rimase che ripartire per il Quartiere generale alleato e Badoglio Io fece accompagnare dal generale Aldo Rossi al quale era affidato il compito di spiegare ad Eisenhower tutto ciò che era stato già detto a Taylor.A Roma si era sicuri che il telegramma di Taylor e la missione di Rossi avrebbero sistemato tutto per il meglio.L’8 settembre il Guariglia fu informato da Badoglio della visita del generale Taylor e della partenza del generale Rossiallo scopo di rappresentare al Quartiere generale alleato la situazione comela vedevano le nostre autorità militari.C'era dunque logicamente da supporre che il generale Rossi avrebbe avuto tutto il tempo necessario per prendere nuovi e decisi accordi e, nello stesso tempo, le nostre autorità militari avrebbero avuto anch'esse il tempo di predisporre le corrispondenti misure.Ma l'illusione fu di breve durata.Giunse un telegramma di Eisenhower che avvertì perentoriamente Badogliodarò l'annuncio dell'armistizio all'ora indicata e se il maresciallo non collaborerà, cosi come è stato convenuto, il mondo intero sarebbe stato messo al corrente delle trattative,Il telegramma era chiaro e non dava adito ad equivoci, tuttavia c'era qualcuno che consigliava il re e Badoglio a non tenerne conto perché Eisenhower non avrebbe annunciato l'armistizio senza il consenso italiano.Ma anche questa vaga l'illusione durò poco. La riunione era ancora in corso quando venne annunciato il testo delle dichiarazioni lette da Eisenhower alla radio.Nel pomeriggio dell’8 settembre, alle ore 17.30 (?), tramite Radio Algeri fu reso pubblico il testo del Generale Dwigth Eisenhower sulla firma dell’armistizio e alle ore 18,00 lo stesso Eisenhower confermò il trattato con poche parole..The Italian Government has surrendered is Armed Forces unconditionallyIl Governo Italiano ha dato l’ordine alle sue forze armate di arrendersi senza condizione(una resa senza condizioni .. e non un armistizio….Consegna delle armi, della marina e l’aviazione nelle mani del vincitore) Di Badoglio non mi fidavo piùCosì si giustificherà il generale Eisenhower per aver anticipato di due ore alla radio l’annuncio dell’armistizio. Del resto aveva le navi sul Tirreno pronte per lo sbarco su Salerno e non voleva correre rischi d’incontrare sulla spiaggia due nemici: ne bastava uno.Badoglio lesse il messaggio, in effetti era un disco diffuso alla radio ogni 15 minuti.Preparò le valigie per intraprendere, poche ore dopo, con tutto il quartier generale e con il Re la fuga.Ma prima aveva un altro compito da svolgere e cioè comunicare agli italiani la firma dell’armistizio.Alle 19,30 entrò nell’auditorio O (con un bagaglio in mano?) della stazione radio dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche – Via Bertola?) dove era stato convocato lo speaker Giovan Battista Arista.L’Arista era nato a Messina il 231 maggio 1913 da Agostino e Giuseppina Arista.
Titta Arista nell'agosto 1970 Vallerano (Comune in provincia di Viterbo)
Furono messe in onda marce militari e canzonette mentre avveniva la registrazione. Con voce neutra Arista presentò il maresciallo che, con voce abbastanza ferma, lesse finalmente il testo concordato:
“Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla nazione, ha chiesto l’armistizio al generale Eisenhower. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.Quando qualche ora pii tardi il generale Rossi arrivò ad Algeri per convincere Eisenhower di rinviare l'annuncio dell'armistizio, questo era già conosciuto in tutto il mondo. (Alessandro D’Alessandro)Il discorso di Badoglio agli italiani fu quasi un atto forzato perché il generale Eisenhower aveva già da giorni dichiarato l’armistizio con l’Italia anche dai microfoni di Radio Londra.Poi Badoglio raggiunse il Re che aveva appena ricevuto l’ambasciatore tedesco a cui aveva giurato l’eterna amicizia dell’Italia alla Germania e il 9 settembre partirono verso le 5,10 da Roma per raggiungere Ortona per imbarcarsi alla volta di Brindisi, lasciando il Paese e i soldati senza direttive in preda alla ferocia della vendetta nazista.Secondo un relatore che visse di persona quegli avvenimenti, i fuggiaschi sarebbero stato a casa sua a Chieti e non a Pescara come più volte dichiararono gli storici. Erano ospiti a palazzo Mazzanotte, dalle nove del mattino fino alle ore 24, quando fuggirono in borgheseLasciandoci una montagna di divise, con tanti gradi, stellette e……. mille patacche appiccicate….
L’Armistizio di Cassibile aveva una sua base anche sociale, cioè l’esigenza di porre fine alla guerra.Era un’esigenza molto più importante e pressante sia per l’Italia che per le Nazioni Unite.Infatti il premier inglese Churchill credette bene di evitare qualsiasi concessione, affidando ai bombardamenti aerei il compito di ricordare agli italiani l’urgenza della fine della guerra, facendo in modo che i tentativi diplomatici dell’Ambasciatore Guariglia cadessero nel vuoto e che la risposta ai Generali Castellano e Zanussi fosse la resa incondizionata.Questa condotta di Churchill mirata alla conservazione dello Stato italiano, al fine di controllarne meglio il territorio risparmiando risorse preziose ed utilizzandolo in qualche modo nella guerra contro la Germania, lo condusse invece a sfasciarlo quasi completamente.E solo dopo aver appreso finalmente della sigla dell’accordo, Eisenhower annullò la partenza di ben 500 aerei in procinto di decollare, destinati a bombardare Roma, soprattutto per convincere Badoglio. Un Badoglio che temporeggiava pretestuosamente e che non voleva intestarsi la paternità dell’accordo.La firma dell’accordo, noto come “accordo breve”, squisitamente militare, sottintendeva però il recepimento anche di un “accordo lungo” che stabiliva di fatto potenziali condizioni assai umilianti per l’Italia. Condizioni da attuarsi in relazione all’effettiva collaborazione che l’Italia avrebbe offerto nella guerra contro i Tedeschi.Mentre a Cassibile Castellano firmava l’accordo, Badoglio informava i suoi ministri della Guerra e della Marina, nonché il Generale Ambrosio e il Ministro della Real Casa Acquarone che vi erano semplicemente trattative in corso…………Il giorno 8 gli Alleati diedero avvio alle azioni militari.Lo sbarco a Salerno e l’avvio dell’Operazione “Avalanche” (Valanga) con l’obiettivo di creare unaimportante testa di ponte nel territorio dell’Italia continentale. Una testa di ponte che avrebbe permesso alle truppe della 5ª Armata statunitense del generale Mark Clark di ricongiungersi con l’8ª Armata del generale Bernard Montgomery proveniente da sud, per poi avanzare verso Napoli e il suo fondamentale porto, attaccando infine le postazioni difensive tedesche lungo la linea del Volturno.
TESTO DELL'ARMISTIZIO STIPULATO NEL SETTEMBRE 1943
TRA L'ITALIA E GLI ALLEATI
ARMISTIZIO CORTO
Ore 17: a Cassibile, nella grande tenda della mensa dello Stato Maggiore, il Gen. Giuseppe Castellano, con la presenza del gen. D. Eisenhawer, firma le tre copie dell'armistizio corto (basato su 12 punti),per delega del maresciallo Badoglio, che sancisce la resa incondizionata dell'Italia agli Alleati.Per gli Alleati firma il gen. americano Bedell Smith.L'armistizio diverrà effettivo l'8 settembre: FIRMA Lì 3 settembre 1943 Le seguenti condizioni di armistizio sono presentate dal generale Dwight D. Eisenhower, Generale Comandante delle Forze armate alleate, autorizzato dai Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e nell'interesse delle Nazioni Unite, e sono accettate dal Maresciallo Badoglio, Capo del Governo italiano.1) Immediata cessazione di ogni attività ostile da parte delle Forze Armate Italiane.2) L'Italia farà ogni sforzo per sottrarre ai tedeschi tutti i mezzi che potrebbero essere adoperati contro le Nazioni Unite.3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente nelle mani del Comandante in Capo alleato e nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco. 4) Trasferimento immediato in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato, della Flotta e dell'Aviazione italiane con i dettagli del disarmo che saranno fissati da lui.5) Il Comandante in Capo alleato potrà requisire la marina mercantile italiana e usarla per le necessità del suo programma militare navale.6) Resa immediata agli Alleati della Corsica e di tutto il territorio italiano sia delle isole che del Continente per quell'uso come basi di operazioni e per altri scopi che gli Alleati riterranno necessari.7) Immediata garanzia del libero uso di tutti i campi di aviazione e dei porti navali in territorio italiano senza tener conto del progresso dell'evacuazione delle forze tedesche dal territorio italiano. Questi porti navali e campi di aviazione dovranno essere protetti dalle forze armate italiane finché questa funzione non sarà assunta dagli Alleati.8) Tutte le forze armate italiane saranno richiamate e ritirate su territorio italiano da ogni partecipazione alla guerra da qualsiasi zona in cui siano attualmente impegnate.9) Garanzia da parte del Governo italiano che, se necessario, impiegherà le sue forze armate per assicurare con celerità e precisione l'adempimento di tutte le condizioni di questo armistizio.10) Il Comandante in Capo delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi provvedimento che egli riterrà necessario per proteggere gli interessi delle forze alleate per il proseguimento della guerra; e il Governo italiano s'impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro carattere che il Comandante in Capo richiederà, e in particolare il Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli giudicherà necessario nell'interesse delle Nazioni alleate.11) Il Comandante in Capo delle forze armate alleate avrà il pieno diritto d'imporre misure di disarmo, smobilitazione e demilitarizzazione.12) Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario a cui l'Italia dovrà conformarsi saranno trasmesse più tardi. Le condizioni di questo armistizio non saranno rese pubbliche senza l’approvazione del Comandante in Capo alleato. Il testo inglese sarà considerato il testo ufficiale.
Durante la firma dell’Armistizio furono trattati molti argomenti.La tesi portata avanti dagli Alleati fu quella che se le forze italiane avessero offerto assistenza le condizioni di resa sarebbero stati favorevoli e inseriti nel cosiddetto armistizio lungo che sarebbe stato firmato a Malta a fine settembre.Ma cosa chiedevano gli inglesi e gli americani per avere delle condizioni di resa più favorevoli?gli italiani avrebbero dovuto fornire assistenza diretta o indiretta con azioni di sabotaggio contro i tedeschi, interruzione delle linee di comunicazione, distruzione dei depositi di carburante.In particolare venne chiestal’occupazione di Roma, il tentativo di impadronirsi dei porti chiave di Taranto, Brindisi, Bari, Napoli, di tagliare la ritirata dei tedeschi bloccando le strade…e inoltre dicreare un cordone a nord di Roma per impedire ai tedeschi di inviare rifornimenti al Sud.Per gli Alleati era importante, fondamentale ilil blocco delle ferrovie.Il generale Castellano rispose cheper ragioni di segretezza non potevano impartire ordini prima dell’annuncio dell’armistizio.Gli angloamericani risposero chevenissero date indicazioni ai sindacati degli operai perchési preparassero alle azioni di sabotaggio.Il generale Castellano si dimostrò subito scettico su queste richiese e disse chesicuramente subito dopo l’annuncio dell’armistizio i tedeschi avrebbero reagito,ma che gli italiani si impegnavano a difendersi dai tedeschi.Gli Alleati chiesero cheLa flotta navale italiana avrebbe dovuto partire da La Spezia e Taranto, dove era dislocata, e fare rotta verso Malta per consegnarsi agli Alleati. Lo stesso avrebbero dovuto fare le navi che erano in navigazione. La flotta aerea invece doveva rimanere a terra.Il generale Alexander affermò comel’Italia potrebbe assiste le forze alleate contro il comune nemico tedesco per ottenere termini finali più favorevoli. e spiegò come il ruolo di assistenza potrebbe essere classificato in:1. Indiretto;2. Diretto (compiti specifici),Riguardo al metodo indiretto:1a. l’assistenza positiva al nemico deve essere immediatamente troncata;1b. si desidera che s’intraprenda azione di sabotaggio sulle seguenti linee:- Attacchi alle sedi di comando;- Interruzione delle comunicazioni;- Distruzione di motori;- Distruzione di depositi di petrolio.Riguardo ai compiti specifici:2a. L’occupazione di Roma con l’oggetto di salvaguardare la capitale del paese,la vita di sua maestà, il governo del maresciallo Badoglio e l’arresto del movimento tedesco in Italia;2b. impadronirsi dei porti-chiave: Taranto, Brindisi, Bari, Napoli, Foggia;2c. tagliare la ritirata dei tedeschi bloccando le strade;2d. creare un cordone attraverso l’Italia in qualche parte a Nord di Roma per impedire ai tedeschi di mandare rinforzi al Sud;2e. la cattura di un aeroporto importante come quello di Foggia.La questione stava in quale ampiezza queste azioni si potevano realizzare.Si pose la questione se l’armistizio poteva essere garantito.Il generale Castellano disse cheNel momento in cui l’armistizio verrà annunziato, gli italiani sarannoattaccati dai tedeschi ed il loro compito deve essere quello di difendersi.Chiese quindi al generale Smith seSi poteva offrire una difesa coordinataLa risposta del generale Smith..Gli italiani debbono attaccare i tedeschi ovunque possono trovarsi.Il generale Castellano in merito all’armistizio affermò cheNon c’è dubbio sulla nuova volontà del popolo italiano di eseguirlo.Il generale Alexander precisò cheLa cosa più importante era quella di paralizzare le ferrovie. Il generale Castellano replicò cheNon si potevano promulgare ordini per ragioni si segretezza sino alla proclamazionequando il maresciallo Badoglio avrebbe pure proclamato che l’Italia non dovevadare assistenza ai tedeschi. Essi non potevano passare immediatamenteallo stato di guerra.Il generale Alexander suggerì cheSi potevano dare gli ordini attraverso i sindacati operaiperché si preparassero alle azioni di sabotaggio.Il generale Castellano concordò e disse cheEssendo il ministro dei Trasporti un generale si potevano dargli istruzioni dipreparare gli ordini in anticipo.Azioni di sabotaggio ma con quale ampiezza si dovevano praticare?Il generale Castellano affermò comeIl popolo italiano odia i tedeschi ma non potrebbe passare in un momento aUno stato di ostilità attiva. Questo atteggiamento di dovrebbe sviluppare.Si mise in risalto l’atteggiamento dell’Esercito Italiano. Con quale ampiezza le formazioni combattenti avrebbero agito contro i tedeschi?Il generale Castellano disse cheSi difenderebbero ovunque si trovassero dislocate. Ovunque si trovino i tedeschi,gli italiani agirebbero contro di loro.Il generale Alexander portò degli esempi indicando varie località importanti dal punto di vista militare…Impadronirsi di Taranto e bloccare la penisola calabrese.Il Castellano replicò cheAveva una divisione a Taranto che avrebbe occupato e tenuto il porto.Non aveva, invece, delle divisioni a Napoli.A Napoli le divisioni tedesche, tornate dalla Sicilia liberata, furono riequipaggiate in modo efficiente.Il generale Alexander riferì cheLe divisioni erano state battute due volte, in Tunisia e in Sicilia.Le divisioni a nord di Napoli potevano essere bloccate.Il generale Castellano….La pianura di Napoli era troppo vasta per contenere un’intera sezione.Sarebbe necessario coordinare piani integrati con gli Alleati.Il generale Alexander..Quando gli italiani e gli Alleati si fossero conosciuti meglio rispettivamente si sarebbepotuto conseguire l’integrazione e ciò per il meglio.Nel frattempo gli italiani dovevano combattere per il loro paese.I contadini armati combatterebbero bravamente con la guerriglia organizzata.L’Alexander fece delle domande sulla situazione militare a Roma….Potevano le quattro divisioni difenderla?Si userebbero mine e blocchi stradali?Si chiamerebbero fuori i giovani leaders più arditi e si metterebbero a capo diqueste operazioni?Il Castellano chiese seUfficiali prigionieri sarebbero resi disponibili (la risposta fu “no”).Ma concordo che l’azione suggerita potrebbe essere intrapresa.Fu trattato anche il problema navale con delle precise richieste da parte degli angloamericani.L’ammiraglio Royer Mylius Dick della Royal Navy (britannica) era capo di stato maggiore dell’ammiraglio Andrew Cunningham, comandante della “Mediterranean Fleet” britannica e delle forze navale Alleate del Mediterraneo.
Royer Mylius Dick
L’ammiraglio Dick presentò un documento, denominato “Promemoria Dick”, nel quale venivano precisate le condizioni alle quali le navi militari e mercantili italiane dovevano attenersi per consegnarsi in porti Alleati (porti del Sud Italia).
