Valencia – La Via della Seta… Un’attività produttiva di grande prestigio

 














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Indice

       1-      Valencia, La Via della Seta - Storia
2-      La trasformazione del paesaggio agrario nel Regno di Valencia –  Le masserie:
3-      Valencia, il Quartiere dei  Velluters – Palazzo Tamarit;
4-      La Gilda dei Velluters – Il Collegio Del Arte Mayor De La Seta e la Via de Las Barcas;
5-      Il Museo de La Seta
6-       La Seta nel 1520 – La Ribellione dei Germanies con la Gilda dei Velluters tra i più rivoltosi – La repressione – La viceregina Germana de Foix e il marito Ferdinando d’Aragona, duca di Calabria;
7-      7 La Ripresa della produzione della seta – Gli incentivi di Carlo II e di Filippo V di Borbone –  Joacquin Manuel Fos – La seta nel XIX secolo e la crisi – L’ammutinamento dei Velluters;
8-      La Loggia della Seta;
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html
9-      Gli antichi laboratori e il lavoro femminile;
10-  La Seta ai nostri giorni – I Garin di Moncada – La Seta nelle feste cittadine di Valencia

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1.      Valencia, La Via della Seta
La Via della Seta aveva un caposaldo produttivo e  commerciale a Valencia.
Intorno al VII secolo i musulmani conquistarono la Persia ed estesero poi i loro domini sull’Africa
settentrionale e sulla penisola Iberica. Con la conquista persiana presero anche il controllo della Via
del Seta venendo a conoscenza delle importanti, e per certi versi segrete, tecniche sulla
fabbricazione della seta che diffusero nei territori conquistati ad Occidente.
Al-Andalus fu la prima regione del continente europeo, conquistata dagli islamici, in cui cominciò a
diffondersi l’allevamento del baco da seta.


La produzione della seta giunse quindi a Valencia grazie ai musulmani ed in epoca cristiana furono gli Ebrei a dedicarsi maggiormente alla produzione del tessuto seguendo quella che era l’antica tradizione musulmana.
L’industria serica venne migliorata nel XV secolo grazie anche all’arrivo di artigiani genovesi che erano specializzati nella lavorazione del velluto.
Nell’ambito mediterraneo c’era un altro grande regno che si era specializzato nella lavorazione della seta: il Regno di Sicilia.
Il Regno di Sicilia, durante la dominazione musulmana, aveva migliorato la produzione di seta che aveva appreso dalla precedente dominazione Bizantina. Con i nuovi conquistatori Normanni la produzione migliorò ulteriormente a tal punto che la Sicilia diventò il centro principe nella produzione di seta che raggiungeva tutti i mercati internazionali.
Dalla Sicilia la tecnica raggiunse gli altri centri dell’Italia e i genovesi si specializzarono nella produzione comunicando all’esterno le proprie conoscenze. A Valencia i genovesi importarono una tecnologia innovativa con telai, torni e varie tipologie di tessuti e si fecero completamente carico della produzione in tutte le fasi della lavorazione producendo tessuti di gran qualità.
Nel 1465 la produzione aveva raggiunto alti livelli di qualità a tal punto che furono emesse delle ordinanze per regolamentare la professione dei tessitori di veli di seta e quattordici anni dopo quella dei tessitori velluto.

2.  La Trasformazione del Paesaggio Agrario del Regno di Valencia

La produzione di seta era collegata alla coltivazione del gelso, le cui foglie erano necessarie per la nutrizione del baco da seta.
Ci fu una trasformazione del paesaggio rurale valenciano nei secoli che vanno dal XV alla seconda metà del XIX secolo.
Un albero che veniva coltivato in interi appezzamenti o ai bordi di strade e canali con le cui acque veniva irrigato.
Il baco da seta si nutre delle foglie di gelso nero (Morus Nigra) e di gelso bianco (Morus alba). Il gelso nero era coltivato nelle zone di Alpujarra e di Granada, perché ben si adatta alle zone più fredde e richiede meno cure rispetto al gelso bianco. Alla fine s’impose il gelso bianco perché aveva una crescita più rapida e per le sue foglie, più sottili, più tenere e facili anche da raccogliere.
Il gelso bianco fu quindi introdotto a Murcia e nel Regno di Valencia dal Sud Italia (Regno di Sicilia), grazie ai mercanti italiani alla fine del XV secolo, e la sua coltivazione cominciò a diffondersi modificando i paesaggi.
All’inizio la produzione serica dipendeva dalla fornitura di foglie provenienti da Granada ma successivamente si creò una produzione valenciana in grado di rispondere alla domanda di mercato.
La coltivazione si diffuse persino tra gli orti e i cortili della città di Valencia. Il paesaggio agrario di zone irrigabili come l’Horta di Valencia, la Safor e la Ribera del Jùcar modificarono il loro paesaggio con i gelseti.


