PRIZZI (Palermo) - IL CASTELLO DELLA MARGANA – L’UNICO CASTELLO DEI CAVALIERI TEUTONICI IN SICILIA
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Indice:
1.
Il Castello – Ubicazione – Citazioni
– Storia;
2.
Architettura – Gli Ambienti : La
Torre (Sala del Trono) – La Chiesa con gli affreschi –
3.
La Fata Morgana – Ruggero I e la Fata
Morgana – Il fenomeno ottico della Fata Morgana nello Stretto di Messina – Re
Artù in Sicilia, sull’Etna – la leggenda (visioni) di Pedara – La Spada di Re
Artù fu donata a Tancredi, Re di Sicilia
Altre Commende
dell’Ordine Teutonico:
Palermo – La Magione
- Basilica della SS. Trnità del Cancelliere
Palermo - La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi
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1. Il Castello – Ubizazione –
Citazioni - Storia
Il
castello di Margana sorge su una rupe rocciosa isolata, (470 m s.l.m.), che
presenta delle pareti molto lisce a dirupo. Il fortilizio dominava il casale
che era di proprietà dei Cavalieri Teutonici, l’unico possedimento nel Regno di
Sicilia. Il sito si trova in una posizione centrale dominando una serie di
percorsi viari secondari che si snodavano nel vasto feudo.
Nel
corso del secoli il castello diventò una masseria fortificata. Dell’antico
fortilizio si sono quindi conservati resti poco apprezzabili e coperti da varie
costruzioni limitrofe con diverse destinazioni. Costruzioni edificate successivamente
a causa di ristrutturazioni e del riutilizzo degli ambienti che rendono molto
difficile la lettura del complesso. La mancanza anche di sondaggi archeologici
rende la ricerca molto difficile anche se si distingue soltanto la grande torre
centrale rettangolare che presenta un bel portale sovrastato dallo stemma
dell’Ordine Teutonico.
Il
castello è noto con il termine di “Castello di Margana” o “Petra di Margana”,
o “ castrum “ o “ fortilicium
Marganae”.
Appartiene alla classe dei castelli rurali isolati del Trecento con il
toponimo in “Petra” relativo alla morfologia del sito.
Si
trova nei pressi di Prizzi, nel cuore montuoso della Sicilia Occidentale.
Collocato in una zona quasi equidistante dalla costiera tirrenica a Nord, 40 km
circa da Termini Imerese, e dal Canale di Sicilia, Mar Mediterraneo a Sud (
circa 56 km da Seccagrande, in prov. di Agrigento).
Margana significa “ campo, prato”
Un
castello con una posizione strategia importante al centro di quello che veniva
definito il feudo della Commenda della Magione e che dominava il territorio
circostante bagnato dal torrente Morgana. Faceva parte di un sistema difensivo
costituito dai vicini castelli di Caccamo, Caltabellotta e Vicari.
Muhammad
Ibn Edrisi nel 1150 citò il casale della Margana (“Rahl
Màrgana”, dall’ arabo “marqana”, vallone)
Idrisi,
nella descrizione del territorio di Margana quando citò il fiume di Termini
scrisse: “… quindi si spinge oltre
verso Morgana, rimanendo tuttavia lontano un miglio a nord di questo casale che
dista quattro miglia da Prizzi. Proseguendo il suo corso giunge fin sotto
Vicari, he gli rimane discosta un miglio a destra; da Margana a Vicari corrono
tre miglia”.
Il re
Guglielmo I (Il Malo) nel maggio 1155,
con un diploma scritto in arabo, proveniente dal tabulario della Commenda della
Magione, donava all’Ospedale di San Giovanni dei Lebbrosi di Palermo il casale di Margana (Prizzi) con “31
villani e le terre connesse”. .. “..et in super concedemus, et dona musei
dem Hospitali Casale Marganae, quae est in contradae Bicari”.
