Gelone e Gerone, Tiranni di Gela e Siracusa – I Doni ai santuari di Delfi ed Olimpia – Le vittorie nelle Olimpiadi – Un antica immagine del Grande Regno di Sicilia
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1.
Fondazione di Lindioi (Gela) -
Lindos è un’antica città dell’isola
di Rodi a cui fa riferimento Omero.
L’acropoli si trova su una collina
a precipizio sul mare e presenta anche un castello
che fu rifatto dai Cavalieri di Rodi
nel XIV secolo e ricostruito ai tempi
del dominio italiano nel 1912/1947.
L’acropoli
quale appoggiava la statua dell’ammiraglio Agesandro di Mikion ed opera di Pitocrito,
l’artista che realizzò la Nike di Samotracia esposta al Museo del Louvre di Parigi.
trireme dell’ammiraglio Agesandros di Mikion. Una nave da guerra leggera,
ad un solo albero, sospinta, oltre che dalla vela, in genere rettangolare, dalla forza
di braccia di tre file di rematori, circa 170 uomini, e un equipaggio complessivo
di circa 200 individui.
Castello di Lindos
Baia di Lindos
Vicolo di Lindos
Tilos (Piscopi) – veduta aerea
9 villaggi mentre oggi presenta solo due centri abitati.
In base ad una leggenda popolare, Telos era figlio del Sole e di Halia. Per curare
la madre si recò sull’isola alla ricerca di piante medicamentose. Ritornò in seguito
per fondare un tempio in onore di Apollo e di Nettuno. Telos non appare nella
mitologia greca e il suo nome fu probabilmente di origine preellenica.
L’isola era nota ai mercanti genovesi con il nome di “Episkopi” o “Episkonia”.
Dove c’erano i templi fu costruito il castello.
I resti del castello medievale
La fortezza di Mesarià di epoca medievale le
cui rovine si ergono sulla grotta di Kharkhadio.
Le grotte di Kharkhadió ad
ovest del capoluogo sono state oggetto di scavi nel 1971 che hanno portato al
rinvenimento di utensili del neolitico. Gli scavi hanno portato anche al
ritrovamento di ossa appartenenti ad una razza nana di elefanti.
villaggio abbandonato di Mikro
Chorio
Nel 1967 venne scoperto nel santuario di Demetra di Bitalemi
a Gela un deposito comprendente 24 vasi, lasciati apparentemente sul posto in
modo casuale. Sotto al vasellame si conservavano due pietre arrossate dal fuoco
e resti ossei di un suino. Il rinvenimento venne citato come uno dei più chiari esempi di
deposizione rituale dei resti di un banchetto.
Resti del focolare
e delle ossa animali sotto il deposito
Kotyliskos (Museo Archeologico - Gela)
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2.
Ippocrate
Siracusa – Tempio di
Zeus
....................
3.
La successione di Ippocrate – Gelone – Il
“kottabos” - L'aiuto ai Romani per la carestia.
Gelone
prese la tutela dei figli di Ippocrate, Cleandro ed Euclide, ma era ben chiaro
il suo disegno politico. Decise di dare
battaglia all’aristocrazia gelese che mirava al potere e prese il comando della
città.
Erodoto
nella sua narrazione citò, tra i membri della guardia palatina di Ippocrate,
oltre a Gelone anche Enesidemo di Leontini.
Enesidemo
venne citato in merito ad un rapporto a Gelone “sulla condizione interiore
di chi commette ingiustizie e su coloro che le subiscono..”
“Costoro
commettono ingiustizie nei confronti di quelli che stanno per subirle da altri,
poiché non vi è più il tempo necessario per deliberare, come si dice fosse il
caso di Enesidemo, che mandò il premio del κότταβος a Gelone che
aveva sottomesso Gela, in quanto [Gelone] l'aveva preceduto, poiché anch'egli
[Enesidemo] si apprestava a fare la stessa cosa.” (Aristotele)
Il “Kottabos” o “Còttabo”
(κότταβος) significa “bicchiere vuoto oppure
coppa vuota” ed era un gioco diffuso nel mondo
greco antico.
L’origine del gioco fu fatta
risalire ad un area culturale non greca.
Gli inventori del gioco sarebbero
stati i Siculi, dai quali si sarebbe diffuso tra i
coloni per essere quindi irradiato nell’intera
area culturale greca.
Le citazioni sono molte: Alceo, Anacreonte, Crizia (che
attestò l’origine
Sicula del gioco e lo definì come
la più grande invenzione dell’umanità). Callimaco e Dicearco.
Lo scopo del gioco era colpire un
bersaglio con le gocce di vino che erano rimaste
nel fondo delle coppe usate per
bere.
Il bersaglio era collocato tra le
“klinai” sulle quali erano distesi i simposiasti.
Consisteva in un piccolo disco di
metallo (o un piatto) posizionato in cima ad un lungo stelo,
alto circa 1,80 m, analogo ad un moderno
supporto per una lampada.
Una volta colpito, il piccolo disco
cadeva su un disco più grande collocato a metà
del supporto, emettendo un forte
suono. Altre fonti citano come bersaglio un contenitore
più grande con piccoli vasetti al
suo interno, che bisogna riempirli fino a farli affondare.
Nei vasi dipinti, i giocatori sono
raffigurati distesi sulle klinai, appoggiati sul
Gomito sinistro, mentre sono
intenti a lanciare il vino con la mano destra.
Il giocatore tiene la coppa on il
dito indice infilato in una delle anse, come per
Impartire al vaso o coppa un
movimento rotatorio.
Il successo richiedeva una notevole
destrezza. Sofocle affermò che tra i Siculi
fossero il molti ad andar
fieri dei loro successi al Kottabos più
di un riuscito
lancio di giavellotto.
Il premio per il vincitore era una
mela, dei dolci, una coppa o ancora il bacio
della persona amata a cui era
dedicato il lancio.
Museo Archeologico di Agrigento
“da un lato sono raffigurati satiri e menadi e sull’altro una scena di simposio,
alla quale prendono parte lo stesso dio del vino Dionisio, che è semisdraiato
sulla kline con al fianco una figura giovanile intenta a lanciare il vino,
alla presenza di satiri e menadi e di un giovane attendente”.
Ceramica Attica a figure rosse - V secolo a.C.
Museo Archeologico Paolo orsi di Siracusa
“Un cratere molto danneggiato e restaurato.
Sulla kline sono semidistesi due banchettanti che sono rivolti in
direzioni opposte. Quello di sinistra saluta una coppia davanti a sé, un uomo
barbato con bastone e un giovane flautista, che sta arrivando per unirsi al
simposio. Il banchettante di destra rivolge la testa nella direzione opposta,
verso un giovane disteso su una seconda kline, posizionata di traverso ad
angolo con la prima. Questo terzo simposiasta è raffigurato nell’atto di
brandire una kylix con la mano destra, nel momento che precede il lancio.
Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi – Siracusa
Vaso attribuito al Pittore della Scacchiera, primo rappresentante della
ceramica a figure rosse prodotta in Sicilia.
Sono raffigurate due donne, una seduta e l’altra stante, che giocano al
Kottabos alla presenza di Eros, figurato nell’atto di volare verso di loro
(sembra escluso che le due donne siano impegnate a colpire Eros con le
gocce di vino, come si è proposto).
Damarete o
Demarete (Δαμαρέτη o
Δημαρέτη)
Figlia di Tirone,
tiranno di Agrigento, aveva sposato Gelone,
tiranno di
Siracusa.
Damarete di
Agrigento (VI secolo a.C.) - La prima donna della storia a protezione
dell'Infanzia - Enciclopedia delle Donne (IX parte).
Il bottino di guerra molto corposo, costituito da un gran numero di schiavi e di ricchezze, gli consentì di abbellire Siracusa con nuovi templi e monumenti. Inviò a Delfi un ricco donativo per la vittoria ottenuta tra cui un tripode aureo ricordato da Diodoro e di cui fu in seguito rinvenuto il basamento.
I motivi di un trattato così mite con i cartaginesi fu legato al disegno politico di Gelone che volle mantenere nella Sicilia occidentale un contrappeso politico e militare per impedire al suo alleato Tirone, tiranno di Akragas, di acquisire una maggiore autorità che avrebbe potuto portare dei pericoli a Siracusa. Fallì miseramente il tentativo del tiranno di Messana, Anassilao, di acquisire territori con la sua alleanza ai cartaginesi e alla fine decise di sottomettersi a Gelone (una figlia di Anassilao (?) sposerà Ierone, fratello di Gelone). Dopo la battaglia di Himera lo stesso Anassilao si recò ad Olimpia dove vinse la gara dei carri tirati dalle mule, una competizione che non ebbe una lunga vita nei giochi successivi. Gelone morì nel 478/477 a.C. e il suo decesso fu causato da idropisia come riferì Plutarco. Una figura che entrò nel mito come un tiranno moderato e giusto a tal punto che alla sua morte tutto il popolo siracusano partecipò ai funerali per poi piangerlo a lungo. Il popolo fece erigere, a sue spese, un mausoleo in suo ricordo, vicino al tempio di Zeus ai Pantanelli, di cui non restò traccia... ebbe in definitiva un culto eroizzato.
Siracusa – Tempio
di Zeus con vista su Ortigia
Artista: Henry
Tresham - (Londra ?, 1751 - ?.17 Giugno
1814)
Pittura:
Acquarello – Datazione: ?
Dimensioni: (31,8
x 50,5) cm
Collocazione: Yale
Center for British Arte, New Haven, Connecticut, USA
Sembra
che abbia avuto un figlio di cui non si conosce il nome e che in punto di morte
abbia stabilito la successione nel fratello Ierone. Affidò all’altro fratello
Polizelo, che
sarebbe
diventato signore di Gela, il figlio e la moglie Damarete.
4.
Gerone I (Ierone) - Sconfisse gli Etruschi a Cuma
Artista: James Barry (1741 – 1806)
Datazione: 1777/1784
Pittura: olio su tela
Ierone
o Gerone I entrò subito in contrasto con il fratello Polizelo. Alla base del
contrasto, sebbene il fratello fosse alla guida della città di Gela, la
benevolenza del popolo verso il tiranno geloo. Per questo motivo Ierone non
solo creò quella che potremo definire come una specie di “polizia segreta” ma inviò il fratello a soccorrere degli esuli
di Sibary in conflitto con i Crotoniati. Una mossa molto astuta perché sperava
di eliminare definitivamente lo scomodo fratello.Siracusa
era ormai diventata una vera e propria potenza ed interveniva con decisione
anche nelle questioni della Magna Grecia. Polizelo comunque adempì all’incarico
con successo e al suo ritorno anziché dirigersi verso Siracusa per incontrare
il fratello Ierone, proseguì per Akragas per incontrare il tiranno Terone, suo
suocero.Polizelo
aveva infatti sposato la vedova di suo fratello Gelone, Damarete.Solo
l’intervento del poeta Simonide di Ceo, che tratterò nella prossima ricerca, servì
a scongiurare un conflitto con Ierone che non vide di buon auspicio
quell’incontro. La situazione politica della polis di Imera
inasprì i rapporti fra Gerone e i due tiranni.La
città era controllata da Trasideo, figlio di Terone, e la
polis si rivolse a Gerone per liberarsi del tiranno. Il
tiranno di Siracusa capì che era il momento favorevole per risolvere la
questione con Tirone e denunciò la ribellione imerese. La repressione fu
durissima.. la strage fu certamente di grande proporzioni se i tiranni furono
costretti a immettere successivamente nella città altri coloni.
Himera – tempio della
Vittoria
L’intesa
tra Terone e Gerone determinò la conferma dell’insediamento di Polizelo a Gela,
così come aveva stabilito in premortis Gelone.Polizelo
fu ricordato in una dedica delfica comeΓέλας ἀνάσσων (Ghelas anasson)cioè
come “Signore di Gela” anche se la città ormai aveva perduto la sua forte
supremazia nell’isola.Probabilmente
i rapporti fra Gerone e Polizelo non
furono mai basati sulla cordialità fraterna e lo stesso Polizelo cercò sempre
di stare vicino al suocero Terone. D’altra parte in questo periodo si verificarono dei matrimoni che potremo
definire politici: Terone
sposò una figlia di Polizelo e Gerone, tiranno di Siracusa, una nipote di
Terone.Non
dimentichiamoci che Polizelo aveva a sua volta sposato una figlia di Terone, la
vedova di Gelone, per cui i due erano nello stesso momento suocero e genero
dell’altro.Gerone
intervenne nella contesa tra Anassilao , tiranno di Reggio, e i Locresi. Il
tiranno di Siracusa mandò il cognato Cromio per far desistere Anassilao dallo
scontro. La trattiva si concluse pacificamente
e i Locresi furono riconoscenti verso Gerone.Leontini
e Brikinnia , anche se non citate nella ricerca, erano soggette all’autorità
siracusana. Infatti intorno al 476 a.C. Ierone deportò nei due centri gli abitanti di Naxos (Nasso) e
di Katana.Si
trattava di un intenso programma di redistribuzione demografica che venne
attestato da Diodoro Siculo:«Ierone, dopo aver
cacciato dalle loro città i Nassii e i Catanesi, vi inviò propri coloni,
raccolti cinquemila dal Peloponneso e altrettanti da Siracusa. Catania la
ribattezzò in Áitna e assegnò in lotti non solo il suo territorio, ma anche
molto di quello limitrofo [...] sia perché voleva disporre [...] di una forza
di intervento pronta e numerosa, sia perché mirava a ottenere onori eroici da
una città di diecimila abitanti. Trasferì poi in Lentini i Nassii e i Catanesi
scacciati dalle loro città, obbligandoli a coabitare con gli indigeni”. Un
operazione che fu favorita da una forte eruzione dell’Etna che venne citata
anche da Pindaro ed Eschilo.L’eruzione
sarebbe legata a Monte Arso nel territorio di Ragalna.
Monte Arso
Una quercia
secolare vicino Monte Arso
Il
ripopolamento definì tre centri del dominio del regno di Gerone:
-
La
capitale Siracusa;-
Leontini
dove i calcidesi erano attentamente controllati dato che vi risiedano anche dei
mercenari-
Aitna,
sarebbe l’antica Katane ribattezzata e dove risiedevano dei mercenari.Al
figlio di Gerone, Dinomene, secondo Pindaro,
fu attribuito il titolo di re di Aitna.
Gerone
partecipò nel 476 a.C. all’Olimpiade in un clima di forti tensioni. L’ateniese Temistocle approfittò dell’evento
sportivo per scagliarsi contro il tiranno di Siracusa con l’accusa di aver
negato il soccorso alla madre patria durante le guerre contro i Persiani.