SEGRETISSIMOISTRUZIONI PER IL TRASFERIMENTO DELLE NAVI DA GUERRA E MERCANTILI ITALIANE[PROMEMORIA DICK]Essendo stato concordato che tutte le navi da guerra e mercantili italiane lasceranno le acque dell'Italia il più rapidamente possibile alla proclamazione dell'armistizio da parte delle Nazioni Unite, sono state preparate le istruzioni generali che seguono per facilitare e favorire i necessari trasferimenti. NAVI DA GUERRA2. Porti di riunioneI porti nei quali le navi da guerra potranno recarsi sono i seguenti: Gibilterra, Palermo, Malta, Augusta, Tripoli, Haifa e Alessandria. 3. Rotte [per le navi trovantisi sulla costa occidentale dell'Italia]a) Tutte le navi da guerra trovantisi nelle coste occidentali dell'Italia a nord del 42º parallelo dovranno portarsi a nord della Corsica e far rotta quindi verso sud passando a ponente della Corsica e della Sardegna in modo da arrivare durante le ore diurne al largo del porto di Bona. Quivi avranno un incontro [con navi alleate] e riceveranno istruzioni per l'ulteriore rotta. Le navi – salvo disposizione contraria – non dovranno avvicinarsi al porto di Bona più di 5 miglia.b) Le navi da guerra trovantisi nei porti occidentali dell'Italia a sud del 42º parallelo dovranno dirigere verso nord lungo la costa sino a raggiungere il suddetto parallelo; dovranno far rotta quindi verso ovest sino alla costa orientale della Corsica, dirigere successivamente verso sud costeggiando la Corsica e la Sardegna e proseguire infine per Bona dove riceveranno istruzioni, come indicato nella lettera a).c) Le piccole unità trovantisi a nord del 42º parallelo dovranno far rotta per La Maddalena seguendo la costa orientale della Corsica e dirigendo quindi, appena possibile, per Bona. Le piccole unità trovantisi a sud del 42º parallelo dovranno rimanere in porto, salvo che vi sia immediato pericolo di cattura da parte dei Tedeschi. In questo caso le unità trovantisi a Napoli o a nord di Napoli dovranno far rotta per Augusta seguendo la costa e attraverso lo stretto di Messina. 4. Rotte per le navi trovantisi nella costa orientare [dell'Italia e dell'Egeo]a) Tutte le navi da guerra trovantisi a Taranto, in Adriatico o nei porti orientali dell'Italia dovranno dirigere per Malta arrivandovi direttamente, provenendo da est, durante le ore diurne.b) Le unità minori e le piccole unità potranno far rotta direttamente per Augusta.c) Tutte le navi da guerra trovantisi in Egeo dovranno recarsi ad Haifa. 5. Istruzioni per il trasferimento e l'arrivoa) Le navi dovranno salpare appena possibile, dopo il tramonto, il giorno della proclamazione [dell'armistizio] e navigare alla più alta velocità sino al sorgere del giorno.b) La velocità dovrà essere regolata in modo che l'arrivo entro la portata dei cannoni dei porti o delle difese costiere degli Alleati non avvenga prima che sia giorno fatto. c) L'avvicinamento alla costa dovrà essere effettuato a bassa velocità (non più di 12 nodi).d) È importante che le navi da guerra arrivino a gruppi. L'arrivo isolato non è conveniente e dovrà essere evitato per quanto possibile. 6. [Istruzioni circa le armi]Tutti i cannoni dell'armamento principale ed i lanciasiluri dovranno essere brandeggiati per chiglia. È concessa invece libertà d'azione per le armi contraeree, ma il fuoco dovrà essere aperto soltanto in caso di chiara azione ostile da parte di un aereo. 7. RiconoscimentoTutte le navi da guerra durante il giorno dovranno alzare all'albero di maestra (o albero che hanno, per quelle che ne posseggono uno solo) un pennello nero o blu scuro, il più grande possibile. Grandi dischi neri potranno essere posti in coperta come segnale di riconoscimento per gli aerei. Qualora durante la notte fossero incontrate altre navi, per farsi riconoscere saranno accesi i fanali di via con luce attenuata e sarà trasmesso con lampeggiatore il segnale “G A”. 8. Sommergibilia) I sommergibili dovranno navigare in superficie sia di giorno che di notte.b) Quelle provenienti dai porti dell'Italia continentale o della Sardegna dovranno seguire le stesse rotte prescritte per le altre navi da guerra e dovranno essere scortate, se possibile, da unità di superficie.c) I sommergibili in mare dovranno far rotta, in superficie, per il più vicino dei porti indicati nel precedente paragrafo 2. 9. Condizioni generaliSia chiaro che le navi dovranno essere pronte, dopo che avranno preso contatto con le autorità alleate, a ricevere a bordo quel personale navale alleato che le autorità suddette potranno ritenere conveniente e che saranno attuate per il momento quelle misure di disarmo che le autorità stesse potranno stabilire. Queste misure di disarmo mirano a garantire la necessaria sicurezza dei porti alleati nei quali le navi da guerra italiane potranno trovarsi all'ancora. 10. ComunicazioniDovrà essere osservato nella maggior misura possibile il silenzio radio, ma se navi da guerra italiane o alleate desiderassero comunicare tra loro ciò dovrà avvenire inizialmente su 500 kilocicli. È prevedibile che saranno date successivamente disposizioni per passare ad una frequenza più adatta, qualora si dovesse effettuare lunghe comunicazioni. MARINA MERCANTILE11. Porti di riunioneLe navi mercantili trovantisi ad ovest del 17º meridiano dovranno far rotta per Gibilterra; le navi trovantisi nelle coste occidentali dell'Italia a nord del 42º parallelo dovranno passare a nord della Corsica o a nord della Sardegna e far quindi rotta diretta per Gibilterra, combustibile permettendolo. Se il combustibile non lo consentisse, esse dovranno dirigere per i porti di Bona o di Algeri arrivandovi in ore diurne. Dovranno chiedere istruzioni prima di entrarvi non essendo consentito far ciò senza esserne stati autorizzati. Le navi trovantisi a sud del 42º parallelo dovranno seguire la rotta indicata nella lettera b) del paragrafo 3 sino a quando avranno superato verso sud la Sardegna. 12. RiconoscimentoLe navi mercantili dovranno alzare all'albero di maestra un pennello nero o blu scuro.13. Norme per il trasferimento e l'arrivoL'arrivo nei porti alleati dovrà avvenire sempre in ore diurne, l'avvicinamento dovrà essere effettuato a bassa velocità (non più di 12 nodi).14. ComunicazioniSu 500 kilocicli.4 settembre 1943.Per il Comandante in Capo del Mediterraneo, amm. Cunningham:Commodoro Royer DickIl generale Castellano chiesese una parte della flotta poteva rimanere nei porti settentrionali come Cagliari.(All’8 settembre in Sardegna si trovano:1. Alla base della Maddalena:a. 2a squadra Corvette (Minerva, Danaide);b. Il sommergibile “Filippo Corridoni”, in forza al IV gruppo sommergibili; c. La nave appoggio “Antonio Pacinotti”;2. Nella base di Porto Corvo: a. La corvetto “Ibis”, in forza alla I Squadriglia Corvette.)La risposta dell’ammiraglio Dick fu negativa e aggiunse come la flotta presente nel porto di La Spezia si recasse nell’area di Bona (Appona, città costiera nel Nord-st dell’Algeria non distante dal confine con la Tunisia) e la flotta di Taranto nel porto di Tripoli. Erano queste le direttive dell’ammiraglio Cunningham. Il generale Smith precisò chenel momento in cui le flotte si sarebbero mosse, le nostre flotte sarebbero state in mare.Il piano dell’ammiraglio Cunningham aveva lo scopo di evitare che essi siincontrassero e combattessero al buio.Noi sappiamo dai prigionieri tedeschi che i tedeschi intendono affondare con bombe etorpedini le navi italiane piuttosto di lasciare che cadano nelle mani degli Alleati.L’ammiraglio Dick precisò cheAll’inizio si dovevano prendere precauzioni per assumere il controllo diqueste potenti unità.Il generale Castellano…Si sarebbe eseguita tale azione. Spero che la forma sarebbe stataquanto possibile inoffensiva.Il generale Smith..C’è così poco tempo che gli Alleati sono obbligati a seguire la procedura precisata.Vi sarebbe stato un processo di assestamento fino a che si potesse definire un’azionecoordinata. Gli ufficiali ed i marinai italiani non sarebbero stati assoggettati adalcuni indegnità.L’ammiraglio Dick..C’erano alcuni punti che potevano soltanto essere trattati genericamente a questo stadio.Domandò se si poteva rendere qui disponibile un ufficiale di marina italiano.Il castello era d’accordo ma desidera evitare un trasferimento aereo. Pensava come il trasferimento si sarebbe dovuto effettuare con un trasferimento via mare.I generali Alexander e Smith precisarono cheUn piccolo gruppo di strateghi italiani si stabilirebbero immediatamente presso i comandi alleati.Vi sono molti punti da portare avanti.L’ufficiale di marina italiano deve venire all’Alto Comando Alleato.Il Castellano rispose cheSei – otto ufficiali di Sato Maggiore sarebbero impiegati con le forze d’assalto.C’erano soldati americani che parlavano italiano che potrebbero fare da interpreti.L’ammiraglio Dich suggerì cheI grandi transatlantici prenderebbero la rotta dai porti occidentali versoGibilterra, di lì verso l’America. Quelli dai porti orientali farebbero rifornimento aMalta e poi proseguirebbero. In linea di principio quanti più possibile diquesti preziosi vascelli si devono muovere in direzione Sud, dato che i tedeschifarebbero ogni sforzo per impadronirsene.Una flotta di transatlantici molto importanti…

Il Castellano rispose cheCerte navi (transatlantici) erano già impiegate dai tedeschi.Il generale Smith….Gli agenti delle linee transoceaniche di Lisbona sono già in comunicazione al riguardo.Il Castellano…Certe navi potevano non avere abbastanza carburante per muoversi al Sud.L’ammiraglio Smith….Sarebbe pericoloso mandare delle petroliere. Dibattito sulla flotta aerea.Il generale Smith..A noi non abbisognava che le forze aere prendessero il volo.Esse sarebbero impiegate in Italia.Il Castellano..La benzina era scarsa.In agosto i tedeschi avevano fornito soltanto un quinto del quantitativo preventivato.Ai bombardieri di poteva dare abbastanza carburante per raggiungere la Sicilia.I combattenti italiani usavano benzina tedesca ma i bombardieri no.Tutta la benzina disponibile si poteva concentrare nell’area di Roma?Il generale Timberlake..Erano importanti gli aerei di Foggia come obiettivi militari.Il generale Castellano…Non c’erano apprezzabili forze italiane. Formazioni Italiane nei Balcani e nell’EgeoIl generale Castellano…Ho già discusso questo problema con il generale Smith.Secondo l’armistizio le truppe italiane devono arrendersi ma le formazioni dell’interno dovevano combattere contro i tedeschi mentre si muovevano verso la costa.Le truppe del Dodecaneso si arrenderebbero.La divisione di Creta potrebbe dover restare.La proclamazioneIl generale Alexander..Si richiedono definizioni dettagliate.Si farebbero ora le registrazioni (dei proclami) di sua maestà il re e delmaresciallo Badoglio e si sarebbero copie agli Alleati sicché in caso diemergenza si potrebbe fare l’annunzio.Il generale Castellano..Se il pubblico venisse a conoscenza dei possibili arresti, le trasmissioni delleregistrazioni provocherebbero perplessità.Era per questa emergenza che il generale Ambrosio progettava di lasciare Roma.Generale Smith…La cosa più desiderabile era che il primo annunzio venisse da una stazione italiana.Se il re e il maresciallo Badoglio erano prigionieri, il piano miglioreera che il generale Ambrosio parlasse da una stazione italiana e annunziasse cheparlava con la loro autorità.Generale Alexander..Sono ancora in favore che si mandassero le registrazioni e che si fornisserole copie ai comandi alleati.Il generale Castellano…Il re non trasmette bene e il maresciallo Badoglio annunzierebbe la proclamazione.Su quali linee direttive questa si potrebbe fare?Il generale SmithQuesto poteva verificarsi per un annunzio ulteriore.Il generale Eisenhower avrebbe fatto sua la proclamazione.Il Castellano..La sequenza sarebbe:1. Proclamazione di cessazione delle ostilità;2. Una visita del ministro degli Esteri italiano alle autorità tedesche per notificarle.Se i tedeschi offrivano di arrendersi, gli italiani cercherebbero un processo per attaccarli. Se, come probabile, essi rimanevano, gli italiani li avrebbero alloraattaccati per quel motivo.Il generale Smith chieseSe nel primo caso non si permetterebbe ai tedeschi di arrendersi.Il generale Alexander…No… non si doveva rimandare nessuna opportunità di uccidere i tedeschi.L’ammiraglio Dick…La data era importante. A meno che non fossero diramati i primi ordini di allarme,le navi dovevano essere in grado di prendere la rotta la notte dellaproclamazione. I dettagli dell’annunzio di Eisenhower e della proclamazionedevono essere coordinati in anticipo.Il generale Rooks proposePer la data alle 18,30 ora di Roma in un giorno D specificato, immediatamenteseguente all’annunzio del generale Eisenhower alle 18,15.La proclamazione sarebbe letta con ogni mezzo possibile.Il Castellano….Un preavviso di poche ore del giorno D era insufficiente. Gli occorreva un preavvisodi parecchi giorni (un discorso che aveva già esposto a Lisbona).Il generale Alexander…Non si può rischiare perdite di sicurezza. Era il minore di due mali che alcuni dettagli della proclamazione fosseroincompleti. Egli poteva soltanto dire che gli Alleati avevano iniziato illoro armistizio oggi. C’era solo una questione di ore prima che seguisse losbarco principale.Il generale CastellanoRimaneva il piano che un solo sbarco principale seguisse l’assalto di oggi?Il generale AlexanderNon posso saperlo.C’erano alcune mosse che potevano venire.Era stata fatta soltanto la prima mossa.Non c’era tempo da perdere.Lascerò dettagliata informazione dello staff.Si concordò comeil generale Castellano sarebbe rimasto a “Fairfield” a Cassibile e che gli sarebbe datauna sede per lui e si farebbe ogni cosa per renderla confortevole. L’annuncio dell’armistizio venne dato l’8 settembre 1943 eppure il quello stesso giorno il re Vittorio Emanuele III, dopo aver ricevuto a Villa Savoia l’ambasciatore Rahn, inviò un messaggio ad Hitler nel quale confermava che l’Italia sarebbe stata
“legata alla Germania per la vita e per la morte”.Quell’8 settembre, che nella letteratura italiana e nel pensiero degli italiani doveva decretare la fine della guerra, diventò invece il giorno della grande illusione collettiva perché sarebbe diventato un forte nemico da cui difendersi.
L’armistizio rilevò subito degli aspetti inquietanti.
C’erano più di due milioni di italiani sparsi nei fronti di guerra (la fine tragica della divisione Acqui a Cefalonia ne fu una testimonianza) e riconoscere chi era il vero nemico non fu facile.
Sarà una grande tragedia a causa del ritardo con cui i comandi periferici furono informati della firma dell’armistizio.
Come già accennato, la famiglia reale, i generaloni, i pluripotenziari era già pronti per la fuga verso Brindisi. Una fuga che renderà ancora più triste e squallido il periodo nero della storia d’Italia.
Erano tre i punti da risolvere per il governo italiano:
- La tutela delle forze armate sparse per tutta Europa e inchiodate anche per la mancanza cronica dei mezzi di trasporto;
- La difesa di Roma;
- La salvaguardia della famiglia reale e delle maggiori personalità.
Alla fine si pensò di risolvere solo l’ultimo punto.
La gente quella sera, ascoltando il messaggio di Badoglio sulla firma dell’armistizio, si illuse che la guerra fosse davvero finita… La resistenza non era ancora cominciata ancora o forse sì, in qualche parte d’Italia, ma la gente ancora non lo sapeva…..C’è da dire che i tedeschi, prevedendo il comportamento politico dell’Italia, avevano predisposto il 25 luglio un piano militare.Circa trenta minuti dopo l’annuncio della firma dell’Armistizio, i comandi militari tedeschi diedero avvio alle azioni militari con la parola d’ordineAchse (Asse)Tutti i centri nevralgici del territorio italiano dovevano essere occupati.I tedeschi erano quindi pronti all’azione militare mentre gli italiani, malgrado avessero avuto alcuni giorni a disposizione dalla firma effettiva dell’armistizio, non erano consapevoli di cosa fare.Gli ordini furono confusi, spesso contradittori e, in questa confusione, l’esercito si dissolse.Molti soldati ed ufficiali si tolsero la divisa e tentarono di raggiungere le proprie case, una parte dei militari si rifugiò nelle montagne per formare con alcuni civili le prime cellule partigiane. Un fil del 1960, dal titolo “Tutti a Casa” raccontò quei momenti..Un film del regista Luigi Comencini e interpretato magistralmente da Alberto Sordie altri interpreti tra cui Carla Gravina…
Signor Colonnello…. È successo una cosa incredibile..
I tedeschi si sono alleati con gli americani…. Ci sparano….
I tedeschi catturarono 22.000 ufficiali e più di 650.000 soldati. Furono rinchiusi in carri bestiame piombati e avviati nei campi di internamento in Germania. Inoltre s’impadronirono di una gran quantità di materiale bellico: 1.265.660 fucili; 38.383 mitragliatrici; 9.988 pezzi d’artiglieria di vario calibro; 970 carri armati; 4.553 aerei; 10 torpediniere e cacciatorpediniere. Vennero poi sequestrati 1.173 cannoni controcarro, 1.581 pezzi contraerei, 8.736 mortai, 333.069.000 sigari e sigarette, 672.000 giacche a vento, 783.000 maglie, 592.100 paia di pantaloni, 2.064.100 camicie, 3.388.200 paia di scarpe, 5.251.500 paia di calze. E, ancora, 56.000 pneumatici, 140.000 rotoli di filo spinato.
Per mandare al Nord i materiali sequestrati i tedeschi impiegarono 2.034 carri ferroviari solamente nel settembre del 1943. Altri trasporti vennero avviati su strada. Tra ottobre e novembre il numero delle spedizioni venne triplicato.
Le situazioni più disperate le affrontarono i reparti italiani dislocati in Grecia, Albania, nei Balcani, soprattutto nelle isole dove era impossibile nascondersi ai tedeschi. A Cefalonia e Corfù la divisione Acqui resistette ai tedeschi fino al 25 settembre e alla fine furono uccisi 5mila soldati italiani, molti assassinati dopo la cattura per rappresaglia. A Creta e Rodi i militari italiani vennero inquadrati nei reparti tedeschi. In particolare a Rodi vennero costituiti volontari che passarono direttamente sotto il controllo tedesco. Altri giurarono fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, costituita dai fascisti a Salò, e rimasero almeno formalmente sotto il controllo di ufficiali italiani. Nel Peloponneso invece i reparti italiani si unirono agli Alleati e fecero un patto con le forze di resistenza greca.
I corpi di civili italiani, uccisi dai tedeschi nel MASSACRO DI BARLETTA immediatamente dopo l'Armistizio dell'Otto Settembre 1943. Foto di propaganda di guerra nazista proveniente dal "Deutsches Bundesarchiv", firmata "Benschel".
Ufficiali italiani della Divisione Sassari, scortati da paracadutisti tedeschi nei giorni immediatamente seguenti l'Armistizio dell'Otto Settembre 1943, presumibilmente a Roma (sullo sfondo si notano strutture che possono essere le installazioni industriali del Gazometro di Via Ostiense), condotti a parlamentare con ufficiali tedeschi. Foto proveniente dal "Deutsches Bundesarchiv", firmata "Otto".
Ufficiali italiani, catturati da paracadutisti tedeschi immediatamente dopo l'Armistizio dell'8 settembre 1943, in una città non specificata (sullo sfondo si nota una fabbrica),
a colloquio con gli ufficiali tedeschi.
Foto di propaganda di guerra nazista proveniente dal "Deutsches Bundesarchiv",
firmata "Otto".
Villa San Giovanni
Un soldato Italiano, rimasto solo tra le macerie, si arrende agli alleati,
l’immagine emblematica dell’esercito allo sbando.A Roma militari e civili resistettero quanto possibile, ma il 10 settembre i tedeschi occuparono tutta la città. Roma venne dichiarata “città aperta”, cioè un luogo dove non ci dovevano essere combattimenti per preservare il patrimonio artistico e storico. La dichiarazione fu però unilaterale, firmata solo dalle autorità italiane, mentre i tedeschi non la ratificarono mai. L’occupazione durò nove mesi fino all’ingresso in città delle forze Alleate, nel giugno 1944.
Anche Firenze venne proclamata città aperta. In altre città reparti militari e civili tentarono di opporsi all’occupazione tedesca combattendo. A Napoli civili e militari riuscirono a respingere i tedeschi che lasciarono la città. Il 1° ottobre del 1943 arrivarono le forze Alleate.
Il 10 settembre alle ore 16,00 Roma si arrese alle truppe tedesche che nominarono dei commissari come tecnici dei ministeri. La sede del governo italiano venne trasferita a Brindisi.
Una nuova guerra era appena iniziata…Documento inviato da Vittorio Emanuele III ai marinai italiani dopo l'armistizio del 1943.
Nella Regia Marina Militare non tutti gli ufficiali accettarono di obbedire all’armistizio. Alcune navi furono fatte affondare affinché non venissero consegnate agli Alleati e altre sabotate.
Molte navi si trovavano nei porti perché in riparazione o impossibilitate a muoversi (anche per mancanza di carburante) e altre furono invece affondate in scontri a seguito dell’armistizio.
Un lungo elenco testimone di quello che un tempo era la gloriosa Marina Militare Italiana…









Andarono perduti anche numerosi navigli minori tra cui la vedetta antisommergibile “VAS234”.Fu affondata in un combattimento con alcune motosiluranti tedesche il 9 settembre 1943.
VAS 208
Con la firma dell’armistizio l’ammiraglio Federico Carlo Martinengo fu incaricato di trasferire le unità antisommergibili al suo comando nell'Alto Tirreno.Federico Carlo Martinengo
Verso metà mattinata del 9 settembre la crescente presenza di truppe tedesche a La Spezia spinse l’ammiraglio a lasciare il porto al comando di due vedette antisommergibili, le VAS 234, sua nave di bandiera, e VAS 235 (c.c. Eugenio Henke). Quando le due unità italiane giunsero all'altezza dell'isola di Gorgona (di fronte a Livorno) furono intercettate da due dragamine tedeschi, le unità R212 e R215, salpate da Livorno per intercettare le unità italiane. Isola di Gorgona
Le unità tedesche intimarono alle due unità italiane di fermarsi ma, dopo il loro rifiuto, aprirono il fuoco.
Il timoniere della VAS234 fu ucciso e l’ammiraglio Martinengo prese il suo posto rimanendo, a sua volta, ucciso da un colpo alla testa.
Le due unità italiane si mossero verso Cala Scirocco mentre le unità tedesche, gravemente danneggiate e con numerosi morti e feriti a bordo, rientrarono a Livorno.
La salma del contrammiraglio fu recuperata dal relitto della nave il 14 settembre e tumulata con gli onori militari nel cimitero della Gorgona, da dove, su richiesta della vedova, fu traslata negli anni ottanta nel settore militare del Cimitero di La Spezia. Per il suo eroico comportamento nel combattimento del 9 settembre 1943 gli fu assegnata la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Tra la fine di settembre e l’inizio d’ottobre la Regia Marina Militare vide la fine di altre numerose unità durante le operazioni di evacuazione delle truppe italiane dall'Albania e durante i combattimenti tra forze italiane e tedesche per il possesso delle isole greche:
Cacciatorpediniere “EURO”
Il 25 febbraio 1943 assunse il comando dell’unità, di base a Lero(isola nel Mar Egeo), il capitano di fregata Vittorio Menegini.
Isola di Lero
Capitano di fregata Vittorio Meneghini
Quando fu proclamato l’armistizio la nave si trovava in alto mare. Ricevette l’ordine dal comando dell’isola di Lero di rientrare nell’isola.
Il 9 settembre fu inviato a Rodi per trasportare dei rinforzi militari per poi rientrare per il pericolo di restare bloccato a causa della caduta dell’isola, in mano ai tedeschi, avvenuta l’11 settembre 1943.
Il bombardamento dell’isola di Leto, da parte dei tedeschi, iniziò il 26 settembre 1943. I soldati della Wehrmacht tedesca sbarcarono nell’isola il 12 novembre contrastati dal Regio Esercito, da un contingente britannico e da uno greco.
Il 26 settembre l’isola subì due attacchi: il primo alle 9,50 ed il secondo alle 15,30 da parte dei bombardieri tedeschi Junkers Ju 87, detto anche Stuka. Uno Junkers JU 87 B Stuka durante un'azione di bombardamento
in tedesco Sturzkampfflugzeug, letteralmente "aereo da combattimento in picchiata"), è stato un bombardiere in picchiata monomotore con configurazione alare ad ala di gabbiano rovesciata
Nell’azione d’attacco furono affondati:- il cacciatorpediniere greco “Vasilissa Olga”;- Il cacciatorpediniere “Intrepid” britannico;- Il MAS 534. Subirono gravi danni il piroscafo “Prode” e il “Tananrog” (catturato ai Tedeschi dagli italiani a Rodi).Il “Prode” fu costruito nel 1903 e fu di proprietà dell’armatore Guido Vitali & C. di Roma. Iscritto al Compartimento Marittimo di Siracusa, matricola n°27.Fu requisito dalla Regia Marina dal 18 giugno (a Taranto) al 5 ottobre 1943. Non iscritto nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato. Fu successivamente affondato a Porto Lago di Lero (Egeo) il 5 ottobre 1943 durante un'incursione aerea tedesca.Verso le 9,50 20-24 aerei tedeschi Ju88 del 2° Squadrone del 51° Stormo di Bombardamento (II/KG51) e del 2° Squadrone del 6° Stormo di Bombardamento (II/KG6) apparvero nel cielo sopra Leros . I Ju 88 attaccarono i due cacciatorpedinieri in tre ondate di 6-8 aerei. I Ju 88 della prima ondata, seguendo l'asse di entrata della baia, iniziarono la loro picchiata da un'altezza di circa 1500 metri e sganciarono le loro bombe su Queen Olga e Intrepid da 300-400 metri, sparando contemporaneamente con le mitragliatrici sui ponti per impedire agli equipaggi di occupare le posizioni di combattimento.La Regina Olga rimase illesa nonostante le vicine esplosioni che la scossero, ma l' Intrepid ricevette una bomba che le creò uno squarcio di (2x1) metro distruggendo la caldaia n. 3.Un minuto dopo la fine della prima ondata, apparve la seconda ondata di Ju 88, che bombardò le installazioni italiane sull'isola, dando agli equipaggi dei cacciatorpediniere il tempo di equipaggiare i loro cannoni antiaerei. Ma la comparsa della terza ondata fu fatale per la regina Olga.Le prime raffiche dei Ju 88 colpirono il Commodoro Blessas al petto e al collo, facendolo cadere morto sul ponte della nave. Accanto a lui caddero diversi uomini. Poco dopo il cacciatorpediniere fu colpito da almeno due bombe che caddero dietro il camino di poppa e fecero saltare la postazione del cannone antiaereo Vickers e forse la terza postazione del cannone da 127 mm. Seguì una terribile esplosione e la sezione di poppa quasi si spezzò, sbandò a dritta e cominciò ad affondare, trascinando sul fondo il resto della nave. I disperati sforzi dell'equipaggio per salvare la nave colpita non ebbero successo e così alle 10:08 il sottufficiale Daniel diede l'ordine di abbandonare. Dopo poco la nave si capovolse e alla fine affondò alle 10:11. Nel momento in cui l'ultima parte della nave, la prua, stava scomparendo sotto la superficie del mare, quelli dell'equipaggio che riuscirono a salvarsi, esclamarono pieni di emozione"Viva Olga".Il giorno del suo affondamento, l'equipaggio della Queen Olga contava 211 ufficiali e guardiamarina greci e 11 marinai inglesi, per un totale di 222 uomini. Di questi persero la vita il capitano, cinque ufficiali, 10 sottufficiali, 54 marinai e tre marinai inglesi. Dei 141 greci salvati, 23 rimasero feriti. A bordo del cacciatorpediniere c'erano anche 15 cittadini di Leria e 7 marinai greci dell'equipaggio della nave mercantile Taganrog. Di questi, persero la vita 3 leriani e 4 marinai.La “Principessa Olga” aveva partecipato allo sbarco degli angloamericani in Sicilia e alla conquista delle isole di Lampedusa e Pantelleria.Principessa Olga
Il comandante George Blessas
Il comandante George Blessas
Il cacciatorpediniere “Euro” mollò gli ormeggi e riuscì ad evitare di essere colpito. Aprì il fuoco con le mitragliere riuscendo ad abbattere uno Stuka e a danneggiarne un altro.Quel 26 settembre dovrebbe essere ricordato perché fu un attacco che in pochi minuti arrecò danni ingentissimi. Le batterie di difesa furono colte di sorpresa e quando aprirono il fuoco l’attacco tedesco era già finito.Distrutte caserme con molti morti e feriti. Ma l’aspetto che fa rabbrividire fu quello che successe sul cacciatorpediniere greco “Principessa Olga”.Quella mattina, per una tragica fatalità, si erano recati a bordo del Principessa Olga i ragazzini delle scuole locali… Non sono riuscito ad accertare quanti ragazzi si salvarono.Il sistema di avvistamento posto sull’isola non funzionò.Le rete di avvistamento verso Ovest s’era perduto con la resa di Sira e malgrado i cacciatorpedinieri britannici avessero i radar, non riuscirono ad evitare il forte attacco tedesco sull’isola. Ci fu un’ecatombe di vittime innocenti sul “Principessa Olga”.Il cacciatorpediniere “l’Intrepid” britannico aveva subito dei danni. Mentre tutti si prodigavano con ogni mezzo al soccorso dei feriti, al recupero dei caduti ed alla riparazione dei danni, alle 15.30 si scatenò una seconda violentissima azione aerea tedesca. Il superstite CT inglese, intorno al quale Inglesi e Italiani erano tutti indaffarati a salvare il salvabile, colpito di nuovo, aumentò lo sbandamento e quindi si capovolse.
