La Principessa di Ukok e i Monti Altaj – Enciclopedia delle Donne – cap. XXI / Принцесса Укока и Алтайских гор – Женская энциклопедия – глава XXI






Indice:
1.     Il territorio dei Monti Altaj con le sue leggende.. Un luogo mistico. L’altopiano di Ukok. Video.
2.     Storia. La valle di Pazyryk.
3.      I kurgan. Le necropoli di Pazyryk e di Berel. Il kurgan di Arzhan.
4.     La scoperta del tumulo funerario della Principessa di Ukok. L’archeologa Natalia Viktoravna Polosmak. Il rinvenimento. Video.
5.     Chi era la donna mummificata del V secolo a.C.?
6.     La ricostruzione del suo volto e del suo corpo.
7.     I tatuaggi della Principessa
8.     Nascita della missione archeologica.
9.     Gli abiti della principessa.
10.  La sua acconciatura e il significato dei suoi capelli.
11.  Gli abiti rammendati e il coloranti.
12.  Gli abiti del cavaliere.
13.  Tatuaggi e stele di pietra.
14.  Il corpo della principessa.
15.  Le maledizioni.
16.  La campagna per il ritorno della Principessa in Altai.
17.  La Principessa di Ukok aveva un cancro.
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Индекс
1. Горный Алтай и его легенды. Мистическое место. Плато Укок. Видео.
2. История. Пазырыкская долина.
3. Курганы. Пазырыкский и Берельский некрополи. Курган Аржан.
4. Открытие кургана принцессы Укока. Археолог Наталья Викторовна Полосьмак. Открытие. Видео.
5. Кем была мумифицированная женщина V века до н.э.?
6. Реконструкция её лица и тела.
7. Татуировки принцессы
8. Зарождение археологической миссии.
9. Одежда принцессы.
10. Её причёска и значение волос.
11. Починка одежды и окрашивание.
12. Рыцарская одежда.
13. Татуировки и каменные стелы.
14. Тело принцессы.
15. Проклятия.
16. Кампания за возвращение принцессы на Алтай.
17. У принцессы Укока был рак.

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1.     Il Territorio dei Monti Altai con le sue leggende… Un luogo mistico
I Monti Altai (Monti Altaj) (in russoАлтайmongolo: Алтайн нуруу [Altajn Nuruu]; cinese阿爾泰山脈尔泰山脉Ā'ěrtài shānmài) sono un vasto e complesso rilievo montuoso che si sviluppa per ben 2000 km.


Il sistema montuoso si trova al confine tra:
- Russia (Altai Krai, Repubblica di Tyya e Repubblica di Altai);
- Mongolia (Bayan-Ulginy e Khovd aimaks);
- Cina (regione autonoma iugura della Xinjiang);
- Kazakistan (Regione del Kazakistan orientale).


La catena montuosa ha uno sviluppo planimetrico Sud-Est/Nord-Ovest dal deserto di Gobi al bassopiano della Siberia occidentale attraversando la Mongolia, la Cina, il Kazakistan e la Russia . Il termine “Altai” deriva dalla parola turco-mongola “Altan” ovvero “dorato” per la particolare colorazione  che assumono i rilievi al tramonto.
La struttura geologia del territorio è molto complessa perché i Monti Altai costituirebbero lo spartiacque tra il bacino dell’Oceano Artico e la regione, priva di drenaggio, dell’Asia centrale.
La vetta più alta sarebbe il Monte Belukha con i suoi 4506 m s.l.m.
 I Monti Altai si formarono circa 500 - 300 milioni di anni fa e, secondo i geologi, subirono un  forte processo di erosione durante le varie ere geologiche.
Le erosioni portarono alla formazione di un altopiano dolcemente ondulato (“penepiano”) con delle vette generalmente armoniose,
Secondo gli scienziati gli Altai odierni non sarebbero altro che una piccola parte  delle antiche catene montuose.
La nuova vita della catena montuosa iniziò circa 65 milioni d’anni fa grazie ai ripetuti movimenti tettonici. Un aspetto interessante sarebbe infatti legato alla continua crescita dei Monti Altai di circa 1 cm all’anno. Un aspetto evidenziato anche dai frequenti terremoti che colpiscono il territorio.
Nuovi movimenti tettonici si verificarono circa 2,6 milioni di anni fa, durante il Quaternario, con nuovi sollevamenti che crearono delle vette di dimensioni significative. I terremoti sono molto frequenti nella zona e nelle regione lungo una faglia molto importante della crosta terrestre.  Molto importante fu il terremoto nei pressi del lago Zaisan avvenuto nel 1990.
Durante il periodo del Quaternario la glaciazione agì sulle montagne con u processo di raschiatura e di livellamento. Un’azione che determino una profonda trasformazione delle valli da “V” ad “U”,
ci fu anche una profonda erosione da parte dei fiumi che lasciò un segno molto forte sul paesaggio.
Le vette più alte dell'Altaj odierno - in particolare i monti del Katun, i Severo-Čujskij (Čujskij Settentrionali) e i Južno-Čujskij (Čujskij meridionali) - svettano a più di 4000 m di altitudine, correndo latitudinalmente nelle zone centrali e meridionali del settore della catena montuosa che ricade entro i confini della Repubblica dell’Altai.
Le strutture tettoniche ospitano giacimenti commercialmente sfruttabili di ferro, di alcuni metalli non ferrosi e rari quali mercurio, oro, manganese e tungsteno, e di marmo.

Raggiungere le vette non è facile. un percorso a piedi che richiede spesso due settimane e non tutti sarebbero in grado di affrontare questo arduo cammino.
Nel 1998 i “Monti Altai d'Oro” furono inseriti nella lista dell'UNESCO. La superficie totale dell'area protetta era di 1,64 milioni di ettari. Comprendeva il monte Belukha, il lago Teletskoye e l'altopiano di Ukok, dove fu ritrovata la mummia della principessa Altai Kadyn.
Lo scrittore Valentin Rasputin scrisse le sue impressioni per i Molti Altai..
“Per l'artista, i Monti Altai rimangono ancora un sogno  :  meraviglioso e ultraterreno, intessuto di previsioni, premonizioni e presagi, di promesse e lusinghe seducenti. Per l’artista restano un sogno, ma per ciascuno di noi possono essere l’ultimo ricordo pre-torno della terra da cui, con il giusto lavoro, si potrebbe vedere il paradiso terrestre.”




Il sistema montuoso è in realtà costituito da tre grandi catene montuose:
-        L’Altai, propriamente detto, noto come l’Altai Sovietico o Grande Altai;
-        L’Altai della Mongolia;
-        L’Altai del Gobi.
L’altezza media dei Monti Altai è di circa 1800 – 2000 ma sono tra i più lunghi ed è per questo motivo che vengono chiamati “paesi montuosi”. Si estendono per ben 1847 km coprendo il territorio di  Russia, Kazakistan, Mongolia e Cina.
Ci sono circa 30 cantene montuose nei Monti Altai, alcuni ricoperti da una taiga impenetrabile,
altri da ghiacciai eterni e altri da prati alpini fioriti. Fiumi di montagna vertiginosi, cascate ribollenti, cime innevate, laghi alpini che cambiano colore a seconda delle stagioni, immagini da favola non facilmente descrivibili.
La vetta più alta dei Monti Altai è Monte Belukha. Si trova sulla cresta Katunsky, la cui lunghezza è di oltre 150 chilometri.


Il monte Belukha (al centro) è il punto più alto del sistema montuoso Altai.
https://s4.stc.all.kpcdn.net/russia/wp-content/uploads/2019/11/Gora-Beluha.jpg

Monte Belukha, evidenziato con il cerchio rosso.

Il Monte Belukha (“ tre teste”) sarebbe “l’Ombelico” della Terra perché è egualmente
distante dai quattro oceani del mondo: Indiano, Atlantico, Artico e Pacifico.
Questo aspetto fu vito da molti studiosi come un aspetto mistico, sacro. Per questo motivo la montagna fu da sempre considerata sacra.
È qui che i pellegrini provenienti da tutto il mondo per cercare l'ingresso a Shambhala, la terra della felicità, dell'armonia e della gioia.
Śambhala (sanscrito, devanāgarī: शम्भल; tibetano: བདེ་འབྱུངbde ’byung; anche sham bha laཤམ་བྷ་ལ; anche Sambhala o adattato come Shambhala) è, secondo il Kālacakratantra, e quindi per la tradizione del buddismo tibetano, il nome di un regno mitico e segreto situato a nord dell'India, o a nord della regione himalayana.
Una leggenda riportò come una volta sul Monte Belukha viveva un popolo, i “Chud” dagli occhi bianchi.
Le persone avevano capelli bianchi come la neve e occhi con l'iride bianca. Furono menzionati nel "Racconto degli anni passati" e nelle saghe finlandesi, nelle memorie dell'artista e viaggiatore Roerich e nei racconti di Bazhov.  Un popolo che improvvisamente scomparve, come inghiottito dalla terra. Si citò la presenza di una città sotterranea dove si nascondevano gli abitanti e le sue tracce si perdevano in Siberia.
Le leggende narravano che proprio in un terzo del paese viveva questo popolo dagli occhi bianchi.
I “Chud” furono visti ad Arkhangelsk, Yamal, negli Urali e in Altai. Figure albine tozzi, con iridi bianche e capelli color neve. Una specie di gnomi slavi, e per di più favolosamente ricchi. Le leggende narravano come  nascondessero i loro tesori sottoterra. Tesori che furono ricercati ma senza esiti positivi.
Vivevano da qualche parte in una città sotterranea e le guardie erano posizionate vicino agli ingressi dei misteriosi sotterranei in modo che gli estranei non arrivassero alle ricchezze.
Non mancarono delle modificazioni alle antiche leggende. Una in particolare citava i “Chud” come un popolo di giganti che viveva nei sotterranei custodendo immensi tesori e dalle sembianze di angeli..
Era il miracolo celeste che aveva gli occhi d'argento ed era chiamato il miracolo dagli occhi bianchi. E il miracolo sotterraneo ha gli occhi neri.
Lo scrittore sovietico Vyacheslav Shishkov nel suo libro
“I Chuisky erano”
“Ci sono molti buchi. A volte si incontrano da soli, a volte in due, a volte in tre. A volte ce n'è un'intera strada in due passaggi. Dicono che queste siano le abitazioni, le yurte delle persone che vivevano qui: gli Altai Chud. Ci sono molte pietre in piedi nei pilastri: questo è il loro cimitero. C'è una grande pietra sul lato della strada: l'eroe è sepolto qui. Quindi dicono che le persone vivessero in queste fosse. E poi si sparse la voce che un albero bianco era apparso sul terreno: una betulla bianca. Si diceva che da qualche parte, insieme all'albero, fosse nato un re bianco, a cui fu dato il potere di conquistarli. Erano molto spaventati. Dissero: “È giunto il momento di morire volontariamente”. Costruirono piattaforme su pali di legno sopra le abitazioni, caricarono le piattaforme di pietre, ognuno entrò nella propria buca, pregò, si salutò e abbatté i pali di legno. Le pietre caddero su di loro e li schiacciarono. Così dicono i vecchi..."
Ma molte altre leggende arricchirono questo territorio aumentando il suo aspetto mistico…..
-        La leggenda degli eroi secondo la quale gli Altai erano dei forti e possenti eroi. Un giorno la terra non poté resistere e crollò sotto di loro. E quegli eroi si trasformarono in montagne che esistono ancora oggi, e al loro interno vive uno spirito formidabile, a guardia di questi luoghi. È interessante notare che alcune rocce hanno effettivamente contorni chiari dei volti degli eroi, quindi i residenti locali considerano i Monti Altai vivi e li adorano.

Roccia di granito sembra un volto umano con prove di erosione, coperto di piante nella foresta mountaiun nella regione di Altai (Russia).
https://www.alamy.it/foto-immagine-roccia-di-granito-sembra-un-volto-umano-con-prove-di-erosione-coperto-di-piante-nella-foresta-mountaiun-nella-regione-di-altai-russia-118877905.html?imageid=FBA46300-D26C-4E49-A63A-C09621CD8622&p=343363&pn=1&searchId=6f8aa8d2715067b4e8e36db54b2cec89&searchtype=0
-        La leggenda della Terra d'Oro
Un giorno Dio decise di creare una Terra d'Oro, dove regnassero felicità e armonia. Chiamò
il Cervo, il Falco e il Cedro e chiese a ciascuno di loro di trovare il posto migliore per sé. Nel
luogo  dove le strade dei tre siti si sarebbero incontrate,  sarebbe diventato la “Terra D’Oro”.
Il cervo galoppò a lungo a terra. Il Falco si librò alto nel cielo. Il cedro era profondamente
radicato nella terra. Un giorno s’incontrarono in un paese montuoso, dove tutti e tre erano
buoni e felici. Là sorse la Terra d'Oro, il cui nome è Montagna Altai.
-        La leggenda della Montagna del Dito del Diavolo
C'è una piccola montagna sui Monti Altai: il Dito del Diavolo. Si chiama così per un motivo:
quando la si osserva, è come se ci si trovasse in presenza di un dito cresciuto dal terreno.
Secondo la leggenda, molto tempo fa in questi luoghi viveva il forte e coraggioso guerriero
Kuyum. Un giorno qui apparve il malvagio Cherto. Voleva appassionatamente impossessarsi
di tutte le risorse naturali, provocando orrore tra i residenti locali. Kuyum si offrì volontario
per combattere il cattivo. Fu una lunga lotta e  all'alba si vide che del malvagio Cherto era
rimasto solo un dito, che presto si trasformò in una roccia. Da allora iniziarono a chiamarlo il
Dito del Diavolo.
Devil's Finger Mountain sembra un dito o un artiglio cresciuto dal terreno.
Foto: commons.wikimedia.org
Una delle città di questo mistico popolo albino sarebbe stata Belokurikha, posta sul fiume Belokuricha, nel Kraj Altai. Una delle attrattive della cittadina sarebbe il monte Tserkovk, considerato un monte mistico.
Furono effettuati degli scavi archeologici e l’insediamento del villaggio di Kamen fu abitato dalla prima età del ferro fino al tardo medioevo. Questo luogo è anche conosciuto come monte Tserkovka e un tempo sulla sua cima si trovava una chiesa ortodossa. Tuttavia, fino ad oggi sono sopravvissuti solo dei gradini di pietra.