Guglielmo I re di Sicilia conferma
all'Ospedale sito nel territorio della città di Palermo tutte le donazioni già
concesse dal padre Ruggero II - il casale di Meselarmet nella contrada di
Mazara, quello di Butont nella contrada di Menneni e quello di Gurfa, con i
relativi villani e tenimenti, nonché le vigne e le terre attorno all'ospedale -
e gli concede inoltre il casale di Margana nella contrada di Vicari, il casale
denominato Raalginet presso Corleone e l'orto, già di proprietà di Michele
Antiochenus, sito presso il fiume Abbes accanto alla moschea dei Saraceni e
vicino all'orto dell'ammiraglio Maione
Alla
morte di Federico II di Svevia, avvenuta nel 1250, le forze filo-sveve non erano particolarmente
sicure per cui nel casale s’instaurò un governo militare molto attivo che portò l’Ordine Teutonico nella necessità
di costruire un primo nucleo fortificato, il mastio posto nell’angolo sud del
castello.
Secondo il
Fazello i Teutonici presero il definitivo possesso di Margana solo nel 1258
fondando la chiesa.
La fondazione del castello probabilmente
risale al XIV secolo (tra il 1328 e il
1351) e
proprio nel 1328 è attesta una “mansionem Margane” dell’Ordine
Teutonico.
Fu Manfredi
II di Chiaramonte, Vicario del Regno di
Sicilia, che concesse a Giovanni di Mincimberga, Cavaliere Teutonico e Precettore della
Magione, la facoltà di costruirvi un castello “licentia edificandi” per
difesa del casale e del tenimento rappresentando un
valido punto di osservazione, di avvistamento e di segnalazione perché
collegato ai vicini castelli di Vicari, Caccamo e Caltabellotta.
Nel
1351 “la mansio” era in piena efficienza a presidiare il territorio grazie
all’atto di licenza di costruzione “in
loco quod dicitur Petra de Margana”
concesso ai Cavalieri Teutonici.
Nel 1353 il
Precettore della Magione di Palermo ottiene licenza dal Re di ampliare la
fortificazione della Margana che diventa così un vero e proprio Castello in
difesa dei diritti della Corona
Nel 1355 il
castrum Margane è annoverato in una lista di terre e castelli siciliani.
Nel 1430 il
castello viene restaurato ed ampliato con l'aggiunta di un muro di cinta con torre,
una sala, quattro camere, un silo, una cucina, una dispensa e una stalla.
Del 1435 è
la licentia populandi per costruire un villaggio ai piedi del
castello, rimasta tuttavia senza esito.
Dopo il 1491
con l’abolizione dell’Ordine Teutonico. il castello abbandonerà lentamente le
caratteristiche militari e si trasformerà in un centro economico
Attualmente la proprietà è
privata ed è adibito a masseria e dimora temporanea.
2.
Architettura – Gli Ambienti; La Torre (Sala del Trono) – La Chiesa con gli affreschi
…
L’esterno
del castello, appollaiato su di un roccione in posizione prominente rispetto
alle valli circostanti, si presenta con poche finestre e con qualche feritoia
molto strombata adatta alla difesa
L’interno
consta di diversi ambienti tra i quali importanti sono: il salone al piano
terra della torre-mastio originaria a cui si accede da un arco a
sesto acuto, molto interessante strutturalmente, e il vano della cappella di
palazzo, dove si conservano affreschi raffiguranti scene della vita di Sant’Antonio
e di Santa Caterina d’Alessandria
Il
castello era costituito da una possente torre rettangolare (12 x 6) m, di cui rimane solo il piano terra
e il primo piano che è evidenziato da una risega su cui era appoggiato il
solaio.
I
muri, (1,30 – 1,70) m di spessore, sono messi in opera con pietre non sbozzate,
legate da abbondante malta e inzeppate da frammenti di tegole.
Gli
angoli della torre, così come per altri castelli “campestri” della Sicilia,
sono più curati nella loro messa in opera con l’uso di pietre ben squadrate.
Al
centro del muro nord si apre un bel portale ogivale, con una larghezza di 1 m,
che è sovrastato dallo stemma dei Cavalieri teutonici (doppia croce con aquila)
che è scolpito nel concio di chiave dell’arco.
L’interno
della torre è costituito da un unico ambiente che prende luce da due feritoie,
poste sul lato ovest che sporge sulla valle, a forte strombatura (1,20 interno
x 0,10 esterno)m.