Le fattorie presentavano  all’ultimo piano delle soffitte o filiere con legnami e graticci dove venivano allevati i bachi da seta alimentati con le foglie di gelso e i cui bozzoli di seta  o la seta bianca venivano venduti ai commercianti.
La presenza di graticci in legno e di piccole finestre garantivano nei locali una giusta ventilazione. Alcune di queste masserie  sono ancora presenti nel territorio valenciano come quelle di Felix nel Parco di Marxalenes, di Solache nel quartiere di Benicalap e di Serra a Benimaclet.




La masseria di Solache

La diffusione della coltivazione del gelso determinò una grande produttività di seta durante il XVIII secolo ma l’epidemia di pebrina del 1854 causò una gravissima crisi produttiva che, nel giro di pochi decenni, provocò la scomparsa di ogni allevamento. Infatti durante la seconda metà del XIX secolo la coltivazione del gelso venne sostituita da quella delle arance( e anche dei limoni) con una nuova modifica del paesaggio agrario come ci è giunto ai nostri giorni.

3.Valencia: Il Quartiere Dei “Velluters”

A Valencia è presente un quartiere che era chiamato “Velluters”, oggi noto come “El Pilar”. Un quartiere risalente al medioevo che fu caratterizzato da una forte attività dell’industria serica da parte dei suoi residenti. Il suo nome  deriva infatti dai tessitori del “vellut” (velluto) che fu un attività predominante in questo spazio urbano per ben quattro secoli.

Nel medioevo era consuetudine da parte degli artigiani che svolgevano la medesima attività riunirsi nella stessa zona.
Costruzioni semplici con il laboratorio e l’abitazione nello stesso immobile. Case piccole e modeste con una facciata larga appena cinque metri e una profondità di poco maggiore.
Le case artigiane valenciane erano generalmente formate da due piani:. Al piano  terra il laboratorio  o il negozio e al piano superiore l’abitazione. Il laboratorio era il locale più grande dove erano posti i telai per l’attività tessile.
Successivamente, con la costruzione di edifici più alti, il laboratorio veniva collocato all’ultimo piano sotto il tetto con le gronde fatte di travi di legno,  e che presentava delle finestre curve ad angolo retto. Alcuni di questi edifici non sono stati demoliti e restaurati, nel XIX secolo, per uso residenziale. In queste soffitte furono trovati i telai, i  ripiani di legno  e i graticci sui quali venivano allevati i bachi da seta.
Due di questi antichi edifici furono restaurati e si trovano nella via Guillem Sorolla n.9 e in via  Horno de Hospital n. 11. Sono due delle antiche abitazioni artigianali.  Edifici del  XVIII secolo, restaurati su costruzioni precedenti, a pianta bassa e a tre piani con balconi, gronde di legno e il tradizionale “ porxe de velluter” che sormontava l’edificio.



Via Horno de Hospital

Via Horno de Hospital

Con la scomparsa dell’attività serica s’avviò un radicale processo di trasformazione urbanistica che eliminò le antiche tracce architettoniche del quartiere medievale perché la borghesia locale procedette alla completa riedificazione degli immobili determinando la scomparsa degli antichi edifici case-laboratorio.
Malgrado questi interventi edilizi qualcosa, oltre alle su citate abitazioni, è rimasto delle antiche industrie di qualche secolo fa. Il palazzo di Tamarit, antica famiglia di maestri ed artisti serici del XVIII secolo ed il “Collegio della Grande Arte della Seta”, sede della famosa Gilda dei velluters.
Ci sono anche delle testimonianze più recenti come il murale di Piazza della Borsa che rappresenta il passato legato alla seta

Via Carniceros nel quartiere  dei velluters


Palazzo Tamarit

Palazzo Tamarit (fronte)



Stemma famiglia Tamarit




Palazzo Tamarit è quindi una costruzione del XVIII secolo e si trova su “Carrer Roger de Flore” detta anche “Calle del Pilar”  al n. 15.
Era un’antica fabbrica di velluters (seta) e forse l’unica del calle del Pilar.
Porco prima di Palazzo Tamarit c’è un edificio che tempo fa era in ristrutturazione. Anche questo edificio, guardando il suo prospetto, poteva essere una fabbrica di seta.

L’edificio in ristrutturazione
Forse una seteria ?


Nel secondo riquadro dello stemma dei Tamarit è raffigurato
un telaio per la lavorazione della seta. 
La famiglia Tamarit prese nome dalla città di Tamarit (Tarragona) Secondo alcuni storici la famiglia Tamarit protrebbe provenire da Pamarite de  Llitera (Huesca). Il termine Tamarit potrebbe derivare dall’arabo  “tamarit”, il nome di un albero, il Tamarx gallica che cresce lungo i fiumi o comunque in luoghi umidi.
(In un sito internet il nome  Tamarit avrebbe origine dal fiume “Tamaris” (Tarragona) che identifica con l’attuale fiume Tambre (chiamato anticamente Tamara”).  Impossibile questa identificazione dato che il fiume Tambre scorre in Galizia e sfocia sull’Oceano Atlantico  mentre Tarragona si trova sul Mare Mediterraneo (Tirreno)

Dalla città di Tamarit deriverebbero i rami che si stabilirono a Montblanc (Tarragona), nella città di Barcellona, in altre città della Catalogna, a Valencia e in Aragona.
Gaspare Escolano, nei suoi Decenni di storia del Regno di Valencia, dice: "La casa di Tamarit è antica e ha la sua sede nella fattoria di Tarragona". E Martín de Viciana nella sua seconda parte della cronaca di Valencia, menziona diversi membri della stessa famiglia, assicurando che erano gentiluomini di stirpe simile che venivano dalla Catalogna a Valencia.
Tra questi nomina i fratelli Miguel Jerónimo e Vicente Tamarit, signori della città di Guardamar, nel distretto giudiziario di Gandía. 