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“Se il contorno di una roccia assomiglia a qualcuno, allora è diventato speciale per il popolo Altai, dotato di proprietà mitiche. Gli Altai chiamavano la Chiesa “kaacha”, che significa “santa” o “dominante”, perché da un lato la Chiesa ricorda una cupola, e dall'altro, lato orientale, il profilo di un uomo mongoloide. Per gli Altai questo era il proprietario della montagna”,
Tamara Batueva, curatrice del museo locale. 
I residenti di Belokurikha e Altai credono da sempre di vivere in un luogo semi-mistico. A volte le persone scompaiono qui senza lasciare traccia. I residenti raccontarono soprattutto storie, ovviamente. Ma ci sarebbero anche storie vere  mai risolte.
Ad esempio, nel 2009, un medico trentenne di Novosibirsk scomparve in questa zona senza lasciare traccia.
Una targa commemorativa in memoria di una ragazza scomparsa nella zona
La gente di Belokurikha ritiene che ci si possa perdere se si procede in una passeggiata da soli. Molti parlarono di “miracoli” ed anche un artista mistico, amante dei Monti Altai, Nicholas Roerich, dedicò un dipinto a quelle scomparse che gli abitanti del luogo definirono come “miracoli”.
L’artista fu ispirato nel suo dipinto da un vecchio della zona, dai capelli grigi, che indicandogli le mistiche rocce gli disse…
È qui che il miracolo è andato sottoterra... Ma non è andato via per sempre. Quando torneranno i tempi felici, verrà la gente di Belovodye ” .
Belovodye era un paese mitico che nelle leggende russe era associato alla libertà, al paradiso ed era anche chiamato Shambhala russa.
Roerich, nella sua ricerca,  attraversò il villaggio di Altaiskoye e andò a Ust-Koksa, e da Ust-Koksa a Soloneshenskoye. 
Si recò sul Monte Misha.
Si narra che accanto al Monte sorgesse un villaggio di Vecchi Credenti.
I residenti allevavano cavalli e mucche e coltivavano il lino. Nella taiga a quel tempo c’erano numerosi i predatori, soprattutto gli orsi. Le persone vivevano quindi in un ambiente difficile e dovevano  difendersi dagli animali selvatici.
Ma c'era un posto vicino al villaggio, vicino a una montagna senza nome, dove il proprietario era conosciuto come un orso amante della pace. Non toccò la sua stessa gente e non permise agli estranei di entrare nel territorio. I residenti si innamorarono di lui dandogli persino da mangiare. E quando Mishka morì, decisero di dare un nome alla montagna in memoria dell’amico orso così caro e rispettoso. Da qui il nome: Mishina.
Il monumento dedicato all’orso Misha

La presenza di Mishina, è strana, ma si percepisce nell’ambiente. In Italia gli orsi vengono uccisi dietro le direttive di amministratori regionali mentre nella taiga siberiani sono il simbolo.
Con gli altri ricercatori finì nel villaggio di artigiani e artigiani Askat, dove un connazionale di Novosibirsk, Konstantin Koshkin, li ospitò offrendo anche una tazza di tisana aromatica “Althea”.
Ascoltò le leggende sulla freccia Sartakpai caduta vicino ad Askat e sul Bogatyr Bianco.
Vicino Chemalsky vide un vero cancello di pietra.
Secondo una delle leggende, il Chud andò sottoterra, coprendosi di pietre.
Un'enorme sporgenza nella roccia somigliava davvero all'ingresso di una misteriosa prigione, e una fessura nella pietra, situata in diagonale, ricordava una porta. Secondo la leggenda, dietro di loro dorme il Bogatyr Bianco, che apparirà al mondo nel momento più allarmante e salverà l'umanità dalla pestilenza e dalla carestia, e la terra dalle inondazioni o dai terremoti. Il Bogatiro Bianco, la prigione, le persone dagli occhi bianchi... 

Si recò sulla vetta più accessibile: Malaya Sinyukha, considerata sacra tra il popolo Altai. Per molto tempo fu un luogo di culto degli sciamani agli dei. C'è un sentiero fino alla sua cima, lungo il quale gli sciamani si arrampicano ancora per eseguire rituali.


Un tempo queste montagne erano scarsamente popolate e solo nel XX secolo,  in legame con un ricco sfruttamento minerario, furono sottoposte all’insediamento umano con la nascita di piccoli centri. Questo determinò anche una trasformazione degli antichi stili di vita delle popolazioni locali.



https://www.youtube.com/watch?v=QjOVZineQEI


Tra i Monti Altai, posti nella Siberia meridionale, c’è l’altopiano di Ukok (in russo, Укок плоскогорье, Ukok ploskogor'e) posto al margine meridionale della Repubblica dell’Altai, Koš-Agačskijrajon e all’incrocio dei confini di Kazakistan, Cina, Mongolia e Russia.
Un altopiano dichiarato Patrimonio Umanità dell’Unesco e denominato “Montagne d’Oro dell’Altai”.

https://russiatrekking.com/ukok/





L’altopiano di Ukok  è  delimitato a sud dalla catena degli Altai meridionali e cioè dal massiccio del Tabyn Bogd-Ola e dai Monti Sajljugem( nella parte più orientale).
A Nord lo stesso altopiano è delimitato dal versante meridionale dei Monti Juzno-Cujskij (detti anche “Cujskij Meridionali). Qui scorre l’importante fiume Dzazator che dà origine al fiume Argut.
L’altopiano presenta centinaia di laghi dalle piccole dimensioni e il maggiore centro è il villaggio di Beljaši (Беляши).

Beljaši (Беляши)


 Il monte più alto è il Picco Hùjtèn con 4374 metri. 

Picco Hùjtèn 

La vegetazione prevalente è quella della steppa e della tundra e l’area più orientale ( quella di Ukok- Sajljugem degli Altai), è considerata la più antica perché legata all’antico ambiente della steppa dei mammut.
Nella parte meridionale dell’altopiano si trova il parco naturale di Ukok denominato
“Zona di riposo di Ukok”
(Природный парк «Зона покоя Укок»)




Repubblica dell’Altai con capitale Gorno

Vi furono identificati centinaia di siti archeologici con insediamenti, petroglifi o incisioni rupestri, sculture in pietra, megaliti. Reperti che coprivano un arco di tempo molto vasto, dal Paleolitico al Medioevo. Molti tumuli funerari dell’Età del Bronzo (detti “Kurgan”) furono collegati alla cultura di Pazyryk che aveva delle analogie con il popolo Scita dell’Occidente.
Fu proprio in questo altopiano che fu rinvenuta la mummia con tatuaggi della Principessa di Ukok. Nella seconda metà del XX secolo furono rinvenute altre tre mummie, tutte con tatuaggi, che risalivano al 300 a.C. circa.
Malgrado il vincolo dell’UNESO, l’altopiano fu minacciato dalla creazione di un gasdotto che doveva collegare Cina e Russia. Non so se sia stato realizzato e spero solo che sia stato un inutile progetto.


https://www.youtube.com/watch?v=BRGanFRFT4Q

Il tramonto più bello al mondo


Il carattere morfologico dominante dell'Altai. è dato dal prevalere di forme d'altopiano su cui si elevano cime isolate e sottili catene - la cima più alta (Belucha) raggiunge i 4550 m - tra cui si incidono valli d'erosione e si deprimono bacini di affossamento. Il limite delle nevi sale in media, nell'A. russo, da 2500 m sul lato N a 3000 sul lato S, e nell'A. mongolo, da 3500 nella parte occidentale a 4000 m nella centrale e orientale. I ghiacciai attuali coprono, in tutto, poco più di 400 kmq. Le precipitazioni atmosferiche sono generalmente scarse; nelle zone montane cadono abbondanti le nevi, a cui attingono i fiumi, l'Ob, il Tomsk, il Jennisei, l'Irtish e i loro affluenti; verso O sono piccoli laghi senza emissario. Tutte le acque superficiali sono gelate dall'ottobre all'aprile.
Marco Polo (il Milione, cap. LVII) riportava che
 "tutti li Gran Capi sono sotterrati ad una montagna grande, la quale è chiamata Altay" e che in quelle tombe venivano posti anche i loro cavalli.

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2.    Storia (cenni)
Verso  la metà del I millennio a.C., nella penisola Balcanica e sulla costa occidentale dell’Asia Minore, nacquero le repubbliche greche, che prenderanno un loro aspetto politico e sociale nel V -IV secolo a.C., mentre nell’Asia Minore si formò la forte monarchia persiana degli Acheménidi.
(La dinastia achemenide,
 in persiano antico    
, Haxāmanišya;
in persiano هخامنشی‎, Haxâmaneši; in greco antico: Ἀχαιμενίδαι?, Achaimenidai; in latino Achaemenides) fu una casa reale di origine persiana, dominante nell'area iranica e in seguito creatrice di un vasto impero multietnico che si estendeva sui territori di Asia, Europa e Africa, dalla metà del VI secolo a.C. all'invasione macedone di Alessandro Magno nel 331 a.C.)
A Nord di questi stati, nella vasta distesa delle steppe europee ed asiatiche, dei semideserti e delle regioni montuose vivevano numerose tribù nomadi presso cui ancora non si era affermato l'uso della scrittura. Queste tribù erano note ai Greci con l'unico nome di Sciti e ai Persiani cn ill nome di Shaka.
Queste tribù che vivevano nelle steppe e nella zona pedemontana dell’Asia occidentale, nei secoli IX – VIII a.C. passarono gradualmente ad un’attività economica pastorale diventando allevatori (nomadi o seminomadi), in particolare di cavalli. In queste tribù le attività agricole e di caccia diventarono secondarie nell’attività sociale.
Un vasto territorio che permise un ricco allevamento di cavalli e, in alcuni luoghi, anche di pecore.
Un ricco pascolo che favorì quindi la nascita di grandi allevamenti che si concentrarono nelle mani di alcune persone.
Nel VI secolo a.C. l’allevamento dei cavalli in queste tribù raggiunse la sua massima espressione a tal punto che nei “kurgan” (tumuli funerarii) furono trovati i corpi di alcune decine di cavalli che vi erano sepolti, appartenuti al destinatario del tumulo, e sacrificati nel rito funerario.
In queste tribù cominciarono ad emergere delle famiglie importanti dal punto di vista sociale ed economico. Questo determinò ben presto un’organizzazione sociale con alleanze tra famiglie potenti e guerriere che non si limitavano solamente a difendere il loro territorio e le loro ricchezze ma si rendevano protagonisti di spedizioni di brigantaggio nei territori limitrofi.
Famosa, dal punto di vista storico, fu la spedizione che gli Sciti intrapresero nel VII secolo a.C. verso l’Asia Anteriore in cui dominarono per circa trent’anni.

La cultura delle tribù degli Altai, in questo periodo, era molto legata a quella delle tribù delle steppe (Sciti) con loro imparentate.
Un collegamento culturale legato in particolare alla base economica. La pastorizia, l’allevamento nomade, la grande mobilita di queste tribù che spaziavano e vivevano in un territorio in cui non trovavano ostacoli naturali, favorì certamente i contatti umani uniformando, grazie ai rapporti, anche le loro culture.
Tenendo conto delle diverse origini di queste tribù e della varietà dei rapporti culturali, ad Ovest con il mondo greco e a Sud con i popoli dell’Asia Anteriore, ogni cultura nomade aveva dei caratteri spesso molto differenti che naturalmente si riflettevano nella loro arte.
L’arte delle tribù dell’Asia Anteriore pur evidenziando dei punti di contatto con le tribù degli Shaka e degli Sciti  si distingueva per una serie di aspetti propri.
Nella  valle di Pazyryk fu scavato il maggior numero di kurgan. Una valle non molto estesa, poco profonda, priva di corsi d'acqua perenni. Il clima presenta, oggi come in antico, inverni lunghi e freddi ed estati brevi ed asciutte; le piogge sono rare, la neve è spazzata via dal vento. La flora, di tipo steppico, è caratterizzata da erbe che si prestano ad un buon allevamento del bestiame mentre le montagne sono ricche di boschi.




La cultura di Pazyryk fu infatti una cultura dell’Età del Ferro dei monti Altai ed identificata grazie  alla scoperta di reperti e resti umani mummificati nel permafrost.
Le mummie erano sepolte nei caratteristici kurgan (lunghi tumuli), simili ai tumuli funerari della cultura scita occidentale, nell'odierna Ucraina.
Molti reperti furono rinvenuti nelle sepolture (tumuli) della valle di Pazyryk compresa l’importantissima
Vergine del ghiaccio siberiano
Una cultura molto ricca anche perché posta nelle diverse vie di commercio frequentante dalle carovane mercantili.
Fu anche avanzata l’ipotesi  che gli esponenti della cultura di Pazyryk avessero uno stile di vita prettamente guerriero.
Altri siti furono associati alla cultura di Pazyryk per la presenza dei Kurgan come:
Bashadar, Tuekta, Ulandryk, Polosmak e Berel.
Non furono mai trovati degli insediamenti tipici di questa cultura probabilmente legata a diverse tribù che conducevano, come giù accennato, una vita nomade.
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3. I Kurgan 