Gerone
non reagì e alla fine vinse anche la corsa dei cavalli.
In
onore della vittoria Gerone lasciò scolpita un iscrizione alla base del tempio
di Apollo a Delfi.
Siracusa
era ormai una capitale della Magna Grecia a cui si rivolgevano le varie polis
nei momenti difficili della loro vita politica e sociale e in cui riconoscono
una forte autorità e prestigio. (Paestum, l’antica Poseidona, figura anche tra le alleate di Siracusa).
L’influenza
politica di Gerone risalì lungo la penisola e nel 474/473 a.C. si schierò a
fianco dei Cumani contro gli Etruschi.
Sito Archeologico
di Cuma – (Pozzuoli – Napoli)
L’antro della Sibilla
cumana
Gli
Etruschi erano responsabili di saccheggi contro le cole colonie della Magna
Grecia e avevano anche conquistato le Isole Eolie.Tito
Livio affermava che«[...] l'Etruria
avesse una tale disponibilità di mezzi da raggiungere con la sua fama non solo
la terra ma anche il mare per tutta l'estensione dell'Italia, dalle Alpi
allo stretto di Sicilia ... (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 2.) Cuma
chiese aiuto a Gerone ed il tiranno riportò un importantissima vittoria (Capo Miseno)
che determinerà l’inizio di un inesorabile declino della civiltà etrusca.
Capo Miseno – Bacoli (Napoli)
Nel
472/471 a.C. mori Terone, il tirano di Agrigento, e gli successe il figlio
Trasideo che subito si fece promotore di una politica contraria a Siracusa.
Ingaggiò molti mercenari e nello stesso
tempo spronò Imera alla ribellione contro il dominio siracusano. Gerone,
malgrado la sua malattia e anche la stanchezza dovuta ai numerosi conflitti,
riuscì a sconfiggere l’agrigentino facendogli perdere il regno di Gela.
La “Tomba di
Terone” si trova a poca distanza dal tempio di Ercole.
Si tratta di un
edificio funerario di stile dorico-ionico.
La parte centrale
è massiccia, false finestre; il fregio con i triglifi appartengono
allo stile dorico
mentre le quattro eleganti colonne angolari, con plinto e volute, appartengono
allo stile ionico. In origine doveva avere una possibile copertura
a cuspide. Per
tanto tempo la fantasia popolare ha tramandato come in
questo monumento
funerario fosse sepolto il grande e
generoso tiranno
di Agrigento,
Tirone, o almeno il suo cavallo con cui vinse nei giochi
olimpici del 470
a.C. Questa antica tradizione nacque
durante le visite nella
Sicilia dei
viaggiatori del Grand Tour. Infatti il monumento apparteneva alla
necropoli romana,
nota come “necropoli Giambertoni” ed il monumento sarebbe
da collocare tra
la fine del (III secolo – inizio II secolo)a.C., quindi periodo
ellenistico-romano.
Terone morì invece verso la metà del V secolo a.C.
(Autore: Domenico
Lo Faso Pietrasanta (1773 – 1863)
Duca di
Serradifalco – “La Antichità della Sicilia” – Vol. III – Pa. 1836
Agrigento: tomba di Terone.
Xilografia di Giuseppe Barberis – Datazione: 1890
La sua statua che era stata scolpita in suo onore, cadde nel giorno in cui
morì. Si tramanda come venne sepolto in Aitna ma la città non sopravviverò a
lungo, dopo la morte di Gerone i calcidesi tornarono e cacciarono i coloni di
Aitna che si rifugiarono ad Inessa. Ad
Aitna venne di conseguenza restituito l’antico ed originario nome di Katane
mentre Inessa venne ribattezza “Aitna”. Il monumento funebre che era stato
dedicato a Gerone venne distrutto.Non bisogna dimenticare che alla corte di Gerone trovarono grande
ospitalità Eschilo, Pindaro, Simonide, ecc.....
.....................5. I Tripodi d’oro di Gelone e Gerone I nel Santuario d’Apollo a Delfi
Dopo la vittoriosa battaglia d’Imera del 480 a.C.
contro i Punici, Gelone mandò in dono a Delfiun ricco donativo per la vittoria
conseguita tra cui un tripode aureo che fu ricordato da Diodoro Siculo e di cui
è pervenuto il basamento. Una notizia o fonte che tanto fastidio ha dato alla
storiografia forse perché esaltava il Regno di Siracusa e, in secondo luogo, la
storia gloriosa del Regno di Sicilia. Molti storici definirono la citazione di Diodoro come
Una pura finzione fatta dagli autori ellenici per
esaltare la gloria del tiranno Lo
storico dovrebbe seguire determinare regole che sembrano essersi perdute nel
tempo:
-
L’obiettività, una
parola difficile da comprendere;
-
Lo studio scrupoloso delle fonti;
-
Le cause degli avvenimenti;
-
Concentrarsi su fatti
reali.
L’imparzialità è forse
l’obiettivo più difficile da raggiungere perché lo storico spesso non riesce a
stare lontano dai suoi sentimenti e anche dalle proprie “simpatie”.Lo storico dovrebbe fornire un giudizio su ciò
che narra, ed è giusto, ma senza parzialità Le fonti dovrebbero
essere rispettate e adoperare aggettivi come “forse, probabilmente” se non si è sicuri delle stesse fonti.La Storia del Regno di
Sicilia dà fastidio a molta gente perché rivela aspetti di grandezza che sono stati cancellati volutamente per giustificare certi comportamenti di dominio.Molti storici, nel loro atteggiamento
presuntuoso, mi hanno accusato di “copiare”. È vero... le mie ricerche si
basano su collegamenti a biblioteche sparse nel mondo, traduzioni di testi,
ricerche nel mio archivio digitale che ha occupato moltissimi attimi della mia
vita, che mi permettono d’inquadrare e
raccontare il fatto storico. Sarà poi un eventuale lettore a fare ulteriori
ricerche per esporre
con maggiori certezze l’argomento. Il mio vuole essere solo un piccolo e
modesto aiutoalla ricerca facendo in modo da offrire al lettore quante più
fonti possibili sull’argomento.
Il donario destinato a sorreggere i tripodi
d’oro di Gelone e di Gerone (Ierone), tiranni di Siracusa tra il 485 ed il 467
a.C., è uno dei monumenti più importanti del Santuario di Delfi. Il monumento fu scoperto dall’archeologo Paul
Perdritez tra il 22 ed il 26 maggio 1894.
Paul Perdrizet e i suoi compagni davanti ai propilei dell’acropoli di Atene
Da sinistra a destra: Lucile Perdrizet, Mme Vallerian,
Gonzague Vallerian (Ufficiale dell’Intelligence), Paul Perdrizet e Albert
Gabriel
La foto fu scattata durante una sosta nel viaggio che li doveva portare
a Beirut nell’agosto del 1924.
una cartolina mandata dall'archeologo durante una campagna di scavi
Il monumento si trova nell’area posta immediatamente
ad Est della facciata del tempio ed alla sommità della Via Sacra. Una scelta
del luogo molto importante per l’erezione del duplice podio che doveva
catalizzare l’attenzione di visitatori del santuario anche solo per il metallo
prezioso con cui erano stati creati i due tripodi.
I tripodi scomparvero, assieme a tutte le altre
offerte in metalli prezioso, quando furono fuse dai Focidesi nel corso della
terza guerra sacra e per fortuna rimasero intatte le basi che contengono delle
iscrizioni. L’iscrizione sulla faccia anteriore del monumento, del
tripode di Gelone, fu definita la plus belle inscription qu’on ait dècouverte à Delphes
gli storici sono serviti…. e i tripodi dei due tiranni
hanno avuto sempre una grande tradizione letteraria storica costituita non solo
dalla testimonianza di Diodoro Siculo ma anche di Baccalide, dei passi di Fania
e Teopompo e da diverse coppie di epigrammi di difficile interpretazione, uno
dei quali attribuito a Simonide. Un particolare studio fu eseguito sulle dediche siracusane
in riferimento alla battaglia di Himera per la dedica sul tripode di Gelone e
nella battaglia di Cuma, contro gli Etruschi, per il tripode di Gerone.
Il
n. 1 e il n.2 sono le basi dei tripodi di Gerone e Gelone
Disposti
a Nord dell’altare del tempio.
Himera – tempio della
Vittoria
Una quercia secolare vicino Monte Arso
Il
ripopolamento definì tre centri del dominio del regno di Gerone:
Al
figlio di Gerone, Dinomene, secondo Pindaro,
fu attribuito il titolo di re di Aitna.
Gerone
partecipò nel 476 a.C. all’Olimpiade in un clima di forti tensioni. L’ateniese Temistocle approfittò dell’evento
sportivo per scagliarsi contro il tiranno di Siracusa con l’accusa di aver
negato il soccorso alla madre patria durante le guerre contro i Persiani.
Gerone
non reagì e alla fine vinse anche la corsa dei cavalli.
In
onore della vittoria Gerone lasciò scolpita un iscrizione alla base del tempio
di Apollo a Delfi.
Siracusa
era ormai una capitale della Magna Grecia a cui si rivolgevano le varie polis
nei momenti difficili della loro vita politica e sociale e in cui riconoscono
una forte autorità e prestigio. (Paestum, l’antica Poseidona, figura anche tra le alleate di Siracusa).
L’influenza
politica di Gerone risalì lungo la penisola e nel 474/473 a.C. si schierò a
fianco dei Cumani contro gli Etruschi.
Sito Archeologico
di Cuma – (Pozzuoli – Napoli)
L’antro della Sibilla
cumana
Gli
Etruschi erano responsabili di saccheggi contro le cole colonie della Magna
Grecia e avevano anche conquistato le Isole Eolie.Tito
Livio affermava che«[...] l'Etruria
avesse una tale disponibilità di mezzi da raggiungere con la sua fama non solo
la terra ma anche il mare per tutta l'estensione dell'Italia, dalle Alpi
allo stretto di Sicilia ... (Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 2.) Cuma
chiese aiuto a Gerone ed il tiranno riportò un importantissima vittoria (Capo Miseno)
che determinerà l’inizio di un inesorabile declino della civiltà etrusca.
Capo Miseno – Bacoli (Napoli)
Nel 472/471 a.C. mori Terone, il tirano di Agrigento, e gli successe il figlio Trasideo che subito si fece promotore di una politica contraria a Siracusa. Ingaggiò molti mercenari e nello stesso tempo spronò Imera alla ribellione contro il dominio siracusano. Gerone, malgrado la sua malattia e anche la stanchezza dovuta ai numerosi conflitti, riuscì a sconfiggere l’agrigentino facendogli perdere il regno di Gela.
La “Tomba di
Terone” si trova a poca distanza dal tempio di Ercole.
Si tratta di un
edificio funerario di stile dorico-ionico.
La parte centrale
è massiccia, false finestre; il fregio con i triglifi appartengono
allo stile dorico
mentre le quattro eleganti colonne angolari, con plinto e volute, appartengono
allo stile ionico. In origine doveva avere una possibile copertura
a cuspide. Per
tanto tempo la fantasia popolare ha tramandato come in
questo monumento
funerario fosse sepolto il grande e
generoso tiranno
di Agrigento,
Tirone, o almeno il suo cavallo con cui vinse nei giochi
olimpici del 470
a.C. Questa antica tradizione nacque
durante le visite nella
Sicilia dei
viaggiatori del Grand Tour. Infatti il monumento apparteneva alla
necropoli romana,
nota come “necropoli Giambertoni” ed il monumento sarebbe
da collocare tra
la fine del (III secolo – inizio II secolo)a.C., quindi periodo
ellenistico-romano.
Terone morì invece verso la metà del V secolo a.C.
(Autore: Domenico
Lo Faso Pietrasanta (1773 – 1863)
Duca di
Serradifalco – “La Antichità della Sicilia” – Vol. III – Pa. 1836
Agrigento: tomba di Terone.
Xilografia di Giuseppe Barberis – Datazione: 1890
La sua statua che era stata scolpita in suo onore, cadde nel giorno in cui
morì. Si tramanda come venne sepolto in Aitna ma la città non sopravviverò a
lungo, dopo la morte di Gerone i calcidesi tornarono e cacciarono i coloni di
Aitna che si rifugiarono ad Inessa. Ad
Aitna venne di conseguenza restituito l’antico ed originario nome di Katane
mentre Inessa venne ribattezza “Aitna”. Il monumento funebre che era stato
dedicato a Gerone venne distrutto.Non bisogna dimenticare che alla corte di Gerone trovarono grande
ospitalità Eschilo, Pindaro, Simonide, ecc.....
5. I Tripodi d’oro di Gelone e Gerone I nel Santuario d’Apollo a Delfi
- L’obiettività, una parola difficile da comprendere;
- Lo studio scrupoloso delle fonti;
- Le cause degli avvenimenti;
- Concentrarsi su fatti reali.
L’imparzialità è forse l’obiettivo più difficile da raggiungere perché lo storico spesso non riesce a stare lontano dai suoi sentimenti e anche dalle proprie “simpatie”.
Paul Perdrizet e i suoi compagni davanti ai propilei dell’acropoli di Atene
Da sinistra a destra: Lucile Perdrizet, Mme Vallerian,
Gonzague Vallerian (Ufficiale dell’Intelligence), Paul Perdrizet e Albert
Gabriel
La foto fu scattata durante una sosta nel viaggio che li doveva portare
a Beirut nell’agosto del 1924.
I tripodi scomparvero, assieme a tutte le altre
offerte in metalli prezioso, quando furono fuse dai Focidesi nel corso della
terza guerra sacra e per fortuna rimasero intatte le basi che contengono delle
iscrizioni. L’iscrizione sulla faccia anteriore del monumento, del
tripode di Gelone, fu definita la plus belle inscription qu’on ait dècouverte à Delphes
gli storici sono serviti…. e i tripodi dei due tiranni
hanno avuto sempre una grande tradizione letteraria storica costituita non solo
dalla testimonianza di Diodoro Siculo ma anche di Baccalide, dei passi di Fania
e Teopompo e da diverse coppie di epigrammi di difficile interpretazione, uno
dei quali attribuito a Simonide. Un particolare studio fu eseguito sulle dediche siracusane
in riferimento alla battaglia di Himera per la dedica sul tripode di Gelone e
nella battaglia di Cuma, contro gli Etruschi, per il tripode di Gerone.