Castello Tamarit (Tarragona)

I Tamerit di Valencia erano quindi degli imprenditori appartenenti alla nobiltà anche se qualche sito internet afferma che erano contadini e pescatori di Ruzafa, un quartiere di Valencia. Sempre secondo queste fonti avrebbero lavorato prima come apprendisti per poi diventare maestri della seta creando una ricchezza grazie ai commerci ed alle esportazioni del prezioso tessuto.
Lo stemma posto sull’edificio (Tamaveri, Genoves, Lliveria e Ruiz) ha tra i vari simboli il leone che assieme all’equali è un segno di potenza, di grande nobiltà quasi reale.  Per cui le fonti suddette che citano la famiglia come originari pescatori  è probabilmente non veritiera dato che già al tempo di Giacomo I d’Aragona e  del re Alfonso figurano nobilissimi e valorosi cavalieri al servizio della corona reale. I Tamarit erano governanti del consiglio municipale ed erano discendenti di uno dei conquistatori di Valenzia, Berenguer Tamarit. È probabile che prima della costruzione dell’edificio i Tamarit abbiano avuto la residenza a Ruzafa.
 L’edificio fu costruito nel XVIII secolo e fu utilizzato come laboratorio per la fabbricazione della seta e residenza. 
Le fonti citano come la costruzione sia stata commissionata da Don Vincente Tamarit Lliveria. Ai tempi di Carlo III aveva un giardino che arrivava fino alla strada Hospital.  Il giardino successivamente con il passare del tempo fu completamente occupato da nuove costruzioni.
Nella fabbrica della seta dei Tamarit lavoravano circa 300 operai.



4 – La Gilda dei Velluters – Il Collegio della Gilda

I lavoratori che svolgevano una determinata professione s’organizzavano in “ gilde o  oficis” per regolamentare la loro attività. Un gran numero di “gilde” sorsero a Valencia nel corso del XV secolo e con le confraternite, nate poco tempo prima e che svolgevano funzioni religiose e assistenziali,  svolsero un importante funzione sociale.
La “gilda” dei tessitori di velluto nacque nel 1477 quando un gruppo di maestri velluters valenciani e genovesi si riunirono nella casa del genovese Lazzaro Negro, situata in Via de las Barcas. Qui firmarono, alla presenza del notaio, l’atto di fondazione della “Cofradia de l’Ofici dels Velluters”, il cui patrono era San Geronimo (San Girolamo).

Il Patrono dei Velluters è San Geronimo (San Girolamo) perché
fu il primo cardinale che introdusse la seta nei suoi abiti sacerdotali.
(Pittura di Francisco de Zurbaràn (1598-1664) – datata 1626/27
Olio su tela – Misure (125 x198) cm
Commissionato dal priore Diego de Bordas
Museo delle Belle Arti – Siviglia

La Via “de Les Barcas”   era una zona che si trovava al di fuori delle mura arabe
dell’XI secolo. Era abitata da umili pescatori, una comunità piuttosto numerosa
che rese famoso il popolare quartiere dei “Pescadores”.
Nel 1421 la  via era chiamata “Vall Cubert”
come risulta da un atto del 24 novembre 1421 redatto dal notaio Pedro Espert.
La strada attraversava il “Valladar” (un torrente) che fu coperto da cui il nome.
Il fosso di “Valladar” era di notevoli dimensioni e quando fu costruita la casa
all’angolo di Via Moratin, la gente disse di ”aver visto lo scavo delle fondamenta e il
Valladar fu scoperto che era così largo, che da lì furono presi più di
duecento carri di fertilizzanti, potendo entrare per caricare i carri
sul fondo della stessa Valladar”.
Il nome di “Las Barcas£ appare in una  provvidenza dell’Almotacèn o Mustasaf nel
dicembre 1658. Prese il nome “De Las barcas” perchè nelle botteghe della via
venivano fabbricate barche di piccola o media grandezza che venivano in seguito trasportate su carri. Famosa era la bottega del falegname Miralles che era posta in mezzo alla via. Nel XVIII secolo pescatori e barcaioli si ritirano dalla zona
lasciando la zona in possesso di persone della nobiltà.

