Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 5° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita in Iran (1928) - L'Abdicazione - L'Esilio a Roma

 د ښځو پوهنځی - دولسم څپرکی - پنځمه برخه - د افغانستان د پاچاهانو امان الله خان او ثریا طرزی له ایران څخه لیدنه (1928) - اختطاف - په روم کې جلاوطنۍ


Lawrence d’Arabia


Le mogli di Reza Shah e del figlio Mohammad Reza Pahlavi
(nella foto: la principessa Fawzia d’Egitto, figlia della regina Nazli Sabri)

Habibullah Kalakani

L’Esilio a Roma

VISITA IN IRAN
ایران ته سفر

In merito alla visita di stato in Iran dei sovrani afghani, le fonti non sono molto chiare. Ho tradotto dei testi sia in lingua turca che russa e  il percorso dei sovrani afghani per raggiunre l’Iran non è molto chiaro. Una fonte cita la partenza dal porto di Baku con un traghetto per raggiungere l’Iran, probabilmente il porto di Nowshahr (distante circa 154 km da Teheran).

Un’altra fonte citò invece l’ingresso in Iran dei sovrani afghani dalla Turchia (Ankara -Teheran, con  un tragitto di 2082 km).Amanullah Khan e Soraya nelle visite alle capitali europee si spostavano sempre in nave, treno o auto. Penso quindi che la prima fonte sia più esatta anche se manca di un riscontro oggettivo che si potrebbe desumere con la lettura dei diari di viaggio dei sovrani afghani conservati nell’archivio storico di Kabul (?). 

L’attuale aerea in cui si trova la città di Nowshahr era occupata dal villaggio di
Gardkal, sulla riva di un fiume omonimo.  La sua vicinanza al mare fu da base per
l’ormeggio di barche e navi commerciali. Un villaggio che, per la sua importante
posizione, fu preso in grande considerazione da parte dei regnanti Qajar.
Fu Khachik che prese in considerazione il villaggio come luogo di scambio e
per il trasporto di merci tra l’Iran e l’Unione Sovietica.
Successivamente fu Habibullah Khan Sardar che avviò la
costruzione del villaggio moderno che preso il nome di  Halibabad fino a giungere
al nome attuale di Nowshahr.




Sepah Square early 1920s.

Teheran (1920)

Caffè Pars Laleh-Zar, anni '20.

Amanullah Khan e Reza Shah nel 1928 a Teheran

L’Afghanistan e l’Iran hanno sempre avuto degli importanti scambi culturali e politici anche se spesso contraddistinti da difficoltà.
Durante la rivoluzione iraniana del 1978 ( 1357) i confini con l’Afghanistan furono la via di salvezza per centinaia di persone, combattenti, politici che fuggivano dall’Iran, dalla loro patria.
I due Stati hanno sempre avuto in comune una comunicazione culturale che era la sintesi di una lunga convivenza storica e linguistica.
Nell’estate del 1928 (1307) era iniziato in Iran, sotto il regno di Reza Shah Pahlavi, un periodo contraddistinto da riforme moderniste.
Reza Shah si trovò di fronte ad Amanullah Khan che ritornava da un lungo viaggio in Europa che gli avevano permesso di confrontare le sue idee moderne con quelle delle civiltà europee.
Amanullah Khan si presentò al sovrano iraniano con un abito sfrangiato e un cappello a tesa storta.. aveva a fianco la bella regina Soraya, molto elegante. Alcuni  giornali scrissero che era in “topless” (???) e che aveva comprato sei Rolls Royce “ben equipaggiate”.
I due sovrano afghani entrarono a Teheran sulla via del ritorno dal loro viaggio in Europa. L’hijab non era stato ancora abolito in Iran.
 Haj Mukhbar al-Sultaneh (Mahdiqli Hedayat), all'epoca primo ministro,  era uno scrittore religioso che criticava gli intellettuali iraniani influenzati dai “Farang come Timurtash, Nusrat al-Dawlah, Dawar e Foroughi.
(Il termine “Farang”  sarebbe la semplificazione e storpiatura del termine “farangest” che serve per indicare i francesi “francais”. “Farang”  (parola persiana) significherebbe “straniero”, “bianco” ovvero persona occidentale e quindi con una connotazione etnica ben precisa).
Haj Mukhbar al-Sultaneh scrisse nelle sue memorie (Ricordi e pericoli ) su Khordad 19 (Gemelli) 1307 (1928).
“Il re afgano venne con la regina e alcuni nobili. L’accoglienza è stata ottima.
Poiché non è ancora consuetudine in Iran che le donne appaiano alle riunioni degli uomini, la regina non compare nelle riunioni.
A Sahibqaraniyeh, dove era stato determinato il suo luogo di residenza, fu dato un invito a nome di Amanullah Khan, e furono invitati i reali del paese. Al momento dei fuochi d'artificio, io e Sher Mohammad Khan, presidente del parlamento afghano (Jirga), eravamo soliHa espresso la sua tristezza per la situazione ed era preoccupato per il destino di Amanullah Khan e rispetto al destino di Habibullah Khan.

La moglie e le figlie di Reza Shah il giorno della scoperta dell'hijab nel 1935
https://www.bbc.com/persian/afghanistan-49410055
È stato riferito che durante l'incontro privato della regina Soraya con la regina Pahlavi, da dove la signora Taj Al-Muluk, la madre del principe ereditario, indossava un velo ed era modesta, la regina Soraya notò Sarwar al-Sultaneh, moglie di Timurtash, entrando, pensando che fosse la sua regina e anche questo ha causato torbidità.
Era consuetudine dare gioielli da tesoro reale come fiducia alla moglie e
alle figlie di Reza Shah durante le visite ufficiali.
In quel periodo a Teheran, fatta eccezione per la figlia maggiore di Abdol Hossein Timurtash, il ministro di corte, che indossava abiti Ferangi e andava in giro senza hijab, e organizzava attività sociali come feste in giardino e canti di Qamar in concerti pubblici, anche il I ferangiani non erano apertamente velati. 
(La figlia del ministro di corte vestiva con abiti occidentali e non era la sola .
Ma sembra che il viaggio di Amanullah Khan e della regina Soraya a Teheran abbia fornito agli intellettuali intorno a Reza Shah una piattaforma per incoraggiarlo ad accelerare gli sviluppi.
Mokhbar al-Sultaneh Hedayat definì questo tipo di riforma un
"un farangi blu al gusto dei teppisti e dell'era dei boulevard".
Criticava quindi la cultura occidentale e la moda occidentale era considerata come l’espressione del gusto di teppisti… Considerazioni che furono riportate nelle sue memorie e comunque, malgrado le sue critiche, temeva di essere rimosso dal suo incarico di primo ministro. In realtà mantenne il suo incarico per altri sei anni e fu  il mandato più lungo come Primo Ministro durante l'era di Reza Shah.
Mokhbar al-Sultaneh fu descritto da alcune fonti come uno statista letterario e un raro scrittore di prosa. Negli anni successivi a Reza Shah, con il verificarsi di eventi noti come "ribellione di Bacha Saqqa" che portarono alla rimozione del re afghano  scriss:
Il tipo di riforme di Amanullah Khani, Sir Timurtash e Nusrat al-Dawlah non si sono ritirati, ma Reza Shah non si è più arresoMa sono rimasto.

Amanullah e sua moglie, la regina Soraya
https://www.bbc.com/persian/afghanistan-49410055

Due anni dopo la storica visita di Amanullah Khan a Teheran, Sher Mohammad Khan (ex presidente della Jirga) venne a Teheran come ambasciatore dell'Afghanistan e visitò il Primo Ministro, che era ancora Mokhbar al-Sultaneh, e gli disse:
"Quella conversazione tra voi e me nella notte di Sahib al-Qur'an." Mi ha salvato la vita."
Quindi è diventato chiaro che nel tribunale della sharia istituito dopo la rimozione di Amanullah Khan, tra gli altri, volevano uccidere Shir Mohammad Khan con l'accusa di complicità nell'incredulità e nell'empietàIn sua difesa, Sher Mohammad Khan ha parlato della sua conversazione con Mokhbar Al-Sultaneh e ha chiesto alla Corte della Sharia che se vogliono conoscere la sua vera opinione sulla civiltà europea, è meglio chiedere al Primo Ministro dell'Iran.
Ma sembra che nello stesso momento in cui la ribellione contro le riforme di Amanullah Khan si è placata e l'ascesa al trono di Mohammad Nader Khan, la preoccupazione di ripetere quegli eventi in Iran ha lasciato il cuore di Reza ShahE questa volta, Foroughi e le persone intorno a Navandish Shah dell'Iran hanno organizzato un viaggio in Turchia e hanno osservato da vicino le riforme di Atatürk, rendendo possibile scoprire l'hijab e altre riforme.
Mokhbar al-Sultaneh, che in quel momento era distaccato, nel suo libro Ricordi e pericoli, considerò la rimozione dell'hijab o dell'hijab come ricordo di Ankara e scrisse: "Una notte di vino non vale i postumi di una sbornia". È noto che i polli vengono contati alla fine dell'autunnoL'imitazione europea sembra buona, il significato è difficile e il significato dell'imitazione del viale è affascinanteTassi al laboratorio di lavoro dell'uomo obliquoIl progresso dell'Europa è nell'hardware, 
non nello sci e nel calcio.
Sembra che a tutte le similitudini e correlazioni storiche tra Iran e Afghanistan, si debbano aggiungere somiglianze tra i rapporti delle due nazioni con la civiltà occidentale della dimensione industriale, che non si possono negare, e questo è ciò che la cultura di diceva costantemente la gente di entrambi i paesiNelle loro poesie, nei loro articoli, nei loro libri e persino nella loro musica, hanno mostrato di avere un dolore e di non aver ancora trovato una curaUn trattamento che non li alieni dal mondo, né li alieni da se stessi.
Bisogna ammettere che in questi cento anni due Paesi, con qualsiasi tipo di governo, hanno sempre cercato di avere ambasciatori nelle capitali dell'altro, tra persone di cultura e 
non necessariamente politici

King Amanullah Khan, Reza Shah Pahlawi King of Iran along with some other Afghan and Iranian officials in Tehran-Iran in the year 1928
https://www.facebook.com/Shah.Amanullah.Khan/photos/a.116941128390579/133171596767532/?type=3

Il re Amanullah Khan, la regina Soraya e altri fanno colazione a metà strada per il Turkistan

Che Iran visitarono  i sovrani afghani Amanullah Khan e Soraya?
Il 31 ottobre 1925 era stato deposto l’ultimo sovrano della dinastia Qajar, Ahmad Shah Qajar e il 12 dicembre 1925 il Majles dell’Iran (camera legislativa creata nel 1906), riunito come assemblea, votò l’incoronazione di Reza Khan a nuovo scià di Persia.


Non fu un elezione facile perché alcuni deputati persiani si opposero al cambio di dinastia e alla  decisa svolta politica si opposero gli ayatollah Modarres e Mohammad Mossadeq, quest’ultimo futuro primo ministro.
Rea Pahlavi (رضا پهلوی )( detto anche Reza Scià il Grande) era nato ad Alasht il 15 marzo 1878 e, al momento dell’incoronazione, aveva 47 anni. Alasht era un piccolo villaggio posto nella contea di Savadkuh (provincia di Mazandaran). Era figlio di un maggiore dell’esercito Abbas Al’ Khan e di Noushafarin Ayromlou,  una musulmana della Georgia che allora faceva parte dell’Impero russo.
La Ayromlou era immigrata con la sua famiglia in Persia.
Il giovane Reza Khan intraprese la carriera militare diventando esperto di artiglieria. Perse il padre quando aveva appena otto mesi e la madre si trasferì nella casa di suo fratello a Teheran. La donna si risposò e l’asciò il giovane Reza con lo zio che nel 1982 lo affidò alla famiglia di un suo caro amico, Vartan Gorguekoohi, un ufficiale dell’esercito persiano. All’età di sedici anni, entrò nella brigata persiana dei cosacchi. Da questo momento la sua carriere militare fu ricca di riconoscimenti e promozioni fino a diventare generale di brigata al comando della brigata cosacca.

Il colonnello Raza Khan nel 1917

Alla fine della prima guerra mondiale l’Iran era colpito da una grave crisi economica e da una situazione politica molto precaria. Nel 1919 i britannici, sfruttando la grave crisi istituzionale iraniana, tentarono di formare un protettorato mediante un accordo anglo-persiano.

L’accordo anglo-persiano coinvolgeva la Gran Bretagna e la Persia e si basava sui diritti di perforazione della “compagnia petrolifera anglo-persiana”.
L’accordo fu emesso dal ministro degli esteri britannico, Lord Curzon (George Nathaniel Curzon, primo marchese Curzon di Kedleston), al governo persiano nell’agosto 1919.
Il trattato non fu mai ratificato dal parlamento persiano (Mailis).
( Il termine Persia fu utilizzato fino al 1935 quando venne sostituito dal termine Iran).
Gli Inglesi, da sempre opportunisti, sfruttarono la rivoluzione bolscevica del 1917 quando il nuovo governo sovietico abbandonò le cinque province settentrionali dell’Iran che facevano parte dell’imperialismo zarista.
La Gran Bretagna era quindi l’unica potenza presente nella zona e il Curzon sperava di fare dell’Iran non un protettorato inglese ma uno “Stato cliente” appartenete alla stessa Gran Bretagna ed a nessun’altra potenza.
Il documento dava una garanzia d’accesso britannico a tutti i giacimenti petroliferi iraniani e in cambio l’Iran avrebbe ottenuto:
- un fornitura di munizioni e attrezzature per un esercito addestrato dagli inglesi;
- un prestito di due milioni di sterline per le “riforme necessarie”;
- una revisione della tariffa doganale;
- rilevamento e costruzione di ferrovie.
Il documento suscitò molte critiche e fu definito come “egemonico” soprattutto da parte degli Stati Uniti che avevano dei progetti per l’accesso ai giacimenti petroliferi iraniani.
Alla fine l’accordo anglo-persiano fu cancellato dal parlamento persiano (Majlis) il 22 giugno 1921.
C’è da dire che l’Anglo-Persian Oil Company” (APOC) era stata fondata nel 1909 grazie alla scoperta di un vasto e ricco giacimento a Masjed-e Soleyman in Persia. Fu la prima compagnia petrolifera in Medio Oriente. (Nel 1925 cambierà il nome in Anglo-Iranian Oli Compagny(AIOC) e nel 1954 in British Petroleum Company (BP).

La raffineria di Abadan.

Tutto  era nato nel 1901 quando William Knox D’Arcy negoziò una concessione petrolifera con lo Shah di Persia Mozzafar ad-Din Shah Qajar. Una concessione che fu ottenuta il 28 maggio 1901 e che garantiva i diritti esclusivi per la ricerca, estrazione e sfruttamento di petrolio, gas naturale, asfalto e ozocerite nel territorio persiano con l’esclusione della zona settentrionale. Un’area estrattiva molto vasta che occupava una superficie di ben 800.000 km quadrati. A causa degli elevati costi per l’esplorazione, la D’Ary nel giro d’un paio d’anni fallì.
Fu sostituita dalla “Burmah Oil Company LTD”, una compagnia di Edimburgo nata nel 1902 e che operava in Birmania. La “Burmah O.C.LTD” individuò i primi giacimenti nel 1908 e nel 1909 fu fondata la “Anglo-Persian Oil Company” (APOC) che assunse il pieno controllo delle concessioni.
La nuova società fu costituita con il concorso del Tesoro Britannico della “Burmah Oil” e della “Shell Transport”.
Nel 1913 cominciò la produzione industriale nella raffineria di Abadan  e il governo britannico, sotto la guida di Wiston Churcill, Primo Lord dell’Ammiragliato, nazionalizzò parzialmente, nello stesso anno, la società con l’obiettivo di garantire le forniture di petrolio alla flotta britannica.
L’APOC controllava anche il circa 50% della “Turkish Petroleum Company” che era stata creata nel 1912 da Calouste Gulbenkian per esplorare e sfruttare le risorse petrolifere nell’Impero Ottomano. A causa del fermo estrattivo legato alla prima guerra mondiale, la società riprese la sua attività nel 1927 con il nuovo nome di “Iraq Petroleum Company”.
Nel 1917 fu incorporata la sussidiaria inglese della società tedesca “Europaische Petroleum Unione”.
Una società sussidiaria che usava il termine commerciale “British Petroleum”, che era stata espropriata dal governo britannico dopo l’inizio della guerra. Il marchio BP fece così il suo ingresso nel mercato britannico.
Nel 1920 la provincia settentrionale del Gilan fu colpita da uno sbarco sovietico e fu subito conquistata e proclamata come “Repubblica Socialista Sovietica Persiana Indipendente” (RSS Persiana).
Nel febbraio 1921 Reza Khan Mirpanj (il nome e il grado) eseguì un colpo di stato insieme al giornalista Ziya al-Din Taba, che fu nominato primo ministro.
Reza era un valido comandante della Brigata Cosacca, un unità moderna dell’esercito persiano che era stata creata dai russi al tempo degli zar. Con il ritiro degli ufficiali russi  Reza diventò famoso come Reza Khan Sardar Sepah.
 Reza con le sue truppe, partire da Qazvin giunse a Teheran conquistando i punti nevralgici della città costringendo il governo a dimettersi.
Il 12 dicembre 1925 Reza Shah fu proclamato re e il 25 aprile 1926 ricevette la corona imperiale iraniana. Il figlio Mohammed Reza fu proclamato principe ereditario. Con Reza Shah iniziò per l’Iran una nuova era, un nuovo periodo storico e culturale.
Durante la sua reggenza furono costruite importanti strade, la linea ferroviaria trans-iraniana, fu introdotto un sistema d’istruzione moderno e venne anche fondata l’Università di Teheran.
Per la prima volta nella storia dell’Iran vennero inviati, a più riprese, degli studenti iraniani a studiare in Europa. Tutte queste idee moderne favorirono lo sviluppo dell’industria e i sovrani afghani Amanullah Khan e Soraya si trovarono di fronte ad un immagine dello Stato iraniano decisamente nuova e proiettata  verso il futuro.
Reza Shah, malgrado le sue idee riformiste legate  soprattutto al principio di libertà, mantenne uno stile di governo dittatoriale e questo provocò del malcontento negli iraniani. Nella sua ascesa al potere s’era appoggiato al clero scita e aveva anche compito un pellegrinaggio sia a Qom sia nelle città sante di Najaf e Kerbela (Iraq).

Il Santuario di Karbala


https://www.gettyimages.dk/detail/news-photo/the-golden-mosque-at-the-holy-city-of-kerballa-iraq-news-photo/71303464?adppopup=true





Kerbala (Iraq). Moschea al-Husyan, santuario sciita
Karbala (Iraq). Moschea al-Husyan, santuario sciita, custodito dai soldati, aprile 1991.
(Photo by Francoise De Mulder/Roger Viollet via Getty Images)
https://www.gettyimages.dk/detail/news-photo/karbala-mosque-al-husyan-shiite-sanctuary-guarded-by-news-photo/56227795
Il17 gennaio 1991  iniziò il bombardamento dell’Iraq nella “Guerra del Golfo”.
Un’intensa campagna di bombardamenti in cui le assassine forze della Coalizione
effettuarono più di 100.000 azioni con lo sganciamento di 88.500 tonnellate di
bombe con la distruzione di strutture civili, militari e religiose.
Gli assassini della Coalizione: Stati Uniti, Regno Unito, Arabia Saudita, Canada,
Francia e…..Italia
 
 Gli Sciti sostennero l’incoronazione di Reza Shah per contrastare le idee repubblicane riformiste che si collegavano ai modelli della Turchia di Mustafa Kemal che aveva abolito il califfato summita ottomano.
Reza Shan, una volta preso il potere, abbandonò l’alleanza scita ed avviò le sue idee di modernizzazione e di laicizzazione del paese e nel 1936 proibì per decreto alle donne l’uso del chador sia dell’hijab.  Ci fu una forte opposizione del clero che portò anche all’arresto dell’ayatollah Modarres. Nel 1933 ebbe uno scontro con i britannici per il rinnovo delle concessioni petrolifere alla AIOC (Anglo-Persian Oil Company) e nel 1935 cambiò il nome dello stato da Persia ad Iran.
 Quando Amanullah Khan e Soraya visitarono Teheran le donne indossavano ancora lo hijab e lo chador.
Reza Shah si sposò tre volte…

Taj al-Moluk (Tadj ol-Molouk)( تاج‌الملوک  )  
 17 marzo 1896 – 10 marzo 1982


Dal matrimonio nacque il futuro successore al trono Mohammad Reza Pahlavi.
Nel 1922 Reza Shah si sposò per la terza volta con Turan (Qamar al-Molk) Amir Soleymani (1904 – 1995) e dal loro matrimonio nacque un altro figlio, Gholam Reza. La scià divorzò da Turam nel 1923.
La Tadj ol-Molouk ( Baku – Azerbaigian, 17 marzo 1896; Acapulco (Messico), 10 marzo 1982) fu quindi regina consorte dal 15 dicembre 1925 al 16 settembre 1941. Fu la prima regina in Iran ad aver partecipato a rappresentazioni reali pubbliche e svolse un ruolo importante nel kashf-e hijab (divieto del velo) nel 1936.
Figlia del generale di brigata Teymur Khan Ayromlou, della tribù Ayrum, e di Malek os-Soltan.
Si sposò con Reza Khan nel 1916 e probabilmente fu un matrimonio “combinato”. Infatti il legame con la moglie fu molto vantaggioso per Reza Khan perché gli consentirono di avanzare nella gerarchia militare cosacca. Dal matrimonio nacquero quattro figli:
- Shams (28 ottobre 1917-29 febbraio 1996)

-        Mohammad Reza (26 ottobre 1919 - 27 luglio 1980)

( Fu l’ultimo Shah dell’Iran) 

-        Ashraf (sorella gemella di Mohammed Reza) ( 26 ottobre 1919 – 7 gennaio 2016)

Era soprannominata la “pantera nera” per il suo forte carattere
(La prima a destra)

 

-        Alì Reza (1 marzo 1922 – 17 ottobre 1954)


Reza Khan e i suoi figli, tra il 1923 e il 1925

Ali Reza Pahlavi


Con la proclamazione di Reza Khan a sovrano (“Shahanshah”) dell’Iran, il 15 dicembre 1925, la moglie Taj ol-Molouk prese il titolo di “Maleke” (Regina).
La consuetudine non prevedeva un pareggiamento dello status imperiale per i due membri della coppia imperiale, anche se la donna porta il nome di regina. Sarà solo  nel 1967 che sarà creato il titolo di “Chahbanou” (regina) con l’imperatrice Farah Pahlavi moglie del nuovo sovrano d’Iran  Mohammad Reza Pahlavi, nel 1925 il titolo di “imperatrice/regina” era già diffuso e utilizzato in ambito pubblico e privato anche nei documenti ufficiali. E questo aspetto contravveniva alla consuetudine egiziana.

Regina Taj ol-Molouk, tra il 1926 e il 1941

Tadj ol- Molouk non viveva con Reza Shan, perché il sovrano dedicava il suo tempo anche alle altre mogli: Uran Amirsoleimani e dal 1923 Esmat Dowlatshahi.

Cerimonia di fidanzamento di Mehrdad Pahlbod e Shams Pahlavi, da sinistra: Mohammad Reza Pahlavi, Tadj ol-Molouk, Shams Pahlavi, Touran AmirSoleimani e Mehrdad Pahlbod
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Tadj_ol-Molouk?uselang=it#/media/File:Engagement_ceremony_of_Mehrdad_Pahlbod_and_Shams_Pahlavi.jpg

La Molouk fu in ogni caso la moglie preferita e svolse un ruolo importante nella storia dell’Iran come regina consorte. Un ruolo decisamente  impensabile nell’Iran scita del tempo.
Il suo importante ruolo di regina le dava la possibilità di partecipare a doveri di rappresentanza pubblica e assunse una notevole importanza nel dibattito sul ruolo delle donne iraniane.
Un dibattito favorito anche dalla politica del marito che auspicava ad una maggiore partecipazione delle donne iraniane nello sviluppo di un paese secondo visioni moderne.
Nel maggio 1928 la regina visitò il santuario di Fatima Masumeh durante il suo pellegrinaggio a Qom.

https://www.mediastorehouse.com/p/164/iran-fatima-al-masumeh-shrine-qom-11581243.jpg.webp

Il Santuario di Fatima Masumeh nel 1955 (Qom)
Fatima Masumeh era la sorella dell’ottavo iman sciita Reza e la figlia
Settimo iman Musa al-Kadhim. Nell’Islam sciita le donne sono spesso venerate
come sante se sono parenti stretti di uno dei Twelver Iman.
(Twelver si riferisce alla fede dei suoi aderenti in dodici leader divinamente ordinati, noti come
i Dodici Iman, e alla loro convinzione che l'ultimo Imam, l’Iman al-Mahdi, viva nell'Occultazione e riapparirà come Il Mahdi  promesso).
Ogni anno, migliaia di musulmani sciiti si recano a Qom per onorare Fatima Masumeh e
chiederle benedizioni. 
All'interno del santuario sono sepolte anche tre figlie del nono Twelver, Imām Muhammad al-Taqī .


La regina Tadj al-Molouk nel visitare il santuario di Fatima Masumeh indossava un velo che non la ricopriva totalmente e mostrava il suo volto. Fu per questo motivo aspramente criticata da un religioso.
Il sovrano, il giorno successivo, criticò pubblicamente il comportamento del chierico nei confronti della regina e diede subito avvio ad una serie di riforme.
Si consentiva alle insegnanti ed alle studentesse di non velarsi e alle stesse studentesse di studiare insieme agli uomini. Riforme che furono subito  contrastate con forti critiche dal clero scita.
La regina svolse un ruolo importante nell’abolizione del velo, il Kashf-e hijab, durante la reggenza del marito. Lo svelamento aveva una sua funzione simbolica per permettere la partecipazione delle donne alla vita sociale e lo scià introdusse la riforma con gradualità per non provocare disordini. Le insegnanti furono infatti incoraggiate a svelare nel 1933 e le studentesse nel 1935. La dichiarazione ufficiale dello svelamento avvenne il 7 (8) gennaio 1936 e alla regina, insieme alle due figlie, fu assegnato un ruolo importante nell’evento.
Reza Shah partecipò alla cerimonia di laurea del Teheran Teacher’s College con la regina e le sue due figlie senza velo e vestite con abiti moderni secondo la moda occidentale. La regina distribuì i diplomi mentre lo scià parlò del disprezzo che la metà della popolazione aveva verso l’evento e disse alle donne che il futuro del paese era nelle loro mani.

Tadj ol-Molouk e le sue figlie, 7 (8) gennaio 1936, durante la cerimonia di laurea degli studenti della facoltà preliminare.
In questa cerimonia fu ufficialmente abolito da Reza Shah il chador e l’uso di abiti
islamici in tutto il Paese. questa riforma vide la sua realizzazione, come in un teatro,
durate la cerimonia di laurea delle ragazze della Facoltà Preliminare.
Tutte le ragazze indossarono degli abiti occidentali e Reza Shah partecipò alla cerimonia.
Nella foto Reza Shah con il primo ministro Mahomud Jam;
la regina vestita seguendo una moda decisamente occidentale; le due figlie Shams e
Ashraf, vestite con uniformi imperiali, un bel simbolo. La regina Tadj ol-Molouk,
in questo episodio simboleggia l’emancipazione delle donne iraniane.
Una trasformazione della società iraniana voluta dal marito.
In questo evento la regina, era la prima volta in pubblico, si mostrò senza velo e con abiti occidentali.
Successivamente lo stesso scià fece pubblicare delle foto della moglie e delle sue figlie. Fu il passo decisivo per l’applicazione delle riforma sullo svelamento che fu imposta in tutto lo Stato.
La regina continuò a partecipare, secondo il volere del marito, alle rappresentazioni pubbliche ma sempre senza prendere iniziative proprie e rimanendo sempre al di fuori di ogni coinvolgimento politico.
Naturalmente nell’aprile 1939 partecipò al matrimonio del figlio Mohammad Reza con Fawzia d’Egitto, sorella del re Farouk I re d’Egitto, figlia della sfortunata Nazii Sabri che la regina Soraya aveva conosciuto nella visita di Stato nel 1927 in Egitto. Si dice che i rapporti tra Tadj ol-Molouk e Fawzia non furono ottimi.
La regina madre Nazii Sabri invitata a Teheran sminuì di continuo la corte di Teheran considerata inferiore all’opulente corte egiziana e questa considerazione influì nel rapporto tra la nuora  e la regina madre iraniana.

Fawzia d’Egitto

Fawzia bint Fu’ad ( فوزية بنت الملك فؤاد ) (فوزیه فؤاد )
(Alessandria d’Egitto, 5 novembre 1921; Alessandria d’Egitto, 2 luglio 2013)
(Figlia del re d’Egitto Fuad I e della sua seconda moglie Nazii Sabri)
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUPx0oMBMb4AB8F-Uocv1BZ5SHjQXhc_e8kCoTQ4buyiZGhqQvtdQHtw2k7u6lYlLatZG6SvI9cu-y2z9KFyZ6RtIN4i7OySpIU7JF1gfSaEqjYRopMhQV5fPkMUhmU0N8uv1STRtmJuQ/s640/936105_512461352149315_1133925279_n.jpg




Il matrimonio di Mohammad Reza Pahlavi e della Principessa Fawzia d’Egitto

La principessa d’Egitto (18 anni) spesò il giovane e innamorato Mohammad Reza Pahlavi (20 anni),
Principe ereditario d’Iran, al Cairo il 16 marzo 1939. Nel matrimonio la bellissima sposa indossava un abito di linea scivolata, nel tipico stile anni ’30.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiH8psO9EUN5yoCBAmriMQBN6_d4uu2KLJ30gFZD1O87atQ_uuYcjsYDE48c5nV-xZmJqJwZCp9YwMER4_Ia7Cl8JvfKqdaqDK2H6DaPchFo6SLmJngtwtj76BEs40FSo560KiisgsD69s/s320/Mohammad-Reza-Pahlavi-Crown-Prince-of-Iran-and-Princess-Fawzia-of-Egypt.jpg

 https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7q6cj7kw_DSO4Zg9w1Ay1xdk9OkEkqZVsBHHr_YHK_W0vrc3D8jfOP1Cxr4jMguBC50qFbqFdVzYv0mSnF-AsjlbKOoKBorP5XrllYkuq63K9dI0lghjdcxE112TLWpjtLW6j5YuR2YY/s1600/923043_512458025482981_1224074546_n.jpg

Dopo la luna di miele i due giovani rifecero la cerimonia nuziale a Teheran
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7-ji4C32wwSj8oxlgdEmByaykPMxgWIxhZ4VkV7FEKOzkPT3wLP7r-4k9sZy4n-CE0jZDhTBpOAWu0Zu8p8G_C4bNLm6zIuzJvR8RLlo1r6Dc7JTWX5BzgcVgc5mJldcjUNO-QcrsBwE/s1600/0081_CIFE.jpg

La Regina madre Nazli Sabri d’Egitto con le figlie:
Fawzia d’Egitto (al centro) e Fathia d’Egitto (a destra).


https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgXA8lOXUHM4_byAQN1Xll7xkWCY6KIzpagyZaM2kXATVTOT0fNg15j3tpN4d3LCYQTkihf9Wruqo38RiqVcQL7-lN11hIxpsGzKW3Y9ynXP-N9fim70hyphenhyphenATZs_2LKQxKJPlZpm4dSgr70/s640/jmnhb.PNG

Nel 1941 il principe Mohammad Reza Pahlavi, grazie all’esilio del padre causato dal
governo britannico, salì  sul trono di pavone. Il trono aveva questo nome  per la sua particolare
forma a cosa di pavone, un trono in oro massiccio e portato a Teheran dagli imperatori mongoli.
Il principe fu quindi incoronato re dell’Iran e la principessa Fawzia diventò regina.
Apparve sulla copertina di Life, noto giornale americano,  del 21 settembre 1942. Con il suo
fascino  incantò tutto il mondo. Fu fotografa da Cecil Baton che la definì come una
Venere Orientale, dall’ovale del volto perfetto, la carnagione pallida e gli occhi blu


La regina Tadj ol-Molouk  con Fawzia d’Egitto

 

Il 16 settembre 1941 Reza Shah fu deposto ed esiliato, si recò in Sud Africa. La regina rimase in Iran alla corte di suo figlio Mohammad Reza.  Un anno dopo la morte di Reza Shah, avvenuta a Johannesburg in S. Africa il 26 luglio 1944, la regina madre Tadj ol-Malouk sposò  Gholamhossein Saheb Divani, figlio di un'importante famiglia di Shiraz, e molto più giovane di lei.

Gholam Hossein Sahib Diwani, il secondo marito di Tajul Muluk Pahlavi, con Ali Qawam, nel parco della tomba di Hafez a Shiraz 
Da sinistra: Gholamhossein Sahib Divani e Ali Qavam,

Il giovane marito della regina madre entrò a fare parte dell’Assemblea consultiva nazionale e sembra che abbia avuto una certa influenza sul nuovo sovrano..”dominando la casa reale”.
Il conflitto tra Tadj ol-Molouk e sua nuora, la regina Fawzia, attirò l’attenzione dei  quotidiani all’epoca e portò alla partenza di Fawzia per l’Egitto con lo scioglimento del matrimonio reale nel 1948.
In realtà la separazione dalla bellissima moglie Fawzia e lo Sciò ebbe un complesso iter burocratico e aveva alla base delle “motivazioni”…
Incompatibilità reciproca e motivi politici.
Dal matrimonio era nata nel 1940 solo una figlia femmina, la principessa Shahnaz Pahlavi che non era adatta per la successione al trono”.  Lo scià desiderava fortemente un erede maschio.