Intrepid
L’uno ottobre l’Euro fu danneggiata da alcune bombe, cadute vicino alle nave, durante un nuovo attacco tedesco. Il 3 ottobre fu nuovamente colpito mentre si trovava nella rada di Parteni e affondò.I superstiti dell'equipaggio, guidati dal comandante Meneghini, continuarono a combattere sull'isola con le armi recuperate dal relitto del cacciatorpediniere. I membri dell'equipaggio dell’Euro furono tra gli ultimi reparti a cessare la resistenza, dopo la resa di Lero. Il 17 novembre 1943, si arresero ai reparti tedeschi e il comandante Meneghini venne fucilato. Alla sua memoria fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare.La torpediniera Giuseppe Sirtori
Il 13 settembre la Sirtori e la gemella Stocco furono inviate a Corfù per dare aiuto alla guarnigione italiana posta nell’isola per la difesa dagli attacchi tedeschi. L’isola era di continuo sottoposta agli attacchi della Luftwaffe. Il 14 settembre i bombardieri tedeschi Junkers Ju 87 colpirono la Sirtori che, gravemente danneggiata, fu fatta incagliare nella spiaggia di Potamus (Corfù).
Il 25 settembre l’isola fu conquistata dai tedeschi e l’equipaggio della Sirtori minò e fece saltare in aria la nave per evitarne la cattura da parte delle forze tedesche.La torpediniera Francesco Stocco
Dopo l’affondamento della Sirtori la Stocco fu fatta tornare a Brindisi. Dopo aver pattugliato la costa meridionale di Corfù sino al limite dell'autonomia, come da ordini, ed aver respinto con le proprie mitragliere un attacco da parte di quattro velivoli tedeschi, la torpediniera rientrò nel porto pugliese in serata.
All'alba del 24 settembre la Stocco lasciò Brindisi per scortare a Santi Quaranta, insieme alla corvetta Sibilla, un convoglio composto dai piroscafi Dubac e Probitas e dalla motonave Salvore, che avrebbero dovuto imbarcare ed evacuare la Divisione «Perugia», stanziata in Albania.
Durante la navigazione la Stocco fu distaccata per contrastare un tentativo di sbarco a Corfù da parte delle forze tedesche. La torpediniera fu però ripetutamente attaccata da numerosi bombardieri tedeschi Junkers Ju 87 «Stuka». La nave riuscì ad abbattere uno degli aerei tedeschi, ma fu poi colpita a sua volta, venendo immobilizzata con parecchie vie d'acqua, e s'inabissò ad ovest di Corfù (secondo altra fonte la Stocco, gravemente danneggiata dagli aerei, venne autoffondata dall'equipaggio). Il comandante della nave, un sottotenente di vascello e dieci marinai, tutti feriti, vennero tratti in salvo dalla popolazione dell'isolotto di Marlera, ed il 29 settembre s'imbarcarono su di una barca a vela condotta da quindici militari italiani in fuga da Corfù, riuscendo ad arrivare a Brindisi nella mattinata del 30 settembre.
Torpediniera Enrico Cosenz (ex Agostino Bertani)Il 25 settembre 1943, la Cosenz rimase danneggiata, nelle acque di Lagosta, da una collisione con il piroscafo Ulisse.Il 27 settembre la torpediniera fu ulteriormente danneggiata da aerei tedeschi e nel corso della stessa giornata l'equipaggio, per evitarne la cattura, autoaffondò la propria nave al largo di Lagosta.Il posamine Legnano
L'8 settembre 1943, il Legnano si trovava ancora nel Dodecaneso, nell'isola di Lero. Insieme alle altre unità italiane rimaste nel possedimento (tra cui il gemello Azio, che in ultimo poté rifugiarsi in Turchia), il posamine prese parte alla resistenza dell’isola contro l’offensiva tedesca.
Il 5 ottobre 1943, nel corso di un attacco aereo da parte di bombardieri in picchiata Junkers Ju 87 «Stuka» della Luftwaffe, il Legnano venne colpito ed affondò nella baia di Portolago, insieme alla motozattera MZ 73 ed al piroscafetto requisito e dragamine ausiliario Porto di Roma. Altre fonti collocarono l'attacco e l'affondamento al 7 od all'8 ottobre. Dopo la distruzione del Legnano, l'equipaggio, si unì alle truppe di terra, continuando a partecipare alla difesa dell'isola sino alla sua resa, verificatasi il 16 novembre 1943.
Il Legnano ormeggiato nella baia di Alimnia (Rodi) il 4 settembre 1940, unitamente a cinque MAS della XI e XVI Squadriglia (III Flottiglia).
Una fotografia scattata dalla plancia del Legnano nella tarda primavera del 1940. Il posamine, urtato da una torpediniera classe Spica della VIII Squadriglia sospinta dal vento, ha a sua volta urtato un'unità analoga ormeggiata sul lato opposto, e gli equipaggi stanno cercando di allontanare le rispettive navi.
La nave appoggio sommergibili Alessandro Volta (ex Caprera).
L’Alessandro Vota (ex Caprera), ormeggiata nella baia di Parthemi (isola di Lero) fu colpita il 7 ottobre 1943 da un bombardamento aereo tedesco. Rimessa rapidamente in condizioni di navigare, l’unità mollati gli ormeggi, si mise in navigazione nella nottata verso l’isola di Samo. Durante la navigazione fu fatta segno, per errore, a un nutrito mitragliamento da parte di due motosiluranti inglesi (MTB 307 e MTB 309) in pattugliamento in quella zona di mare. La nave, in forte difficoltà di manovra, diresse per arenarsi verso una spiaggia della vicina isola di Lisso. S’incagliò, quasi subito, sul basso fondale di scogli delle isole Bianche. Ritenuta l’unità perduta, si riuscì a trasferire l’equipaggio e parte del materiale a terra prima che un secondo attacco violentissimo da parte dei bombardieri tedeschi riducesse la nave a un relitto.
(Gascoigne?)
https://archiviostorico.fondazionefiera.it/oggetti/3334-visita-del-presidente-della-confindustria-alberto-pirelli-alla-fiera-campionaria-di-milano-del-1934
1º visconte di Templewood
Località: Château Frontenac, Québec
Da sinistra a destra:
Seduti: WLM King (Primo Ministro canadese), FD Roosevelt (Presidente americano),
W. Churchill (Primo Ministro britannico).
In piedi: il generale Arnold, il maresciallo capo dell'aeronautica Portal, il generale Brooke, l'ammiraglio King, il feldmaresciallo Dill, il generale maresciallo George Catlett Marshall Jr., l'ammiraglio Pound e l'ammiraglio Leahy.
Esito della Conferenza:
- accordo per iniziare l’effettiva pianificazione dell’invasione della Francia
- incrementare i bombardamenti aerei sulla Germania e discussione sulla
dislocazione delle forze americane in Gran Bretagna;
- discussione sull’operazione Culverin. Un’operazione in cui gli alleati avrebbero
dovuto riconquistare la punta settentrionale dell’isola di Sumatra (provincia di
Aceh), occupata dall’Impero giapponese;
- siglati degli accordi segreti anglo-americani per la condivisione dei progetti di
portarono un blocco di pykrete (composto da cellulosa e ghiaccio) da mostrare a
Winston Churchill, per ricevere l’approvazione del progetto dai Capi di Stato
e dagli ammiragli. Navi che avrebbero dovuto affrontare i sommergibili
tedeschi nell’Atlantico, in una zona che era al di fuori del raggio d'azione
- Le decisioni strategiche vennero comunicate all'Unione Sovietica e a Chiang Kai-Shek. Vennero anche espresse dichiarazioni congiunte sulla Palestina occupata dai britannici e sulla condanna delle atrocità naziste in Polonia.
NEL IV ANNIVERSARIO
DELL'INIZIO DELLA GUERRA MONDIALE
Mercoledì, 1° settembre 1943
Fu lo stesso Smith a preparare il testo (firmato dal Castellano) del telegtamma da inviare a Roma, per chiedere la necessaria autorizzazione necessaria al Castellano.
Si precisò che la mancata firma dell’armistizio avrebbe determinato la definitiva rottura delle trattative.
La risposta del Badoglio non arrivò e il 3 settembre, nella prima mattinata, Castellano inviò un secondo telegramma. Arrivò, finalmente, un radiogramma di Badoglio ma non fu la risposta che ci si attendeva.
Il maresciallo confermava soltanto che il suo telegramma dell’1 settembre
Gli Alleati erano ormai certi che a Roma si stava escogitando qualcosa, ma per fortuna arrivò un secondo telegramma di Badoglio che autorizzava il generale italiano a firmare l'armistizio e avvertiva che la dichiarazione che lo accreditava per quella firma era stata depositata presso l'ambasciatore Osborne.
Il 3 settembre, alle ore 17,30, venne firmato a Cassibile lo "Short Military Arrnistiee".
Ma le complicazioni non erano terminate.
Appena firmato il documento, il generale Smith presentò le clausole aggiuntive..
Castellano chiese irritato di cosa si trattasse.
Smith gli comunicò che il documento era stato consegnato già da tempo al generale Zanussi. Tuttavia precisò che tali clausole avevano un valore relativo qualora l'Italia avesse collaborato con le Nazioni Unite nella guerra contro i tedeschi.
Restavano da risolvere altre due questioni: dove e quando sarebbe avvenuto lo sbarco principale degli Alleati?
- Dove?
Sia Zanussi che Castellano avevano fatto molte domande in proposito sino a suscitare legittimi sospetti negli Alleati. Ma per quanto riguarda la località dello sbarco, se i nostri generali fossero stati più addentro alle cose militari avrebbero facilmente compreso che tale località era quasi obbligata.
Da una parte essa doveva essere compresa in un raggio di non oltre 300-400 km, tale era il raggio di autonomia della caccia alleata e dall'altra doveva prestarsi alle operazioni con mezzi anfibi.
L'unica località che rispondeva a tali requisiti era il tratto tirrenico fra Salerno ed Eboli.
- Quando sarebbe avvenuto lo sbarco principale?
Il generale Smith, forse per le continue domande rivolte dal Castellano, dichiarò che
In tali disposizioni, infatti, si diede per certo che l'annuncio dell’armistizio sarebbe stato dato il 12 settembre.
Ma ci fu di peggio perché anche il generale Roatta gli mise del suo indicando lo sbarco vicino Roma di divisioni americane… che nessuno aveva preannunciato.
Sbarco vicino Roma che era stato richiesto anche da Castellano ma che fu negato dagli Alleati.
Il 4 settembre non era ancora possibile conoscere la data dello sbarco principale ed il 6 settembre si comprendeva che doveva ormai essere questione di qualche giorno.
Quel giorno, infatti, i servizi della ricognizione strategica informarono che ingenti convogli navali alleati si erano radunati a Nord di Palermo. Anche un profano avrebbe capito che non si sarebbe esposto un naviglio cosi numeroso per lungo tempo alle minacce delle incursioni aree.
Il Comando Supremo non arrivò a comprendere una cosa cosi elementare!
La sera del 7 arrivò a Roma il generale Mawell Taylor il quale comunicò che
Titta Arista nell'agosto 1970 Vallerano (Comune in provincia di Viterbo)
TRA L'ITALIA E GLI ALLEATI
ARMISTIZIO CORTO

L’armistizio rilevò subito degli aspetti inquietanti.
C’erano più di due milioni di italiani sparsi nei fronti di guerra (la fine tragica della divisione Acqui a Cefalonia ne fu una testimonianza) e riconoscere chi era il vero nemico non fu facile.
Sarà una grande tragedia a causa del ritardo con cui i comandi periferici furono informati della firma dell’armistizio.
Come già accennato, la famiglia reale, i generaloni, i pluripotenziari era già pronti per la fuga verso Brindisi. Una fuga che renderà ancora più triste e squallido il periodo nero della storia d’Italia.
Erano tre i punti da risolvere per il governo italiano:
- La tutela delle forze armate sparse per tutta Europa e inchiodate anche per la mancanza cronica dei mezzi di trasporto;
- La difesa di Roma;
- La salvaguardia della famiglia reale e delle maggiori personalità.
Alla fine si pensò di risolvere solo l’ultimo punto.
I tedeschi si sono alleati con gli americani…. Ci sparano….
Per mandare al Nord i materiali sequestrati i tedeschi impiegarono 2.034 carri ferroviari solamente nel settembre del 1943. Altri trasporti vennero avviati su strada. Tra ottobre e novembre il numero delle spedizioni venne triplicato.
Le situazioni più disperate le affrontarono i reparti italiani dislocati in Grecia, Albania, nei Balcani, soprattutto nelle isole dove era impossibile nascondersi ai tedeschi. A Cefalonia e Corfù la divisione Acqui resistette ai tedeschi fino al 25 settembre e alla fine furono uccisi 5mila soldati italiani, molti assassinati dopo la cattura per rappresaglia. A Creta e Rodi i militari italiani vennero inquadrati nei reparti tedeschi. In particolare a Rodi vennero costituiti volontari che passarono direttamente sotto il controllo tedesco. Altri giurarono fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, costituita dai fascisti a Salò, e rimasero almeno formalmente sotto il controllo di ufficiali italiani. Nel Peloponneso invece i reparti italiani si unirono agli Alleati e fecero un patto con le forze di resistenza greca.
a colloquio con gli ufficiali tedeschi.
Foto di propaganda di guerra nazista proveniente dal "Deutsches Bundesarchiv",
firmata "Otto".
Un soldato Italiano, rimasto solo tra le macerie, si arrende agli alleati,
l’immagine emblematica dell’esercito allo sbando.
Anche Firenze venne proclamata città aperta. In altre città reparti militari e civili tentarono di opporsi all’occupazione tedesca combattendo. A Napoli civili e militari riuscirono a respingere i tedeschi che lasciarono la città. Il 1° ottobre del 1943 arrivarono le forze Alleate.
Il 10 settembre alle ore 16,00 Roma si arrese alle truppe tedesche che nominarono dei commissari come tecnici dei ministeri. La sede del governo italiano venne trasferita a Brindisi.
Una nuova guerra era appena iniziata…
Documento inviato da Vittorio Emanuele III ai marinai italiani dopo l'armistizio del 1943.
Molte navi si trovavano nei porti perché in riparazione o impossibilitate a muoversi (anche per mancanza di carburante) e altre furono invece affondate in scontri a seguito dell’armistizio.
Un lungo elenco testimone di quello che un tempo era la gloriosa Marina Militare Italiana…









Il timoniere della VAS234 fu ucciso e l’ammiraglio Martinengo prese il suo posto rimanendo, a sua volta, ucciso da un colpo alla testa.
Le due unità italiane si mossero verso Cala Scirocco mentre le unità tedesche, gravemente danneggiate e con numerosi morti e feriti a bordo, rientrarono a Livorno.
La salma del contrammiraglio fu recuperata dal relitto della nave il 14 settembre e tumulata con gli onori militari nel cimitero della Gorgona, da dove, su richiesta della vedova, fu traslata negli anni ottanta nel settore militare del Cimitero di La Spezia. Per il suo eroico comportamento nel combattimento del 9 settembre 1943 gli fu assegnata la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Tra la fine di settembre e l’inizio d’ottobre la Regia Marina Militare vide la fine di altre numerose unità durante le operazioni di evacuazione delle truppe italiane dall'Albania e durante i combattimenti tra forze italiane e tedesche per il possesso delle isole greche:
Isola di Lero
Il 9 settembre fu inviato a Rodi per trasportare dei rinforzi militari per poi rientrare per il pericolo di restare bloccato a causa della caduta dell’isola, in mano ai tedeschi, avvenuta l’11 settembre 1943.
Il bombardamento dell’isola di Leto, da parte dei tedeschi, iniziò il 26 settembre 1943. I soldati della Wehrmacht tedesca sbarcarono nell’isola il 12 novembre contrastati dal Regio Esercito, da un contingente britannico e da uno greco.
Il 26 settembre l’isola subì due attacchi: il primo alle 9,50 ed il secondo alle 15,30 da parte dei bombardieri tedeschi Junkers Ju 87, detto anche Stuka.
in tedesco Sturzkampfflugzeug, letteralmente "aereo da combattimento in picchiata"), è stato un bombardiere in picchiata monomotore con configurazione alare ad ala di gabbiano rovesciata
La torpediniera Giuseppe Sirtori
Il 25 settembre l’isola fu conquistata dai tedeschi e l’equipaggio della Sirtori minò e fece saltare in aria la nave per evitarne la cattura da parte delle forze tedesche.
La torpediniera Francesco Stocco
All'alba del 24 settembre la Stocco lasciò Brindisi per scortare a Santi Quaranta, insieme alla corvetta Sibilla, un convoglio composto dai piroscafi Dubac e Probitas e dalla motonave Salvore, che avrebbero dovuto imbarcare ed evacuare la Divisione «Perugia», stanziata in Albania.
Durante la navigazione la Stocco fu distaccata per contrastare un tentativo di sbarco a Corfù da parte delle forze tedesche. La torpediniera fu però ripetutamente attaccata da numerosi bombardieri tedeschi Junkers Ju 87 «Stuka». La nave riuscì ad abbattere uno degli aerei tedeschi, ma fu poi colpita a sua volta, venendo immobilizzata con parecchie vie d'acqua, e s'inabissò ad ovest di Corfù (secondo altra fonte la Stocco, gravemente danneggiata dagli aerei, venne autoffondata dall'equipaggio). Il comandante della nave, un sottotenente di vascello e dieci marinai, tutti feriti, vennero tratti in salvo dalla popolazione dell'isolotto di Marlera, ed il 29 settembre s'imbarcarono su di una barca a vela condotta da quindici militari italiani in fuga da Corfù, riuscendo ad arrivare a Brindisi nella mattinata del 30 settembre.
Il posamine Legnano
Il 5 ottobre 1943, nel corso di un attacco aereo da parte di bombardieri in picchiata Junkers Ju 87 «Stuka» della Luftwaffe, il Legnano venne colpito ed affondò nella baia di Portolago, insieme alla motozattera MZ 73 ed al piroscafetto requisito e dragamine ausiliario Porto di Roma. Altre fonti collocarono l'attacco e l'affondamento al 7 od all'8 ottobre. Dopo la distruzione del Legnano, l'equipaggio, si unì alle truppe di terra, continuando a partecipare alla difesa dell'isola sino alla sua resa, verificatasi il 16 novembre 1943.
L'8 settembre 1943 la Caboto si trovava ancora a Rodi, agli ordini del capitano di corvetta Corradino Corradini. Essendo in avaria, la nave non poté partecipare alla battaglia di Rodi né allontanarsi dall'isola, pertanto il comandante Corradini sbarcò armi e provviste per rinforzare le difese di terra. L'11 settembre militari tedeschi armati salirono a bordo della nave, ormeggiata in porto con le macchine ferme ed un equipaggio ridotto (gran parte dei marinai, infatti, erano sbarcati senza il consenso del comandante, per non dover combattere). La Caboto venne catturata dalle forze tedesche il 12 settembre 1943. Quel giorno, infatti, Corradini e gli uomini rimasti, dopo aver distrutto documenti ed archivi, sbarcarono portando con sé la bandiera di combattimento, dopo aver ricevuto il saluto dalle sentinelle tedesche. Secondo altra fonte la nave si autoaffondò a Rodi il 9 settembre 1943, su bassi fondali, per evitare la cattura, ed il 12 settembre venne catturata dai tedeschi, che la recuperarono e ne iniziarono le riparazioni.La nave operò tuttavia per poco tempo nella Kriegsmarine, perché poco dopo la sua cattura venne affondata nel corso di un bombardamento aereo alleato, nell'ottobre 1943. Per alcune fonti la nave venne danneggiata a Rodi il 19 settembre, colpita in prossimità del castello di prua. Secondo altre fonti la nave fu affondata da un attacco aereo alleato nel settembre 1943 (per alcune il 15 settembre), nello stesso punto in cui si era autoaffondata, mentre erano in corso le riparazioni.I tedeschi avevano un piano ben preciso. Una compagnia tedesca (Kampfgruppe - della Divisione Rhodos) avrebbe dovuto conquistare l’isola di Simi. Un caposaldo militare importante, testa di ponte tra l’isola di Rodi e la terraferma, che avrebbe avuto ripercussioni negative nello scacchiere militare degli alleati.Nel predisporre il piano, i tedeschi considerarono scarsa la resistenza degli italiani dato il morale bassissimo, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943, e la stanchezza delle truppe.
La piccola isola, di circa 65 kmq, era presidiata da circa 130 mitraglieri, anziani ed appartenenti alla divisione fanteria “Regina”, affiancati da una postazione di vedetta della Regia Marina e da una "Delegazione di porto" formata da sei uomini.Il capitano di Corvetta Corradino Corradini lasciò la cannoniera “Caboto”, in completa avaria, nell’isola di Rodi per raggiungere l’isola di Simi dopo una lunga remata, di circa 25 miglia, effettuata su una piccola imbarcazione.Il capitano riuscì a sfuggire alla cattura dei tedeschi e portò con sé la bandiera di combattimento della nave.