Un aspetto particolare  della Via de Las Barcars è legato ad una
testimonianza di Luis Lamarca risalente al 1848:
“i dintorni dei quattro angoli che si formano quando la strada e
Plaza de Las Barcas si uniscono sono ancora designati con il nome di
La Morera… chiamandolo Morera de Pere Pug.
Questo albero che gli antichi guardavano con un certo rispetto, e subito
rinnovato quando morì. È scomparso alcuni anni fa, ma il mito si conserva,
e probabilmente conserverà, ancora per molto tempo,
il suo vecchio nome”.
 La descrizione è suggestiva.  Era presente un albero di gelso che doveva essere
secolare. Guardato con rispetto dalla gente non solo per la sua età
ma probabilmente anche perché testimone ed autore di una ricchezza sociale ed
economica della città legata alla produzione della seta.

Calle de Las Barcas – Alluvione del 15 ottobre 1957



Nel 1479 la nuova gilda dei velluters (corporazione dei tessitori) emise le prime ordinanze sulla professione che furono approvate dal Consiglio Municipale e ratificate dal re Ferdinando il Cattolico. Una serie di ordinanze che regolamentavano la professione dei velluters e nello stesso tempo ponevano fine all’assenza di controlli sulla fabbricazione dei tessuti di seta.
Naturalmente, data l’importanza dell’attività professionale e il numero di artigiani, ben presto la gilda divenne una delle più importanti della città.
Le regole che stabilì la gilda dei velluters erano numerose: la durata dell’apprendistato e la prova d’esame, il controllo sulla qualità del tessuto, le tipologie di fibre che potevano essere usate per il confezionamento dei tessuti e quelle che non potevano essere adoperate perché non adatte.
Una importanza della gilda tessile che aumentò nel tempo tanto che Carlo III concesse nel 1686 l’importante titolo di “Collegio della Grande Arte della Seta”, elevando il rango della gilda dei tessitori di velluto alla categoria di Collegio Professionale e la relativa lavorazione della seta a “Grande Arte”.
In quel periodo c’erano circa 2000 laboratori  con molti maestri italiani. Per diventare maestro era necessario un corso di 5 anni.
Molte gilde di varie professioni nel corso del tempo acquistarono una loro importanza anche economica e quella dei velluters fu una di esse.
Nel 1494 la gilda dei velluters comprò una casa nell’attuale Via del Hospital che diventerà la futura sede del Collegio della Grade Arte della Seta. Una casa posta in un ambiente in cui stavano sorgendo molti laboratori e vicina alla chiesa e convento di Sant’Agostino che era il luogo in cui la primitiva confraternita celebrava le messe. La zona diventò il centro importante d’incontro collettivo di artigiani.

5. Museo della Seta – Collegio Del Arte Mayor De La Seta

Si tratta di un edificio gotico di cui rimangono  importante tracce artistiche al suo interno come la bella scala a chiocciola realizzata dall’architetto Pere Compte. Il Colleggio nel corso del tempo fu soggetto a vari restauri tra cui quello più importante fu realizzato verso la metà del XVIII secolo che trasformò l’edificio in stile barocco. La facciata presenta un ingresso costituito da un bell’arco in pietra, sormontato dal cappello cardinalizio e da un altorilievo  che raffigura San Geronimo e che è attribuito a Ignacio Vergara.

L’edificio prima degli ultimi restauri






Il Collegio è oggi sede del Museo della Seta e la sua visita immerge in un’atmosfera d’altri tempi. I locali si susseguono secondo la primitiva ubicazione e il restauro ha anche mantenuto i pavimenti originari. Dopo aver superato la biglietteria, sulla destra si trova un pannello con un breve cenno su quelle che erano le rotte commerciali della seta. Un commercio che veniva dall’Oriente e dall’Italia.

 Da notare evidenziate in giallo le zone produttrici di seta.
La Sicilia… Regno di Sicilia, aveva già una sua consolidata importanza
nella produzione della seta (anche la Calabria era conosciuta
nella fabbricazione della seta con Catanzaro).
Seta che arrivava a Genova dove i mercanti la commerciavano all’estero.

In fondo alla sala si trova la ricostruzione di un allevamento di bachi da seta in casa.  Sono presenti anche delle noci, bacche, gusci di molluschi da cui si estraevano le sostanze necessarie per la colorazione dei fili di seta.



Sulla parete di destra sono esposti degli stampi in legno che venivano usati per decorare il tessuto.


Nella stanza seguente si trovano dei pannelli floreali. In questa sala viene ricostruita la nascita del Collegio grazie agli artigiani genovesi. Un video mostra i restauri che furono eseguiti nella struttura.


In una vetrina sono esposti alcuni abiti  della prima moda francese quando s’incominciarono ad usare le sete e il damasco per gli abiti maschili e femminili.

Ritornati nell’atrio si trovano due scale. Quella di sinistra sale all’importante archivio del Collegio dove sono conservati testi, documenti … un archivio che è considerato uno dei più importanti d’Europa. I testi riguardano la produzione e lavorazione della seta con elencati i materiali, i prezziari, i nomi dei commercianti, le rotte commerciale, ecc.





La scala di destra conduce invece alle bellissime sale del Collegio.






CAPPELLA DI SAN GERONIMO
Subito a destra si entra nella cappella di San Geronimo, protettore dei setaioli e dei velluters.
Il pavimento è a losanghe mentre nella parete di fondo si trova l’altare.
Nella parete opposta anni fa fu scoperta una scala che rimase segreta per centinaia d’anni. Non si conoscono i motivi di questa chiusura.
Alla base del pavimento antico si trovano alcune mattonelle in ceramica che recano lo stemma del Collegio. Nella cappella sono esposti alcuni paramenti sacri in seta.