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgbv_ep-8niSf4whc7_4bQxl5_sXozQ7n_k_ewN2E_7PXU0KAwVSn7NStVWBn7OGVzCYhyphenhyphenSjvkromkus2cKxVdg1-gaDFCpjWjV4ovGO9oQkjr9iCwa8OjKRvQBn9AVX-djIm9tTY82DNg/s400/Mohamad_Reza_Pahlavi_%2526_Queen_Fuzeye.13.jpg


Personalità politiche e militari Personalità politiche: Shah Mohammed Reza Pahlevi dell'Iran con la sua prima moglie, la regina Fawzieh, e la loro figlia, la principessa Chahnaz seduti accanto a una piscina ornamentale a Teheran.
Fotografie di Cecil Beaton –

Principessa d’Iran - Shahnaz Pahlav
(Teheran, 27 ottobre 1940) 
https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Shahnaz_Pahlavi?uselang=it

Fawzia ottenne la separazione legale dal marito, da parte del governo egiziano, nel 1945 e quindi tornò Al Cairo. Stranamente queste separazione, non conosco il motivo, non fu riconosciuta dal governo iraniano. Solo nel 1948, dopo ben tre anni, il divorzio fu riconosciuto anche il Iran (il 17 novembre 1948) e con la rinuncia da parte di Fawzia alla corona iraniana.
Fawzia riprese il suo titolo di Principessa d’Egitto. Una delle clausole del divorzio indicò come la figlia Shahnaz dovesse rimanere in Iran per crescere con il padre.
Nell’annuncio pubblico del divorzio si citò come
Il clima persiano aveva messo in pericolo la salute della regina Fawzia, e
 Che quindi concordato dal Re d’Egitto (Farouk I) che la sorella divorziasse.
Lo Scià di Persia fece una piccola dichiarazione ufficiale…
Lo scioglimento del matrimonio non influirà negativamente sui buoni rapporti
tra Egitto ed Iran
In realtà lo scià Mohammed Reza Pahlevi desiderava  “subito” un figlio maschio , o più figli, per assicurare la forte discendenza al trono.
Nel 1950 Tadj ol-Molouk partecipò all’organizzazione del matrimonio tra suo figlio lo scià e Soraya Estandiari-Bakhtiari. 


Soraya Esfandiyari-Bakhtiyari (  ثریا اسفندیاری بختیاری  )

(Eshafan – Iran, 22 giugno 1932; Parigi, 25 ottobre 2001) regina di Persia come seconda moglie di Mohammad Reza Pahlavi, ultimo scià di Persia.
Figlia Khalil Esfandiari Bakhtiari (1901-1983), un importante membro della tribù dei Bakhtiari (Farsan) (Iran) e ambasciatore d’Iran nella Repubblica Federale Tedesca). La madre, Eva Karl (1906-1994), era un'ebrea tedesca di origini russe. Soraya aveva anche un fratello, Bijan Esfandiari Bakhtiari (1937-2001).
Aveva un’educazione araba ed europea conseguita in prestigiosi collegi svizzeri. Spesso viaggiava per l’Europa e tornava anche nella città originaria del padre, Isfahan (Iran).
Soraya fu soprannominata come la
Principessa dagli occhi di giada.
La sua storia è per certi aspetti simile a quella delle regine  e principesse del XX secolo.
La critica giornalistica commentò la figura della regina di Persia Soraya sempre con toni malinconici..
 Il destino tristissimo di Soraya, da regina dell'Iran a principessa dallo sguardo infelice
 Soraya: la “principessa dagli occhi tristi” ripudiata dallo Scià di Persia
 Soraya e Farah Diba, due imperatrici divise da un unico amore
 Soraya. Della tristezza e dell’amore
 La storia di Soraya è ancora oggi una delle love story più commoventi di sempre.
A Londra, Soraya seguiva spesso il padre nei suoi viaggi europei, in un evento fece amicizia con la sorella gemella dello Scià di Persia, la principessa Alireza Pahlavi. Soraya aveva diciott’anni. Una ragazza allegra, spensierata, intelligente e con una grande cultura oltre che di nobile famiglia.
Una ragazza adatta per il fratello  che aveva divorziato (o stava divorziando) dalla bellissima moglie Fawzia d’Egitto. Il fratello si doveva risposare perché rea importante assicurare una forte successione al trono.
Alireza Pahlavi definì Soraya
Una perla rara
Era la candidata giusta per il fratello? Certamente nella corte a Teheran ci fu sicuramente un certo dibattito sul tema : Soraya poteva essere la giusta candidata?
Qualche giorno dopo Soraya si trovava in Iran con la sua famiglia e si vide recapitare un invito dalla regina madre Taj ol-Moluk per una cena a palazzo reale con i suoi genitori.
Il giorno dopo il padre di Soraya il rivolse alla figlia facendole una domanda ben precisa:
che ne pensi dello Scià ?
Lo Scià aveva 31 anni e si trovò di fronte ad una ragazza diciannovenne.
 Lo Scià rimase affascinato ed anche lei rimase colpita dal fascino e dai modi di fare del giovane sovrano.
Si fidanzarono ufficialmente ma ci fu subito un cattivo presagio. Soraya fu colpita dal tifo a poche settimane dalle nozze.
Durante la convalescenza lo Scià le faceva recapitare un gioiello al giorno per consolarla.
Il 2 febbraio 1951 finalmente si sposarono e l’immagine della donna, malgrado il suo fascino, era chiaramente ancora debilitata.
La sposa svenne per ben tre volte anche a causa dell’abito firmato Dior che pesava 20 kg . un abito adornato da oltre settemila diamanti e ventimila piume. Un abito che lo Scià chiederà ad una cameriera di tagliare per alleggerire il peso sulla moglie.
Dopo il matrimonio una felice luna di miele.

Soraya nel 1956

Le nozze erano state combinate, è vero, ma fra i due sposi nacque una grande passione come ammise la stessa Soraya nel suo libro autobiografico del 1991 (Il Palazzo della Solitudine).
La sua vita a palazzo era molto difficile e faticosa e questo a causa anche della continua lontananza del marito e soprattutto pr la generale condizione in quanto donna.
Era vittima di una discriminazione ben lontana dallo stil di vita a cui era bituata in Europa dove aveva sognato anche di fare l’attrice.
Nella coppia  c’era anche una grande passione mentre il tempo passava inesorabile. Si doveva presentare il frutto della loro passione ovvero una gravidanza ma non succedeva nulla.
Passarono tre anni e a corte si cominciò a manifestare una certa preoccupazione e malumore.
Lo Shah Mohammad Reza Pahlevi era continuamento pressato dai suoi parenti. Pressioni a cui avrebbe dovuto rispondere con fermezza dato l’amore che nutriva per la moglie.
Un grave sospetto cominciò a fare luce nella corte reale: la giovane sposa è sterile?
Lui aveva dimostrato di poter avere dei figli.
Dopo sette anni la notizia di una gravidanza di Soraya era ancora assente nell’ambiente reale.
Soraya era continuamente sotto pressione da parte della famiglia reale e lo Scià era pronto ad abdicare  in favore del fratello minore pur di non perdere l’amore della sua vita.
Un amore arricchito anche da spunti culturali ricchi di romanticismo: 
lei ama recitargli in francese poesie di Verlaine, lui di Omar Khayyam. 
Si danno del lei anche nell' intimità.
A corte cominciarono a sorgere i primi conflitti di potere.
Durante il primo esilio dello Sciàa  Roma nel 1953, quando fu destituito da Mossadeq, in un intervista dichiarò che
Ho due Fedi, il Corano e Soraya
Nel frattempo Soraya si mise sotto cura dei migliori dottori per cercare di rimanere incinta.
 Lunghe cure che si dimostrarono inutili annotando nel suo diario, con grande forza, i momenti vissuti con il suo compagno di vita in quegli attimi
"Lo scià non è mai stato così appassionato e i suoi abbracci più focosi".
Nel palazzo imperiale di Etchessassi, riarredato secondo uno stile occidentale,  che Soraya chiamò
Trappola per topi
ricevette dai suoi sudditi centinaia di talismani, amuleti, miniature con versetti del Corano, flaconi contenenti pozioni magiche… tutto inutile.
La Scia si trovava di fronte a due soluzioni per non ripudiare la moglie. Uno stress psichico che si ripercuoteva sullo stato di salute del sovrano che mostrava anche un forte dimagrimento.
La prima soluzione  era quella di affidare a suo fratello minore la successione al trono.
Il fratello minore dello Scia Ali Reza, in assenza di prole da parte del fratello Mohammad Reza, sarebbe il primo in linea di successione per il trono. Ma venne qualcosa di strano… Ali Reza morì in un misterioso incidente aereo mentre si stata recando a Teheran per il compleanno dello Scià.
 L’altra soluzione era legata alla norma di diritto sciita detta “sighè”.
Una norma che contrastava con il forte amore che lo Scià provava per la sua compagna di vita.
Prevedeva un matrimonio limitato, cioè a tempo, con una donna che successivamente lo Scià avrebbe ripudiato nell’instante in cui sarebbe nato il figlio maschio.
Sempre nel suo diario la regina Soraya riportò..
"Il mio cuore si svuotò del suo sangue: come poteva propormi una cosa del genere?"
Una decisione simile sarebbe stata un umiliazione troppo forte e quindi prese una decisione molto forte..
Nel febbraio del 1958 Soraya tornò  in Europa dai suoi genitori lasciando il marito da solo per riflettere sulle decisioni da prendere. Dopo circa un mese… il 14 marzo(?) 1958 lo Scià diede un annuncia alla radio con una voce trepidante.. tra le lacrime… di
Aver ripudiato la sua sposa adorata, rammaricandosi di non essere un comune mortale,
per potersene infischiare dei figli e invecchiare al fianco della donna
che ama più di se stesso.
 Dopo questo annuncio i rotocalchi di tutto il mondo coniarono  a Soraya l’etichetta di
Principessa dagli occhi tristi.
Un appellativo che la circonderà fino alla sua morte malgrado più volte abbia manifestato di
Essere una donna soddisfatta
Dal punto di vista giuridico il divorzio fu confermato il 6 aprile(?) 1958 con la concessione del rango e titolo di principessa imperiale, di un passaporto diplomatico e  di un congruo vitalizio.
Mantenne il trattamento imperiale anche quando in Iran la monarchia fu abolita.
Si trasferì a Roma dove frequentò la più alta nobiltà e sempre al centro di continue attenzioni.
 Aveva una sfarzosa villa all’Appia Antica e trascorreva le sue vacanze all’Argentario.
Nacque un amore con il regista palermitano Franco Indovina, sposato e padre di due bambine, che morirà a 39 anni nella sciagura aerea di Punta Raisi (Palermo) nel 1972.
Con lui aveva girato il suo unico film coronando un suo antico sogno come attrice.
Un film  “I Tre volti” che non ebbe un grande successo.
Al produttore Dino De Lautentisi dettò le sue condizioni…
"Non voglio né abbracci né baci sulla bocca"
Il film era sotto la regia di Bolognini, Antonioni e di Indovina. I suoi partner erano Alberto Sordi e Richard Harris … la trama un’americana alle prese con un gigolò…
Soraya  era bella ma la sua interpretazione fu
Senza fuoco, incolore… come perseguitata dal proprio destino.
Sembra che lo Scià non abbia mai smesso di amarla e sembra che i due s’incontrassero segretamente.
Trascorse gli ultimi anni in Francia a Parigi frequentando varie località mondane europee, spesso anche in incognito.
A Taormina (Messina), nello stupendo scenario del Teatro Greco, partecipò ad alcuni eventi culturali come il Festival del Cinema (Premio “David di Donatello” prima che venisse ingiustamente trasferito a Roma).
Diventò nota per la sua depressione che a partire dalla morte di Indovina era peggiorata.
La mattina del 25 ottobre 2001 la governante trovò Soraya priva di vita nella sua casa nell’Ottavo Arrondissement.
Aveva 69 anni e i medici confermarono la morte per cause naturali(?) nel sonno. Lo Scià, suo ex marito, era morto nel 1980, un anno dopo essere stato esiliato in Egitto dal regine di Khoemeini.
Anche se lo Scià si era rispostato con Farah Diba,  aveva continuato a sostenerla anche economicamente. Soraya gli è sopravvissuta  per 30 anni….
Senza mai più essere felice come in quel mese fatato della luna di miele, di quella che ormai le sembrava la vita di un’altra.
 Le cause della morte si Soraya restarono per certi versi molto misteriose.  Sembra che la donna era sofferente per un cancro al seno al terzo stadio(?).
Parigi, 6 nov. - (Adnkronos/Dpa) –
Si sono tenuti oggi a Parigi i funerali dell'ex imperatrice di Persia, Soraya Esfandiary, morta il 25 ottobre scorso all'eta' di 69 anni. La cerimonia, alla quale hanno preso parte numerosi esponenti dell'aristocrazia internazionale,oltre duecento persone, tra cui il principe Vittorio Emanuele, il principe Gholam, fratello dello shah, ha avuto luogo tra strettissime misure di sicurezza nella chiesa americana della capitale francese. La bellissima principessa dal sorriso triste e dagli occhi di giada sara' sepolta la prossima settimana a Monaco, in Germania, insieme al fratello, Bijam, morto venerdi' scorso in un albergo di Parigi in circostanze misteriose (sul suo decesso e' stata aperta un'inchiesta) proprio mentre era impegnato a organizzare i funerali di Soraya. Una corona di fiori e' arrivata da Farah Diba, terza moglie dello shah, che successe a Soraya sul trono di Persia dopo il suo ripudio.
 I suoi beni furono venduti ad un'asta a Parigi, in quanto il suo unico erede, il fratello Bijan, era morto a distanza di otto giorni da lei. Tra i beni messi all'asta, anche il sontuoso abito da sposa, creato da Christian Dior, valutato 1,2 milioni di dollari. 


https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhq3PLzfNxVAX5n6qIooFLsUnG4-McLG2qvBuLRcxx4GHKdD_787H2881qzeYqC7foOwiHLhLfyzq5v9X2yoQ2p5KtvYhDa_H0i4uQFaYHs78q1M5BLLbfAtUNksZdWUUMs5xM33Nn4KLw/s640/%25C3%25A8p%25C3%25B2loi.PNG

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinZhDo8ZatDhPp-dRSzRiVbaRFJENq_Ry9jbou4MiAmjjpEqtJvk6Co3ldAh9BZIrKyqt24rFhBKSi7gDjvrAz-_MODwDZw5jpNqUZrmvwvfxKUTIhvz63FsJSiwqCzPD8HHYeukqaIO8/s640/HIM-The-Shah-of-Iran-and-Soraya-Esfandiary-Bakhtiari-February-12-1951-princess-soraya-esfandiary-bakhtiari-36398194-640-355.jpg








https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglL-RaTUOjzUA2MTvT_KNf1tEe1xBdbHfux59xPxUMmvy5gBSRSiIUtmeXWpSlFd-pD0re9klFbBNtODwuh1CfTY7w0bH9Xy_-vfBqEiPfTzo88H5Cq3pEEyqJ632oHIgWzU_uCzqTY-8/s640/431927_512470568815060_1971596616_n.jpg

Lasciò l’Iran durante il governo di  Mohammad Mossadegh che fu successivamente rovesciato nel 1953 grazie alla complicità degli USA e della Gran Bretagna.
Il rovesciamento del governo favorì il ritorno in Iran dello scià e quindi della famiglia reale.
Durante la reggenza dello scià Mohammad Reza Pahlavi la regina madre non partecipava alla rappresentanza reale, a differenza delle figlie e della nuora, restando al di fuori anche dalle manifestazioni e attività di beneficenza. Non partecipò all’incoronazione dello scià del 26 ottobre 1967 ma fu presente al ricevimento che seguì. Ogni anno organizzava due ricevimenti nel suo palazzo: uno per festeggiare il compleanno del nipote maggiore ed uno per celebrare la caduta del governo di  Mohammad Mossadegh. Nel 1971 sembra che le condizioni dello scià non fossero ottime e questi due venti furono cancellati. Il motivo ufficiale per cui i medici si recavano nel palazzo era per le cure da prestare all’anziana regina madre.
La rivoluzione iraniana del 1979 era ormai vicina e Tadj ol-Molouk fu mandata dal figlio  Mohammad Reza Pahlavi nella casa della sorella Shams Pahlavi a Beverly Hills. Arrivò a Los Angeles il 30 dicembre 1978 a bordo di un Boeing 747 dell’aeronautica imperiale iraniana. Subito dopo il suo arrivo, il 2 gennaio 1979, gli studenti iraniani della città attaccarono la casa e tentarono di bruciarla.
 Un articolo del 25 agosto 2019 pubblicato da “Forbes” e scritto da Matteo Muzio ha il titolo

La collina di Beverly Hills da un miliardo di dollari svenduta per centomila

Il protagonista di questa vicenda è un pezzo di terreno non sviluppato che si trova sulla cima di una collina nel quartiere di Beverly Hills. Una superficie di 635mila metri quadrati da cui si vede il centro di Los Angeles e l’isola di Catalina. Per farsi un’idea, Disneyland in California occupa la metà dello spazio. La proprietà è già suddivisa in 17 lotti, di cui sei adibiti allo sviluppo residenziale. L’anno scorso, quando venne messa in vendita, il suo valore era stimato in un miliardo di dollari. Martedì scorso, quando è stato messa all’asta, è stata comprata per soli centomila dollari dal trust che gestisce l’eredità del fondatore di Herbalife Mark Hughes. Il prezzo di un’auto sportiva, all’incirca. Ma cos’è successo?
La collina, definita «il gioiello della corona» del settore immobiliare della città è stata di proprietà della principessa Shams Pahlavi, sorella dell’ultimo Shah iraniano, che voleva costruirci una grande palazzo regale. Ma non è successo. Finito nel nulla anche il progetto del designer Waldo Fernandez per una villa di pietra e marmi commissionato dal secondo padrone, il produttore televisivo Merv Griffin, inventore della Ruota della Fortuna. Griffin nel 1997 vende la proprietà per 8 milioni di dollari a Mark Hughes. Nel 2000 però Hughes muore improvvisamente per aver ingerito un cocktail di farmaci e alcool all’età di 44 anni. Suo unico erede è il figlio di 9 anni Alexander, che però, secondo il testamento, potrà avere accesso al denaro e agli immobili soltanto al compimento di 35 anni. Nel frattempo, gli asset sono gestiti da un trust, che nel 2004 decide di accettare l’offerta dell’uomo di affari di Atlanta Chip Dickens. 
La vicenda giudiziaria
L’acquirente però non aveva la somma richiesta e chiede 45 milioni in prestito al trust stesso, cifra che però nel tempo, tra interessi e penalità, lievita a 200 milioni. Dickens nel 2016 trasferisce i diritti sul terreno a una compagnia, la Secured Capital Partners, controllata dal suo partner Victor Franco Noval. Ma il debito è troppo per la società, che quindi tenta di dichiarare bancarotta. A quel punto il trust di Hughes forza un’asta dell’immobile, con la speranza o di rifarsi delle perdite, oppure di ricomprarlo perdendo la cifra dovuta. E così avviene lo scorso 20 agosto. Unica offerta presentata, di soli centomila dollari. Prima di allora, il fondo Secure Capitals aveva cercato di sistemare la vertenza con un’offerta di 150 milioni di dollari e di trasferirne i diritti di acquisto a un’altra società , la Tower Park Properties, che ha annunciato un ricorso contro la decisione di tenere comunque una vendita giudiziaria. Prima di questo il prezzo del terreno era stato ridotto a 650 milioni di dollari, ma nessuno aveva mostrato un interesse credibile.
Tra le celebrità che hanno vagliato l’acquisto, c’era anche il fondatore di Amazon Jeff Bezos,
che ha visitato di persona l’area.

La regina madre e la figlia Shams si rifugiarono nella tenuta di Palm Springs di Walter Annenberg, ex ambasciatore degli Stati Uniti nel Regno Unito. Morì ad Acapulco, in Messico, il 10 marzo 1982,  appena sette giorni prima del suo 86° compleanno.

In realtà Reza Shah si sposò quattro volte e dai matrimoni nacquero sette maschi e quattro femmine.

Nel 1903 ebbe una figlia, Fatemeh o Fatimah Ashraf (22 febbraio 1903 – 1992). La madre sarebbe una certa Maryam che Reza avrebbe sposato nel 1894 o Tajmah che sposò nel 1903.
Maryam sarebbe morta lo stesso anno della nascita della figlia mentre Reza avrebbe divorziato da Tajmah nello stesso anno 1903.
Fatemeh o Fatimah Ashraf sarebbe conosciuta con il nome di Hamdan-ol-Sataneh e sposò nel 1923 circa Hadi Atabay.
Il padre di Reza Khan, Abbas Alì Khan, aveva avuto cinque mogli e Reza era figlio della quinta moglie Noush Afarin (Sakine o Zahra).
Alla morte del padre, Reza era ancora un bambino e la madre si trasferì a Teheran dal fratello e visse con lui alcuni anni. La madre sposò un certo Jafar che aveva avuto un figlio di nome Hadikian Atabay dalla sua prima moglie. Il nome del bambino fu cambiato in Hadi. Fatameh sposò quindi, in base alle mie ricerche, il figliastro di sua nonna.
Reza Khan visse con Maryam per circa 9 anni e poi morì in seguito al parto della figlia Fatameh.
Tâdj ol-Molouk (la seconda moglie di Reza Shah) nelle sue memorie riportò un episodio che riguardava il primo matrimonio del marito con Maryam Khanum…
Certo, non lo sapevo per molti anni, fino a quando Reza divenne re.
Me l’ha nascosto. Non ricordo ora la data.
Ma ricordo che un giorno portò con sé una ragazza al palazzo cittadino e disse:
“ Questa è mia figlia”.
Poi mi ha spiegato in dettagli che mentre prestava servizio ad Hamedan Atriad, ha
avuto un matrimonio temporaneo con una donna di Hamedani di nome Safiya
e queste figlia era il risultato di quel matrimonio.
Non ho mai visto questa donna (Safiya).
La moglie di Reza Khan riportò il nome di Safiya ma in realtà si trattava della figlia di Maryam Khanum. Un errore dovuto ad un ricordo lontano nel tempo? Il nome di Safiya appare in una relazione successiva di Reza Khan appena quattro anni dopo la morte di Maryam.
Fatameh Pahlavi (Hamdam al-Sultaneh,
figlia della prima moglie di Raza Shah.
I due maschi sono figli delle mogli successive di Raza Shah:
da sinistra: Gholamreza Pahlavi (figlio unico di Turam Amir Soleimani) e
Mahmoodreza Pahlavi (figlio di Esmat al-Maluk Dolatshahi).
https://web.archive.org/web/20200603191752im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/ecb0a3e8_d9fc_4e91_a66e_8e774cfe5550.jpg
Tra il 1903 ed il 1915 ebbe un’altra moglie? Le fonti anche in questo caso non sono molto attendibili. Sembra che nel 1913 abbia sposato una certa Safiya.
La repubblica islamica lo accusò di aver abbandonato una o più famiglie, così difficile da conoscere.
Durante la Rivoluzione Islamica del 1979, una donna di Hamadan, che si faceva chiamare Sadigeh (Shah?), scrisse all’Ayatollah Khomeini per essere riconosciuta come figlia di Reza Khan.
La lettera affermava come sua madre Zara avesse avuto una relazione con Resa Khan che era militare di stanza ad Hamadam tra il 1912 ed il 1915. La donna era nata dopo la partenza del padre e ebbe una giovinezza molto travagliata perché tubercolotica. Fu riconosciuta dall’Ayatollah come
Membro abbandonato della vecchia famiglia imperiale.
Morì nel 1989  e fu sepolta come “Sadigeh Shah Pahlavi ; 1296 – 1368” (1917 – 1989)
Le prove per il riconoscimento della Sadigeh sarebbero state fornite dalle “Memorie” del Generale Hossein Fardoust che per dieci anni fu vice capo della SAVAK cioè della forte intelligence iraniana.
 
Tâdj ol-Molouk  (1916)
Tajul -Maluk Pahlavi con i suoi figli in Svizzera nel 1314 (1935)
Da sinistra: Shams Pahlavi, Mohammad Reza Pahlavi, Tajul-Muluk Pahlavi,
Alireza Pahlavi, Ashraf Pahlavi.
https://web.archive.org/web/20200603191745im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/5e34842e_3195_446a_aa10_83d4785247f9.jpg

I figli di Raza Khan e Tâdj ol-Molouk con due servitori:
da sinistra: Mohammad Reza Pahlavi, Shams Pahlavi,
Ashraf Pahlavi, Alireza Pahlavi
https://web.archive.org/web/20200603191749im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/

Alireza Pahlavi, unico fratello di Mohammad Reza Pahlavi
Ali-Reza Pahlavi (Ali Reza Pahlavi/Alireza Pahlavi)
(Teheran, 1 marzo 1922; Monti Alborz, 17 ottobre 1954)
https://web.archive.org/web/20200603192755im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/5b5dc8cf_228f_478a_bca9_57dd9b72ab1a.jpg

Dopo gli eventi di Shahrivar del 1320 (1941), la regina interveniva spesso nella scena politica per cercare anche di manifestare più potere politico. Il suo obiettivo era quello di preparare alla reggenza del potere iraniano il figlio più giovane Alireza e contrastare i disegni politici, sempre per la reggenza, che favorivano il fratello Mohmmad Reza Pahlavi.
Un certo Oni, membro effettivo della CIA che nel 1976 preparò un rapporto molto dettagliato  su “l’élite e la distribuzione del potere in Iran” scrisse in merito ai disaccordi politici fra i due fratelli nati grazie alle manovre politiche della loro madre:
Alireza Pahlavi era l'unico fratello di Muhammad Reza Shah che è stato ucciso in un sospetto incidente aereo nel 1333 (1954).

Touran (Toran?) Amir Soleimani ( توران امیرسلیمانی  )
(Teheran, 4 febbraio 1905 – Parigi, 24 luglio 1995)
Matrimonio con Reza Khan nel 1922


Qamar al-Maluk Amir Suleimani (Toran) era  figlia di Isa Majdal Sultanah Amir Sulaimani (appartenente alla famiglia Qajar) e di  Shamsul Moluk Manzeh al-Dawlah (Shams ol-Molouk Monazzah od-Dowleh) , una delle famose famiglie dell'epoca. 
Isa Majdal Sultanah Amir Sulaimani era figlio di Majd ed-Dowieh, cugino di primo grado di Naser al-Din Shah Qaiar( quarto scià della dinastia Qajar dal 5 settembre 1848 all’uno maggio 1896).
Fino all’età di dieci anni fu istruita dai suoi genitori per poi andare a studiare alla Namos High School fino al quarto anno di liceo.
Era il periodo in cui Reza Khan aveva appena raggiunto la carica  di Ministro della Guerra e stava cercando di ottenere il potere assoluto nel Paese. Per raggiungere il suo obiettivo cercò di entrare in contatto con la famiglia Qajar per ottenere prestigio sociale e decise quindi di sposare una delle figlie dei nobili Qajar.
Si narra che gli fu presentato un elenco che comprendeva 180 ragazze di Maarif e celebrità del paese. in questo elenco era riportato che Majdal Doulah, una delle figure più importanti del paese e funzionario alla corte di Ahmad Shah, aveva una bellissima nipote, istruita e quindi adatta per essere presa in moglie da Reza Khan, Ministro della Guerra.
Così Reza Khan, che stava aspettando l'occasione giusta, il giorno di Eid al-Adha, quando tutti i ministri, gli uomini e gli studiosi del paese erano andati a salutare Ahmad Shah, prese da parte Majdal-Dula e disse scherzosamente:
Signor Majdal Doulah, non festeggia il nostro Eid su Eid al-Adha?
Majal Doulah, rispose
- Se conosci qualcosa degno di Hazrat Ashraf, per favore fammelo sapere e sarò felice di offrirtelo.
Reza
Il ministro della guerra sorrise e disse:
Sono stato informato che hai una bellissima nipote e volevo che tu accettassi di sceglierla 
come mia moglie.
 Majdal Doulah accettò questa proposta e il giorno successivo, la sorella e la moglie del fratello del ministro della guerra andarono a casa di Majdal Doulah e proposero ufficialmente 
la richiesta di matrimonio.
 La famiglia della sposa accettò la proposta e, di conseguenza, la cerimonia del matrimonio ebbe luogo il giorno di Eid Ghadeer, quando la regina di Toran aveva diciassette anni e il 
ministro della guerra quarantasette.
Secondo la testimonianza di alcune persone che le erano vicine e della corte dei Pahlavi, la regina di Turan era una bellissima donna … era tra le donne più colte e istruite del suo tempo
Il risultato di questo matrimonio molto breve e infausto per Reza Shah fu il suo quinto figlio, Gholam Reza Pahlavi.
Fin dall'inizio del matrimonio, la regina Taj-ul-Muluk, che era contraria a questa alleanza, iniziò a combattere con Touran, e Touran, che non era in grado di resistere a una donna così astuta e orientata alla politica, si ritirò gradualmente. A causa di questi contrasti il matrimonio finì con il divorzio dopo appena più di un anno.
(Reza Khan giustificò il divorzio affermando che Touran era 
dotata di una personalità arrogante”.
Le fonti citarono come Touran sia stata “punita” con il divorzio a causa di un grave affronto perché aveva cercato di vendere una collana che il marito gli aveva regalato).
Dopo il divorzio Turan visse per 21 anni, fino alla morte di Reza Khan a Johannesburg (giugno 1323 AH) (1944), tra le mura del palazzo reale e nelle vicinanze della famiglia Pahlavi e si dedicò all'educazione del suo unico figlio.
 Dopo la morte di Reza Khan, si recò in Egitto per salutare suo figlio che stava andando in America, e dopo essere tornato in Iran, si dedicò all'agricoltura e al lavoro di beneficenza nella sua proprietà ereditata di Aliabad.
Poco dopo incontrò un ricco mercante di nome ZabihAllah Malekpour (1281-1352 AH) si sposò.
(Tadj ol-Molouk, vedova di Reza Khan (Shah) e regina madre, uso il matrimonio di Touran come scusa per costringere la donna a lasciare la residenza che le era stata concessa dal suo ex e defunto marito).

Ruran Amir Solemani con il suo secondo marito Zabihullah Malekpour
https://web.archive.org/web/20200603191753im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/cf6e7be6_6b23_4edb_941f_276fa34456c9.jpg

Dopo il matrimonio, la sua vita cambiò.
 Partecipò ai circoli sociali e diventò proprietario di una grande fortuna, e anche insieme alle attività economiche della famiglia Pahlavi e alla costruzione di Mehrshahr di Shams Pahlavi, pensò di costruire Turanshahr (1356 AH), che doveva essere implementato con la collaborazione dei tedeschi, ma la rivoluzione islamica chiuse la via della stravaganza di questa famiglia e la fece fuggire a Parigi.

Shams Pahlavi

Pearl Palace (Palazzo di Perle) /Shams Palace (Palazzo di Shams) è posto nella tenuta di
Mehrshahr. Negli anni ’60 l’area era costituita in gran parte da meleti progettati da
Alì Saroukhani e di proprietà dei membri della dinastia Pahlavi.
La principessa Shams Pahlavi, figlia di  Reza Kahn e sorella maggiore di Mohammad Reza
Pahlavi, ultimo scià dell’Iran, fece costruire il Palazzo delle Perle nel 1970 su progetto della
Talisienin Associated Architects (Frank Lloyd Wright Foundation).
Negli anni ’70 la principessa si convertì al Cristianesimo e fece costruire nel
palazzo una cappella privata.
Oltre al palazzo furono costruite delle ville sparse ed oggi
l’area è occupata dalla città di Karaj City e il sito di Meshrshahr  è
diventato un quartiere.




Shams Pahlavi e la dott.ssa delle scimmie

Shams Pahlavi e Mehrdad Pahlbod fanno visita a Mohammad Reza Pahlavi prima del contratto di matrimonio, da destra: Mehrdad Pahlbod, Turan Amir Soleimani, Shams Pahlavi, Taj-ol-Moluk Pahlavi e Mohammad Reza Pahlavi

Turan  Amir Soleimani con accanto il figlio Gholamreza ed alcuni suoi parenti
nel giardino della suola nel 1307 (1928).
Da sinistra: Turan  Amir Soleimani, Gholamreza Pahlavi
https://web.archive.org/web/20200603191807im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/5d7ecf66_3ed0_41c3_a3a4_a832de166ace.jpg

In realtà dopo la rivoluzione iraniana del 1979, Amir Suleimani (Toran) lasciò l’Iran e si recò in Germania prima di essere trasferita in una casa di riposo a Parigi negli ultimi anni della sua vita dove morì il 24 luglio 1995. Venne sepolta nel cimitero parigino di Thias. Il figlio fu sepolto accanto alla madre nel 2017.
La casa di Amir Suleimani (Toran) in Iran si trovava sul lato Sud-ovest dell’incrocio tra Pesyan e Ismaili nel quartiere Zafaraniyeh di Teheran.  La proprietà fu parzialmente distrutta dall’Iman Khomeini Relief Foundation il 19 luglio 2016 prima di essere venduta ad un proprietario privato per essere completamente demolita.
Turan apparteneva alla nobile famigli reale Qamar e il matrimonio sarebbe avvenuto nel 1300 (1921).
Reza Khan per evitare problemi con le altre moglie e amanti, le costruì una casa in modo che le sue “compagne” fossero lontane l’una dall’altra ed anche per evitare il sorgere di gelosie che gli avrebbero potuto procurare dei problemi con gravi ripercussioni politiche.
Tâdj ol-Molouk, la seconda moglie di Reza Khan, nel suo già citato “Memoirs of the Queen Mother” (Memorie della Regina Madre) scisse in merito sulla regina Turan..
Nessuna donna ha gli occhi per vedere Turan.
Pertanto non accusarmi di gelosia e parole simili.
Come tutte le donne non mi piace Turan.
Ma non avevo altra scelta e ho dovuto arrendermi e accettare la situazione
per la soddisfazione di mio marito.
Questa ragazza (Toran) aveva un naso moccioso e una testa ventosa.
Sebbene avesse acconsentito al matrimonio in piena felicità e soddisfazione,
dopo il matrimonio e la nascita di Gholam Reza (1302) (1923) pose le
dell’incompatibilità e la sua arte fu quella di portare Reza sotto il suo controllo
e costringerlo a cacciarmi dal palazzo e diventare lei stessa regina dell’Iran.
Reza non poteva tollerare questa donna ipocrita e, dopo la nascita di
Gholam Reza, divorziò da lei e la mandò via a cercare lavoro”
Turan quando divorziò dal marito aveva circa vent’anni e in merito alla sua relazione con l’ex marito disse:
l’intero periodo della sua autorità (Reza Khan) è stata una miseria per me.
E sedersi, vedere e costruire era con avversità.

……………………………..

Reza Shah si risposò verso la fine del 1923 con Esmat Dowlatshahi
Esmat Dowlatshaahiعصمت‌الملوک دولتشاهی   )
(- 1905 – 25 luglio 1995)

Era un membro della dinastia reale Qajar, figlia di Gholam Ali Mirza "Mojalal Dowleh" Dowlatshahi e di Mobtahedj-od-Dowleh, figlia di Ebtehadj Saltaneh e Abou Nasr Mirza Hessam Saltaneh.
Sposò Reza Shan nel 1923 quando l’uomo era ancora ministro della guerra.
Dal matrimonio nacquero cinque figli/e: Abdul Reza, Ahmad Reza, Mahomoud Reza, Fatemeh e Hamid Reza Pahlavi (che sarà privato dei suoi titoli dal fratellastro Mohammad Reza Shah).
Era la quarta moglie di Reza Shah e il matrimonio scatenò le ire delle regina consorte Tadj ol-Molouk. La regina consorte, seconda moglie dello scià, rilevò una grande gelosia nei confronti della Dowlatshahi.
La Dowlatshahi e Reza Shav vivevano nel Palazzo di marmo a Teheran con i loro figli. Accompagnò il marito a Mauritius quando fu esiliato nel settembre del 1941 e ritornò in Iran dopo pochi mesi.