I Kurgan presentavano una tipologia costruttiva molto complessa e vasta:
-        Una grande fossa scavata nel terreno;
-        Nella metà meridionale di essa era ricavata una cella, costruita con travi di legno, e destinata alla sepoltura della persona;
-        La parte settentrionale era destinata alle sepoltura dei cavalli.
-        Il tumulo era costituito da terra e pietrame.
Le inumazioni avvenivano al principio dell'estate o dell'autunno, il cadavere era imbalsamato dopo l'estrazione delle parti molli e dei muscoli, forse destinati a pasto rituale, e sepolto nella cella, spesso tappezzata di feltro, con il corredo funebre. Nei tumuli maggiori il defunto era sepolto in un sarcofago di legno intagliato e decorato. Il corredo funebre era costituito da piccoli tavoli di legno (lavorati a tornio), di armi, lucerne, borse di pelle che contenevano semi di canapa usati come narcotici e spesso anche di piante aromatiche come il coriandolo.. Tra le vesti si notavano camicie di canapa, kaftan, pellicce, stivali, cuffie da donna. Uomini e donne usavano monili, tra i quali orecchini.
Molte sepolture furono depredate in età antica e furono quindi trovate prive di oggetti di metallo.
Molti corredi funerari furono perduti mentre le celle destinate ai cavalli, essendo più povere, furono rispettate.
Gli animali, dopo essere stati uccisi con un colpo di dava sulla testa, erano sepolti con le bardature e parti dei carri. Le selle, i finimenti, i morsi erano decorati con placche di metallo e di legno decorate ad intaglio; caratteristiche le cuffie di cuoio decorate da pennacchi di legno e cuoio.
Le tracce della prima civiltà nell'Altaj furono ritrovate sul pianoro meridionale dell'Ukok. Qui, ad un'altitudine di più di 2.500 metri sul livello del mare, affondavano nel permafrost i kurgan di Pazyryk.
Il termine "cultura kurgan" indicava l'insieme di culture preistoriche e protostoriche dell'Eurasia (Europa orientale, Asia centrale e Siberia, fino ai Monti Altaj e alla Mongolia occidentale), che usavano seppellire i morti di alto rango in tumuli funerari, edificati a partire dal 4000 a.C. circa e particolarmente nell'Età del Bronzo. Dall'inizio del Il millennio a.C. si possono riconoscere chiaramente varietà regionali derivate dalla cultura kurgan in tutta Europa; in Russia la tradizione del kurgan persistette a lungo. Qualche volta i tumuli presentavano strutture complesse con camere sotterranee. All'interno delle camere nel centro del kurgan, i membri di alto rango erano inumati con beni di lusso e offerte sacrificali, quali cavalli e carri da guerra. Secondo il celeberrimo lavoro di Marija Gimbutas le caratteristiche della cultura kurgan, propriamente detta, identificavano il nucleo dei Proto-indoeuropei.
Il territorio dove fu rinvenuta la famosa mummia della Principessa era caratterizzato dalla cultura Kurgan. Una cultura  nata dall’unione di molte tribù del nord euroasiatico che condividevano credenze, miti, costumi ed usanze. Una condivisione che si prolungò per un periodo non ben definito.
Il termine Kurgan non definì quindi una tribù ma piuttosto una cultura o l’insieme di culture preistoriche o protostoriche dell’Eurasia (Europa orientale, Asia centrale e Siberia, fino ai Monti Altai e alla Mongolia occidentale). Il termine “Kurgan” era legato all’uso di queste tribù nella procedura di seppellimento dei defunti di elevato ceto sociale. I defunti venivano seppelliti in tumuli funerari edificati a partire dal 4000 a.C. circa nell’Età del Bronzo.
Il termine deriva da una parola turco-tartara ed indicava una collinetta o tumuli che contenevano un sepoltura in una tomba a fossa, una casa sepolcro  o una tomba a catacomba. Nella lingua russa i tumuli venivano indicati con il termine “yamna”.
 
Queste tribù  costituenti la cultura “kurgan” ebbero nel corso dei secoli, compresi tra il XIX ed il IV sec. a.C. un aspetto sociale molto compatto e tra questi c’erano gli Sciti che rappresentavano l’apice di un dominio. Il controllo politico di questa vasta area era costituito da un Consiglio e da pochi leader guerrieri. Il loro regno nomade s’estendeva dagli Urali e dalle lande siberiane, fino ad Ordos in Cina. Gli Sciti furono gli artefici della nascita di quei territori che composero la Tracia, oggi Bulgaria.
Un affascinante esempio di architettura mandalica ci viene offerto dal Kurgan.
Un monumento funebre antichissimo, risalente all’Età del Bronzo e una delle poche strutture stabili delle civiltà nomadi che attraverso il Caucaso si spingevano dai territori dell’odierne Bulgaria e Romania fino agli Urali e al Mar del Nord. Testimonianze di Kurgan furono rinvenute fino sulle sponde del Mediterraneo e la costruzione di tombe a tumulo si verificò fino alla fine del XIII secolo in pieno Medio Evo.
La sua funzione era quella di celebrare attraverso imponenti riti funebri la nobiltà e i guerrieri di queste tribù che altrimenti avrebbe vagato, senza pace, seguendo l’alternarsi delle stagioni e al seguito delle migrazioni degli animali per i territori senza confini dal nord al sud e soprattutto nell’est dell’Europa. I Kurgan sarebbero quindi una delle poche testimonianze giunte fino a noi, in molti casi intatti, di monumenti che  conservavano al loro interno importanti reperti attraverso cui archeologi ed antropologi potevano ricostruire e stabilire usi e costumi di civiltà altrimenti perdute.
Dai ritrovamenti si scoprì un dato interessante che riguardava le donne delle tribù. Donne che ricevevano gli stessi tributi ed onori degli uomini in un totale spirito di parità e di reciprocità. Uno dei più belli corredi funebri fu quello ritrovato in una tomba, forse di una principessa o di una sacerdotessa.
La grandezza dei Kurgan il cui diametro poteva raggiungere i 100metri e l’altezza di un edificio a tre piani, era imponente e la sua estensione dipendeva dal grado di importanza rivestito dal defunto all’interno della comunità.
Erano costruite in maniera simile alle più note piramidi egiziane ed avevano una sala centrale destinata ad ospitare il corpo del trapassato, una sala per i cavalli e una per i tesori che accompagnavano degnamente il defunto nel mondo dell’Ade .
La combinazione di questi elementi costituì un interessante testimonianza della continuità di alcune caratteristiche architettoniche nelle strutture funerarie dall’Età del Bronzo fino al Medio Evo. La forma circolare del monumento fu  ereditata nelle celebri tombe a Tholos dell’antica Grecia e degli Etruschi, che costituirono un’interessante esempio di questo retaggio e testimoniarono una perseveranza di forme collegate a riti arcaici e mitologici.
In certe zone furono rinvenute delle vere e proprie cittadelle di kurgan sempre in forma circolare come i primi villaggi di capanne della storia dell’uomo. Ancora una volta sono lì a testimoniare che la magia del cerchio era una credenza fortemente radicata nella cultura delle origini.
Il cerchio proteggeva dalle incursioni del maligno, degli dei irosi e dei nemici. Costruire delle tombe circolari era un segno materiale per onorare i defunti e fare si che avessero un luogo dove stare per non tormentare i vivi.
Le costruzioni così imponenti poi rimandavano al simbolismo della montagna, luogo sacro per eccellenza (basti citare il Monte Sinai, il Fujiama, Shiprock in New Mexico e il Kilimangiaro) che si innalzava verso il cielo dove risiede la divinità che diventava, proprio perché più vicino, il posto privilegiato per innalzare la propria preghiera o la propria lode.
Essere interrati nella montagna era come ritornare nel grembo materno per trasformare la propria essenza da materiale in spirituale. Per questo motivo i corredi funebri erano tanto ricchi e tanto imponenti. Avevano il compito di accompagnare il defunto con tutti gli onori nel regno dei morti oltre a rappresentare un segno tangibile e testimonianza del loro passaggio glorioso sulla terra.
Si è citato come i Kurgan fossero un’architettura mandalica. 
Con il termine “mandala” tradizionalmente s’intendeva una raffigurazione geometrica risalente alla cultura induista-buddista raffigurante il Macro ed il Microcosmo. Il Mandala era quindi la raffigurazione dell’essenza dell’Universo e quella dell’Uomo.
Il termine “mandala” in sanscrito significa “cerchio” ed era questa la figura base del Kargan mentre il termine “Kav” significava, sempre in sanscrito, pregare.
Il simbolismo del cerchio era molteplice: il tempo infinito, senza inizio e fine, una continua metamorfosi di una linea come nella vita dove ogni giorno è la trasformazione del precedente ed ogni persona influenza e trasforma le altre persone, ogni altra persona sia essa conosciuta che ignota.
Il cerchio sarebbe anche la raffigurazione della volta celeste e del cosmo cioè la sua completezza.
“Vastupurusamandala” era il termine cui il quale veniva indicato un “mandala” architettonico, utilizzato per la progettazione del tempo, dettando una serie di fasi specifiche.
La parola proviene anch’essa dal sanscrito e nella sua etimologia sarebbe formata dai principali componenti del monumento funerario:
- Vastu, indica l’azione di isolare, di definire un confine entro cui erigere il tempio. Sarebbe il primo atto compiuto dal progettista della struttura;
- Purusa, nella sua traduzione significherebbe “l’uomo cosmico” e indicherebbe la pianta del tempio che fu sempre costruito a partire da proporzioni antropomorfe (presenta somiglianze o affinità con l'uomo).
Il progettista o l’esecutore della costruzione del tumulo seguirà delle fasi compositive molto precise. La sua prima azione sarebbe legata alla definizione del recinto, cioè il confine entro cui si svilupperà il complesso sacro. Nel complesso sacro verrà individuato un centro attorno al quale si articoleranno tutti gli spazi della costruzione.
La grande maggioranza dei tumuli (Kargan) sono a pianta circolare mentre sono rari quelli a pianta quadrangolare. Naturalmente la loro dimensione variava in funzione della sua destinazione o meno ad una figura importante. Generalmente non superavano i 100 metri di diametro ma in casi eccezionali potevano avere anche un diametro di ben 330 metri come nella necropoli di Chertomlyk (Melyukova 1995).


L’altezza dei tumuli era generalmente compresa tra i 4 ed i 10 metri ma in alcuni casi raggiungevano anche i 15 metri e superare anche i 20 metri.
Le dimensioni variavano da un territorio all’altro e le strutture di maggiori dimensioni si trovavano nei territori occidentali cioè nelle steppe comprese fra la regione a Nord del Mar Nero e il Kazakistan occidentale, soprattutto lungo il corso del basso Dnepr e nella zona orientale della Crimea, e datano al IV secolo a.C.
Nel Kazakhstan centrale i tumuli presentavano delle dimensioni inferiori, ma comunque ragguardevoli, raggiungendo i 70-100 m di diametro con alcuni casi anche maggiori, per esempio il Kurgan 1 di Arzhan a Tuva, di circa 120 m (Gryaznov 1980), e i più grandi kurgan di Issyk e Asy Zaga, nella regione del Semirech’è, rispettivamente di circa 142 e 146 m.
Le enormi dimensioni e volumi raggiunti dai tumuli,  fino a 117.000 m³ nel kurgan di Oguz (Boltrik 1981) e 2.400 m³ a Chertomlyk (Bonora 2007, 144), evidenziarono l’impiego di una notevole quantità di mezzi e di manodopera.
Gli studi sull’impego di manodopera nella costruzione dei tumuli furono limitati a causa delle difficoltà incontrate. I tumuli non erano dei semplici ammassi di terra ma presentavano una struttura molto complessa a causa dell’utilizzo di materiali diversi e della loro disposizione secondo regole tecniche architettoniche ben precise. Questa disposizione richiedeva l’impiego di manodopera specializzata.
Probabilmente nella costruzione dei tumuli c’erano dei momenti di sospensione dei lavori per permettere ai materiali di compattarsi grazie all’azione degli eventi metereologici.
Questo faceva dilatare il tempo di costruzione.
Il calcolo per la realizzazione delle fosse, catacombe, eventuali strutture lignee, per lavorazione
e messa in opera di pietre, per raccolta del materiale lapideo, ligneo e vegetale (canne,
arbusti etc.), anche da aree più lontane, risultava anch’esso particolarmente complesso.
Gli studiosi, in base ai racconti di Erodoto, ipotizzarono come i partecipanti al banchetto funerario dovevano essere coloro che partecipavano attivamente alla costruzione del tumulo funerario.
Per un kurgan di piccole dimensioni, con circa 45 – 50 mc di terra, si ipotizzarono circa 1 - 2 giorni lavorativi di 20 – 25 persone. Ma i tumuli di grandi dimensioni richiedevano senz’altro un numero maggiore di giornate di lavoro e l’impiego di un gran numero di lavoratori.
A Tolstaya Mogila fu stimata la partecipazione al banchetto funerario di almeno 2500 – 3000 persone. Un numero così elevato di persone avrebbe permesso la costruzione del tumulo in 4 – 8 giorni.
Il Grande Kurgan di Chertomlyk, ad esempio, per le sue notevoli dimensioni presentava grandi difficoltà di calcolo per il suo volume di 5.000 mc di pietre e 5.000 mc di terra (corrispondenti a circa 15 milioni di zolle di manto erboso).
Un lavoratore in un giorno poteva raccogliere circa 2 mc di zolle e sarebbero state necessarie circa 35.000 giornate lavorative,  1.000 persone avrebbero potuto terminare il tumulo in 35 giorni.
Sulla base di ulteriori calcoli la realizzazione completa del kurgan
avrebbe richiesto 100 giorni con 160 persone, solo tre settimane con 700 persone. Naturalmente
l’uso o meno di animali, di eventuali carri, mezzi di trasporto o cesti, la distanza del materiale da raccogliere, il tipo, l’efficienza e la quantità degli attrezzi utilizzati potevano senz’altro influire consistentemente su queste stime (Mozolevskii, Polin 2005, 252-8).
Il riempimento del tumulo era generalmente costruito con il prelievo di materiali disponibili nell’area, quali terra e pietre. In alcuni casi i tumuli erano composti solo di terra, in altri solo di pietre, mentre in altri ancora essi presentavano strati alternati di pietre e terra. Tuttavia si
registrarono anche esempi in cui i materiali da costruzione e di riempimento vennero prelevati e portati da una certa distanza, in alcuni casi sembra addirittura  da centinaia di km (Rolle, Murzin 1991; Hellmuth 2007).
Anche gli stessi materiali venivano scelti con cura attraverso un’attenta scelta e selezione.
Nel caso di Chertomlyk furono utilizzate zolle di manto erbose disposte regolarmente (Alekseev, Murzin, Rolle 1991). Una tecnica ritenuta fondamentale per la ritualità della sepoltura, quasi come se l’erezione del tumulo fosse un vero e proprio dono al defunto (Rolle 2007).
La base del tumulo poteva essere circondata da pietre più grosse e regolari disposte accuratamente a
formare una sorta di basamento (crepidoma), come per esempio nella necropoli di Besshatyr (Akishev, Kushaev 1963), o nel kurgan di Chertomlyk, dove per il basamento furono impiegati circa alcune migliaia15 di m³ di pietra (Mozolevsky, Polin 2005, 243; Gauglitz, Jager, Jager 1998, 88).
Al di sopra del tumulo o durante la sua costruzione potevano essere svolte anche azioni rituali. Furono infatti trovati dei livelli di cenere e spesso anche di resti di banchetti funerari.
Le necropoli dei monti Altai, come gli esempi di Pazyryk e Berel (III secolo a.C.), mostrarono una tipologia di sepoltura con caratteristiche tipiche del territorio.
Erano  tombe gelate, fra le più famose dell’intera regione, insieme agli esemplari dell’altopiano di Ukok, e facevano parte della cultura di Pazyryk.
Queste necropoli probabilmente, oltre che di luogo di sepoltura, assumevano la funzione di veri e propri santuari, strettamente legati alla posizione geografica, tra l’altro una zona mistica ricca di leggende,  in cui vennero costruite.
La necropoli di Pazyryk, come già accennato, si trova sui monti Altai, in territorio russo.
La sepoltura si trovava solitamente all’interno di una fossa più o meno profonda. 