SALA DE LA POMETA

 Dopo la cappella s’entra nella Sala de La Pometas (Sala delle mele). Una denominazione   legata alle ceramiche del pavimento che raffigurano dei bellissimi grappoli di mele. In questa sala si riuniva il Collegio per certificare come “Valenciana” la seta prodotta nella città. Nella sala sono presenti dei pannelli espositivi e bellissimi abiti di seta



SALA DE LA FAMA

La sala si trova in fondo al corridoio. Presenta un pavimento in ceramica con la raffigurazione di una donna alata che rappresenta il prestigio, la "fama" del Collegio raggiunta nel XVIII secolo.



Il pavimento di ceramica ha una dimensione di (9 x 19) m e presenta al centro la “Fama”, la donna alata, mentre ai quattro angoli  una figura femminile su un carro tirato da animali allegorici. Nei quattro angoli sarebbero raffigurati i  quattro continenti allora conosciuti (Europa, Asia, Africa e America).


In questa sala si svolgono le esposizioni organizzate dal Museo.









SALA DE LAS ARTES MENORES

Dopo la Sala della Fama si entra in quella delle Arti Minori dove sono esposti varie passamanerie create all’epoca. Degno di nota è anche il pavimento con le sue ceramiche originali.









Ritornati al piano terra si accede alla sala dei telai ancora funzionanti.
Quando visitai il Museo  vidi un signore al telaio lavorare per la creazione della trama. Probabilmente  era uno degli ultimi  straordinari “velluters” valenciani.











6. La Produzione di Seta a Valencia dal 1520 – La Ribellione dei “Germanies” con la gilda dei “velluters” in evidenza

Nel 1520 a Valencia c’erano circa 400 maestri serici e più di 1200 telai. Era l’attività artigianale più diffusa ed impegnava un numero di lavoratori superiore a qualsiasi altra attività.
Acquistò anche una sua funzione politica perché durante la ribellione delle Germanies, gli artigiani serici si ribellarono alla nobiltà e all’oligarchia municipale.
 La ribellione delle Germanies fu un conflitto che ebbe origine nel Regno di Valencia all’inizio della salita al trono di Carlo V d’Asburgo (Carlo I di Spagna) fra il 1519 ed il 1523.  La ribellione determinò alcuni mutamenti nella scena politica e sociale valenciana con la perdita di potere della nobiltà ed una forte riduzione dei diritti del popolo valenciano.   Si trattò di una delle prime e numerose manifestazioni contro il feudalesimo come la Jacqueries francese, la rivolta dei ciompi in Italia nel 1379, la rivolta degl’irmandinos in Galizia nel 1467  o la rivolta dei comuneros in Castiglia  nel 1520.
Gli artigiani del Regno di Valencia avevano ottenuto, durante il Regno di Ferdinando II d’Aragona, il privilegio di formare delle milizie per lottare contro le flotte barbaresche che minacciavano i loro commerci.
Nel 1519 Carlo I approvò queste milizie che erano comandate da Joan Llorenc.
Il periodo in questione non era dei più semplici. La nobiltà valenciana era fuggita dalla città a causa della peste del 1519 lasciando campo aperto in città alla classe medio borghese e alle Corporazioni delle Arti e dei Mestieri che s’impossessarono del governo municipale formando una “Junta dei 13”.
Una Junta, formata da un rappresentate di ciascuna corporazione, che doveva  amministrare, dirigere la capitale valenciana.
In quel periodo Carlo I si trovava ad Aquisgrana per preparare la sua incoronazione ad imperatore. L’unica decisione presa dal suo reggente, Adriano d’Utrecht (futuro papa Adriano IV), fu quella d’ordinare ai rivoltosi l’immediata consegna delle armi. Un ordine che non fu ascoltato.
La Junta provò ad instaurare un sistema che proibiva il lavoro libero e quando morì il suo capo Joan Llorenc, gli subentrò un tessitore “fabbricante di velluto”, Vicent Peris che permise l’ingresso nelle milizie di giovani molto radicali.
Il movimento subì una forte radicalizzazione a tal punto che si verificarono dei terribili episodi come l’assalto e l’incendio del quartiere moro di Valencia i cui abitanti erano stati accusati di collaborare con i nobili.
 