Teheran . Palazzo di Marmo


Restò in Iran anche dopo la rivoluzione islamica del 1979 e nel 1980 si recò a Johannesburg, Sud Africa, per visitare il Museo dedicato al marito Reza Shah Pahlavi. Morì il 25 luglio 1995 e fu sepolta nel cimitero di Behesht-e Zahra a Teheran.



Nel Sito.. https://seemorgh.com/culture/history-and-civilization/history-and-civilization-of-iran/22609-22609/

È riportata un intervista dal titolo:
Ricordi di Esmat al-Muluk Dolatshaihi. L’ultima moglie di Reza Khan
 Non si tratta di velo, e la maggior parte delle donne a quei tempi aveva un Khachchur,
che era una specie di velo. In una situazione del genere, è stato dato l’ordine di rimuovere
l’hijab con la forza…
Non era una questione di Chador e la maggior parte delle donne a quei tempi aveva il chador.
 L’articolo sarebbe il sunto di interviste che furono fatte all’ultima moglie di Reza Shah
Negli anni 1373 -1374 (1994 – 1995). L’ultima intervista fu fatta nel maggio 1974, pochi mesi prima della sua morte nel luogo di residenza.
 Signora Dolatshahi, grazie per aver partecipato a questa conversazione, ci dica cosa ricorda della storia della sua famiglia.
Sono nata nel 1284 anno solare (1905, anno civile). Mio nonno era chiamato Mishkoh al-Dawlah del clan Qaiar, per questo ha ricoperto incarichi a corte durante il periodo. Mio padre è Gholam Ali Mirza Majal al-Doulah. Durante il regno di Reza Shah, era il capo delle cerimonie di corte, quindi c’era un legame speciale tra lui e Reza Shah.
Uno dei miei zii, Mohammad Alì Dolatshahi (Mashkoh al- Doulah) era il Ministro delle Poste e dei Telegrafi. un giorno, quando l’impiegato gli portò il tè, scoprì che era caduto dietro al tavolo ed era morto.
L’altro mio zio si chiamava Abolfath Daulatshahi. Tutti e tre fratelli sono morti di malattie cardiache. Il nome di mia madre era Goharmalek, morì in giovane età dopo aver dato alla luce il suo ultimo figlio, a causa dell’incuria dei medici e della mancanza di strutture mediche nella città di Malayer e fu sepolta a Qom.
Suo fratello Hossam al-Sultaneh è stato il precursore di Naser al-Din Shah ed è stato uno dei maestri di prima classe della musica tradizionale in Iran. Era un maestro nel suonare il violino pur conoscendo tutti gli strumenti iraniani. Per qualche tempo, Mohammad Hassan Mirza è stato l’insegnante di musica del principe ereditario. Hossam al-Sultaneh ha un figlio di nome Fereydoun che ora vive in Belgio. Il nome della madre di Hossam al-Sltaneh era la signora Ibtahaj al-Sultaneh e aveva una buona calligrafia.
Avevo due sorelle e due fratelli. Mia sorella maggiore Ashraf al-Sultaneh, moglie del colonnello Pasha Khan Mobasher, mi ha accompagnato nel mio viaggio a Mauritius. L’altra mia sorella Ezzat era più giovane di me e voleva davvero sposare suo cugino. I miei due fratelli Ahmad Mirza e Abbas Mirza che Reza Shah mandò all’estero per studiare.
Uno ha studiato all’Università di Westminster in Inghilterra e l’altro a Saint-Cyr in Francia.
Quando sono tornati in Iran, purtroppo, nessuno di loro ha avuto un buon esito ed è morto a causa della dipendenza da oppio e alcol.
Un giorno, quando sono andata a trovare Ahmad Mirza, ha detto con un sospiro:
Guarda cosa sono diventato!?
Abbas Mirza, che era solito sciogliere l’oppio nel sudore e mangiarlo, il suo fegato è stato danneggiato ed è stato ricoverato per un po' all’ospedale Shahrbani. Sebbene entrambi i giovani fossero istruiti, si suicidarono.
Come ha conosciuto Reza Khan e come ti ha scelto come sua moglie?
Quando avevo 13 o 14 anni, ho avuto molti corteggiatori, uno dei quali era Sardar Sepah (Reza Khan).
Mi ha proposto tramite il signor Karim Bouzarjamhari e la nipote e moglie del fratello di Sardar Sepah era finita(?).
Anche io padre voleva che lo sposassi a causa della stretta relazione che aveva con Sardar  Sepech (Sardar Sepah/Reza Chah Pahlavi) tra molti corteggiatori. Una volta, tramite una delle donne anziane della famiglia, mi mandò  un messaggio che tu hai molti corteggiatori, ma Sardar Sepah è il più potente di tutti, ed è meglio sposarlo.
A proposito, allo stesso tempo mio padre era diventato il sovrano di Malair.
Andammo anche a Malair e fu in quella città che mia madre salutò Darfani.
( Salutò Darfani… dovrebbe significare: mia madre salutò la morte. Quindi la madre di Emat morì a Malair).
Quando siamo tornati a Teheran ho detto:
siamo in lutto e non posso sposarmi in questo momento?
Ma alcuni parenti come la moglie di mio zio (Mashkoh al-Dawlah) ed altri hanno insistito affinchè tu accettassi. (Consigliarono alla Esmat di accettare la proposta di matrimonio malgrado il lutto).
Ero in una situazione in cui avevo paura del matrimonio.
Non avevo nemmeno visto una foto di Sardar Sepech (Reza Khan) e non sapevo se mi avesse visto o no.
Ma poiché mio padre ha elogiato molto Reza Khan e ha detto che è un uomo di talento e buono, non ho potuto dire nulla e ho ascoltato il suo consiglio…
 Qual è stata la reazione di Tâdj ol-Molouk, l’altra moglie di Reza Khan, nei confronti di questo matrimonio?
A proposito, la notte del matrimonio, era in piedi nel cortile e poiché era molto arrabbiata per la faccenda, continuava a imprecare e urlare, non voleva avere  questo matrimonio. Aveva portato alcune persone con sé per interrompere in qualche modo la festa di matrimonio, ma Sardar Sepech (Raza Khan) la scoprì e ordinò al alcuni soldati di portarla fuori dalla festa e portarla a casa sua.
 Come sai, lo svelamento dell’hijab è stato effettuato quando eri la moglie del re, che ricordi hai di questo problema?
A quel tempo, tutte le classi di persone aderivano a determinati principi morali. Le donne viaggiavano meno nei vicoli e nelle strade. Non si trattava di un velo, e la maggior parte delle donne a quei tempi aveva un khachchur, che era una specie di velo. In una situazione del genere, è stato dato l’ordine di rimuovere l’hijab con la forza. Per questo ha dovuto affrontare forti reazioni da parte della gente. Ricordo che anche quando eravamo seduti in macchina e non indossavamo l’hijab, eravamo imbarazzati nel vedere i passanti. Questo problema non era correlato a una classe speciale e il pubblico in generale soffriva di questo ordine senza studiare. Reza Shah aveva ordinato che tutti noi fossimo svelati. Questo primo lavoro è stato molto difficile, eravamo imbarazzati e molto tristi.
All’inizio indossavamo cappelli di pelliccia e cappotti di pelliccia con il collo lungo.
Cercavamo di apparire meno in pubblico e quindi spesso andavamo fuori città.
Ricordo che a quei tempi di solito andavamo nel giardino di Hossan al-Sultaneh ad Akbarabad per  non dover essere nudo in pubblico. Poiché non avevamo scelta da soli, siamo state costrette a obbedire agli ordini.
(Una traduzione dal persiano non semplice.
Articolo in persiano pubblicato da: Simorgh culture and art group.
seemorgh.com/culture
Fonte: flh.tmu.ac.ir)

 

Reza Shah alla fine della sua vita a Johannesburg in esilio
La foto è abbastanza chiara. Si ha la visione di un uomo psicologicamente distrutto.
Un stato psichico legato alla lontananza dalla sua patria e all’abbandono delle
persone a cui aveva creduto e dato fiducia.
Un malessere che si ripercuoteva sulla sua salute.
https://web.archive.org/web/20200603191757im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/c290084e_fdd9_42d6_bb34_f32b37607357.jpg

Esmatul-Maluk Daulatshahi, la quarta moglie di Reza Shah,
durante il suo soggiorno nell'isola di Mauritius in Sud Africa,
https://web.archive.org/web/20200603191805im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/472dec29_49c9_4aac_95e3_f63279e4f640.jpg

Figli di Resa Shah con Gholamreza Rashidiasmi alla vigilia del viaggio in
Europa per studio (1312)(1933).
Da sinistra: Mahomud Reza Pahlavi (figlio di Esmatul), Ggolamreza Pahlavi (figlio di Turan),
Gholamreza Rashidiasmi, Ahmadreza Pahlavi (figlio di Esmatul) e
Abdulreza Pahlavi (figlio di Esmatul).
https://web.archive.org/web/20200603191755im_/http://www.iichs.ir/Upload/Image/139310/Orginal/88b96be9_74c2_4688_94a4_080d898eee4b.jpg

Dopo  il divorzio da Turan reza Khan, grazie all’aiuto di Amir Lashkar Khodayar Khan Khodayari, conobbe Asmatul-Muluk Dolatshahi che fu nominata dallo stesso Reza Khan, alla carica di capo delle cerimonie interne della corte reale. Dal 1302 (1923), anno in cui entrò nella corte reale, fino all’incoronazione di Reza Khan nel 1305 (1926), Esmat al-Maluk gli diede tre figlie: Abdul  Reza nel 1925 e Mahmoodreza (1926) e negli anni successivi altri due figli/e di nome Fatima (1928) e Hamid Reza nel 1935.
Dopo il suo ritorno a Teheran non entrò in politica ma con la sua importante influenza riuscì a fare assumere i suoi pareti in importanti posizioni redditizie. Dopo la morte di Reza Khan rimase nella sua villa a Shemiran. Non lasciò il suo paese nemmeno durante la rivoluzione islamica del 1979 e morì nel 1995 all’età di 90 anni.
............................

Amanullah Khan e Soraya Tarzi lasciarono ai posteri un ricco album e diari sul loro entusiasmante viaggio  di sei mesi in Europa e in alcuni paesi dell’Asia. Documenti storici che dovrebbero essere conservati negli archivi nazionali afghani di Kabul(?) sempre se non furono distrutti dall’ignoranza.


Amanullah Khan entrò nell'India britannica il 15 novembre 1927 attraverso Kandahar
con 31 dei suoi compagni, accompagnati dalla regina Soraya, sua moglie e
da un certo numero di membri del gabinetto e traduttori.

Shah Amanullah scrisse nel suo diario di viaggio:
"Quando sono arrivato in Europa, ero molto ansioso di vedere la Svizzera perché avevo sentito che le sue alte montagne sono simili alle montagne del mio amato paese, l'Afghanistan".

Nel settembre 1927, l'ambasciatore afghano a Londra informò il Foreign Office britannico
che il re dell'Afghanistan si sarebbe recato all'estero a metà dicembre e
avrebbe visitato anche Londra e Mosca.

Sulla via del ritorno, Shah Amanullah ha viaggiato con la sua auto da Teheran a Herat e da lì a Taghzani e Kabul, e lungo la strada è stato accolto dalla gente di Herat, Farah e Kandahar.

Al suo ritorno dall'Europa, ha fornito informazioni sul suo viaggio e sui suoi
successi a funzionari governativi di alto rango e avvocati della Loya Jirga.

La regina Soraya e la cognata Noor al-Sarraj,  apparvero con un velo di seta e calzini neri durante il loro viaggio in Europa. Le loro foto furono stampate sui giornali europei, dove erano visibili i volti della regina e della sorella del re.

Amanullah ha scritto in una parte del suo diario di viaggio che
"è molto difficile vivere da soli al mondo. Si dovrebbero trovare relazioni e interesse con tutti i paesi e vivere nella società umana e internazionale secondo le esigenze di questa epoca 
e della nuova scienza e tecnologia”

........................

Il ritorno dal Viaggio in Europa

Un viaggio  in visita nei  poteri forti dell’Europa durato sette masi. Videro tante realtà nei loro molteplici aspetti e si confrontarono con esse…. facendo tesoro delle importanti esperienze vissute.
Nella via del ritorno dall’Iran, Amanullah Khan e Soraya raggiunsero con la propria auto Herat, Mashhad, Kandahar e infine Kabul  l’1 giugno 1928.


Al ritorno dal viaggio europeo i sovrani afghani diedero un ulteriore impulso al programma di modernizzazione del paese.
Diversi i settori coinvolti..
- Abbigliamento nel capo sociale. L’obbligo per gli uomini di vestire all’europea e per le donne un ulteriore obbligo di abbandonare il velo. Il 29 agosto 1928, i membri della grande assemblea “Jirga” ricevettero delle lunghe giacche nere in sostituzione degli abiti locali. Ai partecipanti fu quindi chiesto d’indossare pantaloni, camicie, cravatte ed anche i cappelli. Gli uomini, per entrare negli uffici governativi, dovevano indossare giacca, cravatta e capello. Abiti che furono gratuiti per tutti i delegati. Tuttavia era quasi impossibile trovare abiti per i poveri afghani. Molto vestiario fi portato dall’India, con l’esborso di una notevole spesa di denaro, ma non tutti potevano comprare e indossare quegli abiti. Vietò lo scialle di cinque metri legato alla testa degli afghani perchè danneggiava l’economia del paese. La legge che stabiliva in 18 anni l’età delle donne per contrarre matrimonio, fu nuovamente respinta. I sovrani dichiararono guerra ai veli, al burqa e foulard. Contrariamente al cappello decise, in merito al foulard, di farlo accettare su base volontaria anziché per legge. La regina Soraya nell’assemblea apparve senza velo suscitando delle forti critiche.
- Cambiare il giorno della preghiera settimanale da venerdì a sabato. Il venerdì islamico o musulmano è il giorno in cui i musulmani si recano alla moschea per le preghiere pubbliche dette “Jumu’a”. le preghiere vengono recitate a mezzogiorno e sostituiscono la preghiera “dhuhr” che si recita in privato negli altri giorni della settimana. Assistere alla Jumu è obbligatorio solo per gli uomini mentre per le donne è solo fortemente consigliato. In antico fu scelto il Venerdì (yawm al-jum) (giorno dell’assemblea) in ricordo della preghiera e della meditazione del Profeta alla Mecca che avveniva alla chiusura del giorno del grande mercato;
- Il 31 agosto furono aboliti i titoli e ranghi civili (grado o posizione sociale). I funzionari civili erano indicati con l’appellativo di “santo(?)” e il termine fu sostituito con “rispettato”;
- Un incremento delle scuole destinate anche all’istruzione delle ragazze. Gli educatori, gli insegnanti provenivano dall’estero;
- Avviate altre riforme anche nel campo legislativo e della sanità.

Shah Amanullah Khan Ghazi a Qasr Diksha
con un certo numero di ministri e funzionari governativi
La foto è accompagnata nel sito della frase:
L'anima è felice!

Amanullah Khan tra la sua gente

Kabul - Amanullah Khan comunicò all’assemblea i risultati positivi
del viaggio in Europa.

Amanullah comunicò gli esiti positivi del suo viaggio anche alla radio nazionale.
Radio Kabul è la stazione radio ufficiale dell'Afghanistan. I primi trasmettitori radio furono installati durante il regno del re Amanullah Khan negli anni '20.
 ( La foto mostra Radio Kabul negli anni '50 )
https://www.facebook.com/Shah.Amanullah.Khan/photos/a.116941128390579/125621634189195



Ma la storia è spesso crudele e cominciarono  le prime proteste contro le riforme reali. Le proteste iniziarono nell’area del Passo Khyber e sfociarono nei saccheggi degli uffici governativi, del palazzo reale. La rivolta era guidata da Habibullah Kalakani.
Ma dietro questa rivolta c’era la “mano” inglese.
La dichiarazione d’indipendenza dell’Afghanistan non fu mai accettata dall’Impero britannico e fu per loro un duro colpo perché consideravano
L’Impero britannico un territorio dove non tramontava il sole.
In India la parola “libertà” era pronunciata da tutti.
L’ambasciatore britannico in Afghanistan  Humphrey disse che
Le carovane di cammelli che transitavano per i mercati di Delhi ripetevano sempre la
parola “libertà”
Gli Inglesi cercarono di colpire il sovrano afghano  incitando gli afghani alla ribellione coinvolgendo:
-        I cortigiani che erano contrari al costituzionalismo del sovrano;
-        I religiosi fedeli alle radicali regole islamiche;
-         Banditi, vere e proprie bande che minavano la sicurezza nei villaggi e lungo le strade dei carovanieri.
Naturalmente questi aspetti determinarono crisi politica e sociale con movimenti religiosi e rivolte
contro la sicurezza e l’ordine pubblico tutti collegati alle spie britanniche. Azioni che furono usate
contro la monarchia Amani.
I capi tribali misero in crisi il governo con i sabotaggi, gli ecclesiastici ed i mullah propagavano
l’idea della blasfemia e i banditi, con le loro azioni criminose, abbassavano la credibilità del
governo in termini di sicurezza del popolo.
In questo disordine sociale ci furono degli errori legati alle decisioni adottate da Amanullah.
La ribellione partì dal Sud dell’Afghanistan.
Il mullah Abdullah, noto come Mullah Lang, si spostava di villaggio in villaggio tenendo in mano il
Corano e la Costituzione del governo afghano.
Chiedeva alla gente…
Accettate il bolscevismo o il Corano?
Le spie inglesi, operanti in India erano solite inviare immagini della regina Soraya in Afghanistan
anche attraverso l’agenzia commerciale di Quetta e diffondere la blasfemia del re e della regina
afghane.
Lawrence d’Arabia , facente parte dell’Intelligence inglese, guidava quindi la ribellione nelle aree
dell’Afghanistan a Nord di Kabul e nelle zone vicine alla linea Duran. Un’azione spesso celata cola missione di insegnare la lingua pashto.
Il quotidiano afghano “Hamdar” riiferì come il colonnello Lawrence entrò in Afghanistan usando il soprannome di Pir Karamshah.
La ribellione ebbe luogo verso Shenwar e fu guidata dall’ennesima spia inglese, Abdul Wanid Shenwari, in realtà Mr. Wade.  Un milionario che viveva in Australia e che aveva incontrato Nader Khan a Parigi.
La ribellione si fermò inviando delle richieste ben precise al rappresentante di Amanullah Khan, Ghulam Haider Khan Charkhi.
Sei richieste che potremo definire folli…
-        Divorzio dalla regina Soraya Tarzi;
-        Esilio della famiglia Tarzi;
-        Cancellazione delle delegazioni straniere a Kabul ad eccezione dell’Inghilterra;
-        Cancellazione di tutte le nuove leggi;
-        Sconto fiscale;
-        Coinvolgimento di studiosi (religiosi?) negli affari di governo;

Un personaggio sconosciuto riuscirà a cancellare in un attimo tutto lo sviluppo sociale che
l’Afghanistan aveva intrapreso grazie al coraggio dei propri sovrani.
Habibullah Kalakani, detto anche Habibullah Ghazi (Kalakan, 1890 – Kabul, 3 novembre 1929) passò  alla storia anche con il nome di   “Bacha-i-Saqao”.
Apparteneva all’etnia Tagica e prese il nome del villaggio di nascita posto a nord di Kabul.
Il padre era un portatore d’acqua e per questo motivo prese il soprannome di “Saqao”. Una condizione sociale misera e nelle sue memorie scrisse che la sua casa, posta nel piccolo villaggio, era
….. miserabile … e ne soffriva.
All’età di 14 anni lasciò la propria casa e con il proprio cavallo e con gli amici Nur e Jamal si recò a Kabul. Si arruolò nell’esercito del re Amanullah Khan e combatté  nella terza guerra anglo-afghana e nella rivolta di Khost del 1924. Nella rivolta di Khos fu nominato ufficiale e si distinse nella soppressione degli insorti. Disertò dall’esercito, si portò per lavoro a Peshawar e a Parachinar, dandosi anche al brigantaggio, dove venne arrestato e condannato dagli inglesi a undici mesi di prigione.
Uscito di prigione  si diede nuovamente al brigantaggio alternandolo alla viticoltura ed alla produzione di legna da ardere presso i Khdamani. Le sue azioni di brigantaggio colpivano le carovane e i villaggi vicini. Diventò amico di Sayyd Husayn e Malik Muhsin che si unirono al suo gruppo di briganti. Alla fine la sua banda era costituita da 24 elementi ed i  loro rifugi erano le caverne poste sui monti attorno alla capitale da dove partivano le sanguinose scorrerie.. Successivamente  Kalakani si spostò a Peshawar dove rimase per un po' di tempo vendendo tè e le sue azioni di brigantaggio diventarono più rare.
La polizia britannica catturò uno dei suoi complici e il Kalakani si diede nuovamente ai furti. In una delle sue azioni criminose uccise il governatore di Charikar, Ghulan Ghaws Khan.
Le azioni di rinnovamento sociale portate avanti dalla corona  davano fastidio ai conservatori ancorati alle tradizioni afghane  e Kalakani decise di abbandonare il brigantaggio per intraprendere un discorso politico con l’obiettivo, sembra assurdo ma è la realtà, di raggiungere la corona.
L’esercito afghano era impegnato nel reprimere le rivolte delle tribù Pashtun nelle province di Laghman e Nangarhar, poste nella parte orientale dell’Afghanistan.
I Saqqawisti (il nome era legato a Kalakani, ovvero “Saqaw” portatore d’acqua), guidati dal brigante Kalakani, iniziarono ad attaccare la città di Kabul che era stata lasciata indifesa. La rivolta che seguì gettò il Paese in una spietata guerra civile.
L’ondata di ribellione si spostò a Nord di Kabul.
Rafiq Jamal Aghayi e molti altri mullah  incitarono, con successo, alla ribellione. Nelle azioni di sabotaggio furono tagliate le linee telegrafiche e telefoniche con Kabul mentre il mullah Tagab Akhundzadeh Hamidullah approvò la nomina di Habibullah Khadem Din (Habibullah Kalakani, “il sovrano bandito). (Si definì “Emiro dell’Afghanistan e messaggero di Maometto”).
Con il suo esercito si unì alle rivolte di Saqwa e con un esercito di 12.000 uomini la ribellione si spostò dal Nord di Kabul a Shenwar e al Sud dell’Afghanistan.
Il  seme politico- religioso insurrezionale seminato dagli inglesi si sviluppò causando la caduta del governo di Amanullah Khan.

Altre tribù selvagge del Waziristan, circondarono da Sud la città e le forze di Kalakani con facilità si portarono nel centro di Kabul.
Forse il sovrano Amanullah Khan fu colto di sorpresa e certamente la mancanza di una parte dell’esercito, impegnato altrove, favorirono le azioni criminali di Kalakani. Una parte dell’esercito addirittura fece diserzione o si schierarono dalla parte di Kalakani.
Il sovrano cedette il regno al fratello Inayatullah Khan per poi fuggire a Sud verso Kandahar.
Perché la fuga?
Sembrerebbe assurdo ma temeva il linciaggio della folla inferocita.
La famiglia reale si spostò quindi In India e successivamente chiese asilo politico in Italia.
Il sovrano  afghano morì in Italia il 25 aprile 1960 e la regina Soraya il 20 aprile 1968. Le loro salme furono successivamente portate a Jalalabad nel Mausoleo Reale. Sia il sovrano che la regina sono ancora oggi molto amati dal popolo e ricordati nella dura lotta della resistenza. Il re come riformatore e modernizzatore del Pese mentre la regina perché simbolo delle Donne Afghane.
L’Enciclopedia Britannica riportò come il Sovrano morì a Zurigo nel 1960.
Il Comune di Ferrara è stato sempre vicino ai profughi afghani adoperandosi per la loro accoglienza e per il loro successivo inserimento lavorativo. In una seduta consigliare, sempre in merito alle procedure per l’accoglienza di profughi afghani,  si diede lettura di alcuni spunti dii storia Afghana proprio in riferimento al sovrano Amanullah Khan.
Ho sentito alcune interviste a Farhad Bitani, figlio del generale Mohammad Qasim Bitani, generale dei guerriglieri di Massud, prima fatto prigioniero dai talebani del ‘96 e poi, con la Presidenza di Karzai divenne uno degli uomini più fidati del presidente Karzai. Questo Bitani in un suo libro, L’ultimo lenzuolo bianco, ripercorre tutta la sua infanzia e adolescenza, parlando degli orrori di cui è stato testimone, educato nelle scuole coraniche all’odio. Vi vorrei dire un attimo ancora della storia dell’Afghanistan. Nel 1919 re Amānullāh Khān ottenne l’indipendenza dagli inglesi, che però volevano mantenere il controllo del Paese. Si fece una guerra di indipendenza e il re guidò gli afghani alla vittoria. L’Inghilterra però non si rassegnò, e nel 1929, con un colpo di mano, con mercenari e banditi al soldo dell’Inghilterra, sono riusciti a ribaltare il Governo. Re Amānullāh fuggì, guarda caso venendo proprio in Italia. Nel 1929, voi sapete com’era l’Italia. Aggiungo che questo re afghano – leggo per non sbagliarmi – nel 1921 scrisse una nuova Costituzione, chiamando in Afghanistan giuristi dalla Francia e dalla Turchia. L’Afghanistan diventò così uno dei più moderni ed emancipati in termini di rispetto e diritti delle donne nella politica sociale. Si diede libertà alle donne, che erano libere di togliere il burka, si fecero ospedali e scuole pubbliche, tanto che le figlie del re andarono nelle scuole pubbliche, e questo lo sappiamo bene perché una delle figlie di re Amānullāh vive proprio tra Roma, l’Afghanistan e la Turchia.
Il 16 gennaio 1929  il “brigante” Kalakani scrisse una lettera al nuovo sovrano Inayatullah Khan, intimandogli la resa o la guerra. Il sovrano rispose di non aver mai voluto diventare re e si accordò per la sua abdicazione…. Con la risposta  si lasciava a  Habibullah Kalakani il titolo di sovrano.

Il grande Ghazi Amanullah Khan con suo fratello Sardar Enayatullah Khan Seraj a Mumbai, in India, nell'anno 1929 (dopo aver lasciato il paese)

Dietro l’azione criminosa di Habibullah Kalakani c’era la mano Inglese? 

https://en.wikipedia.org/wiki/Habibull%C4%81h_Kalak%C4%81ni#/media/File:%D0%A5%D0%B0%D0%B1%D0%B8%D0%B1%D1%83%D0%BB%D0%BB%D0%B0_(%D0%91%D0%B0%D1%87%D0%B0%D0%B8-%D0%B8_%D0%A1%D0%B0%D0%BA%D0%B0%D0%BE).jpg

Kalakani con i suoi “seguaci”
https://www.alamy.it/habibullah-kalakani-raffigurato-con-i-suoi-seguaci-in-afghanistan-ha-dato-un-rifugio-sicuro-ai-combattenti-basmachi-image401794744.html

Habibullah Kalakani si proclamò emiro dell’Afghanistan regnando dal gennaio all’ottobre del 1929.
Rifiutò il titolo di “re” perché lo considerava troppo occidentale. 
Con l’aiuto di varie tribù Ghilji ( termine che significa “montagna” –  sono la più grande etnia tribale Pashtun), che si opponevano alla modernizzazione dell’Afghanistan intrapresa dal sovrano Amanullah Khan, ricostituì il vecchio emirato proclamandosi
“Habibullah Khadem-e DIN-e Rasulallah”.
Il servitore della religione del messaggero di Dio………
Il grande artefice della storia afghana, protagonista fondamentale nell’indipendenza
dell’Afghanistan, e primo fondatore del movimento di trasformazione in Afghanistan con:
-        322 scuole con ben 51.000 studenti;
-        Scuole elementari furono aperte nelle province; scuole superiori, scuole professionali. Furono assunti professori stranieri provenienti dall’Europa per insegnare scienze contemporanee. Ragazzi e ragazze furono mandati all’estero per studiare.
-        Fu sviluppata la stampa con la pubblicazione di quattro giornali di stato. In totale erano presenti nove giornali di cui tre gratuiti e due riviste.
-        Per legittimare gli affari fu approvata la Costituzione costituita da 77 articoli.
-        Si recava spesso nelle varie province per rendersi conto dei vari problemi sociali ed economici presenti nel territorio.
-        Cercò d’istituire una banca per superare l’economia feudale. Un economia che si doveva sviluppare attraverso  l’industria. Per questo motivo visionò gli aspetti tecnologici e produttivi delle aziende presenti in Europa in vari settori produttivi.
fu improvvisamente messo da parte e costretto ad abdicare.
Il suo importante piano di sviluppo sociale e culturale fu bloccato dall’opposizione dei signori
“feudali” e dagli esponenti religiosi in nome dell’Islam oltre che dagli inglesi.
Kalakani fu posto sul trono sotto il nome …
Di servitore della religione… del Messaggero di Dio.
Una strana storia quella del sovrano Habibullah Kalakani considerato prima dagli inglesi un 
bandito, proprio per la sua attività di fuorilegge e quindi ricercato sia per u suoi crimi come per le 
sue attività di sabotaggio come quello del. taglio della strada che collegava Kabul a Mahanar dove 
fu notato dall’Intelligence britannica, e poi servitore degli Inglesi ovvero un tentacolo d’azione 
della piovra.
Il Mullah Iman della Moschea Kot Boi disse a Kalakani…
Diventerai un re. Ci sono soldi e armi sotto un labero, portali via
Vai a Kabul per combattere gli infedeli.
 
Durante gli scontri Kalakani fu ferito da un proiettile di cannone alla schiena. Fu portato nel 
palazzo estivo di Amanullah Khan a Paghman. L’ambasciatore inglese obbligò un chirurgo, della 
stessa ambasciata, a curarlo……….



 Assurdo… sembra una terribile favola…….ma la fine di Kalakani   era dietro l’angolo incombente come una spada di Damocle………
“Damocle” sarebbe stato Mohammed Nadir Shah (etnia Pashtu ; Dehradun, 9 aprile 1883 – Kabul, 8 novembre 1933).   Apparteneva al ramo di Musahiban cioè delle dinastia reale dell’Afghanistan dato che il padre era Mohammad Yusuf Khan e la madre Sharaf Sultana Hukumat Begum.
Gli antenati di Nadir furono esiliati nell’India Britannica da re Abdur Rahman Khan (in carica dal  1880 al 1901). Il sovrano vietò in modo categorico il rientro in patria di qualsiasi esponente della famiglia. Alla morte del sovrano prese il potere il principe ereditario Habibullah. Nel 1912 Nadir aiutò l’esercito afghano nel reprimere la rivolta di Khost avvenuta nel 1912. L’emiro Habibullah,  nella scena politica molto più debole rispetto al padre, sposò una delle sorelle di Nadir (Ulya Janab già citata).
Con il matrimonio la famiglia Nadir ebbe il consenso nel suo rientro in patria.
Durante la reggenza del sovrano Amanullah fu nominato generale e guidò l’esercito afghano nella terza guerra anglo-afghana. Dopo la guerra fu nominato ministro della guerra e dal 1924 al 1926 fu ambasciatore afghano in Francia. In seguito a disaccordi con il sovrano, in merito alla ribellione di alcune tribù e delle forze tagike di Habibullah Kalakani contro la monarchia, fu nuovamente esiliato. Quando Kalakani diventò emiro rovesciando la monarchia, Nadir tornò in Afghanistan con il suo esercito costituito da componenti delle tribù Mangal, Meshud e Wazir e conquistò la maggior parte del paese. Il 13 ottobre 1929 le forze militari di Nadir conquistarono Kabul e la saccheggiarono. Il giorno 15 ottobre Kalakani fu catturato e giustiziato con fucilazione sulla parte Ovest dell’Arg (Palazzo Reale). La fucilazione avvenne l’uno novembre 1929 e vennero giustiziati anche il fratello di Kalakani e nove suoi seguaci. Le ultime parole di Kalakani prima di essere giustiziato furono…
"Non ho nulla da chiedere a Dio, mi ha dato tutto ciò che desideravo. Dio mi ha fatto re"

Habibullah Kalakānī in catene dopo la sua sconfitta e detronizzazione,
poco prima della sua fucilazione
https://www.dawn.com/news/1279271

Il corpo di  Kalakani fu deposto sotto un mausoleo in cima ad una collina in un luogo segreto dove rimase per circa un secolo, 87 anni.
Nel 2016 alcuni tagiki e studiosi chiesero che fosse seppellito in un luogo più adatto. La richiesta creò delle tensioni sociali tribali a Kabul. I tagiki e gli studiosi religiosi consideravano Kalakani un musulmano devoto e pretendevano che fosse sepolto nella collina di Shahrara. Chiesero quindi al presidente Ashraf Ghani (presidente dell’Afghanistan dal 29 settembre 2014 al 15 agosto 2021) di pianificare una sepoltura di stato. Gli oppositori di Kalakani, in massima parte laici e pashtun, erano decisamente contrari a questo piano che definirono “folle e privo di senso”. Tra gli oppositori anche il vicepresidente Abdul Rashid Dostum che affermò..
Di non poter essere sepolto in cima ad una collina (di Kabul)
importante per l’eredità Uzbeka.
Alle fine fu sepolto in cima alla collina di Kabul il 2 settembre 2016. Una sepoltura accompagnata da durissimi scontri con un morto e quattro feriti. Scontri fra i sostenitori di Karakani e i soldati pro-Dostum.

“Aljazeera” pubblicava in merito….