Il
n. 1 e il n.2 sono le basi dei tripodi di Gerone e Gelone
Disposti
a Nord dell’altare del tempio.
Il
n. 1 e il n.2 sono le basi dei tripodi di Gerone e Gelone
Disposti
a Nord dell’altare del tempio.
“Costoro (Fania di Ereso e Teopompo) raccontano che il
tempio fu abbellito
(con offerte auree) da Gige, e dopo di lui da Creso, e
dopo costoro da
Gelone e Ierone (Gerone), sicelioti, poiché il primo
dedicò un tripode e una
Nike fatti d’oro, al tempo in cui Serse fece una
spedizione contro la
Grecia, e Ierone fece lo stesso”
Il fratello Gerone (Ierone) lo avrebbe imitato dedicando la stessa cosa.Ateneo aggiunse che la dedica di Gerone sarebbe stata
realizzata con notevole ritardo, per l’impossibilità di reperire in Grecia
l’oro necessario per la realizzazione del tripode.Ateneo riportò, secondo il racconto di Teopompo, come
il tiranno Gerone si trovasse sprovvisto del metallo (oro) necessario per
realizzare la sua offerta. Avrebbe cercato di procacciarselo inviando messi in
giro per la Grecia. Questi trovarono l’oro presso un mercante corinzio,
Architele, che era riuscito ad accumulare ingente ricchezze nel corso degli
anni e che offrì loro, oltre all’ammontare richiesto, una quantità di metallo
pari a quella che la sua mano potesse contenere.Gerone pagò il proprio acquisto inviando una nave
corinzia carica d’orzo e di ricchi doni.I due tripodi si trovano quindi nel cuore del santuario
di Delfi e quello di Gelone contiene addirittura anche la firma dell’artista,
un certo Bione che dichiara di aver realizzato “il Tripode e la Nike”.Il nome Bione contraddistingue diversi scultori greci
che operarono nella seconda età del VI secolo o agli inizi del V secolo a.C.Il primo fu Clazomene o Chi, il secondo Bione di
Mileto e il terzo da identificarsi con un artista che operò ad Atene.Non si sa se la base fu pensata sin dall’inizio per
reggere entrambe le offerte dei due tiranni e se Gerone abbia modificato il
basamento per accogliere il suo tripode.
TESTO DELLA DEDICA DI GELONE
Io dico che Gelone, Ierone, Polizelo, Trasibulo figli
di Dinomene
posero i tripodi vinte le genti barbare, e che
offrirono un grande
soccorso ai Greci per la libertà.
Altre fonti (Antologia Palatina - ?)
citò comeIo dico che Gelone, Ierone, Polizelo, Trasibulo figli
diDinomene, dedicarono il tripode di 100 litre e 50
talenti didarici d’oro, offerta della decima.
Il monumento delfico avrebbe compreso tre o anche
quattro basi di tripodi e si avanzò l’ipotesi nel riconoscimento in altri basi
trovate nell’area circostante. Comunque fino ad oggi non ci sono segni chiari
sull’esistenza di questi altri tripodi.I tripodi di Gelone e di Gerone, così come
eventualmente gli altri quattro, furono fusi durante la guerra sacra nel 356 –
346 a.C.Circa l’effettiva dimensione e valore dell’offerta in
oro dovrebbero essere ricavate sia da quel che resta dell’iscrizione alla base
del tripode di Gerone che dalle fonte letterarie.Le due offerte furono pensate per apparire il più
possibile uguali, le “undici mine” leggibili nell’iscrizione devono essere i
decimali di una cifra certamente più elevata, variamente interpreta come
indicante il peso in oro o piuttosto, secondo un uso diffuso, il valore
espresso in talenti d’argento. Un talento dovrebbe essere uguale a circa 26 kg
d’argento. (Un talento ed undici mine dovrebbero corrispondere, in argento, ad
un peso di circa 27,9 kg). Non si sa se la base su cui poggiavano i tripodi di
Gelone e di Gerone sia stata costruita nello stesso periodo dato che le due
strutture subirono dei rimaneggiamenti.Un monumento progettato e costruito sin dall’inizio
per sostenere le due offerte o se all’offerta di Gelone si sia aggiunta
successivamente quella del fratello Gerone.Sia l’iscrizione che anche la particolare struttura
della base, non permettono di dare delle risposte precise.Il testo dell’epigrafe di Gelone è semplice dato che
appare con il solo patronimico ed etnico senza alcun riferimento alla carica
ricoperta al momento della creazione del monumento e senza alcun cenno sul
motivo dell’offerta.Il monumento fu posto in un luogo caratterizzato da
una grande frequentazione e visibilità ed era costruito con materiale molto
pregiato. Aveva quindi un obiettivo ben preciso:diffondere e tramandare ai posteri la fama della loro potenza.Per questo motivo il monumento potrebbe avere una suo
significato a secondo del periodo a cui si fa riferimento la costruzione del
monumento.Infatti alcuni storici
affermarono che le dediche, di Gelone e di Gerone, siano nate senza alcun collegamento con vittorie militari ma solo con l’obiettivo di celebrare
l’importanza politica dei due tiranni e, in collegamento, la fama raggiunta dai
figli di Dinomene.La presenza della Nike potrebbe essere indicativa
perché celebrava la vittoria mentre il tripode metteva in risalto la fama dei
Dinomenidi.Altri storici collegherebbero il monumento alla
prestigiosa vittoria riportata da Gelone sui cartaginesi nel 480 a.C. ad Imera.
Le fonti citarono nell’impresa il solo Gelone e non si sa se il fratello Gerone
vi abbia partecipato o meno.Ad una prima dedica di Gelone, Gerone in seguito
aggiunse la propria che fu altresì dettata da un ‘altra prestigiosa vittoria
ottenuta sugli Etruschi a Cuma nel 474 a.C. Diodoro Siculo riportò la perfetta coincidenza
temporale tra lo scontro vittorioso di Gelone ad Imera e la gloriosa sconfitta delle
polis greche alle Termopili.
Accadde che nello stesso giorno Gelone
riportasse la vittoria, e gli uomini di
Leonida combattessero alle Termopili contro
Serse, come se un dio
avesse voluto riunire nello stesso momento la
più bella vittoria, e
la più gloriosa sconfitta
Ti supplico, Cronide, che nelle case tranquillo si
tenga il grido di
guerra fenicio e dei Tirreni, che vide il furore
piangere innanzi a Cuma
le navi, piaghe ch’essi patirono dal monarca
siracusano domati:
dai navigli veloci scagliava egli i loro giovani in
mare, trappando
da grave schiavitù l’Ellade. Da Salamina trarrò degli
Ateniesi il premio
e a Sparta delle battaglie innanzi al Citerone, che
travolsero i Medi
dagli archi ricurvi, compiendo alla spiaggia d’Imera
dalla bella
corrente l’inno al figlio di Dinomene, tributo alla
virtù che travaglia i nemici.
..............................
Di questi vi era Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, il nostro Solone, Cleobulo di Lindo, Misone di Chene e per settimo si diceva ci fosse anche Chilone spartano
Τούτων ἦν καὶ Θαλῆς
ὁ Μιλήσιος καὶ Πιττακὸς ὁ Μυτιληναῖος καὶ Βίας ὁ Πριηνεὺς καὶ Σόλων ὁ ἡμέτερος
καὶ Κλεόβουλος ὁ Λίνδιος καὶ Μύσων ὁ Χηνεύς, καὶ ἕβδομος ἐν τούτοις ἐλέγετο
Λακεδαιμόνιος Χίλων
Questi erano ritenuti i (sette) saggi: Talete,
Solone, Periandro, Cleobulo, Chilone, Biante, Pittaco. A questi
aggiungono Anacarsi lo scita, Misone di Chene, Ferecide di Siro, Epimenide il Cretese. E alcuni anche Pisistrato il tiranno
Σοφοὶ δὲ ἐνομίζοντο οἵδε Θαλῆς, Σόλων, Περίανδρος,
Κλεόβουλος, Χείλων, Βίας, Πίττακος. Τούτοις προσαριθμοῦσιν Ἀνάχαρσιν τὸν
Σκύθην, Μύσωνα τὸν Χηνέα, Φερεκύδην τόν Σύριον, Ἐπιμενίδην τὸν Κρῆτα. ἔνιοι δὲ
καὶ Πεισίστρατον τὸν τύραννον
(Vite di Filosofi)
Esemplari
simili furono ritrovati a Cipro, nelle isole greche e in centri costieri
dell’Asia Minore.Nell’antichità il tripode era un
sostegno che sorreggeva il lebete, recipiente
col quale si scaldavano vivande sul fuoco, ma anche un oggetto votivo o un
omaggio per ospiti e atleti vittoriosi. Omero lo riportò come simbolo di
ospitalità e di elogio per i vincitori negli agoni sportivi, e in Esiodo come premio in quelli poetici. Erodoto raccontò invece di tripodi finemente decorati
o recanti iscrizioni, destinati ad offerte dedicatorie agli dei anche fuori da
contesti competitivi. Ma il
tripode più famoso era senza dubbio quello sul quale sedeva la Pizia, la
leggendaria sacerdotessa di Apollo che, circondata dai misteriosi vapori
provenienti da una fenditura nel terreno, pronunciava i suoi responsi oracolari
nel santuario di Delfi.In
Magna Grecia il tripode delfico fu uno dei
simboli più ricorrenti nella monetazione di Crotone, ma lo si ritrova anche in quella di Metaponto, città devota al
dio come racconta Strabone nel I° sec. a.C. rievocando la fondazione mitica
della città della Magna Grecia: “Questa città si dice sia stata fondata da un gruppo di greci,
originari della città di Pilos, cioè da quelli che sotto la guida di Nestore
tornarono da Troia con le navi. Si reputa che essi siano stati i primi a
coltivare il territorio, ed è per questo che essi hanno dedicato a Delfi
l’intera messe estiva, di colore oro splendente…E se il frumento
metapontino prendeva il mare per raggiungere l’isola sacra, anche le sue spighe
si trasformarono in emblema della città impresso sulle monete. Ma il legame
forse più misterioso fra Metaponto e il culto di Apollo passa attraverso la
figura di Pitagora, il grande filosofo di Samo che per la vastità della sua
sapienza fu detto ‘Figlio di Apollo’ e nella città sullo Jonio visse e operòfino alla morte fondandovi una delle sue scuole.
(Rinvenimento:
Capo Colonna, area del tempio di Hera; 1930)
Dritto: Tripode
delfico, a destra airone
Rovescio: Spiga di
grano, a destra tracce di leggenda MET
Diametro: mm 15 –
Peso 3,50 gr
Mel Museo Archeologico Regionale di Palermo
Dovrebbe trovarsi una lekythos a figure nere risalente al
VI – V secolo a.C.
Raffigura una contesa tra Eracle ed Apollo per un
tripode.
(Rinvenimento:
Capo Colonna, area del tempio di Hera; 1930)
Dritto: Tripode
delfico, a destra airone
Rovescio: Spiga di
grano, a destra tracce di leggenda MET
Diametro: mm 15 –
Peso 3,50 gr
Mel Museo Archeologico Regionale di Palermo
Dovrebbe trovarsi una lekythos a figure nere risalente al
VI – V secolo a.C.
Raffigura una contesa tra Eracle ed Apollo per un
tripode.
Secondo alcune ipotesi, accanto all’Auriga doveva
trovarsi un altro personaggioche era portato in parata dall’atleta. Il gruppo
statuario, infatti , raffigurava probabilmente la sfilata di un auriga
vincitore ai Giochi Pitici che si
svolgevanoa Delfi ogni quattro anni.L’Auriga, come abbiamo visto è a grandezza naturale, è
mutilo del braccio sinistro, andato perduto, mentre nella mano destra stringe
ancora un frammento delle redini. Indossa una lunga veste pesante, stretta
nella vita, che copre interamente la figura creando delle pieghe armoniose e
dritte secondo un abbigliamento tipico dell’auriga. La lunga veste sarebbe il chitone stretto in vita e lungo fino alle caviglie. La lunghezza del chitone e
il modo con cui questo veniva fissato, cioè appuntato ad entrambe le spalle o
ad una sola, era un preciso indicatore dello stato sociale di chi lo indossava.Il chitone lungo, come quello dell’auriga, era
riservato solo ai personaggi di alto rango sociale e alle donne mentre se
monospalla indicava l’appartenenza ad una classe sociale inferiore.La testa è robusta e il giovane volto non lascia trasparire emozioni
ed espressività. La cesellatura delle ciocche
aderenti alla testa sono fissate dalla benda e poi libere in riccioli intorno alla tempie. Gli occhi sono realizzati in pasta vitrea, mentre le
labbra, le ciglia e le sopracciglia sono in rame. Accorgimenti tecnici che
rendono il volto molto realistico. I piedi dell’Auriga sono realizzati con
grande attenzione per i loro
particolari. La loro posizione obliqua rispetto alla testa mostra una ricerca
attenta del movimento che sembra lontano agli aspetti arcaici delle sculture
greche precedenti.
Sulla base della
statua c’è una dedica fatta incidere da Polyzalos (Polizelo), tiranno di Gela e fratello di Gelone, Gerone (Ierone) I e Trasibulo.La dedica permetterebbe di datare l’opera tra il 478
ed il 470 a.C. e l’opera sarebbe da attribuire a Sothadas di Tespie o, secondo
altri storici, a Pitagora di Reggio.Quindi tutto sarebbe confermato dalla dedica ?La risposta dovrebbe essere negativa... il motivo ?La dedica presenta delle particolarità.Secondo alcune fonti il gruppo scultoreo sarebbe stato
offerto da Gerone I (Ierone), tiranno di Siracusa, ad Apollo in occasione di
una sua vittoria in una competizionepanellenica. Polizelo, fratello di Gerone, dopo una
superficiale abrasione del nome
“Ierone”, feceincidere il suo. Per cui l’epigrafe recita:Polizzello donò con devozione ad Apollomentre dovrebbe essereIerone donò con devozione ad ApolloLa tecnica di realizzazione dell’auriga è
particolarmente complessa ed è detta a
Fusione a cera perduta con modello cavo
La tecnica di realizzazione dell’auriga è
particolarmente complessa ed è detta a
Fusione a cera perduta con modello cavo
Questa tecnica permetteva la creazione di statue in
bronzo a grandezza naturale o maggiore del vero e comportava una grande abilità
da parte dell’artista.. Richiedeva anche una minore quantità di bronzo e quindi
anche la realizzazione di opere di grande dimensioni e leggere.I metodi erano due:-
Diretto con fusione unica o anche per parti separate;-
Indiretto, a tasselli.L’Auriga di Ierone fu fatta con il metodo diretto così
come i Bronzi di Riace.È un procedimento dall’interno verso l’esterno. Si
parte da una sagoma sommaria su cui lo scultore aggiungendo strati sovrapposti
di materiali diversi e ciascuno con determinate caratteristiche. Se la statua
era di dimensioni modeste si procedeva realizzando la fusione in un'unica
gittata se era di dimensioni maggiori si procedeva fondendo le varie parti
separatamente per poi unirle mediante perni e saldature. In entrambi i casi la successione delle fasi era
sempre la medesima.1.
si crea un modello sommario in terra refrattaria,
resistente alle alte temperature, che viene detto nucleo o anima. Può essere modellato su un telaio in legno o
metallo per dare una maggiore solidità;2.
sul nucleo si stende uno strato di cera nel quale la
figura viene modellato in modo accurato, in tutti i suoi dettagli. Lo spessore
della cera può variare da uno a due centimetri e mezzo, a seconda delle
esigenze. È la fase della vera realizzazione della statua.3.