La  camera sepolcrale era costruita con tronchi di legno, a volta doppia, con parte del corredo e i cavalli sepolti nella parte settentrionale della fossa. 

Kurgan 5 di Pazyryk, sezione del tumulo e sezione e pianta della camera funeraria
(da Rudenko 1970, fig. 6, 15)
I corpi dei defunti si trovavano all’interno di grandi sarcofagi lignei, in posizione contratta e con la testa rivolta verso Ovest o Nord/Ovest (Rudenko 1970), e spesso erano perfettamente conservati grazie al fenomeno delle ‘tombe gelate’ (permafrost) (Bourgeois, Gheyle 2006; Bourgeois et al. 2007).
La necropoli di Berel si trova anch’essa sui monti Altai, ma nelle propaggini occidentali, in territorio kazako, lungo la valle del fiume Bukhtarma, e contava circa 40 kurgan, databili fra V e I secolo a.C. (Samashev et al. 2000).

 

Cimitero di Berel. Foto di un tumulo “reale” musealizzato della cultura Pazyryk e
di un sito di scavo sul sito di una necropoli di epoca pre-turca.
Foto:qazvoyage.kz
https://bolshoy-altay.asu.ru/museum/archaeological-sites/berel-mogilnik.html

Tra i kurgan di maggiori dimensioni si dovrebbe ricordare il ‘Grande Kurgan’ scavato da Radlov nel 1865 e il Kurgan n. 11 scavato alla fine degli anni Novanta del Novecento (Francfort, Ligabue, Samashev 2000; Samashev, Bazarbaeva, Zhumabekova 2000b).
Tutti i kurgan sarebbero pertinenti all’élite nomade della regione.
Questi tumuli presentavano la  camera sul fondo di una profonda fossa, nella quale era talvolta costruita una struttura in legno.
Al suo interno si trovava un sarcofago ligneo che conteneva l’inumato con la testa rivolta verso Est, e tutti i materiali del corredo. Le tombe includevano anche cavalli, rinvenuti in numero variabile da 1 a 17, che erano collocati nella zona settentrionale della fossa, ma al di fuori della camera. Il tumulo, che non superava mai i 2 m di altezza, era completamente costruito con pietrame (Samashev 2012).
Allo stato attuale delle ricerche un unicum dal punto di vista tipologico era costituito dal Kurgan 1 di Arzhan.
Arzhan era il nome convenzionale dei monumenti appartenenti alla cultura Uyuk a Tuva. Arzhan prese il nome dal termine “Arzhaan" ovvero “sorgente curativa”.
L’area della cultura Uyuk, oltre al bacino Turan-Uyuk a Tuya, comprendeva anche una parte dell’Altai orientale e della Mongolia occidentale. Una coltura che si spense con lo spostamento dei proto Xiongnu, antico popolo nomade, dall’Asia centrale verso Nord.
Ad Arzhan furono riportati alla luce importanti tumuli: Arzhan 1 e Arzhan 2. Erano posti nella valle del fiume Uyuk nei contrafforti del Sayan Occidentale (contrafforti montuosi della Siberia meridionale).
Аржан-1, датируемый примерно 800 г. до н.э., частично разграбленный в древности
Arzhan-1, risalente all'800 a.C. circa, parzialmente saccheggiato nell'antichità.

Свернувшееся в клубок животное семейства кошачьих из Аржана-1, около 800 г. до н.э
Un felino rannicchiato di Arzhan-1, circa 800 a.C
https://ru.wikipedia.org/wiki/%D0%90%D1%80%D0%B6%D0%B0%D0%BD#
Era uno dei Kurgan sciti più antichi, inizio VIII secolo a.C., e si caratterizzava per il suo tumulo in pietra del diametro di 120 m e con un’altezza di soli 4 m. Al suo interno fu rinvenuta una struttura lignea molto complessa e rara per la sua tipologia.
La sua datazione fu collocata tra l’inizio dell’VIII secolo a.C. e comunque anteriore alla metà del VII secolo a.C. una fase temporale che fu accertata anche con analisi al radiocarbonio che successivamente furono ritenute errate.
Sulla sua datazione si creò un acceso dibattito che portò a nuove rilevazioni effettuate al radiocarbonio. Nuove rilevazioni che portarono a risultati sorprendenti. La datazione fu retrodata e collocata tra la fine del IX secolo a.C. e l’inizio dell’VIII secolo a.C.
Venne quindi confermato il grande valore storico del manufatto nel vasto e interessante panorama della cultura scita.

I due tumuli fanno parte del
Patrimonio culturale del popoli della Federazione Russa.
La tomba del tumulo Arzhan 1 apparteneva ad una persona nobile e fu costruita con tronchi di pino del diametro di 30 – 85 cm e presenta la forma di un cubo. Fu realizzata sopra il livello del terreno ed era formata da ben 70 camere  disposte radialmente attorno ad un centro triangolare dove era disposta la camera funeraria centrale.
Nella camera erano sepolti un uomo ed una donna, sicuramente il re e la regina, accompagnati da 6 cavalli e da alcuni servitori.
All’interno del kurgan furono rinvenuti altri 13 individui e ben 13 gruppi di cavalli (per un totale di 160). Cavalli che in base agli studi mostrerebbero caratteristiche di diverse razze.
Un aspetto  decisamente importante nello studio archeologico del sito. Le razze diverse di cavalli indicherebbero come i 13 individui  appartenessero a 13 diversi clan che erano guidati dai defunti sovrani. Quando i sovrani morirono gli esponenti dei 13 clan donarono i cavalli in sacrificio insieme ad alcuni rappresentanti dei loro gruppi tribali.
Malgrado i saccheggi furono rinvenuti molti resti di vestiti, armi, ossa di animali sacrificali, equipaggiamenti per cavalli, gioielli, pitture rupestri e così via.
I resti ossei furono esaminati ed appartenevano ad una persona anziana.
In merito ai pochi oggetti rinvenuti i ricercatori riferirono che l’arte dei manufatti era legata
Ad immagini principali dell’emergente “stile animale” che esprimeva la visione del
mondo dei primi nomadi.
Fu trovato un altro ricchissimo tumulo, kurgan Arzhan2, destinato a sepoltura di un importante leader scita della seconda metà del VII secolo a.C. e della regina.
Presentava un diametro di 80 metri con un’altezza di due metri. Fu esplorato per la prima volta nel 1997 e oggetto d’indagine nel 2001 – 2003 grazie ad una spedizione russo – tedesca.
Presenta una piattaforma in pietra ma non la complessa struttura lignea del kargan 1.
Курган Аржан-2
Kurgan Arzhan-2

Долина Царей — курган Аржан-2
Valle dei Re - tumulo Arzhan-2
Nel tumulo furono trovati oltre 20 kg di oggetti d’oro di carattere quotidiano e religioso. Oggetti realizzati in “stile animale” con un’altissima tecnica orafa. La maggior parte degli oggetti si trovano nel Museo Repubblicano di Tuya ed altri all’Ermitage.
Олень «звериный стиль», (7-6 вв. до н.э.) Тува.
Cervo “stile animale”, (7-6 secoli a.C.) Tuva.

Наперсная пластина из кургана Аржан (7-6 вв. до н. э.) Тува.
Placca pettorale proveniente dal tumulo di Arzhan (VII-VI secolo a.C.) Tuva.

Акинак (кинжал) курган Аржан (7-6 вв. до н.э.) Тува.
Akinak (pugnale) Tumulo di Arzhan (7-6 secoli a.C.) Tuva.
Gli antropologi di Novosibirsk, sotto la guida del capo del settore antropologico dell'Istituto di archeologia ed etnografia SB RAS, dottoressa in scienze storiche Tatyana Alekseevna Chikisheva, effettuarono uno studio antropologico dettagliato dei materiali del tumulo di Arzhan-2, compresa la craniometria classica (studio dei crani), odontoiatria (studio del sistema dentale) e osteologia.
Fu  inoltre effettuata una breve descrizione antropologica dei resti, che fu usata come base per ricostruire l'aspetto del sepolto. In particolare, gli scienziati siberiani stabilirono che le persone sepolte nel tumulo, indipendentemente dal loro status sociale, rappresentavano un gruppo abbastanza antropologicamente omogeneo, che univa caratteristiche delle razze caucasica e mongoloide.
Secondo i dati dei ricercatori dell'Istituto di Energia Atomica della SB RAS, lo scheletro del “re” apparteneva a un uomo, di 40-45 anni, alto circa 167-170 centimetri. Le caratteristiche del suo sistema dentale indicavano una mescolanza mongoloide. La “Regina” era una donna di 30-35 anni ed alta circa 160 centimetri. Entrambi erano caratterizzati da brachicefalia, ovvero una forma della testa relativamente corta e larga.
Sovrani, tumulo Arzhan-2
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4.    La scoperta del tumulo funerario della Principessa di Ukok
L’altipiano di Ukok (Russia), situato nella Siberia meridionale tra i Monti Altai, nell’estate del1993 fu oggetto di ricerche archeologiche da parte dell’archeologa Natalya Polosmak, docente all’Istituto d’Etnografia e Archeologia di Novosibirsk, e di alcuni suoi colleghi.
 Le ricerche di scavo riguardavano alcuni tumuli funerari posti quasi al confine tra Russia e Cina. 
Natalia Viktorovna Polosmak 
( in russo : Наталья Викторовна Полосьмак ;
Chabarovsk, Russia - 12 settembre 1956)
Archeologa russa specializzata nello studio dei nomadi eurasiatici della prima età dei metalli ,
in particolare quelli conosciuti come la cultura Pazyryk ,
Un popolo antico, spesso definito " scita ", che viveva sui monti Altay nella Russia siberiana . 
https://trowelblazers.com/2020/05/19/natalia-viktorovna-polosmak/
Sotto questi tumuli di pietre si sviluppavano delle camere funerarie dall’aspetto planimetrico e architettonico molto complesso.
Il Rinvenimento
In uno di questi tumuli, congelato a causa del permafrost (suolo perennemente ghiacciato non necessariamente con presenza di masse d’acqua congelata), furono trovate dei reperti di notevole valore: vasellame di ceramica e oggetti in oro smaltati, le carcasse congelate di sei cavalli e, a una profondità maggiore, una bara in legno di larice. La bara era come racchiusa da una bolla di ghiaccio e quando fu aperta fu trovato un corpo mummificato di una donna di probabile etnia scita.
Il rinvenimento dello scheletro colpì subito i ricercatori perché raramente una donna veniva sepolta con un corredo funerario così vasto. Un aspetto che consentì ai ricercatori  di mettere in risalto il ruolo della donna nella cultura scita.
Il ghiaccio s’è sciolto ed è apparso il corpo della ragazza
Istituto di Archeologia ed Etnografia , Filiale Siberiana dell’Accademia Russa delle Scienze
L’aspetto che il corpo fosse coperto dal permafrost, che ferma nel tempo gli aspetti nella zona di qualsiasi cosa, permise agli archeologi di trovarsi in presenza di un  reperto in ottime condizioni.
Nel tumulo o “kargan” erano presenti anche sei cavalli con i loro finimenti. La bara era stata ricavata da un tronco d’albero in legno massello di larice decorata in oro e con pelli disegnate con figure di cervi. Erano presenti anche due tavolini, dalla forma di vassoio, sul quale erano posti carne di cavallo e di montone (alcuni testi riferirono anche di carne di cervo); il residuo di un prodotto della lavorazione del latte, forse uno yogurt posto su una scodella; una bevanda che veniva servita in una coppa di corni.; un astuccio con dentro semi di coriandolo ed erbe medicinali (cannabis).
I reperti costituivano un ultima offerta alla defunta  e la dovevano sostenere nel suo viaggio nell’aldilà.
Nella sepoltura furono trovati altri reperti o articoli (cosmetici) che dovevano servire a sottolineare o evidenziare la sua bellezza. Fu infatti trovata, dentro la bara,  una sorta di trousse che era posta vicino al suo fianco sinistro.
Il contenuto?
Un pennello per il viso fatto con crini di cavallo e un frammento di “matita eyeliner".
Una matita composta da anelli di ferro arrotolati intorno ad un frammento di vivianite ed in grado di colorare in blu-verde scuro la pelle. Fu trovata anche polvere di vivianite derivata da un minerale di fosfato di ferro da applicare direttamente sul viso.
In merito a questo cosmetici, il Prof. Vladislav Malakhov, dell’Istituto Boreskov of Catalsyis, Siberian Branch of Russian Academy of Sciences affermò come
Le donne Pazyryk conoscevano ed usavano il colorante blu minerale
chiamato Vivianite e producevano maschere facciali a base di grassi abbastanza
complesse per proteggere la pelle dai climi estremi dell’alta montagna.
Il corpo era stato imbalsamato con torba e corteccia ed era stato disposto su un fianco come se stesse dormendo.
Aveva circa 25 anni, alta 1,67 cm, aveva i capelli rasati e portava una parrucca con sopra un cappello.
Sul suo corpo dei tatuaggi tribali costituiti da animali fantastici, creature con le corna che si si sviluppavano in forme simili a splendide decorazioni floreali.