La sepoltura a Kabul del re tagiko Kalakani suscita tensione
La sepoltura nella capitale afghana del re tagiko e dei suoi aiutanti, giustiziata nel 1929, evidenzia la divisione etnica pashtun-tagika.
La tesa situazione di stallo tra tagiki e pashtun è continuata per più di sei ore a Kabul [Al Jazeera]
Di  Hashmat Moslih
Pubblicato il 2 settembre 2016
Più di 80 anni dopo la sua morte violenta, i resti di un re tagiko sono stati sepolti a Kabul.
La sepoltura di giovedì è avvenuta tra le tensioni tra i suoi sostenitori e oppositori che sono quasi sfociate in scontri armati, evidenziando le linee di frattura etniche nella società afgana.
Il re Habibullah Kalakani, la cui ascesa interruppe brevemente la dinastia pashtun nel 1929, fu giustiziato dopo aver regnato per nove mesi.
È stato sepolto, insieme a stretti collaboratori, dopo che i loro resti sono stati scoperti in un punto anonimo sotto il mausoleo in cima alla collina della dinastia etnica pashtun del paese.
Il suo funerale, però, divenne fonte di conflitto tra i leader politici. I tagiki hanno esortato il presidente Ashraf Ghani a dare a Kalakani una sepoltura di stato, mentre il vicepresidente Abdulrashid Dostum ha insistito sul fatto che l'ex reale non potesse essere sepolto su una collina che considera importante per il patrimonio uzbeko.
Dopo molti ritardi, Ghani alla fine ha chiesto ad Abudullah Abdullah, l'amministratore delegato del paese, di occuparsi della questione, temendo che la sua approvazione avrebbe turbato i nazionalisti pashtun e una piccola ma rumorosa comunità laica.
Nella storia ufficialmente sanzionata dell'Afghanistan, Kalakani è descritto come un ladro analfabeta che ha rovesciato il monarca riformista re Amanullah, solo per essere deposto da Nadir, un cugino del re spodestato.
Kalakani è stato arrestato e giustiziato con tutti i suoi stretti collaboratori, i loro corpi sono stati impiccati in pubblico e successivamente gettati in una fossa comune. Questa versione della storia è favorita dai nazionalisti pashtun e dai laici in Afghanistan.
Tuttavia, per i tagiki e il popolo religioso dell'Afghanistan, Kalakani era un musulmano devoto che si opponeva alle politiche secolari dell'Amanullah "occidentalizzato".
Ha guidato una ribellione islamica contro Amanullah, che aveva svelato sua moglie e aveva ordinato agli afghani di indossare abiti occidentali.
Kalakani è stato imprigionato quando il re Nadir Khan ha infranto un accordo di amnistia scritto e firmato sul Corano, un atto di tradimento secondo i tagiki.
Dopo aver deposto Kalakani, Nadir si dichiarò re e fu assassinato da uno studente nel 1933.
 Oggi, 87 anni dopo la morte di Kalakani, le due versioni contrastanti della storia hanno quasi portato Kabul alla violenza etnica.
Mentre il corteo funebre si dirigeva verso il cimitero sulla collina di Sharara, gruppi armati fedeli al leader laico e uzbeko Dostum hanno bloccato le persone in lutto.
Sharara è una delle tante colline di Kabul che si trovano in un quartiere della città popolato da tagiki.
Ma Dostum, anche lui ex generale, considerava Sharara una sua proprietà privata, nonostante vi sia un grande cimitero pubblico.
"Ci sono altri posti in cui lui [Kalakani] potrebbe essere sepolto, non sono stato consultato su questa sepoltura", disse Dostum nei video pubblicati sui social media. "Se tutta la popolazione turca dell'Afghanistan viene uccisa, non permetterò che venga seppellito in cima a questa collina".


La sicurezza intervenne in forze per cercare di allentare le tensioni in mezzo a
una disputa sulla sepoltura del re Kalakani [Al Jazeera]
Nello stesso video, si può sentire un uomo pashtun che gridava a Dostum:
"Siamo pronti a portare un migliaio di uomini dalla provincia di Logar per sostenerti".
La tesa situazione di stallo continuò per più di sei ore, con gli uomini di Dostum in piedi mentre migliaia di persone in lutto tagike minacciavano di prendere la cima della collina con la forza.
“Non lo accetteremo, la situazione è diventata militarizzata, chiunque abbia armi la porti ora”, disse Gul Haidar, un influente comandante tagiko, nei video postati sui social media.
"Stai calmo!"  disse Saleh Registani, un altro influente leader tagiko e membro del parlamento.
Furono esplosi colpi di arma da fuoco mentre i portatori di spade che trasportavano i resti di Kalakani e dei suoi compagni si avvicinavano al luogo di sepoltura, lasciando almeno tre feriti, riferì l'agenzia di stampa AFP.
'Funerali secondo la legge islamica'
In un altro video postato sui social, Fazul Minallah Moumtaz, rappresentante del partito islamico dell'Afghanistan (Hizb-e-Islami dell'Afghanistan), si elevò in mezzo alla folla ed esortò le persone a non trasformare l'evento in un evento etnico e in una disputa politica.
Gulbuddin Hekmatyar, un leader religioso pashtun contrario all'attuale governo,
era a capo di quel partito.
Moumtaz disse: “Miei cari fratelli, non lasciate che questo evento si trasformi in una disputa tribale e politica. [Kalakani] era un grande musulmano. Questo evento è un evento religioso e la legge islamica ci spinge a fare un funerale per lui. 
Non abbiamo raccolto nient'altro per il bene dell'Islam”.
Alla fine Dostum fu convinto dai leader tagiki a fare marcia indietro, scongiurando
un sanguinoso confronto etnico. 
Kalakani ei suoi compagni furono sepolti nel cimitero in cima alla collina a tarda notte.
I critici sui social media accusarono i nazionalisti pashtun di aver incitato Dostum a inimicarsi i tagiki in una giornata storica.

Il re tagiko Kalakani e i suoi aiutanti furono giustiziati nel 1929
[Al Jazeera] - FONTE : AL JAZEERA

Il “The Washington Post” riportò
La lotta per un santuario per un tirannico re afghano

Re afghano Habibullah Kalakani, noto con il soprannome denigratorio Bacha–i-Saqao, o “figlio del portatore d'acqua”, durante la guerra civile del 1929 in Afghanistan. (Alamy Stock Photo)
Di Pamela Constable e 20 agosto 2016
https://i0.wp.com/philhalton.com/wp-content/uploads/2021/02/preview_00027432_001.jpg?resize=286%2C450&ssl=1

https://i0.wp.com/philhalton.com/wp-content/uploads/2021/02/HK-Post.png?w=1600&ssl=1

KABUL — Nella visione prevalente della storia afgana, il re Habibullah Kalakani era un ladro analfabeta che rovesciò un monarca riformista nel 1929 e trascorse nove mesi dispotici sul trono, sradicando brutalmente ogni traccia di modernizzazione, prima di essere catturato dall'esercito reale e impiccato a Kabul.
Ma in Afghanistan, un paese con una sanguinosa tradizione di guerra tribale, una feroce resistenza ai conquistatori stranieri e signori della guerra che si reinventano come statisti, anche i re banditi morti da tempo hanno fan club.
La tesi sostenuta dai sostenitori di Kalakani, per lo più attivisti della sua minoranza etnica tagika, è che egli fosse un devoto musulmano e socievole Robin Hood il cui orrore per la rapida modernizzazione - incarnato dalle foto della moglie del precedente re che indossava abiti occidentali durante un viaggio in Europa - era condiviso da molti afgani all'epoca.
Per 87 anni, i resti di Kalakani sono rimasti in un punto anonimo sotto il maestoso mausoleo in cima alla collina della dinastia etnica pashtun del paese, incluso il re Nader Shah, che ne ordinò l'esecuzione. Ora, un gruppo di leader e studiosi tagiki chiede che venga dissotterrato e trasferito in un ambiente più rispettoso nella capitale.
La campagna non è nata per un capriccio nostalgico. È in parte uno sforzo per contrastare la sepoltura di Mohammed  Daoud Khan , il presidente assassinato durante un'acquisizione comunista nel 1978. Il corpo di Khan è stato scoperto in una fossa comune nel 2008 e l'anno successivo, per ordine dell'allora presidente Hamid Karzai, è stato seppellito e gli è stato dato un funerale di stato.
Fa anche parte di una lotta etnica che tormenta l'attuale  governo di unità nazionale , in cui il potere è condiviso dal presidente Ashraf Ghani, di etnia pashtun, e dall'amministratore delegato Abdullah Abdullah, che si è candidato alla presidenza di Ghani nel 2014 con il forte sostegno dei politici di etnia tagika. gruppi.
Daoud Kalakani, un membro del parlamento, è a capo di un gruppo che ha chiesto al governo di permettere che l'ultima dimora di Habibullah Kalakani sia ammodernata come quella di Daoud Khan. Ha detto che il re morto da tempo, noto con il soprannome denigratorio Bacha-i-Saqao, o "figlio del portatore d'acqua", dovrebbe ricevere "lo stesso grado di rispetto" di Daoud Khan. Il gruppo ha minacciato di organizzare proteste di massa se non ci sarà una risposta ufficiale entro due settimane.
Un altro sostenitore, lo studioso universitario Omar Ahmad Parwani, ha affermato che risolvere la questione aiuterebbe a portare la riconciliazione nazionale e risolvere un rancore storico. Si è lamentato del fatto che Ghani avesse dato il titolo di "martire nazionale" a un leader della milizia di etnia Hazara morto due decenni fa, ma che non era disposto a onorare "un [emiro] tagiko che apparteneva a tutto l'Afghanistan".
La causa è sostenuta anche da alcuni ex comandanti della milizia tagika, soprattutto nella pianura di Shomali a nord di Kabul, dove è nato Kalakani. In una e-mail, i sostenitori hanno affermato di essere stati snobbati quando hanno portato la loro petizione all'ufficio di Ghani, ma sono stati accolti con più simpatia da Abdullah.
“Dott. Abdullah ha detto che questo era in cima alla sua lista”, ha detto Tahir Qadiry, portavoce di Attah Mohammed Noor, un potente governatore tagiko il cui partito Jamiat-i-Islami ha fatto pressioni su Abdullah per portare le sue richieste a Ghani, inclusa la sepoltura di Kalakani.
Mercoledì Abdullah ha incontrato Ghani per discutere una serie di questioni che hanno causato una rottura pubblica tra di loro questo mese. Giovedì, il ritratto di Kalakani è apparso improvvisamente su un muro del Ministero della Difesa, dove Ghani ha presieduto una cerimonia per il giorno dell'indipendenza dell'Afghanistan, segnando un trattato del 1919 con la Gran Bretagna. I visitatori hanno detto che era appeso accanto a un ritratto di Daoud Khan.
I sostenitori di Kalakani hanno esultato per questo segno della sua riabilitazione ufficiale, ma la questione ha aggiunto una nuova fonte di vetriolo etnico ai social media afghani. Alcuni siti web tagiki definiscono Kalakani un eroe e giustappongono le sue immagini a quelle di Ahmed Shah Massoud, l'iconico comandante anti-talebano tagiko assassinato nel 2001. Alcuni post su questi siti deridono i pashtun con insulti volgari.
Ma i post di alcuni pashtun e altri denunciano Kalakani come un bruto. "Era un misogino e un criminale arretrato", ha twittato un critico, osservando che aveva chiuso tutte le scuole femminili durante il suo breve regno. Altri lo hanno definito una “macchia nella nostra storia recente” e lo hanno paragonato al defunto leader talebano Mohammad Omar.
Venerdì, sulla cima della collina coronata dalle tombe reali di Nader Shah e di suo figlio, il re Mohammed Zahir Shah, una guardia ha descritto il regno di Zahir Shah dal 1933 al 1973 come un periodo di pace e stabilità, e ha respinto il movimento per commemorare Kalakani come uno stratagemma dei leader tagiki per promuovere i propri interessi. "Non c'è differenza tra Kalakani e Mohammad Omar", ha detto.
(Il Mullah Mohammed Omar fu Emiro dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan dal 1996 al 2001. Era una dei ricercati da parte del Dipartimento di Stato americano in seno al “Rewards for Justice” per aver ospitato Osama bin Laden e  i miliziani di al-Qaeda nel periodo precedente l’attacco dell’11 settembre alle Torri Gemelle di New York).


Dai documenti conservati in archivio a Kabul si rilevò come gli uomini di Habibullah Kalakani furono conquistati dal lusso presente nel palazzo reale dove vennero a contatto con le prime vasche da bagno e con arredi europei.
Il vice di Kalakani si chiamava Malik Mohsin. Un uomo di settant’anni e considerati uno dei principali proprietari terrieri di Kalakan.
Si narra come Kalakani, nella prima notte passata nel neo conquistato palazzo reale, sia riuscito ad ingannare Mohsin facendolo dormire su un tavolo da biliardo spiegandogli che si trattava
Di un letto speciale per ospiti illustri e che la coperta era una coperta costosa.
Si dice che abbiamo scambiato un gabinetto per una sala da pranzo e abbiano mangiato la zuppa anche da vasi di porcellana adoperati  per altri scopi.
Kakakani non formò un governo in senso moderno ma governò in modo informale, negando cioè un governo centrale e promuovendo l’idea di una società che precedeva l’idea di stato.
Si trattava in realtà di un ideologia molto presente in diverse parti della stato, fortemente tribali, e favorita dalla debolezza dello stato centrale.
Lo stesso Kalakani nella sua autobiografia dichiarò di aver trovato il tesoro vuoto. Amanullah, già in esilio, dichiarò di non aver prelevato nulla.
Kalakani affermò il vero?
In realtà è difficile pensare all’idea di un sovrano costretto a fuggire a mani vuote ma è anche vero che al potere salì, anche se per pochi giorni, il fratello e sarebbe poco probabile affermare che lo abbia lasciato privo almeno di una parte del tesoro.
Kalakani e i suoi seguaci adunarono tutti gli usurai di Kabul e prelevarono dai loro depositi, con una vera e propria estorsione,  una notevole somma di denaro, tagliando il pollice a uno dei loro capi.
Il Kalakani chiuse tutte le scuole, le biblioteche, il Museo Reale e vendette ogni singolo pezzo di terra di proprietà reale. Nella sua “politica” cercò di azzerare i costi e raccogliere quanti più fondi possibili. Un comportamento che destò da subito caos e paura.
Nella sua autobiografia spiegò il suo “pensiero filosofico”…
Avevo visto troppo della corte di Amanullah per avere rispetto per troppa cultura o
per le maniere cortesi, in quanto tali. In effetti, diffidavo di coloro che erano dotti nelle arti. 
Non sapevo né leggere né scrivere, e non l'avevo trovato un handicap. 
Potevo assumere per poche rupie coloro che avevano assimilato le vie della penna, e
decisi che il mio gabinetto doveva essere uno di azione. 
Abolì i ministeri del Commercio, della Sanità, dell’Istruzione e della Giustizia. Creando un sistema di governo molto antico che l’Afghanistan aveva superato da poco anni.
Malik Monhsin fu nominato governatore di Kabul e la sua azione si concentrò sul saccheggio ripetuto della capitale.
Abbiamo visto come fossero presenti molti pretendenti al trono tra cui Nadir Khan, parente del deposto Amanullah Khan, generale e molto vicino ai capi tribali. La sovranità di Habibullah Kalakani non era quindi molto sicura.
Un paese nel caos con combattimenti continui ed in ogni territorio dato che le varie tribù sostenevano un loro candidato per prendere il potere. Furono uccisi un gran numero di civili e le città furono sconvolte dai ripetuti saccheggi. Le milizie erano attirate nei combattimenti dalla possibilità dell’offerta di saccheggio.
A marzo 1929 il generale Nadir Khan(futuro sovrano) scrisse all’”emiro” Kalakani..
Per ora, o fratello vittorioso, esprimo solo sentimenti di buona volontà, ma non dipendo da questi durevoli. Ti consiglio di porre fine allo spargimento di sangue tra i musulmani e alla distruzione dell'Afghanistan. Le illustri tribù pashtun... non lasceranno le redini del governo nelle mani di nostro fratello. Se nostro fratello desidera continuare ad avere un po' di potere allora gli garantirei il posto di capocarovana e farò del mio meglio per aiutarlo a raggiungere il successo.
Habibullah Kalakani rispose alla lettera ingiuriosa e affermò
Di accettare di piegarsi alla volontà della shari’a.
Fu convinto dai religiosi e dai contigiani di convocare a palazzo alcuni parenti di Nadir Khan che erano residenti a Kabul. Quei parenti furono costretti a scrivere una lettera che fu inviata a Nadir Khan..
Noi, uomini e donne, conosciamo il rispetto che Amir Habibullah Khan prova per te. Ora godiamo di piena salute e tranquillità, ma se rifiuti l'onore di essere ricevuto da lui, allora andremo incontro alla distruzione.
Una chiara lettera di minaccia… se Nador Khan avesse continuato nelle sue azioni militari, i suoi parenti sarebbero stati condannati a morte.
Gli averi dello stesso Nadir Khan furono sequestrati e la moglie con le cognate (mogli dei suoi fratelli e sorelle del deposto Amanullah Khan) furono sottoposte agli arresti domiciliari.
Queste azioni dimostravano come il Kalakani non fosse più in grado di avere il pieno controllo della capitale. I ripetuti saccheggi, le esecuzioni sommarie dimostravano la presenza di un’atmosfera di anarchia diffusa. Lo stesso governatore della città fu fustigato pubblicamente in due episodi che lo videro coinvolto in furti.
La situazione economica era già da tempo al collasso. Il costo del cibo era aumentato in modo vertiginoso e lo stesso avulso controllo sui prezzi, adottato da Kalakani, aveva costretto i commercianti a sospendere le vendite perché in perdita.
Aveva un fratello, Hamidullah Kalakani, ex bandito e ballerino nelle feste di matrimonio, che diventò famoso in città come “aiutante del re”.  Guidava dei continui saccheggi uccidendo impunemente e stuprando le donne.
Una volta sorprese dei macellati che vendevano della carne con troppo osso.  Decise di punire i macellai e selezionò sei di loro per fustigarli pubblicamente nella piazza. Poi furono inchiodati con le orecchie ai pali del mercato.
L’emiro Kalakani aveva addirittura coniato delle “monete” che erano in pelle per creare una valuta necessaria per pagare i suoi soldati. Ma le valute furono respinte.
Aveva esentato dal pagamento delle tasse i suoi sostenitori per avere il loro sostegno. Incentrò la sua politica solo alla capitale lasciando il resto del paese e per questo motivo  i saccheggi erano continui proprio a Kabul.
Per conquistare il potere aveva sfruttato una propaganda religiosa, “gli ex sovrani rifiutavano il linguaggio del jihad”. Una propaganda diffusa oralmente, attraverso le reti dei mullah o con le voci nei bazar. una voce colpiva in modo spietato la regina Soraya, moglie del re Amanullah Khan, che
che avrebbe viaggiato nuda in automobile attraverso l'Europa
Le voci affermavano che le sue fotografie circolavano tra la popolazione, grazie anche all’aiuto dell’Intelligence Inglese. Tutti avevano sentito parlare di queste famose fotografie ma in realtà nessuno le avrebbe mai viste. La voce finì con il  promuovere l’idea che il sovrano Amanullah Khan e la sua famiglia non fossero musulmani.
Habibullah Khan utilizzò anche degli aerei che erano stati conquistati da Amanullah Khan e pilotati da russi espatriati che avevano il compito di lanciare dei volantini nelle aree tribali per catturare Nadir Khan.
Uno di questi volantini diceva…
Nel nome di Dio, il Misericordioso, il Compassionevole! Un proclama del governo. Possa essere noto ai fratelli musulmani nelle province orientali e meridionali! Le informazioni sull'attività codarda e infida del feldmaresciallo Nadir dimostrano che si è dimostrato un infedele... cercando di dividere musulmano da musulmano... Chiunque porti Nadir vivo sarà pagato quarantamila rupie. Trentamila rupie, un fucile e munizioni andranno a chiunque porti nella sua testa.
I combattimenti continuarono per mesi e a settembre l’esercito del generale Nadir e dei suoi fratelli avanzò, su diversi fronti, verso Kabul. Questo attacco divise l’attenzione del Kalakani e lo mise a dura prova a causa delle sue limitate risorse militari.
Rimase isolato al centro del paese e, pur riportando alcune vittorie, all’inizio di ottobre i cobattimenti erano violenti alla periferia di Kabul. La città fu quindi assediata.
Kalakani ei suoi seguaci si rifugiarono nel palazzo reale e portarono con loro anche numerosi ostaggi per avere la possibilità di contrattare le loro vite.
Kalakani, per dimostrare che era ponto a tutto nella sua resistenza, uccise due fratellastri di Amanullah Khan e minacciò di uccidere anche i membri della famiglia di Nadir Khan, ormai da tempo suoi ostaggi.
I parenti di Nadir riuscirono a fare recapitare al loro parente una lettera nella quale lo pregavano di non trattare per le loro vite e di proseguire nella sua azione militare contro Kalakani.
Le truppe di Nadir Khan bombardano il palazzo presidenziale per diversi giorni ma Kalakani e Malik Moshin, durante una notte, riuscirono a fuggire dal palazzo. Rubando dei cammelli raggiunsero le loro case sperando di trovare protezione presso i parenti.
Il generale Nadir inviò un comunicato alle popolazioni locali ammonendo che
Qualsiasi protezione fornita ai fuggitivi sarebbe stata punita.
La popolazione lasciava ogni notte del cibo sulle colline
"affinché chiunque potesse prenderne parte".
Dopo  quattro giorni i fuggitivi si arresero a Nadir Khan ricevendo in cambio una garanzia di sicurezza sulla loro vita.
Ma il destino dei fuggitivi era già segnato da tempo.
Stranamente il generale Nadir Khan aveva perdonato il Kalakani ma dovette cedere alle pressioni dei suoi sostenitori per azioni più drastice e forti.
Habibullah Kalakani, diversi membri della sua famiglia, Malik Mohsin e altri nove ribelli furono fucilati il ​​1° novembre 1929. Fu poi lapidato e esposto su una forca, prima di essere sepolto fuori città. La sua morte fu riportata su TIME Magazine una settimana dopo con un breve articolo:
La scorsa settimana Habibullah Khan, ex re dell'Afghanistan, né Bacha Sakao, il bandito Water Boy, è stato catturato dal vittorioso re Nadir, imprigionato a Kabul. Sebbene Royal Nadir abbia occasionalmente licenziato generali afghani nel petrolio, Habibullah non attendeva un simile destino. È stato portato fuori e fucilato umanamente. Gli afghani hanno attribuito questa morbidezza agli anni di Nadir in Costa Azzurra.
TIME MAGAZINE, 11 novembre 1929
Nadir Khan diventò re ma il tesoro era vuoto. Per pagare le truppe permise ai suoi soldati di saccheggiare Kabul.  Il suo governo fu instaurato su una capitale che i suoi stessi soldati avevano distrutto. Più di 150.000 persone furono uccise dal gennaio 1929.
Kalakani era di etnia tagika, un fattore che di per sé è meno importante rispetto al modo con cui decise di governare.
La stria con insegna nulla perché i talebani (nel 1999 e nel 2022) sostituirono una struttura statale, in via di modernizzazione, con una struttura tribale basata sul clientelismo e sui rapporti personali.
La sua appartenenza all’etnia Tagika è importante. L’etnia Tagika tentò, senza successo, di ottenere la presidenza dell’Afghanistan  nel 2001 ma fino ad oggi il presidenti dell’Afghanistan furono sempre di etnia Pasthum come tutti i re del passato, tranne Kalakani.
Come già esposto, Kalakani e i suoi seguaci nel 2016 furono rimossi dalle loro tombe e seppelliti sulla collina di Shahr Ara, poco fuori Kabul.
Il corteo funebre era costituito da persone armate che si scontrarono con i politici uzbeki che rivendicavano Shahr Ara Hill come un luogo importante della loro memorie e storia.
Dopo questa sepoltura cominciarono ad apparire nella città i ritratti di Habibullah Kalakani negli uffici dei politici tagiki e sui muri delle città e quartieri anch’esso tagiki.
Kalakani fu completamente ridisegnato da una critica storica non sempre obiettiva. Da bandito, “portatore d’acqua” fu proposto come una figura devotamente religiosa e che si oppose alle riforme moderniste  di Amanullah Khan. Un ribelle tagiko contrario alla dominazione e ai comandi pashtun.
Fu paragonato ai mujaheddin che combatterono contro il governo comunista le cui politiche erano progressiste.
Fu ancora paragonato ai moderni politici tagiki, che con le loro numerose milizie, si oppongono da sempre al dominio pashtun della democrazia afghana, iniziata con Karzai e proseguita con alti e bassi con Ghani.
È strano come alcune sfere sociali del paese si oppongono da sempre alla visione di uno Stato moderno.

I sostenitori si radunano attorno alle bare contenenti i resti del re afghano Habibullah Kalakani e dei compagni durante una cerimonia funebre presso la moschea di Eid Gah a Kabul il 1° settembre 2016. Nella capitale afghana sono scoppiati scontri tra i sostenitori di un antico monarca deriso come un "re bandito" " ha cercato di seppellire i suoi resti, mettendo a nudo le profonde divisioni etniche del Paese. / AFP / WAKIL KOHSAR (Il credito fotografico dovrebbe essere WAKIL KOHSAR/AFP via Getty Images)
https://www.gettyimages.co.uk/detail/news-photo/supporters-gather-around-the-coffins-containing-the-remains-news-photo/598306738?adppopup=true

Questa lunga narrazione su Kalakani, artefice dell’abdicazione del sovrano Amanullah Khan, ritengo che sia importante per visualizzare come le varie etnie, con i loro rapporti, siano sempre stati un problema  politico e sociale nella storia del Paese. Un problema non facile da risolvere perché naturalmente diversi tra loro per storia e cultura.
L’inno nazionale del Afghanistan riconosce 14 gruppi etnici tra i 38 milioni di abitanti del Paese: pashtun, tagiki, hazara, uzbeki, beluci, turkmeni, nooristani, pamiri, arabi, gujars, brahuis, qizilbash, aimaq e pashai, ecc
Pochi di questi gruppi sono originari e concentrarti unicamente in Afghanistan. La maggior parte appartiene a comunità sovranazionali presenti nei paesi vicini.
Nonostante i pashtun costituiscano tra il 38% e il 42% della popolazione dell’Afghanistan la maggior parte di essi si trova oltre il confine con il Pakistan. Gli accordi della Linea Durand, divisero nel 1893 le comunità pashtun fissando il confine attuale tra Pakistan e Afghanistan. L’accordo e il confine stesso non furono mai riconosciuti dal governo afghano e rappresentano un elemento di instabilità cronica per il Paese. La cultura e l’organizzazione sociale pashtun sono tradizionalmente influenzati dal pashtunwali, un connubio di tradizioni tribali e legge islamica che formano un codice morale e legale vincolante all’interno della società. Il pashtunwali, nella sua forma più rigorosa, è per lo più seguito solo nelle tribù rurali.
Durante il regno di Amanullah (1919 – 1929) furono eseguite alcune riforme liberali nei confronti delle donne con l’obiettivo di unificare e modernizzare il Paese. Ma le riforme non furono seguite soprattutto nelle zone rurali dove la condizione femminile rimase sempre la stessa. Le riforme avevano l’obiettivo di liberare la figura femminile dal dominio patriarcale,  portare avanti l’importante educazione femminile e la possibilità di indossare abiti occidentali (un azione  legata ad una forma di comunicazione perché si dovevano convincere le donne, soprattutto nelle zone rurali, ad abbandonare gli abiti tradizionali ). Nel 1921 fu abolito il matrimonio forzato insieme a quello infantile. Fu abolita la tragica usanza dell’acquisto della sposa e vennero poste anche delle restrizioni sulla poligamia che era comune soprattutto nelle zone rurali.
In questo periodo emerse la figura della Regina Soraya, l’unica donna nella lista di Governo in Afghanistan negli anni trenta. Fu ricordata come la prima donna femminista afghana.

COMPLOTTO INGLESE CONTRO AMANULLAH KHAN
Nel 1919 l’Afghanistan raggiunse la piena indipendenza dall’Afghanistan. L’artefice fu il sovrano Amanullah Khan , all’epoca ventisettenne, grazie alla terza guerra afghano-britannica. Per questa sua impresa fu chiamato “Ghazi”(chi ha fatto un importante spedizione militare).
Abbiamo visto come il sovrano nel 1929 abdicò lasciando il trono per rifugiarsi in esilio in Italia.
Il suo processo di modernizzazione, compiuto assieme alla moglie regina Soraya Tarzi, svanì nel nulla. Rivolte tribali, accuse di infedeltà alla legge islamica e forse anche la mano politica degli inglesi allora padroni dell’Asia centrale.
Cercherò di spiegare le ragioni delle numerose rivolte contro Amanullah Khan  e soprattutto il coinvolgimento britannico nella sua caduta dal trono afghano.
Amanullah Khan e Soraya portarono avanti delle riforme sociali e culturali che fecero ben presto assumere all’Afghanistan l’aspetto di un paese moderno in antitesi agli altri Paesi dell’Asia centrale.
 I due sovrani acquisirono subito una grande popolarità sia in patria che all’estero.
La vittoria degli afghani sugli inglesi, un piccolo stato come l’Afghanistan vittorioso sull’Impero britannico, creò dei problemi agli inglesi.  Un problema che diventò più preoccupante anche per le riforme portate avanti dai sovrani afghani che avrebbero potuto creare dei problemi nelle popolazioni, sottoposte all’Impero britannico, risvegliandone le coscienze e di desideri di libertà
L’impero britannico fu descritto, nel periodo studiato, come..
Il sole è tramontato
e un anelito di libertà si sviluppò nell’Asia centrale… un anelito che non fece altro che attirare molta attenzione sui sovrani afghani.
L’Impero Ottomano era ormai in crisi, perdita di gran parte dei territori balcanici dove sorsero degli Stati indipendenti, e queste realtà fecero nasce nell’India, caposaldo dell’Impero britannico nell’Asia centrale, la visione del sovrano Amanullah Khan come liberatore dal colonialismo britannico.
La prova di questa speranza di liberazione fu fornita dagli studiosi della famosa mandrasa ( scuola musulmana dove s’impartivano insegnamenti di religione e di diritto) in India.
Famosi scrittori, che operarono nelle mandrase indiane, lasciarono degli scritti in merito:
-        Daul Uloom Deoban elogiò Amanullah Khna come protettore dell’Islam;
-        Dr. Muhammad Iqbal Lahori (poeta)  attribuì al suo testo  “Payam Mashreq”, pubblicato nel 1923, il nome di Amanullah Khan. Il primo verso del libro era “ "Peshkash bah Huzoor Sua Altezza Amir Amanullah Khan, il sovrano dello stato indipendente dell'Afghanistan, Khaldullah Malika era Ajlalah”. Una frase scritta come sottotitolo.  Nel verso Iqbal elogiò la forte volontà di Amanullah Khan, la maturità del suo lavoro e incoraggiò il giovane sovrano a prestare attenzione allo sviluppo degli afghani innocenti (giovani) e 
unire sia la religione che il mondo in Afghanistan”.
Molti scrittori indiani, dopo la completa indipendenza dell’Afghanistan dagli inglesi, riportarono come Amanullah Khnan abbia rivolto…
sua attenzione allo sviluppo e allo sviluppo della sua società e al diventare “moderno”.
Insieme all'organizzazione e al rafforzamento del sistema di governo, ha anche intrapreso una serie di passi per le libertà umane e socialiHa fatto la prima costituzione del paese in cui, tra l'altro, il rispetto dei diritti delle donne 
Tuttavia, alcune delle riforme del suo governo hanno causato sensibilità e disordini
in alcune parti della società.
La propaganda è iniziata contro Amanullah Khan e si diceva che le sue riforme
fossero contro l'Islam.

Chi furono gli autori di questa propaganda?
Gli Inglesi…. Cominciarono a distribuire le foto che furono scattate durante il viaggio di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi in Europa (1927 -1928). Foto distribuite nei villaggi come propaganda contro il sovrano per
mostrare alla gente che la regina dell'Afghanistan era nuda e girava la testa
Per informare le persone sugli avvenimenti, nel mese di maggio 1928, nel primo numero della rivista
“Pashtum” di Khan Abdul Ghaffar Khan (Bacha Khan) a Peshawar,
sotto il titolo
“La Regina dell’Afghanistan e il vestito d’Europa”
fu pubblicato un articolo di Abdul Hameed Afghani.
Hameed Afghani scrisse che..
A causa delle immagini della regina Soraya quelle persone stanno
cercando di creare “corruzione in Afghanistan”
che
non hanno familiarità con il colore dei tempi.

Un ricordo dell’Hajj (il pellegrinaggio tradizionale alla Sacra Moschea della Mecca che costituisce il quinto pilastro dell'Islam) nelle memorie di Maulana Abdul Rahim Popalzi (1890 – 1944), uno dei maggiori combattenti per la libertà dell’India dagli Inglesi e studioso religioso residente a Peshawar, scrisse che
Quando andò in Arabia Saudita per l’Hajj nell’anno della sua nascita nel 1934,
vide un uomo a Medina che copriva il pavimento della Moschea del Profeta con
i suoi capelli in uno stato di amore e rispetto per il Profeta dell’Islam.
Si asciuga gli occhi con le lacrime…
Maulana Popalzai vedendo quella scena incredibile, chiese chi fosse quell’uomo..
La risposta….
Questo è l’ex re dell’Afghanistan, Amanullah
Popalzai nel suo racconto aggiunse che
Il popolo dell’Afghanistan ha espulso Amanullah dal Paese perché aveva abbandonato
l’Islam  … ed io l’ho visto qui in queste condizioni.
La principessa Hindiye, figlia di Amanullah e di Soraya, in un’intervista della BBC disse che ..
Mio padre ha eseguito due Hajj e la seconda volta l’ha seguito anche mia madre.
Non ricordo però gli anni dell’Hajj.
Dei due viaggi di Amanullah Khan all’Hajj ci sarebbero dei documenti importanti, allora segreti, nell’archivio del governo britannico.
I documenti sarebbero relativi ai due viaggi che Amanullah Khan fece in Arabia Saudita per l’Hajj.
Uno di questi documenti era un rapporto inviato al centro dell’ambasciata britannica a Gedda nell’aprile 1921. Il rapporto scriveva che
L’ex re dell’Afghanistan è qui e durante i giorni dell’Hajj,
insieme a un certo numero di afghani, l’Arabia ha anche incoronato il re Ibn Saud.
I documenti rilevavano inoltre che..
Amanullah Khan andò a Jeddah attraverso l’Egitto e si fece tagliare la barba.

India telegram No. 1,122 S.
Mi sembra di capire che il governo di Hejaz fosse piuttosto perplesso su come ricevere ex-King (Amnaullah Khana) e pur mostrando la massima cortesia come già descritto non si è rivelato un ',.;guardo d'onore. Non posso verificare t4t, senza chiedere: troppe domande che vorrei fare …..
Ibn Saud è venuto a Jedda la scorsa sera per due notti. C) Apparentemente ricevette l'ex re prima della  partenza dalla Mecca. Amanullah rimarrà  Mecca per la festa dell’Hai. Potrebbe andare a Maeira, dopo.
non può lasciare l'hajaz segretamente.  Ha detto al capitano Khedival che lui
Amanullah Khan e la Regina Soraya intrapresero un lungo viaggio, dal dicembre 1927 fino al 22 giugno 1928, in vari Paesi Europei per instaurare dei contatti diplomatici e prendere visione delle varie esperienze tecnologiche.
Partirono dall’Afghanistan nel dicembre del 1927 e vi tornarono il 23 giugno 1928. Visitarono ben 12 paesi, europei e asiatici, in 7 mesi. Forse già durante il loro viaggio la propaganda contro i sovrani afghani stava prendendo slancio. Molte persone accusavano Amanullah Khan della sua politica e che alcune sue azioni e della regina erano in conflitto con l’Islam.
In questo contesto politico s’inserì una figura che aveva un piano per destabilizzare il governo di Amanullah Khan.
Chi era questo personaggio che passò alla storia, a differenza di Amanullah Khan e della regina Soraya?
Thams Edward Lawrence conosciuto con il pseudonimo di Lawrence T. d’Arabia.
Tenente colonnello, agente segreto, archeologo e scrittore britannico. Decorato per la sua attività militare con la Legion d’onore. Un personaggio che suscitò molte critiche e sul quale la critica storica non ha mai fatto chiarezza. Ricoprì tra l’altro anche il ruolo di ufficiale nei servizi segreti di Sua Maestà britannica. Tra i suoi scritti anche un libro dal titolo alquanto stravagante…”I Sette Pilastri della Saggezza”(!!!!!).
Gli avvenimenti storici dimostrarono come il Lawrence ebbe un ruolo importante nella sollevazione degli arabi contro l’Impero ottomano e fu altrettanto noto come lo stesso Lawrence, nelle vesti di semplice soldato, giunse prima a Karachi e poi nell’agosto del 1928 a Miran Shah, la capitale del Nord Waziristan.