La rivolta antinobiliare si propagò a macchia d’olio giungendo nelle campagne, dove le fattorie dei nobili furono devastate dai rivoltosi, ed anche nei villaggi e altri centri urbani del regno dove si formarono delle giunte rivoluzionarie.
Il vice-re di Valencia, Diego Hurtado de Mendoza, fu costretto ad abbandonare la città per rifugiarsi prima a Dènia e poi a Peniscola dove prese il comando delle compagnie militari reali.
Si formarono due forti punti di resistenza: uno al nord che era capitanato da Alfonso d’Aragona, duca di Segoprbe, l’altro a Sud guidato dallo stesso vice-re  Diego Hurtado.
Gli  “agermanats”, guidati da Jaime Ros, furono sconfitti il 18 luglio 1521 dal duca di Segorbe ad Almenara e il 20 agosto 1521 ad Orihuela.
Tra le due sconfitte c’era stata, il 25 luglio, unna vittoria dei rivoltosi di Vicent Peris sull’esercito del vice-re a Biar.
Il movimento rivoluzionario perse la sua unità perché sorsero delle discordie interne e le azioni militari successive videro sempre la sconfitta dei rivoluzionari.
Il 18 febbraio 1522 ci fu un ultimo disperato tentativo da parte di Vicent Peris che s’introdusse a Valencia chiamando a raccolta i sostenitori in casa propria. Nacque un duro scontro armato che durò tutta la notte nelle strade di Valencia mentre alcuni soldati regi bruciarono la casa del Peris. Alla fine Vicent Peris si arrese al capitano Diego Ladròn de Guevara e il 3 marzo 1522 le truppe di Carlo I entrarono definitivamente a Valencia. Vincent Peris e alcuni suoi compagni furono giustiziati (Via Baron de Carcer). Solamente le città di Xativa ed Alzira restarono sotto il controllo dei rivoltosi “agermanats”. La nuova ribellione  scoppiò su ordine di un misterioso personaggio conosciuto con il nome di “L’Encobert” che diceva di essere l’infante Giovanni, figlio dei re Cattolici (Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona).
L’Encobert fu assassinato a Burjassot il 18 maggio 1522 per mano di due suoi seguaci che erano stato “comprati” con una forte somma di denaro da parte del vicerè. Seguirà la caduta di Xàtiva e di Alzira che decreterà la definitiva sconfitta degli agermanats. Germana de Foix fu nominata vice-regina di Valencia e governò  con fermezza fino alla sua morte nel 1538. 

Germana de Foix ( 1490?; Lliria, 15 ottobre 1536)
(Regina Consorte d’Aragona, Sardegna, Majorca, Napoli, Sicilia e
Valenzia; Contessa Consorte di Barcellona)
(Artista: Anonimo; Olio su tela; Musure:  (102 x 176) cm
Museo delle Belle Arti di Valencia)

Decorazione su fontana
Viver, Alto Palancia (Castellon)
Ferdinando d’Aragona, Duca di Calabria
(Andria, 15 dicembre 1488; Valencia, 26 ottobre 1550)
Era il figlio primogenito del re Federico I di Napoli e di Isabella del Balzo e
quindi erede al trono di Napoli.
Nel 1501 le truppe di Luigi XII di Francia e di Ferdinando il Cattolico occuparono
il Regno di Napoli nel 1499-1504.
Il giovane Ferdinando si trovava a Taranto che fu assediata dalle forze spagnole
comandate da Gonzalo Fernandez de Cordoba. Durante l’assedio gli fu assicurata la
libertà dopo la resa della città. Presa la città, Ferdinando fu arrestato e portato in
Spagna dove rimase sotto la tutela dei sovrano spagnoli per oltre un ventennio.
Nel 1526 sposò Germana de Foix, vedova del re  d’Aragona, e
diventò vicerè di Valencia. Rimasto vedovo si risposò con
Mencia de Mendoza e quanto morì nel 1550 lasciò i suoi beni al monastero
di San Miquel de Los Reyes, tra cui una voluminosa e importante biblioteca.
Fu sepolto nel monastero insieme alla prima moglie Germana de Foix.

Organizzò con il marito, il Duca di Calabria (Ferdinando d’Aragona), una piccola e brillante corte soprattutto per la musica e il teatro. Alcune fonti citarono l’esecuzione di ben 800 condanne a morte che furono eseguite nel corso dei vari anni. Secondo altre fonti le rappresaglie erano costituite da confische e multe, specialmente contro le corporazioni, e raramente si manifestarono delle condanne a morte.
Il 23 dicembre 1524 la reggente di Valencia accordò un’amnistia per i “perayres” con un documento ufficiale che viene considerato uno dei primi testi redatto in spagnolo nel Regno di Valencia.
Questo fa ritenere che la sconfitta degli agermanats fu una delle cause dell’imposizione di questa lingua come rappresaglia supplementare contro gli sconfitti. La pacificazione effettiva del territorio avvenne nel 1528 quando il re accordò un perdono generale.
La produzione della seta riprese con vigoria dopo la ribellione con la produzione e l’esportazione sebbene la politica fiscale e il contrabbando ostacolarono l’attività nella seconda metà del XVI secolo.

7. La Ripresa della Produzione di Seta

Il maggior numero di abiti di seta venivano tinti di nero, un colore che fu molto di moda nelle classi sociali più alte d’Europa (a corte, nel clero). Era simbolo di moralità, del lutto e del lusso e diventò un colore di distinzione sociale.
Valencia  nel XVIII secolo era il centro più importante della produzione di seta in Spagna e in particolare dopo la decadenza  delle seterie di Toledo che facevano concorrenza. 