La salma fu sottoposta a risonanza magnetica che svelò gli aspetti clinici della donna.
La sua morte risaliva a circa 2500 anni fa  e la donna soffriva di una osteomielite da quando era adolescente. Presentava un cancro alla mammella già in fase di metastasi e aveva anche subito un incidente cadendo da un’altezza che fu definita “importante”. Una caduta che le causò delle slogature di alcune ossa vicino al cranio.
Un aspetto davvero inquietante fu il rinvenimento accanto al corpo di un contenitore con della canapa forse impiegato per aiutare la donna nel sopportare il dolore legato alle sue malattie invalidanti.
La bara era molto lunga e permetteva anche l’inserimento di un copricapo in feltro che era lungo ben 90 cm.
La mummia indossava una camicia di seta cinese, una gonna di lana morbida e degli stivali. Sul capo portava una parrucca che sostituiva i capelli rasati.
La gonna era lunga, di lana a righe bianche e rosse e portava delle calze bianche di feltro.
Come altre mummie scoperte nella zona, recava complessi ed eleganti tatuaggi sulla spalla sinistra, sul braccio e sul ventre. La ragazza fu appellata come
“La Principessa di Ukok”.
La datazione al radiocarbonio permise di fissare la datazione della mummia e del suo corredo intorno al V secolo a.C. L’esame dei pollini e delle erbe trovate nella tomba indicavano nella primavera la stagione della sepoltura.
Sulla base degli indumenti e del relativo corredo funerario fu avanzata anche l’ipotesi di come la donna potesse appartenere al popolo “Pazyryk” e cioè un gruppo etnico risalente all’età del Ferro e che abitava quelle zone.
Non era il primo tumulo, scoperto  nella zona ed appartenente ai Pazyryk, una popolazione che presentava molti collegamenti culturali con gli Sciti che erano di etnia più occidentale.
Si trattava di una donna giovane, morta tra i 20 ed i 30 anni d’età.
La bara coperta di ghiaccio come fu trovata dalle ricercatrici.
Disegno di Elena Shumakova
Institute of Archeology and Ethonography, Siberian Branch of Russian Academy of Science


https://www.youtube.com/watch?v=0pJ9-JnsiAY


https://www.youtube.com/watch?v=-IAxEtT3lfA


La storia della “Principessa di Urok”, detta anche “Fanciulla di Ghiaccio” della Siberia,
un ritrovamento intatto di una mummia avvolto da tanti misteri che probabilmente non saranno mai svelati.
Era forse una sciamana? Che significato avevano i suoi tatuaggi?

5. Chi era questa donna mummificata del V secolo a.C.?
Per essere stata sepolta sotto un tumolo doveva essere un personaggio importante, ovvero una leader degli Sciti o forse la giovane moglie di un sovrano Scita.
La mummificazione del corpo era un segno evidente del ruolo ricoperto  dalla giovane donna nella comunità. Gli archeologi affermarono che era insolito trovare una sepoltura unica nei Pazyryk. Infatti gli uomini Pazyryk venivano seppelliti insieme alle loro donne e compagne di vita.
La sepoltura unica della donna potrebbe anche significare il suo celibato che era una costante nei ministri di culto o sciamani e potrebbe indicare la sua indipendenza ed eccezionalità.
Potrebbe avere avuto un importante bagaglio di conoscenze come guaritrice, cantante di racconti popolari o anche essere una famosa guerriera.
Con la donna fu sepolto anche un contenitore contenente della cannabis che doveva alleviare il suo dolore fisico. È anche vero come la cannabis procuri visioni estatiche che permetterebbe contatti con l’aldilà e quindi con gli antenati. Quindi una sciamana.
Tra i reperti c‘era anche uno specchio di bella fattura cinese con una cornice di legno e i già citati semi di coriandolo che erano generalmente utilizzati nelle sepolture reali.
La cultura russa è da sempre molto fiera  degli antichi guerrieri nomadi Sciti che appartenevano agli antenati russi.
La popolazione dell’Altai difese con grande coraggio questi resti della povera ragazza e cercarono di fare capire al governo centrale come quelle spoglie  dovessero rimanere nel luogo d’origine perché proprie di una importante esponente della progenie nomade del popolo altaiano.
Le cronache del tempo riportarono come i reperti furono scongelati con procedimenti non conservativi che causarono forti polemiche da parte della comunità scientifica internazionale.
Il governo centrale della Federazione Russa cercò di minare la sovranità culturale dell’Altai e quindi anche l’autorità regionale. In questo contesto di diatribe, la “Fanciulla di Ghiaccio” diventò l’importante simbolo dell’identità altaiana e una giornalista locale scrisse:
A volte è difficile parlare apertamente di politica, quindi la usiamo [la Fanciulla di Ghiaccio] come metafora per discutere la difficile posizione degli Altaiani in Russia. Rivendicarla è rivendicare la nostra terra.
Per la popolazione dell’Altai la principessa di Ukok era una mistica custode di quei luoghi montuosi e guardiana contro le forze del male cioè proprio una sciamana.
Anche la proprietà della mummia era alquanto controversa perché l’area in esame era da sempre oggetto di una forte contesa politica tra la Russia e la Cina.
Fu così che per ben 19 anni la mummia fu conservata in un istituto scientifico a Novosibirsk e solo nel settembre del 2012 fu restituita all’Altai.
È infatti conservata presso il Museo Nazionale Repubblicano posto nella capitale Gorno-Altaysk.
Da allora furono vietati altri scavi nel sito del ritrovamento della mummia e si presume che all’interno della stessa tomba della principessa di Ukok fossero presenti altri reperti.
La ricerca sul DNA da parte dell’Accademia delle Scienze Russa trovò chiare differenze tra il patrimonio genetico della Fanciulla di ghiaccio e quello delle moderne comunità altaiane.
Queste differenze portarono gli archeologi ad affermare che la mummia era europea e che gli Altaiani erano migranti recenti nella regione.
L’analisi del DNA stabilì come la “Principessa di Ukok” fosse
“una chiara rappresentante della razza caucasica senza caratteristiche tipicamente mongole”.
Per i ricercatori russi la “Principessa di Ukok” non era quindi una progenie degli attuali abitanti dell’altopiano dell’Altai che migrarono in quelle zone in un periodo successivo rispetto al gruppo dei Pazyryk.
 Questa motivazione permise alla Federazione Russa di mantenete per tanto tempo la mummia a Novosibirsk. Infatti nel 2004 gli archeologi russi si rifiutarono di restituire la mummia all’Atai proprio a causa della sua presunta eredità europea e nello stesso anno furono insigniti del prestigioso Premio di Stato della Federazione Russa.
Le polemiche, nonostante il non riconoscimento della Mummia di Ukok come appartenente al gruppo degli attuali abitanti dell’Altai, portarono a  risultati concreti. Non solo la mummia fu trasferita nel Museo di Anokhin nella città di Gorno-Altajsk, ma a Natalia Polosmak, che stava dedicando tutta la sua vita alla ricerca sulle tombe nella zona, fu impedito di condurre ulteriori scavi, bloccando di fatto la ricerca archeologica sul freddo altopiano asiatico.
6.    Ricostruzione del volto e del corpo della Principessa di Ukok

Un esperto svizzero di tassidermia, Marcel Nyffenegger, cercò di ricreare una copia del volto della donna. Aveva lavorato principalmente sui volti di piccoli animali e su quelli degli uomini antichi, persino neanderthaliani.
Lavorò su un modello in 3D del teschio della mummia e riuscì a ricreare, in maniera molto dettagliata, i muscoli facciali insieme con il  tessuto del derma, gli occhi e l'espressione.
Il modello fu poi ricoperto con del silicone e della resina mista prima di essere rifinito dei dettagli con le sopracciglia e le ciglia. Più di centomila ciocche di capelli furono utilizzate per donare alla principessa la sua treccia.



Un lavoro metodico e difficile che durò circa due settimane.
Nyffenegger riferì che…
«Stavo diventando pazzo …. è stato molto faticoso, non solo mentalmente ma anche fisicamente».
Lo studioso considerò la sua ricostruzione molto accurata:
«Direi di aver fedelmente riprodotto il 75% di quello che doveva essere il volto della donna. Il restante 25 è stata una mia interpretazione, che ho completato basandomi sulla struttura ossea ritrovata. Mancava il setto nasale e in questo caso una accurata ricostruzione non era possibile»
Per quanto riguardava, invece, l'espressione, Nyffenegger rivelò di essersi lasciato ispirare dagli studi degli archeologi :
«Dove viveva, cosa mangiava, se era una guerriera o una fattrice.
Ho cercato di fare il meglio che potevo».
La ricostruzione del volto fece il giro del mondo e fu esposto anche in Germania.

Marcel Nyffenegger


Ricostruzione facciale di Neanderthal

Malgrado il suo ritorno nella terra natia, la Principessa di Ukok fu al centro di un’altra controversia.
C’era in atto una forte diatriba tra le tribù locali e il governo centrale della piccola Repubblica dell’Altai.
Il Comitato degli Anziani dell’Altai avevano riottenuto la salma della Principessa dal Governo Centrale Russo che venne riposta in un mausoleo nel Museo Nazionale di Gorno-Altaisk. (questo avvenne nel 2012).
Il 18 agosto 2014 il Consiglio degli Anziani votò all’unanimità, con un solo voto contrario, di riporre la salma della Principessa nella sua tomba originaria nell’altopiano.
Una decisione che aveva come obiettivo quello di placare gli spiriti che perseguitavano la regione con  alluvioni, terremoti, sciagure e conflitti. Tutti avvenimenti che si erano susseguiti dal momento del suo ritrovamento e rimozione dal suo tumulo funerario o kurgan.
Il tribunale della repubblica dell’Altai emise la sua sentenza nel 2015:
in Siberia si sono verificati disastri naturali…
la principessa deve restare nel Museo Nazionale
Akai Kine

Akai Kine, Capo del Clan,  presentò appello contro questa decisione e la questione, in base alle mie ricerche, sembra ancora non risolta.
Museo Nazionale di Gorno-Altaisk
Akai Kine era il leader del gruppo etnico Teles ed era anche presidente de Centro Spirituale dei Turchi, Kin Altai.
Le sue richiese furono ben precise:
che il complesso archeologico “Ak-Alakha–3”, dove fu trovata la Principessa
sull’altopiano di Ukok, fosse riconosciuto come un monumento ai beni culturali e
 le spoglie della 'principessa di ghiaccio' classificate come parte integrante della tomba. 
L '"integrità" del luogo di sepoltura dovrebbe essere ripristinata prima che
i suoi resti di 2.500 anni vengano seppelliti di nuovo. 
"Abbiamo il culto degli antenati",. 'I morti non possono essere disturbati, e soprattutto non possono essere tenuti in mostra e portati in giro per il mondo. Dopo che è stata dissotterrata, abbiamo subito visto terremoti, inondazioni e grandine che prima non si conoscevano.
Era  la Dama Bianca, una sacerdotessa a guardia del "cordone ombelicale della Terra". 
Stava come guardia alle porte degli inferi, impedendo la penetrazione del male dai mondi inferiori. Tuttavia, dopo che gli archeologi hanno rimosso la mummia,
ha perso la sua forza e non può più svolgere la sua funzione protettiva. 
Così il male iniziò a penetrare, iniziarono disastri naturali e conflitti umani.'
Accusò i politici locali di non aver mantenuto le promesse elettorali del 2014 di seppellire nuovamente la Principessa.
Nel Museo è esposto un manichino, replica perfetta del ritrovamento.
In speciali occasioni viene spesso concessa l’opportunità di vedere la
vera mummia.
Le motivazioni del leader dei Teles furono criticate da Sergey Kireev….
"La mummia sarà custodita al sicuro nel nostro museo, senza essere esposta al pubblico".
Critici furono anche i commenti degli accademici impegnati nella ricerca dei suoi resti e degli enti statali.
Il direttore del Museo Nazionale Sergey Ochurdyapov dichiarò:
"La manteniamo nella forma in cui ci ha raggiunto. Ora le tecnologie stanno cambiando, appare una nuova attrezzatura - e ogni volta che la mummia ci dice qualcosa di nuovo.'
Quando i resti della Principessa, esposti nel Museo di Novosibirsk, furono restituiti alla Repubblica dell’Altai vennero esposti al pubblico. Successivamente fu presa la decisione di esporre un manichino, fedele riproduzione della mummia. Sono in occasioni speciali, a personaggi politici importanti, veniva offerta la possibilità di vedere le spoglie reali della Principessa.
Il presidente dell’Unione delle Culture Nazionali, Artem Ignatemko,  prese anche lui una posizione contraria ad una nuova sepoltura..
"Ora è in un posto decente, è trattata con rispetto e la sua anima si è calmata", ha detto. 'Semplicemente non ha senso fare qualcosa con il suo corpo. Le persone che vogliono seppellirla, sono impegnate in auto-PR.'
'Ci fermeremo su questo, la nostra lotta continua. Conserveremo il deposito delle rivendicazioni e delle azioni legali, chiedendo la nuova sepoltura",
ribatté il leader Kine.
Se la sepoltura dovesse essere accordata si prevede di costruire un monumento funerario 
sull’altopiano di Ukok.




https://www.youtube.com/watch?v=pwa682G4pO8



https://www.vanillamagazine.it/il-segreto-della-fanciulla-di-ghiaccio-siberiana/


7.  I Tatuaggi della Principessa di Ukok
Una delle prime cose che gli scienziati notarono dopo aver sciolto il ghiaccio che ricopriva la mummia  all’interno del suo feretro, furono dei tatuaggi sul polso e sulle dita che affioravano dagli abiti.
Sul corpo della fanciulla tanti tatuaggi.
I tatuaggi avevano una funzione rituale in molte antiche culture della Siberia tra cui nei Pazyryk.
Lo storico greco Erodoto (Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, 425 a.C. circa; detto di Alicarnasso), definito da Cicerone il “Padre della Storia”, lasciò delle importanti citazioni proprio sul popolo nomade dei Pazyryk. Molte mummie, trovate in questa zona, presentavano complessi tatuaggi rituali e la principessa dell’Altai fu la più conosciuta e studiata.
I tatuaggi sul corpo della donna erano di grande livello stilistico.
Per i Pazyryk i tatuaggi erano un segno identificativo di un importante rango sociale della persona. Un segno identificativo non solo nella vita reale ma anche nell’oltretomba. Infatti dovevano aiutare le anime, presenti nell’aldilà, a riconoscere gli appartenenti alla propria dinastia, alla propria famiglia e cultura.
La “Principessa” presentava tatuaggi dalle spalle alle mani e rappresentavano animali mitologici.
Oltre al cervo con becco di grifone e corna di capricorno, una pantera dalle zampe caprine e una testa di cervo tatuata sulla mano.
I due guerrieri che furono sepolti assieme a lei presentavano più tatuaggi la cui simbologia corrispondeva a quella dei disegni sulla pelle della donna.
La stessa Dr. Polosmak avanzò l’ipotesi che la parte del corpo dove i Pazyryk disegnavano il primo tatuaggio fosse una delle spalle. Infatti le mummie ritrovate che presentavano un solo tatuaggio era posto sulla spalla sinistra. Un’altra ipotesi fu legata al numero dei tatuaggi che erano collegati all’età. Una persona anziana aveva più tatuaggi rispetto ad una più giovane.
Gli studiosi si soffermarono sulla creazione dei tatuaggi che furono realizzati praticando dei fori sulla pelle e successivamente una mistura di nerofumo e grasso veniva strofinata o iniettata nella pelle perforata. Tatuaggi realizzati da artisti dotati di tecnica e capacità indiscussa perché riuscirono ad evitare l’insorgenza di problemi di salute ai portatori dei disegni. Tatuaggi che risalivano a ben 2500 anni fa.
La ricercatrice, Dr. Polosmak affermò come i
“I tatuaggi erano usati come mezzo di identificazione personale – come oggi si usa
 un passaporto, se volete,”
Sulla spalla sinistra si trova un tatuaggio che raffigura un cervo con un becco di grifone e zampe da capricorno. Nel polso era presente il tatuaggio di un cervo con grandi corna.