La cera viene ricoperta da uno strato di materiale
refrattario, dato con il pennello in varie mani, e riproducente i dettagli più
fini 8cmaiia). E poi da altri strati di materiali, gesso o ancora terra
refrattaria, che creano la “forma esterna o coppa”, provvista di canali di
getto per far uscire la cera (scolatoi) nella fase della cottura sia l’aria e i
vapori di fusione al momento dell’immissione del bronzo fuso (sfiatatoi), più
un’apertura per l’immissione del bronzo. Questo blocco viene sottoposto a
cottura a circa 400 – 500 gradi. La cera si scioglie uscendo dagli scolatoi e
lascia tra nucleo interno e forma esterna uno spazio vuoto.4.
In questa cavità si versa il bronzo liquido che,
solidificandosi, prende la forma della figura modellata nella cera, la
fuoriuscita di aria e vapori dagli sfiatatoi deve evitare la formazione di
bolle d’aria e di grumi o che il metallo
non raggiunga tutti gli interstizi riempiendo uniformemente ogni spazio, si
riempiono in questo modo anche i canali di getto. Si lascia raffreddare. Si
rompe la forma esterna ed emerge la statua in bronzo.
5.
Si passa alla fase delle rifiniture, eseguite sia a
caldo che a freddo. Eliminare le sbavature di metallo e i canali di getto che
spuntano dalla figura, levigare la superficie, incidere i dettagli a bulino e a
cesello, lavorare alcune parti in agemina (con l’uso di sottili fili di altri
metalli), applicare dorature e altri materiali come avorio, pietre colorate per
gli occhi, lamine di rame per labbra e capezzoli o d’argento per i denti.
Vengono aggiunti infine, fusi a parte, anche attributi particolari come armi,
monili, corone d’alloro, ecc.6.
In caso di statue di grandi dimensioni o
particolarmente complesse, i rischi legati alla fusione possono essere
contenuti fondendo in modo separato le varie parti. Con perni e saldature le
parti vengono poi unite tra di loro e un lavoro, particolarmente accurato
finirà con il nascondere i punti di giuntura.7 Video sulla fusione a cera perduta con modello cavo
Nella foto si nota come il braccio sinistro, andato perduto, era fissato
alla spalla e nascosto dalle pieghe del chitone
alla spalla e nascosto dalle pieghe del chitone
L’Auriga è composta da 10 parti principali a cui si
sommano pezzi più minuti soprattutto per i particolari del volto: rame per ciglia e
labbra, applicazioni in argento per la benda tergisudore decorata a meandro (traslazione di un motivo ornamentale puntuale lungo tutto
lo spazio orizzontale della suddetta fascia, in modo da formare un fregio
comunemente detto “greca”) e poi materiali non metallici come pietre e pasta
vitrea colorata per la cornea e le iridi.Al fine di liberare la scultura dalla sua forma,
questa deve essere distrutta. Questo comporta la produzione di un pezzo unico
non replicabile.
Un grande capolavoro artistico che si è conservato grazie a un catastrofico
terremoto che si verificò nel 373 a.C.Gli eventi fecero nascondere la statua tra le macerie e i detriti
salvandola dalle razzie che ne avrebbero comportato sicuramente la fusione, era
questo il triste destino della maggior parte dei bronzi dell’epoca classica al
fine di riciclarne il prezioso metallo.
..................................
4.
L’Elmo di bronzo di Gerone
Gerone per ringraziare gli dei per la vittoria riportata a Cuma nel
474 a.C. sugli Etruschi, mandò un
elmo di bronzo, con un iscrizione dedicatoria
al santuario di Olimpia.
Un grande capolavoro artistico che si è conservato grazie a un catastrofico
terremoto che si verificò nel 373 a.C.Gli eventi fecero nascondere la statua tra le macerie e i detriti
salvandola dalle razzie che ne avrebbero comportato sicuramente la fusione, era
questo il triste destino della maggior parte dei bronzi dell’epoca classica al
fine di riciclarne il prezioso metallo.
..................................
4.
L’Elmo di bronzo di Gerone
Gerone per ringraziare gli dei per la vittoria riportata a Cuma nel
474 a.C. sugli Etruschi, mandò un
elmo di bronzo, con un iscrizione dedicatoria
al santuario di Olimpia.
4. L’Elmo di bronzo di Gerone
Gerone per ringraziare gli dei per la vittoria riportata a Cuma nel 474 a.C. sugli Etruschi, mandò un
elmo di bronzo, con un iscrizione dedicatoria
al santuario di Olimpia.
L’iscrizione
recita: ΗΙΑΡΟΝ Ο ΔΕΙΝΟΜΕΝΕΟΣ / ΚΑΙ ΤΟΙ ΣΙΡΑΚΟΣΙΟΙ / ΤΟΙ ΔΙ
ΤYΡΡΑΝΟΝ ΑΠΟ ΚΥΜΑΣIerone, figlio di
Deimomenes e i Siracusani a Zeus,“dalla preda
(bottino) fatto sugli Etruschi a Cuma”.(Ierone figlio dei
Dineminidi e dei siracusani a Zeus dal Tirreno a Cuma ?)Nel
476 a-C nelle acque di Cuma, la largo della costa campana, una flotta di navi
etrusche, che muoveva alla conquista della città greca, si scontrava con le
navi dei difensori.Sono
delle navi cumane ma il contingente maggiore e, forse più forte, era costituito
da triremi siracusane che erano giunte in soccorso di Cuma. Erano state mandate
da Gerone (Ierone) che da quattro anni era tiranno di Siracusa per successione
al fratello Gelone.La
flotta siracusana sbaragliò la flotta etrusca infliggendo una durissima
sconfitta che sarà forse l’inizio di una crisi che colpirà progressivamente
il programma espansionistico e culturale
dei “Tirreni, signori del mare”.Per
Siracusa era una vittoria importantissima soprattutto dal punto di vista
politico perché la città diventava la capitale della “Magna Grecia”, un punto
di riferimento per tutte le colonie greche. Altro aspetto importante era il
controllo delle rotte commerciali che passavano per lo Stretto di Messina e che
diventavano adesso più sicure grazie alla vittoria sugli Etruschi.Da
accorto stratega affidò la celebrazione della vittoria al poeta contemporaneo Pindaro
e donò al santuario di Zeus ad Olimpia l’ingente bottino delle armi conquistate
ai nemici.Comportamenti
che destarono nel mondo greco un senso di stupore ed anche di ammirazione. Dopo secoli, dalle rovine del tempio di
Olimpia riemersero parti di quell’ingente bottino. Nel bottino c’erano tre elmi
che presentavano tutta la stessa iscrizione.Dei
tre elmi, due, di tipo italico, sono ancora nel Museo di Olimpia (furono rinvenuti duranti degli scavi
greci e tedeschi) mentre uno (di stile corinzio), ritrovato nel 1817, si trova
al British Museum di Londra.
L’iscrizione
recita: ΗΙΑΡΟΝ Ο ΔΕΙΝΟΜΕΝΕΟΣ / ΚΑΙ ΤΟΙ ΣΙΡΑΚΟΣΙΟΙ / ΤΟΙ ΔΙ
ΤYΡΡΑΝΟΝ ΑΠΟ ΚΥΜΑΣIerone, figlio di
Deimomenes e i Siracusani a Zeus,“dalla preda
(bottino) fatto sugli Etruschi a Cuma”.(Ierone figlio dei
Dineminidi e dei siracusani a Zeus dal Tirreno a Cuma ?)Nel
476 a-C nelle acque di Cuma, la largo della costa campana, una flotta di navi
etrusche, che muoveva alla conquista della città greca, si scontrava con le
navi dei difensori.Sono
delle navi cumane ma il contingente maggiore e, forse più forte, era costituito
da triremi siracusane che erano giunte in soccorso di Cuma. Erano state mandate
da Gerone (Ierone) che da quattro anni era tiranno di Siracusa per successione
al fratello Gelone.La
flotta siracusana sbaragliò la flotta etrusca infliggendo una durissima
sconfitta che sarà forse l’inizio di una crisi che colpirà progressivamente
il programma espansionistico e culturale
dei “Tirreni, signori del mare”.Per
Siracusa era una vittoria importantissima soprattutto dal punto di vista
politico perché la città diventava la capitale della “Magna Grecia”, un punto
di riferimento per tutte le colonie greche. Altro aspetto importante era il
controllo delle rotte commerciali che passavano per lo Stretto di Messina e che
diventavano adesso più sicure grazie alla vittoria sugli Etruschi.Da
accorto stratega affidò la celebrazione della vittoria al poeta contemporaneo Pindaro
e donò al santuario di Zeus ad Olimpia l’ingente bottino delle armi conquistate
ai nemici.Comportamenti
che destarono nel mondo greco un senso di stupore ed anche di ammirazione. Dopo secoli, dalle rovine del tempio di
Olimpia riemersero parti di quell’ingente bottino. Nel bottino c’erano tre elmi
che presentavano tutta la stessa iscrizione.Dei
tre elmi, due, di tipo italico, sono ancora nel Museo di Olimpia (furono rinvenuti duranti degli scavi
greci e tedeschi) mentre uno (di stile corinzio), ritrovato nel 1817, si trova
al British Museum di Londra.
L’iscrizione
recita: ΗΙΑΡΟΝ Ο ΔΕΙΝΟΜΕΝΕΟΣ / ΚΑΙ ΤΟΙ ΣΙΡΑΚΟΣΙΟΙ / ΤΟΙ ΔΙ
ΤYΡΡΑΝΟΝ ΑΠΟ ΚΥΜΑΣIerone, figlio di
Deimomenes e i Siracusani a Zeus,“dalla preda
(bottino) fatto sugli Etruschi a Cuma”.(Ierone figlio dei
Dineminidi e dei siracusani a Zeus dal Tirreno a Cuma ?)Nel
476 a-C nelle acque di Cuma, la largo della costa campana, una flotta di navi
etrusche, che muoveva alla conquista della città greca, si scontrava con le
navi dei difensori.Sono
delle navi cumane ma il contingente maggiore e, forse più forte, era costituito
da triremi siracusane che erano giunte in soccorso di Cuma. Erano state mandate
da Gerone (Ierone) che da quattro anni era tiranno di Siracusa per successione
al fratello Gelone.La
flotta siracusana sbaragliò la flotta etrusca infliggendo una durissima
sconfitta che sarà forse l’inizio di una crisi che colpirà progressivamente
il programma espansionistico e culturale
dei “Tirreni, signori del mare”.Per
Siracusa era una vittoria importantissima soprattutto dal punto di vista
politico perché la città diventava la capitale della “Magna Grecia”, un punto
di riferimento per tutte le colonie greche. Altro aspetto importante era il
controllo delle rotte commerciali che passavano per lo Stretto di Messina e che
diventavano adesso più sicure grazie alla vittoria sugli Etruschi.Da
accorto stratega affidò la celebrazione della vittoria al poeta contemporaneo Pindaro
e donò al santuario di Zeus ad Olimpia l’ingente bottino delle armi conquistate
ai nemici.Comportamenti
che destarono nel mondo greco un senso di stupore ed anche di ammirazione. Dopo secoli, dalle rovine del tempio di
Olimpia riemersero parti di quell’ingente bottino. Nel bottino c’erano tre elmi
che presentavano tutta la stessa iscrizione.Dei
tre elmi, due, di tipo italico, sono ancora nel Museo di Olimpia (furono rinvenuti duranti degli scavi
greci e tedeschi) mentre uno (di stile corinzio), ritrovato nel 1817, si trova
al British Museum di Londra.
Pindaro esalta un vincitore nei giochi olimpici.
Artista: Giuseppe Sciuti (Giuseppe Sciuto)
(Zafferana Etnea, 26 febbraio 1834 – Roma, 13 marzo 1911
Datazione: 1872
Pittura: olio su tela – Misure (1,77 x 2,98) m
Collocazione: Pinacoteca di Brera . Milano
Il dipinto venne
acquistato per settemilacinquecento lire dal ministero della Pubblica
istruzione all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Brera del 1872.
Pindaro esalta un vincitore nei giochi olimpici.
Artista: Giuseppe Sciuti (Giuseppe Sciuto)
(Zafferana Etnea, 26 febbraio 1834 – Roma, 13 marzo 1911
Datazione: 1872
Pittura: olio su tela – Misure (1,77 x 2,98) m
Collocazione: Pinacoteca di Brera . Milano
Il dipinto venne
acquistato per settemilacinquecento lire dal ministero della Pubblica
istruzione all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Brera del 1872.
Artista: Giuseppe Sciuti (Giuseppe Sciuto)
(Zafferana Etnea, 26 febbraio 1834 – Roma, 13 marzo 1911
Datazione: 1872
Pittura: olio su tela – Misure (1,77 x 2,98) m
Collocazione: Pinacoteca di Brera . Milano
Il dipinto venne acquistato per settemilacinquecento lire dal ministero della Pubblica istruzione all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Brera del 1872.
Ai giochi olimpici partecipavano anche esponenti
dell’oligarchia e che non avevano un titolo regio. Prima di Gerone I avevano
partecipato e vinto: il re di Sparta Demarato nel 504 a.C., Gelone (allora tiranno di Gela nel 488 a.C.), Anassilao di Reggio nel 480 a.C. e Terone di
Agrigento nel 476 a.C.. Ma furono i tiranni di Siracusa quelli che destarono
maggiore stupore e scrissero pagine importanti nella Storia delle Olimpiadi.Lo stesso Gerone fu persino osteggiato dagli Ateniesi
durante le sue partecipazioni alle Olimpiadi.Non tutti sanno che alla 33° Olimpiade del 648 a.C.,
avvenne qualcosa di straordinario per la Storia del Regno di Sicilia:La Prima Vittoria nel Pancrazio....