Una
copertura lignea doveva essere presente cioè appoggiata sulla risegna.
La
torre è circondata e nascosta da numerosi edifici che presentano una
destinazione d’uso differente:
-
(S)
– una stalla dalla pianta rettangolare ubicata sotto la terrazza;
-
(T2)
– Torre di Cortina;
-
(C)
– Chiesa con resti di affreschi; cappella di palazzo con importanti affreschi
che raffigurano scene di vita di Sant’Antonio e di Santa Caterina
d’Alessandria; La chiesa era esistente nel 1219 e dedicata a S. Maria de
Alemanna o de Manna con una “haedes hospitalis” per accogliere i
pellegrini di passaggio.
-
(A1
– A2 – A3) – vari ambienti che presentano degli aspetti architettonici unitari.
Potrebbero identificarsi con gli ambienti (camere) destinati ai frati Teutonici
e che furono citate nell’inventario del 1436.
Altri
ambienti furono successivamente aggiunti alle preesistenti strutture
trasformando il castello che probabilmente aveva anche una sua funzione di
ospitalità per i pellegrini, Trasformazioni avvenute dopo il 1491, quando i
Cavalieri Teutonici furono costretti ad abbandonare la struttura, che fecero
assumere al castello la configurazione di una masseria fortificata.
Una
masseria in un mediocre stato di conservazione e a quanto sembra risulta ancora
di proprietà privata.
Santa Maria
dell’Alemanna
Gli Affreschi
Successivamente
il castello ed il feudo sembra che siano giunti alla famiglia Chiaramonte che
restaurarono il castello e l’ampliarono con l’aggiunta di un muro di cinta, una
sala, quattro camere, una cucina, una dispensa ed una stalla. Con la decadenza
della nobile famiglia entrò a fare parte
dell’asse ereditario dei discendenti.
Archeologia
Sia le
rovine di alcuni casali che le tegole rotte e i frammenti di vasellame romano,
di tipo aretino o terra sigillata testimoniano la frequentazione del luogo sin
dall’antichità.
3. La Fata
Morgana - Ruggero I d’Altavilla e la
fata Morgana – Re Artù in Sicilia sull’Etna – La leggenda di Pedara – La Spada
di Re Artù fu donata a Tancredi, Re di Sicilia …
Il
castello è stato anche denominato “Castello della Morgana” . un aspetto che fa
sorgere il sospetto su un errore di trascrizione del nome autentico (nella
prima e nella seconda versione, castello della Margana/Petra Margana).
Il
termine “Morgana” richiama infatti alla mente l’immagine della mitica o delfica
fata di cui parlano le leggende celtiche
confluite nel ciclo dei romanzi della Tavola Rotonda, indicandola come
sorellastra ed amichevole compagna del Re Artù.
Fra
le numerose opere che la citano si devono
ricordare Goffredo di Monmuth nell’opera intitolata “Historia regum
Britanniae” e nella meno conosciuta
“Vita di Merlino”.
Grazie
alle sue capacità le fu assegnato un ruolo di gran rispetto in seno alla
vicenda metastorica dei prodi cavalieri dediti alla ricerca del Santo Graal,
sovente protetti e tutelati dal risolutivo sostegno ricevuto, nei momenti delicati,
da azioni magiche e soprannaturali.
La
fata Morgana oltre ad avere dei poteri
magici già evidenziati ha la singolare facoltà di saper provocare a piacimento
le cosiddette “illusioni ottiche” ed i miraggi, chiamati per questo motivo
“fenomeni della fata Morgana”. Ben noti in special modo agli abitanti della
costa messinese e calabrese che si affacciano sullo Stretto, in occasione del
verificarsi di particolari condizioni atmosferiche, quando si rispecchiano
sulla superficie delle rigeneratrici acque marine antistanti quando queste
raggiungono uno stato di quasi totale immobilità.
La
scoperta della supposta intitolazione della roccaforte militare ad una
protagonista così importante della sagra arturiana, innamoratasi a tal punto
della Sicilia da decidere di stabilire la propria dimora nelle acque che la
separano dal resto d’Italia, fanno sorgere conseguenti e numerose curiosità
scientifiche ed anche leggendarie.