La spalla della Principessa Ukok
Tatuaggio di un animale fantastico

Alcuni tatuaggi sulla Principessa Ukok
Disegno di Elena Shumakova
Institute of Archeology and Etnography
Siberian Branch of Russian Academy Science

I tatuaggi sulle dita della Principessa
(Foto: Siberian times)

Con l’esame del corpo della Principessa furono rilevati altri tatuaggi su entrambe le braccia, dalle spalle ai polsi e su alcune dita.
I tatuaggi incisi sulla pelle della Principessa furono opera di un’artista abile, un vero professionista. Venivano praticati minuscoli fori sulla pelle che veniva poi strofinata con una mistura di nerofumo e grassi. I disegni erano tutti di tipo naturalistico e presentavano uno stile con decorazioni alquanto complesse e pregiate tipiche della cultura Pazyryk. Il tatuaggio sulla spalla sinistra presentava un cervo con becco da grifone e le corna di un capricorno. Più in basso è raffigurata una pecora con un leopardo delle nevi ai suoi piedi.
Disegno di cervo sul corpo della donna

Le sepolture destinate ai personaggi importanti presentavano un corredo funerario molto ricco.
Oggetti provenienti dalla Mesopotamia e dalla Cina che testimoniavano l’esistenza di vivaci rapporti commerciali soprattutto con le popolazioni dell’Asia Anteriore. Probabilmente influì la tendenza da parte di questi tribù dell’esogamia, cioè la consuetudine, caratteristica di determinati clan o gruppi tribali, di scegliere la moglie fuori della propria comunità.
Alcune fonti cinesi citarono  i doni destinati alle principesse cinesi che andavano spose a capi unni. Il ritrovamento di oggetti importati (tappeti mesopotamici, stoffe cinesi) permise di datare alcuni dei kurgan di Pazyryk al V sec. a. C., altri alla fine del V o inizio del IV sec. a. C.
I Kurgan dell’Altai presentavano una importante caratteristica legata all’acqua d’infiltrazione.
L’acqua penetrata nel tumulo, subito dopo la sua costruzione, rimaneva congelata a causa dell’altezza delle tombe in cui erano situate, al limite delle nevi eterne.
In queste condizioni di gelo costante e millenario il corredo funerario completo, ma spesso anche i corpi imbalsamati dei defunti e dei cavalli, si  conservarono in modo perfetto.
I corredi restituirono l’arte di queste antiche tribù dell’Altai con numerose varietà e creazioni più svariate. Creazioni non solo in metallo o in pietra ma anche legno, corno, cuoio, pelliccia e feltro, lavorati con le tecniche più diverse. Abiti di pelliccia o di pelle, ricoperti da applicazioni artistiche in cuoio o da mosaici di pelliccia, ogni sorta di ornamenti personali o di finimenti dei cavalli, fusi in rame o intagliati nel legno, utensili casalinghi e tappeti per le pareti.
L'arte figurativa degli Sciti o degli Shaka si identificava di solito col concetto di "stile animalistico", che derivava dall'eccezionale predominio che aveva in quest'arte la raffigurazione degli animali e dalla tecnica particolare usata nel riprodurli. Tuttavia bisogna tener presente che nell'arte di dette tribù, e in particolare nell'arte dell'Atai., un posto importante era occupato dagli ornamenti geometrici e da quelli presi dal mondo vegetale (rosoni; rosette, palmette, fiori di loto, ecc.), non di rado molto complicati e di alto valore artistico.
Per le tribù dell'Atai., come per le altre tribù allevatrici di cavalli in quell'epoca, era caratteristica la raffigurazione di animali appartenenti quasi esclusivamente alla fauna locale. Venivano quindi raffigurati: l'alce, il cervo, il montone e lo stambecco, il capriolo, un tipo d'antilope, il cinghiale, la tigre, la pantera, il lupo, la lepre, l'aquila, il cigno, l'oca, l'anitra, il gallo. Degli animali domestici veniva raffigurato solo il cavallo per la sua importanza nella comunità.
Spesso le raffigurazioni riguardavano animali fantastici che avevano un valore simbolico perché esprimevano  i tratti salienti o comportamentali delle varie famiglie.
Raramente venivano raffigurate  singoli aspetti umani.
Gli atteggiamenti e le combinazioni in cui venivano rappresentati i vari animali erano diverse.  Figure isolate in stato di riposo, sdraiate, con le zampe ripiegate, con la testa protesa in avanti o voltata da un lato, o indietro, sollevate sulle zampe anteriori, o striscianti; talvolta gli animali avanzano lentamente l'uno dietro l'altro in corsa o nel salto, a volte feriti o con la parte posteriore del corpo contorta in scene di lotta e di assalto di un animale contro un altro o avvinghiati in lotta mortale. Spesso si trovavano sovrapposte, come in un blasone, figure di animali interi o solo le loro teste. La raffigurazione di teste isolate veniva eseguita non solo di profilo, ma anche di prospetto.
La tecnica figurativa era molto varia: intaglio in legno e in osso, raffigurazioni scolpite nel legno in basso o alto-rilievo, sculture a tutto tondo, sagome di figure ritagliate nel cuoio, mosaici di pelliccia o applicazioni di pezzetti variopinti di feltro sottile, ricami e oggetti fusi in metallo.

8.  La Nascita della Missione Archeologica
L’accademico Vyacheslav Molodin, Vicedirettore dell’Istituto di Archeologia ed Etnografia della Filiale Siberiana dell’Accademia delle Scienze Russe, affermò che
"Era programma di ricerca internazionale, cultura dell'età del ferro di Pazyryk".
Il sito è oggi raggiungibile  con  l’elicottero ma nei tempi antichi si trovava sulla
Strada della steppa meridionale utilizzata dai popoli nomadi nella migrazione
nel precristiano e nel Medioevo.
«Il tumulo con la 'principessa' sembrava semideserto, con grandi buche che le guardie di frontiera scavavano per usare le pietre.
«Sembrava meno che speranzoso. Ma Natalya Polosmak era determinata a dover iniziare a lavorarci su.....
«Con nostra sorpresa, all'interno dello stampo totale c'era una camera funeraria intatta.
"Abbiamo iniziato a lavorare per aprire la 'lente di ghiaccio': la sepoltura all'interno dello stampo era riempita di ghiaccio antico.
'Abbiamo iniziato a sciogliere il ghiaccio. Dapprima apparvero gli scheletri di sei cavalli, alcuni con decorazioni lignee conservate sui finimenti, altri con selle colorate in feltro.
«Su una delle selle c'era l'immagine di un leone alato che saltava.
«Poi la camera funeraria è apparsa da sotto il ghiaccio. Era ricavato da tronchi di larice. All'interno c'era un massiccio tronco di legno scavato con una sommità, chiuso con chiodi di bronzo. Dentro il ceppo era tutto pieno di ghiaccio.
"Era un braccio abbronzato che è apparso per primo da sotto il ghiaccio.
La mano della principessa nel momento del suo rinvenimento,
con i tatuaggi evidenziati sulle sue dita.

Il disegno dei tatuaggi  sulle sue dita

'Ancora un po' di lavoro e abbiamo visto rimanere una giovane donna, sdraiata all'interno del tronco in posizione, con le ginocchia piegate.
'Era vestita con una lunga camicia di seta cinese e aveva stivali a maniche lunghe di feltro con una bella decorazione.
La "seta cinese prima era trovata solo nelle sepolture "reali" del popolo Pazyryk: era più costosa dell'oro ed era un segno di vera ricchezza. «C'erano dei gioielli e uno specchio trovato vicino al tronco.
'Il grande valore delle sepolture di Pazyryk è che sono state tutte realizzate nel permafrost, il che ha aiutato la conservazione.
«Era abbastanza insolito avere una sola sepoltura Pazyryk. Di solito gli uomini di questa cultura erano sepolti con le donne.
'In questo caso, la sua sepoltura separata potrebbe significare il suo celibato, che era tipico per i servitori di culto o gli sciamani, e significava la sua indipendenza ed eccezionalità.
«Non aveva armi sepolte con sé o addosso, il che significa che di certo non era una delle nobili donne-guerriere Pazyryk.
'Molto probabilmente, possedeva alcune conoscenze speciali ed era una guaritrice, o narratrice di racconti popolari.
«Dall'interno la mummia era piena di erbe e radici. Aveva la testa completamente rasata e indossava una parrucca di crine di cavallo.

'Sulla parte superiore della parrucca c'era un simbolo dell'albero della vita: un bastoncino di feltro, avvolto con tessuto e decorato con piccole figure di uccelli neri in lamina d'oro.
'Sulla parte anteriore della parrucca, come una coccarda, era attaccato un intaglio
in legno di cervo.
'La pelle del viso e del collo della principessa non è stata conservata, ma la pelle del suo braccio sinistro è sopravvissuta e abbiamo visto un tatuaggio che lo percorreva.
'Aveva tatuaggi su entrambe le braccia, dalle spalle ai polsi, con alcuni anche sulle dita. Il meglio conservato di tutti era un tatuaggio sulla spalla sinistra, raffigurante un cervo con il becco di grifone e le corna di un Capricorno. Un po' più in basso c'è una pecora,
con un leopardo delle nevi ai piedi».
Si dice che i tatuaggi, una volta fatti, siano per la vita. In questo caso, però, è stato molto più lungo. Gli esperti affermano che erano realizzati con vernice, in parte inventata da frammenti di piante bruciati, fuliggine o ceneri che contenevano un alto livello di potassio. I disegni sono stati trafitti con un fa e strofinati con una miscela di fuliggine e grasso.



9.  Gli Abiti della Principessa
La principessa indossava un abito esotico che suscitò tanto interesse nella spedizione archeologica
della prof.ssa Natalya Polosmak 
Un abito molto insolito ed unico rispetto a qualsiasi delle nostre ipotesi.
Era vestita con una tunica lunga e larga, composta da tre strisce orizzontali di tessuto.
La gonna era lunga 144 centimetri, 90 cm di larghezza nella parte superiore e
112,5 centimetri alla base. Ogni striscia di tessuto era stata tinta separatamente:
quella superiore era porpora, al centro rosa-giallastra e la terza di un intenso colore Bordeaux.
Tutti i pezzi di tessuto sono stati colorati a mano.
La tunica aveva una cintura intrecciata in lana, che avrebbe potuto modificare la
lunghezza della gonna tenendola sia intorno alla vita, che più in alto,
sotto il seno.
Indossava sopra la tunica un secondo indumento bianco, lungo fino al ginocchio
con uno scollo rotondo, decorato con passamaneria rosa.
 Furono trovate anche tre camice, due erano complete mentre una mancava di alcune parti.
I dettagli delle passamanerie, le camicie di Pazyryk furono realizzati in modo identico agli
indumenti trovati  nelle sepolture di un’oasi che oggi fa parte della provincia
cinese del Xinjang…. Il tessuto è la seta.
La seta effettivamente usata non era cinese.. veniva da molto più lontano.
Forse Assam in India, o altrove, a sud della moderna Cina.
Sopra gli abiti la principessa indossava un leggero cappotto di pelliccia,
molto elegante stile kaftan. Questo aveva maniche lunghe e strette, più corto
sul davanti e con una coda sul retro.
Era decorato con motivi in pelle e il pelliccia.
I disegni presenti sui vestiti Pazyryk raffiguravano animali che avevano due precisi scopi:
fungevano da guardiani ed erano anche un simbolo d’identità del gruppo etnico.
Calzava degli stivali in feltro bianco stretti ed alti fino al ginocchio.
Erano decorati con motivi realizzati anch’essi in feltro e dai colori vivaci.
Stivali che erano caratteristici sia per gli uomini che per le donne di Pazyryk e
Servivano come protezione degli arti da freddo intenso delle montagne dell’Altai.


Mantello e copricapo dell’acconciatura
Museo dell’Hermitage – San Pietroburgo
Ricostruzione del
Dr. D. Pozdnayakov, Istituto di Archeologia ed Etnografia dell’Accademia Russa delle Scienze

Stivali in feltro della Principessa
Museo dell’Hermitage – San Pietroburgo
Foto di Roman Maisej

Stivali in feltro della Principessa
Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo
(foto di Roman Maisej)

A sinistra: l’abito della Principessa
A destra: un mantello maschile rinvenuto in una tomba separata
Dr. D. Pozdnayakov, Istituto di Archeologia ed Etnografia dell’Accademia Russa delle Scienze

10.    L’Acconciatura della Principessa e il significato dei capelli
L’acconciatura della Principessa destò molta ammirazione negli archeologi.
La donna aveva la testa rasata ed indossava una parrucca molto elaborata che si era conservata
benissimo.
La base della parrucca era una specie di cappello in feltro con due strati di
capelli femminili. Tra gli strati è presente una sostanza nera flessibile che ha contribuito
a fissare e tenere la forma e il volume della parrucca.
La struttura della parrucca costituiva la base per mantenere l’elaborato copricapo.