Ai giochi olimpici partecipavano anche esponenti
dell’oligarchia e che non avevano un titolo regio. Prima di Gerone I avevano
partecipato e vinto: il re di Sparta Demarato nel 504 a.C., Gelone (allora tiranno di Gela nel 488 a.C.), Anassilao di Reggio nel 480 a.C. e Terone di
Agrigento nel 476 a.C.. Ma furono i tiranni di Siracusa quelli che destarono
maggiore stupore e scrissero pagine importanti nella Storia delle Olimpiadi.Lo stesso Gerone fu persino osteggiato dagli Ateniesi
durante le sue partecipazioni alle Olimpiadi.Non tutti sanno che alla 33° Olimpiade del 648 a.C.,
avvenne qualcosa di straordinario per la Storia del Regno di Sicilia:La Prima Vittoria nel Pancrazio....
La Prima Vittoria nel Pancrazio....
Era una disciplina che univa il pugilato (senza
guanti) e la lotta (corpo a corpo) e fu ammessa alle Olimpiade proprio nel 648
a.C. L’atleta che pratica la disciplina sportiva si
chiamava “pancraziaste”.L’obiettivo era quello di sottomettere l’avversario
sfruttando la forza bruta.Erano consentite tutte le tecniche di combattimento
escluso il mordere e il graffiare (a Sparta erano invece consentite). La vittoria si
conseguiva conl’immobilizzazione dell’avversario (nella lotta, invece, la vittoria si
otteneva facendo sbilanciare l’avversario sino a farlo cadere a terra). Il
combattimento si svolgeva negli stadi o nelle palestre, in uno spazio coperto
di sabbia in modo da attutire i colpi e dare maggiore stabilità alle tecniche
effettuate in piedi. Prima d’iniziare il combattimento gli atleti si
cospargevano il corpo di una sostanza composta da olio d’oliva per limitare le
abrasioni generale dallo sfregamento sulla sabbia e dalle scottature dovute
all’abitudine di combattere sotto il sole estivo o a metà giornata. Non c’erano
riprese e nemmeno limiti di tempo, si combatteva fino alla resa di uno degli
atleti che poteva essere anche per cedimento con il classico “ko”.Spesso era l’atleta che s’arrendeva, onorando
l’avversario vincitore (quando era in grado di poterlo fare fisicamente), alzando l’indice
in su verso l’arbitro. Una delle storie più famose in questa disciplina fu quella di un
certo Arrachione d’Arcadia che spezzò un dito del piede all’avversario mentre
questo lo strangolava.Nel farlo Arrachione morì soffocato mentre
l’avversario, proprio in quel momento s’arrendeva. I giudici furono costretti a
decretare come vincitore Arrachione....
da morto.Come già detto, nelle Olimpiadi era abitudine
combattere sotto il sole estivo dato che la maggior parte delle manifestazioni
avvenivano in piena estate. Gareggiare
sotto la cappa di calore con i
raggi perpendicolari era un nemico in più per la ricerca dell’agognata vittoria
e non di rado atleti famosissimi altrove, persero proprio per il disagio derivato
da questa difficile situazione ambientale.Si cospargevano il corpo di abbondante olio d’oliva
per contrastare le scottature ed anche per tutelare la pelle dalle abrasioni
dovute alle prese ed alle pressioni
continue nella fase della lotta. Si passava quindi sul corpo una strato di olio
e di sabbia chiamato “Gloios” che veniva successivamente eliminato negli
spogliatoi con l’uso dello “strigile”, un particolare arnese di metallo a forma
ricurva. Questa patina prelevata dal corpo dell’atleta veniva addirittura conservata e venduta perché gli si attribuivano poteri di guarigione e di
forza.I greci consideravano la lotta con i pugni una disciplina
completa con la quale l’uomo poteva sviluppare una mente vigile e reattiva in un corpo sano e robusto. L’atleta
gareggiava per se stesso e sempre per raggiungere il massimo, la superiorità o come si diceva nell’antichità l’“arete” cioè l’“eccellere”.Solo l’atleta vincitore meritava l’adulazione ed il
premio. Gli sconfitti provavano vergogna e venivano spesso umiliati, non
esisteva infatti la concezione del
secondo e del terzo posto.
Era una disciplina che univa il pugilato (senza
guanti) e la lotta (corpo a corpo) e fu ammessa alle Olimpiade proprio nel 648
a.C. L’atleta che pratica la disciplina sportiva si
chiamava “pancraziaste”.L’obiettivo era quello di sottomettere l’avversario
sfruttando la forza bruta.Erano consentite tutte le tecniche di combattimento
escluso il mordere e il graffiare (a Sparta erano invece consentite). La vittoria si
conseguiva conl’immobilizzazione dell’avversario (nella lotta, invece, la vittoria si
otteneva facendo sbilanciare l’avversario sino a farlo cadere a terra). Il
combattimento si svolgeva negli stadi o nelle palestre, in uno spazio coperto
di sabbia in modo da attutire i colpi e dare maggiore stabilità alle tecniche
effettuate in piedi. Prima d’iniziare il combattimento gli atleti si
cospargevano il corpo di una sostanza composta da olio d’oliva per limitare le
abrasioni generale dallo sfregamento sulla sabbia e dalle scottature dovute
all’abitudine di combattere sotto il sole estivo o a metà giornata. Non c’erano
riprese e nemmeno limiti di tempo, si combatteva fino alla resa di uno degli
atleti che poteva essere anche per cedimento con il classico “ko”.Spesso era l’atleta che s’arrendeva, onorando
l’avversario vincitore (quando era in grado di poterlo fare fisicamente), alzando l’indice
in su verso l’arbitro. Una delle storie più famose in questa disciplina fu quella di un
certo Arrachione d’Arcadia che spezzò un dito del piede all’avversario mentre
questo lo strangolava.Nel farlo Arrachione morì soffocato mentre
l’avversario, proprio in quel momento s’arrendeva. I giudici furono costretti a
decretare come vincitore Arrachione....
da morto.Come già detto, nelle Olimpiadi era abitudine
combattere sotto il sole estivo dato che la maggior parte delle manifestazioni
avvenivano in piena estate. Gareggiare
sotto la cappa di calore con i
raggi perpendicolari era un nemico in più per la ricerca dell’agognata vittoria
e non di rado atleti famosissimi altrove, persero proprio per il disagio derivato
da questa difficile situazione ambientale.Si cospargevano il corpo di abbondante olio d’oliva
per contrastare le scottature ed anche per tutelare la pelle dalle abrasioni
dovute alle prese ed alle pressioni
continue nella fase della lotta. Si passava quindi sul corpo una strato di olio
e di sabbia chiamato “Gloios” che veniva successivamente eliminato negli
spogliatoi con l’uso dello “strigile”, un particolare arnese di metallo a forma
ricurva. Questa patina prelevata dal corpo dell’atleta veniva addirittura conservata e venduta perché gli si attribuivano poteri di guarigione e di
forza.I greci consideravano la lotta con i pugni una disciplina
completa con la quale l’uomo poteva sviluppare una mente vigile e reattiva in un corpo sano e robusto. L’atleta
gareggiava per se stesso e sempre per raggiungere il massimo, la superiorità o come si diceva nell’antichità l’“arete” cioè l’“eccellere”.Solo l’atleta vincitore meritava l’adulazione ed il
premio. Gli sconfitti provavano vergogna e venivano spesso umiliati, non
esisteva infatti la concezione del
secondo e del terzo posto.
Nella competizione del “pancrazio”
Città
[Siracusa] anche di Ligdami, che ai Giochi Olimpici antichi fu il primo
campione di pancrazio, la disciplina più prestigiosa di quei Giochi, madre a
tutt’oggi ineguagliata delle arti marziali a mani nude d’Occidente e d’Oriente
Nella competizione del “pancrazio”
Città
[Siracusa] anche di Ligdami, che ai Giochi Olimpici antichi fu il primo
campione di pancrazio, la disciplina più prestigiosa di quei Giochi, madre a
tutt’oggi ineguagliata delle arti marziali a mani nude d’Occidente e d’Oriente
Nella competizione del “pancrazio”
Città
[Siracusa] anche di Ligdami, che ai Giochi Olimpici antichi fu il primo
campione di pancrazio, la disciplina più prestigiosa di quei Giochi, madre a
tutt’oggi ineguagliata delle arti marziali a mani nude d’Occidente e d’Oriente
La prima edizione
del pancrazio vide trionfare un siracusano: LygdamisFu coronato con il
prestigioso olivo a Olimpia e non fu
solo il primo vincitoredi questo sport da
combattimento ma anche il primo siracusano che trionfò alle Olimpiadi.Fantasia ? Puasania “il Periegetea” (scrittore e
geografo greco antico, morto nel 180 d.C.) lasciò una testimonianza che s’unì alla leggenda.Lygdamis venne
paragonato fisicamente all’eroe Ercole. Si narra che non sudava mai perché le sue ossa erano prive
di midollo. La sua tomba venne eretta dai Siracusani all’interno delle Latomie.
Una sua statua con la sua immagine gli rendeva gloria eterna per la vittoria conseguita alle Olimpiadi. Pausania riportò una finale di pancrazio avvenuta nei
giochi Nemei, non specificando l’anno,
tra Creugante e Damosseno.
La prima edizione
del pancrazio vide trionfare un siracusano: LygdamisFu coronato con il
prestigioso olivo a Olimpia e non fu
solo il primo vincitoredi questo sport da
combattimento ma anche il primo siracusano che trionfò alle Olimpiadi.Fantasia ? Puasania “il Periegetea” (scrittore e
geografo greco antico, morto nel 180 d.C.) lasciò una testimonianza che s’unì alla leggenda.Lygdamis venne
paragonato fisicamente all’eroe Ercole. Si narra che non sudava mai perché le sue ossa erano prive
di midollo. La sua tomba venne eretta dai Siracusani all’interno delle Latomie.
Una sua statua con la sua immagine gli rendeva gloria eterna per la vittoria conseguita alle Olimpiadi. Pausania riportò una finale di pancrazio avvenuta nei
giochi Nemei, non specificando l’anno,
tra Creugante e Damosseno.
I due lottatori:Creugante di Epidammo e Damosseno di Siracusa I due lottatori
erano giunti alla finale. Le loro forze si eguagliavano e, poiché nel
regolamento non esisteva una regola sulla durata dell’incontro, il combattimento
durò tutto il giorno.
Alla sera i due
lottatori erano sul campo a combattere. Si decise allora, in accordo con i due
atleti, di permettere che
“fosse un sol colpo a stabilire il vincitore: il primo che avesse
colpito l’altroavrebbe vinto, e l’incontro sarebbe giunto al termine”.Fu Creugante a
colpire per primo l’avversario. Damosseno subì un colpo fortissimo alla testa
tanto da tramortirlo. Con quel colpo tutti credettero che l’incontro fosse
finito ma Damossesjo non volle arrendersi e decise di contrattaccare e,
approfittando del fianco scoperto di Creugante, che aveva ancora il braccio
destro alzato sopra la propria testa, gli sferrò un colpo così violento da
colpirli gli organi...
”tale da trafiggergli il fianco con la mano nuda.. e tirarne fuori le viscere”. Creugante morì
subito dopo. Gli Argivi s’indignaro con Damosseno per la morte dell’atleta
di Epidammo (Durazzo) perché non si era
voluto fermare e aveva quindi violato l’accordo. Dichiararono vincitore il
defunto Creugante ed esiliarono Damosseno.
I due lottatori:Creugante di Epidammo e Damosseno di Siracusa I due lottatori
erano giunti alla finale. Le loro forze si eguagliavano e, poiché nel
regolamento non esisteva una regola sulla durata dell’incontro, il combattimento
durò tutto il giorno.
Alla sera i due
lottatori erano sul campo a combattere. Si decise allora, in accordo con i due
atleti, di permettere che
“fosse un sol colpo a stabilire il vincitore: il primo che avesse
colpito l’altroavrebbe vinto, e l’incontro sarebbe giunto al termine”.Fu Creugante a
colpire per primo l’avversario. Damosseno subì un colpo fortissimo alla testa
tanto da tramortirlo. Con quel colpo tutti credettero che l’incontro fosse
finito ma Damossesjo non volle arrendersi e decise di contrattaccare e,
approfittando del fianco scoperto di Creugante, che aveva ancora il braccio
destro alzato sopra la propria testa, gli sferrò un colpo così violento da
colpirli gli organi...
”tale da trafiggergli il fianco con la mano nuda.. e tirarne fuori le viscere”. Creugante morì
subito dopo. Gli Argivi s’indignaro con Damosseno per la morte dell’atleta
di Epidammo (Durazzo) perché non si era
voluto fermare e aveva quindi violato l’accordo. Dichiararono vincitore il
defunto Creugante ed esiliarono Damosseno.
Alla sera i due lottatori erano sul campo a combattere. Si decise allora, in accordo con i due atleti, di permettere che
Statue dei due pancraziasti: Creagus da Epidammo e Damoxenos di Siracusa
Artista: Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre
1822)
Creugante è ben piantato sulle
gambe divaricate, tiene il braccio destro col pugno chiuso sopra la testa,
aspettando il colpo dell'avversario. Quasi istintivamente si prepara alla
risposta e gli presta il fianco.
Damosseno protegge il petto con il braccio sinistro, quasi voglia farsene
scudo. La mano destra è aperta e protesa come una lama per sferrare il colpo
mortale. Il suo aspetto è particolarmente brutale e aggressivo. Lo sguardo
trasmette disumanità e ferocia; nel volto è disegnata un'espressione violenta,
spietata e un manifesto odio.
Statue dei due pancraziasti: Creagus da Epidammo e Damoxenos di Siracusa
Artista: Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre
1822)
Creugante è ben piantato sulle
gambe divaricate, tiene il braccio destro col pugno chiuso sopra la testa,
aspettando il colpo dell'avversario. Quasi istintivamente si prepara alla
risposta e gli presta il fianco.
Damosseno protegge il petto con il braccio sinistro, quasi voglia farsene
scudo. La mano destra è aperta e protesa come una lama per sferrare il colpo
mortale. Il suo aspetto è particolarmente brutale e aggressivo. Lo sguardo
trasmette disumanità e ferocia; nel volto è disegnata un'espressione violenta,
spietata e un manifesto odio.