La Monarchia favorì l’attività con una politica di protezione e stimolo alla produzione, in particolare nel regno di Carlo II che nel 1686 concesse il privilegio che permetteva alla Gilda dei Velluters di assumere il rango di Collegio.
Dopo la guerra di successione la politica  a favore del settore serico fi accentuata dalla monarchia borbonica grazie a Filippo V.
Tra il 1710 ed il 1730 furono messe in atto una serie di provvedimenti che diedero dei benefici per lo sviluppo dell’industria tessile di lusso come la soppressione della tassa dei drappi, l’eliminazione delle dogane tra i regni della penisola, il divieto d’importare la seta asiatica e il cotone, il  consolidamento del commercio con l’America stabilendo benefici tariffari per le esportazioni.
Il valenciano Joaquin Manuel Fos fu, in questo periodo, uno dei più importanti produttori di seta. Un’attività che gli permise di raggiungere una certa ricchezza.
Aveva studiato a Lione i segreti sulla lavorazione della seta e sulle tecniche di perfezionamento dei  moirè, un tipo di tela brillante e di lusso. Venne infatti a conoscenza sul modo di somministrare le acque ai tessuti.
(Il moirè era un tipo particolare di tessuto realizzato in seta (oggi anche di cotone o fibra sintetica) che aveva un aspetto ondulato  o fluttuante. grazie ai motivi geometrici formati dalla struttura dello stesso tessuto).

Joaquin Manuel Fos


moirè


Nel 1756 Carlo III gli concesse la franchigia per la fabbricazione del moirè e grazie a questo privilegio diventò uno dei personaggi di maggiori rilievo dell’industria serica valenciana. Fu infatti nominato portavoce della Giunta Comunale e ispettore generale delle fabbriche di seta di Valencia. Fu artefice della produzione di tessuti di qualità eccellente che esportò in diversi paesi europei.
 
Si favorì la concentrazione della produzione tessile nella città di Valencia dove si raggrupparono circa il 90% dei telai di tutti il territorio valenciano, la coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta. Il processo di filatura veniva svolto nei nuclei rurali, mentre le fasi della dipanatura, della piegatura, della torcitura, della tintura e del confezionamento tessile, si realizzavano nei laboratori della città  dove arrivarono ad esserci in funzione più di 3000 telai.
All’inizio del XIX secolo il settore della seta entrò in crisi. Grandi cambiamenti economici sociali e tecnici  crearono nuovi mercati e l’industria serica valenciana non riuscì ad adattarsi ai nuovi tempi. C’era un ritardo tecnologico , lo stesso problema aveva colpito la Sicilia che aveva perso già da tempo i suo primato nella produzione e nel commercio della seta, che non si riuscì a colmare malgrado gli interventi di qualche imprenditore con la creazione di fabbriche più moderne come quella di Vinalesa o di Patraix.
L’industria di Vinalesa, fondata da Josep Lapayesse, fu la prima  fabbrica valenciana ad utilizzare la forza motrice  dell’acqua dellaReal Acequìa di Moncada.
Nell’anno 1836  santiago Lluis Dupuy de Lome, proprietario della fabbrica della Batifora di Patraix, fu il primo ad introdurre la prima macchina a vapore nell’industria serica.
Successivamente l’epidemia di pebrina che colpì il baco da seta nel 1854, la concorrenza delle sete orientali e anche di quelle europee (francesi ed Italia del Nord), il predominio di nuovi tessuti come il cotone,  causò la grave crisi del settore che in pochi decenni scomparve.
Nel 1856, due anni pdopo la crisi della pebrina, si verificò l’ammutinamento dei Velluters.
Il 21 gennaio 1856 i lavoratori della seta insorsero e si ammutinarono davanti all’ingresso del Collegio della Grande Arte della Seta. Le loro richieste ?
Lavoro, migliorie lavorative e un aumento salariale… erano tutte richieste disperate in un settore in grave crisi che non ebbero riscontro.
La convocazione era stata fatta pubblicamente con dei libelli e questo dimostrò due aspetti importanti della protesta: una certa organizzazione perchè furono stampati dei volantini o piccoli libretti con le motivazioni e le richieste della protesta e fu il primo esempio di lotta di classe nella città di Valencia.
 Le associazioni del quartiere organizzano ogni anno una manifestazione teatrale per ricordare l’avvenimento. Musicisti e attori percorrono le vie del quartiere partendo dal Collegio della Grande Arte della Seta, dove collocano dei grandi striscioni sulle finestre. Per poi giungere a Piazza del Pilar dove accendono un rogo.
 Ogni anni rivive, con importanti celebrazioni, l’antica tradizione della lavorazione della seta  che ha il suo emblema nella Borsa, dichiarata Patrimonio Mondiale.