Dalla
costa calabrese si assiste, per la verità raramente, ad uno fenomeno
ottico-meteorologico per cui la costa siciliana appare non solo più vicina ma
anche riflessa al centro del mare.
Un
fenomeno fisico legato ad una irregolare distribuzione dell’indice di
rifrazione in alcuni strati dell’aria. Come già detto è un fenomeno stano
legato alla presenza di molteplici fattori sia atmosferici che ambientali. Il
fenomeno è visibile solo dalla costa di reggina e si vede riflessa al centro
del mare non solo la cosa ma anche le case, gli alberi e persino le persone.
Un
luogo magico, incantesimo di una fata e
collegato alla “Fata Morgana”, la famosa fata di Scin, figura celtica,
sorellastra ed amante di re Artù, che possedeva il dono dei giochi d’aria e
d’acqua.
Molte leggende sono legati al fenomeno ed una
cita addirittura il liberatore della Sicilia dal dominio Musulmano, Ruggero il
Normanno.
Una
leggenda conosciuta e nata nel messinese.
Ruggero I D'Altavilla (Il Normanno)
Ruggero
il Normanno in un giorno del settembre 1060 passeggiava solitario lungo la
spiaggia della Calabria e nel suo procedere ammirava la costa messinese meditando
sul modo migliore per conquistare la Sicilia occupata dagli Arabi. Una terra
che era diventata ricca e prosperosa anche grazie alle tecnologie e
coltivazioni introdotte dai conquistatori.
Qualche
giorno prima alcuni cavalieri messinesi avevano raggiunto Ruggero a Mileto e
gli avevano esposto il desiderio della gente siciliana di averlo come
liberatore e signore.
Un
invito legato non al disprezzo per gli Arabi, che in realtà avevano reso la Sicilia prosperosa e
in ogni caso lasciato alla popolazione la libertà di culto, ma alle continue
lotte che si svolgevano tra i vari kaid con le conseguenze immaginabili sul
piano sociale con frequenti stragi, disordini, razzie… un diverbio per il
potere sulla Sicilia fra i vari Kaid con i Siciliani che ne pagavano le
conseguenze.
I
tre cavalieri erano Cola Camuglia, Ansaldo da patti e Jacopino Saccano e
donarono a Ruggero una spada a due mani ed una Croce.
Ruggero
era stato in Sicilia assieme al generale bizantino Giorgio Maniace nel 1038 –
1040 e pur riportando qualche successo i Normanni alla fine, insoddisfatto di
come procedeva la spartizione del bottino di guerra, si era dissociato
dall’impresa ritornando nell’Italia meridionale
e in Calabria.
Ruggero
era ora invocato sia dai messinesi che dal kaid di Catania e meditava quindi di
ritornare in Sicilia per conquistarla definitivamente cacciando i musulmani ed
avviando la cristianizzazione in senso latino.
L’impresa
era difficile, rischiosa.. aveva solo uno sparuto gruppo di cavalieri e fanti.
Mentre meditava sugli eventi e le possibili azioni da intraprendere, un
intenso profumo di zagara proveniva dagli agrumeti in fiore.
la zagara
(Gli
agrumeti fioriscono in primavera ma alcune specie hanno una seconda fioritura
alla fine dell’estate o in autunno).
Gli sembrò di udire una musica di guerra, tra
lamenti e sospiri di schiavi,.. Ruggero si fermò incuriosito e poiché abitava
nei pressi un vecchio e saggio eremita (Guillaume Fitz Ingram ?), Ruggero si avviò verso di lui.
Lo
salutò in modo cortese e gli domandò notizie su quel fatto così misterioso ed
insolito che aveva vissuto.
L’eremita
allungò il braccio e con un dito gli indicò la costa siciliana.
- Lì gli aranci sono in
fiore... - gli disse
- Lì c'è musica ma anche pianti...
Lì ballano i saraceni e piangono i
cristiani! Dicono che sei potente e cristiano...
Perché non combatti e muori per la
tua fede?
Ruggero non
seppe rispondere e passeggiava pensieroso.
Improvvisamente
il mare cominciò a ribollire e apparve tra la schiuma una bellissima donna,…
Morgana, la fata, sorella di re Artù.