Bandiera di Combattimento (?) della Regia Marina ItalianaL’anziano capitano sbarcò nell’isola due settimane prima dell’arrivo dei tedeschi.La situazione non era delle migliori e dovette affrontare dei problemi sia morali che logistici.Il problema morale riguardava i suoi marinai e i soldati presenti nell’isola. Soldati che mancavano dall’Italia da ben quattro anni e con il morale bassissimo. A peggiorare lo stato psichico la consapevolezza di avere una scarsa dotazione di munizioni e la sedentarietà.L’altro problema era legato alla minaccia tedesca di un’invasione che sarebbe presto avvenuta e la presenza di circa una settantina di militari britannici dello Special Boat Squadron dei Commandos, con il compito di “controllare” la situazione e con i quali il dialogo e il rapporto non era dei migliori.Per affrontare i tedeschi era necessario rianimare i militari con il dialogo, con l’esempio, con l’addestramento e ricompattando il gruppo.Il problema con gli inglesi era molto spinoso perché c’era alla base un cattivo dialogo soprattutto da parte degli inglesi che probabilmente si sentivano superiori.Il capitano Corradini fu ribattezzato ironicamente dagli inglesi con l’appellativo di “C4” (Capitano di Corvetta Corradino Corradini). Lo stesso capitano si era rifiutato di ammainare sull’isola il proprio tricolore, quello della nave “Cabado” per fare posto alla bandiera dell’Union Jack.Il capitano comunque riferì di tenere conto dei consigli degli “ospiti “ inglesi.I tedeschi sbarcarono nella baia di Pedi, come aveva previsto il capitano Corradini, mentre i britannici si aspettavano lo sbarco nel lato opposto dell’isola cioè a Panormiti.La fanteria e i marinai italiani fronteggiarono lo sbarco dei tedeschi.Nell’oscurità i militari italiani, seguendo il cavo telefonico, colsero di sorpresa i tedeschi che subirono una crisi psicologica non aspettandosi quell’attacco.Gli invasori si fermarono quindi sulla spiaggia senza riuscire a raggiungere l’abitato.Il giorno seguente, nella mattinata, i due schieramenti rimasero nelle rispettive posizioni fronteggiandosi a colpi di mitragliatrici.Verso le 13,30 giunsero i britannici e alle 14,00 i bombardieri della Luftwaffe (tedesca).Fu solo una azione di copertura perché i militari tedeschi si ritirarono lasciando sul campo 8 caduti e 6 prigionieri.L’isola, subito dopo quegli avvenimenti, cominciò ad essere attaccata dall’aviazione tedesca ogni giorno.Il comando inglese, che aveva la sua sede al Cairo, ordinò subito un’inchiesta e sollecitò l’abbandono dell’isola da parte del piccolo presidio. Evacuazione che avvenne la sera dell’11 ottobre,il comandante Corradini (“C4”) impose una condizione…che gli italiani fossero gli ultimi a lasciare l’isola,cioè dopo gli inglesi.Per il contingente italiano altri problemiFurono traghettati in Turchia su sei motovelieri italiani e, appena sbarcati, si videro chiedere la consegna delle armi in vista del loro internamento ( reclusione coatta in una località sotto stretta sorveglianza).Il Corradini fece notare alle autorità chela bandiera invergata sulla sua "nave ammiraglia" era quella della Regia Marina (si trattava, al solito, di quella del Caboto) e che, pertanto, aveva diritto alle 24 ore previste dalle convenzioni internazionali per fare acqua e ripartire senza che nessuno potesse bloccarlo.Dopo un giorno ed una notte di discussioni, con gli italiani a digiuno e sempre sotto la minaccia delle armi, le autorità di Ankara decisero di porre fine alla vicenda. Una vicenda che per i Turchi avrebbe potuto prendere una cattiva piega e diventare la base di gravi contrasti politici.Decisero quindi di lasciare ripartire la spedizione italiana alla volta di Castelrosso.
L’isola di Castelrosso, in greco Castellorizo ( Καστελλόριζο) o Megisti (Μεγίστη) è la principale di un piccolissimo arcipelago – in tutto nove chilometri quadrati, in gran parte scogli – vicinissimo alla costa anatolica e costituisce, sia dal punto di vista storico che geografico, il lembo più orientale della Grecia.Benché sia al di fuori del mare Egeo, Castelrosso è sempre stato coinvolto nelle vicende del Dodecaneso poiché la sua popolazione non poteva che guardare verso Rodi, la terra greca più vicina benché si trovi ad oltre settanta chilometri di distanza e, anche oggi, richieda qualche ora di navigazione attraverso acque controllate dalla Turchia, l’antico padrone e il perenne nemico.Si trova a meno di 3 km dalle coste anatoliche della Turchia, difronte a Kas (Antifello) e acirca 72 miglia nautiche da Rodi, di cui dipende amministrativamente.Col Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920, tra le potenze alleate della prima guerra mondiale e l'Impero ottomano, Durante la seconda guerra mondiale, il 25 febbraio 1941, nel corso dell’”Operazione Abstention”,gli incursori britannici occuparono l’isola. Le forze italiane di Rodi ripresero l’isola il 28 febbraio.La sconfitta britannica destò molto critiche in Inghilterrastampa italiana. I britannici, mentre lasciavano l’isola, bombardarono per ripicca la palazzinadella delegazione italiana. Palazzina che era stata costruita dagli italiani.I rapporti tra gli italiani e la popolazione locale furono abbastanza buoni, sia perché i nostri assicuravano protezione dalla Turchia, sia perché la presenza italiana non creò grosse imposizioni, se si eccettua il divieto di dipingere le case coi colori azzurro e bianco, che ricordavano il colore della bandiera greca. L’insegnamento della lingua italiana venne accettato senza problemi dalla popolazione.Sia nel corso del tentativo di occupazione britannico sia nel resto della guerra, tra la popolazione civile non mancarono atti di eroismo, come quello della maestra Anastasia Arnaoutoglou,
Anastasia Arnautoglu in un momento di raccoglimento nel cimitero di Castelrosso
assieme ai militari della Regia Marina, di fronte alla tomba del
marinaio Eligio Troiano caduto in combattimento nel 1941.
Anastasia si pose tra un soldato britannico e un marinaio italiano ferito, salvando la vita a quest'ultimo da un'esecuzione sommaria. Venne ufficialmente decorata dal re Vittorio Emanuele III con la medaglia d'argento al valor militare. Tuttavia come punizione per l'assistenza data da alcuni locali ai commandos britannici, gli italiani arrestarono 29 cittadini locali maschi sospettati di "attività contro lo stato" che furono deportati prima a Rodi, poi a Coo (un isola greca del Dodecaneso) e infine a Brindisi per essere processati. Molti di loro non fecero ritorno nell'isola.
Da Castelrosso il Corradini, grazie ad un idrovolante, giunse in Egitto mentre i suoi militari furono trasferiti a Cipro.
Il Corradini sbarcò a Suez e il 27 ottobre, senza avvertire nessuno, si recò a bordo della corazzata Vittorio Veneto che, il quel periodo, era internata ai Laghi Amari.
Aveva una grande comunicazione, era stato conferenziere navale, e grazie al suo modo di proporsi e di trovare sempre le argomentazioni giuste, riuscì anche a fare rimpatriare i suoi uomini.
Giunsero in Italia e il Corradini assunse il comando interinale, dall’agosto 1946, del Reggimento San Marco, dalle Marche fino a Venezia e all’Alto Agide.Corazzata Vittorio Veneto
La quasi totalità della flotta mercantile venne catturata nei porti. Un piccolo gruppo di mercantili riuscì a raggiungere Malta, mentre altri vennero affondati o catturati dalle forze tedesche mentre tentavano di raggiungere porti sotto il controllo con gli Alleati ed altri furono affondati durante le operazioni di evacuazione delle truppe italiane dalla sponda orientale dell'Adriatico.
Tra questi ultimi andarono perduti con pesanti perdite umane i piroscafi Dubac, colpito da aerei tedeschi e portato ad incagliare presso Capo d'Otranto con circa 200 vittime a bordo il 25 settembre 1943, e Diocleziano, più volte bombardato e fatto incagliare sull'isolotto di Busi (Lissa) con la perdita di circa 600-700 uomini il 24 settembre 1943.
La X Flottiglia Mas comandata da Junio Valerio Borghese, al contrario di ciò che si pensa, non aderì interamente alla Repubblica fascista di Salò. Borghese era di stanza a La Spezia, molti dei suoi soldati gli restarono fedeli ma molti altri si tolsero la divisa e se ne andarono. Reparti della X Mas di stanza al Sud si unirono agli Alleati.
Mentre tentavano di raggiungere Malta, le navi fedeli agli ordini di Badoglio furono attaccate dagli aerei tedeschi. La corazzata “Roma” fu affondata da una bomba radiocomandata. Morirono 1.529 marinai, la nave è tuttora sul fondo al largo dell’isola della Maddalena, in Sardegna. In totale la Marina, tra affondamenti e auto-affondamenti, perse 392 unità.
La nave da battaglia Roma salta in aria presso l'isola dell'Asinara,
colpita da due bombe razzo tedesche.
Il 16 ottobre 1943 il Colonnello Badoglio inviò una lettera a Giacomo Paulucci di Calboli, ambasciatore a Madrid…
Carissimo Paulucci,
per Suo orientamento Le faccio un po’ di storia degli avvenimenti. Lei sa come cadde il governo Mussolini. Comandato ad assumere il potere, trovai una situazione militare spaventosa. 36 divisioni fuori d’Italia in Francia, nei Balcani etc. e 12 divisioni in paese mentre la Sicilia era quasi perduta. Mi rivolsi ai tedeschi per far rientrare parte delle nostre divisioni. Mi risposero tagliando i rifornimenti di carbone, annullando quello della benzina, rubando il grano da me fermato in Romania, e inviando subito 6 divisioni loro in Italia.
Circa 8 mila SS della Gestapo erano a Roma a protezione di Mussolini. Esse organizzarono un attentato contro il Re e contro di me che fu sventato dalla nostra polizia. In ultimo pretendevano che in Italia vi fosse un solo comando per tutte le truppe italiane e tedesche da affidare a Rommel. Capito che con loro non c’era più nulla da sperare e spinto dal paese che non ne voleva più sapere di tedeschi, intavolai trattative con gli angloamericani. Per una mossa di Eisenhower che anticipò di 6 giorni la data di proclamazione dell’armistizio (il giorno 8 invece che il 14) corremmo il rischio il Re,
Regina e principe ereditario e il governo di essere catturati in Roma. Ora con gli angloamericani siamo passati dalla fase dell’armistizio a quella di collaborazione e in seguito di cobelligeranza ed io spero di poter ancora fare un passo avanti. Le ho risposto per la questione del denaro che forzi la Banca del Lavoro ad anticipare i fondi. Resta però inteso che lei può adottare qualsiasi misura che creda opportuna. Io qui avevo interessato il gen. Mac Farlane, governatore di Gibilterra e capo della missione militare presso di me, a far anticipare dai governi inglese e americano le somme che a lei occorressero.
L’autorizzo a riprendere queste trattative con gli ambasciatori inglese e americano per farsi imprestare soldi. Insomma piena fiducia in lei e piena libertà d’azione.
S.M. il Re mi ha detto testualmente: di Paulucci ero sicurissimo. L’abbraccio.
Badoglio
Lo storico Francesco Perfetti commentò la lettera del Badoglio. Il critico mise in risalto come il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio avesse settantadue anni quando ricevette la carica di capo del governo dopo il colpo di Stato del 25 luglio 1943 e la caduta di Mussolini.Un Badoglio anziano che, per carattere era privo e contrario ad ambizioni di natura politica, cercò sempre di mettere in evidenza l’idea e l’aspettoDi essersi sacrificato per il bene del Paese e per odio verso i tedeschi.Falcone Lucifero, Ministro della Real Casa dal 4 giugno 1944 al 13 giugno 1946, annotò nel suo diario, il 15-16 febbraio 1944, i primi incontri con il Badoglio.Il Badoglio gli propose l’incarico di Ministro dell’Agricoltura e gli portò ad esempio il suo comportamento di militare ultrasettantenne che aveva«sacrificato tutto per cacciare i tedeschi dall'Italia», aveva «perduto la sua fortuna personale» rimasta oltre le linee e, lasciando Roma, si era ritrovato con un fazzoletto in tasca
Falcone LuciferoFrasi dure… frasi consapevoli di chi era cosciente di come la sua vita intraprese un percorso non desiderato.Nella lettera infatti il Badoglio ribadì il concetto di essereStato comandato ad assumere il potere.La lettera fa parte dell’importante archivio di Paulucci di Calboli.Il conte Giacomo Paulucci di Calboli fu chiamato da Mussolini nel 1943 alla guida dell’ambasciata italiana a Madrid. Un’ambasciata importante e dopo la costituzione della Repubblica Sociale (Repubblica di Salò), lo stesso Mussolini lo chiamò per proporgli l’incarico di ministro degli Esteri…Paolucci ho bisogno di voi…L’ambasciatore Paolucci rifiutò rispondendo ad una sua ideologia già da tempo maturata.Difficile l’incarico di ambasciatore che spesso si trova al centro di complesse vicende storiche.Il Paolucci fu infatti incaricato il 13 ottobre 1943 di notificare all’ambasciatore tedesco a MadridLa dichiarazione di guerra dell’Italia nei confronti della Germania.Quel 13 ottobre a Madrid sembra che sia andato in scena un film in via Calle Lagasca 98 a Madrid…Palazzo de Amboage….
Il palazzo, già di proprietà del marchese de Amboage, fu edificato nei primi anni del XX secolo dall'architetto spagnolo Joaquín Rojí. Nel 1939 fu acquistato dal Governo italiano che ne fece la sede dell'Ambasciata d'Italia nel Regno di Spagna. Il complesso occupa un intero isolato della capitale spagnola comprendendo, oltre all'edificio principale, un giardino con un'estensione di 680 m². Nel palazzo, oltre alla cancelleria diplomatica e alle sale di rappresentanza (impreziosite da numerose opere d'arte, perlopiù in prestito temporaneo dai maggiori musei italiani), è situata anche la residenza dell'Ambasciatore.Nelle prime ore del pomeriggio del 13 ottobre un’automobile varcò il cancello dell’ambasciata di Germania a Madrid. Perché l’ambasciata era a Madrid? Perché in terreno neutrale.Si fermò sul lato desto dell’edificio, in un ampio spazio. Dall’auto scese il consigliere dell’ambasciata italiana a Madrid, Pierluigi La Terza.Il La Terza era il secondo ministro-consigliere dell’ambasciatore Giacomo Paulucci di Caiboli.Nella mattina del 13 ottobre, tramite l’ambasciata inglese a Madrid, proveniente da Brindisi, sede del Governo provvisorio italiano, giunse un dispaccio firmato da Badoglio che, a nome di Vittorio Emanuele III, pregava l’ambasciatore Paulucci di« [...] voler comunicare al Governo del Reich che, di fronte ai ripetuti ed intensificati atti di guerra commessi dalle Forze Armate Germaniche contro il popolo italiano, a decorrere dalle ore quindici (ora di Greenwich) di oggi tredici ottobre millenovecentoquarantatré, l'Italia si considera in stato di guerra con la Germania...»Appena finì la stesura del testo ufficiale, il Paulucci incaricò il La Terza di prendere contatto e di consegnare personalmente il foglio contenente la dichiarazione italiana di guerra alla sede della rappresentanza diplomatica germanica di Madrid sul Paseo de la Castellana e di consegnarlo espressamente nelle mani dell’ambasciatore del Reich Hans-Heinrich Dieckhoff.
Dr. Hans Heinrich Dieckhoff with Frau Dieckhoff
Vista esterna dell'edificio. Madrid, Palacio de la Embajada de Alemania
La richiesta del La Terza venne subito accolta. La Germania nazista aveva riconosciuto la Repubblica Sociale Italiana costituita da Mussolini dopo la liberazione del Gran Sasso e negava quindi qualsiasi legittimità al Governo Badoglio.In virtù di questa considerazione con che titolo il La Terza si presentò all’ambasciatore tedesco?Naturalmente l’ambasciatore tedesco ignorava i motivi della visita del consigliere dell’ambasciata italiana e, forse in virtù di questa considerazione, lo fece entrare.L’ambasciatore tedesco era a conoscenza della proposta del Mussolini al Paulucci sull’incarico di Ministro degli Esteri della neonata repubblica Sociale Italiana (di Salò).Proposta che il Paulucci aveva declinato e l’ambasciatore pensò forse ad un ripensamento dello stesso Paulucci.L’ambasciatore Dieckhoff lo accolse con cordialità e lo fece accomodare in un divano alla sua destra.Il La Terza consegnò il documento, redatto in lingua italiana (?), all’ambasciatore tedesco« Signor Ambasciatore, d’ordine di Sua Maestà il re mio Augusto sovrano ho l’onore di pregare Vostra Eccellenza di voler comunicare al Governo del Reich, tramite l’ambasciatore tedesco a Madrid, che a partire dalle ore 15 (ore di Grenwïch) di oggi, 13 ottobre 1943, l’Italia si considera in stato di guerra con la Germania ».L’ambasciatore aprì la busta e cominciò a leggere il documento con molta attenzione.Il La Terza riferi l’atmosfera di quel momento molto delicato..«Vedo ad un tratto Dieckoff accasciarsi su se stesso e piegarsi un po’ verso me, sempre con lo sguardo fisso alla lettera. Mi viene il dubbio che non capisca bene il significato del testo e gli dico:– Wollen Sie das ich ubersetze den Brief? –(Vuole che le traduca la lettera?)Non mi risponde.Si piega sempre più sul documento che ha nelle mani.Poi, rosso paonazzo in viso, si alza, prende la busta sul tavolo davanti al divano su cui eglil’ha deposta, la unisce alla lettera e mi dice:– Ich nehme es nicht an – (io non l’accetto!) e fa cenno di restituirmi il tutto.Io mi alzo, faccio un passo indietro per non prendere i fogli che mi tende e gli rispondo:– Aber die Kriegserklärung ist gemacht – (Ma la dichiarazione di guerra è già fatta!).Dieckoff si avvicina alla porta dello studio, l’apre e s’inchina leggermente dicendo:– Bitte – (prego).Gli passo davanti, m’inchino anch’io, come lui, esco dall’anticamera con una certa apprensione e volgo lo sguardo alle guardie armate all’ingresso.Riesco a tornare alla mia ambasciata indenne».
La dichiarazione ufficiale era necessaria per inviare al fronte gli uomini dell’esercito regolare (al centro nord molti italiani combattevano già contro i tedeschi) e per attribuire lo status di prigionieri di guerra ai 600.000 soldati italiani (IMI). Soldati che erano stati catturati e deportati dai tedeschi nei territori del Terzo Reich dall’ 8 settembre, dopo la proclamazione dell’“armistizio corto” con il quale si cessavano le ostilità contro gli Alleati. L’atto contribuì notevolmente a peggiorare le condizioni di prigionia e l’atteggiamento dei carcerieri tedeschi.
Riprendendo la lettera del Badoglio al Paulucci, una lettera «strettamente confidenziale», il capo del governo sentì il bisogno di esporre al Paulucci «un po' di storia degli avvenimenti» e cioè: dalla caduta del fascismo, passando prima per le trattative con i tedeschi e con gli angloamericani, per poi giungere all'annuncio dell'armistizio e all'abbandono di Roma. Tutte azioni che avevano condotto alla situazione attuale.
Quella raccontata dal capo del governo era una storia sommaria, con molte inesattezze e omissioni, che glissava sui particolari e attribuiva alla «mossa» di Eisenhower di annunciare l'armistizio la responsabilità della situazione che si era venuta creando dopo l'8 settembre.Badoglio voleva far uscire l’Italia dal conflitto ma le sue iniziative furono spesso confuse, incerte e contraddittorie.
Lo storico Perfetti, nella sua analisi storica, citò come lo stesso proclama diffuso dal Badoglio, dopo il suo insediamento come capo del governo, fu alquanto infelice..
La guerra continua…
Una frase che aveva l’aspetto di un espediente per guadagnare tempo e organizzare un armistizio con gli angloamericani. Poi, i contatti con i tedeschi per far digerire loro l'idea di un'uscita dell'Italia dalla guerra in cambio della neutralità e del passaggio graduale del controllo alle forze del Reich del fronte nei Balcani e in Grecia mostrarono un forte velleitarismo. Infine, gli stessi abboccamenti con gli angloamericani - con un accavallarsi di iniziative affidate a diplomatici di secondo livello o a privati - furono effettuati in modo da non assicurarsi la fiducia piena degli Alleati.
Quando venne firmato a Cassibile l'«armistizio breve», i rappresentanti Alleati tirarono un sospiro di sollievo temendo che gli italiani, fino all'ultimo, potessero tornare indietro.
Badoglio volle mantenere le trattative nel segreto anche con i più stretti collaboratori. Neppure i vertici politici, militari e diplomatici ne furono a conoscenza. Il 3 settembre egli riunì i ministri militari per comunicare non la conclusione dell'armistizio, ma l'esistenza di trattative.
Un comportamento che autorizzò a pensare che
da parte italiana non fu abbandonata del tutto l'idea che, in difetto di uno sbarco alleato tanto massiccio da costringere i tedeschi alla ritirata, sarebbe stato ipotizzabile sconfessare l'armistizio e riprendere la cooperazione con questi.
Un comportamento ambiguo che irrigidì gli Alleati e li spinse a rifiutare la richiesta di posticipare l'annuncio dell'armistizio già deciso per l'8 settembre alle 18,30. Un messaggio di Eisenhower non lasciò spazio a dubbi:
«Ho deciso di diffondere l'esistenza dell'armistizio all'ora programmata originariamente».
Il dramma dell'8 settembre sta proprio nel gioco degli equivoci e nella ambiguità dei comportamenti. Fu un dramma che finì per ricadere sulle spalle di tutta la nazione.