La città di Miran Shah, un’area molto remota, si trova a circa 10 miglia dalla linea Duran, il confine tra Afghanistan e Pakistan che non fu mai riconosciuto. Il Lawrence fu di stanza, per alcuni mesi, in un centro dell’esercito britannico.
Nella regione ed in India, si sparse la voce che l’agente segreto inglese fosse giunto nella regione  con l’obiettivo di provocare la caduta del sovrano Amanullah.
La voce era molto diffusa e il governo britannico invitò Lawrence a Londra nel gennaio del 1929 dopo aver vissuto per circa cinque mesi nelle aree tribali del Waziristan.
Le ribellioni scoppiate in Afghanistan furono così travolgenti che Amanullah e Soraya lasciarono il loro paese pochi giorni dopo la partenza dal Waziristan di Lawrence.
Molti storici tra cui Bacha Khan e Khan Abdul Walì esposero i fatti affermando che
Nelle proteste e nelle rivolte contro Amanullah Khan c’era la mano degli
Inglesi e di Lawrence parlando di aperta cospirazione inglese.
Claudio Chianese disse:
La storia è un’altra cosa: non è una romanticheria commossa bensì una grigia ricerca:
non serve a migliorare l’uomo, ma a spigarne le azioni;
non aspetta il sol dell’avvenire, ma accende una candela nella notte.
Il 26 maggio il T.E. Lawrence si trovata a Peshawar intento anche a scrivere “ The Mint” (La Menta),  il frutto della sua eperienza militare nella “Roayal Air Force”.
Nel 1922, come agente segreto del governo britannico, si faceva chiamare John Hulme Ross e nel suo racconto citò come
“La radice di questa sorda infelicità che mi sento addosso non è soltanto fisica…. Il guaio di fondo è la paura: paura di non riuscire, paura di crollare”.
Lawrence partì per l’India l’8 dicembre 1926 su missione del governo inglese. S’imbarcò sul “Derbyshire” e nel gennaio 1927 la RAF lo inviò negli uffici di Karachi.
A Karachi fa una vita molto ritirata, non aveva un buon rapporto con i suoi superiori, aveva pochi  seguaci e non si fidava dei soldati. Ha una fitta corrispondenza con Robert Graves, lo scrittore che stava scrivendo la sua autobiografia che sarà pubblicata nel 1927.
Venne mandato  prima a Peshawar e successivamente a Miran Shah (maggio 1928).
Secondo l’agiografia Lawrence sarebbe stato mandato nella più estrema stazione della RAF per compiere semplici lavori burocratici. Il suo lavoro non lo soddisfa e s’annoia. La sua amica Charlotte Shaw, nell’aprile del 1928, gli aveva spedito un grammofono da Londra per tirarlo su di morale.

A H.S. Ede
Miranshah, 30 giugno 1928
Bene: mi hanno trasferito da Karachi, e sono arrivato nella più remota stazione della RAF in India – la più piccola. Siamo solo in 26, di cui 5 ufficiali, con 700 soldati indiani, in un forte di mattoni, pavimento di terra, filo spinato che ci attorciglia, riflettori e mitraglie. Intorno a noi, a poche miglia di distanza, colline basse, nude, ad anello, color porcellana, dai bordi scheggiati simili a bottiglie rotte. L’Afghanistan è a dieci miglia di distanza. La quiete del luogo è inquietante – stavo per dire, minacciosa, dacché tra soldati viviamo come sonnambuli, ciascuno per i conti propri, ci incontriamo di rado. Quindi: non c’è rumore di uomini – né di bestie o di uccelli – tranne il concerto degli sciacalli, ogni notte, intorno alle 22, quando si accendono i riflettori. Le sentinelle indiane fanno lampeggiare i raggi per la pianura, finché non incendiano gli occhi di una bestia. Spesso la vedo – incrocio il suo sguardo.
Non ci è permesso oltrepassare il filo spinato di giorno, né uscire dal forte, la notte. Le uniche tentazioni di Miranshah sono noia e ozio. Spero di sfuggire alla prima e di gettarmi nel secondo: detto tra noi, a Karachi ho lavorato molto, sono stanco morto.

Tra il 1927 – 1928 Lawrence si trovava quindi vicino ai confini tra Pakistan ed Afghanistan.
Sembra che alcuni agenti francesi e russi abbiano scoperto la sua vera identità.
Nel 1967 su “Indian History Congress” V.P. Valdik riportò:
“Il fatto che Lawrence arrivi in India durante la rivolta afghana del 1928-29 non può essere un caso: quale ruolo abbia giocato in quel contesto continua a essere un mistero”.
Le rivolte afghane contro Amanullah Khan scoppiano da Jalalabad il 14 novembre 1928. Nascono da un attacco di guerriglieri Shinwari Pashtum.
Appena u mese prima sulla stampa britannica, uscirono degli articoli che localizzavano T.E. Lawrence in Afghanistan, camuffato da guida spirituale musulmana.
Cosa propagandava,  comunicava nella sua veste di guida spirituale?
Gli inglesi fecero grandi sforzi con l’obiettivo di minare il regime di Amanullah Khan.
Quando Amanullah Khan e la moglie Soraya Tarzi viaggiarono per le principali città europee ebbero naturalmente degli incontri con personalità del mondo politico ed economico.
L’Intelligence britannico fece delle foto di Soraya in luoghi pubblici senza velo, seduta ad un tavolo con uomini diversi dal marito, compreso il presidente francese Gaston Doumrig. Queste foto furono distribuite all’interno dell’Afghanistan, nella parte orientale del paese, e lungo il confine con il Pakistan. Naturalmente le foto erano accompagnate da prediche molto accurate, Lawrence era anche uno scrittore e quindi capace d’entrare nella sfera emozionale dei capi tribù molto legati alle loro antiche concezioni di vita, e da volantini.
Fu facile per il Lawrence infiammare quindi le correnti conservatrici che erano molto turbate dalle riforme dei sovrani afghani.
Infatti Kalakani riuscì a rovesciare Amanullah facendo perno sulle fazioni conservatrici del paese che accusavano il sovrano afghano di blasfemia. Appena salito al potere infatti Kalakani abolì le scuole femminili che vennero usate anche come stalle e depredate del loro materiale culturale, ripristinò il velo per le donne e revocò tutte le altre fondamentali e importanti riforme di Amanullah Khan.
 La Francia e la Russia accusarono Lawrence di essere una spia e l’Impero britannico di voler prendere il dominio sull’Afghanistan.
Ormai Lawrence è per il governo britannico un personaggio scomodo perché scoperto. Venne inviati subito in India e l’8 gennaio del 1929 a Lahore fu imbarcato sul “SS. Rajputana” per il suo ritorno in Inghilterra.
Il fuoco rivoluzionario in Afghanistan era ormai divampato. Appena una settimana dopo la il rimpatrio di Lawrence, il14 gennaio 1929 Amanullah Khan abdicò lasciando il trono al “bandito” Kalakani.
Naturalmente  le fonti britanniche non confermarono mai queste  notizie.
La Principessa India, nata a Bombay nel 1929 cioè nello stesso anno in cui i suoi genitori si trasferirono in esilio in Italia, fu intervistata dalla BBC a Londra il 23 febbraio 2018. Ad una domanda se suo padre  fosse a conoscenza delle azioni inglesi per rovesciarlo dal trono, la principessa rispose che
Suo padre era a conoscenza che gli inglesi fossero coinvolti nella sua rimozione e
che suo padre era solito incoraggiare il popolo indiano che la libertà è presa con forza.
Questo agli inglesi non piaceva.
Il padre affermava spesso….
È un luogo di vergogna per gli afghani..
che non hanno mai vissuto sotto l’occupazione..
ma prende il permesso dal viceré britannico nei suoi affari esteri,
Dopo il viaggio all’estero di sette mesi, al suo ritorno Amanullah dovette affrontare i gravi disordini interni. Disordini che assunsero l’aspetto di rivolta armata e i cui centri principali di ribellione erano proprio i centri orientali dell’Afghanistan, vicino alla linea Duran e al Waziristan, e nella parte settentrionale di Kabul.
La situazione diventò incontrollabile, grazie anche alla diserzione di gran parte dell’esercito, e il sovrano abdicò il 14 gennaio 1929 consegnando il potere a suo fratello Inayatullah Khan.
La famiglia reale si recò a Kandahar. Il nuovo sovrano percepì subito come l’esercito ed il popolo non gli fossero vicini e dopo appena tre giorni lasciò il potere ad Habibillah Kalakani, il “sovrano bandito”.
I cittadini di Kandahar si strinsero ad Amanullah Khan per rimetterlo al trono.
L’esercito si mosse verso Kabul conquistando delle zone ma Amanullah Khan, con grande saggezza ed amor di patria, affermò che
Non voleva la guerra civile e lo spargimento di sangue tra gli afghani
per conquistare il regno.
C’erano quattro motivi principali che spinsero le ribellioni contro Amanullah Khane e infine alla sua abdicazione:
- La rivalità tra Gran Bretagna ed Unione Sovietica e l’Afghanistan aveva un ruolo fondamentale nell’Asia centrale;
- La Gran Bretagna guardava Amanullah Khan con preoccupazione per diversi motivi:
a. Le sue riforme progressiste e moderne;
b. Le sue relazioni e rapporti diplomatici con Mosca comunista che incitava all’indipendenza dell’India dagli Inglesi.
- I conservatori e gli esponenti religiosi erano contrari alle riforme ed ai cambiamenti sociali portati avanti da Amanullah e da Soraya. Riforme che avevano suscitato reazioni negative perché, secondo le loro tesi, contrari all’Islam. Il sovrano, in poche parole, avrebbe violato i principi dell’Islam.
A Kandahar s’era addirittura sparsa la voce come Amanullah Khan nel suo viaggio in Europa fosse diventato cristiano e che era diventato comunista in seguito al suo viaggio nell’Unione Sovietica e amico di Lenin.
Ad aggravare la situazione sociale la mancanza di cooperazione e di fiducia nei confronti dei sovrano da parte dell’esercito che addirittura non intervenne in alcune aree, disertando o unendosi alle forze ribelli del bandito Kalakani.


I seguaci di Amanullah Khan si adoperarono per la sua difesa. Nel paese molti funzionari di governo e capi tribali cercarono di resistere ai ribelli portando sostegno al sovrano deposto.
A Peshawar Khan Abdul Ghafar Khan (Bacha Khan), attivista sociale, politico e pioniere della nonviolenza, e i suoi amici..
Hanno avviato sforzi per aiutare e cooperare con il governo afghano e gli afghani
in questo momento difficile. Hanno raccolto denaro e medicine attraverso donazioni
a Peshawar e nelle aree circostanti da portare in Afghanistan.
Dice che nonostante molti sforzi, il governo britannico non li ha lasciati
andare in Afghanistan.
Nella stessa Peshawar anche Maulana Abdul Rahim Popalzi (1890-1944), importante studioso religioso e combattente per l’indipendenza indiana, informò il popolo delle cospirazioni contro Shah Amanullah ed organizzò gli studiosi religiosi per sostenerlo.
Il mullah Abdul Salam (1881 – 1974), famoso poeta popolare pashto e studioso religioso simpatizzante di Amanullah Khan, scrisse tutta la sua poesia a sostegno di Amanullah e dell’opposizione degli inglesi nella Valle di Kokhak tra Koti e Kandahar,
un’area che Amanullah aveva reso speciale. Il suo potere è stato preso da Sulaiman Hatim.
Non posso nemmeno prendere Kabul senza di te
Ghazi Amanullah Abdul Salama!
Nessun altro poeta ha scritto un libro senza di te.
Anche il politico nazionalista pashtum, Abdul Samad Khan Ackakzai, portò avanti una campagna di sensibilizzazione a sostegno di Amanullah Khan a Quetta (Pakistan) e nelle aree circostanti.

Il famoso poeta e filosofo Dr. Muhammad Iqbal Lahori (1877 – 1938)  cercò con il suo pensiero di rafforzare il potere di Amanullah e, come milioni di persone in India, espresse la sua preoccupazione per il caos ed il disordine esistente in Afghanistan..
Suo dolore, la sua speranza e la sua simpatia nel linguaggio degli annunci
e delle dichiarazioni in poesia (in favore di Amanullah).
Nel febbraio 1929 pubblicò tre poesie in lingua persiana
Sui giorni brutti dell’Afghanistan e in difesa di Shah Amanullah
Poesie che furono pubblicate nel settimanale “Inqlab.
Lo scrittore diede un messaggio di unità agli afghani nella sua prima poesia dal titolo “Khattab Beh Millat Afghanivva” e disse che
Non dovrebbero cadere preda di cospirazioni straniere e dovrebbero stare dietro
Shah Amanullah
Lo stesso scrittore nei versi dal titolo “Khattab Be Amanullah, King of Afghanistan” sottolineò che
I cambiamenti superficiali e gli eventi nascosti agli occhi degli altri e
l’imitazione non sono la via per il successo e progresso, ma piuttosto il percorso
dello sviluppo islamico ed è importante prestare attenzione ai principi coranici e
alle istituzioni della vostra società e nazione.
In un’altra poesia “Khattab Be Ulama Haq” riportò un pensiero destinato agli studiosi religiosi affermando che
I vostri pensieri e sforzi hanno aumentato la forza e l’illusione di musulmani,
quindi è corretto che Aman Allah li abbia rimossi dal potere?
Definì i disordini in Afghanistan pericolosi per l’intera area asiatica e raccomandò..
L’unità.. unità come base della vita e della libertà della nazione
 Lo studioso e poeta Muhammad Yahya, di Azamgarh (India) quattro anni dopo l’abdicazione di Amanullah Khan di Bachai, nel 1933, pubblicò un lungo poema in urdu in sua memoria e lode             definendolo..
la stella splendente dell’intero mondo islamico,
il braccio dell’Islam e un musulmano intraprendente e fermo.


Amanullah Khan annunciò anche, come ultimo disperato tentativo per riprendere il trono, al ritiro di alcune riforme. Un gesto disperato per fermare la ribellione.
Bacha Khan che era impegnato con i suoi amici per sostenere Amanullah, anche con la raccolta di somme di denaro, quando seppe che l’ex sovrano aveva rinunciato alla sua resistenza, riportò nel suo racconto..
È venuto nella stanza. Setendo questa notizia ero molto triste e triste.
Quando Amanullah Khan è arrivato a Bombay, in India, sono andato lì per vederlo e
gli ho parlato in pashtu. Ho parlato di tornare in Afghanistan.
Ma era deluso dall’Afghanistan e ha rinunciato all’Afghanistan.
Gli ho chiesto cosa fare con i soldi raccolti per te.
In risposta mi ha detto che dovresti darli a Nader Khan e aiutare Nader Khan.
(Nadar Khan sarà il nuovo sovrano che subentrerà a Kalakani, il re bandito,
responsabile dell’abdicazione di Amanullah Khan.
Kalakani verrà infatti giustiziato e il suo regno durò appena sei mesi.

In quel momento, Nader Khan era entrato in Afghanistan con suo fratello e aveva
Iniziato le sue attività per  conquistare Kabul.
Sebbene alcuni funzionari e sostenitori del governo di Amanullah Khan abbiano avuto
l’idea di riportarlo al trono, sembra che lui stesso non avesse questa idea ed era
dell’opinione che ci fosse una grande distanza  tra lui e l’opinione della gente.
 RT Stewart riportò nel suo libro “Fire in Afghanistan” le frasi che Amanullah Khan disse agli inglesi al suo arrivo in India..
"Voglio vivere in un posto così remoto che gli afghani sappiano che non sono vicino all'Afghanistan e lo spargimento di sangue si fermerà. Voglio essere un agricoltore in Italia".
Prima di andare in Italia, Amanullah Khan dichiarò alla stampa indiana..
di aver lasciato il suo trono e Kabul perché in quel momento credevo che
questa rivolta fosse contro di me personalmente e cedendo il potere a suo
fratello Inayatullah la situazione si calmerà.
Ma la situazione non migliorò presto e i disordini e la confusione continuarono fino a quando Nader Khan conquistò Kabul nell’ottobre 1929 e salì al trono.
Lasciò l’India nel maggio 1929 per raggiungere l’Italia.
Amanullah Khan e Soraya Tarzi non rividero più il loro Afghanistan… lo rividero dopo la loro morte… Amanullah Khan  il 25 aprile 1960 e la regina Soraya il 20 aprile 1968. Le salme furono sepolte a Jalalabad.


La Gran Bretagna raggiunse i suoi obiettivi:
-        L’uso da parte dell’Impero britannico di un debole Afghanistan, minando la sua sovranità, come avamposto contro l’Unione Sovietica;
-        Minare lo sviluppo sociale dell’Afghanistan attraverso un legame con le forze conservatrici e questo aspetto fu realizzato anche grazie all’opera di Lawrence d’Arabia.


La vita di Thomas Edward Lawrence (1888 – 1935) fu raccontata in tanti libri e film. Una vita
spesso caratterizzata da periodi confusi. Un periodo, vvolto dalla nebbia, fu quello che trascorse in 
una zona remota del Pakistan. Che cosa faceva a Miranshah?
Un soldato dell’esercito indiano, Gilbert CG Lewis, scrisse in una lettera del 1928..
'...Conosci il colonnello Lawrence, quello che si è fatto un tale nome in Arabia durante la guerra? Al momento è con la RAF a Miranshah - le persone con cui giochiamo
a hockey all'Idak - come impiegato d'ufficio! Probabilmente avevi sentito dire che
si era arruolato nella RAF come soldato semplice per sfuggire alla pubblicità. 
Ho provato a convincerli a portarlo giù con la loro squadra la prossima volta che vengono,
ma a quanto pare non è molto interessato ai giochi! 
Si sarebbe pensato che avrebbe potuto trovare molti modi migliori per evitare la pubblicità,
poiché la vita di un privato deve essere piuttosto fastidiosa per chi [ha] sempre
fatto più o meno ciò che gli piaceva. Dicono che passi la maggior parte del suo tempo
libero imparando a scrivere a macchina! …'
Secondo le fonti inglesi sembra che il Lawrence si trovasse in quella zona remota del Pakistan
(Miranshah) per un momento di pausa per completare la scrittura del suo libro “The Mint”. un 
momento di pausa di quasi due anni?
Risultava arruolato come pilota con il nome di Te Shaw.
Aveva una fitta corrispondenza con Charlotte Shaw, moglie di George Bernard Shaw famoso
scrittore, drammaturgo, linguista e critico musicale irlandese.
Quel Bernard Shaw che nel 1925 aveva vinto il Premio Nobel per la letteratura con la seguente
motivazione:
«per la sua opera carica di idealismo ed umanità, la cui satira stimolante è spesso infusa di un'originale bellezza poetica.
Con Charlotte Shaw aveva una fitta corrispondenza ricca di dialoghi su vari argomenti: dalla
politica alla letteratura.
Alcune sue piccole fotografie erano racchiuse in una delle sue lettere.

Harley Granville-Barker; Charlotte Shaw (nata Payne-Townshend)
(Harley Granville Barker era un attore, produttore, drammaturgo e critico.
Charlotte Shaw nata Payne-Townshend) era un attivista politica  e
per i diritti delle donne, membro della Fabian Society.
Moglie di George Bernard Shaw.
https://www.npg.org.uk/collections/search/portrait/mw113425/Harley-Granville-Barker-Charlotte-Shaw-ne-Payne-Townshend?LinkID=mp68467&role=sit&rNo=3

Da sinistra: LR: Sidney Webb, Charlotte Shaw, G. Bernard Shaw e Beatrice Webb, 1932
https://www.lse.ac.uk/about-lse/lse-leading-women/biographies/charlotte-shaw

In un giornale del 1929…….
T. E. LAWRENCE OF ARABIA Helping Afghan Rebels in Afghanistan?
TE LAWRENCE D'ARABIA Aiuta i ribelli afgani in Afghanistan?
Il giornale era il “CHICAGO DAILY TRIBUNE” del 5 gennaio 1929



-        T. E. Lawrence helping Afghan rebels ?  T. E. Lawrence che aiuta i ribelli afgani?
-        World War I - Arab Revolt & more fame. Prima guerra mondiale - Rivolta araba e più fama    
-        Pag.11. has a brief article with heading: "Afghans Accuse Col. Lawrence, British Hero" Nice photo of "Lawrence of Arabia" on the back page.
            (A pagina 11 c'è un breve articolo dal titolo: "Gli afgani accusano il colonnello Lawrence eroe britannico" Bella foto di "Lawrence d'Arabia" sull'ultima pagina).

L’Afghanistan accusa il coll.  Lawrence eroe britannico
Le autorità afgane hanno ordinato oggi l'arresto del Col. Thomas, E. Lawrence Nella convinzione di aver riunito ribelli afghani attraverso la frontiera. Col. Lawrence. un eroe dell'esercito britannico. famoso per la sua conoscenza del lavoro contro i mali arabi nel cast. è stato definito dalle autorità afghane "l'arciprete spia del mondo".
Rapporto afghani fanno la pace. Nuova Deli, India. Gen. 4.--AP)- Notizie da Kabul,
Afghanistan, Oggi ha detto che la pace era stata interrotta a Jalalabad con i ribelli Shinwaris. I termini dell’accordo non sono stati divulgati. C'erano indicazioni che ci si poteva aspettare un'altra collisione a breve tra i reduci sotto Bachal Sakao (
Kalakani) e le truppe afghane. La linea telegrafica tra Quetta e Kandahar è stata tagliata. Oggi le comunicazioni tra l'India e Kabul venivano gestite via wireless.

Nella corrispondenza fra Charlotte Shaw w il Lawrence ci fu un’improvvisa interruzione tra le fine del 1928 e gli inizi del 1929. L’India Office non aveva notizie su dove si trovasse e nemmeno delle sue attività. Era considerato un pericolo anticonformista e l’India Office cercava sempre di controllare le sue attività.
Purtroppo fra i villaggi posto lungo il confini dell’Afghanistan correva la voce che fosse attivo, proprio in quelle zone, come agente provocatore…
'Vestito con l'abito orientale più pittoresco, fazzoletti di seta di diverse tonalità legati intorno alla sua testa, con lunghi "Jhubba" di seta con disegni di diversi colori e un "lungi" dello stesso materiale ...', era 'intimo con le tribù e cominciò successivamente a distribuire tra le tribù denaro e armi e li provocò contro (re) Amanullah'.
La ciliegina sulla vicenda afghana su messa dal governo britannico nei primi giorni del 1929 quando Lawrence fu richiamato in Inghilterra. Pochi giorni dopo Amanullah Khan abdicò.
Un comportamento che fu un ammissione di colpa che forse sfuggì ai sovietici che si sarebbero dovuti comportare in modo diverso accusando il Regno Unito di ingerenza in uno Stato Sovrano.
La storia non insegna nulla… purtroppo… e a distanza di quasi un secolo ci sono Stati che si sentono padroni del mondo portando avanti le loro false ideologia di pace e di democrazia che sanno tanto di morte.
Con i “se e i ma” non si scrive la storia ma forse senza quella ribellione oggi ci saremmo trovati davanti ad un Afghanistan moderno e lontano dalle sue attuali pagine di vita scritte con il sangue e le privazioni dei diritti sociali.
Xiao Wei Bond
Curatore, India Office Private Papers
Ulteriori letture:
IOR/L/PS/11/293 Documenti dell'ufficio indiano: file annuali politici e segreti, 1928. File 5310: Afghanistan – presunta missione segreta di TE Lawrence.
BL Add Ms 56496 Charlotte Shaw Papers. Vol. VI,VII. Copie dattiloscritte di lettere di TE Lawrence a Charlotte Shaw, insieme ad alcune di TE Lawrence a GB Shaw.
IOPP/Mss Eur F655/1 Lettere di Gilbert CG Lewis dall'India 1923-1930
IOPP/Mss Eur Photo Eur 174 - Foreign Office Research Note 5/79 su presunte attività di TE Lawrence in Afghanistan. 1928-29

…………………………….

Amanullah Khan e Soraya Tarzi in esilio in Italia

Il nuovo re Nadir Shan richiamò in patria tutti i giovani afghani che si trovavano all’estero. Quando Amanullah si recò in Italia, nella visita di stato del 1928 (il 12 gennaio per ripartire il 22), il suo potere era definitivamente al termine. Le lotte e ribellioni contro il suo governo si stavano spargendo ovunque e anche tra molti dei suoi sostenitori si stava diffondendo un clima di sfiducia nei confronti del Re riformatore. Nel novembre del 1928, si raggiunse l’apice degli scontri che già da mesi avevano iniziato a manifestarsi nelle province afgane. Le tribù dei Pashtun, degli Shinwari e degli uomini arabi d’Afghanistan si ribellarono nella città di Jalalabad.
I ribelli avevano l’appoggio di una grande parte dell’esercito di stato che aveva rifiutato di schierarsi a favore del sovrano ed anche l’appoggio della Gran Bretagna che forniva di continuo aiuti ai ribelli per deporre Amanullah.
Le bellicose tribù di frontiera erano le più attive. Si trovavano sulla linea di confine tra l’India e l’Afghanistan e non si erano mai sottomesse negli agli inglesi e nemmeno ai governanti afghani. Questa forza tribale fu abilmente strumentalizzata dalle forze politiche del paese, anche con l’aiuto degli inglesi, barattando spesso la loro instabile fedeltà in cambio di cospicui aiuti finanziari forniti soprattutto dagli inglesi. Gli stessi inglesi furono erano da tempo costretti ad impegnare mezzi e uomini in quest’area. Uno schieramento della North West Frontier Province, al fine di impedire che
Nel settembre del 1928, infatti, Amanullah comunicò all’assemblea consultiva nazionale la decisione di istituire un parlamento unicamerale e di formare un gabinetto ministeriale, il cui presidente sarebbe stato nominato dal sovrano e avrebbe a sua volta nominato i suoi collaboratori. I membri del parlamento avrebbero invece dovuto essere eletti da parte dei cittadini afghani che avessero compiuto i vent’anni, sapessero leggere e scrivere e non si fossero macchiati di reati penali o finanziari. Il sovrano intendeva inoltre istituire un organo supremo di controllo delle amministrazioni statali, istituire il servizio militare obbligatorio, introdurre gradualmente il codice civile, penale e commerciale sul modello di quelli vigenti in Turchia, revocare i titoli aristocratici afghani, incoraggiare l’uso di abiti occidentali tra la popolazione ed eliminare la purdah, il velo e l’abito che copriva completamente le donne, nonché abolire la poligamia, contro la quale egli aveva già ingaggiato una battaglia personale. Il re aveva anche intenzione di incrementare notevolmente le spese destinate all’istruzione e di inviare giovani afghani a studiare presso le scuole secondarie e militari turche ed europee. Amanullah attaccò inoltre i mullah, dichiarando il proprio proposito di sostituirli con magistrati laici, forniti di diploma. Annunciò poi l’introduzione di severi provvedimenti per combattere la corruzione diffusa tra gli impiegati dello stato, che costituiva una vera e propria piaga per il paese.
L’emiro comunicò anche come imminente l’apertura in diverse località afghane di fabbriche dotate di macchinari tedeschi e aveva informato che era stata accordata alla Krupp la concessione per lo sfruttamento delle miniere di ferro afghane, dalle quali auspicava si potesse ottenere il minerale occorrente alla costruzione della rete ferroviaria. Dopo la caduta di Amanullah il progetto fu annullato.
Il sovrano si preoccupò di nominare il suo successore, indicando il figlio minore avuto da Soraya Tarzi. Sperava in questo modo di porre fine alla situazione di indeterminatezza causata dall’assenza di leggi o consuetudini che regolassero la successione al trono.
Questa decisione fu riportata in un rapporto (n. 1342/66) inviato dalla Legazione d’Italia a Kabul, in data 3 settembre 1928, a Sua Eccellenza il Cav. Benito Mussolini (Documento che è conservato nell’Archivio Storico Ministero Affari Esteri – AP, Afghanistan, b. 678).
La situazione era totalmente instabile e il 4 dicembre 1928, il ministro italiano a Kabul,
Gino Cecchi, si affrettò nel far sapere a Roma che la città di Jalalabad era ormai sotto
completo controllo dei nemici del Re. Gli stranieri non furono più al sicuro in un  Afghanistan ormai in piena guerra civile. Con l’obiettivo di garantire sicurezza al personale diplomatico, tutte le Legazioni europee furono abbandonate ed anche il ministro Cecchi, assieme al resto del corpo diplomatico, fu evacuato dai britannici e trasferito a Peshawar (in Pakistan), in attesa che quel momento di agitazione terminasse.
Nel frattempo, preoccupato per la sua vita e quella della famiglia, Amanullah Khan il 14 gennaio 1929 decise di abdicare e lasciò il trono al fratello maggiore Inayatullah Khan.
Amanullah nel frattempo tentò invano di riconquistare il potere ma, non riuscendoci decise di andare in esilio.
Si ritirò prima a Kandahar sperando in un mutamento della situazione.
Il 25 maggio 1929 il governo britannico comunicò al Ministro degli Esteri Italiano, Benito Mussolini, che re Amanullah in seguito alla sua abdicazione si trovava in India e aveva chiaramente espresso la sua volontà di recarsi in esilio in Italia.  
 In seguito, preso dallo sconforto e dalla forte delusione si trasferì a Roma  dove rimase fino a poco prima della morte. Morì a Zurigo, in Svizzera il 26 novembre 1960.
Naturalmente non obiettive, furono le motivazioni fornite dagli Inglesi sulle rivolte tribali. Secondo gli inglesi erano diverse le motivazioni insurrezionali:
-        Un paese privo di istituzioni;
-        l’impopolarità dell’occidentalizzazione che Amanullah avrebbe voluto imporre alla popolazione;
-        i malumori provocati all’interno del palazzo dall’arbitraria decisione del sovrano rispetto alla successione;
-        il malcontento diffuso nell’esercito, fino a quel momento trascurato e malpagato.
Queste motivazioni furono pubblicati dalla stampa inglese e  riportate in un telespresso n.4075/196, inviato dall’Ambasciata Italiana a Londra al Ministero degli Esteri in data 26 dicembre 1928 ed anche dal rapporto n. 27 inviato dalla Legazione d’Italia, Kabul, 22 marzo 1931, al Ministro degli Esteri.
 Le motivazioni non spiegavano quale funzione avesse avuto Lawrence d’Arabia in quel periodo insurrezionale in visita nelle tribù afghane e del suo improvviso richiamo in patria a Londra pochi giorni prima dell’abdicazione dei sovrani afghani.
Le motivazioni inglesi non furono condivise dal Ministero degli Esteri Italiano  che evidenziò una responsabilità inglese nella destituzione di Amanullah Khan e sulla successione al trono prima di Kalakani e successivamente di Mohammed Nadir Khan.
Quest’ultimo rientrò da Parigi, dove svolgeva l’incarico di ambasciatore, quando la situazione precipitò con le  azioni militari avviate da Kalakani.
Lo scopo del suo rientro in patria fu giustificato dall’obiettivo di
“usare la sua influenza prestigio presso varie importanti tribù per tentare salvare
il paese dal caos e restaurare unità politica”.
(ASMAE, AP, Afghanistan, 1929-30, b.680, telespresso n.2218/863 dall’Ambasciata d’Italia ad Ankara, 16 agosto 1930, al Ministero degli Esteri. Con una nota siglata come “Secret and Personal”, inviata il 15 febbraio 1929 dall’Ambasciata Inglese a Roma a S.E. Benito Mussolini, l’ambasciatore Robert Graham, oltre ad impartire le istruzioni per l’evacuazione, teneva a sottolineare che “in view of the misrepresentations that have been current” (“in considerazione delle false dichiarazioni che sono state correnti”), il governo di Sua Maestà “have no intention of interfering in the Internal Affairs of Afghanistan”.( non hanno alcuna intenzione di interferire negli affari interni dell'Afghanistan”).
Il ministro o ambasciatore a Kabul Gino Cecchi fece notare che
“Nadir Khan ha secondo me non poche probabilità di diventare Sovrano dell’Afghanistan
come in effetti avvenne.
Amanullah, assieme a un seguito di famigliari e membri della corte, dovette fuggire da Kabul nel maggio 1929, diretto dapprima in India, poi in Italia, dove giunse il 10 luglio 1929.
Non si sanno i motivi che spinsero l’ex sovrano Amanullah Khan nel chiedere ospitalità proprio all’Italia. Mancano i documenti che potrebbero testimoniare delle ragioni ideologiche o accordi preesistenti con le autorità italiane presenti a Kabul.
Ci sarebbe solo un telegramma, una risposta di ringraziamento che Amanullah Khan indirizzò a Benito Mussolini, pochi giorni prima di sbarcare in Italia.
Nel telegramma sono presenti delle ragioni personali che spiegherebbero la decisione dell’ex sovrano di venire in Italia..
“Owing to misfortune which befell me and my family certain reasons obliged me to leave my country. In view of the friendly attitudes and personal sincerity which I have seen from your Excellency I preferred to stay for some time in Italy and I thank Your Excellency for the permission which Your Excellency govt. has granted me”

“A causa di una disgrazia che ha colpito me e la mia famiglia, alcuni motivi mi hanno obbligato a lasciare il mio paese. Visti gli atteggiamenti amichevoli e la sincerità personale che ho riscontrato da Vostra Eccellenza ho preferito rimanere per qualche tempo in Italia e ringrazio Vostra Eccellenza per il permesso che Vostra Eccellenza mi concede. mi ha concesso
Dal telegramma si evidenziavano due aspetti:
- Amanullah Khan aveva intenzione di fermarsi temporaneamente in Italia dato che sperava in un suo ritorno in Afghanistan;
- Il telegramma in arrivo da Amanullah Khan – Porto Said a S.E. Benito Mussolini, Esteri – Roma, 29-5-1929 (ASMAE, Afghanistan, 1929-30, b.680, - 9 INDIA OFFICE RECORDS).
La notizia dell’arrivo a Roma di Amanullah e della sua famiglia, fu accolta favorevolmente anche se inaspettata.
1l 24 maggio 1929, quasi un mese dopo l’approvazione italiana, i sovrani afghani, accompagnati da un seguito di circa 40 afghani (amici e seguaci) partirono alla volta dell’Italia sulla nave da crociera Mooltan.
La RMS Mooltan era un transatlantico e Rpyal Mail Ship della
“Peninsular and Oriental Syeam Navigation Compagnui (P&o).
Fu commissionata nel 1918 e completata nel 1923.
Prestò servizio durante la seconda guerra mondiale e fu demolita nel 1954.