Statue dei due pancraziasti: Creagus da Epidammo e Damoxenos di Siracusa
Artista: Antonio Canova (Possagno, 1 novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre
1822)
Creugante è ben piantato sulle
gambe divaricate, tiene il braccio destro col pugno chiuso sopra la testa,
aspettando il colpo dell'avversario. Quasi istintivamente si prepara alla
risposta e gli presta il fianco.
Damosseno protegge il petto con il braccio sinistro, quasi voglia farsene
scudo. La mano destra è aperta e protesa come una lama per sferrare il colpo
mortale. Il suo aspetto è particolarmente brutale e aggressivo. Lo sguardo
trasmette disumanità e ferocia; nel volto è disegnata un'espressione violenta,
spietata e un manifesto odio.
Nelle gare equestri il vincitore non era il fantino o
l’auriga ma il proprietario dei cavalli che si occupava del loro allevamento e
addestramento. La disciplina olimpica della corsa a cavallo fu inserita nelle
manifestazioni sportive nella 33° Olimpiade, nell’anno 648 a.C. (quando ci fu
la prima vittoria siracusana nella gara del “pancrazio”) e il primo vincitore
fu Krauxidas della città di Crannon in Tessaglia. Gerone I (Ierone), tiranno di Siracusa, vinse la corsa
a cavallo (“keles” celete) nella 76° Olimpiade nell’anno 476 a.C.Ad assistere sugli spalti di Olimpia c’era l’ateniese
Temistocle che fu portato in trionfo dal pubblico in quanto fautore della
potenza navale ateniese (sconfisse il re persiano Serse I). Era la prima
Olimpiade dopo la fine delle guerre persiane.La vittoria di Gerone fece molto scalpore per
l’importanza del personaggio politico.Era il figlio secondo genito dell’importante e potente
famiglia dei Dinomenidi che primeggiava in Sicilia. Aveva sostituito il
fratello Gelone sul trono della potente e ricca polis Siracusa e per questo motivo le sue gesta sportive
ebbero un alta risonanza sia in Grecia che nella Magna Grecia. Le sue vittorie
furono celebrate dai più grandi poeti del tempo, come Pindaro e Bacchilide che
gli dedicarono delle odi. Gerone amava e favoriva la cultura a corte.Prima di citare le gare in cui vince Gerone I è
importare chiarire il significato di Giochi Panellenici cioè “di tutti i
greci”.
Erano competizioni sportive a carattere sacro che
impegnavano tutte le città dell’Ellade (Grecia) e “Giochi Panellenici” era quindi un termine
collettivo con cui s’indicavano quattro diverse manifestazioni o eventi:-
Giochi Olimpici; erano i giochi più importanti e si
tenevano ogni quattro anni ad Olimpia nell’Elide ed erano dedicati a Zeus;-
Giochi Pitici; si svolgevano ogni quattro anni a Delfi
ed erano dedicati ad Apollo;-
Giochi Nemei; si tenevano ogni due anni i Nemea ed
erano anch’essi dedicati a Zeus;-
Giochi Istimici; si tenevano ogni due anni nei pressi
di Corinto ed erano dedicati a Poseidone.I giochi venivano organizzati seguendo un ciclo di
quattro anni, noto con il termine di “Olimpiadi”, ed era un metodo con cui i
Greci misuravano il tempo.I
Giochi Olimpici venivano presi come punto di partenza, ovvero rappresentavano
il primo anno del ciclo; nel secondo anno si tenevano sia i Giochi Nemei che i
Giochi Istmici (in mesi diversi), seguiti dai Giochi Pitici nel terzo anno e da
una nuova edizione dei Nemei e Istmici nel quarto. A quel punto il ciclo
ricominciava con la disputa dei Giochi Olimpici. Erano organizzati in questo
modo affinché gli atleti potessero partecipare a tutti i giochi.Gerone I era conosciuto come un ottimo cavaliere ed
auriga. I cavalli venivano montati senza sella e senza staffe cioè a “pelo”.Il tiranno di Siracusa vinse ben sei volte ai Giochi
Panellenici:-
3 volte ai Giochi Olimpici;-
3 volte ai Giochi Pitici.La sua prima vittoria avvenne ai Giochi Pitici.-
482 a.C. – 74a Olimpiade – Giochi Pitici come cavaliere, montava un cavallo quando
ancora era tiranno di Gela;-
478 a.C. - 75a
Olimpiade – Giochi Pitici come cavaliere . anno della sua incoronazione come
secondo tiranno della polis di Siracusa (dopo la morte del fratello Gelone);-
476 a.C.; Pindaro, riprendendo
un testo dell’aristotelico Teofrasto, scrisse che quando Gerone s’iscrisse alle
sue prime Olimpiadi, quelle del 476 a.C. ad Olimpia, per gareggiare con
i cavalli, incontrò una ferma opposizione da parte di Temistocle. L’ateniese
rimproverò a Gerone il fatto che suo
fratello Gelone, allora tiranno di Siracusa, si rifiutò di fornire aiuti
militari alla Grecia che era minacciata dai Persiani di Serse. Temistocle, aggiunse Claudio Eliano, affermò
cheChi non aveva
voluto condividere con la Grecia il più grande pericolo(la
guerra contro Serse) non poteva adesso avere l’ardire di prendere parte ai più grandi convegni
dell’Ellade (le Olimpiadi) e
dividere con i Greci tali piaceri
Temistocle ordinò di distruggere
la tenda di Gerone e d’impedire ai suoi cavalieri di gareggiare. Le persone presenti alla scena, lodarono il
comportamento del capo ateniese ma Gerone partecipò lo stesso alla gara e
vinse.
-
Nel 474 a.C. ci fu una nuova edizione dei
giochi Pitici e Gerone non vi partecipò perchè ammalato. Mandò a gareggiare a
Delfi il suo cavallo “ferenico”. Pindaro riportò l’avvenimento e riferì come il
tiranno di Siracusa fu ingiustamente privato della sua quarta vittoria ai
Giochi Panellenici:
Nelle gare equestri il vincitore non era il fantino o
l’auriga ma il proprietario dei cavalli che si occupava del loro allevamento e
addestramento. La disciplina olimpica della corsa a cavallo fu inserita nelle
manifestazioni sportive nella 33° Olimpiade, nell’anno 648 a.C. (quando ci fu
la prima vittoria siracusana nella gara del “pancrazio”) e il primo vincitore
fu Krauxidas della città di Crannon in Tessaglia. Gerone I (Ierone), tiranno di Siracusa, vinse la corsa
a cavallo (“keles” celete) nella 76° Olimpiade nell’anno 476 a.C.Ad assistere sugli spalti di Olimpia c’era l’ateniese
Temistocle che fu portato in trionfo dal pubblico in quanto fautore della
potenza navale ateniese (sconfisse il re persiano Serse I). Era la prima
Olimpiade dopo la fine delle guerre persiane.La vittoria di Gerone fece molto scalpore per
l’importanza del personaggio politico.Era il figlio secondo genito dell’importante e potente
famiglia dei Dinomenidi che primeggiava in Sicilia. Aveva sostituito il
fratello Gelone sul trono della potente e ricca polis Siracusa e per questo motivo le sue gesta sportive
ebbero un alta risonanza sia in Grecia che nella Magna Grecia. Le sue vittorie
furono celebrate dai più grandi poeti del tempo, come Pindaro e Bacchilide che
gli dedicarono delle odi. Gerone amava e favoriva la cultura a corte.Prima di citare le gare in cui vince Gerone I è
importare chiarire il significato di Giochi Panellenici cioè “di tutti i
greci”.
Erano competizioni sportive a carattere sacro che
impegnavano tutte le città dell’Ellade (Grecia) e “Giochi Panellenici” era quindi un termine
collettivo con cui s’indicavano quattro diverse manifestazioni o eventi:-
Giochi Olimpici; erano i giochi più importanti e si
tenevano ogni quattro anni ad Olimpia nell’Elide ed erano dedicati a Zeus;-
Giochi Pitici; si svolgevano ogni quattro anni a Delfi
ed erano dedicati ad Apollo;-
Giochi Nemei; si tenevano ogni due anni i Nemea ed
erano anch’essi dedicati a Zeus;-
Giochi Istimici; si tenevano ogni due anni nei pressi
di Corinto ed erano dedicati a Poseidone.I giochi venivano organizzati seguendo un ciclo di
quattro anni, noto con il termine di “Olimpiadi”, ed era un metodo con cui i
Greci misuravano il tempo.I
Giochi Olimpici venivano presi come punto di partenza, ovvero rappresentavano
il primo anno del ciclo; nel secondo anno si tenevano sia i Giochi Nemei che i
Giochi Istmici (in mesi diversi), seguiti dai Giochi Pitici nel terzo anno e da
una nuova edizione dei Nemei e Istmici nel quarto. A quel punto il ciclo
ricominciava con la disputa dei Giochi Olimpici. Erano organizzati in questo
modo affinché gli atleti potessero partecipare a tutti i giochi.Gerone I era conosciuto come un ottimo cavaliere ed
auriga. I cavalli venivano montati senza sella e senza staffe cioè a “pelo”.Il tiranno di Siracusa vinse ben sei volte ai Giochi
Panellenici:-
3 volte ai Giochi Olimpici;-
3 volte ai Giochi Pitici.La sua prima vittoria avvenne ai Giochi Pitici.-
482 a.C. – 74a Olimpiade – Giochi Pitici come cavaliere, montava un cavallo quando
ancora era tiranno di Gela;-
478 a.C. - 75a
Olimpiade – Giochi Pitici come cavaliere . anno della sua incoronazione come
secondo tiranno della polis di Siracusa (dopo la morte del fratello Gelone);-
476 a.C.; Pindaro, riprendendo
un testo dell’aristotelico Teofrasto, scrisse che quando Gerone s’iscrisse alle
sue prime Olimpiadi, quelle del 476 a.C. ad Olimpia, per gareggiare con
i cavalli, incontrò una ferma opposizione da parte di Temistocle. L’ateniese
rimproverò a Gerone il fatto che suo
fratello Gelone, allora tiranno di Siracusa, si rifiutò di fornire aiuti
militari alla Grecia che era minacciata dai Persiani di Serse. Temistocle, aggiunse Claudio Eliano, affermò
cheChi non aveva
voluto condividere con la Grecia il più grande pericolo(la
guerra contro Serse) non poteva adesso avere l’ardire di prendere parte ai più grandi convegni
dell’Ellade (le Olimpiadi) e
dividere con i Greci tali piaceri
Temistocle ordinò di distruggere
la tenda di Gerone e d’impedire ai suoi cavalieri di gareggiare. Le persone presenti alla scena, lodarono il
comportamento del capo ateniese ma Gerone partecipò lo stesso alla gara e
vinse.
-
Nel 474 a.C. ci fu una nuova edizione dei
giochi Pitici e Gerone non vi partecipò perchè ammalato. Mandò a gareggiare a
Delfi il suo cavallo “ferenico”. Pindaro riportò l’avvenimento e riferì come il
tiranno di Siracusa fu ingiustamente privato della sua quarta vittoria ai
Giochi Panellenici:
- Nel 474 a.C. ci fu una nuova edizione dei giochi Pitici e Gerone non vi partecipò perchè ammalato. Mandò a gareggiare a Delfi il suo cavallo “ferenico”. Pindaro riportò l’avvenimento e riferì come il tiranno di Siracusa fu ingiustamente privato della sua quarta vittoria ai Giochi Panellenici:
se un dio, anziché un uomo, avesse
retto la bilancia in modo giusto, ora noi potremmo celebrare Ierone per la
quarta volta
Pindaro,
nella sua “Pitica III” dedicata a
Gerone, augura al tiranno di
Siracusa una pronta
guarigione e si congratula con lui per la gara equestre:
Agli dèi conviene chiedere ciò che è
conforme alla mente mortale, pensando
al presente a alla nostra
misura [...]. Se ancora il saggio Chirone abitasse la
sua grotta... lo indurrei a
offrire agli uomini pii un guaritore di morbi cocenti,
chiamato figlio d'Apollo o figlio
di Zeus. E avrei tagliato con la nave il mare
Ionio, per venire alla fonte
Aretusa, alla casa del signore di Siracusa [...]. Gli avrei portato un duplice dono: l'aurea salute
e il canto epinicio
per la splendida
gara di Pito
Pindaro, Pitica
III
se un dio, anziché un uomo, avesse
retto la bilancia in modo giusto, ora noi potremmo celebrare Ierone per la
quarta volta
Pindaro,
nella sua “Pitica III” dedicata a
Gerone, augura al tiranno di
Siracusa una pronta
guarigione e si congratula con lui per la gara equestre:
Agli dèi conviene chiedere ciò che è
conforme alla mente mortale, pensando
al presente a alla nostra
misura [...]. Se ancora il saggio Chirone abitasse la
sua grotta... lo indurrei a
offrire agli uomini pii un guaritore di morbi cocenti,
chiamato figlio d'Apollo o figlio
di Zeus. E avrei tagliato con la nave il mare
Ionio, per venire alla fonte
Aretusa, alla casa del signore di Siracusa [...]. Gli avrei portato un duplice dono: l'aurea salute
e il canto epinicio
per la splendida
gara di Pito
Pindaro, Pitica
III
se un dio, anziché un uomo, avesse
retto la bilancia in modo giusto, ora noi potremmo celebrare Ierone per la
quarta volta
Pindaro,
nella sua “Pitica III” dedicata a
Gerone, augura al tiranno di
Siracusa una pronta
guarigione e si congratula con lui per la gara equestre:
Agli dèi conviene chiedere ciò che è
conforme alla mente mortale, pensando
al presente a alla nostra
misura [...]. Se ancora il saggio Chirone abitasse la
sua grotta... lo indurrei a
offrire agli uomini pii un guaritore di morbi cocenti,
chiamato figlio d'Apollo o figlio
di Zeus. E avrei tagliato con la nave il mare
Ionio, per venire alla fonte
Aretusa, alla casa del signore di Siracusa [...]. Gli avrei portato un duplice dono: l'aurea salute
e il canto epinicio
per la splendida
gara di Pito
Pindaro, Pitica
III
-
472 a.C. – 77a Olimpiade – Giochi Pitici
come cavaliere.
-
470 a.C. – Giochi Pitici – Delfi, vince la
gara con “il carro da guerra” ovvero la quadriga tirata da quattro cavalli;
-
468 a.C. – 78a Olimpiade, vince ancora con
la quadriga ed è l’ultima sua partecipazione ai Giochi Panellenici.