“Se qualcuno vuole sbarcare, lo dica subito. Io intendo partire con gente pronta a tutto. Se qualcuno non si sente, che venga avanti: non ha nulla da vergognarsi".Una frase rivolta dal Capitano di Corvetta Carlo Fecia di Cossato ai suoi marinai, del sommergibile “Enrico Tazzoli”, schierati sulla banchina della base di Boredaux.Il Capitano di Corvetta guardò i suoi uomini, uno ad uno, leggendo nei loro occhi e alla fine disse con grande semplicità, senza aggiungere altro…..Grazie…..Carlo Fecia di Cossato, figlio di Carlo e di Maria Luisa Genè, nacque a Roma il 25 settembre 1908.La sua famiglia era molto legata alla Monarchia Sabauda. Il padre era un ufficiale di Marina, in servizio fino al 1912 con il grado di Capitano di Vascello, e perse un occhio durante la sua permanenza in Cina. Il fratello Luigi, tenente di vascello, fu decorato della medaglia d’oro al valore militare per il suo servizio in Somalia nel 1925.Capitano di Corvetta Carlo Fecia di CossatoUn uomo che avrebbe potuto scegliere un’altra vita per il suo fascino e per il suo modo coraggioso di affrontare la vita.Biondo, magro, occhi chiari, sembrerebbe una figura leggendaria per il suo appellativo di “Corsaro dell’Atlantico” nella guerra subacquea.I marinai lo ricordavano cordiale con tutti ma molto riservato. Nelle sue missioni riusciva a trasformarsi mostrando gesti rapidi, sicuri esaltati dalla sua voce che rilevava una forte volontà d’azione.Potrebbe benissimo entrare nella cinematografia come interprete d’un fil dal titoloMarinaio gentiluomo.Un grande uomo, una grande eroe dimenticato dai libri di storie fatti solo di date e di personaggi scelti forse a caso per ambizioni politiche o altro.Il libri di storia non citano questi eroi sconosciuti, come Carlo Fecia di Cossato, e forse per un motivo ben preciso..per paura di fare i conti con quella storia che non ebbe né vinti né vincitori. Uomini e Donne che credettero nei valori fondamentali che hanno fatto grande l’Umanità: il senso del dovere, la rettitudine e la dignità.Ezra Weston Loomis Pound (poeta e saggista)…Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono niente,o non vale niente lui”.A Uomini come lui dobbiamo il nostro futuro anche se, anche oggi, sarebbe considerato un personaggio scomodo per molti.Dopo gli studi al Regio Collegio Militare di Moncalieri, venne ammesso all'Accademia Navale di Livorno e nel 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina.
A 32 anni diventò Capitano di Corvetta e comandante di sommergibile.
Nella Seconda guerra mondiale era al comando del sommergibile Ciro Menotti, di stanza a Messina. Il sommergibile “Ciro Menotti”.Il 5 aprile del 1941 assume il comando del sommergibile Enrico Tazzoli in sostituzione del comandante Vittore Raccanelli. Aveva come secondo ufficiale il tenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia.
Sommergibile Enrico Tazzoli Il 7 aprile il sommergibile salpò con un equipaggio costituito solo da volontari. Una serie di imprese lo aspettavano per essere scritte come in un romanzo di Salgari. Imprese esaltate dalle condizioni di vita a bordo di un sommergibile. Il forte calore che i ventilatori non riesco a placare; la scarsissima possibilità di movimento; il silenzio quasi opprimente per paura di essere rilevato da navi nemiche in superficie e per evitare eccessivi consumi di ossigeno; i cibi freschi rarissimi e anche l’acqua talvolta imbevibile.Malgrado queste ansie, perché condizionano la vita, il morale dell’equipaggio era altissimo grazie al suo comandante.Spesso la navigazione era lunga. Non s’incontravano navi nemiche e il mondo subacqueo assumeva l’aspetto di un deserto immenso e ancora poteva subentrare lo sconforto per un mancato attacco o una mancata intercettazione.Questi momenti erano superati grazie a quel profondo legame che univa i marinai al comandante…. Una famiglia che viveva nel mondo subacqueo.Quella fiducia era legata non solo alla grande comunicazione che probabilmente caratterizzava la personalità di Carlo Fecia ma anche alle sue tattiche d’attacco legate all’abbordaggio, al suo puntiglio nelle missioni e a quella profonda conoscenza del mondo navale.Fra le sue qualità anche la modestia. Dopo ogni missione vittoriosa, nel ritorno a Betasom la banda tedesca lo accoglieva tra applausi e discorsi. Il comandante Carlo Fecia, anche in queste occasioni, mostrava solo un piccolo sorriso e stringeva le mani con molta timidezza. Insomma una grande umanità esaltata dall’aiuto, sempre fornito, ai naufraghi delle navi affondate nelle sue azioni militari.Il 7 aprile prese quindi il mare per dirigersi al largo dell’Africa Occidentale. Il 12 aprile attaccò due incrociatori britannici. Subito dopo l’attacco si immerse per sfuggire alla reazione dell’altro incrociatore. Quando risalì in superficie sul luogo dell’attacco vide una vasta macchia di nafta e un incrociatore che si allontanava.Sul libro di bordo annotò..Avvenuto attacco..La dichiarazione inglese, anche dopo la guerra, non confermò l’affondamento dell’incrociatore inglese.Il 15 aprile affondò il piroscafo da carico inglese Aurillac da 4733 tonnellate. Il 29 dicembre del 1941, partecipò, al salvataggio di oltre 400 naufraghi che erano a bordo della nave di rifornimento tedesca Python, affondata al largo delle isole di Capo Verde. Il Python aveva a bordo anche i naufraghi della famosa nave corsara tedesca Atlantis. È una delle più belle pagine di storia della seconda guerra mondiale, purtroppo sconosciuta.
I protagonisti furono i marinai della gloriosa flotta della Marina Italiana e i quattro sommergibili del Comando Forze subacquee italiani in Atlantico che facevano parte dell’altrettanto famosa e leggendaria BETASOM.
“BETASOM” era il nome in codice per Bordeaux- Comando sommergibili (o Comando Gruppo Sommergibili Atlantico), cioè la base navale per le navi/sommergibili dislocati, durante la seconda guerra mondiale, nella famosa e importante città portuale di Bordeaux posta sulla costa atlantica meridionale della Francia.
( Il termine “BETASOM” derivava dall’unione della prima lettera della parola “Bordeaux” espressa con il nome della lettera dell’alfabeto greco e equivalente, dal punto di vista fonetico, alla lettera “Beta” e la prima sillaba della parola “sommergibili”. Beta + som).
La base accolse una trentina di sommergili della Regia Marina, in un arco di tempo che andava dal 1940 all’8 settembre 1943 (data della firma dell’armistizio di Cassibile), e anche gli U-Boot (sommergibili) della Marina Militare Tedesca (Kriegsmarine).
( Gli U-boot tedeschi avevano in Francia altre quattro basi:
- Brest;
- Lorient;
- La Rochelle;
- Sant-Nazaire).BETASOM
BETASOMLa Marina Tedesca aveva inviato nell’Oceano Atlantico alcuni incrociatori corsari con le relative navi d’appoggio. Questi incrociatori corsari tedeschi si dimostrarono molto efficaci nelle rotte commerciali anche perché le navi commerciali da attaccare navigavano isolate. La Marina Britannica (RAF) diede
una spietata caccia agli incrociatori corsari e l’Atlantis fu la nave corsaro più importante per le sue spregiudicate azioni d’assalto.
Dopo circa 18 mesi d’attività fu sorpreso e colpito il 22 novembre 1941, a circa 350 miglia (563 km) a Sud dell’Isola di Ascensione, da un incrociatore inglese. L’Atlantis stava rifornendo un sommergibile tedesco.
Il sommergibile tedesco non attaccò l’incrociatore inglese ma si immerse subito.L’unità inglese, temendo un attacco da parte del sommergibile tedesco, si allontanò senza recuperare i naufraghi dell’Atlantis.
Il comando navale tedesco in Francia inviò subito dei soccorsi con la nave Python che, dopo tre giorni, recuperò i naufraghi.
L’1 dicembre l’incrociatore inglese “HMS DORSETSHIRE” intercettò la nave” fornitore di sommergibili” Python.Incrociatore inglese “Hms Dorsetshire”
Incrociatore inglese “Hms Dorsetshire”
L’equipaggio della Pithon e i naufraghi dell’Atlantis mentre svolgevano una funzione funebre
per seppellire in mare un compagno.
Kpt.zS Berhard Rogge teneva un discorso funebre davanti all’equipaggio.
Il Pithon stava rifornendo due sommergibili tedeschi e fu colpito, alla prima salva, dal cacciatorpediniere britannico.
Dopo aver colpito il Pithon nella posizione (27gradi 53’ S / 03gradi 55’ W) l’incrociatore britannico HMS DORSETSHIRE lasciò la zona di combattimento non prestando aiuto ai naufraghi.
Gli equipaggi della Pithon e dell’Atlantis furono recuperati dai due sommergibili tedeschi U68 e UA. I naufraghi erano ben 414 e si trovavano su piccole imbarcazioni e zattere, in pieno Oceano Atlantico, in balia delle onde in pieno inverno.Il 5 dicembre i due sommergibili tedeschi vennero raggiunti dal sommergibile tedesco U129 che prese a bordo alcuni dei sopravvissuti. Il 7 dicembre (1941) giunse il sommergibile U124 e i naufraghi vennero nuovamente ridistribuiti.Le condizioni non erano ottimali: condizioni meteo difficili, scarsa disponibilità di cibo ed acqua, la grave minaccia di un attacco inglese.La base BATASOM fu interpellata via radio dai sommergibili tedeschi e fu deciso l’immediato intervento di quattro sommergibili oceanici:
I
quattro sommergibili furono subito allestiti per imbarcare ciascuno 70
naufraghi. Presero quindi il mare con rotta Sud tra il 5 ed il 7 dicembre 1941.I
comandanti avevano degli ordini ben precisi…Attaccare il
traffico avversario durante la navigazione di andata,evitare qualunque
operazione bellica dopo l’imbarco dei naufraghi.L’incontro
tra i sommergibili tedeschi, con le lance a rimorchio, e quelli italiani
avvenne al largo delle Isole di Capo Verde, tra il 14 ed il 18 dicembre. Parte
dei naufraghi fu caricata a bordo, ciascuno dai 60 ai 70 superstiti (254 uomini),
e sistemati sottocoperta, assistiti moralmente e materialmente. Le scialuppe di
salvataggio e i gommoni furono affondati.
Ulrich Mohr 1940, comandante dell’Atlantis.
Ulrich
Mohr,
uno degli ufficiali dell’Atlantis, autore del più celebre libro mai scritto su
quella nave, parlò di“trattamento
grande” a bordo del Tazzoli. Il
viaggio si concluse felicemente
nonostante il mare forza 4 – 5. Durante la navigazione di ritorno, solo il
sommergibile Torelli fu avvistato da
navi nemiche al largo delle Isole Azzorre. Fu attaccato ma riuscì ad eludere
magistralmente la caccia antisom britannica. Le
quattro unità italiane arrivarono, infine, a Saint Nazaire e sbarcarono i
naufraghi, tutti sani e salvi, tra il 24 ed il 29 dicembre 1941. Anche i due
battelli tedeschi, che avevano imbarcato il resto degli equipaggi delle due
navi affondate, riuscirono a rientrare alla base. Una
parte dell’equipaggio dell’Atlantis arrivò a bordo del Luigi Torelli il 23
dicembre e venne accolto dal comandante navale della Francia Occidentale,
l’ammiraglio Lindau.Alla
vigilia di Natale giunsero il sottomarino tedesco U68, con a bordo il
comandante dell’Atlantis Rogge, e l’UA.Il
25 dicembre giunse l’Enrico Tazzoli, il 27 dicembre il Pietro Calvi e il
sommergibile tedesco U 129, il 28 dicembre il Giuseppe Finzi e il 29 dicembre
l’ultimo sottomarino tedesco l’U124.Una
bellissima storia di mare e di guerra a lieto fine proprio a cavallo fra
le festività di Natale e Capodanno.Un
evento che dovrebbe fare riflettere..
Foto prese dall’interessante sito:
http://www.ddghansa-shipsphotos.de/goldenfels300.htm
I naufraghi furono quindi sbarcati nella base tedesca di
Saint-Nazaire dove erano attesi dalCapitano di fregata (Fregattenkapitän)
dell’Atlantis, Berhard Rogge, che espresse grandeammirazione per il
comandante italiano.Al ritorno alla base di Betasom dei sommergibili i quattro
comandanti italiani:-
Carlo Fecia di Cossato; -
De Giacomo;-
Olivieri; -
Giudice;furono insigniti dall’ammiraglio Karl Donitz

con
un’importante onorificenza, raramente assegnata a personale non tedesco…la Croce di
ferro di 1ª Classe.L’11
febbraio 1942 per Fecia di Cossato una nuova missione lungo le coste americane
dove affondòtre navi mercantili.La
sorprendente missione fu una risposta all’ironia americana che accusava la
regia Marina italianadi non aver
coraggio di spingersi fino alle coste americane.Lo
stesso Fecia di Cossato dalla torretta del Tazzolisi assicurò che
tutti i naufraghi fossero sulle scialuppe.
Fecia di Cossato è al centro della foto. Dalla torretta, sventolando la bandiera
italiana, gridò ai naufraghi sulle scialuppe..di raccontare agli
Americani che i marinai italiani si erano spinti fin sotto le loro coste peraffondare le loro navi.Azioni
leggendarie che lo videro interprete.
Prese l’appellativo di “Corsaro dell’Atlantico”riportando ben 17
vittorie, tutte documentate e tutte con il suo sommergibile Enrico Tazzoli.Alcune
fonti riportarono come le vittore furono addirittura 18 con l’affondamento di
un’unitàavvenuta il 12 aprile 1941 di un probabile incrociatore britannico
rimasto sconosciuto (già riportatonella ricerca).In
termini quasi matematici, le sue azioni causarono l’affondamento di ben 86.535
tonnellate dinaviglio nemico. Il secondo miglior comandante di sommergibili
italiani della seconda guerramondiale dopo Gazzana Priaroggia.Il
14 novembre 1942 partì per la sua ultima missione a bordo del sommergibile
Tazzoli.Il
12 dicembre furono intercettati e affondati il piroscafo inglese Empire
Hawk e l'olandese Ombilin.Il 21 fu il turno
dell'inglese Queen City e il 25 della motonave americana Dona
Aurora. Al rientrodalla missione, i mitraglieri del Tazzoli abbatterono
un quadrimotore inglese che li aveva attaccati. Ilsommergibile rientrò a
Bordeaux il 2 febbraio 1943.
Nell'Atlantico,
tra le acque dell'Africa Occidentale e quelle del Nord America, il
sommergibile Enrico Tazzoli guidato dal capitano di
corvetta veterano della guerra civile spagnola e con Gianfranco
Gazzana-Priaroggia come comandante in seconda, colò a picco sei navi
britanniche, cinque norvegesi, due olandesi e una nave ciascuna tra quelle
battenti bandiera di Stati Uniti, Uruguay, Panama e Grecia, per un totale di
oltre 86mila tonnellate.
Nel
febbraio del 1943 Fecia di Cossato lasciò il comando del Regio
sommergibile EnricoTazzoli per assumere,
con il grado di capitano di fregata, il comando della IIIª SquadrigliaTorpediniere con insegna sulla torpediniera Aliseo,
dove assunse il comando il 17 aprile 1943.Sostituì
il Capitano di corvetta Umberto Manacorda.Perché fu costretto a lasciare il comando del suo
sommergibile?Il
Tazzoli era diventato obsoleto e la regia Marina italiana, d’accordo con la
Marina Militare tedesca(Kriegsmarine), decise di disarmarlo e adibirlo al
trasporto di materiale strategico tra l’Europa e ilGiappone.Il Tazzoli partì
da Bordeaux per Singapore, il 16 maggio 1943, al comando del capitano GiuseppeCaito.
Il sommergibile scomparve in mare portando con sé 70 uomini tra marinai e
ufficiali.Per
una tragica ironia della sorte, era la prima missione del sommergibile senza il
suo “Corsarodell’Atlantico” che lo
aveva guidato, assieme ai suoi validi membri dell’equipaggio, per tantememorabili imprese.Non
si riuscì a fare luce sul motivo del suo affondamento probabilmente legato
all’urto con unamina posata da velivoli della Royal Air Force. La fine
del sommergibile e dei marinai segnòprofondamente Carlo Fecia di Cossato.
La torpediniera Aliseo
Il
22 Luglio 1943 un convoglio costituito dai piroscafi Adernò e Colleville partì
da Pozzuoli allavolta di Civitavecchia. Il convoglio fu scortato dalla
torpediniera tedesca TA 11, da duecacciasommergibili e guidato dalla R. Torpediniera Aliseo al comando del
Comandante di fregataCarlo Fecia di Cossato.Il convoglio partì subito dopo il tramonto. La torpediniera Aliseo attese fuori
dal molo S. Vincenzol’uscita delle altre unità e dei piroscafi da scortare.
Durante la navigazione notturna l’Aliseo fu piùvolte costretto ad usare il
tiro illuminante per identificare pescherecci, barche di vigilanza foranea erimorchiatori. Alle prime ore del giorno seguente il convoglio venne attaccato da una
formazione aerea. Ilconvoglio non subì danni e uno degli aerei venne
abbattuto. Nell’azione di mitragliamento presero fuoco
alcune bombe abbaglianti a bordo dell’Aliseoprovocando danni alle lamiere di
coperta e al timone. L’aereo di scorta subì dei danni e fu costretto all’ammaraggio.Il Comandante dell’Aliseo decise quindi di far proseguire la navigazione del
convoglio e nelfrattempo rimorchiò l’aereo verso costa e fece riparare i danni
subiti al timone. Alle prime ore delpomeriggio raggiunse di nuovo il convoglio
ed intorno alle 17.30 vennero avvistati da un aereoricognitore.Solo un paio d’ore dopo, verso le 19,30, a poche miglia dal porto di
destinazione, l’Adernò vennecolpito da due o tre siluri lanciati dal
sommergibile HMS Torbay ed affondò in pochi minuti.L’Aliseo si mosse
immediatamente verso il punto di lancio ma l’ecogoniometro non segnalò nulla.Lasciò
quindi sul posto la torpediniera tedesca TA 11 e i caccia per scortare il
piroscafo Colleville inporto e mettere in mare una motolancia per l’assistenza
ai naufraghi.Si lanciò quindi alla caccia del sommergibile responsabile dell’affondamento
fino al giornoseguente, per poi tornare indietro per recuperare la motolancia e
dirigerla in porto.Feccia
di Cossato fu insignito di una medaglia di bronzo al valore militare. Fecia
di Cossato, nei suoi attacchi alle imbarcazioni nemiche, si preoccupò sempre
del recupero deinaufraghi o comunque che fossero in salvo con le loro
scialuppe.Le
pagine di storia stavano cambiando e quelli che prima erano alleati, ovvero i
tedeschi,diventarono improvvisamente nemici con la firma dell’Armistizio. L'8
settembre 1943, giorno della proclamazione dell'armistizio di Cassibile, l’Aliseo si
trovava nellabase di La Spezia e nel corso della giornata salpò dal
porto ligure, insieme alla gemella Ardito.
Cofanetto della Bandiera del
Cacciatorpediniere Ardito (1913)
Sull’Aliseo erano imbarcati anche il comandante delle
siluranti, ammiraglio Amedeo Nomis diPollone, e
l'ammiraglio Aimone di Savoia-Aosta. Le due unità si diressero
a Bastia (dal 1942 l'Italiaaveva occupato la Corsica), dove
giunsero in serata apprendendo la Proclamazione dell'armistizio
Bastia portoVista della base
avanzata delle forze costiere a Bastia, in Corsica, con gli MGB, incluso l'MGB
658, in primo pianoDurante
la notte i tedeschi tentarono d’impadronirsi del porto.L’Aliseo
lasciò gli ormeggi e si portò al largo. Il comandante Fecia di Cossato intuì le
iniziativemilitari dei tedeschi. Anche l’Ardito lasciò il porto ma venne
attaccato dalle navi tedesche, anch’esseormeggiate nel porto, e gravemente danneggiato.A
terra forti scontri tra i soldati tedeschi ed italiani. Alle fine i marinai
italiani riuscirono arimpadronirsi del porto.L’Aliseo
nel frattempo era tornato indietro per soccorrere l’Ardito e, con l’aiuto di
alcune batteriecostiere ritornate in possesso dei marinai italiani, sferrò
l’attacco contro undici unità navali tedesche:-
le
corvette antisom (cacciasommergibili), UJ2203 (ex-francese “Minerva”) e UJ2219
(exfrancese “Insuma”), di scorta alle motozattere sottoelencati;-
le
motozzattere armate MFP: F 612, F 459, F 387, F 366 e F 62;-
danneggiando
il battello della Luftwaffe FLB 412;-
danneggiati
i piroscafi armati Humanitas e Sassari, italiani ma catturati
dai tedeschi.Motozzattera
Tedesca da sbarco
L’Aliseo riuscì
ad affondare con i suoi 3 cannoni da 100mm sia i cacciasommergibili sia lemotozattere, mettendo inoltre fuori uso l’Humanitas e il Sassari.Il
Capitano Di Cossato ricevette l’ordine da parte del comandante del porto, in
buona partericonquistato, di attaccare e distruggere la flottiglia tedesca. L’Aliseo aprì
il fuoco alle 7.06 da circa 8300 metri, in risposta alle navi
tedesche che, UJ 2203 intesta, avevano già iniziato a
sparare. Alle 7.30 l’Aliseo fu centrata da un proiettile da
88 mm in salamacchine, restando temporaneamente immobilizzata. Il
danno fu riparato e riprese la sua azioned’attacco mirando contro l’UJ 2203 che, colpito, saltò in
aria alle 8.20. Dieci minuti più tardi
l’UJ2219 subì la stessa sorte. Successivamente furono affondate
tre delle motozattere, mentre lerimanenti due motozattere furono mandate a
incagliarsi, e il battello della Luftwaffe fu affondato conil concorso
della corvetta Cormorano, che nel frattanto era sopraggiunta.La vittoria
riportata a Bastia fu tra le motivazioni del conferimento
della Medaglia d'oro al valormilitare a Fecia di Cossato.Al
termine delle azioni militari il capitano Di Cossato, rispondendo al suo grande
spirito militare, sipreoccupò di raccogliere alcuni tedeschi feriti in mare.
Subito dopo l’Aliseo prese la rotta per l’Isolad’Elba seguito dall’Ardito che
era in gravi difficoltà.Nel
porto di Bastia rimase la motonave “Humanitas” che era stata danneggiata dai
colpi dei tedeschi.Verrà
poi affondata il giorno 11 per errore dal sottomarino
olandese DOLFIJN, lo stesso che neimesi precedenti aveva già
affondato lungo le coste della Sardegna i
piroscafi SABBIA e EGLE.Molte
navi furono catturate dai tedeschi, dirottate in mare o nei porti toscani
subito dopo la firmadell’armistizio.