Da Bombai (Mumbai) la nave Mooltan salpò alla volta del Canale di  Suez.
Un canale che la nave aveva attraversato più volte  tra cui nel suo viaggio inaugurale del 1923 quando raggiunse Colombo e Ceylon (Sri Lanka), Melbourne e Sidney in Australia.
Bombay Port, Ballard Estate, Bombay, Mumbai, Maharashtra, India, Asia,
vecchia immagine del 1900 vintage

Port avec des navires, grues, charrettes de taureaux, ancienne image des années 1900, Bombay, Mumbai, Maharashtra, Inde, Asie
https://www.alamyimages.fr/photo-image-port-avec-des-navires-grues-charrettes-de-taureaux-ancienne-image-des-annees-1900-bombay-mumbai-maharashtra-inde-asie-90490042.html


Amanullah Khan e Soraya nel loro triste viaggio verso l’esilio costeggiarono la Sicilia.
L’Isola dal fascino antico che inebria anche chi la osserva da lontano.
Forse non sapevano quello che disse W. Goethe sulla Sicilia..
Se la Sicilia non esistesse la sia dovrebbe inventare….
l'Italia senza la Sicilia non lascia immagine alcuna nello spirito. Qui è la chiave di ogni cosa.
Già l’isola teatro dell’Odissea di Omero, dei famosi Tiranni di Siracusa che spinsero il loro dominio sino all’Isola d’Elba,,, di grandi imperatori ed anche della prima donna Demarete che si preoccupò di salvare i bambini dalle stragi dei Cartaginesi…. I due sovrani non potevano essere a conoscenza di questi aspetti ma restarono ancora una volta affascinati, anche se da lontano, di ciò che la natura offriva ai loro occhi velati di tristezza e al loro cuore spezzato…..




Era la seconda volta che vedevano il maestoso vulcano Etna e chissà se al tempo  attirò la loro attenzione con qualche imponente fumata.
Erano passati nel 1928 quando intrapresero il loro viaggio di vista in alcuni paesi europei.
Allora si fermarono a Messina e furono ospitati dalle autorità cittadine. Per poi ripartire alla volta di Roma.
L’uno ottobre 2007 la principessa India d’Afghanistan, figlia più  giovane dei sovrani Amanullah Khan e di Soraya Tarzi, fu ricevuta a Palazzo Zanca dalle autorità cittadine di Messina.
Una cerimonia in ricordo  del viaggio dei suoi genitori.
la principessa d'Afghanistan Hindia, figlia di Amanullah Khan e Soraya Tarzi

Nel viaggio d’esilio probabilmente la Mooltan si fermò a Messina per un breve scalo ma i sovrani probabilmente non scesero da bordo e la nave subito riprese il suo viaggio verso Roma.
In Italia  giunsero il 4 settembre e la famiglia reale fu accolta con calore. Gli venne concessa la Reggia di Caserta.

https://www.napolike.it/turismo/wp-content/uploads/2015/09/Reggia-di-Caserta.jpg

Si aveva la visione di un sovrano molto dispiaciuto per il fallimento del suo piano di riforme in cui aveva fermamente creduto e per la perdita del trono.
Decise quindi di sistemarsi definitivamente in Italia e l’ex re si trasferì a Roma dove comprò una villa nel quartiere Prati a Roma, in via Orazio n. 14. Dalla villa si vedeva Castel Sant’Angelo. Si formò una piccola comunità afghana composta dalla famiglia del sovrano, da parenti ed amici e che decisero di restare al suo fianco nell’esilio.

(Roma - in rosso è evidenziata la Via Orazio)

Roma – Via Orazio

Roma – La villa di via Orazio n. 14, oggi


La foto, dell’Archivio Luce, fu scattata il 10 febbraio 1930 e fu accompagnata da atre foto che ritraevano la famiglia dei sovrani afgani.



Nella foto anche la Regina Soraya

Naturalmente c’era la moglie Soraya Tarzi, i figli Rahmat Ullah e Ishanullah, le figlie Aamona, Abedah, Sultana e Andola, la madre Ulya Hazrat, il fratello Obedulla, le sorelle Kubra e Nurussiraj, la sorella di Soraya ( Khairiya Tarzi ) e altri parenti e collaboratori.
Altri seguaci di Amanullah fuggirono in altri paesi europei.
Il sovrano Amanullah da Roma guidava un piano di opposizione al nuovo governo di Nadir Shan progettando il suo rientro in Afghanistan e la possibile ripresa del potere.
Ci troviamo in un momento in cui la politica estera italiana era molto delicata e il governo Mussolini aveva condiviso le idee filo-britanniche per cui la presenza dei sovrano afghani  passò quasi inosservata.
Il governo inglese voleva tenere lontano i sovrani afghani dall’Afghanistan ed il governo italiano assecondò la richiesta inglese.
Le idee riformatrici di Amanullah Khan e di Soraya erano pericolose per la stabilità sociale dell’Impero e avrebbero potuto creare delle gravi tensioni sociali soprattutto in India.
Mussolini aveva in mente il progetto di creare con Londra una forte collaborazione in Africa ed in Medio Oriente.  Un progetto che venne successivamente abbandonato perché fu sostituito dall’asse Roma -Berlino.
Questa indifferenza verso la situazione politica afghana determinò la chiusura della Legazione italiana a Kabul.
Il ministro plenipotenziario Cecchi, in carica nel 11929, fuggì con il resto del personale diplomatico per la paura di essere coinvolto negli scontri sanguinosi legati alle rivolte delle tribù. Non fece più ritorno a Kabul e fu mandato in missione in Colombia. Nessuno subentrò nella sua carica in Afghanistan. Per due anni la Legazione rimase inutilizzata.
Il nuovo emiro afghano Nadir Shah fece pressioni sull’Italia affinchè la Legazione Italiana venisse riaperta. Ci svilupparono delle relazioni tra Roma e Kabul ma  il governo italiano ignorò queste comunicazioni.
Le uniche notizie che l’Italia riceveva dall’Afghanistan erano legate alle comunicazioni di Gino Scarpa, console italiano a Calcutta. Relazioni che il console inviava periodicamente a Roma.
Il console relazionava sulle varie situazioni politiche nei paesi dell’Asia Centrale e spesso comunicava anche la sua opinione in merito all’ex sovrano Amanullah.
L’ex re in quel momento non godeva di una grande popolarità nel paese e questo malgrado le sue importanti riforme ed i progetti di sviluppo. Secondo il console l’ex sovrano aveva commesso un errore imperdonabile nel voler modificare l’aspetto più caro al popolo afghano conservatore: la religione. Una religione sinonimo di arretratezza… la religione dovrebbe favorire lo sviluppo del soggeto  nel rispetto dei principi etici-morali che sono le basi di qualsiasi comunità civile.
Amanullah aveva permesso alle donne di circolare in pubblico senza il velo, obbligò gli uomini a vestire all’europea, cambiò la giornata festiva dal venerdì al giovedì.
Perse la stima dei suoi seguaci quando decise di abdicare in favore del fratello Inayatullah, senza combattere o cercare di rovesciare a suo favore la delicata situazione.
Non voleva uno spargimento di sangue inutile… aveva la visione di uno Stato da sempre afflitto da guerre e e da sanguinose ed inutili sfide tribali.
Nel 1932, grazie forse anche per le pressioni di Amanullah, l’Italia riprese le relazioni con il nuovo sovrano Nadir Shah ed aprì la Legazione Italiana a Kabul nominando come ministro plenipotenziario Vincenzo Galanti.
Il Galanti proveniva da una città che era allora in pieno sviluppo come Shanghai e certamente nei suoi giudizi riportò delle recensioni sull’Afghanistan certamente non positive ed in alcuni casi anche offensive.
Definì Kabul come una città noiosa e nelle sue comunicazioni con Roma riportò anche le critiche che nel paese continuavano a circolare contro Amanullah.
Mantenne il suo incarico di “ambasciatore” avvolto in un senso di indifferenza tanto che la Legazione Italiana per alcuni mesi non ebbe nessun ruolo determinate nel paese afghano.
La presenza dell’ex re in Italia e l’azione dei suoi sostenitori come oppositori contro il nuovo sovrano, finirono con il collocare l’Italia al centro della crisi politica e sociale afghana.
Amanullah, anche se da lontano, lavorava nell’ombra per progettare il suo ritorno in Afghanistan ma queste sue iniziative crearono delle ansie, delle ire nell’impero britannico da sempre contrario all’ex re.
La Gran Bretagna era felice per la presenza dell’ex sovrano in Italia perché lontano dal suo amato Afghanistan ma attraverso delle spie venne a conoscenza dei piani di insurrezione per ill ritorno dell’ex sovrano in patria. Naturalmente il governo inglese cambiò in modo repertino atteggiamenti e considerazioni. Delle mosse segrete si svolgevano nella villa di via Orazio, nel quartiere Prati, a Roma.
Per il governo italiano Amanullah diventò un vero e proprio peso, un grave problema, che aveva una certa influenza nella politica estera.
 
Sembra che l’ex re abbia spesso avuto dei problemi economici e che  si sia rivolto al re Vittorio Emanuele III ed anche al governo italiano.
Il problema più grosso era legato all’acquisto della casa nel quartiere Prati che lo privò di quasi tutti i suoi risparmi. Questo creò un forte problema nel sostenere sia la sua famiglia sia tutte le persone che vivevano nella villa.
Volendo continuare a sostenere un tenore di vita degno di un sovrano, anche se non più in carica,
si rivolse al governo italiano avanzando la richiesta di una sovvenzione mensile di tremila lire.
Il capo della Direzione generale Affari Politici e Commerciali d’Europa, Levante e Africa del Ministero degli Affari Esteri, Raffaele Guariglia ebbe dei contatti con il Re afgano riguardo la sua situazione economica ed eventuali possibili aiuti finanziari.
Guariglia ascoltò le proposte di Amanullah ma, dopo un’attenta analisi, non le prese seriamente in considerazione, in quanto preoccupato di sollevare dubbi e proteste da parte dell’impero inglese, già allarmato della prossima visita dell’ex sovrano afgano in Turchia.
Per accontentare, anche se minimamente, la volontà del Re, Guariglia suggerì un piano economico segreto, affinché i soldi elargiti all’ex regnante figurassero non direttamente erogato dalle casse dello Stato italiano. Secondo lo schema, la donazione avrebbe dovuto apparire come una generosa offerta privata da parte del Re Vittorio Emanuele III. In cambio però il sovrano afgano doveva firmare un documento nel quale si impegnava a rendere note al governo italiano le sue intenzioni e iniziative politiche, e non agire, in nessun caso, senza prima aver ottenuto il consenso da parte di Roma.
Fu una proposta molto astuta da parte del Guariglia perchè in questo modo il governo italiano conquistò la piena fiducia di Amanullah e trovò un modo per tenere sotto controllo le sue azioni accontentando, nello stesso tempo, l’impero britannico.
Dall’aprile 1930, venne prelevata mensilmente, dai fondi per le spese confidenziali di pubblica sicurezza, una somma di dieci mila lire a favore di Amanullah Khan e della sua famiglia.
Ma nonostante l’aiuto economico ricevuto, il Re afgano continuò a lamentarsi e a far presente ai funzionari del Ministero degli Affari Esteri, in ogni occasione possibile, che la sua situazione economica continuava ad essere critica e che necessitava di sussidi maggiori.
Le ristrettezze economiche accompagnarono il sovrano Amanullah sino alla fine del suo esilio a Roma e la sua decisione di trasferirsi a Zurigo. Il bisogno di denaro fu talmente forte che nel 1941, Amanullah si vide costretto a rivolgersi al governo in carica a Kabul, chiedendo che venisse venduta la casa appartenente alla moglie Soraya, dal valore di seicento mila sterline, e che gli fosse elargito un sussidio mensile. Hashim Khan rispose negativamente alla sua richiesta d’aiuto, sottolineando che il governo afgano aveva già provveduto a vendere la dimora dell’ex Regina Soraya e aveva trattenuto il ricavato per le casse del tesoro dello stato. Fu inoltre ricordato ad Amanullah che Kabul versava annualmente ventidue mila sterline a favore dei parenti che lo seguirono nell’esilio.
Al fine di sopperire ai deficit economici, Hashim invitò l’ex Re a vendere i vari gioielli di
stato, dal valore di un milione di sterline che l’ex sovrano si era portato con sé durante la fuga da Kabul.
L’Italia, per contro, posta sotto pressione dalle continue richieste di Amanullah, decise bloccare i pagamenti mensili, e versare periodicamente una somma di denaro maggiore.
Per quanto difficile potesse sembrare, questa doveva continuare ad apparire come una donazione da parte di Re Vittorio Emanuele III a suo cugino Amanullah.
In realtà Roma voleva evitare che le pretese dell’ex sovrano si facessero più forti e più pubbliche e avrebbero finito con attirare l’attenzione dei paesi vicini. Il governo italiano seguiva un obiettivo ben preciso: evitare che quegli aiuti finanziari  destassero sospetti nei nemici dell’ex sovrano.
 
Il cuore dei sovrani afghani era sempre rivolto all’Afghanistan e Amanullah cercava sempre i mantenere dei contatti con i suoi sostenitori presenti in patria.
 Il suo sogno era quello di tornare in Patria e riprendere il suo splendido impegno di modernizzazione del paese.
A Roma aveva un appoggio fedele del ministro plenipotenziario afgano (ambasciatore  a Roma), Abdul Hussein Aziz, suo vecchio amico sin dai tempi in cui era Re, che appena sbarcato in Italia si mise segretamente in contatto con lui.
Le notizie dall’Afghanistan citavano come gli ex sovrano fossero ancora presenti nel cuore degli afghani e spinto da queste notizie Amanullah Khan cominciò a fare dei viaggi in Medio oriente per stringere rapporti di collaborazione.
Uno dei primi paesi ad essere visitato fu la Turchia di Ataturk. Un paese che era sempre stato fonte d’ispirazione dell’ex sovrano afghano e non si poteva nascondere come la simpatia fosse reciproca.
 Il governo kemalista fu un grande sostenitore della politica di Amanullah, perché molto vicina alla sua e, dalla sua instaurazione, provvide ad inviare a Kabul missioni di consiglieri militari e politici per aiutare il Re afgano a formare una nuova classe dirigente, capace di dare vita ai suoi piani riformatori.
I governanti turchi, nonostante fossero delusi per il modo in cui Amanullah lasciò cadere il suo potere, e per la sua decisione di scappare all’estero, continuarono a considerare il governo dell’ex Re come modello ideale di politica in Afghanistan, in nome della lotta contro l’imperialismo, in particolare quello britannico.
Posto sotto il potere di Nadir Khan, di linea filo-britannica, l’Afghanistan fece perdere l’interesse della Turchia nei suoi riguardi. Solo Amanullah avrebbe potuto cambiare la realtà dei fatti e riconquistare l’attenzione turca.
Secondo l’incaricato d’affari italiano ad Ankara, Koch, la presenza di Amanullah nella Repubblica turca fu voluta e favorita soprattutto dall’Unione Sovietica, che mai rinunciò al suo sogno di stabilire la sua influenza e la sua supremazia in Afghanistan per combattere la presenza inglese nel paese.
Ad Amanullah, Kemal Ataturk propose di risiedere, per un periodo di un anno, a Costantinopoli, dove avrebbe potuto approfondire e meglio organizzare i suoi programmi di rimpatrio. Il Re rifiutò l’offerta e vi trascorse solo l’estate. Roma era considerata come la giusta residenza politica per il aspetti geopolitici della città vicina alle maggiori capitali europee.
Amanullah ad Ankara conobbe il diplomatico Koch, al quale, durante un colloquio, confidenzialmente rivelò il suo amore per la capitale italiana e la sua intenzione di
abbandonarla solo ed esclusivamente nel caso in cui gli fosse stato possibile fare ritorno nella sua Kabul.
Quando nel 1930, Amanullah, a causa di gravi problemi economici, riuscì ad ottenere dal governo italiano un maggiore sussidio, egli utilizzò parte di quel denaro per organizzare un viaggio nel Vicino Oriente, con destinazione La Mecca.
Perché questo viaggio a La Mecca?
Desiderava bloccare le voci che si stavano spargendo su un suo possibile allontanamento dalla religione islamica (già durante il suo mandato molti afgani pensarono che non fosse più credente, o che stesse abbandonando l’islamismo) ed incontrare alcuni esponenti afgani di grande rilievo per riuscire a pianificare il suo ritorno in patria.
Amanullah Khan fu informato sulla reale condizione del suo paese. Il sovrano Nadir Khan era osteggiato dagli afghani sia per la sua repressione che per le idee filo-britanniche.
Fu questo un periodo caratterizzato da citazioni non documentate.
Una di queste citazioni affermava come l’impero britannico abbia preso in considerazione il ritorno del re Amanullah Khan in Afghanistan. L’impero britannico non approvava le imprese negative di repressione di Nadir Khan e avrebbe proposto un piano per ridare il trono ad Amanullah Khan. Una citazione che non fu mai accertata come vera.
L’Unione Sovietica avrebbe accettato il ritorno di Amanullah Khan anche per eliminare la presenza inglese dal paese.
Amanullah Khan si dichiarò disposto nel suo ritorno al trono con una politica più moderata di modernizzazione ma sempre nell’indipendenza totale sia di Mosca che di Londra.
Amanullah si dimostrò molto rispettoso nei confronti di Roma e particolarmente del Re Vittorio Emanuele III, che sin da subito lo aiutò a superare le ristrettezze finanziarie nella quali era costretto a vivere. Prima di lanciare una qualsiasi mossa contro il governo in carica in Afghanistan, il sovrano assicurò l’Italia di venire informata con largo anticipo e che, senza il totale consenso da parte del governo italiano, egli non avrebbe compiuto alcuna azione.
Tuttavia, la condotta e la propaganda che Amanullah e i suoi seguaci stavano compiendo contro il governo di Nadir Khan, fecero nascere delle reazioni contrastanti, sia in Europa, sia in Asia centrale.

Il governo di Kabul si lamentò degli intrighi che l’ex sovrano stava progettando in Italia e il nuovo ministro afgano a Parigi, Shah Wali, denunciò all’ambasciata italiana nella capitale francese, la negligenza di Roma di fronte ai suoi complotti.
Il governo italiano stentò a credere che Amanullah stesse compiendo operazioni segrete per fare ritorno a Kabul, soprattutto perché era sprovvisto delle risorse economiche e finanziarie necessarie a per avviare una simile operazione.
Le supposizioni italiane furono corrette perchè Amanullah non aveva ancora la possibilità di realizzare i suoi sogni, ma in lui il sentimento, l’amore per la propria nazione rimasero intensi, soprattutto grazie allo sviluppo degli eventi in Afghanistan e, con innocue gesta , manteneva forte il sostegno di coloro che ancora credevano in lui.
Nadir Shan era consapevole che in Afghanistan, e in Europa, fossero ancora numerosi i sostenitori e seguaci di Amanullah. Il programma aggressivo che Nadir Shah compì nel paese asiatico contro di loro si ripercosse totalmente contro di lui, il suo governo e la sua famiglia.
Il fratello del sovrano Nadir Khan , Mohammed Aziz, inviato afgano all’estero e trasferito da Mosca a Berlino nel 1933, venne assassinato da Sayed Kemal, uno studente afgano, sostenitore di Amanullah.
Vi erano prove certe che Amanullah stesse approfittando di alcuni studenti afgani in Germania per realizzare il suo piano; Sayed Kemal, l’assassino di Mohamed Aziz, aveva compiuto numerosi viaggi tra la capitale italiana e quella tedesca ed era spesso stato ospite dell’ex Re afgano nella sua villa in via Orazio. Il fratello di Amanullah inoltre era uno studente in Germania. Le fonti investigative citarono Sayed Kemal come emissario di Ghulam Siddiq. 

Ghulam Siddiq
Ghulam Siddiq Khan Charki era stato ambasciatore, durante il regno di Amanullah Khan, prima a Mosca e poi a Berlino ed era considerato come il
“Capo più autorevole e influente del movimento Amanullista in Europa”
L’episodio di Berlino spinse le autorità afghane  a considerare un possibile coinvolgimento dell’ex sovrano Amanullah Khan e a chiedere al governo italiano …
“di voler adoperarsi presso l’ex Re Amanullah perché, godendo dell’ospitalità italiana, si astenga in territorio italiano da mene rivoluzionarie contro un governo col quale l’Italia mantiene le migliori relazioni di amicizia
Le autorità italiane risposero che il sovrano era strettamente sorvegliato dalla polizia e che gli
gli sarebbe stato pressoché impossibile
“abusare dell’ospitalità che il Regio Governo ha creduto di concedergli”.
Le autorità afghane a Roma furono invitate dal governo italiano a segnalare al Ministero eventuali avvenimenti di cui fossero venuti a conoscenza e che  potevano evidenziare un comportamento scorretto da parte dell’ex sovrano in modo da permettere al governo italiano di agire.
In realtà Amanullah Khan e il suo e seguito erano strettamente sorvegliati dagli agenti britannici e lo stesso Amanullah evitava i contatti con i nazionalisti ed i rivoluzionari afghani presenti a Roma. Incontrava i suoi seguaci all’estero durante i suoi numerosi viaggi in Turchia, Svizzera e forse anche a La Mecca.
L’unico contatto Roma  era proprio con Ghulam Siddiq, la cui presenza nella capitale fu segnalata nel gennaio 1934 da parte dei servizi segreti inglesi.
Amanullah, in un primo momento esaltato dall’idea che una tale rivoluzione potesse permettergli di fare ritorno nel suo paese, iniziò in seguito a preoccuparsi delle conseguenze che questa lotta politica potesse avere su di lui. Sicuramente i paesi europei, soprattutto la Gran Bretagna, lo avrebbero incolpato di essere l’artefice e il mandante di tali uccisioni, come quella di Berlino,
Per tutelarsi da simili accuse, il 28 giugno 1933, Amanullah chiese di avere un colloquio con il governo italiano, per dichiarare di essere totalmente estraneo ai fatti che stavano avvenendo in Afghanistan contro la famiglia di Nadir Shah, e di non essere coinvolto in alcun modo nei piani di rivolta dei nemici. L’ex sovrano   dimostrò la sua preoccupazione per un possibile espandersi di questa lotta contro i vari parenti dell’attuale sovrano afgano, presenti a Mosca, Parigi e anche Roma.
L’Italia finì per ritrovarsi nuovamente al centro della critica straniera. Il 26 luglio 1933, il ministro degli Esteri afgano accusò sia Roma che Berlino di essere stati troppo indulgenti e indifferenti all’attività che Amanullah stava compiendo nel territorio italiano e tedesco (dove risiedevano la maggior parte dei suoi sostenitori).
Mussolini, e l’intero governo italiano, giurarono di essere all’oscuro delle iniziative di Amanullah e dei suoi seguaci e aggiunsero inoltre di non garantire alcun sostegno politico ed economico all’ex sovrano.
Fatto ancora più sconvolgente fu la scoperta a sorpresa del governo italiano, verso la fine del 1933, della colpevolezza e del coinvolgimento di Amanullah Khan negli attentati e nelle proteste che avevano avuto luogo in Afghanistan in tutti quegli anni.
Il 3 settembre, un seguace amanullista, Mohammed Azim, tentò un colpo alla Legazione inglese a Kabul; il suo obiettivo era l’uccisione del ministro plenipotenziario Maconachie, da sempre arduo sostenitore di Nadir Shah ma, non riuscendo a trovarlo nella sede diplomatica, e determinato a colpire l’impero britannico nel profondo, Azim uccise un meccanico inglese, un indiano e un impiegato afgano.
La reazione di Nadir Shah e dei suoi sostenitori fu durissima: essi condannarono a morte Mohammed Azim e altri sei avversari del suo governo.
Malgrado le rappresaglie contro i nemici del governo , il gruppo di sovvertitori non si fermò e continuò ad attaccare la famiglia di Nadir.
L’8 novembre 1933, lo stesso sovrano afgano fu assassinato. Il responsabile dell’atto fu Mohammed Khaliq, il figlio adottivo di Gholam Nabi Charki, che voleva rivendicare l’uccisione ingiusta del padre, avvenuta l’anno precedente per mano dei fratelli Musahiban, collaboratori di Nadir Shah.
(Ghulam Nabi Charki era membro della famiglia Charli, grande sostenitrice delle riforme di Amanullah ed oppositori dei fratelli Musahiban. Nel 1932 il re Nadir Shah ebbe un incontro con Ghulam Charki, durante il quale venne accusato dal sovrano di aver appoggiato e collaborato in una rivolta nel Nord-Est dell’Afghanistan. Il Gholam rispose in modo freddo e distaccato. Nadir ordinò la sua immediata esecuzione. Nadir Shah non fu mai in grado di dimostrare l’effettiva colpevolezza di Gholam.)
(I fratelli Musahiban erano: Mohammed Aziz, Mohammed Nadir, Shah Wali, Mohammed
Hashim e Shah Mahmud).
(Ghulam Siddiq era uno dei tre fratelli Charki ( gli altri erano Ghulam Nabi e Ghulam Jilani);
egli fu un grande sostenitore di Amanullah, soprattutto durante l’ultimo periodo del suo regno
da 1928 al 1929. Quando nel 1932 Nadir Shah giustiziò il fratello Ghulam Nabi con l’accusa di
complotto contro il Re, Ghulam Siddiq si trovava a Berlino come ambasciatore afgano; a
seguito dell’uccisione del fratello, Siddiq venne cacciato dalla sede diplomatica e al suo posto fu
nominato uno dei fratelli di Nadir Shah, Mohammed Aziz).
 Al sovrano afgano successe il figlio diciannovenne Mohammed Zahir, ancora troppo giovane ed inesperto per guidare l’Afghanistan.
Amanullah annunciò pubblicamente di essere dispiaciuto per la scomparsa del sovrano afgano.
La morte del regnante avrebbe portato a una rivoluzione all’interno dell’Afghanistan.
Questo avrebbe favorito un ritorno di Amanullah Khan al trono?
Certo la situazione sembrava favorire un ritorno dell’ex sovrano anche perché la Gran Bretagna, rispetto al passato, avrebbe favorito un suo ritorno. La parola guerra civile destava preoccupazione perché avrebbe potuto causare una grave destabilizzazione in tutta l’area asiatica centrale. Un guerra che sarebbe stata non facile da controllare.
Un problema nella storia afghana furono sempre le varie etnie, tribù. Infatti quelle tribù che furono contrari per le sue idee ad Amanullah Khan ora chiedevano con insistenza il suo ritorno.
Mai, come in quel momento, l’ex Re credette di avere una straordinaria e unica possibilità di regnare di nuovo a Kabul. A tal fine, egli chiese a Roma di aiutarlo, arrivando ad un concordato con la Gran Bretagna per permettere il suo rimpatrio.
L’Italia davanti ad una simile proposta ebbe dei momenti di pausa ma alla fine s’accorse dell’importanza geopolitica dell’Asia Centrale e soprattutto di Re Amanullah.
 Al governo italiano non era sfuggito il cambio d’atteggiamento della Gran Bretagna nei confronti di Amanullah Khan. Una nuova idea guidava l’Impero Britannico perché uno scoppio della guerra civile in Afghanistan poteva mettere a grave rischio il predominio  inglese nell’Asia centrale.  Sarebbe scoppiato un grave incendio che una volta allargatosi non sarebbe stato più possibile controllare ed evitare un possibile intervento russo.
Per questo motivo la Gran Bretagna era pronta ad un accordo con Amanullah per un suo ritorno in Afghanistan.
Per l’Italia la presenza di Amanullah era quindi diventata un vantaggio?  Certo il ritorno al trono del sovrano avrebbe consentito al governo italiano di avere una sua presenza nell’Asia centrale con forti privilegi politici ed economici.
 
Ma tutti questi progetti, tutte queste attese erano solo espressioni buttate al vento.
I giornali internazionali non esponevano la vera realtà afghana.
Infatti Shah Wali Khan, ancora ministro plenipotenziario afghano in Francia, rilevò come la situazione in Afghanistan fosse tranquilla, di estrema pace. Una tranquillità grazie al nuovo regno di Re Zahir Shah che era salito al potere grazie agli appoggi degli zii, Shah Mahamoud, Hashim Khan e Shah Wali Khan.
In poche parole il giovane era riuscito a riportare la pace nel paese dopo la morte di suo padre peraltro ucciso in un attentato?
In realtà il ragazzo era ancora troppo giovane per governare concretamente a Kabul, per
questo i poteri reali vennnero esercitati dagli zii, uno in particolare, Hashim Khan. Furono
proprio loro a scegliere Zahir Shah come erede perché sapevano che, ponendo uno di loro al
potere, avrebbero rischiato di essere sovvertiti o sconfitti da altri membri della famiglia.
Però nel frattempo a Kabul, Mohammed Zahir, lanciò una caccia agli oppositori del suo regno, con lo scopo di arrestare ogni tentativo di insurrezione, ma soprattutto per impedire che il suo paese cadesse nuovamente in un periodo di battaglie interne che avrebbero danneggiato principalmente la popolazione.
Con questa azione di repressione, un centinaio di cittadini vennero catturati e prelevati dalle varie abitazioni, alcuni solo sospettati, altri veri sostenitori di Amanullah e tra questi, numerose furono le esecuzioni, che avvennero soprattutto tra il 1933 e il 1934.
Il principale contestatore, del ritorno dell’ex Re afgano, fu il primo ministro Hashim Khan, che fu il personaggio di maggiore importanza, durante il governo del sovrano Zahir, e che ne influenzò gli andamenti fino alle fine della seconda guerra mondiale.
Hashim era convinto dell’arretratezza dell’Afghanistan e cercò di stabilire importanti relazioni commerciali con alcuni paesi europei, già in contatto ai tempi di Amanullah, in primis la Germania. Hashim pensò molto anche all’utilità dell’Italia ma decise di lasciata da parte; non poteva fidarsi a entrare in affari proprio con il paese che stava ospitando l’ex sovrano riformatore e che lo stava sostenendo economicamente.
In realtà, a dispetto da quanto pensato dalla comunità internazionale, il governo italiano stava operando una stretta azione di controllo su Amanullah, soprattutto perché temeva che dall’Afghanistan venisse organizzato un complotto per ucciderlo, che avrebbe messo in pericolo anche l’Italia.
Amanullah, dopo la morte di Nadir Shah e la diffusione di comunicati riguardanti un suo personale coinvolgimento negli attentati dei primi anni ’30, mantenne uno stile di vita sobrio e tranquillo nella capitale, ospitando occasionalmente colui che effettivamente si nascondeva dietro le scene dei tumulti in Afghanistan: Ghulam Siddiq , risiedente in Germania, come la 237 maggior parte dei seguaci dell’ex Re.

Gli informatori britannici parlarono di incontri tra Ghulam Siddiq ed Amanullah per organizzare ed abbattere il governo di Kabul. Al Congresso degli Studenti Orientali, che si tenne a Roma nel dicembre 1933, quattro studenti afghani furono in stretto contatto con Ghulam Siddiq.
Citarono anche l’esistenza di ripetuti colloqui tra lo stesso Amanullah, Aloisi e Scarpa. Collooqui che si sarebbero tenuti subito dopo l’assassinio del sovrano afghano Nadir Khan. Ci fu poi un ulteriore incontro tra Scarpa, Siddiq e Amanullah a Roma, il 5 dicembre 1933.
Nel marzo 1934 i servizi segreti inglesi avevano la sensazione che il Ghulam Siddiq si trovasse a Roma come riportarono in un loro documento…
“It is understood that Ghulam Siddiq Khan is still in Rome: He travelled from Berlin in a large car which still bears a German number, but would seem to have taken up his permanent residence in Rome where he is obviously acting as Amanullah’s righthand man. Prior to his arrival in Rome, Ghulam Siddiq had been traveling a good deal”
IOR. L/P&S/12/1656, cit., rapporto “Afghan Affairs”, n. 790, datato 8.3.34.
 
“Si apprende che Ghulam Siddiq Khan è ancora a Roma: ha viaggiato da Berlino su una grossa macchina che porta ancora il numero tedesco, ma sembrerebbe aver preso la sua residenza fissa a Roma dove evidentemente funge da braccio destro di Amanullah. Prima del suo arrivo a Roma, Ghulam Siddiq aveva viaggiato molto”
Sempre nel 1934 Ghulam Siddiq sposò una sorella della moglie di Amanullah. La sua vicinanza quindi all’ex sovrano si fece assoluta. Un aspetto che forse sfuggì alle autorità italiane.
Nel 1935 misero in evidenza  dei rapporti tra Amanullah e Gurmukh Singh, un esponente di primo piano del partito rivoluzionario indiano, il Ghadar Pary, che aveva importanti collegamenti internazionali. Arrivò a Roma da Mosca ed entrò subito in contatto con Ghulam Siddiq e con altri nazionalisti afghani, sostenitori di Amanullah Khan, sia in Europa che in Afghanistan.
Queste presenze a Roma spinsero le autorità afghane ad inoltrare al governo italiano l’ennesima richiesta su una maggiore vigilanza su Amanullah Khan.
Il rapporto tra Amanullah e Siddiq incrementò di non poco l’irritazione del governo afgano; soprattutto perché l’ex Re continuò a denunciare al governo italiano l’eccessiva violenza che Re Zahir e Hashim Khan stavano usando per combattere i nemici del loro potere.
 
L’Italia si ritrovò con le mani legate, non poté agire in alcun modo per non apparire come anti-britannica . A causa degli ultimi avvenimenti,  nel 1934 il ministro plenipotenziario in carica a Kabul, Galanti, fu sostituito da Francesco Meriano, che sfortunatamente morì durante il viaggio che lo portava in Afghanistan.
Fortunatamente, al suo fianco vi era Bernardo Barbiellini Amidei, un deputato fascista che, accettò di sostituire il collega mancato.
Dopo aver svolto un periodo di servizio nella capitale afgana, egli fece ritorno a Roma e comunicò al governo la situazione politica del paese e la sua strategia al fine di riprendere e migliorare la relazione tra le due capitali, per riportarla a come era un tempo.
 