Disegno della parrucca, con foto della “protezione della parrucca
Istituto di Archeologia ed Etnografia, Filiale Siberiana dell’Accademia Russa delle Scienze

Un ciuffo di capelli sulla parte superiore era strettamente avvolto con un filo
di lana, che contribuiva a tenere eretta la ciocca..
in cima a questa ciocca era indossato un “nakosnik” (una decorazione
di fili intrecciati) di colore rosso, e in cima a questa struttura era una spilla di bronzo
con un cervo, in piedi su una sfera. Il cervo è stato realizzato in legno e coperto
in foglia d’oro….. la parrucca aveva un altro dettaglio molto importante.
Il suo coronamento sembrava una piuma gigante, lunga 68,5 cm e realizzata in feltro
con rivestimento in tessuto di lana nera, con un bastone al suo interno per
sostenerla. Questa piuma presentava una decorazione con 15 figure di uccelli ed
erano ciascuno di dimensioni più piccole rispetto al precedente.
Gli uccelli avevano ali di pelle, coda, zampe e il collo lungo, molto
probabilmente per raffigurare dei cigni.
La piuma può essere interpretata come un simbolico Albero della Vita,
un albero di guarigione presente in tante culture e collegato alla
spiritualità sciamanica ancora oggi presente ad Ukok.
Alla base dell’Albero c’è una figura di legno che rappresenterebbe un cervo con corna di
Capricorno. Fu trovata anche una spcie di custodia per questa parrucca,
una custodia alta circa 84 centimetri. La bara in cui era deposta la Principessa fu
realizzata da un albero perfettamente scavato ed intagliato, ed era sufficientemente lunga
per ospitare il copricapo che la principessa indossava quando fu sepolta.
Molte donne, appartenenti alla cultura Pazyryk, sia di rango reale che sociale, erano solite radersi la
testa anche se spesso non completamente. Questo taglio non era quindi collegato ad un rito funebre.
C’era l’usanza di conservare le trecce dei loro capelli tagliati che venivano allungati con crini di
cavallo di varia lunghezza.
Questa particolare considerazione sui capelli potrebbe essere collegata
Ad una convinzione universale sui capelli e cioè, specialmente quando sono lunghi,
possiedono dei poteri magici. Quindi il taglio dei capelli simboleggia la fine della
vita precedente. Alcuni popoli siberiani radevano i capelli delle donne per
celebrare la fine della loro età fertile che, per loro, equivaleva ad affermare
che la donna era pronta a recarsi in un altro mondo.
Le informazioni storiche avute dalle acconciature Pazyryk e dalle loro
parrucche sono notevoli ed importanti. Ma per decifrarle, per essere veramente
in grado di capire, avremmo dovuto vivere con loro. un’ipotesi si cambiamenti
di stile nelle acconciature legati al matrimonio o figli o la morte
è plausibile, ma rimane solo una ipotesi. La decifrazione di questo
stile di vita è ancora oggi una questione di difficile soluzione.
I Pazyryk erano nomadi cavalieri, sia uomini che donne, nel periodo
in cui si stanziarono negli Altai della Siberia meridionale, in particolare
tra il VII ed il III secolo a.C. (forse in ondate successive).
Non era facile per le donne cavalcare indossando questo particolare tipo di
acconciatura. È molto probabile l’esistenza di acconciature “quotidiane” cioè
delle parrucche più comode e dalla forma meno ingombrante.
Mantello e custodia dell’acconciatura.
Museo dell’Hermitage – San Pietroburgo
Foto di Roman Maisej.
11. Abiti rammendati e i coloranti per abiti
I reperti archeologici mostrarono la preziosità dei tessuti e dei decori degli esponenti della cultura Pazyryk. Proprio per questa preziosità tessile i corredi vestiari sia della principessa che dei due guerrieri, tumulati nella vicinanza della tomba della principessa, presentavano dei rammendi.
Abiti che furono utilizzati in maniera molto intensa.
Abiti che venivano quindi indossati sono solo quotidianamente ma anche per la sepoltura.
Indossavano tipi di tessuto abbastanza sorprendenti riguardo al tipo di vita e
al clima che dovevano affrontare…. Il che suggerisce che preferissero avere
un bell’aspetto “alla moda” piuttosto che prediligere criteri pratici legati al clima freddo.
Quasi tutti gli indumenti ritrovati hanno tracce di usura e di rammendo.
Le popolazioni che hanno abitato le montagne dell’Altai non hanno mai sviluppato il livello
di produzione dei raffinati tessuti in lana ritrovati, nemmeno i Pazyryk,
però li indossavano. Non siamo in grado di individuare il luogo esatto della produzione
ma possiamo indicare la provenienza. La maggior parte delle informazioni ci vengono dal
tipo di sostanze usate per la colorazione. Lo stile più tipico è una colorazione
a base di tre sostanze diverse. Il che significa che tutte queste sostanze dovevano
essere disponibili nella zona il cui è stato colorato il tessuto.
Pantaloni da uomo Pazyryk con tracce visibili di rammendo
Istituto di Archeologia ed Etnografia, Filiale Siberiana dell’Accademia Russa delle Scienze

L’analisi dei coloranti adoperati permise d’individuare i seguenti pigmenti ricavati da:
-        Kermes vermilio Planchon, la cocciniglia ancora oggi usata come colorante alimentare, il cui unico habitat è il Mediterraneo orientale e i limitrofi altipiani armeni, come fonte di acido carminico;
Uma fêmea de Kermes vermilio Planchon, 1864.

stadi delle squame femminili:
a: femmine e larve post-riproduttive;
b: giovani femmine riproduttive, larve femminili di 3° stadio e
due larve rosse di 1° stadio (crawler) (da Pelizzari).
-        La Robbia, pianta euroasiatica di cui esistono due varietà: una tipica dei paesi mediterranei e dell’Iran e l’altra caratteristica della Cina e dell’India. La ricerca dimostrò l’uso della Robbia (Rubia Tinctorum L) proveniente dall’area mediterranea.
Rubia tinctorum - Salagon, musée et jardins, Mane, France. 8 September 2017.
ID:1213186 Not Kew Copyright. Only licensed for display purposes in POWO.Rafaël Govaerts



Con questi due indicatori è certo che, nonostante la maggior vicinanza con
i centri tessili molto avanzati del mondo cinese, i tessuti esaminati
nella cultura Pazyryk,  provengono dal ben più lontano Mediterraneo
Orientale, a circa 3000 km di distanza.

Sella rinvenuta nella tomba n.2
Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo

12. Gli abiti del cavaliere
Le testimonianze sulla moda maschile provengono dai rinvenimenti dei guerrieri sepolti nei tumuli. In particolare vicino alla camera funeraria della Principessa fu rinvenuto il corpo di un uomo che fu esaminato  dagli scienziati siberiani.
Le sepolture Pazyryk ci hanno regalato set completi di abiti, che ora, anni dopo il ritrovamento risultano ancora più interessanti. Il costume dell'uomo era da cavaliere, forse uno dei più antichi esempi nel mondo. "Prima di tutto, indossava i pantaloni che, ricordiamo, facevano parte di un guardaroba considerato "barbaro" da Greci e Romani. che non li indossavano. Eppure i pantaloni erano una parte essenziale del guardaroba per i guerrieri e mandriani eurasiatici. I pantaloni erano fatti, sorprendentemente, non di pelle, ma di un tessuto spesso di lana mista di pecora e cammello. Il pantalone era tinto di rosso e il modello molto semplice: le due gambe erano unite da un terzo pezzo a forma di quadrato. La cintura era una corda di lana intrecciata e le gambe andavano stringendosi verso il ginocchio mentre la parte sotto il ginocchio veniva infilata all'interno di stivali di feltro con una suola morbida che salivano sopra il ginocchio. Si è trovato anche un corto cappotto senza collo, composto da una pelle di pecora indossato con la pelliccia a contatto della pelle nuda del torso. Una curiosità del cappotto è la "coda", realizzata da una pelle di pecora di 57-49 cm di lunghezza attaccata sul retro" riferisce Polosmak. Il cappotto maschile rinvenuto rispecchia quello femminile.

Riproduzione del mantello maschile rinvenuto
Istituto di Archeologia ed Etnografia,
Siberian Btanch of Russian Academy of Science.
È decorato con motivi in pelle, pellicce di zibellino, crini di cavallo neri e rossi.
Il cappotto non aveva fibbie ma due cinture in pelle che lo chiudevano.
La prima cintura reggeva anche una custodia per arco in feltro mentre la
seconda, la principale, reggeva un’arma da taglio.
Le maniche lunghe potevano essere legate con una corda e fungere da tasche per
contenere piccoli oggetti. In questo caso il cappotto era indossato intorno alle
spalle come un mantello.
"L'antica Cina ha influenzato i cosiddetti "barbari del Nord", insegnando loro a usare cose come la seta o specchi in bronzo massiccio" spiega la Polosmak. … I contatti tra Pazyryk e gli antichi regni di Chu, e Jan Tsin sembrano essere stati ben consolidati. Quello che non erano in grado di produrre da sè possono averlo ricevuto con scambi commerciali o depredandolo dai loro vicini. In questo senso la "principessa" costituisce uno tra i primi ponti tra i grandi feudi culturali antichi.
I Pazyryk hanno acquisito e miscelato esperienze e tradizioni di due grandi civiltà antiche fondendole in immagini di animali e creando segni e iconografia divenuti specifici della loro arte. La fusione di influenze, visibile negli abiti, cinesi, iraniane e mediterranee fa dei Pazyryk uno dei più antichi esempi di sintesi tra culture di Oriente e Occidente. Diverse centinaia di anni dopo Alessandro Magno divenne famoso per fondere le popolazioni cercando di unire Oriente e Occidente con metodi militari e politici. Nel mezzo dell'Asia, su scala incommensurabilmente più piccola, quel processo che il grande guerriero sognava era naturalmente avvenuto. Questa sintesi, su piccola scala, si è rivelata molto proficua, e ha portato alla formazione e crescita della cultura Gorniy Altai Pazyryk".
Uno degli altri corpi rinvenuti apparteneva quasi certamente a un capo, un uomo dalla corporatura possente, intorno ai 50 anni. Sul suo corpo, disegni vari che rappresentavano una varietà di creature fantastiche e non. I tatuaggi ancora riconoscibili mostravano un asino, un ariete, cervi stilizzati dalle lunghe corna ed un feroce predatore sul braccio destro. Due bestie mostruose decoravano il torace e sul braccio sinistro si intravedevano figure che sembravano rappresentare due cervi ed una capra. Dal piede al ginocchio si sviluppava il disegno di un pesce, un mostro sul piede sinistro e sul polpaccio quattro figure di arieti in corsa si univano a formare un solo disegno. Sul dorso piccoli cerchi in corrispondenza della colonna vertebrale.
Ricostruzione dei tatuaggi di un guerriero, scoperto sullo stesso altopiano della "Principessa". Tutti i disegni dei tatuaggi, qui e sotto, sono stati realizzati da Elena Shumakova, Istituto di archeologia ed etnografia, filiale siberiana dell'Accademia delle scienze russe

Dettaglio di uno degli splendidi tatuaggi del "capo"

Secondo l’archeologa Polosmak 
"I tatuaggi sono stati utilizzati come mezzo di identificazione personale al pari di un moderno passaporto. I Pazyryk credevano anche che i tatuaggi sarebbero stati utili in un'altra vita, rendendo più facile, per le persone della stessa famiglia e cultura, ritrovarsi dopo la morte.
Si trovano nei tatuaggi le stesse immagini di animali utilizzate in altri tipi di arte e lo consideriamo un linguaggio per immagini di animali, che rappresentava i loro pensieri.
Lo stesso era per i tatuaggi: un linguaggio per immagini animali, utilizzato per esprimere pensieri e definire la propria posizione sia nella società sia nel mondo. Più tatuaggi erano presenti sul corpo, più tempo la persona aveva vissuto e più alta era la sua posizione. Per esempio il corpo di un uomo, che è stato trovato in precedenza nel XX secolo, aveva tutto il corpo ricoperto di tatuaggi. La nostra giovane donna ha solo le braccia tatuate. Così indicavano sia l'età che lo stato. I tatuaggi sulla spalla sinistra della 'principessa' mostrano un fantastico animale mitologico: un cervo con il becco di un grifone e corna di Capricorno. Le corna sono decorate con teste di grifoni. E ancora una testa dello stesso grifone viene visualizzato sul dorso dell'animale. 
Sull'uomo trovato vicino alla "principessa", i tatuaggi raffigurano la stessa creatura fantastica, questa volta copre il lato destro del corpo. tutta la spalla destra per estendersi dal petto alla schiena. I modelli rispecchiano i tatuaggi su un corpo maschile tatuato in modo molto più elaborato, estratto dal ghiaccio nel 1929. Il suo petto, braccia, parte della schiena e una gamba sono coperte di tatuaggi. C'è un argali- una pecora di montagna - insieme allo stesso cervo con il becco di grifone.
C’era un posto del corpo umano in cui i Pazyryk iniziavano a tatuarsi ed era la spalla sinistra.
 Tutte le mummie recuperate con un solo tatuaggio, l’avevano tutte sulla spalla sinistra.
Disegno del tatuaggio del guerriero

Disegno del tatuaggio del guerriero.

L’archeologia mondiale definì i tatuaggi dei Pazyryk
I più belli e i più complicati
Furono trovati in vari siti nel mondo anche tatuaggi più antichi, come nell’Uomo del Ghiaccio trovato sulle Alpi, ma costituiti in massima parte da linee e non immagini così perfette e dall’alto contenuto artistico come quelli rinvenuti nei corpi dei Pazyryk.
'È un livello fenomenale di arte del tatuaggio. Incredibile.'
Il tema ricorrente nei tatuaggi dei Pazyryk erano le immagini degli animali, spesso stilizzati in forme floreali. Immagini di animali che ritroviamo in altri tipi di arte dell’antica popolazione nomade dell’Altai. Un vero e proprio linguaggio con cui, attraverso gli animali, esprimevano i loro pensieri.
'Lo stesso si può dire dei tatuaggi: era un linguaggio di immagini animali, usato per esprimere alcuni pensieri e definire la propria posizione sia nella società che nel mondo. Più tatuaggi c'erano sul corpo, più a lungo significava che la persona abita e più alta era la sua posizione. Ad esempio, il corpo di un uomo, ritrovato all'inizio del XX secolo, aveva tutto il corpo ricoperto di tatuaggi. La nostra giovane donna - la principessa - ha solo due braccia tatuate. 
Quindi indicavano sia l'età che lo status.'
I tatuaggi sulla spalla della “Prinipessa” mostrano un fantastico mondo animale mitologico con il becco di grifone e corna di capricorno.
Le corna sono decorare con teste di grifoni.
E la stessa testa di grifone è mostrata sul dorso dell'animale.
La bocca di una pantera maculata con una lunga coda si vede alle gambe di una pecora. Ha anche una testa di cervo al polso, con grandi corna.
C'è un disegno sul corpo dell'animale su un pollice della sua mano sinistra.
Sull'uomo trovato vicino alla "principessa", i tatuaggi includono la stessa creatura fantastica, questa volta che copre il lato destro del suo corpo, attraverso la spalla destra e si estende dal petto alla schiena. I motivi rispecchiano tatuaggi i su un corpo maschile molto più elaboratamente coperto, scavato nel ghiaccio nel 1929, il cui busto altamente decorato
 è ricostruito anche nel disegno qui.
Il petto, le braccia, la parte della schiena e la parte inferiore della gamba sono ricoperti di tatuaggi. C'è un argali - una pecora di montagna - insieme allo stesso cervo con il becco da avvoltoio di grifone, con le corna e la parte posteriore della testa che ha la testa di un grifone e un onagro disegnato su di esso.
Tutti gli animali sono mostrati con le parti inferiori del corpo capovolte. C'è anche un leopardo delle nevi alato, un pesce e un argali veloce. 
Per alcuni, lo scontro raffigurato sui tatuaggi tra avvoltoi e ungulati corrisponde al conflitto tra due mondi: un predatore del mondo inferiore, ctonio, contro animali erbivori che rappresentano il mondo di mezzo.
Il dottor Polosma è incuriosito dal modo in cui così poco è cambiato.
"Possiamo dire che molto probabilmente c'era - ed è - un punto del corpo su cui tutti possono iniziare a tatuarsi, ed era una spalla sinistra. Posso presumere di sì perché tutte le mummie che abbiamo trovato con un solo tatuaggio lo avevano sulla spalla sinistra.
'E oggigiorno questo è lo stesso posto in cui le persone cercano di tatuarsi, migliaia di anni dopo.
"Penso che sia legato alla composizione corporea... poiché la spalla sinistra è il punto in cui si nota di più, dove sembra più bella. Nulla cambia con gli anni, il corpo rimane lo stesso e la persona che fa un tatuaggio ora si avvicinarsi ai suoi antenati di quanto possa realizzare.
"Penso che non ci siamo allontanati molto da Pazyryks nel modo in cui sono realizzati i tatuaggi. Si tratta ancora di una brama di rendersi il più bella possibile.
«Per esempio, sugli inglesi. Molti di loro vanno in vacanza in Grecia, e quando sono stato lì ho sentito come i greci sorridevano e dicevano che l'età di un uomo britannico può essere facilmente compreso dal numero di tatuaggi sul suo corpo.
«Sto parlando della classe operaia ora. E l'ho notato anche io. Più una persona è anziana, più tatuaggi sono sul suo corpo.'