Settembre 1943
- rada di Sliema a Malta - 19 Sommergibili italiani consegnatisi agli
alleati. L’Aliseo,
insieme ad alcune unità minori, venne inviato a Taranto per una missione dipattugliamento.Eravamo
nei primi mesi del 1944 e la vita nella base navale di Taranto non era
piacevole.Il
Capitano di fregata, promosso da poco tempo, Fecia di Cossato era abituato alle immaginisperdute, infinite dell’Oceano Atlantico ed ora si trovava in una città che
aveva smarrito l’integritàfisica e morale di un tempo.Perché
una città diversa da quella che era un tempo?La
base navale era occupata da americani ed inglesi ed erano presenti traffici illeciti
(accompagnatida comportamenti moralmente repellenti), cartelli in inglese che
mettevano in guardia i militarialleati dalle truffe, la presenza di malattie
veneree e tifo.Sporcizia
ovunque…“Il
Corsaro dell’Oceano” moralmente abbattuto, contrario a consegnare la sua nave
all’ex nemico diguerra, aveva sempre
obbedito per la sua fedeltà al re.Per
lui quella decisione fu come una sentenza di morte non sono per la sua nave ma
per tutta laRegia Marina.Le
sue notti, in questo turbinio di sensazioni e di interrogativi, erano insonni
anche per i ricordilegati al suo sommergibile “Tazzoli” e al suo equipaggio
che tragicamente giaceva negli abissidell’Oceano Atlantico.Un
uomo dotato di una grande sensibilità che aveva sempre evidenziato sia nei
rapporti con i suoimarinai che con i nemici in difficoltà tra le onde del
mare.Nella
primavera 1944 si sparse la voce nella base di Taranto che al termine della
guerra, nonostantel’alleanza, molte delle navi della Regia Marina Militare
sarebbero state cedute ad altre nazioni.Un
aspetto che purtroppo si verificherà…A
queste voci il capitano Fecia di Cossato disse agli ufficiali della sua
squadriglia di torpediniere di..“Se venisse
confermato l’ordine di consegna, dovunque vi troviate lanciate tutti i vostri
siluri esparate tutti i colpi che avete a bordo contro le navi che vi stanno
intorno, per rammentare agliangloamericani che gli impegni vanno rispettati;se alla fine
starete ancora a galla, autoaffondatevi”.
Il
10 giugno 1944, in occasione della Festa della Marina il ministro della Marina,
l’ammiraglio econte Raffaele de Courten espose il tradizionale messaggio agli
equipaggi.
assieme ai militari della Regia Marina, di fronte alla tomba del
marinaio Eligio Troiano caduto in combattimento nel 1941.
Anastasia si pose tra un soldato britannico e un marinaio italiano ferito, salvando la vita a quest'ultimo da un'esecuzione sommaria. Venne ufficialmente decorata dal re Vittorio Emanuele III con la medaglia d'argento al valor militare. Tuttavia come punizione per l'assistenza data da alcuni locali ai commandos britannici, gli italiani arrestarono 29 cittadini locali maschi sospettati di "attività contro lo stato" che furono deportati prima a Rodi, poi a Coo (un isola greca del Dodecaneso) e infine a Brindisi per essere processati. Molti di loro non fecero ritorno nell'isola.
Il Corradini sbarcò a Suez e il 27 ottobre, senza avvertire nessuno, si recò a bordo della corazzata Vittorio Veneto che, il quel periodo, era internata ai Laghi Amari.
Aveva una grande comunicazione, era stato conferenziere navale, e grazie al suo modo di proporsi e di trovare sempre le argomentazioni giuste, riuscì anche a fare rimpatriare i suoi uomini.
Giunsero in Italia e il Corradini assunse il comando interinale, dall’agosto 1946, del Reggimento San Marco, dalle Marche fino a Venezia e all’Alto Agide.
Tra questi ultimi andarono perduti con pesanti perdite umane i piroscafi Dubac, colpito da aerei tedeschi e portato ad incagliare presso Capo d'Otranto con circa 200 vittime a bordo il 25 settembre 1943, e Diocleziano, più volte bombardato e fatto incagliare sull'isolotto di Busi (Lissa) con la perdita di circa 600-700 uomini il 24 settembre 1943.
La X Flottiglia Mas comandata da Junio Valerio Borghese, al contrario di ciò che si pensa, non aderì interamente alla Repubblica fascista di Salò. Borghese era di stanza a La Spezia, molti dei suoi soldati gli restarono fedeli ma molti altri si tolsero la divisa e se ne andarono. Reparti della X Mas di stanza al Sud si unirono agli Alleati.
Mentre tentavano di raggiungere Malta, le navi fedeli agli ordini di Badoglio furono attaccate dagli aerei tedeschi. La corazzata “Roma” fu affondata da una bomba radiocomandata. Morirono 1.529 marinai, la nave è tuttora sul fondo al largo dell’isola della Maddalena, in Sardegna. In totale la Marina, tra affondamenti e auto-affondamenti, perse 392 unità.
colpita da due bombe razzo tedesche.
per Suo orientamento Le faccio un po’ di storia degli avvenimenti. Lei sa come cadde il governo Mussolini. Comandato ad assumere il potere, trovai una situazione militare spaventosa. 36 divisioni fuori d’Italia in Francia, nei Balcani etc. e 12 divisioni in paese mentre la Sicilia era quasi perduta. Mi rivolsi ai tedeschi per far rientrare parte delle nostre divisioni. Mi risposero tagliando i rifornimenti di carbone, annullando quello della benzina, rubando il grano da me fermato in Romania, e inviando subito 6 divisioni loro in Italia.
Circa 8 mila SS della Gestapo erano a Roma a protezione di Mussolini. Esse organizzarono un attentato contro il Re e contro di me che fu sventato dalla nostra polizia. In ultimo pretendevano che in Italia vi fosse un solo comando per tutte le truppe italiane e tedesche da affidare a Rommel. Capito che con loro non c’era più nulla da sperare e spinto dal paese che non ne voleva più sapere di tedeschi, intavolai trattative con gli angloamericani. Per una mossa di Eisenhower che anticipò di 6 giorni la data di proclamazione dell’armistizio (il giorno 8 invece che il 14) corremmo il rischio il Re,
Regina e principe ereditario e il governo di essere catturati in Roma. Ora con gli angloamericani siamo passati dalla fase dell’armistizio a quella di collaborazione e in seguito di cobelligeranza ed io spero di poter ancora fare un passo avanti. Le ho risposto per la questione del denaro che forzi la Banca del Lavoro ad anticipare i fondi. Resta però inteso che lei può adottare qualsiasi misura che creda opportuna. Io qui avevo interessato il gen. Mac Farlane, governatore di Gibilterra e capo della missione militare presso di me, a far anticipare dai governi inglese e americano le somme che a lei occorressero.
L’autorizzo a riprendere queste trattative con gli ambasciatori inglese e americano per farsi imprestare soldi. Insomma piena fiducia in lei e piena libertà d’azione.
S.M. il Re mi ha detto testualmente: di Paulucci ero sicurissimo. L’abbraccio.
Badoglio
Lo storico Perfetti, nella sua analisi storica, citò come lo stesso proclama diffuso dal Badoglio, dopo il suo insediamento come capo del governo, fu alquanto infelice..
Una frase che aveva l’aspetto di un espediente per guadagnare tempo e organizzare un armistizio con gli angloamericani. Poi, i contatti con i tedeschi per far digerire loro l'idea di un'uscita dell'Italia dalla guerra in cambio della neutralità e del passaggio graduale del controllo alle forze del Reich del fronte nei Balcani e in Grecia mostrarono un forte velleitarismo. Infine, gli stessi abboccamenti con gli angloamericani - con un accavallarsi di iniziative affidate a diplomatici di secondo livello o a privati - furono effettuati in modo da non assicurarsi la fiducia piena degli Alleati.
Quando venne firmato a Cassibile l'«armistizio breve», i rappresentanti Alleati tirarono un sospiro di sollievo temendo che gli italiani, fino all'ultimo, potessero tornare indietro.
Badoglio volle mantenere le trattative nel segreto anche con i più stretti collaboratori. Neppure i vertici politici, militari e diplomatici ne furono a conoscenza. Il 3 settembre egli riunì i ministri militari per comunicare non la conclusione dell'armistizio, ma l'esistenza di trattative.
Un comportamento che autorizzò a pensare che
da parte italiana non fu abbandonata del tutto l'idea che, in difetto di uno sbarco alleato tanto massiccio da costringere i tedeschi alla ritirata, sarebbe stato ipotizzabile sconfessare l'armistizio e riprendere la cooperazione con questi.
«Ho deciso di diffondere l'esistenza dell'armistizio all'ora programmata originariamente».
Il dramma dell'8 settembre sta proprio nel gioco degli equivoci e nella ambiguità dei comportamenti. Fu un dramma che finì per ricadere sulle spalle di tutta la nazione.
A 32 anni diventò Capitano di Corvetta e comandante di sommergibile.
Nella Seconda guerra mondiale era al comando del sommergibile Ciro Menotti, di stanza a Messina.
I protagonisti furono i marinai della gloriosa flotta della Marina Italiana e i quattro sommergibili del Comando Forze subacquee italiani in Atlantico che facevano parte dell’altrettanto famosa e leggendaria BETASOM.
“BETASOM” era il nome in codice per Bordeaux- Comando sommergibili (o Comando Gruppo Sommergibili Atlantico), cioè la base navale per le navi/sommergibili dislocati, durante la seconda guerra mondiale, nella famosa e importante città portuale di Bordeaux posta sulla costa atlantica meridionale della Francia.
( Il termine “BETASOM” derivava dall’unione della prima lettera della parola “Bordeaux” espressa con il nome della lettera dell’alfabeto greco e equivalente, dal punto di vista fonetico, alla lettera “Beta” e la prima sillaba della parola “sommergibili”. Beta + som).
La base accolse una trentina di sommergili della Regia Marina, in un arco di tempo che andava dal 1940 all’8 settembre 1943 (data della firma dell’armistizio di Cassibile), e anche gli U-Boot (sommergibili) della Marina Militare Tedesca (Kriegsmarine).
( Gli U-boot tedeschi avevano in Francia altre quattro basi:
- Brest;
- Lorient;
- La Rochelle;
- Sant-Nazaire).
per seppellire in mare un compagno.
Kpt.zS Berhard Rogge teneva un discorso funebre davanti all’equipaggio.
Gli equipaggi della Pithon e dell’Atlantis furono recuperati dai due sommergibili tedeschi U68 e UA. I naufraghi erano ben 414 e si trovavano su piccole imbarcazioni e zattere, in pieno Oceano Atlantico, in balia delle onde in pieno inverno.
Ulrich Mohr 1940, comandante dell’Atlantis.
http://www.ddghansa-shipsphotos.de/goldenfels300.htm

Durante
la notte i tedeschi tentarono d’impadronirsi del porto.L’Aliseo
lasciò gli ormeggi e si portò al largo. Il comandante Fecia di Cossato intuì le
iniziativemilitari dei tedeschi. Anche l’Ardito lasciò il porto ma venne
attaccato dalle navi tedesche, anch’esseormeggiate nel porto, e gravemente danneggiato.A
terra forti scontri tra i soldati tedeschi ed italiani. Alle fine i marinai
italiani riuscirono arimpadronirsi del porto.L’Aliseo
nel frattempo era tornato indietro per soccorrere l’Ardito e, con l’aiuto di
alcune batteriecostiere ritornate in possesso dei marinai italiani, sferrò
l’attacco contro undici unità navali tedesche:-
le
corvette antisom (cacciasommergibili), UJ2203 (ex-francese “Minerva”) e UJ2219
(exfrancese “Insuma”), di scorta alle motozattere sottoelencati;-
le
motozzattere armate MFP: F 612, F 459, F 387, F 366 e F 62;-
danneggiando
il battello della Luftwaffe FLB 412;-
danneggiati
i piroscafi armati Humanitas e Sassari, italiani ma catturati
dai tedeschi.Motozzattera
Tedesca da sbarco
L’Aliseo riuscì
ad affondare con i suoi 3 cannoni da 100mm sia i cacciasommergibili sia lemotozattere, mettendo inoltre fuori uso l’Humanitas e il Sassari.Il
Capitano Di Cossato ricevette l’ordine da parte del comandante del porto, in
buona partericonquistato, di attaccare e distruggere la flottiglia tedesca. L’Aliseo aprì
il fuoco alle 7.06 da circa 8300 metri, in risposta alle navi
tedesche che, UJ 2203 intesta, avevano già iniziato a
sparare. Alle 7.30 l’Aliseo fu centrata da un proiettile da
88 mm in salamacchine, restando temporaneamente immobilizzata. Il
danno fu riparato e riprese la sua azioned’attacco mirando contro l’UJ 2203 che, colpito, saltò in
aria alle 8.20. Dieci minuti più tardi
l’UJ2219 subì la stessa sorte. Successivamente furono affondate
tre delle motozattere, mentre lerimanenti due motozattere furono mandate a
incagliarsi, e il battello della Luftwaffe fu affondato conil concorso
della corvetta Cormorano, che nel frattanto era sopraggiunta.La vittoria
riportata a Bastia fu tra le motivazioni del conferimento
della Medaglia d'oro al valormilitare a Fecia di Cossato.Al
termine delle azioni militari il capitano Di Cossato, rispondendo al suo grande
spirito militare, sipreoccupò di raccogliere alcuni tedeschi feriti in mare.
Subito dopo l’Aliseo prese la rotta per l’Isolad’Elba seguito dall’Ardito che
era in gravi difficoltà.Nel
porto di Bastia rimase la motonave “Humanitas” che era stata danneggiata dai
colpi dei tedeschi.Verrà
poi affondata il giorno 11 per errore dal sottomarino
olandese DOLFIJN, lo stesso che neimesi precedenti aveva già
affondato lungo le coste della Sardegna i
piroscafi SABBIA e EGLE.Molte
navi furono catturate dai tedeschi, dirottate in mare o nei porti toscani
subito dopo la firmadell’armistizio.
Settembre 1943
- rada di Sliema a Malta - 19 Sommergibili italiani consegnatisi agli
alleati. L’Aliseo,
insieme ad alcune unità minori, venne inviato a Taranto per una missione dipattugliamento.Eravamo
nei primi mesi del 1944 e la vita nella base navale di Taranto non era
piacevole.Il
Capitano di fregata, promosso da poco tempo, Fecia di Cossato era abituato alle immaginisperdute, infinite dell’Oceano Atlantico ed ora si trovava in una città che
aveva smarrito l’integritàfisica e morale di un tempo.Perché
una città diversa da quella che era un tempo?La
base navale era occupata da americani ed inglesi ed erano presenti traffici illeciti
(accompagnatida comportamenti moralmente repellenti), cartelli in inglese che
mettevano in guardia i militarialleati dalle truffe, la presenza di malattie
veneree e tifo.Sporcizia
ovunque…“Il
Corsaro dell’Oceano” moralmente abbattuto, contrario a consegnare la sua nave
all’ex nemico diguerra, aveva sempre
obbedito per la sua fedeltà al re.Per
lui quella decisione fu come una sentenza di morte non sono per la sua nave ma
per tutta laRegia Marina.Le
sue notti, in questo turbinio di sensazioni e di interrogativi, erano insonni
anche per i ricordilegati al suo sommergibile “Tazzoli” e al suo equipaggio
che tragicamente giaceva negli abissidell’Oceano Atlantico.Un
uomo dotato di una grande sensibilità che aveva sempre evidenziato sia nei
rapporti con i suoimarinai che con i nemici in difficoltà tra le onde del
mare.Nella
primavera 1944 si sparse la voce nella base di Taranto che al termine della
guerra, nonostantel’alleanza, molte delle navi della Regia Marina Militare
sarebbero state cedute ad altre nazioni.Un
aspetto che purtroppo si verificherà…A
queste voci il capitano Fecia di Cossato disse agli ufficiali della sua
squadriglia di torpediniere di..“Se venisse
confermato l’ordine di consegna, dovunque vi troviate lanciate tutti i vostri
siluri esparate tutti i colpi che avete a bordo contro le navi che vi stanno
intorno, per rammentare agliangloamericani che gli impegni vanno rispettati;se alla fine
starete ancora a galla, autoaffondatevi”.
Il
10 giugno 1944, in occasione della Festa della Marina il ministro della Marina,
l’ammiraglio econte Raffaele de Courten espose il tradizionale messaggio agli
equipaggi.
Ministro della Marina del Regno d’Italia
(18 giugno 1944 – 14 luglio 1946)
(durante i governi di:
Ivanoe Bonomi – Ferruccio Parri – Alcide De Gasperi)
http://napolicapitalediunregno.altervista.org/category/villa-pavoncelli/
Cina, concessione italiana di TienTsin
Anche
a Napoli il di Cossato non riuscì a riprendersi. L’ambiente certamente non lo
aiutò.Era
una città disperata, teatro di diverse lingue e razze, con contraddizioni
violente che la rendevano,giorno dopo giorno, un mercato nero a cielo aperto.
Una Napoli fedele al re che si sentiva tradita dalnuovo governo.Il
di Cossato non riuscendo a trovare nuovi stimoli di vita, il suo animo si fece
sempre più cupo. Ivalori per cui aveva creduto e combattuto erano ormai
scomparsi. Era oggetto d’invidia…le vocicreavano attorno a lui il fango..
qualche ufficiale addirittura chiese cheGli fosse impedito
di entrare nel Circolo degli Ufficiali della Marina.Rispondendo
alla sua fede monarchica chiese più volte un incontro con Umberto di Savoia,
anchelui ormai in bilico….Ma
i cortigiani non informarono il sovrano della richiesta o addirittura lo
informarono che riceverlosarebbe stato non corretto dal punto di vista
politico (?) o pericoloso.Per
il “Corsaro dell’Atlantico” il suo mondo
era sempre più avvolto dalla solitudine.La
solitudine è una delle più spietate malattie e se non hanno degli stimoli di
vita è difficile riuscireasuperarla.Ad
aggravare il suo aspetto psichico nacque la consapevolezza, peraltro sbagliata,
di sentirsi in colpaper la morte dei suoi marinai del sommergibile Tazzoli.In
questa visione di colpa, piano piano si convinse che era necessario dare una testimonianza aquegli uomini che
giacevano in fondo all’Oceano.. come ?
Con la propria vita…. Il suicidio?Questo
terribile pensiero venne meditato a lungo e riuscirà a raggiungerlo dopo un
lungo travagliointeriore….lasciava la madre…..Scrisse
una lettera -testamento di commiato, datata 21 agosto 1944, appena una
settimana prima delsuicidio.A
Napoli nella notte tra il 27 e il 28 agosto 1944... Il Capitano
di Fregata della Regia Marina Italiana, il conte
Carlo Fecia di Cossato, si spara
un colpo mortale alla tempia.Al
suo caro amico Ettore Filo della Torre, lasciò un
biglietto di scuse che terminava con una
fraseche dovrebbe fare riflettere e tanto….. “…non
sono un suicida. Sono un caduto sul campo”.Tutti
i marinai gli resero omaggio. Il suo corpo fu avvolto nel tricolore e fu
seppellito, con tutti glionori, nel cimitero di Poggioreale.Umberto
di Savoia, che non aveva voluto o potuto riceverlo, ne curerà a proprio spese,
iltrasferimento del corpo nella città di Bologna. (Cimitero “La Certosa”).Venne
diffusa la lettera-testamento del comandate di Cossato che sembrava un vero
atto d’accusa, afutura memoria, soprattutto contro chi aveva consegnato la
flotta nelle mani dell’ex nemico.
Napoli, 21
agosto 1944Mamma carissima,quando riceverai questa mia lettera saranno successi fatti gravissimi
che ti addoloreranno molto edi cui sarò il diretto responsabile. Non pensare
che io abbia commesso quel che ho commesso inun momento di pazzia, senza
pensare al dolore che ti procuravo. Da nove mesi ho soltantopensato alla
tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa
dellaMarina, resa a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata
come un ordine del Re,che ci chiedeva di fare l’enorme sacrificio del nostro
onore militare per poter rimanere ilbaluardo della Monarchia al momento della
pace. Tu conosci che cosa succede ora in Italia ecapisci come siamo stati
indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobilesenza
alcun risultato. Da questa triste constatazione me ne è venuta una profonda
amarezza, undisgusto per chi mi circonda e, quello che più conta, un profondo
disprezzo per me stesso. Damesi, Mamma, rimugino su questi fatti e non riesco
a trovare una via d’uscita, uno scopo allavita. Da mesi penso ai miei marinai
del «Tazzoli» che sono onorevolmente in fondo al mare epenso che il mio posto
è più con loro che con i traditori e i ladruncoli che ci circondano. Spero,Mamma, che tu mi capirai e che, anche nell’immenso dolore che ti darà la
notizia della mia fineingloriosa, saprai sempre capire la nobiltà dei motivi
che la guida. Tu credi in Dio, ma se c’è unDio, non
è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la
mia rivoltacontro la bassezza dell’ora. Per questo, Mamma, credo che ci
rivedremo un giorno. Abbracciapapà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio
affetto profondo e immutato. In questo momento misento molto vicino a tutti
voi e sono certo che non mi condannerete. Charlot
La versione
ufficiale del “Governo” sul suicidio fu decisamente odiosa .. ipocrita… falsa
comeconsuetudine di chi governa.Versione ufficiale
che fu pubblicata sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari del 31 agosto 1944..
“Il suicidio in fortezza di Carlo Fecia di Cossato.Roma, 30 agosto.Il Conte Carlo Fecia Di Cossato, uno dei più noti comandanti di sommergibili, si è suicidato due giorni fa a Napoli. Dopo la liberazione di Roma, il comandante Fecia Di Cossato chiese di essere esonerato dal comando perché il nuovo Gabinetto Bonomi aveva rifiutato giurare nelle mani del Re. Poiché, intanto, questo suo gesto rappresentava un atto di insubordinazione in tempo di guerra, il comandante Di Cossato fu condannato a tre mesiarresto in una fortezza di Napoli, dove metteva fine alla propria vita”.
Secondo
il “Governo” il suicidio era una diretta conseguenza della carcerazione, subita
a seguitodi un
comportamento infamante quale l’insubordinazione in tempo di guerra, pari quasi
ad unadiserzione in faccia al nemico.Un
suicidio per vergogna. Si cercò in maniera ignobile, di demolire la figura del
comandante diCossato, cercando di cancellare la sua figura da qualsiasi
ricordo o commemorazione… in pocheparole… dimenticato da tutti.Non
certo da quelli che lo avevano conosciuto in vita… e che purtroppo con il
tempo… sonoscomparsi…Aveva
36 anni quando si suicidò e, per ironia della sorte, negli anni ’70, a circa 35
anni dalla suamorte, la Marina Militare Italiana decisedi ricordarsi di uno dei suoi figli più gloriosi ed
amati, intitolando uno dei più moderni sommergibilial capitano di
fregata, medaglia d’oro al valore militare Carlo
Fecia di Cossato, l’asso
deisommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale.
Il 23 marzo 1943, in prima pagina la notizia dell'assegnazione a Fecia
di Cossato della Croce di Ferro, consegnata dall'ammiraglio Doenitz
Il
Regio Sommergibile Enrico Tazzoli, del comandante Carlo Fecia di Cossato, apparteneva
allaclasse “Calvi” dei sommergibili di grande crociera. Presentava una
caratteristica poppa squadratadiversa dalle altre due unità (Finzi e Calvi)
per permettere anche la posa di mine.Fu impostato
nei cantieri O.T.O. di La Spezia il 6 Settembre 1932, varato il 13
Ottobre del 1935 edentrò in servizio 18 Aprile del 1936.