Bernardo Barbiellini era un noto politico italiano, a stretto contatto con Mussolini. Al suo arrivo, trovò un Afghanistan facilmente corruttibile a livello politico e, purtroppo, molto condizionato sia dalla situazione interna di tutte le potenze straniere che confinavano con esso, sia da quelle con cui era legato per fini commerciali. In particolar modo, l’Unione Sovietica continuava ad esercitare un’influenza considerevole e, secondo l’impero britannico, pericolosa, in quanto era riuscita ad ingraziarsi le popolazioni nel nord del paese.
Per il deputato italiano, l’ostacolo maggiore per l’Italia era sicuramente la presenza dell’ex Re afgano Amanullah. Questo causava forti ostilità verso la penisola e non permetteva che si instaurassero fruttuosi rapporti commerciali. Secondo Barbiellini, finché Amanullah avesse vissuto a Roma, sarebbe stato impossibile per la capitale instaurare una relazione stabile con Kabul. Il governo italiano era sempre visto come un sostenitore delle opere dell’ex sovrano contro il regnante afgano in carica, e la fiducia che Re Zahir e i suoi alleati ponevano su Roma era molto sottile.
Per cercare di far comprendere al governo di Kabul che le intenzioni dell’Italia erano più che onorevoli, Barbiellini capì che era necessario per lui entrare in diretto contatto con la popolazione del paese.
Riuscì a relazionarsi con alcuni membri della società e cercò di conoscere il loro pensiero circa Amanullah. Desiderava far sapere al governo italiano se esisteva una concreta possibilità per l’ex Re di tornare al potere oppure no.
Ciò che Barbiellini dedusse fu che Amanullah non sarebbe riuscito facilmente a riconquistare il potere e la fiducia del popolo che aveva abbandonato nel 1929.
Le cause principali erano soprattutto: la paura da parte del popolo afgano circa la restaurazione di tutte quelle riforme tanto odiate ed esagerate previste nel suo vecchio programma di modernizzazione; e l’ostacolo che avrebbe sempre posto la Gran Bretagna tra Amanullah e Kabul, a causa della stima che molti paesi esteri nutrivano ancora nei suoi confronti.
Secondo Amidei, per l’Italia era necessario smettere in qualsiasi modo di appoggiare le attività di Amanullah, bloccare ogni suo futuro tentativo di riconquistare il potere e cercare di sviluppare la relazione tra Roma e Kabul perché il paese, con il nuovo governo, acquisiva sempre più valore internazionale.
Discutendo con vari abitanti di Kabul, il ministro italiano scoprì che, oltre all’affare Amanullah, l’Italia commise il grande errore di essersi sempre presentata come potenza di religione cattolica, e di richiedere la presenza di un sacerdote nella capitale. Infatti,  l’1 gennaio 1933 aprì ufficialmente la prima testimonianza cristiana tra i musulmani afgani, diffusa da Padre Egidio Caspani e da Padre Ernesto Cagnacci.
(In seguito al loro ritorno in Italia, avvenuto durante la seconda guerra mondiale, i due
sacerdoti scrissero il libro “Afghanistan, Crocevia dell’Asia” nel 1951, considerato da molti uno
dei libri più completi che riguardo l’Afghanistan).
L’Italia avendo concordato con Amanullah nel 1921, il poter avere questo privilegio, il paese insistette varie volte affinché il risultato fosse raggiunto. Questa pressione non fece altro che aumentare le antipatie nei confronti di Roma.
La proposta di allontanare Amanullah da Roma, fu una decisione tratta dalle lunghe conversazioni avute nei suoi mesi di incarico e Barbiellini  pensò avrebbe risolto tutti i problemi dell’Italia. Sfortunatamente, il Ministero degli Affari Esteri non diede ascolto alle proposte del ministro a Kabul e, come aveva sempre fatto sino a quel momento, continuò a sostenere l’ex sovrano per quanto fosse possibile e non dannoso per il governo al potere a Kabul.
In realtà, l’Italia pensava che avrebbe tratto dei vantaggi nell’ospitare Amanullah e si vantava della presenza della cappella cattolica nella propria Legazione nella capitale afgana; la rendeva unica e differente rispetto a tutte le altre potenze europee.
Le relazioni tra Roma e Kabul erano destinate a logorarsi ulteriormente. Il governo afgano pressò sempre di più quello italiano per l’indifferenza dimostrata nei confronti degli stratagemmi messi in atto da Amanullah, e per la presenza periodica a Roma di Ghulam Siddiq, l’assassino del fratello dell’ex regnante Nadir.
L’Afghanistan trovò l’occasione di far pagare all’Italia la sua insolenza durante l’invio della missione in Etiopia.
Lo scoppio della guerra italo-etiopica nel 1935, che vide la conquista dell’Impero abissino l’anno successivo, fece apparire l’Italia e Mussolini differentemente agli occhi della comunità internazionale e di Re Zahir.
L’Afghanistan temette che l’azione violenta e repentina in Etiopia potesse in seguito scatenare una reazione a catena verso tutti i paesi africani e asiatici, e suscitare nelle altre potenze europee, in particolar modo Gran Bretagna e URSS, il desiderio di tentare un simile attacco pure a Kabul.
Il sospetto e la diffidenza nei confronti dell’Italia aumentò gradualmente, tanto che portò l’Afghanistan, da poco entrato a far parte della Società delle Nazioni (1934), a votare sanzioni contro l’Italia.
(Anche se c’è da ammettere che alcuni afgani esultarono e apprezzarono la capacità dell’Italia
di umiliare la Gran Bretagna con la conquista dell’Etiopia).
Tuttavia, la conquista del potere in Etiopia valorizzò moltissimo l’Italia, e ampliò i meriti al governo fascista di Mussolini. Sembrava che la penisola stesse conquistando importanza, non solo a livello europeo, ma anche a livello mondiale.
Questa trasformazione d’ immagine, fece cambiare rotta al governo afgano, che vedeva
nell’Italia una potenza da non sottovalutare e da avvicinare ai propri interessi politici e commerciali.
Nei mesi successivi allo stabilimento del potere italiano in Abissinia, si recarono a Roma alcuni personaggi illustri della politica afgana, Mahmud Shah, ministro della Guerra, e Faiz Mohammed Khan, ministro degli Esteri, desiderosi di avviare trattative per un possibile riallacciamento di rapporti economici.
Il governo fascista si vantò di questo ritorno di interessi e interpretò il gesto come un segnale di rafforzamento internazionale dell’Italia; un input per spostare l’attrazione italiana, dalle zone africane e quelle dell’Asia Centrale, soprattutto in Afghanistan.

Ghulam Siddiq Khan Charki era stato ministro a Berlino durante il regno di Amanullah e uno dei principali sostenitori del ritorno al trono dell’ex-sovrano. Alla fine del 1936 Ghulam Siddiq  chiese la collaborazione italiana a un piano mirabolante da lui stesso architettato. Secondo il piano avrebbe dovuto farsi paracadutare da un aereo vicino alla frontiera afghana, presumibilmente in territorio indipendente, per poter prendere contatti diretti con i ribelli. Chiedeva quindi alle autorità italiane che gli fornissero il velivolo. Lo scopo era quello di mettersi in contatto con tribù che riteneva amiche. Ghulam Siddiq ebbe colloqui con il Ministero degli Esteri e ottenne generiche promesse. In realtà poi la cosa venne a cadere: le autorità italiane non presero nella minima considerazione il progetto. IOR. L/P&S/12/1656, rapporto n. 41, compilato dall’Intelligence inglese in data 11.11.36 e intitolato “Afghan Affairs”. In continuo movimento tra diversi paesi dell’Europa occidentale e orientale, oltre che alla Mecca e in Egitto, Ghulam Siddiq faceva la spola tra Roma e Berlino e riceveva mensilmente dal governo italiano l’ingente somma di 15.000 lire che, per ragioni di segretezza, venivano accreditate in un conto presso una banca di Zurigo: L/P&S/12/1656, cit., rapporto n. 790, “Afghan Affairs”, datato 8.3.34 e L/P&S/12/1656, cit., rapporto “Afghan Affairs” n. 814, del 3.7.35. Risultò inoltre che, sempre nel 1936, egli fosse in possesso di un passaporto italiano a nome Ansari, successivamente rinnovato col suo vero nome. IOR. L/P&S/12/1656, cit., rapporto n.59 del 24.3.38.  Sembra che Ghulam Siddiq, oltre che col regime, fosse in contatto col comunismo internazionale e avesse cercato diverse volte di visitare, senza successo, l’Unione Sovietica. Ghulam Siddiq era in contatto con Muhammad Iqbal Shedai, esponente di primo piano del Ghadar Party, musulmano ed elemento di collegamento tra il regime e il mondo arabo. 

Per migliorare la rappresentanza italiana a Kabul, Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri italiano, decise di inviare nel paese un ministro plenipotenziario di grande reputazione, soprattutto all’estero; la scelta cadde su Pietro Quaroni, che arrivò in Afghanistan il 19 novembre 1936.
 
Pietro Quaroni era nato a Roma il 3 ottobre 1898 ed entrò presto nella carriera diplomatica, rimanendovi fino al 1964. A soli 22 anni ottenne il suo primo incarico all’estero e diventò un ambasciatore così rinomato, che ricoprì ruoli tra le più prestigiose ambasciate del mondo; la sua bravura e il suo arduo impegno lo portarono a prestare servizio in numerosi paesi e gli permisero di essere ricordato come uno dei più brillanti diplomatici italiani di sempre, che aumentarono notevolmente il ruolo dell’Italia nella politica estera.
Nel periodo in cui Quaroni divenne inviato a Kabul, la Legazione italiana nel paese non
ricopriva alcun ruolo rilevante, in quanto i rapporti tra i due paesi erano praticamente inesistenti.
In realtà, il compito affidato a Quaroni, già illustre diplomatico a quel periodo, venne da molti considerato una punizione; un uomo polito del suo calibro non poteva essere incaricato in qualità di ministro plenipotenziario in un paese come l’Afghanistan, privo di ogni minima comunicazione con l’Italia.
Effettivamente, nel 1936, anno in cui arrivò nel paese asiatico, l’ambasciatore ebbe una lieve discussione col governo italiano. Ma dietro la sua nomina vi era anche un altro piano.
Il Ministro degli Esteri Ciano non fece ricadere la sua decisione su Quaroni esclusivamente per un motivo punitivo, bensì lo scelse anche per la sua fama e bravura; il ministro sapeva che, se c’era una piccola possibilità per Roma di riavviare i legami commerciali, politici ed economici con Kabul, Quaroni sarebbe sicuramente stato in grado di sfruttarla. Inoltre avrebbe potuto convincere della netta separazione tra il governo italiano e le azioni che Amanullah e i suoi seguaci continuavano a compiere e a Roma e nelle altre città europee.
Arrivato in Afghanistan, Quaroni pensava avrebbe trascorso tempi terribili, invece visse gli anni più belli della sua vita. La descrisse sempre come l’esperienza più bella che potesse fare.
Sin da subito si distinse dagli altri ministri plenipotenziari presenti in Afghanistan: si integrò completamente con la cultura del paese, imparò la lingua locale persiana e, grazie alla sua capacità dialettica, conquistò l’amicizia e l’ammirazione di molti politici
afgani. In particolar modo, Quaroni ebbe modo di avvicinarsi e stringere un profondo rapporto con Re Zahir.
Indubbiamente, il diplomatico italiano capì sin da subito il reale valore dell’Afghanistan e della sua posizione strategica. Situato vicinissimo all’India, si trovava in un punto ideale, dal quale studiare le mosse dei movimenti politici e sociali che si stavano scatenando in tutta l’Asia, con particolare attenzione rivolta a Gandhi e al partito del Congresso in India, dove era in atto la diffusione del nazionalismo e la lotta al dominio britannico.
Dopo la metà degli anni ’30, quando ormai Mussolini si avvicinò a Hitler e alla Germania nella definizione di alleanze in Europa, Quaroni cercò di capire da che parte si sarebbe schierato l’Afghanistan. Egli trasse la conclusione che l’emirato avrebbe potuto essere un degno sostenitore italiano nel caso in cui fosse scoppiata una guerra tra Londra e Roma. Grazie ad una previa stabilizzazione di rapporti stretti e vantaggiosi, l’Italia sarebbe stata in grado di allearsi con le tribù pashtun e creare non poche difficoltà alle forze armate inglesi in Afghanistan e nella loro colonia indiana.
Guidato da questo obiettivo, Quaroni approfittò di ogni possibile occasione per far apparire il suo paese come in forte ascesa di prestigio e stima internazionale.
Il piano e l’astuzia del diplomatico portarono i loro frutti e, per dare prova del rapporto
ristabilitosi, l’Afghanistan revocò il suo appoggio alle sanzioni lanciate contro l’Italia il
15 luglio 1936 e riconobbe il dominio dell’Impero italiano in Africa orientale l’8gennaio 1937.
Quaroni nel frattempo puntò totalmente a intensificare i rapporti economici e commerciali con il governo di Re Zahir e questo interesse si verificò essere ben corrisposto. Gli afgani erano attirati soprattutto dallo sviluppo e miglioramento dell’aeronautica, così come lo fu Amanullah durante il suo regno.
Negli anni ’30, il settore aeronautico italiano era in forte espansione, e ardentemente cercava nuovi sbocchi nell’ambiente internazionale; purtroppo il mercato della penisola doveva confrontarsi con quello delle grandi potenze, Inghilterra e Francia soprattutto, perciò, la richiesta di aiuto da parte del governo afgano nel potenziare il proprio ramo aeronautico, fu vista come una grossa opportunità di slancio.
Nell’agosto 1937 Quaroni riuscì concludere la vendita di aerei italiani tra l’Azienda Breda e il governo afgano: 16 IMAM Ro.37 bis “Lince”, 6 Breda 25 e 2 Breda 28, dal valore di 15.500.000 lire. Fu un contratto molto vantaggioso per il commercio italiano . Il carico partì nel gennaio 1938 da Napoli, raggiunse 249 Peshawar in Pakistan e terminò il viaggio via terra, arrivando a Kabul nell’ottobre dello stesso anno. Il contratto prevedeva inoltre l’invio di un gruppo di tecnici italiani esperti, che aiutassero il personale afgano a utilizzare i veicoli.
Ma l’abilità di Quaroni non si fermò al settore aeronautico, coinvolse inoltre quello militare. Infatti, nello stesso anno, l’Italia vendette dodici carri armati Ansaldo.
Si parlò di anni d’oro per l’industria italiana, che vide un forte incremento nelle vendite.
Sfortunatamente per Roma, il periodo di progresso avvenuto a Kabul, era destinato a non durare. I mezzi italiani dimostrarono grossi problemi, causati dalle difficoltà presentate dalla terra afgana. I motori degli aerei non erano adatti all’alta quota, mentre i carri armati furono costruiti per un certo tipo di strada e non risposero positivamente alle vie di comunicazione sterrate presenti in Afghanistan.
Per cercare di porre rimedio, Quaroni propose di creare una linea aerea che collegasse direttamente Roma, Teheran e Kabul, ma la richiesta gli venne negata.
Disgraziatamente, la diversità di direttive internazionali dell’Italia fascista e dell’Afganistan, e l’attività sovversiva di Amanullah a Roma, rappresentarono due grossi ostacoli per il diplomatico italiano che, pur avendo conquistato notevole stima e fiducia nel paese afgano, non riuscì a svolgere appieno la sua attività e dar vita a tutti i suoi progetti.
Vi erano ancora alcuni membri del governo, come sempre in prima linea si situava il primo ministro Hashim, che disprezzava l’Italia, soprattutto a seguito della sua missione in Abissinia, e premeva per il mantenimento di buoni rapporti con la Gran Bretagna.

E’ importante menzionare il Patto di Saadabad, o Patto asiatico, firmato tra Afghanistan, Turchia, Iran e Iraq a Teheran il 9 luglio 1937; agli occhi dell’Italia in Patto era una mossa dell’impero britannico per stabilizzare l’Asia centrale e rendere più libera la sua azione nel Mediterraneo in caso di guerra con l’Italia.
Riguardo il tema Amanullah, fonte di perenni contrasti con il paese asiatico, Quaroni cercò di effettuare uno studio approfondito, per cercare di capire se il ritorno dell’ex sovrano sarebbe stato gradito o meno251.
Da un lungo rapporto emerse che Amanullah godeva ancora di forte apprezzamento nel suo paese d’origine, soprattutto a Kabul. In linea con le idee amanulliste vi erano coloro insoddisfatti del governo di Re Zahir, soprattutto a causa del potere esercitato prevalentemente dagli zii; tra questi possiamo contare i commercianti, che si vedevano svantaggiati e pesantemente danneggiati dai monopoli di stato, alcune delle tribù presenti nel territorio, contrari alla determinazione mostrata dal sovrano nel voler imporre la sua sovranità in tutte le province, e infine, gli ultranazionalisti, che non
sopportavano la presenza e l’appoggio richiesto agli inglesi dal ministro Hashim, e determinati nell’ottenere tutti quei territori pashtun ancora sotto l’influenza britannica.
Purtroppo per l’Italia, finché Hashim avesse continuato a governare nel paese, ogni tentativo di eliminare il governo corrente sarebbe inutile; il ministro afgano era un abile e implacabile politico, non avrebbe mai permesso che Re Amanullah facesse ritorno a Kabul, cacciasse la sua famiglia dal trono e lo riconquistasse.
Quaroni era ben sicuro della dura difficoltà per Amanullah di fare ritorno in Afghanistan
da vincitore, ma non scartava tutte le possibilità.
L’ex sovrano avrebbe potuto ottenere la vittoria solamente nel caso in cui l’Italia avesse
ampliato gli aiuti economici nei suoi confronti.
L’Italia avrebbe dovuto giocare d’astuzia la Carta Amanullah, al fine di conquistare quella stima internazionale tanto ambita e desiderata. L’ex sovrano sarebbe stato sicuramente riconoscente verso il paese che, nel momento di maggior bisogno, gli concesse asilo e si prese tanta cura di lui e della sua famiglia, permettendogli inoltre di fare ritorno nella sua patria. In aggiunta, per quanto la presenza di Amanullah fosse considerata una minaccia per il governo afgano, rappresentava l’unico motivo per il quale i politici a Kabul dimostrassero ancora così tanto riguardo e interesse per la
penisola: desideravano tenere sotto controllo le mosse dell’ex regnante, in modo tale da riuscire a contrastare ogni suo attacco.
Nel frattempo, la teoria di Quaroni, riguardante la ancora diffusa simpatia verso Amanullah in Afghanistan, si dimostrò essere vera.
Un chiaro segnale di stanchezza verso il governo di Hashim Khan, fu la rivolta tribale che insorse nell’estate del 1937. Inizialmente, questa ribellione vide il contrapporsi di due etnie, i Sultan Khel contro i Mama Khel, per una semplice questione di territori di pascoli; successivamente, il governo decise di intromettersi per poter approfittare della lite e accaparrarsi la zona contesa. Questi due grandi clan non permisero al governo di sopraffare sul loro territorio, e decisero così di attaccare le truppe ufficiali. La guerra si rivelò sanguinaria e gradualmente coinvolse anche altre regioni, avvicinandosi sempre di più a Kabul. Come ai tempi di Amanullah, l’esercito afgano era sempre debole e mal organizzato.
Nonostante la debolezza delle truppe e le perdite subite, Hashim riuscì a riguadagnare il controllo dei territori persi e a sottomettere i ribelli. Anche se il governo uscì vincitore dalla battaglia, purtroppo questa rivolta suggerì a Quaroni che, all’interno del paese, la popolazione iniziava ad essere stanca della corrente classe politica. Si scoprì inoltre, che tra i sovvertitori, si aggiunsero anche alcuni sostenitori di Amanullah, che pensarono di fomentare le cause di malcontento e divulgare l’idea di un possibile e vicino ritorno dell’ex Re. Questa notizia fece infuriare il governo afgano, che incolpò totalmente l’Italia per il clima anti Zahir che si stava diramando. In particolare, Roma venne accusata di conoscere i fatti, di non aver operato per bloccare le iniziative amanulliste e di non essersi preoccupata di avvertire il governo afgano.
Un altro episodio, che affievolì la linea che collegava Italia e Afghanistan, fu il matrimonio della figlia di Amanullah Khan, Abedah, con il principe Ahmed Aly Waly, che ebbe luogo nella capitale italiana il 7 giugno 1938 e al quale partecipò anche Re Vittorio Emanuele III.
Quando giunse a Kabul, la notizia delle nozze, attraverso Radio Roma, Quaroni intuì immediatamente che Hashim Khan si sarebbe infuriato. Gli dispiacque più che altro perché gli avanzamenti fatti in quegli ultimi mesi sarebbero andati sicuramente a montE.
Il governo afgano interpretò questa vicenda come una mancanza di rispetto nei confronti della famiglia reale al potere a Kabul e una continua solidarietà nei confronti dell’ex Re Amanullah.
Quaroni tentò di spiegare al ministro afgano che in Europa, spesso, si dovevano accantonare le divergenze politiche e presenziare ad alcune cerimonie, per pura circostanza255.
Ma nemmeno i vari tentavi di Quaroni, di acquietare i sospetti verso l’Italia, riuscirono a distogliere Hashim dall’idea che la penisola fosse diventata totalmente inaffidabile. Nello stesso mese, i due paesi furono vicini a firmare un ulteriore accordo commerciale e permettere che l’esperto economico finanziario, Ungaro, si recasse in Afghanistan col fine di illustrare i vantaggi che le due potenze avrebbero ottenuto da tale patto. Ma gli input del trattato vennero bloccati dalle accuse del governo afgano nei confronti di quello italiano. Oltre al matrimonio di Abedah, altre insinuazioni di raggiro vennero lanciate contro Roma dopo che, nei giornali italiani, vennero pubblicate foto del Re
Amanullah accanto ai principali politici italiani e a Re Vittorio Emanuele III, durante gli eventi pubblici di maggiore importanza del paese . Ciò che 256 Hashim riferì al ministro italiano, fu che il popolo afgano, già in subbuglio da qualche tempo, nel sapere che i rappresentanti dello stato italiano permettevano all’ex sovrano Amanullah di prendere parte agli eventi nazionali, si sarebbero convinti della protezione garantita dall’Italia, si sarebbero sentiti forti e avrebbero continuato le rivolte. Perciò l’odio di Hashim verso Amanullah crebbe ulteriormente.
L’Inghilterra approfittò del momento per alimentare le perplessità afgane258; ma con la politica filo-britannica di Hashim la Gran Bretagna giocava facile. Infatti, il ministro afgano preferì affidare completa lealtà al paese che aveva già preso quanto più poteva dall’Afghanistan, mentre le altre potenze, da poco giunte nel paese, lo avrebbero danneggiato perché desiderose di ricavare anche quel poco che vi era rimasto.

In questo periodo Hitler riuscì a compiere il famoso Anschluss, annettendosi l’Austria, grazie soprattutto al sostegno italiano. Questa mossa incrementò la sfiducia che si stava alimentando in quel periodo tra i politici afgani nei confronti del governo italiano.
 Nel frattempo, un’altra ribellione antigovernativa esplose tra le regioni dell’Afghanistan del sud. L’origine della sommossa avvenne sempre da parte dei Suleiman Khel, influenzati dai seguaci amanullisti, ma si sviluppò anche tra altre tribù quali gli Shinwari e i Mohmands.
Il 24 giugno, Amanullah ebbe un colloquio con il ministro degli Esteri Ottavio De Peppo, durante il quale il sovrano confermò il suo coinvolgimento indiretto negli attentati che stavano avendo luogo in Afghanistan, e chiese il sostegno, soprattutto economico, italiano nel caso in cui le tribù avessero la meglio sulle truppe governative e su quelle inviate dall’impero britannico e fosse stato necessario un suo ritorno fisico a Kabul.
Dopo qualche giorno Amanullah venne informato che i gruppi ribelli ebbero la peggio e che la rivolta rimase contenuta nelle sole regioni meridionali del paese.
Quaroni fu certo che il motivo del fallimento fu la mancanza di capi forti, compreso lo stesso Amanullah, capaci di guidare, organizzare e sostenere le truppe ribelli. Secondo Quaroni, l’unico modo che Amanullah aveva, per riguadagnare il tanto desiderato trono, era fare ritorno a Kabul ; ma sapeva che 260 questo sarebbe stato impossibile.
Il momento tra Italia e Afghanistan era tesissimo e fu superato solamente grazie all’intermediazione di Quaroni, che promise al governo afgano che l’Italia avrebbe fatto qualsiasi cosa per dimostrare che nulla aveva a che fare con gli intrighi di Amanullah e che era disposta a qualsiasi cosa per mantenere il legame col paese asiatico.
Per qualche periodo la relazione italo-afgana sembrò essersi stabilizzata, ma la realtà si rivelò differente: i sospetti nei confronti dell’Italia permasero e Amanullah continuò ad agire liberamente in Italia; Roma non voleva rinunciare a giocare la sua carta più preziosa, in quanto sapeva che l’ex sovrano sarebbe potuto tornare utile in futuro.
Come precedentemente indicato, la fine della ribellione scoppiata nel giugno 1938, fucausata principalmente dall’assenza di Amanullah che, impossibilitato ad agire diversamente, rimase a coordinare le azioni dalla sua dimora a Roma.
Questa sua continua mancanza fisica alle ribellioni in favore al suo ritorno, gli fece perdere affidabilità e credibilità; per quanto vi fossero ancora numerosi sostenitori in Afghanistan, il 1938 rappresentò la grande e ultimo occasione per Amanullah di riconquistare il potere e se la lasciò sfuggire; tra i simpatizzanti iniziò a diffondersi la convinzione che il Re non avrebbe mai fatto ritorno nel paese e che non li avrebbe mai guidati e aiutati a sovvertire il governo di Re Zahir.
Le ribellioni che seguirono nel 1939, sempre sostenute dai seguaci di Amanullah, furono interrotte bruscamente e senza estreme difficoltà dall’esercito di Hashim, grazie al rafforzamento e alla miglior organizzazione apportata nelle truppe governative da l ministro Shah Wali Khan.
Questi successi militari interni, ampliarono notevolmente la reputazione di Hashim in Gran Bretagna, che considerava il ministro un ottimo sostenitore dell’impero e un sicuro collaboratore a livello internazionale. Le truppe inglesi assicurarono Hashim che avrebbe ricevuto tutto l’appoggio necessario in caso di scontri futuri in Afghanistan.
L’avvicinamento progressivo di Kabul a Londra intimorì indiscutibilmente Quaroni, che vide scarse ormai, le possibilità per Amanullah di ritornare in Afghanistan, e si preoccupò dell’atteggiamento che l’Afghanistan avrebbe tenuto con Roma, in caso di scontro tra Italia e Gran Bretagna.
Per il diplomatico fu giunto il momento per il governo italiano di regolare definitivamente le relazioni con il paese asiatico e definire il mantenimento della neutralità in caso di guerra.
Quaroni, a questo proposito, ripresentò il potenziale della Carta Amanullah, ammettendo il cambio idea riguardo l’ex sovrano, perché sempre più convinto dell’impossibilità di Amanullah di rimpatriare.
Le idee del diplomatico a Kabul non furono prese in considerazione. La guerra era ormai alle porte e l’Italia era decisa più che mai a sfruttare ogni pedina che aveva a disposizione.

Seconda Guerra Mondiale
Dalla metà degli anni ’30, la situazione politica italiana era in una fase di grande trasformazione, a livello interno ma soprattutto a livello internazionale.
Nel 1936, l’Italia decise di prendere parte alla guerra civile spagnola, e si affiancò alle
truppe tedesche di Hitler, dando sostegno alle forze militari di destra spagnole, guidate dal generale Francisco Franco.
Una volta terminata la guerra, e instaurato il potere di Franco a Madrid, l’Italia e la Germania, uscite “vincitrici” dal conflitto spagnolo, capirono che, in realtà, erano unite da molti obiettivi comuni, e che era ridicolo contrastare ognuno le azioni dell’altro.
Questo avvicinamento inaspettato, ma ben ragionato, delle relazioni con la Germania, spinse Mussolini a firmare con Hitler il Patto d’Acciaio il 22 maggio 1939, un’alleanza militare che implicava il reciproco aiuto in caso di aggressione nemica. Il trattato però fu seguito da alcune immaginabili conseguenze: si alimentarono le tensioni con la Gran Bretagna, sia nel Mediterraneo, sia in Asia centrale, già tese da molti anni. Per fronteggiare questa rinata avversione, Mussolini cercò di ingraziarsi ancora di più il suo unico “asso nella manica”: Amanullah. Il Duce era consapevole come l’ex sovrano afghano avrebbe rappresentato una grossa minaccia per l’impero britannico, e cercò di studiare un modo per usarlo nei confronti di Londra.
Un altro dilemma colpì i capi di stato delle grandi potenze europee, ormai prossime a
dichiarare il conflitto mondiale. In questi mesi di tensione, era fondamentale riuscire a studiare un piano per assicurare la neutralità afgana.
Molti furono gli stati europei che si resero conto dell’importanza di Kabul. Il primo paese fu l’Italia che dava per scontato l’appoggio afgano. Era sicura di avere dalla sua parte un elemento decisivo che era costituito dalle truppe ribelli del paese pronte a schierarsi con gli italiani contro i nemici, storici inglesi.
Il secondo paese era la Germania  che vedeva l’Afghanistan come il punto ideale di partenza  per la conquista dell’Asia centrale (in una visione assurda di conquista mondiale).
Il terzo paese era l’Inghilterra, da sempre determinata nel mantenere il controllo sul paese, perché le avrebbe permesso di accedere e proteggere la colonia indiana.
 Infine l’URSS ben consapevole che perdendo l’Afghanistan avrebbe perso una base strategica importante nell’Asia centrale.
Dal punto di vista afgano, la seconda guerra mondiale, che scoppiò ufficialmente il 1 settembre 1939, alimentò vari timori che rimasero sempre presenti nel cuore del Re Zahir. Il sovrano temeva che il paese sarebbe stato motivo e territorio di scontro fra le varie potenze in contrasto tra loro.
Pochi mesi prima dell’inizio del conflitto, Germania e Unione Sovietica firmarono il Patto Molotov-von Ribbentrop, che sancì l’amicizia tra i due paesi. In seguito alla firma dell’accordo, e all’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche nel settembre 1939, Hitler e Stalin, come pattuito, si spartirono lo stato polacco.
L’impensata unione, tra Mosca e Berlino, fece precipitare l’URSS nella cima della lista delle maggiori minacce per l’Afghanistan, e ogni mossa che compiva, soprattutto se svolta in collaborazione con Hitler, veniva sentita come un tentativo di conquistare i vari territori più instabili dell’Asia centrale.
Re Zahir, spinto dalla paura di essere invaso da truppe nemiche, si convinse a migliorare il rapporto tra Londra e Kabul e a dubitare sulla lealtà promessa da Roma.
Ma non per tutti gli afgani la notizia dello scoppio della guerra rappresentò un pericolo.
I tumulti in Europa e in Asia centrale, riportarono quella speranza e quella fiducia che Amanullah e i suoi seguaci avevano perduto da tempo. Essi confidarono su un appoggio sostanzioso da parte dell’Unione Sovietica che, essendo ora legata da un rapporto di amicizia a Roma e Berlino, avrebbe forse favorito un ritorno del Re in Afghanistan, grazie alla sua eterna ostilità verso la Gran Bretagna, e più in linea con una politica filosovietica.
I primi a ideare uno stratagemma per eliminare la presenza inglese in Asia centrale furono i politici tedeschi. I piani progettati furono: la spedizione in Tibet e il Piano Amanullah.
Per quanto riguarda il primo, si considerò l’idea di programmare una spedizione tedesca in Tibet, grazie all’aiuto dell’esperto tedesco della regione asiatica, il Dott. Ernst Schafer.
Lo scopo era quello di alimentare vari movimenti anti britannici in India, attraverso la fornitura di aiuti economici alle tribù indo-tibetane nella regione. Partendo in incognito dall’Unione Sovietica, Schafer avrebbe provveduto a condurre una squadra di militari tedeschi fino al Tibet da dove avrebbero potuto successivamente penetrare in Afghanistan.

Il secondo, Piano Amanullah Khan, fu  invece elaborato nel 1939, principalmente dal ministro degli Esteri tedesco Von Ribbentrop con l’aiuto dell’Abwehr , e fu dettato  dall’antico desiderio
germanico di espansione in India.
L’idea principale del Piano Amanullah fu quella di sostenere economicamente e militarmente Amanullah, aiutandolo così a riconquistare il potere. Gli incaricati pianificarono di costituire un esercito afgano, composto da tutti quei seguaci amanullisti fuggiti in esilio, dopo il 1929, e di prepararli adeguatamente ad un attacco militare, grazie al rifornimento di armi e addestramenti tedeschi. Esattamente come per la spedizione in Tibet, lo schema germanico prevedeva l’utilizzo dell’Unione Sovietica come punto d’origine della missione; i ravvicinati confini sovietici, avrebbero permesso alla squadra di penetrare in Afghanistan, deporre il governo di Re Zahir e fomentare le
rivolte tra le popolazioni pashtun in India contro la presenza inglese.
Prima di entrare in azione però, la Germania richiese la sicura collaborazione da parte di Stalin. Fondamentalmente, il ministro degli Esteri sovietico, Molotov, non aveva concrete ragioni per quali opporsi alla proposta tedesca, tuttavia richiese informazioni più precise riguardo ai due piani elaborati.
Lo schema realizzato dai tedeschi era piuttosto vago e insostenibile, in quanto implicava molti ostacoli che non furono in grado di superare. Dopo l’attenta analisi assieme ai politici sovietici, solo alcuni ufficiali e diplomatici nazisti sostennero ancora con convinzione il Piano Amanullah.
La maggior parte si rassegnò ad accantonare sia la spedizione in Tibet, sia il Piano.
Nel frattempo l’Italia rimase ad osservare gli eventi e fece da tramite tra Berlino e Amanullah,
riferendogli lo sviluppo dei progetti.
La principale difficoltà riscontrata fu la mancanza di un’organizzata e definita azione sovversiva in Afghanistan, a favore di Amanullah. I giovani seguaci erano molti, ma non furono in grado di riunirsi in un compatto gruppo d’azione, nè di trovare un abile e determinato condottiero che li guidasse.
Mancava la figura di un politico afghano in grado di rispondere alle domande ed alle richieste dei ribelli pronti a scatenare una sommossa a partire dall’interno del governo.
Lo stesso cominciò a dimostrare delle perplessità sui piani tedeschi.
I piani d’azione germanici furono quindi abbandonati.
Si diffuse quindi l’opinione che il governo di Hashim avrebbe mantenuto in Afghanistan il potere governativo considerando anche il numero esiguo delle truppe ribelli.
Un governo che avrebbe spinto l’Afghanistan nella fera d’influenza inglese mentre i tedeschi speravano ardentemente il contrario.
Per questo motivo Hitler cambiò idea, e ritenne migliore cercare di convincere poco a poco il governo in carica a Kabul a sollecitare le province Pashtun in India contro la Gran Bretagna.
Il Führer decise che, solo nel caso in cui questo nuovo progetto fosse fallito, sarebbe stata ripescata la Carta Amanullah.
A convincere i tedeschi ad abbandonare il Piano iniziale fu la dimostrata indifferenza sovietica nei confronti dell’Afganistan, ma soprattutto fu la presenza dell’ex sovrano in Italia. Per quanto si fossero avvicinati, tra Roma e Berlino sempre alta fu la rivalità e la volontà di stabilire domini negli stessi territori in Medio Oriente e nei Balcani. Avendo Amanullah nelle loro mani, per gli italiani sarebbe stato più semplice ottenere un appoggio sicuro in Asia centrale.
Il piano militare dell’Italia nel corso della seconda guerra mondiale cambiò radicalmente e Mussolini mirò all’annessione di vasti territori in Africa e in Asia: Tunisia, Sudan, Ciad, Aden e parte di Algeria e Marocco.
Mussolini ambiva a sostituire la Gran Bretagna quale protettrice d’Egitto e a creare delle basi militari e navali in Arabia e nel vicino Oriente. Per questo motivo strinse dei rapporti diplomatici con i leader di alcuni stati arabi e in particolare con quelli antibritannici.
L’India e l’Afghanistan non rientrarono più negli obiettivi del Duce.
Il Quaroni invece, come ambasciatore a Kabul, continuò nella sua opera politica cercando di fare assumere all’Italia un ruolo importante nella sfera geopolitica dell’Asia centrale. 
Cominciò a sollecitare le masse afghane contro gli inglesi.
La Legazione italiana a Kabul diventò una sede importante per  le comunicazioni tra le tribù pashtum afghane e quelle che si trovavano in territorio indiano. Queste comunicazioni avevano come obiettivo la pianificazione delle azioni contro gli inglesi.
Nel 1941 il Quaroni incontrò il Fachiro di Ypi al confine tra l’Afghanistan e l’India. Il fachiro era un importante capo religioso musulmano che da anni combatteva contro gli inglesi.