-
472 a.C. – 77a Olimpiade – Giochi Pitici
come cavaliere.
-
470 a.C. – Giochi Pitici – Delfi, vince la
gara con “il carro da guerra” ovvero la quadriga tirata da quattro cavalli;
-
468 a.C. – 78a Olimpiade, vince ancora con
la quadriga ed è l’ultima sua partecipazione ai Giochi Panellenici.
- 472 a.C. – 77a Olimpiade – Giochi Pitici come cavaliere.
- 470 a.C. – Giochi Pitici – Delfi, vince la gara con “il carro da guerra” ovvero la quadriga tirata da quattro cavalli;
- 468 a.C. – 78a Olimpiade, vince ancora con la quadriga ed è l’ultima sua partecipazione ai Giochi Panellenici.
Pindaro e Bacchilide con le loro opere permisero di
conoscere il nome del cavallo del tiranno aretuseo: “Ferenico”
(“Pherenikos” cioè “Colui che porta la vittoria”) ed anche a lui furono dedicati dei versi. Insieme a “Bucefalo”, il cavallo di Alessandro Magno, fu
annoverato tra gli animali più celebri della storia.
Aurora dalle
braccia d'oro ha visto vincere Ferenico dalla fulva criniera, puledro veloce
come il turbine, presso l'Alfeo dall'ampia onda e nella divina Pito. Lo
proclamo poggiando a terra la mano: in una gara non lo ha mai imbrattato la
polvere di un cavallo che lo precedesse nell'impeto verso il traguardo. Simile
a raffica di Borea si slancia, attento a chi lo governa, e per Ierone
amico degli ospiti segna la vittoria subito salutata dall'applauso
Bacchilide, V,
37-49
Sù, coraggio,
prendi dal piolo la dorica lira se il successo di Pisa e Ferenico un pensiero
t’insinuò tra le cure dolcissime, quando si slanciò lungo l’Alfeo, stazza senza
sperone offrendo nella corsa, ed al trionfo unì il proprio padrone, siracusano
re, cavalleggero: e gloria gli rifulge nella maschia colonia
di Pelope lidio; si innamorò di lui il possente Auriga della Terra, Posidone,
dacché lo trasse Cloto dal puro bacile con la spalla lucente orna
d’avorio
Pindaro, Olimpica
I, 19-23
La gara delle quadrighe era una delle più antiche
anche se venne introdotta ufficialmente nella competizione del 680 a.C. e
affondava le sue radici nel panorama bellico. Per gli elevati costi che comportava e anche per
ragioni simboliche, come la gloria che nel derivava da un eventuale vittoria, era riservata quasi esclusivamente all’aristocrazia. Per capire l’importanza della gara e il prestigio di
Gerone e di Siracusa nella vittoria c’è da dire che tra i vincitori ci furono
figure importanti, veri artefici della Storia come Cimone, Callia II.
Alcibiade. Filippo II di Macedonia, Tiberio Claudio Nerone. (l’Imperatore romane vinse la gara nel 4 secolo a.C.
ed istituì anche una gara su un carro trainato da ben 10 cavalli nella quale fu
anche vincitore. Una gara che nelle successive Olimpiadi non venne riproposta).Gli storici antichi vengono sempre in aiuto, con le
loro testimonianze, nel fare luce sui
vari personaggi. Bacchilide affermò che
Pindaro e Bacchilide con le loro opere permisero di
conoscere il nome del cavallo del tiranno aretuseo: “Ferenico”
(“Pherenikos” cioè “Colui che porta la vittoria”) ed anche a lui furono dedicati dei versi. Insieme a “Bucefalo”, il cavallo di Alessandro Magno, fu
annoverato tra gli animali più celebri della storia.
Aurora dalle
braccia d'oro ha visto vincere Ferenico dalla fulva criniera, puledro veloce
come il turbine, presso l'Alfeo dall'ampia onda e nella divina Pito. Lo
proclamo poggiando a terra la mano: in una gara non lo ha mai imbrattato la
polvere di un cavallo che lo precedesse nell'impeto verso il traguardo. Simile
a raffica di Borea si slancia, attento a chi lo governa, e per Ierone
amico degli ospiti segna la vittoria subito salutata dall'applauso
Bacchilide, V,
37-49
Sù, coraggio,
prendi dal piolo la dorica lira se il successo di Pisa e Ferenico un pensiero
t’insinuò tra le cure dolcissime, quando si slanciò lungo l’Alfeo, stazza senza
sperone offrendo nella corsa, ed al trionfo unì il proprio padrone, siracusano
re, cavalleggero: e gloria gli rifulge nella maschia colonia
di Pelope lidio; si innamorò di lui il possente Auriga della Terra, Posidone,
dacché lo trasse Cloto dal puro bacile con la spalla lucente orna
d’avorio
Pindaro, Olimpica
I, 19-23
La gara delle quadrighe era una delle più antiche
anche se venne introdotta ufficialmente nella competizione del 680 a.C. e
affondava le sue radici nel panorama bellico. Per gli elevati costi che comportava e anche per
ragioni simboliche, come la gloria che nel derivava da un eventuale vittoria, era riservata quasi esclusivamente all’aristocrazia. Per capire l’importanza della gara e il prestigio di
Gerone e di Siracusa nella vittoria c’è da dire che tra i vincitori ci furono
figure importanti, veri artefici della Storia come Cimone, Callia II.
Alcibiade. Filippo II di Macedonia, Tiberio Claudio Nerone. (l’Imperatore romane vinse la gara nel 4 secolo a.C.
ed istituì anche una gara su un carro trainato da ben 10 cavalli nella quale fu
anche vincitore. Una gara che nelle successive Olimpiadi non venne riproposta).Gli storici antichi vengono sempre in aiuto, con le
loro testimonianze, nel fare luce sui
vari personaggi. Bacchilide affermò che
Aurora dalle braccia d'oro ha visto vincere Ferenico dalla fulva criniera, puledro veloce come il turbine, presso l'Alfeo dall'ampia onda e nella divina Pito. Lo proclamo poggiando a terra la mano: in una gara non lo ha mai imbrattato la polvere di un cavallo che lo precedesse nell'impeto verso il traguardo. Simile a raffica di Borea si slancia, attento a chi lo governa, e per Ierone amico degli ospiti segna la vittoria subito salutata dall'applauso
Bacchilide, V, 37-49
Sù, coraggio, prendi dal piolo la dorica lira se il successo di Pisa e Ferenico un pensiero t’insinuò tra le cure dolcissime, quando si slanciò lungo l’Alfeo, stazza senza sperone offrendo nella corsa, ed al trionfo unì il proprio padrone, siracusano re, cavalleggero: e gloria gli rifulge nella maschia colonia di Pelope lidio; si innamorò di lui il possente Auriga della Terra, Posidone, dacché lo trasse Cloto dal puro bacile con la spalla lucente orna d’avorio
Pindaro, Olimpica I, 19-23
Nessun greco donò al Santuario di Apollo presso Delfi,
più oro di Gerone (Ierone) I. il tiranno siracusano dedicò al dio del sole
importanti offerte votive fatte del metallo più prezioso, e il figlio di
Zeus lo
ricompensò concedendogli le vittorie negli agoni pitici, quelli in suo
onore.
Gerone affidò a Bacchilide la composizione poetica per
la sua ultima vittoria olimpica e il poeta, che era nativo di Ceo, definì lo
statista come
Eroe caro agli dei.... amante dei cavalli... valoroso.Nel 468 a.C. Gerone non guidò la quadriga e al suo
posto c’era Chromios che vinse la gara. Gerone morirà l’anno dopo e gli succedette l’ultimo dei Dinomenidi: il
fratello Trasibulo e come vedremo il suo governo non durerà a lungo.Il nome di Gerone
spicca nel tempio di Apollo di Delfi come in quello di Zeus ad Olimpia.
Come abbiamo visto donò al santuario di Delfi un tripode d’oro (come aveva
fatto suo fratello Gelone) e una Nike,
dea della vittoria. Sempre a Gerone apparterebbe anche l’Auriga di Delfi anche
se in realtà è presente una scritta dedicatoria da parte del fratello Polizelo.
Scritta che fu apposta cancellando (è presente una leggera abrasione) il nome
di Gerone.A Gerone ed ai suoi tre fratelli venne inoltre fatta
una dedica all’interno del santuario, sempre di Delfi, da parte del poeta
Simonide di Ceo per ringraziarli di aver difeso la grecità contro i Barbarinel
480 a.C.(Mentre i Greci di Sparta ed Atene combattevano la
battaglia di Salamina, in quello stesso giorno in Sicilia, Siracusa ed
Agrigento, capitanati dai Dinomenidi, respingevano gli assalti dei Cartaginesi ad Imera). Nel tempio di Zeus ad Olimpia il figlio di Gerone,
Dinomene, fece costruire nel 4 76 a.C. un monumento con iscrizioni che fu
scolpito da Onata e Calamide. Un
scultura in bronzo che raffigurava un carro sule quale saliva un uomo, fiancheggiato da due cavalli
montati da due bambini. Una scultura in memoria delle gloriose vittorie del
padre.Nelle gare c’era anche la corsa con il carro trainato
da mule, detta “Apene” (ἀπήνη)
ed introdotta alle Olimpiadi nel 500 a.C.. il primo vincitore in questa
competizione giungeva dalla Tessaglia e vinse con un carro trainato da quattro
mule. L’auriga stava seduto perché il carro era munito di un sedile. Uno strano
connubio tra l’auriga, generalmente famoso per la sua carriera militare, e il
mulo che veniva usato dai Greci per il trasporto della merce,I
motivi per cui questa gara fu introdotta nelle Olimpiadi non sono sicuri.
Sembra che sia stato qualche tiranno ad
introdurre questa competizione e doveva essere un personaggio influente
della Magna Grecia o della Sicilia.I
Greci d’Occidente erano molto famosi nell’allevamento dei muli. Infatti,
escludendo il primo vincitore della disciplina sportiva, tutti gli altri
trionfatori provenivano proprio dalla Magna Grecia: Anassila (Ananassilao),
tiraggio di Reghion, vittorio nel 480 a.C. e nemico di Gerone; Psaumida di Camarina,
vittorio nel 456 a.C.Dopo
Anassila il trionfatore della gara dei muli fu il siracusano Agesia, nell’81a Olimpiade, quella che vide
trionfare Gerone per l’ultima volta. La sua auriga si chiamava “Finti”. Pindaro
dedicò al siracusano Agesia la sua sesta opera olimpica e rese noto come fosse un generale di Gerone e anche suo amico
e indovino. Agesia proveniva dagli Iamidi, citati da Pindaro come co-fondatori di Siracusa. Gli Olimpi lo vollero come sacerdote dell’oracolo nel
tempio di Zeus. Agesia morì poco dopo la scomparsa del suo amico Gerone,
travolto dalle lotte per la successione al trono di Siracusa.
Nessun greco donò al Santuario di Apollo presso Delfi,
più oro di Gerone (Ierone) I. il tiranno siracusano dedicò al dio del sole
importanti offerte votive fatte del metallo più prezioso, e il figlio di
Zeus lo
ricompensò concedendogli le vittorie negli agoni pitici, quelli in suo
onore.
Gerone affidò a Bacchilide la composizione poetica per
la sua ultima vittoria olimpica e il poeta, che era nativo di Ceo, definì lo
statista come
Eroe caro agli dei.... amante dei cavalli... valoroso.Nel 468 a.C. Gerone non guidò la quadriga e al suo
posto c’era Chromios che vinse la gara. Gerone morirà l’anno dopo e gli succedette l’ultimo dei Dinomenidi: il
fratello Trasibulo e come vedremo il suo governo non durerà a lungo.Il nome di Gerone
spicca nel tempio di Apollo di Delfi come in quello di Zeus ad Olimpia.
Come abbiamo visto donò al santuario di Delfi un tripode d’oro (come aveva
fatto suo fratello Gelone) e una Nike,
dea della vittoria. Sempre a Gerone apparterebbe anche l’Auriga di Delfi anche
se in realtà è presente una scritta dedicatoria da parte del fratello Polizelo.
Scritta che fu apposta cancellando (è presente una leggera abrasione) il nome
di Gerone.A Gerone ed ai suoi tre fratelli venne inoltre fatta
una dedica all’interno del santuario, sempre di Delfi, da parte del poeta
Simonide di Ceo per ringraziarli di aver difeso la grecità contro i Barbarinel
480 a.C.(Mentre i Greci di Sparta ed Atene combattevano la
battaglia di Salamina, in quello stesso giorno in Sicilia, Siracusa ed
Agrigento, capitanati dai Dinomenidi, respingevano gli assalti dei Cartaginesi ad Imera). Nel tempio di Zeus ad Olimpia il figlio di Gerone,
Dinomene, fece costruire nel 4 76 a.C. un monumento con iscrizioni che fu
scolpito da Onata e Calamide. Un
scultura in bronzo che raffigurava un carro sule quale saliva un uomo, fiancheggiato da due cavalli
montati da due bambini. Una scultura in memoria delle gloriose vittorie del
padre.Nelle gare c’era anche la corsa con il carro trainato
da mule, detta “Apene” (ἀπήνη)
ed introdotta alle Olimpiadi nel 500 a.C.. il primo vincitore in questa
competizione giungeva dalla Tessaglia e vinse con un carro trainato da quattro
mule. L’auriga stava seduto perché il carro era munito di un sedile. Uno strano
connubio tra l’auriga, generalmente famoso per la sua carriera militare, e il
mulo che veniva usato dai Greci per il trasporto della merce,I
motivi per cui questa gara fu introdotta nelle Olimpiadi non sono sicuri.
Sembra che sia stato qualche tiranno ad
introdurre questa competizione e doveva essere un personaggio influente
della Magna Grecia o della Sicilia.I
Greci d’Occidente erano molto famosi nell’allevamento dei muli. Infatti,
escludendo il primo vincitore della disciplina sportiva, tutti gli altri
trionfatori provenivano proprio dalla Magna Grecia: Anassila (Ananassilao),
tiraggio di Reghion, vittorio nel 480 a.C. e nemico di Gerone; Psaumida di Camarina,
vittorio nel 456 a.C.Dopo
Anassila il trionfatore della gara dei muli fu il siracusano Agesia, nell’81a Olimpiade, quella che vide
trionfare Gerone per l’ultima volta. La sua auriga si chiamava “Finti”. Pindaro
dedicò al siracusano Agesia la sua sesta opera olimpica e rese noto come fosse un generale di Gerone e anche suo amico
e indovino. Agesia proveniva dagli Iamidi, citati da Pindaro come co-fondatori di Siracusa. Gli Olimpi lo vollero come sacerdote dell’oracolo nel
tempio di Zeus. Agesia morì poco dopo la scomparsa del suo amico Gerone,
travolto dalle lotte per la successione al trono di Siracusa.
più oro di Gerone (Ierone) I. il tiranno siracusano dedicò al dio del sole
importanti offerte votive fatte del metallo più prezioso, e il figlio di Zeus lo
ricompensò concedendogli le vittorie negli agoni pitici, quelli in suo onore.