I
tre sommergibili della Classe "Calvi": TAZZOLI (si
nota la poppa squadrata),
CALVI e FINZI in
darsena a MuggianoDopo
innumerevoli imprese il Tazzoli l’1 Febbraio 1943 rientrò nella
base di Betasom.
Anche
a Napoli il di Cossato non riuscì a riprendersi. L’ambiente certamente non lo
aiutò.Era
una città disperata, teatro di diverse lingue e razze, con contraddizioni
violente che la rendevano,giorno dopo giorno, un mercato nero a cielo aperto.
Una Napoli fedele al re che si sentiva tradita dalnuovo governo.Il
di Cossato non riuscendo a trovare nuovi stimoli di vita, il suo animo si fece
sempre più cupo. Ivalori per cui aveva creduto e combattuto erano ormai
scomparsi. Era oggetto d’invidia…le vocicreavano attorno a lui il fango..
qualche ufficiale addirittura chiese cheGli fosse impedito
di entrare nel Circolo degli Ufficiali della Marina.Rispondendo
alla sua fede monarchica chiese più volte un incontro con Umberto di Savoia,
anchelui ormai in bilico….Ma
i cortigiani non informarono il sovrano della richiesta o addirittura lo
informarono che riceverlosarebbe stato non corretto dal punto di vista
politico (?) o pericoloso.Per
il “Corsaro dell’Atlantico” il suo mondo
era sempre più avvolto dalla solitudine.La
solitudine è una delle più spietate malattie e se non hanno degli stimoli di
vita è difficile riuscireasuperarla.Ad
aggravare il suo aspetto psichico nacque la consapevolezza, peraltro sbagliata,
di sentirsi in colpaper la morte dei suoi marinai del sommergibile Tazzoli.In
questa visione di colpa, piano piano si convinse che era necessario dare una testimonianza aquegli uomini che
giacevano in fondo all’Oceano.. come ?
Con la propria vita…. Il suicidio?Questo
terribile pensiero venne meditato a lungo e riuscirà a raggiungerlo dopo un
lungo travagliointeriore….lasciava la madre…..Scrisse
una lettera -testamento di commiato, datata 21 agosto 1944, appena una
settimana prima delsuicidio.A
Napoli nella notte tra il 27 e il 28 agosto 1944... Il Capitano
di Fregata della Regia Marina Italiana, il conte
Carlo Fecia di Cossato, si spara
un colpo mortale alla tempia.Al
suo caro amico Ettore Filo della Torre, lasciò un
biglietto di scuse che terminava con una
fraseche dovrebbe fare riflettere e tanto….. “…non
sono un suicida. Sono un caduto sul campo”.Tutti
i marinai gli resero omaggio. Il suo corpo fu avvolto nel tricolore e fu
seppellito, con tutti glionori, nel cimitero di Poggioreale.Umberto
di Savoia, che non aveva voluto o potuto riceverlo, ne curerà a proprio spese,
iltrasferimento del corpo nella città di Bologna. (Cimitero “La Certosa”).Venne
diffusa la lettera-testamento del comandate di Cossato che sembrava un vero
atto d’accusa, afutura memoria, soprattutto contro chi aveva consegnato la
flotta nelle mani dell’ex nemico.
Napoli, 21
agosto 1944Mamma carissima,quando riceverai questa mia lettera saranno successi fatti gravissimi
che ti addoloreranno molto edi cui sarò il diretto responsabile. Non pensare
che io abbia commesso quel che ho commesso inun momento di pazzia, senza
pensare al dolore che ti procuravo. Da nove mesi ho soltantopensato alla
tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa
dellaMarina, resa a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata
come un ordine del Re,che ci chiedeva di fare l’enorme sacrificio del nostro
onore militare per poter rimanere ilbaluardo della Monarchia al momento della
pace. Tu conosci che cosa succede ora in Italia ecapisci come siamo stati
indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobilesenza
alcun risultato. Da questa triste constatazione me ne è venuta una profonda
amarezza, undisgusto per chi mi circonda e, quello che più conta, un profondo
disprezzo per me stesso. Damesi, Mamma, rimugino su questi fatti e non riesco
a trovare una via d’uscita, uno scopo allavita. Da mesi penso ai miei marinai
del «Tazzoli» che sono onorevolmente in fondo al mare epenso che il mio posto
è più con loro che con i traditori e i ladruncoli che ci circondano. Spero,Mamma, che tu mi capirai e che, anche nell’immenso dolore che ti darà la
notizia della mia fineingloriosa, saprai sempre capire la nobiltà dei motivi
che la guida. Tu credi in Dio, ma se c’è unDio, non
è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la
mia rivoltacontro la bassezza dell’ora. Per questo, Mamma, credo che ci
rivedremo un giorno. Abbracciapapà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio
affetto profondo e immutato. In questo momento misento molto vicino a tutti
voi e sono certo che non mi condannerete. Charlot
La versione
ufficiale del “Governo” sul suicidio fu decisamente odiosa .. ipocrita… falsa
comeconsuetudine di chi governa.Versione ufficiale
che fu pubblicata sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari del 31 agosto 1944..
“Il suicidio in fortezza di Carlo Fecia di Cossato.Roma, 30 agosto.Il Conte Carlo Fecia Di Cossato, uno dei più noti comandanti di sommergibili, si è suicidato due giorni fa a Napoli. Dopo la liberazione di Roma, il comandante Fecia Di Cossato chiese di essere esonerato dal comando perché il nuovo Gabinetto Bonomi aveva rifiutato giurare nelle mani del Re. Poiché, intanto, questo suo gesto rappresentava un atto di insubordinazione in tempo di guerra, il comandante Di Cossato fu condannato a tre mesiarresto in una fortezza di Napoli, dove metteva fine alla propria vita”.
Secondo
il “Governo” il suicidio era una diretta conseguenza della carcerazione, subita
a seguitodi un
comportamento infamante quale l’insubordinazione in tempo di guerra, pari quasi
ad unadiserzione in faccia al nemico.Un
suicidio per vergogna. Si cercò in maniera ignobile, di demolire la figura del
comandante diCossato, cercando di cancellare la sua figura da qualsiasi
ricordo o commemorazione… in pocheparole… dimenticato da tutti.Non
certo da quelli che lo avevano conosciuto in vita… e che purtroppo con il
tempo… sonoscomparsi…Aveva
36 anni quando si suicidò e, per ironia della sorte, negli anni ’70, a circa 35
anni dalla suamorte, la Marina Militare Italiana decisedi ricordarsi di uno dei suoi figli più gloriosi ed
amati, intitolando uno dei più moderni sommergibilial capitano di
fregata, medaglia d’oro al valore militare Carlo
Fecia di Cossato, l’asso
deisommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale.
Il 23 marzo 1943, in prima pagina la notizia dell'assegnazione a Fecia
di Cossato della Croce di Ferro, consegnata dall'ammiraglio Doenitz
Il
Regio Sommergibile Enrico Tazzoli, del comandante Carlo Fecia di Cossato, apparteneva
allaclasse “Calvi” dei sommergibili di grande crociera. Presentava una
caratteristica poppa squadratadiversa dalle altre due unità (Finzi e Calvi)
per permettere anche la posa di mine.Fu impostato
nei cantieri O.T.O. di La Spezia il 6 Settembre 1932, varato il 13
Ottobre del 1935 edentrò in servizio 18 Aprile del 1936.
I
tre sommergibili della Classe "Calvi": TAZZOLI (si
nota la poppa squadrata),
CALVI e FINZI in
darsena a MuggianoDopo
innumerevoli imprese il Tazzoli l’1 Febbraio 1943 rientrò nella
base di Betasom.
CALVI e FINZI in darsena a Muggiano
Dopo
innumerevoli imprese il Tazzoli l’1 Febbraio 1943 rientrò nella
base di Betasom.
con 5 bandierine di navi affondate
La tabella evidenzia i successi dei sommergibili italiani che operarono nell’Oceano Atlantico in un arco di tempo che andava dal giugno 1940 al settembre 1943.
L’1 Febbraio il “Tazzoli” rientrò a Betasom.
La Regia Marina decise di adibire il sommergibile come trasporto speciale per l'estremo oriente.
Il sommergibile venne quindi disarmato e il comando passò al C.C. Giuseppe Gaito.
Il 16 maggio del 1943 partì da Betasom diretto a Singapore per la sua prima missione di trasporto, ma il 24 non si mise in contatto con la base come era stabilito e scomparve in Atlantico. Non si avrà mai più alcuna notizia sulla fine del Tazzoli e dei 52 uomini del suo equipaggio:
Cap.Corv. Giuseppe GAITO, Comandante - Cap.GN Giuseppe D’OTTONE, Direttore di Macchina - S.Ten.Vasc. Giovanni SALOMONE, Ufficiale in 2^ - S.Ten.Vasc. Giuseppe TACCANI - Ten.GN Giuseppe CENTELLI - Asp. Guardiamarina Augusto PALOMMARI - C°1^cl. Giuseppe PIGNATELLI - C°1^cl. Emilio ZITO - C°2^cl. Tommaso MOLINARI - C°2^cl. Bernardo PESA - C°3^cl. Arnaldo GALLO - C°3^cl. Alberto GIACHERO - C°3^cl. Mario POLLINI - 2°C° Giovanni BOERO - 2°C° Guerrino FORNASARI - 2°C° Angelo GUTTILLA - 2°C° Mario LEONI - 2°C° Antonio SCHIROSI - Sgt. Giuseppe BIANCUCCI - Sgt. Antonino BUSCEMI - Sgt. Costantino CECCONI - Sgt. Italo COVINI - Sgt. Mario DE ANGELI - Sgt. Salvatore ENEA - Sgt. Giovanni RUGOLON - Sgt. Luigi TONIOLO - Sc. Ettore BRIOSCHI - Sc. Antonio CASTIELLO - Sc. Giovanni GIANNI - Sc. Antonino GUARDO - Sc. Stanislao LEMUT - Sc. Eliseo LIUT - Sc. Giovanni MARCHESE - Sc. Mario MAREGA - Sc. Antonio MARGARITO - Sc. Luigi MARTINO - Sc. Pietro MOGAVERO - Sc. Carmelo MOSICO - Sc. Santo MUSICO - Sc. Giuseppe NACCARI - Sc. Giovanni SLAVICH - Sc. Antonio VISICARO - Sc. Michele ZINGARELLO - Com. Giulio BARATTELLI - Com. Gino BIGNAMI - Com. Celestino FUSETTI - Com. Antonio PERINI - Com. Olivio PEZZA - Com. Bruno SANTARELLI - Com. Olindo SCURIN - Com. Mario SENNA - Com. Ermes VANGO
……………………………………………………….
…………………………..
La missione dal 1 ottobre al 24 ottobre:
.
1) Il giorno 5 ottobre alle 01.45, al largo di Capo de Gata, incontra un piroscafo oscurato e manovra per "evitarlo" e cinque minuti dopo una unita' che giudica di scorta a detto piroscafo: si immerge ed emerge alle 03.00 e quindi, alle 06.00, si immerge nuovamente per effettuare navigazione occulta e dopo un'ora e mezza ode degli scoppi di 5 bombe che, dato il tempo intercorso, e' poco probabile possano essere messi in relazione con l'avvistamento del piroscafo oscurato.
Un simile atteggiamento negativo non puo' essere giustificato.
.
2) L' 11 ottobre all'alba (ore 08.00) avvista il convoglio per attaccare il quale era stato dislocato al largo di Capo San Vincenzo. Inizia la manovra di avvicinamento in superficie, ma, quando si accorge di un C.T., e forse un incrociatore ausiliario di scorta, dirigono su di lui, si immerge pur non avendo il nemico compiuta alcuna azione offensiva verso il sommergibile, resta tutto il giorno immerso in profondita' senza vedere ne' sentire niente. Il Comandante adduce a sua giustificazione che il mare grosso non permetteva di tenere la quota periscopica neanche in modo grossolano e che gli idrofoni erano sordi.
A prescindere dal fatto che i bollettini metereologici in possesso di questo Comando indicano che l'11 vi era nella zona del TAZZOLI mare forza 5 (in media), non si puo' ammettere che un sommergibile, inviato in una determinata zona per attaccare, segnalare e seguire un importante convoglio, alla prima manifestazione supposta offensiva del nemico, che peraltro non attacca ne' con bombe ne' con le artiglierie, si immerga e resti volontariamente per ben sette ore in condizioni da non vedere e non sentire.
Puo' anche essere messo in dubbio l'avvistamento del sommegibile da parte del C.T. e del piroscafo data l'ora mattutina e la posizione relativa (il sommergibile a ponente del convoglio).
Il Comandante non aveva alcuna ragione per supporre che il C.T. avvistato restasse sopra di lui per sette ore senza compiere alcuna azione e neppure poteva supporre di essere cacciato da aerei nemici perche', nonostante la perdita di nafta segnalata nel rapporto e che doveva sicuramente denunciarne la presenza ad aerei specie in giornata di mare agitato, non gli era stata lanciata neppure una bomba.
Se si puo' ammettere che il sommergibile si era immerso appena avvistato il C.T. per evitare di essere scoperto, non si puo' giustificare in alcun modo l'aver prolungato cosi' a lungo tale immersione senza fare alcun tentativo per perfezionare la scoperta, per seguire il convoglio ed infine per attaccarlo come gli era stato tassativamente ordinato.
Tale condotta dimostra non solo che il Comandante non possiede alcun spirito offensivo, ma che non si e' attenuto ad un esplicito ordine ricevuto. La ricerca tentata dopo sette ore di immersione e' riuscita infruttuosa, e ben difficilmente il risultato avrebbe potuto essere diverso.
.
3) Il 12 ottobre attacca col cannone ed infine lancia un siluro contro il piroscafo juglosavo ORAO, disarmato, che all'avvistamento del sommergibile aveva chiesto soccorso a Gibilterra. Pero' abbandona la zona prima che il piroscafo sia affondato non appena vede spuntare il fumo di un altro piroscafo, forse armato, che accorre in soccorso dell'ORAO.
Dal rapporto di navigazione risulta che mentre in un primo tempo il TAZZOLI aveva avuto l'idea di ritornare nella zona il mattino successivo per attaccare le unita' inviate in soccorso dell'ORAO, ha pero' rinunciato a tale logico progetto avendo ricevuto l'ordine di raggiungere la zona prevista dall'ordine di operazione.
Anche tale mancanza di iniziativa non e' giustificabile perche' il Comandante sapeva che questo Comandi di Gruppo, nell'ordinargli di raggiungere la sua zona, non era al corrente della situazione creatasi dall'attacco dell'ORAO di cui non era a conoscenza.
.
4) Il 22 ottobre mentre si avvicinava al punto di atterraggio e' fatto segno a colpi di cannone provenienti dal largo dove l'orizzonte e' oscurato da un piovasco. Anche in questa occasione pur avendo le proprie artiglierie pronte ed in perfetta efficienza si immerge senza effettuare alcuna ricerca e senza cercare di reagire offensivamente.
.
Concludendo: nella condotta della missione il Comandante del TAZZOLI capitano di corvetta Raccanelli, ha dimostrato deficienza di aggressivita', mancanza di iniziativa e preoccupazione eccessiva ed ingiustificata della visibilita' del sommergibile.
Propongo che al capitano di corvetta Raccanelli venga tolto il Comando di sommergibile ed assegnata altra destinazione non in Comando
IL CONTRAMMIRAGLIO Comandante Superiore - F/to (Angelo Parona)
………………………………………
AL BETASOM e, per conoscenza AL SUPERMARINA
ARGOMENTO : Esame dei rapporti di missione compiute dai sommergibili nell'Atlantico dal 22 settembre al 5 novembre.
SEGRETO
1) Sono stati presi in esame i rapporti delle missioni di guerra compiute dai sommergibili DA VINCI- OTARIA- GLAUCO- VENIERO- NANI- CAPPELLINI- TAZZOLI- CALVI- ARGO nel periodo compreso fra il 22 settembre ed il 5 novembre, e le osservazioni che l'esame dei rapporti stessi ha suggerito a codesto Comando
3) Zona ravvicinata atlantica
Sommergibile TAZZOLI (1 ottobre- 24 ottobre)
Anche nel caso del Tazzoli si e' ravvisata nel comportamento del Comandante dell'unita' la deficienza di iniziativa, messa in rilievo da codesto Comando, disponendo conseguentemente per la sua destituzione.
L’ AMMIRAGLIO DI SQUADRA - Sottocapo di Stato Maggiore - F/to (E. Somigli)
https://piombino-storia.blogspot.com/2010/09/capitano-carlo-fecia-di-cossato.html
Il Volantino contro l’Armistizio
La Stampa sull’Armistizio
https://www.istoreco.re.it/wp-content/uploads/2017/07/8-settembre.jpg
Quanta ambiguità e impudicizia, nello stesso giorno e nella stessa pagina. Possibile che nessuno se ne rese conto? Incredibile ma vero! E cosa capirono gli Italiani?
Mentre usciva il mattino del 9 questo giornale, tutto lo Stato Maggiore e il RE erano in fuga.
NELLA STESSA PAGINA, SI PARLA DI ARMISTIZIO (CHE ERA POI UNA RESA INCONDIZIONATA E NON UNA SOSPENSIONE) E POI SI PARLA DI "FORMAZIONI AVVERSARIE", "ABBATTUTI DALLA CACCIA ITALO-TEDESCA", "REPARTI ITALIANI E GERMANICI HANNO RITARDATO L'AVANZATA DELLE TRUPPE BRITANNICHE".
PAGINA DI GIORNALE ?
CON CHI GLI ITALIANI DOVEVANO "REAGIRE" ?
GOLDONIANO ANCHE L'ARTICOLO A FIANCO; PARLA DI "CONCRETO"!
PIU' IRREALE DI COSI'!
è la pagina più assurda e falsa della storia d'Italia!
da quello di un "Armistizio"
" The Italian Government has surrendered its Armed Forces unconditionally"
"Il Governo italiano ha dato ordine alle sue forze armate di arrendersi senza condizioni"
Non parla di alzare le classiche mani, o solo di cessare il fuoco
ma parla di consegnare armi, navi e aerei!
Se poi qualcuno sbagliava a comperare il giornale, i dubbi erano tanti; gli ALLEATI chi erano, quelli che sbarcavano in Calabria, quelli che bombardavano Frascati ancora
“Prostrato sotto una successione di colpi che nell’ultima fase aveva quasi cessato di parare, il governo italiano si è consegnato alla mercé dei suoi conquistatori. Così l’Italia paga in vergogna il prezzo dell’arroganza dei suoi ultimi padroni: una penalità che è anche dovuta . . . da un popolo che fece per viltà il gran rifiuto, scelse di disertare le alte responsabilità della libertà. . . La politica della dichiarazione di Casablanca è stata mantenuta sino alla fine. La resa è incondizionata; i termini dell’armistizio non sono i risultati di un patto, ma il limite di quanto un Comandante in Capo ha trovato opportuno di prendere. . . le forze armate dell’Italia sono state battute e sottomesse sul campo di battaglia e che la resa è stata accettata dai loro comandanti. Questo è il valore della firma di Badoglio, a traverso i suoi rappresentanti: ciò che in nessun modo implica il riconoscimento alleato del governo stesso”.
Quindi, durissimo il giudizio dell’opinione pubblica britannica……
Attraverso l’entrata della tenda, si nota la presenza di un uliveto oggi scomparso.
Da sinistra: Enrico de Boccard, Erina Torelli e Helmut Griem.
Enrico de Boccard (Roma, 31 ottobre 1921 – Roma, 28 aprile 1988)
Giornalista, scrittore e agente segreto.
Boccard fu noto per il romanzo “Donne e mitra” che nel 1950 prese il nuovo titolo
“Le donne non ci vogliono più bene”.. un romanzo che riviveva la dura realtà che
animò l’Italia fra l’8 settembre 1943 ed il 25 aprile 1945.
600 giorni di guerra civile in cui provvisorietà, incertezza e coraggiosi idealismi convivevano in modo contrastato e violento.
Cinque racconti descrivevano, in un affresco impressionista a tinte crude, personaggi ed eventi di quei giorni catturati dalla memoria di Enrico de Boccard, che li visse in prima persona e li raccontò “a caldo” a tre anni dai fatti. I protagonisti, veri simboli dell’avventura disperata di chi si rese conto di aver scelto “la parte sbagliata”, con orgoglio, onore e buona fede seguirono la propria strada spesso pagando con la vita.
Il romanzo fu considerato come uno dei più rappresentativi della
“letteratura dei vinti” della seconda guerra mondiale (i reduci della Repubblica
Sociale Italiana). Boccard fu Guardia Nazionale Repubblicana di Salò e nel dopoguerra
Militò nei Fasci d Azione Rivoluzionaria prendendo parte all’irruzione nella cabina Rai
di Monte Mario e, in quando agente del SID, contribuì alla costituzione dei Nuclei per la
difesa dello Stato, strutture paramilitari segrete legate agli ambienti di estrema destra.
Scrisse diversi testi e fu autore anche di una letteratura erotica (collaboratore fisso della
rivista “Playmen”). Altri due aspetti dell’attività del Boccard che dovrebbero fare riflettere:
- Nel 1961 prese parte al film “ I sogni muoiono all’alba”, diretto da Indro Montanelli
- Fu, inoltre, tra i pochi destinatari della lettera-testamento di Junio Valerio Borghese
Da sinistra:
Il generale francese Henri Giraud; il presidente degli Stati Uniti. Franklin D. Roosevelt;
il generale francese Charles de Gaulle e il primo ministro britannico Winston Churchill.
Conferenza di Casablanca, gennaio 1943.
Un aspetto particolare nella foto.
Alla conferenza parteciparono anche Henri Giraud e Charles de Gaulle, entrambi generali dell'esercito francese, in lizza per la guida della Francia Libera. Nella foto erano separati da Roosevelt, poiché si disse che l'ostilità tra i due durante tutto l'incontro fu evidente.
https://www.ebay.it/itm/163991221463
Perché vicino Huelva? Huleva era allora un punto strategico perché soggetto a forti influenze tedesche.
Un corpo esamine che sembrasse vittima di un incidente aereo e con indosso una divisa da maggiore dei Royal Marines, appartenete al commando delle Combined Operations alleato.
Il corpo era accompagnato da una borsa con alcuni documenti riservati falsi con la speranza che i servizi segreti tedeschi, una volta recuperati, li interpretassero prendendo delle azioni militari che li avrebbero portati al depistaggio..
Il cadavere fu portato nella zona prestabilita in un congelatore spacciato per una sonda metereologica, trainata dal sommergibile HMS Seraph (P219)
I bastardi da colpire erano i soldati italiani ed anche i civili…
Uno dei tanti discorsi motivazionali espressi dal “generale d’acciaio”, il soprannome del Patton, che amava girare con un cinturone da cowboy da cui pendevano due luccicanti Colt calibro 45.