Essa ha nel mondo vari palazzi e regge ma qui, nel
mezzo dello Stretto di Sicilia, ha il suo palazzo bello ed antico che è meta di
tutte le fate e maghe del Mediterraneo.
Ruggero la
vide salire su un cocchio bianco-azzurro tirato da sette cavalli bianchi e con
la criniera azzurra.
Morgana
stava per dirigersi verso Sud, quando vide Ruggero passeggiare sulla spiaggia a
passi lenti.
Morgana
dirigendosi verso di lui gli gridò:
“Che pensi, o Ruggero ? –
Se è come immagino, salta sul mio
cocchio e subito ti porterò in Sicilia,
assieme ad un possente esercito…”
Ruggero sorrise…. Salutò Morgana e
con gentilezza e fermezza rispose:
Io ti ringrazio, o Morgana, ma non
posso accettare il tuo aiuto.
Ma se la Madonna che amo e i santi
che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, io andrò alla guerra sul mio
cavallo e trasporterò l'esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per
gli incantesimi di una fata.
Morgana ,
non rispose, agitò tre volte in aria la sua bacchetta magica e lanciò in mare
tre sassi bianchi:
Guarda, o Ruggero, la mia potenza
!.....
E in quel
punto apparvero sull’acqua case, palazzi, strade e ville, e tutta la costa
siciliana apparve così vicina da poter essere raggiunta solo con un unico
salto…
Eccoti la Sicilia !
Salta su di essa, raggiungi Messina
ed io farò in modo che
in essa troverai il più forte e il
più numeroso esercito che tu
abbia mai avuto in battaglia
Ruggero
anche se meravigliato da tanto prodigioso incantesimo, rifiutò ancora una volta
l’offerta…
O Morgana !
Tu sei una grande fata, degna della
stirpe da cui discendi.
Ma non sarà con l’incantesimo che io
libererò la Sicilia dal paganesimo.
Essa mi sarà data da Cristo Nostro
Signore e da sua Madre, la Vergine Maria
che io ho già scelto e adottato come
madre maia divina.
Ma grazie, per il pensiero…..
Morgana non
rispose, agitò nuovamente la sua bacchetta magica e i castelli, i palazzi, le
strade, le ville sparirono improvvisamente… il suo cocchio si mosse veloce
trainato dai sette cavalli verso le spiagge alle pendici dell’Etna.
Per la
cronaca Ruggero sbarcò a Messina nella primavera del 1061, con 1700 uomini e 27
imbarcazioni, intraprese contro gli Arabi una
guerra lunga ben trent’anni.. una guerra spesso condotta con ferocia ed
accanimento ed alla fine riuscì a conquistare quel bellissimo regno… una delle
terre più ricche del tempo ai Musulmani….
Per
ringraziare la Vergine Maria fece costruire a Ranieri una chiesa ed un
monastero dedicati al SS. Salvatore…
Il fenomeno ottico
“Fata Morgana”
La
residenza della fata Morgana nel profondo dello Stretto di Messina è legata ad
un antichissima leggenda.
La
leggenda narra che tra Solicchiata e la Valle dell’Alcantara, nel Comune di
Castiglione, fu condotto Re Artù, la figura più importante del mondo druidico
(dignitario appartenete ad una classe dirigente sacerdotale, Celti della Gallia
e delle isole britanniche).
Re
Artù era stata ferito in battaglia dal nipote Mordred ( figlio del fratello) e
sarebbe stato condotto dalla fata Morgana, sua sorella e abitante dello Stretto
di Messina, in un giardino incantato, all’”interno del Vulcano Etna”, per
ritornare un giorno a redimere il suo popolo.
Morgana
alla guida d’una nave d’argento, dalle vele dorate, salpata dall’isola di Man,
la mitica Avalon, attraversando l’Atlantico e il Mediterraneo, avrebbe portato
il grande Artù, ferito a morte, fino alle falde dell’Etna.