Eroe caro agli dei.... amante dei cavalli... valoroso.
Se un uomo
vincesse le gare in Olimpia;
Se in Pisa dell’ara di Giove fatidica fosse ministro;
Se lui Siracusa la illustre dicesse suo figlio: che iode, che inno dei suoi
cittadini potrebbe tal uomo evitare?
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 5-8.
Se un uomo
vincesse le gare in Olimpia;
Se in Pisa dell’ara di Giove fatidica fosse ministro;
Se lui Siracusa la illustre dicesse suo figlio: che iode, che inno dei suoi
cittadini potrebbe tal uomo evitare?
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 5-8.
Se un uomo
vincesse le gare in Olimpia;
Se in Pisa dell’ara di Giove fatidica fosse ministro;
Se lui Siracusa la illustre dicesse suo figlio: che iode, che inno dei suoi
cittadini potrebbe tal uomo evitare?
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 5-8.
Phìntis, aggiogami
ora il vigore delle mule
al più presto, perché su un percorso aperto
guidiamo il carro ed io giunga alla stirpe, all’origine prima
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 22
Phìntis, aggiogami
ora il vigore delle mule
al più presto, perché su un percorso aperto
guidiamo il carro ed io giunga alla stirpe, all’origine prima
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 22
Phìntis, aggiogami
ora il vigore delle mule
al più presto, perché su un percorso aperto
guidiamo il carro ed io giunga alla stirpe, all’origine prima
Pindaro, Olimpica
VI: Ad Agesia, vv. 22
La
gara del carro trainato da mule fu ben presto abolita da Olimpia. Questo avvenne
nel 444 a.C.. il motivo sarebbe da ricercare in un antica tradizione secondo la
quale, a causa di una maledizione, era vietato allevare muli e mule. Secondo
Pausania il motivo sarebbe da ricercare nel mancato gradimento offerto dal
pubblico. I Greci consideravo qualcosa di innaturale far correre delle mule
perché l’animale era visto dalla popolazione come un sostegno necessario per il trasporto e anche per la forza che mostrava nei lavori
agricoli. Non era quindi un animale adatto per le gare di velocità.Dallo
studio delle gare ippiche d’Olimpia si
può affermare che:-
Siracusa
fu una delle sole sei città di tutto l’Occidente a vincere nelle gare ippiche
nelle Olimpiadi. Le altre cinque furono: Gela, Agrigento, Reggio, Camerina ed
Imera;-
Gerone
I fu il solo greco d’Occidente a trionfare per più d’una volta alla corsa con
“il cavallo montato” come fantino;-
Gerone
I fu uno dei pochi partecipanti a vincere (3 o più vittorie olimpiche
consecutive) per il V secolo a.C., insieme a Evagora di Sparta (3 vittorie
consecutive con la quadriga di cavalli) e Cimone di Atene (3 vittorie
consecutive con la quadriga di cavalli) per il VI secolo a.C. e all’imperatore
Nerone che trionfò tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C.
(3 vittorie consecutive tra quadriga e puledri);-
Siracusa
risultò essere una delle sole 6 città olimpiche e nazioni olimpiche il cui nome
compare nella lista dei vincitori ippici in molteplici discipline.
La
gara del carro trainato da mule fu ben presto abolita da Olimpia. Questo avvenne
nel 444 a.C.. il motivo sarebbe da ricercare in un antica tradizione secondo la
quale, a causa di una maledizione, era vietato allevare muli e mule. Secondo
Pausania il motivo sarebbe da ricercare nel mancato gradimento offerto dal
pubblico. I Greci consideravo qualcosa di innaturale far correre delle mule
perché l’animale era visto dalla popolazione come un sostegno necessario per il trasporto e anche per la forza che mostrava nei lavori
agricoli. Non era quindi un animale adatto per le gare di velocità.Dallo
studio delle gare ippiche d’Olimpia si
può affermare che:-
Siracusa
fu una delle sole sei città di tutto l’Occidente a vincere nelle gare ippiche
nelle Olimpiadi. Le altre cinque furono: Gela, Agrigento, Reggio, Camerina ed
Imera;-
Gerone
I fu il solo greco d’Occidente a trionfare per più d’una volta alla corsa con
“il cavallo montato” come fantino;-
Gerone
I fu uno dei pochi partecipanti a vincere (3 o più vittorie olimpiche
consecutive) per il V secolo a.C., insieme a Evagora di Sparta (3 vittorie
consecutive con la quadriga di cavalli) e Cimone di Atene (3 vittorie
consecutive con la quadriga di cavalli) per il VI secolo a.C. e all’imperatore
Nerone che trionfò tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C.
(3 vittorie consecutive tra quadriga e puledri);-
Siracusa
risultò essere una delle sole 6 città olimpiche e nazioni olimpiche il cui nome
compare nella lista dei vincitori ippici in molteplici discipline.
...............................................
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10 . Dopo la morte di Gerone I
10 . Dopo la morte di Gerone I
10 . Dopo la morte di Gerone I
Del vecchio capostipite Dinomene di Gela (detto anche
“Il vecchio” e morto verso il 491 a.C. a Gela, discendente di Antifemo e dei
Lidj, entrambi originari di Rodi e cofondatori con Entimo di Creta della città
di Gela)) gli erano morti i figli: Gelone;
Gerone I, Polizelo. Restava il figlio minore Trasibulo. La successione di Gerone sarebbe dovuta toccare al
figlio Dinomene che era stato posto dallo stesso Gerone a capo della città di
Aitna quando fu popolata dai coloni. Trasibulo sembra che abbia agito militarmente contro
Dinomene e alla fine prese il comando di Siracusa. La sua azione militare
provocò, in seno alla famiglia dei Dinomenidi, una vera e propria scissione che la porterà alla sua definitiva
decadenza e scomparsa.L’antica profezia
s’era realizzata come narra Plutarco...
Del vecchio capostipite Dinomene di Gela (detto anche
“Il vecchio” e morto verso il 491 a.C. a Gela, discendente di Antifemo e dei
Lidj, entrambi originari di Rodi e cofondatori con Entimo di Creta della città
di Gela)) gli erano morti i figli: Gelone;
Gerone I, Polizelo. Restava il figlio minore Trasibulo. La successione di Gerone sarebbe dovuta toccare al
figlio Dinomene che era stato posto dallo stesso Gerone a capo della città di
Aitna quando fu popolata dai coloni. Trasibulo sembra che abbia agito militarmente contro
Dinomene e alla fine prese il comando di Siracusa. La sua azione militare
provocò, in seno alla famiglia dei Dinomenidi, una vera e propria scissione che la porterà alla sua definitiva
decadenza e scomparsa.L’antica profezia
s’era realizzata come narra Plutarco...
“Dinomene “Il Vecchio” chiese all’oracolo di Delfi
quale sarebbe stato il futuro
dei propri figli...(Gelone,
Gerone, Polizelo, Trasibulo).. la Pizia rispose che
sarebbero tutti divenuti principi. Dinomene volle
sapere se questo futuro,
all’apparenza glorioso, sarebbe stato per loro la
rovina.
La Pizia, direttamente ispirata da Apollo, gli
predisse la morte dei suoi figli
e di lui stesso. Il consiglio delle divinità fu quello
di fuggire e andare
“dove il corno è dal cervo gettato via”.
Dinomene intese che si sarebbe dovuto affogare e
sotterrare con le sue stesse
mani. In preda alla confusione e alla follia scappò e
fu da un amico di
Timarco (politico ateniese), che uccise Procle,
tiranno di Epidauro, ammazzato e il suo corpo gettato in mare”. (Plutarco).
“Dinomene “Il Vecchio” chiese all’oracolo di Delfi
quale sarebbe stato il futuro
dei propri figli...(Gelone,
Gerone, Polizelo, Trasibulo).. la Pizia rispose che
sarebbero tutti divenuti principi. Dinomene volle
sapere se questo futuro,
all’apparenza glorioso, sarebbe stato per loro la
rovina.
La Pizia, direttamente ispirata da Apollo, gli
predisse la morte dei suoi figli
e di lui stesso. Il consiglio delle divinità fu quello
di fuggire e andare
“dove il corno è dal cervo gettato via”.
Dinomene intese che si sarebbe dovuto affogare e
sotterrare con le sue stesse
mani. In preda alla confusione e alla follia scappò e
fu da un amico di
Timarco (politico ateniese), che uccise Procle,
tiranno di Epidauro, ammazzato e il suo corpo gettato in mare”. (Plutarco).
“Dinomene “Il Vecchio” chiese all’oracolo di Delfi
quale sarebbe stato il futuro
dei propri figli...(Gelone,
Gerone, Polizelo, Trasibulo).. la Pizia rispose che
sarebbero tutti divenuti principi. Dinomene volle
sapere se questo futuro,
all’apparenza glorioso, sarebbe stato per loro la
rovina.
La Pizia, direttamente ispirata da Apollo, gli
predisse la morte dei suoi figli
e di lui stesso. Il consiglio delle divinità fu quello
di fuggire e andare
“dove il corno è dal cervo gettato via”.
Dinomene intese che si sarebbe dovuto affogare e
sotterrare con le sue stesse
mani. In preda alla confusione e alla follia scappò e
fu da un amico di
Timarco (politico ateniese), che uccise Procle,
tiranno di Epidauro, ammazzato e il suo corpo gettato in mare”. (Plutarco).
Trasibulo fu tiranno di Gela e di Siracusa per un solo
anno dal 466 al 465 a.C. Non aveva le qualità politiche dei suoi predecessori e
con le sue azioni fece di tutto per rendersi inviso al popolo.Il popolo prese le armi e il tiranno per sedare la
rivolta costituì un esercito di 15.000 uomini, tra mercenari e seguaci, e si
rinchiuse a Ortigia. I siracusani strinsero un patto d’alleanza con i
Gelesi, gli Agrigentini, gli Imeresi ed anche con i Siculi e alla fine lo
strinsero d’assedio nella sua roccaforte d’Ortigia. La flotta di
Trasibulo subì una forte sconfitta e i vari tentativi di superare fu sempre commemorato con grandiosi
festeggiamenti annuali in onore di Zeus Eleuterio, il cui profilo appare nelle
monete del periodo.(Una moneta del periodo era quella che presenta nel
dritto la testa della ninfa Aretusea rivolta a destra con la scritta ΣVRA e nel retro un polipo.
Peso gr 0,60 e diametro 11,7 mm. Coniazione tra il 466 – 460 a.C.)
Trasibulo fu tiranno di Gela e di Siracusa per un solo
anno dal 466 al 465 a.C. Non aveva le qualità politiche dei suoi predecessori e
con le sue azioni fece di tutto per rendersi inviso al popolo.Il popolo prese le armi e il tiranno per sedare la
rivolta costituì un esercito di 15.000 uomini, tra mercenari e seguaci, e si
rinchiuse a Ortigia. I siracusani strinsero un patto d’alleanza con i
Gelesi, gli Agrigentini, gli Imeresi ed anche con i Siculi e alla fine lo
strinsero d’assedio nella sua roccaforte d’Ortigia. La flotta di
Trasibulo subì una forte sconfitta e i vari tentativi di superare fu sempre commemorato con grandiosi
festeggiamenti annuali in onore di Zeus Eleuterio, il cui profilo appare nelle
monete del periodo.(Una moneta del periodo era quella che presenta nel
dritto la testa della ninfa Aretusea rivolta a destra con la scritta ΣVRA e nel retro un polipo.
Peso gr 0,60 e diametro 11,7 mm. Coniazione tra il 466 – 460 a.C.)
La presenza del polipo era molto
diffusa nelle monete della civiltà minoica, legata all’abbondante presenza
dell’animale nel mare ed inserita in un contesto funerario.
Nelle monete greche è collegato con divinità religiose. Avrebbe quindi una
sua
valenza positiva come emblema della capacità umana di superare le
avversità e di “accompagnatore” del viaggio ultraterreno. Le fonti
letterarie
associavano l’animale all’astuzia, alla saggezza ed era quindi un
“aggettivo” che accompagnava la divinità principale espressa nel dritto della
moneta. Per questo motivo venne affiancato alla ninfa eponima Arethusa (o con
Poseidon, ecc.).
richiamerebbe quindi l’idea del viaggio, del passaggio, delle
trasformazioni che
ricorrono nell’esistenza umana.
La presenza del polipo era molto
diffusa nelle monete della civiltà minoica, legata all’abbondante presenza
dell’animale nel mare ed inserita in un contesto funerario.
Nelle monete greche è collegato con divinità religiose. Avrebbe quindi una
sua
valenza positiva come emblema della capacità umana di superare le
avversità e di “accompagnatore” del viaggio ultraterreno. Le fonti
letterarie
associavano l’animale all’astuzia, alla saggezza ed era quindi un
“aggettivo” che accompagnava la divinità principale espressa nel dritto della
moneta. Per questo motivo venne affiancato alla ninfa eponima Arethusa (o con
Poseidon, ecc.).
richiamerebbe quindi l’idea del viaggio, del passaggio, delle
trasformazioni che
ricorrono nell’esistenza umana.
Nelle monete greche è collegato con divinità religiose. Avrebbe quindi una sua
valenza positiva come emblema della capacità umana di superare le
avversità e di “accompagnatore” del viaggio ultraterreno. Le fonti letterarie
associavano l’animale all’astuzia, alla saggezza ed era quindi un “aggettivo” che accompagnava la divinità principale espressa nel dritto della moneta. Per questo motivo venne affiancato alla ninfa eponima Arethusa (o con Poseidon, ecc.).
richiamerebbe quindi l’idea del viaggio, del passaggio, delle trasformazioni che
ricorrono nell’esistenza umana.
Era l’anno 465 a.C.Festeggiamenti per la riconquista della libertà
democratica che avvenivano nell’Ara di Ierone(Gerone ).
Era l’anno 465 a.C.Festeggiamenti per la riconquista della libertà
democratica che avvenivano nell’Ara di Ierone(Gerone ).
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