8. La Loggia (Borsa) della Seta

https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/10/valencia-la-loggia-della-seta-lonja-de.html




9. Gli Antichi Laboratori e il Lavoro Femminile

I laboratori, di qualsiasi professione, avevano una forte gerarchia al loro interno. C’erano i maestri, spesso proprietari dei locali e dell’attrezzatura; gli operai qualificati e gli apprendisti. Naturalmente i maestri organizzavano e dirigevano il lavoro. Le ordinanze della Gilda dei velluters stabiliva un numero massimo di cinque telai per ogni laboratorio e poneva anche delle condizioni sia sul numero degli operai qualificati che degli apprendisti, in numero di uno o due, oltre al maestro, alla moglie ed ai figli.
L’apprendista doveva seguire un periodo di formazione di circa nove/dieci anni. Si veniva quindi assunti dal maestro per imparare il mestiere e lo stesso maestro si prendeva carico della sua formazione e anche del suo mantenimento ma non era obbligato a pagargli un salario dato che le ordinanze non lo prevedevano.
Terminato il periodo di formazione si diventava operaio qualificato e si riceveva quindi un salario. Normalmente erano necessari 5/6 anni di lavoro come operaio qualificato per poter ambire al prestigioso titolo di maestro e poter quindi aprire un laboratorio in proprio sempre dopo aver superato l’esame di maestranza.
 
Il lavoro femminile era fondamentale nell’industria della seta nonostante le donne fossero escluse dagli organi corporative. Iniziavano a lavorare molto giovani come apprendiste nei laboratori artigianali e, una volta adulte, la maggior parte andava a lavorare nel laboratorio del marito o si occupavano dei figli e dei lavori di casa.
Le donne e i bambini  avevano un ruolo importante nell’attività  iniziali costituite dall’allevamento del baco da seta, la cottura dei bozzoli, l’estrazione del filo per torcitura, la tintura e il confezionamento tessile.  Erano operazioni che si svolgevano nelle filiere delle case rurali. Provvedevano al confezionamento dei tessuti per venderli successivamente al mercato e realizzavano perfino altre attività complementari per aumentare le proprie entrate economiche.
Maria Ines Pomares fu un impiegata serica molto importante per i suoi tempi. Abitava al numero 19 della Piazza del Conde de Cairet ed era sposata con un importante fabbricante di calze Francisco Molina. Nel 1792 la Pomares inventò un nuovo metodo di filatura. Invece di stendere la canapa nell’arcolaio, si avvolgeva alla vita e, dato che in questo modo rimanevano libere le due mani per afferrare i filamenti, era possibile distribuire in modo migliore il filato sull’ago del tornio, permettendo al tornio di filare senza interruzione. L’invenzione del nuovo tornio per la filatura della canapa  permetteva di provvedere alla filatura di qualsiasi tipo di filamento.



María Inés Pomares, en el lugar de Torrente, acreedoras a premios.

Pomares, MI. (1793). María Inés Pomares, en el lugar de Torrente, acreedoras a premios. Real Sociedad Económica de Amigos del País de Valencia.


10. La Seta oggi….

Malgrado la crisi del XIX secolo, l’industria serica continuò a sopravvivere grazie alla domanda della Chiesa e alle manifestazioni tradizionale delle feste valenciane. Alcuni fabbriche, anche se poche, continuarono a mantenere viva quest’antica manifattura così prestigiosa. Una di queste fabbriche fu l’antica Garin nel Municipio di Moncada.









L’antica fabbrica Garin è un edificio industriale costituito da due capannoni e una casa. Un attività che ha ben 290 anni di vita. Presenta una collezione di oltre 7000 oggetti d’inventario tra cui undici telai Jacquard del XIX secolo oltre ad un macchinario della stessa epoca. Gli interni ospitano più di 3000 unità di tessuto con soprarizzi (tipo di velluto eseguito in ricco e taglio inserendo due ferri), tessuti spoliati, rilievi, ricami e un migliaio di progetti su carta, circa 1000 bozzetti e documenti risalenti al XVIII secolo.
Ancora oggi qualche telaio a Valencia continua il suo antico lavoro. Fino ad un paio d’anni fa nel quartiere Carmen di Valencia c’era la famiglia March, antichi artigiani della seta, che conservano ancora un telaio di seta Jacquard sul suo luogo originario e con gli utensili propri dell’attività serica così come molti campioni di tessuti.
La seta  negli abiti valenciani sopravvive in occasione delle feste cittadine come la festa delle Fallas di San Josè, una delle più importanti della città.
Nella festività si possono vedere indossati i bellissimi vestiti tradizionali della regione.
Abiti che vengono confezionati principalmente in seta e quelli indossati dalle donne (falleras) sono molto eleganti.
Las Fallas di San Josè si celebrano nelle prime settimane di marzo e la città viene riempita di sculture di cartone (ninots) che rappresentano in modo satirico la realtà. La festa si conclude nella notte del 19 marzo con l’incendio (crema) della maggior parte di questi monumenti effimeri.










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Lavorazione della seta nell'arte.
"Ragazza all'aspo", in tedesco "Mädchen an der Haspel", è il titolo del quadro del pittore svizzero Albert Anker datato 1892. Il quadro mostra la fase di "incannatura" che consisteva nell'avvolgimento del filo di seta dall'aspo, dove era la matassa, al rocchetto.


Riccardo Pasquini
Dipinto datato: 1880/89
Materia e Tecnica: Olio su cartone
  
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