13.   Tatuaggi e Stele di pietra
I tatuaggi presenti nelle mummie trovano la loro corrispondenza nelle migliaia di stele che costellano i Monti Altai e che vengono chiamate “Deer Stones” (Pietre di cervo).
Nelle stele furono riportate figure di cervi, capricorni e stambecchi.
Stele Deer Stones e dettaglio delle incisioni
Obelischi che presentano disegni perfettamente simili ai tatuaggi delle mummie dei Pazyryk.
Monumenti funerari la cui datazione varia dalla preistoria al medioevo, espressioni legati ad una base religiosa o spirituale.
Queste stele si trovano distribuite su un vastissimo territorio che comprende le steppe tra Kazakistan, Russia, Cine e Mongolia.
Sarebbe assolutamente necessario indagare approfonditamente la questione, che coinvolge l’estensione della zona di influenza degli Sciti, le origini e le tradizioni di questo popolo, le relazioni con altri popoli e le dinamiche migratorie in età preistorica.

14.    Il Corpo della Principessa.
Gli esperti dicono che sia morta a 20 anni, con l'ipotesi migliore tra 25 e 28, e che questo era 2.500 o più anni fa, il che la rende, ad esempio, circa cinque secoli più vecchia di Gesù Cristo e diverse affermazioni di anni più anziana di Alessandro il Grande.
"Era chiamata 'Principessa' dai media. La chiamiamo semplicemente "Devochka", che significa "Ragazza". Aveva 25-28 anni quando è morta", ha detto Irina Salnikova, capo della sezione siberiana del Museo di archeologia ed etnografia dell'Accademia russa delle scienze.
'Il motivo della sua morte è sconosciuto, perché tutti i suoi organi interni sono stati rimossi prima della mummificazione. Tutto ciò che vediamo è che non ci sono danni visibili al suo cranio, o cosa che indichi il carattere innaturale della sua morte.
'Il suo corpo è arricciato, quindi non possiamo dire con certezza quanto fosse alta. Alcuni stimano che fosse alta 1,62, altri affermano che avrebbe potuto essere alta fino a 1,68 metri. Non siamo riusciti a stabilire quando la giovane si sia fatta tatuare, a che età. I cavalli, trovati dalla sua sepoltura, furono probabilmente prima uccisi e poi sepolti con lei.'
Nel 2010 è stata eseguita una risonanza magnetica sulla mummia, la prima volta che è stata eseguita su resti antichi in Russia. I risultati finali di un esauriente lavoro analitico non sono ancora stati diffusi.
L'impressione di uno scultore dell'aspetto della Principessa di Ukok di 2.500 anni fa
Ma Andrei Letyagin, presidente del Centro di risonanza magnetica del dipartimento siberiano dell'Accademia delle scienze russe, ha dichiarato: "La causa della morte rimane sconosciuta. Non credo che sarà possibile trovare una risposta a questa domanda perché nel corpo non c'è né cervello né organi interni».
Con ogni probabilità non è morta per ferite. "Il suo cranio è completamente conservato, così come le ossa", ha confermato. Il DNA ottenuto dai suoi resti è intrigante.
La principessa di Ukok non è imparentata con nessuna delle razze asiatiche, ne sono convinti gli splendidi. Non è imparentata, evidentemente, con gli odierni abitanti di Altai. Inoltre, ha avuto un aspetto europeo, è stato affermato.
"C'è stato un momento di grossolano malinteso quando è nata una leggenda su questa mummia come capostipite del popolo di Altai", ha detto Molodin.
'La gente di Pazyryk apparteneva a gruppi etnici diversi, in nessun modo imparentati con gli Altaiani. Studi genetici hanno mostrato che i Pazyryk hanno scritto parte della famiglia samoedica, con elementi del substrato iraniano-caucasico.'
Quindi forse più samoiedo che scita.
"Abbiamo cercato di superare l'incomprensione, ma purtroppo non ha funzionato".

15. Le Maledizioni
Molti abitanti di Altai erano nervosi fin dall'inizio per la rimozione dei lavori dai sacri tumuli funerari, non come kurgan…….
In una terra dove regna ancora il potere sciamani, credendo che la rimozione della principessa abbia immediatamente a portato conseguenze.
«Ci ​​sono luoghi qui che è considerato un grande peccato visitare, anche per i nostri santi uomini. L'energia e gli spiriti sono troppo pericolosi', disse un abitante della zona
"Ogni kurgan ha il suo spirito - c'è sia del buono che del cattivo - e le persone che hanno ricevuto molte disgrazie da quando la principessa del Ghiaccio è stata disturbata."
È a dir poco un sacrilegio versare acqua calda sui resti di antichi sopravvissuti nel permafrost per migliaia di anni, disse.
Secondo alcuni, la "maledizione della mummia" ha causato lo schianto dell'elicottero che trasportava i suoi resti lontano da Altai. Poi a Novosi, il suo corpo, conservato così bene per così tanto tempo  iniziò a decomporsi.
Circolavano storie che la principessa fosse stata conservata in un congelatore usato per conservare il formaggio. I funghi iniziarono a crescere sul suo corpo, si disse.
Qualunque sia la verità, gli esperti hanno cercato aiuto dagli imbalsamatori,
di fama mondiale, di Lenin che hanno lavorato sui suoi resti per un anno.
Di ritorno in Altai,  molti mali sono stati attribuiti alla sua rimozione: incendi boschivi, forti venti, malattie, suicidi e un'impennata di terremoti nella regione Altai. 
Una donna del posto, Olga Kurtugashova, disse:
"Potrebbe essere una mummia, ma la sua anima sopravvive e dicono che uno sciamano ha comunicato con lei e ha chiesto di tornare a casa. Questo è ciò che vogliono anche le persone.'
"I nostri antenati sono sepolti in questi tumuli",
disse Rimma Erkinova, vicedirettore del Museo Nazionale Repubblicano di Gorno-Altaisk, mentre una guerra di parole infuriava nell'ultimo decennio. 
«Ci ​​sono oggetti sacri lì. Il popolo Altai non disturba mai il riposo dei suoi antenati. Non fare altri scavi finché non sarà elaborato un approccio morale adeguato.'

16, LA CAMPAGNA PER IL SUO RITORNO IN ALTAI
«Era una bellissima giovane donna, che hanno dissotterrato, versato acqua calda e sostanze chimiche e sottoposta ad altri esperimenti. Lo hanno fatto a una persona reale",
si lamentò Erkinova al quotidiano Irish Times nel 2004.
Lo stesso anno, un capo regionale dell'Altai insistette:
 'Dobbiamo calmare la gente e seppellire la principessa dell'Altai.
'Stiamo avendo terremoti due o tre volte a settimana. 
La gente pensa che questo andrà finché avanti lo spirito della principessa
non potrà riposare in pace».
Molti volevano che la principessa fosse restituita dall'Istituto Archeologico ed Etnografico di Novosibirsk, a circa 600 km di distanza, e riportato al suo luogo di sepoltura originale.
Dopo circa 300 terremoti in un periodo di sei mesi, il capo del distretto di Kosh-Agachsky Auelkhan Dzhatkambaev, fece un appello all'inviato presidenziale del distretto federale siberiano Leonid Drachevsky affinché ciò avvenga.
Drachev si recò a Kosh-Agach e disse ai residenti in merito alla restituzione delle mummie.. 
È importante sentire il parere degli scientifici e nel parlare era "semplicemente a disagio nel sentire arrabbiati la gente, come se fossimo nel Medioevo".
Il parere di Erkinova era diverso
Metteremo la principessa in un sarcofago di vetro, così tutti potranno venire e
inchinarsi davanti a lei.
'Questo è un problema molto doloroso. 
I nativi di Altai si preoccupano per il loro predecessore. La principessa deve tornare da noi».
La gente era anche arrabbiata per il fatto che le mummie erano state portate in tournée in Corea e Giappone con un rapporto che diceva come la principessa
"è stata accolta come una diva, con una grande folla, ammiratori in ginocchio e
mazzi di rose rosse" .
Alla fine è stato raggiunto un compromesso, anche se sono seguiti ritardi e argomenti. Infine, ciò culmina con il ritorno della principessa questo mese non al suo luogo di sepoltura ma al museo di Altai.
«Abbiamo deciso di restituire la principessa una volta che le condizioni per prendersene cura fossero state favorevoli. Ciò significa una sistemazione adeguata con un condizionatore d'aria e un sarcofago speciale", ha affermato Molodin già nel 1997.
«Un'altra condizione era che questa fosse nostra proprietà intellettuale e che avessimo il diritto di usarla per mostre e di studiarla. Non lo stiamo facendo per curiosità, ma nell'interesse della scienza. L'anima è da qualche altra parte e stiamo studiando i resti. Quindi non vedo una violazione qui di nessuna regola sociale accettata.'
Alla fine, tutti ora sono d'accordo sul fatto che la principessa stia tornando a casa.
VIETARE PIÙ SCAVI ARCHEOLOGICI
Le autorità dell'Altai hanno ora dichiarato la remota zona di montagna da cui la principessa ei suoi parenti furono sepolti come una "zona di pace" dove non avranno più luogo scavi, nonostante i tesori quasi certi giacciono nel permafrost.
Tale lavoro equivale a un saccheggio…..
Per Molodin, che ha trovato la mummia maschio diversi anni dopo la principessa, questo priva il mondo di una preziosa eredità scientifica. Sostiene inoltre che la questione è critica poiché il riscaldamento globale significa che i corpi antichi decadranno.
Gli uomini contengono, che qui ci sono migliaia di tumuli funerari, molti dei quali risalgono al periodo Pazyryk dei quali possono rispondere a domande sulla nostra provenienza.


17.    La Principessa di Ukok aveva un cancro
Quando la mummia fu rimossa dal suo luogo di sepoltura, fu trasportata a Mosca dove gli archeologi chiamarono gli esperti che avevano lavorato alla conservazione del corpo del fondatore dell’URSS e iniziatore del movimento comunista internazionale Vladimir Lenin.  Chiesero agli esperti un aiuto per evitare il deterioramento dei resti della preziosa mummia.
Nel 2014 il corpo della Principessa fu sottoposto a risonanza magnetica.
Il risultato dimostrò come la donna, morta a circa 25 anni, aveva un cancro al seno e, come già riportato, usava la cannabis per alleviare il dolore e la sofferenza.


Immagini: The Sberian Times, Andrey Letyagin

Il Dr Andrey Letyagin affermò che
"Abbiamo a che fare con un tumore primitivo al seno destro e
ai linfonodi assiali destro con metastasi".
Si ritiene che in realtà non fosse una reale, ma che il suo uso di droghe per far fronte ai sintomi delle sue malattie possa averle dato "uno stato mentale alterato", portando i suoi parenti alla convinzione di poter comunicare con gli spiriti . La sua sontuosa tomba suggerì che fosse una persona di singolare importanza.
La risonanza magnetica, condotta a Novosibirsk da eminenti accademici Andrey Letyagin e Andrey Savelov, mostrò come la Principessa soffriva non solo di un cancro al seno ma anche di osteomielite, un'infezione dell'osso o del midollo osseo, dall'infanzia o dall'adolescenza. Verso la fine della sua vita, riportò delle ferite causate da una caduta da cavallo.



"Quando aveva poco più di 20 anni, si ammalò di un'altra grave malattia: il cancro al seno. L'ha distrutta dolorosamente nell'arco di forse cinque anni, dice un riassunto delle scoperte mediche nel diario "Science First Hand" dell'archeologa Professoressa Natalia Polosmak, che per la prima volta trovò questi straordinari resti umani nel 1993.
"Durante l'imaging delle ghiandole mammarie, abbiamo prestato attenzione alla loro struttura asimmetrica e all'asimmetria variabile del segnale MR", ha affermato il dott. Letyagin nella sua analisi. "Abbiamo a che fare con un tumore primitivo nella mammella destra e nei linfonodi assiali destro con metastasi".
"Le prime tre vertebre toraciche hanno mostrato una diminuzione statisticamente significativa del segnale MR e una distorsione dei contorni, che possono indicare il processo del cancro metastatico." Ha concluso: 'Sono abbastanza sicuro della diagnosi: aveva il cancro.
«Era estremamente emaciata. Dato il suo rango piuttosto elevato nella società e gli scienziati dell'informazione ottenuti studiando le mummie dell'élite Pazyryk, non ho altre spiegazioni del suo stato. Solo il cancro potrebbe avere un tale impatto.'


Reperti dell’altopiano di Ukok

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