Il Quaroni  consegnò al fachiro armi e somme di denaro promettendogli un aiuto bella sua lotta contro gli inglesi.
L’ambasciatore italiano aveva un valido collaboratore, il diplomatico Enrico Anzillotti, con cui condivideva  le iniziative diplomatiche e politiche. I due delegati italiani furono subiti additati dai comandi militari britannici perchè accusati di aizzare le tribù che vivevano nella frontiera afghana e di aiutare i vari capi tribali ed in particolare il Fachiro.
Lo stesso Fachiro  sollecitava i due funzionari italiani nell’accelerare le iniziative insurrezionali.
Purtroppo  le loro iniziative non destarono alcun interesse su Mussolini forse perché non voleva essere coinvolto nella situazione afghana perché impegnato su altri fronti o scenari politici.
La legazione italiana fu completamente abbandonata dal governo italiano fu completamente privata di qualsiasi assistenza militare e diplomatica. Qualsiasi richiesta  da parte dell’ambasciata fu sempre respinta da Roma e isolata dato che non veniva informata delle azioni militari italiane compite  in altri paesi. Forse Mussolini  cercò di evitare di spingere il ministro afghano Hashim verso gli inglesi a causa della ribellione popolare.
Nel frattempo il governo di Roma teneva Amanullah sotto rigido controllo a tal punto da impedirgli di partecipare ad eventi pubblici.
In Europa giunse Subhas Chandra Bose ( detto anche Netaji – condottiero) presidente del Patrito del Congresso Indiano e fautore dell’Indipendenza dell’India dal Raj Britannico.
Questo arrivo fece nascere in Europa le attenzioni di monti Stati, tra cui l’Italia, per l’Afghanistan.


Bose era membro dell’ala radicale del Congresso Nazionale dell’India.
Per la sua politica rivoluzionaria fu costretto diverse volte all’esilio e riuscì a fondare nel 1939
l’AIFB, All India Forward Bloc (Blocco avanzato di tutta l'India), un partito che portava avanti l’unità del paese per la indipendenza dagli inglesi.
Nel 1940 fu costretto a fuggire dall’India e raggiunse diverse mete tra cui la Germania.
Prima di raggiungere la Germania si recò clandestinamente in Afghanistan dove fu accolto e nascosto dal Quarani nella sede della Legazione italiana a Kabul.
Un accoglienza in attesa di trovare un mezzo per farlo espatriare.  Il Quarani e il Bose si scambiarono delle confidenze e il Bose, in particolare, rilevò la sua delusione per il mancato aiuto del governo italiano ad Amanullah per il suo ritorno in Afghanistan. Lo stesso Bose rilevò anche la sua speranza nei confronti dell’Italia e della Germania per costituire u un’India libera dagli inglesi.
Il Quarani organizzò un piano di fuga del Bose attraverso il suo passaggio nell’Unione Sovietica.
L’Unione Sovietica acconsentì al passaggio nel suo territorio del Bose ma   affermò anche che non avrebbe mai fornito un visto d’ingresso a suo nome.
Il Quarani fornì al fuggitivo indiano un passaporto italiano falso intestato ad un impiegato della Legazione italiana in Afghanistan, Orlando Mazzotta, che fu consegnato all’ambasciata sovietica.
Il Bose entrò in Unione Sovietica e raggiunse alla fine Berlino il 3 aprile 1941.
Il suo arrivo proprio a Berlino fu studiato. L’obiettivo del Bose  era quello di sfruttare l’odio di Hitler verso gli inglesi e creare in Europa un governo indiano in esilio  ispirandosi a quello polacco, danese e norvegese (che furono instaurati a Londra).
Altro obiettivo era quello di formare con le tre potenze Roma – Berlino – Tokyo, un trattato che permettesse ai tre paesi di riconoscere, una volta costituito, il governo libero dell’India.
I tre Paesi aiutarono il Bose economicamente e militarmente a costituire il
Con l’aiuto economico e militare dei tre paesi, Bose stabilì il “The Free India Centre” (Centro India Libera) quale base per la lotta contro gli inglesi.
Il Bose informò Roma  che avrebbe sostenuto ogni tentativo per riportare Amanullah al trono d’Afghanistan.
Bose incontrò Amanullah per spiegare la reale situazione dell’Afghanistan e nel 1942,  con un  colloquio con il ministro  degli Esteri tedesco Von Ribbentrop, rivelò che nell’Afghanistan erano vive molte proteste nei confronti del governo Hashim Khan.
 Un governo che era criticato per la sua violenza  e per la sua completa dipendenza dal governo inglese. Un clima afghano che faceva rimpiangere il governo di Amanullah e per questo motivo il popolo afghano era disposto ad accettare la restaurazione dell’ex sovrano.
Ancora una volta Mussolini si mostrò completamente indifferente  alle proposte del Bose.
L’Italia e la Germania, in un primo momento  prestarono molta attenzione  ai discorsi politici e sociali del Bose, ma successivamente furono assaliti dal timore delle idee di rivolta e sovversione in India.
Le idee del Bose avrebbero modificato le idee di espansione e di conquista, sia di Roma che di Berlino, nel continente asiatico.
L’Italia e la Germania avevano un grande interesse nei confronti dei ricchi territori indiani.
Il Bose era forse ignaro sugli interessi delle due potenze europee sui territori indiani e d’altra parte non avrebbe mai permesso un loro inserimento sulle risorse economiche indiane. Per questo motivo molte sue richieste d’aiuto non furono ascoltate.
Hitler  decise alla fine nel 1941 di riconoscere il “Free India Government” del Bose in Europa e di dare un aiuto nella formazione delle “The Free India Legion” cioè di un esercito che avrebbe dovuto attuare i piani del Bose.
Il piano era ben preciso.
Il primo attacco delle truppe ribelli per tenere impegnato l’esercito inglese e successivamente l’ingresso della Germania in India. Mentre in Germania  qualcosa si muoveva  per l’Asia centrale a Roma avveniva qualcosa di diverso.
Mussolini fu attratto dalla presenza in Europa di Mohammed Iqbal Shedai, un combattente per l’indipendenza dell’India e del Pakistan che aveva un pensiero differente rispetto al Bose.

Iqbal Shedai con sua moglie e altri membri della famiglia a Parigi, Francia
https://en.wikipedia.org/wiki/Mohammad_Iqbal_Shedai#/media/File:Iqbal_Shedai_with_his_wife.jpg


Shedai guidava il movimento di indipendenza indo-pakistano conducendo la maggior parte della sua vita in esilio, tra l’Asia e il continente europeo, lottando contro l’imperialismo britannico.
Questa particolare attitudine catturò l’attenzione e la curiosità del Re Amanullah Khan, il cui odio verso gli inglesi, sposava perfettamente le idee di indipendenza e autonomia del leader indiano.
Nel frattempo il Bose si rese conto che le promesse di Hitler erano solo sulla carta e deluso ritirò il suo esercito  e scappò in Giappone dove morì nel 1945 a causa di un misterioso incidente aereo.
Il Duce  percepì nelle proposte del Shedai degli aspetti positivi e gli permise di lavorare dall’Italia contro la dominazione inglese in Idia.
 Fu creata “Radio Himalaya”, con sede a Roma che diffondeva la propaganda italiana in India e lo stesso Duce aiutò l’esule a costituire un battaglione indiano cioè un corpo militare addestrato e rifornito dall’Italia per combattere gli inglesi.
Nel 1941 a Roma si trovavano quindi due importanti esuli rivoluzionari antinglesi: l’ex sovrano afghano Amanullah Khan che sperava da sempre di ritornare nel suo Paese e che aveva ancora molti seguaci, e Mohammed Iqbal Shedai  che era pronto ad entrare in azione contro gli inglesi.
Ma la scena geopolitica nel 1941 ebbe dei cambiamenti  repentini che stravolsero lo scenario politico. La rottura dell’alleanza tra Germania ed Unione Sovietica e l’avvicinamento di quest’ultima agli Stati Uniti ed alla Gran Bretagna. Questo nuovo assetto di alleanze sconvolse i piani politici e militari di Roma e Berlino.
La Germania e l’Italia perdettero l’importante appoggio dell’Unione Sovietica  per il loro inserimento nello scenario dell’Asia centrale e l’India con l’Afghanistan si trovarono a dover fronteggiare la nuova triplice alleanza.
Per Hitler e Mussolini  l’unica carta da giocare era legata ai vari movimenti nazionalisti arabi, turchi ed indiani che agivano contro l’Unione Sovietica e la Gran Bretagna.
La forza militare e politica dell’Asse cominciò a perdere colpi a causa de3lle paerdita di posizioni conquistati nella prima fase della seconda guerra mondiale.
Un aspetto molto complesso perché anche i due leader dell’Asse, Hitler e Mussolini, cominciarono ad avere dei contrasti ideologici.
Tra questi contrasti anche la posizione assunta nei confronti di Subhas Chandra Bose in merito all’appoggio militare da fornire per l’indipendenza dell’India.
È difficile pensare ad un Hitler, difensore della razza ariana,  prendere a cuore le rivendicazioni indipendentiste degli indiani e d’altra parte non condivideva l’ideologia del Bose che auspicava una lotta, per sovvertire gli inglesi, attraverso la propaganda.
Per Hitler l’univa via possibile di successo era la forza militare.
Mussolini invece ascoltò le richieste del Bose e i due s’incontrarono più volte perché lo stesso Duce riteneva importante la presenza dell’Asse nell’Asia centrale.
Ma c’era un problema di fondo da non sottovalutare: la differente forza militare dell’Italia e della Germania.
Per questo motivo alla fine Mussolini fu costretto ad accettare le decisioni di Hitler.
La situazione in Asia centrale si era nel frattempo complicata. Nell’estate del 1941 la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica occuparono l’Iran. Il loro obiettivo era quello di convincere lo scià di Persia, Reza Pahlavi, ad unirsi a loro nel conflitto.
La paura colpì anche l’Afghanistan e il governo di Londra, il 9 e 11 ottobre 1941, presentò due note richiedenti al governo afghano l’espulsione dal territorio di tutti i cittadini tedeschi ed italiani che non avevano alcuna particolare funzione nelle rispettive Legazioni presenti nel paese.
Il ministro Sardar Mohammad Hashim Khan , probabilmente per la paura di vedere occupato dalle forze dell’Alleanza il suo Pese, decise di accettare le richieste anglosovietiche e il 29 – 30 ottobre 1941 decretò l’espulsione di 176 tedeschi e di 28 italiani.
Hashim era il fratello minore del re d’Afghanistan Mohammed  Nadir Shah (ucciso nel 1933).
La sua figura fu alquanto ambigua. All’origine del suo mandato come Ministro preferì non fare affidamento sulla Gran Bretagna e sull’Unione Sovietica. Strinse  dei rapporti diplomatici con la Germania nazista e nel 1935 importanti uomini d’affari e tecnici giunsero in Afghanistan per avviare importanti opere nel campo dell’economia (fabbriche e progetti idroelettrici), dei trasporti e delle comunicazioni. Altri aiuti, anche se minori, giunsero dal Giappone Imperiale e dall’Italia fascista.
Nel 1941, forse a causa dei primi cedimenti politici e militari dell’Asse, cambio la sua politica passando a fianco della Gran Bretagna e dell’Unione sovietica.
La decisione di espellere dal Paese, su richiesta dell’Alleanza, i tedeschi e gli italiani fu molto impopolare. Il Quaroni, ambasciatore italiano a Kabul,  scrisse al ministero degli esteri a Roma  che avrebbe..
«fatto un taglio per salvare non solo le apparenze ma la sua stessa vita».
Lo schierarsi del ministro a favore soprattutto degli Inglesi scatenò in Afghanistan una serie di proteste popolari.
Nel dicembre 1941 si svolse un importante riunione sul tema “Afghanistan” a cui parteciparono: i rappresentanti dell’Asse, il Bose, Shedai e Ghulam Siddiq.
Il governo italiano mando alla riunione  Adolfo Alessandrini, responsabile dell’Ufficio India a Palazzo Chigi.
Il diplomatico italiano espose la sua tesi che era contraria alle idee rivoluzionarie del Siddiq.
Suggerì di aspettare lo svilupparsi degli eventi a Kabul e di tenere sempre in considerazione la restaurazione dell’ex sovrano Amanullah Khan.
Spiegò che il ritorno dell’ex sovrano, ancora amato da gran parte della popolazione, in un momento sociale di grave disordine sarebbe stata una soluzione ottimale, non solo per lo stesso Afghanistan, anche per le potenze dell’Asse.
Per Roma e Berlino avere la carta Amanullah era molto importante, una carta da mettere sul tavolo contro gli Alleati.
Amanullah, tra i suoi obiettivi di riforme moderne,  auspicava all’unione del paesi musulmani presenti in Medio oriente per creare un unico Stato musulmano. La realizzazione di questo obiettivo avrebbe determinato la nascita in quell’area di una posizione per la Germania e l’Italia.
L’Alessandrini riferì…
una volta nominato nuovamente Re d’Afghanistan, Amanullah avrebbe dovuto provvedere all’espansione del suo paese in tutto il Medio Oriente, unendo tutti i territori sovietici, britannici e iraniani, diventando uno Stato cuscinetto tra la zona d’influenza italiana, e quelle tedesche e giapponesi in Russia e nell’Oceano Indiano.
Un progetto realizzabile?
No… perché la realizzazione del progetto prevedeva degli scenari che erano maggiori rispetto alle reali condizioni delle potenze dell’Asse e cioè Germania, Giappone ed Italia.
 
Le tre potenze erano legate da un alleanza militare ma da punto di vista politico ed ideologiche avevano degli interessi contrastanti che spesso le portarono a diffidare anche della loro reciproca lealtà.
Ogni iniziativa del Quaroni di riavvicinare Roma e Kabul  fu lasciata cadere nel vuoto.
Alla fine Germania ed Italia preferirono aspettare lo svolgersi degli eventi anche per non sollevare dubbi sull’onestà delle due potenze nei confronti dell’Afghanistan.
Nel momento del bisogno avrebbero usato la “carta” Amanullah.
Il ministro afghano Hashim era consapevole della minaccia di Amanullah  rappresentava in Afghanistan e dell’importanza della sua presenza in Europa.
L’Italia invitò l’ex sovrano afghano a desistere dalle sue azioni d’appoggio alle azioni compiute dal Gran Muftì e dai nazionalisti indiani  nel territorio italiano.
Un movimento nazionalista indiano ben presente in Italia con l’organizzazione di eventi pubblici per diffondere messaggi contro la Gran Bretagna e la sua presenza in India.
Amanullah era consapevole della sua importanza nella politica dell’Asse in Asia centrale anche se era rattristato dal fatto di essere stato come snobbato da Hitler e Mussolini.
 Spesso si sentiva come uno strumento mosso a loro piacimento. Era stato sempre controllato nelle sue azioni, aveva più volte sostenuto lo scarso sostegno che gli aveva fornito il governo italiano preoccupato nel non creare problemi diplomatici con la Gran Bretagna e l’Afghanistan.
Amanullah decise di agire e tra il maggio e giugno 1942, insieme con Ghulam Siddiq e Subhas Chandra Bose, avanzò una precisa richiesta alla Germania
interrompere le relazioni diplomatiche con il governo in carica a Kabul e di riconoscere
la costituzione di un governo afgano in esilio con sede a Berlino, presieduto da Siddiq.
Una richiesta inascoltata, vana… sia da parte di Hitler che tanto meno da Mussolini.
Amanullah nel luglio 1942 scrisse una lettera a Mussolini con precise accuse…
lamentandosi del trattamento ricevuto e dell’indifferenza dimostrata in tutti gli anni di “convivenza”;  di non aver mantenuto le promesse fatte durante i loro colloqui e di aver
concentrato tutta la sua attenzione dapprima su Bose, in seguito Shedai
nella stessa lettere chiese
 il permesso di agire pubblicamente per tentare l’ultima missione per riconquistare il potere.
Mussolini oscurò completamente l’ex sovrano afghano perché non voleva perdere il sottile filo diplomatico che lo legava ancora all’Afghanistan.  Aveva il timore  di vedere il sovrano d’Afghanistan Zahir in un alleanza con la Gran Bretagna.
Per cercare di non perdere ulteriore credibilità nei confronti di Amanullah, il governo italiano decise
di aumentargli il sussidio per bloccare i suoi piani d’azione.
A causa degli eventi bellici la vita era aumentata ed anche Roma non sfuggiva a questa regola. L’ex sovrano non poteva quindi condurre una vita agiata e questo  aspetto faceva nascere il lui il desiderio di tornare in Afghanistan.
Il governo italiano decise quindi di aumentare il sussidio da 15.000 lire alle 25.000 lire.
Nel 1942 gli eventi bellici sembravano favorire gli schieramenti dell’Alleanza (Anglo-russo-americana) e i rapporti tra Roma; Berlino e Kabul sembrarono rinascere.
Le forti iniziative militari  intraprese dall’esercito tedesco in Russia e le vittorie  dell’Italia e della Germania nell’Africa settentrionale spinsero il vice presidente del Consiglio afghano, Naim Khan, e il primo ministro tedesco a Kabul,  Pilger, si riunirono a Kabul per discutere su una possibile collaborazione militare.
In realtà questa attività diplomatica fu avviata dal ministro Hashim Khan. Il ministro afghano voleva dimostrare alla popolazione come il suo governo fosse in grado di avviare una politica estera nazionalista, indipendente dall’ingerenza britannica.
Il governo afghano nelle sue iniziative cercava sempre di eliminare ogni azione proveniente dai seguaci di Amanullah.
L’ambasciatore Quarani, ormai abbandonato dall’Italia,  l’1 settembre 1942 s’incontrò con Naim Khan  per discutere su un eventuale accordo.
Il Naim confermò l’interesse dell’Afghanistan  nei confronti delle potenze dell’Asse e ello stesso tempo mise in evidenza che l’Afghanistan si sarebbe unito alla Germania ed all’Italia non appena queste fossero arrivate nel Caucaso e nel Medio oriente e avessero deciso d’invadere l’India.
Anche questi accordi rimasero sulla carta. La scena politica internazionale e le sue mappe variavano di continuo giorno dopo giorno e sia la  Germania che l’Italia perdevano gradualmente i territori in precedenza occupati.
Ormai era chiaro che le due potenze avrebbero perso il conflitto.
L’Afghanistan, dimostrò ancora una volta, che la politica filo-inglese era ancora la migliore mentre l’Italia, ormai a pezzi, si affidò alla sola propaganda per mantenere viva la voce della resistenza degli indipendentisti nell’Asia centrale.
 Tra la fine del 1942 e fino all’estate del 1943 la propaganda italiana nei confronti dell’Afghanistan e dell’India indipendentiste, aumentò con messaggi filo-musulmani.
Un messaggio auspicava la formazione di uno Stato islamico nella Valle dell’Indo, il “Pakistan” , che fu di grande importanza politica.
La Germania si dimostrò subito contraria alla propaganda islamica adottata dall’Italia perché opposta al forte credo nazista.
L’Afghanistan, con una perenno monotonia, si lamentava presso il Quarani della protezione che l’Italia dava ad Amanullah. Una protezione che durava da ben 13 anni come un quadro di gran valore sempre esposto a perenne memoria.
Amanullah aveva però ormai perso la sua speranza di tornare in Afghanistan e le sconfitte delle truppe dell’Asse fecero svanire del tutto le sue già flebili speranze.
Le sconfitte dell’Asse consolidarono il prestigio e la forza della Gran Bretagna in Asia centrale.
Il Quarani abbandonò le sue iniziative e Amanullah cambiò atteggiamento nei confronti del governo afghano assumendo un comportamento più amichevole nei confronti del sovrano Mohammed Zahir Shah (in carica fino al 1973) e del primo ministro Hashim Khan.
Ci furono degli incontri a Roma che misero in evidenza un  comportamento rilassato, tranquillo da parte di Amanullah.
 Nel settembre 1943 l’Italia fu invasa dagli americani.
L’Italia a pezzi, il re in esilio, Mussolini cacciato e naturalmente anche il vago sogno “Kabul” sfumò definitivamente anche se l’Italia fu sempre ricordata i Afghanistan come uno Stato amico.
 Amanullah continuò a vivere con la sua famiglia a Roma r gli gu elargito un assegno mensile ci 20.000 lire a carico del Ministero degli Interni. Il Ministero degli Esteri  contribuiva invece con una somma di 60.000 lire annue di tasse dovute per i beni immobiliari si sua proprietà.
Questo compenso annuo non durò fino alla fine del suo esilio.
Mussolini fu cacciato e si ritirò nel Nord Italia e il 23 settembre 1943, sotto la pressione di Hitler, stabilì la Repubblica Sociale Italiana, formalmente conosciuta come la Repubblica di Salò.
Ad Amanullah fu chiesto di trasferirsi al Nord nella nuova repubblica. Negò la richiesta e gli fu quindi bloccato il sussidio. L’ex sovrano era ormai legato alla capitale e desiderava non abbandonarla. D’altra parte la proposta arrivava da Mussolini che lo aveva sempre strumentalizzato e mai ascoltato seriamente.
 
Grazi agli Inglesi ed agli americani fu ripristinato il governo italiano a Roma nel 1944 e la diplomazia italiana  porse ad Amanullah l’invito di farlo partire da Roma.
Per il governo italiano non aveva più senso trattenerlo e versargli quelle alte somme di denaro. Il governo  ridimensionò il sussidio  versandogli una piccola quota per provvedere ai piccoli bisogni della sua famiglia.
La somma non era sufficiente a coprire le spese necessarie per il sostentamento della sua famiglia. L’ex sovrano era indebitato ed era perseguitato dai suoi numerosi debitori. Alcuni suoi parenti avanzarono anche delle suppliche al nuovo governo per aiutare finanziariamente Amanullah.
Ancora una volta il governo italiano fu costretto ad intervenire pagando una parte dei debitori ed impedendo il pignoramento dei suoi beni.
Anche l’Afghanistan subì dei mutamenti politici. Il ministro Hashim Khan abbandonò il suo incarico il 9 maggio 1946 anche a causa delle sue idee filo-britanniche.
Amanullah , anche a causa delle sue ristrettezze economiche, cercò di avvicinarsi al sovrano afghano Zahir Shah.
 Il 27 ottobre 1948 iniziarono dei contatti diplomatici tra la Legazione afghana a Roma e la famiglia renante  a Kabul.
Amanullah Khan inviò una lettera a re Zahir nella quale dichiarava
la sua totale rinuncia al trono del paese e proclamava la sua lealtà e amicizia
al sovrano in carica.
La lettera era una vera dichiarazione di fedeltà assoluta e il governo di Kabul decise di restituire ad Amanullah la cittadinanza afghana e il permesso per un suo ritorno.
L’ex sovrano desiderava ardentemente ritornare nel suo paese sia per ricongiungersi alla famiglia reale, sia per le proprie figlie che in Europa non avrebbero avuto futuro. Riottenendo lo status di cittadino afghano e il permesso di rientrare, sperava di sistemare i suoi numerosi problemi finanziari ritornando in possesso di alcune proprietà appartenenti alla sua famiglia e di avere un sussidio dal governo afghano.
Amanullah non fece mai ritorno a Kabul e il 12 ottobre 1949, re Zahir si recò in Europa per motivi di salute e giunse anche a Roma dove incontrò Amanullah Khan.

Amanullah e Zahir


Fu un momento toccante e di grandissimo valore per l’Afghanistan, in quanto dava prova della reale riconciliazione tra i due sovrani.
Un nuovo incontro avvenne nel 1950, quando Re Zahir si recò a Napoli e fu accolto da
Amanullah, che lo accompagnò nella visita nella città partenopea.
Ormai la pace tra i due regnanti era stabilita.
Dopo aver trascorso gran parte degli anni in esilio a Roma, Amanullah Khan decise di
trasferirsi, assieme alla moglie Soraya, a Zurigo in Svizzera, dove morì il 25 aprile
1960.
Il suo sogno fu sempre quello di ritornare in Afghanistan, e per questo venne riportato
nel suo paese e sepolto a Jalalabad, vicino alla tomba del padre.
Oggi, vi sono ancora membri della sua famiglia che vivono tra Roma, Ginevra e
Istanbul.




La regina Soraya morì a Roma il 20 aprile 1968 colpita da un cancro. Il governo italiano onorò la sua memoria con cerimonie  d’onore e inviò il suo triste feretro in Afghanistan. Da Kabul fu trasferito a Jalalabad con un aereo militare  e fu seppellita vicino alla tomba del marito Sua Altezza Amanullah Khan.
Il corpo nel lungo viaggio da Roma a Jalalabad fu accompagnato dalla figlia dei sovrani, la principessa India d’Afghanistan. Allora la principessa India aveva quarant’anni e dopo la sepoltura della madre tornò a Roma.
Un grande riconoscimento a Soraya Tarzi, bellissima espressione del mondo femminile, fu fornito dalla scrittrice Rie Tali Stewart nel suo libro “Fire in Afghanistan” (Fuoco in Afghanistan)..
Quando il corpo della regina Soraya è arrivato a Jalalabad, ero all'aeroporto, diverse persone tribali che odiavano le sue azioni e l'hanno cacciata dal paese erano di fronte al suo triste feretro. Erano seduti e recitavano il Corano e mentre pregavano si allontanarono dall'aereo. La tomba della regina Soraya è stata scavata un po' lontano dalla tomba di Amanullah Khan. Dopo la sepoltura, i mullah hanno parlato indiscriminatamente ma non l'hanno definita. A parte i membri della famiglia, nessuna donna era venuta. Quando gli uomini si allontanarono dalla tomba, le donne con il velo vennero e alzarono le mani e pregarono per la regina Soraya. Sì, stavano pregando per qualcuno che voleva salvarli dalla prigione della tenda molti anni fa. (Incendio in Afghanistan, p. 194)
Possano le anime di quei due patrioti Shaz essere felici e che la loro memoria sia custodita!

Regina esperta, illuminata e amante della scienza!
Possano le loro anime essere felici!




Amanullah Khan  e Soraya furono responsabili di qualcosa per meritare l’esilio?
Era un periodo decisamente importante per l’area asiatica dato che ben tre figure avevano avviato la modernizzazione nei loro paesi musulmani: Amanullah Khan, Ataturk, Reza Shah.
Amanullah Khan era  il più radicale nelle sue ide tanto che Ataturk e anche Reza Shah lo invitarono più volte alla moderazione.
L’imposizione delle vesti provocò una netta ed improvvisa separazione tra  culturale tra la vecchia generazione, legata a tradizioni antiche quasi secolari, e la nuova generazione aperta all’occidente.
Un dialogo molto accesso nella società dato che le ragazze  moderne chiamavano
La vecchia generazione legata all’hijab arretrata
e i tradizionalisti, conservatori, tipici esponenti dell’antica generazione chiamavano
l’atteggiamento della nuova generazione come irreligioso
Amanullah Khan fece opere nel suo paese, l’Afghanistan che amava molto. Il sovrano dimostrò  anche una certa correttezza economica.
Avviò grandi processi di trasformazione  e di innovazione in vari settori della società: nel commercio, nell’industria, nell’edilizia, nella viabilità.
Furono costruire scuole ed università e gli studenti furono inviati all’estero per la formazione.
Durante le assemblee governative i partecipanti dovevano indossare abiti con la cravatta e ordinò anche che in alcun vie non potevano passare le donne vestite con il burqa. Un divieto evidenziato con dei cartelli.
I sovrani afghani andarono In Europa e misero a confronto la loro cultura con quella dei paesi occidentali. Quel viaggio fu anche un valido banco di prova per le idee moderne dei sovrani afghani. In quel viaggio trovarono come una conferma alle idee moderniste da attuare in Afghanistan.
Nel viaggio di ritorno passarono da Teheran e la regina Soraya apparve senza hijab mentre Amanullah vestiva all’occidentale con un vestito e un cappello a tesa storta. In Iran l’hijab non era stato abolito e l’abbigliamento dei sovrani afghani fece tanto clamore.
Anche il clero iraniano sollevò delle proteste molto vibranti e addirittura chiesero a Resa Shah d’ obbligare la regina Soraya ad indossare l’hijab. Naturalmente il sovrano iraniano non prestò attenzione a queste assurde richieste.
Ma durante l’incontro a corte tra la regina consorte iraniana Tâdj ol-Molouk  e la regina afghana Soraya avvenne un episodio increscioso. La madre del principe ereditario, Tâdj ol-Molouk , indossava un velo da preghiera molto semplice e Soraya notò Sarwar al-Sultaneh, moglie di Timurshah, vestita in modo molto elegante e all’occidentale. La regina Soraya pensò che fosse proprio Sarwar al-Sultaneh la regina dell’Iran per cui si recò verso di lei per renderle omaggio.
Questo atteggiamento provocò un grande senso di fastidio a Tâdj ol-Molouk .

Sarwar al-Sultaneh
Moglie  di Abdul Hossein Timurtash (Nardin, 1881 – ucciso a Mehr, Teheran, 1933)
soprannominato Sardar Mozhezul-Mulk oppure Sardar Moazzam Khorasani.
Importante statista durante i periodi Qajar e Pahlavi. Nel periodo della reggenza
di Reza Shah aveva l’incarico di primo ministro.

Irandocht Timurtshah (1912 – 2000)
Figlia di Timurtshah e di Sarwar al-Sultaneh

Mehrpur Timurtsha e la madre Sarwar al-Sultaneh
(1942)
In un articolo risalente al 1930 circa, durante la reggenza di Reza Shah, un giornale londinese,
“London Birmingham Post, riportò in un articolo che in Iran nei negozi e nei ristoranti fu….
Ordinato di vietare l’ingresso alle donne che indossavano l’hijab.
Non appena gli alleati entrarono… l’inglesi ed americani sempre loro promotori di “democrazia” legata alla guerra e ai soprusi… nei negozi e nei ristoranti fu esposto un cartello con la scritta…
Vietato l’ingresso di donne senza hijab.
L’altro grande riformista dell’area asiatica, mai dimenticato e sempre presente nei ricordi storici della Turchia e non solo, Atartuk, nel trattare l’abbigliamento femminile agì in modo più moderato rispetto ad Amanullah Khan e a Reza Shah.
Non impose alle donne un tipo di abbigliamento attraverso la forza e le forze dell’ordine ma lasciò libertà di scelta.
Nella ricca storia centenaria della Turchia le donne che indossavano l’hijab hanno convissuto, in modo pacifico, con le donne non velate.
La società afghana e quella iraniana nel corso del tempo si trovarono sempre agli estremi nel campo dell’abbigliamento femminile; a volte fu rimosso il velo  e altre fu imposto il velo e il burqa.
Ataturk, aveva una grandissima  visione della politica basata su una perfetta conoscenza della società con i suoi riti e tradizioni, e diede ad Amanullah Khan e a Reza Shah dei consigli.
Ad Amanullah khan disse di
Evitare l’estremismo nella modernità e di consolidare prima le basi del suo potere
E a Reza Shah Pahlavi
Di permettere alla stampa di criticare i problemi della società.
I sovrani afghani appena di ritorno dal viaggio di stato in Europa diedero subito un forte impulso alle loro riforme moderniste ma un gruppo di esponenti del clero,  li scomunicò, e in alleanza con dei capi tribali, fra cui un ladrone assassino, con l’appoggio “velato” degli inglesi, riuscirono a rovesciarlo.
Al tempo di Amanullah Khan la schiavitù era ancora prevalente in Afghanistan e il sovrano ebbe il coraggio di collegare la schiavitù con lo sviluppo del suo paese bel XX secolo.
Il sovrano afghano abolì la schiavitù e nello stesso tempo liberò ben 700 schiavi a Kabul ma commise un grave errore, un errore culturale…..
È vero ..aprì le catene ai piedi degli schiavi ma trascurò le catene principali… invisibili..
le catene della mente.. le catene culturali.. mentali
furono proprio quelle catene mentali che lo fecero cadere dal trono e portarono Kalakani,,, un ladrone assassino … al potere con l’appoggio degli inglesi.
……………………………………..



Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 1° Parte - 
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi 
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo.html

................................................
Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 2° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e 
Soraya Tarzi in visita di Stato (1927 - 1928): Egitto - Italia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-2.html
 ..............................................................................................................
Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 3° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928): Francia - Gran Bretagna – Germania
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-3.html
 .....................................................................................................................
Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 4° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928): Polonia  -Unione Sovietica -Turchia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-4.html



Commenti

Post popolari in questo blog

MONTE PELLEGRINO (R.N.O.) - Palermo - "Il Promontorio più bello al mondo.." -

PIETRAPERZIA (Caltanissetta) – Il castello della Principessa Dorotea Barresi “Grandes de Espana de primera grandeza” - La triste storia di uno dei castelli più belli della Sicilia..

MONTE PELLEGRINO (RNO)(PA) – LA GROTTA DELLE INCISIONI