Qui
in un castello.. “dove nessun uomo può morire.. (Re Artù non morì)..
il Re guarì.. ritemprato dalla forza arcana ed eterna che emana dalle viscere
del vulcano e che trova una forma visibile nel rosso della sua lava e in quello
vellutato dei suoi vini, capaci di stornare anche la forza di un ciclope o di
far rinascere a vita nuova…”
Fu
proprio qui che secondo la tradizione, riportata da Arturo Graf che si rifà ad
autori come Gervasio da Tilbury e Cesario di Heisterbach, il grande Artù
apparve “ in una campagna assai spaziosa e gioconda e piena d’ogni delizia,
in un palazzo di mirabil fattura”, al palafreniere del vescovo di Catania
che cercava il focoso cavallo del suo padrone.
Gervasio
da Tilbury, giunse in Sicilia nel 1189 e fu probabilmente il primo a
soffermarsi su questa leggenda di Re Artù alle falde dell’Etna.
“Saputa
il re Artù la regione del suo venire (del palafreniere), subito fece menare e
restituire al garzone il cavallo, perché lo tornasse al vescovo, e narrò come,
ferito anticamente in una battaglia da lui combattuta contro il nipote Mordred
e Childerico, duce dei sassoni, quivi stesse già da gran tempo, rincrudendosi
tutti gli anni le sue ferite. E, secondochè dagli indigeni mi fu detto, mandò
al vescovo suoi donativi, veduti da molti e ammirati per la novità favolosa del
fatto” come racconta Gervasio da Tilbury vissuto alla
corte del sovrano di Sicilia Guglielmo I.
Re Artù sarebbe quindi vissuto e avrebbe
acquistato una nuova meravigliosa vita proprio nelle valli dell’Etna a poca
distanza dallo Stretto di Messina dimora della sorella Morgana.
Fino
a pochi decenni fa, molti contadini di Pedara, un centro sulle pendici
dell’Etna, raccontavano che nella zona più brulla ed alta, a monte del paese,
nei pomeriggi estivi più caldi, avevano intravisto l’ombra di un cavaliere antico, stanco, forse ferito, curvo
e certamente gravato dal peso di oscuri pensieri.
Ogni
tanto urlava…”Mordred, scellerato Mordred”.
I
contadini riferivano di aver sentito queste parole anche se non ben capite…
s’avvicinarono all’ombra ma questa fuggì “come una lepre…. Si nascose in una
grotta buia ed estremamente profonda. I contadini non ebbero l’animo di
entrare, ma giurarono di aver sentito ancora un filo di voce venire fuori dalla grotta…Mordred, scellerato Mordred.
Una leggenda bretone che fu trasferita in
Sicilia dai Normanni affascinati da
questa montagna magica e forse anche dai
suoi vini tanto cantati anche nella mitologia..
La
famosa spada “Excalibur” che quando fu estratta dalla primitiva roccia, lo fece
incoronare re, sarebbe stata custodita, mentre era in Sicilia, in un’altra
grande roccia sull’Etna.
Nel
1191, Riccardo Cuor di Leone riuscì a recuperarla consegnandola a Tancredi, re
di Sicilia nel corso di grandi festeggiamenti che si svolsero a Catania.
Nell’incontro
a Catania fra i due sovrani, avvenuto nei primi giorni del mese di marzo (?),
Tancredi mise a disposizione del sovrano inglese cinque navi attrezzate e
quattro carri con i cavalli. Il sovrano inglese, in segno di riconoscenza, donò
a Tancredi la famosa spada di re Artù affermando di averla trovata sulla sua
tomba e lasciò la sua corona di re d’Inghilterra a Sant’Agata, patrona di
Catania.
La
spada secondo le fonti sarebbe stata usata per incoronare i sovrani di
Sicilia…(?).
Sul
finire di quel secolo la “….splendida nave della bella Morgana tornò a veleggiare
silenziosamente a ritroso verso l’isola di Man. Per ricambiare il prezioso
omaggio fatto, da Riccardo Cuor di Leone alla città di Catania, la nave della
fata Morgana recava un dono altrettanto prezioso, il simbolo della Trinacria,
la “Triskele” da più secoli immagine della Sicilia, per l’isola di Man”.
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Altre Commende dell’Ordine Teutonico:
Palermo – La Magione - Basilica della SS. Trnità del Cancelliere
Palermo - La Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi
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