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https://www.laverita.info/charles-poletti-guerra-italia-2656090346.html
Ce ne sarebbero
altri……
Alcuni hanno la loro matrice, estrazione sociale e campo d'azione nel vecchio mondo agricolo, anche se poi allargano le loro attività delittuose in direzione di settori ben più redditizi, come quelli della speculazione edilizia, del controllo dei mercati, del contrabbando di tabacchi esteri e del traffico di stupefacenti, quasi accompagnando il trapianto della mafia dal feudo e dalle strutture arcaiche della campagna alle città.
Essi sono Genco Russo, Mariano Licari, Salvatore Zizzo, Vincenzo Di Carlo, Michele Navarra e Luciano Leggio. Alla fine delle ostilità Licari e Genco Russo hanno da poco oltrepassato i 50 anni, Zizzo ne ha 34, Navarra meno di 30, Leggio 19. Il loro campo d'azione è il nisseno per Genco Russo, il trapanese per Licari e Zizzo, l'agrigentino per Di Carlo e il corleonese per Leggio e Navarra…….ecc
…………………………………………..
Sbarco
e Mafia
La foto è del 18 Agosto 1943.
(da sinistra a destra): il Maggiore Generale Geoffrey Keyes, il Tenente Generale George Smith Patton e il Generale Sir Bernard Montgomery che studiano una mappa della Sicilia al Palazzo Reale di Palermo, il 3 settembre 1943 mentre pianificano l'invasione alleata
(Photo by Popperfoto via Getty Images/Getty Images)
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“SS Normandie” fu un transatlantico francese della Compagnie Generale Transatlantique.
Fu costruito nei cantieri di Penhoet a Sant-Nazaire, varato il 29 ottobre 1932
ed entrò in servizio il 29 maggio 1935.
Era l’orgoglio della flotta francese ed una delle navi più veloci e lussuose.
Quando scoppiò la guerra la nave si trovava nel porto di New York.
L a Francia dichiarò guerra alla Germania il 3 settembre 1939 e la Normandie fu
trattenuta dal governo degli Stati Uniti nel porto di New York.
All’equipaggio francese non fu permesso di partire. Il 12 dicembre 1941,
cinque giorni dopo l’attacco giapponese di Pearl Habor, la
Normandie fu ufficialmente sequestrata dal governo degli USA e il
27 dicembre fu trasferita alla Marina americana, che la ribattezzò “USS Lafayette”(AP-53)
ed iniziarono i lavori per convertirla in trasporto truppe (oltre 10.000 soldati).
Nella sala di prima classe erano presenti elementi in legno verniciato e
giubbotti di salvataggio altamente infiammabili. Le scintille di una torcia per
saldatura fecero prendere fuoco ad una pila di giubbotti. Purtroppo il
complicato sistema antincendio della Normandie era stato scollegato durante i lavori e le
manichette portate dai vigili del fuoco di New York non si adattavano ai collegamenti francesi.
Non fu possibile fermare l'incendio a bordo della Normandie, che rollò e affondò al molo.
Nonostante un'operazione di salvataggio straordinariamente costosa nell'agosto del 1943, il raddrizzato Lafayette aveva subito troppi danni per essere facilmente riparati,
La Lafayette non fu mai riparata e rimase in bacino di carenaggio per il resto della guerra. Fu ufficialmente cancellata dai registri navali nell'autunno del 1945 e neanche i francesi la volevano. Alcuni tentativi furono fatti da privati per salvarla, ma nessuno ebbe successo. Fu demolita a Port Newark, NJ tra l'ottobre del 1946 e il dicembre del 1948.
Nonostante questa tragica fine, molti dei suoi interni e delle sue opere d'arte più belle furono salvati e ora risiedono in collezioni private e in musei di tutto il mondo, incluso il Metropolitan.
https://it.wikipedia.org/wiki/Normandie_(transatlantico)#/media/File:Ssnormandie_sideelevation_NYC.png
https://www.youtube.com/watch?v=4IGOzfVC80o
Lanza si rifiutò di rispondere a qualsiasi domanda
invocando il 5° Emendamento.1 maggio 1957
https://www.mauritius-images.com/de/asset/ME-PI-6409596_mauritius_images_bildnummer_12284788_racketeer-joseph-%22socks%22lanza-handcuffed-to-a-department-of-correction-officer-sits-in-the-witness-chair-before-the-state-legislative-committee-investigating-the-circumstances-of-his-parole-lanza-declined-to-answer-any-questions-in-his-appearance-like-his-brother-harry-who-was-a-witness-lanza-refused-to-answer-by-pleading-the-5th-amendment-1-may-1957
(da destra a sinistra della foto:
Lucky Luciano - Meyer Lansky - Salvatore Agoglia - John Senna)
https://www.etsy.com/it/listing/634545010/mafia-lineup-1932-lucky-luciano-meyer
of vagrancy at the West 54th Street police station in Manhattan.
Il boss del gioco d'azzardo Meyer Lansky (a destra) fuma una sigaretta mentre viene accusato di accuse di vagabondaggio alla stazione di polizia della West 54th Street a Manhattan.
https://www.bridgemanimages.com/it/noartistknown/meyer-lansky-is-booked-on-vagrancy-charges-at-the-west-54th-street-police-station-in-manhattan/black-and-white-photograph/asset/2923647
Il suo impero criminale comprendeva lo spaccio di narcotici, la prostituzione,
l'estorsione e la gestione di vizi.
(Foto di Slim Aarons/Getty Images)
(Foto di Apic/Getty Images)
resa oscura da ambiguità e contraddizioni.
(Allied Military Government of Occupied Territories, sigla AMGOT), i
n seguito Governo militare alleato
(Allied Military Government, sigla AMG)
Uno strano aspetto della parola AMGOT……..
I responsabili superiori di questo organismo deputato all’Amministrazione degli
Affari Civili delle zone conquistate, si accorsero che le due sillabe della parola AM-GOT
in lingua turca indicavano rispettivamente gli organi genitali maschili e femminile.
La sigla venne quindi modificata ed abbreviata in AMG.
I Carabinieri si sarebbero trovati in una situazione molto scomoda nei confronti della popolazione siciliana dato che avrebbero dovuto imporre delle leggi emanate da forze di occupazione.
Il ricorso ai Carabinieri, a giudizio di Eisenhower, avrebbe evitato di distrarre dalle forze combattenti almeno 20mila uomini.
La prefazione venne scritta dal generale Dwight D. Eisenhower, dell’esercito americano e comandante in capo di tutta l’operazione.
Si tratta dunque di uno spaccato interessante, per capire come, a quell’epoca gli stranieri si rapportassero con i siciliani.
La prefazione del generale Dwight D. Eisenhower
We have defeated the enemies’ forces on the South shore of the Mediterranean and
captured his army intact.
The French in North Africa, for whom the yoke of Axis domination has been lifted,
are now our loyal allies.
However this is NOT enough. Our untiring pressure on the enemy must be maintained, and as this book falls into your hands we are about to pursue the invasion and occupation of enemy territory.
The successful conclusion of these operations will NOT only strike closer to the heart of the Axis, but also will remove the last threat to the free sea lanes of the Mediterranean.
Remember that this time it is indeed enemy territory which we are attacking, and as such we must expect extremely difficult fighting.
But we have to work smoothly alongside one another as a team, and many of you who will be in the first ranks of this force know full well the power of our Allied air and naval forces and the real meaning of air and naval superiority.
The taks is difficult but your skill, courage and devotion to duty will be successful in driving our
...................
Stiamo per entrare nella seconda fase delle operazioni iniziate con l'invasione del Nord Africa.
Abbiamo sconfitto le forze nemiche sulla sponda meridionale del Mediterraneo e
catturato il suo esercito intatto.
I francesi in Nord Africa, ai quali è stato tolto il giogo del dominio dell’Asse,
sono ora nostri fedeli alleati.
Comunque, questo non è abbastanza. La nostra instancabile pressione sul nemico deve essere mantenuta e, quando questo libro cadrà nelle vostre mani, ci accingiamo a perseguire l'invasione e l'occupazione del territorio nemico.
La conclusione positiva di queste operazioni NON solo colpirà più vicino al cuore dell’Asse, ma eliminerà anche l’ultima minaccia alle libere rotte marittime del Mediterraneo.
Ricorda che questa volta è proprio il territorio nemico che stiamo attaccando, e come tale dobbiamo aspettarci combattimenti estremamente difficili.
Ma dobbiamo lavorare senza intoppi gli uni accanto agli altri come una squadra, e molti di voi che saranno nelle prime file di questa forza conoscono molto bene la potenza delle nostre forze aeree e navali alleate e il vero significato della superiorità aerea e navale.
Il compito è difficile, ma la tua abilità, coraggio e devozione al dovere avranno successo nel portare i nostri nemici più vicini al disastro e condurci verso la vittoria e
la liberazione dell'Europa e dell'Asia.
Alcune pagine
della guida
E
Il commodoro della marina di sua maestà C. E. Bnson.
Con
Vice il tenente colonnello britannico Peter Rodd.
abbandonarla nel 1934, quando denunciò il movimento per le sue azioni.
Nel 1938 guidò l'azione umanitaria a Perpignan a favore dei profughi della guerra civile spagnola. Fu incaricato nelle Guardie gallesi nel 1939 e prestò servizio in Africa e in Italia, raggiungendo il grado di tenente colonnello. Dopo la guerra tentò senza successo di diventare un regista, ma il suo unico progetto completato, Per chi suona la porta , girato in Spagna, fu un fallimento.
Nel 1933 sposò la scrittrice Nancy Mitford, figlia di David Freeman-Mitford, 2° barone Redesdale
(ricco proprietario terriero). Divorziarono nel 1957.
Scrittrice e biografa
In Sicilia erano presenti da secoli tre Università: a Palermo, Messina e Catania.
- A Palermo fu nominato Giovanni Baviera;
- a Messina Gaetano Martino;
- a Catania Mario Petroncelli.
I precedenti rettori, oltre a perdere la carica, subirono alcune repressioni:
- Salvatore Sgrosso, che era a capo dell’ateneo messinese dal 1940, venne epurato;
- Orazio Condorelli, rettore a Catania dal 1937, venne arrestato,
- l’ex rettore palermitano Nicola Leotta, al contrario, non subì alcun ulteriore provvedimento dato che agli inizi di settembre era stato assunto come collaboratore del capo degli Affari Civili dell’AMGOT Charles Poletti.
Gli Alleati nominarono nuovi presidi di Facoltà, e confermarono nelle loro cariche alcuni di quelli meno compromessi con il fascismo.
La Chiesa, che già si era intromessa nelle nomine scolastiche, anche in questo caso espresse la sua opposizione alla nomina del professor Giuseppe Ferretti alla presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo.
Perché questa opposizione della Chiesa alla nomina del Ferretti?
Ferretti era socialista e anticlericale ed era quindi malvisto dalle autorità ecclesiastiche, le quali fecero pressione su Poletti per rivederne la nomina, costringendo quest’ultimo a consultarsi con Gayre.
L’Educational Advisor sottolineò che nelle nomine era fondamentale valutare il prestigio accademico e la loro non adesione al fascismo..
A metà novembre 1943 ci fu l’epurazione effettuata dal maggiore Sherwood in sostituzione di Gayre.
L’università più colpita fu quella di Palermo, dove su un corpo docente di 68 professori di ruolo, ne vennero epurati 9:
- quattro furono licenziati definitivamente;
a. Giovanni De Francisci Gerbino di Economia politica corporativa;
b. Ramiro Fabiani di Geologia;
c. Salvatore Maggiore di Clinica pediatrica;
d. Giuseppe Maggiore di Diritto penale.
- cinque sospesi temporaneamente.
a. Edoardo Calandra di Clinica ortopedica; (sospeso per un anno)
b. Salvatore Caronia di Architettura e composizione architettonica; (sospeso per un anno)
c. Vito Fazio Allmayer di Filosofia teoretica; (sospeso per un anno)
d. Gioacchino Scaduto di Diritto civile; (sospeso per un anno)
e. Luigi Efisio Tocco di Farmacologia, che fu sospeso per sei mesi.
I criteri con cui furono licenziati erano molto aleatori anche se erano figure di spicco del fascismo siciliano.:
- De Francisci Gerbino, «propagandista del corporativismo, era un famoso fascista che aveva ricoperto molte cariche pubbliche»;
- Fabiani era preside della Facoltà di Scienze, Accademico d’Italia e aveva abbandonato il suo posto all’arrivo degli Alleati;
- i fratelli Salvatore e Giuseppe Maggiore erano importanti accademici siciliani. Il primo era stato rettore a Messina (1939-40) ed anche membro del direttorio federale del Fascio; il secondo era stato rettore a Palermo (1938-39) dove aveva ricoperto importanti incarichi (presidente della Provincia di Palermo dal 1934 al 1943, ultimo presidente dell’Istituto Nazionale di Cultura Fascista nel 1943), ed aveva collaborato con la rivista «La difesa della razza».
Le imputazioni a carico dei docenti sospesi temporaneamente non furono ben precisate. Per loro l’imputazione fu quella…
In realtà successivamente il capitano Brod del CIC, dichiarò che furono arrestati
- Giuseppe Usai di Matematica finanziaria, che venne sospeso per un anno;
- Gaetano Zingali di Scienza delle finanze, che fu licenziato.
Gli aiuti, assistenti e liberi docenti:
- Ettore Giuffrida, sospeso per un anno;
- Girolamo Longhena, licenziato;
- Alfredo Mazzei, licenziato;
- Egidio Moretti, licenziato;
- Eduardo Petrix, licenziato;
- Francesco Russo, licenziato.
Il professore Usai, in un primo momento, fu licenziato ma a seguito di una più accurata analisi della sua posizione, gli fu inflitta una sospensione.
Il professore Zingali diede avvio ad una durissima battaglia per poter mantenere il posto, accusando il nuovo rettore Petroncelli (nominato dall’AMGOT) di essere compromesso con il fascismo. In particolare, in una lettera a Gayre del 18 dicembre 1943, Zingali affermò …..
In ogni caso la lettera sarebbe un documento importante perché metterebbe in evidenza le relazioni e i meccanismi accademici poco chiari oltre ad un confine fra docenti fascisti e fascisti molto vago.
Gli Alleati revocarono al prof. Zingali il licenziamento ed incominciarono ad indagare sulla vicenda.
Alla fine scagionarono Petroncelli e riconfermarono il provvedimento di epurazione per Zingali, che venne fra l’altro arrestato e rinchiuso nel campo di concentramento di Padula, dove rimase per diversi mesi.
Meno intensa fu l’epurazione nell’Università di Messina dove venne licenziato un solo professore ordinario su 34 in organico: l’ex rettore Salvatore Sgrosso docente di Clinica oculistica, e il direttore amministrativo Salvatore Mirone.
Epurati e riorganizzati, i tre atenei siciliani poterono riprendere le loro attività. La prima università che inaugurò l’anno accademico 1943-44 fu quella di Catania, che tenne la cerimonia il 4 novembre 1943, data simbolo, perché anniversario dell’armistizio del 1918 fra Italia e Austria.
Vi parteciparono il generale Mark Wayne Clark, comandante della 5° Armata americana, il tenente colonnello George Robert Gayre e il tenente colonnello Thomas Vernor Smith.
Un mese dopo, il 5 dicembre 1943, venne invece inaugurato l’anno accademico all’Università di Palermo alla presenza:
- del generale George Patton, comandante della 7° Armata americana;
- del brigadiere generale Frank J. McSherry, vice capo degli Affari civili dell’AMGOT;
- del tenente colonnello Charles Poletti, capo degli Affari civili in Sicilia;
- dell’Educational Advisor Gayre.
L’ultima università a riaprire i battenti fu quella di Messina, dove si officiò la cerimonia il 3 gennaio 1944, nella quale lo stesso Gayre tenne una prolusione dal titolo “La lezione della Sicilia nel complesso etnologico europeo”, che tuttavia venne ripetutamente interrotta da una contestazione studentesca, che impedì all’antropologo scozzese di terminare la sua lezione.
In queste occasioni molti dei rappresentanti alleati vennero omaggiati con il conferimento di lauree ad honorem dalle tre università.
Gayre dispose che le università avrebbero dovuto eleggere i presidi di Facoltà e i rettori, come era in uso in tempi prefascisti. Così, tra gennaio e febbraio 1944 i tre rettori nominati dagli Alleati, vennero confermati alla guida delle loro università da libere elezioni. All’Università di Catania, tuttavia, si dovettero tenere presto nuove elezioni, a causa del trasferimento di Petroncelli a Napoli per l’anno accademico 1944-45. Nel novembre 1944 venne così eletto rettore il giurista Dante Majorana, che rimase in carica fino al 1947.
Venne quindi istituita l’A,M,G.O.T (l’Allied Military Government of Occupied Territories) coordinata dagli inglesi e destinata a gestire l’Italia man mano che veniva liberta.
Al comando c’è l’aristocratico Generale britannico Harold Alexander. Sotto di lui c’era il colonnello italo-americano Charles Poletti, nominato direttore degli Affari Civili. Fu del Poletti la scelta degli uomini che dovevano amministrare la Sicilia in caso di successo.
A questo punto entrò da protagonista la mafia.
A guidarla, grazie alla sua autorità, era Lucky Luciano che non era “il capo dei capi”.
Fu proprio lui ad abolire la carica sostituendola con la Commissione, il nuovo organo decisionale delle cinque famiglie mafiose principali di New York, ma di certo era il boss con maggiore influenza negli Stati Uniti.
Il soprannome Lucky (fortunato) se lo guadagnò in campo criminale dopo essere sopravvissuto a una serie di coltellate e al taglio della gola in un agguato di sconosciuti a Staten Island. Le autorità americane lo avevano interpellato nel 1942, quando gli chiesero di dare una mano per fermare chi sabotava i mercantili in partenza per la Gran Bretagna nel porto di Manhattan. Il controllo del Sindacato dei portuali e di conseguenza dei moli era infatti una specialità della Mafia italo-americana.
Ma se fin qui il ruolo del Boss fu chiaro, non fu altrettanto chiaro quello che ebbe nell’invasione della Sicilia. La leggenda narrò che abbia chiamato a raccolta gli accoliti della Mafia siciliana affinché dessero una mano e che in cambio abbia ottenuto, per sé e per loro, una sorta di immunità, spazi di manovra per fare affari e la possibilità di inserirsi nei gangli della politica.
Un mito che non fu mai pienamente confermato.
Il 3 gennaio 1946, Thomas E. Dewey, diventò Governatore dello Stato di New York, e nel febbraio 1946 lo graziò per i servigi resi alla U.S. Navy.
La condizione era..
Thomas E. Dewey, che da giudice nel frattempo era diventato governatore dello stato di New York.
Da qui, secondo un’inchiesta del Senato americano del 1951, riprese indisturbato a fare il Capo “internazionale” della Mafia americana e siciliana, un’attività che sembra abbia esercitato fino alla sua scomparsa, avvenuta a Napoli il 26 gennaio 1962.
L’amministrazione provvisoria degli Alleati (Amgot) per funzionare aveva bisogno di appoggi locali. Quando i soldati andranno via, i funzionari civili si troveranno di fronte a un enorme vuoto che venne subito riempito dagli uomini della mafia. Buona parte degli antifascisti nominati sindaci e prefetti erano in realtà uomini di Cosa Nostra.
E quando gli Alleati si trasferirono al di là dello Stretto, l’infiltrazione mafiosa si fece subito sentire.
L’ex capo della mafia di New York, Vito Genovese, comparve a Nola, vicino Napoli,
come interprete dei servizi d’informazione dell’esercito statunitense. Era rientrato in Italia nel 1937 per evitare di essere processato a New York per assassinio ed era riuscito a entrare nelle grazie di Mussolini. Ora si ricicla alla grande: fece arrestare alcuni borsari neri legati a Vizzini, con grande soddisfazione degli americani. Soddisfazione che però scompavre non appena si resero contro che, in realtà, li aveva sostituiti con uomini suoi.
I comandi alleati non si preoccuparono delle conseguenze politiche e sociali future legate al rapporto con la mafia
Mancanza di forze militari per contrastare l’avanzata alleata? Forse..oppure ci fu un aiuto delle cosche mafiose?
Sarebbe stato difficile attraversare la parte occidentale dell’Isola, zona da sempre tradizionalmente mafiosa.
Ma l’aspetto più grave di questo rapporto fu legato al dopo sbarco.
Il problema fu anche culturale dato che gli Alleati avevano una visione sommaria dei problemi economici, politici e soprattutto sociali della Sicilia. Visioni legate agli opuscoli informativi
sull’isola che erano stati distribuiti ai vari comandanti delle armate e coperti da “top secret”. Per amministrare l’isola fecero leva su elementi legati alla mafia italo-americana. Davanti alla piaga dilagante del mercato nero fecero ancora ricorso alla mafia.
Abbiamo visto i casi di don Calogero Vizzini, di Genco Russo, di Lucio Tasca di Palermo e anche del boss Vito Genovese che venne arruolato dall’esercito americano come interprete.
Ma altri mafiosi, allora emergenti o nascosti dietro la “falsa maschera” della politica furono nominati a sindaci di molti centri sempre con bene placito degli Alleati.
La mafia venne così legittima come una falsa maschera pirallendiana perché era
Con molta superficialità gli angloamericani non valutarono questi aspetti perché preoccupati nel mantenere l’ordine dietro le linee, nell’evitare malesseri e tumulti, e ristabilire le linee di comunicazione per i collegamenti con il fronte.
Secondo alcuni storici gli americani sposarono la causa separatista, d’altra parte ben vista dalla mafia (almeno in un primo momento)… la Sicilia sarebbe diventata la quarantanovesima stella degli USA… una stella che avrebbe avuto un significato ben preciso…
In merito ci sarebbero dei documenti che farebbero riflettere sugli avvenimenti.
Il capitano Scotten, nel suo rapporto indicò infatti tre possibili linee d’azione…
con accanto Salvatore Giuliano.
Tra: Italia – Alleati
Firmatari: Pietro Badoglio - Dwight D. Eisenhower
A bordo della corazzata inglese HMS-Nelson (in acque maltesi)
Il nome ufficiale in italiano è Condizioni aggiuntive di armistizio con l'Italia mentre quello in inglese è Instrument of surrender of Italy.
contenute genericamente nell'armistizio di Cassibile (detto anche armistizio corto) firmato il 3 settembre dal generale Giuseppe Castellano.
Firmato a Malta il
giorno 29 settembre 1943
Maresciallo Dwight
D. Eisenhower
Pietro Badoglio Generale dell’Esercito degli
Stati Uniti
Capo del Governo Italiano Comandante in Capo
Alleato
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