L’Uomo Preistorico in Europa…. La fine dei Neanderthal.
Circa 200.000 anni fa, molti storici stimarono in 350.000 anni fa, in Europa erano presenti i primi Neanderthal. Il Neanderthal deve il suo nome alla località in cui furono rinvenuti i primi suoi resti, la valle del Neander, vicino Dusseldorf in Germania.
King e molti altri studiosi seguirono la valutazione di Lyell sull’antichità dei resti, nonostante le circostanze del loro recupero.
confluenza del fiume Düssel con il Reno, nella Renania Settentrionale-Vestfalia a Est di Düsseldorf. In questa località nel 1856 nella Grotta di Feldhofer, durante lo svuotamento di un banco argilloso, furono rinvenuti tra i detriti da Johan Carl Fuhlrott una calotta cranica e alcune ossa lunghe con caratteristiche morfologiche arcaiche e specifiche, tra cui: fronte bassa e sfuggente, rilievi sopracciliari molto pronunciati, il cranio allungato. Dopo innumerevoli discussioni scientifiche e grazie anche al rinvenimento di altri resti umani anatomicamente analoghi, venne riconosciuta l'antichità del reperto divenuto celebre come uomo di Neanderthal.
Stadio: Acheuleano (da 500.000 Ma a 300.000 anni prima della nostra era)
Località: Menchecourt-les-Abbeville , Somme , Francia.
Nota autografa di Boucher de Perthes e Lartet.
Questo pezzo fu esposto all'Esposizione Universale del 1867.
L’anatomia delle mani dimostrerebbe una grande forza, presa e abilità nel manipolare. Crearono diversi strumenti ma non avevano conoscenze cognitive e fisiche sviluppate e quindi i loro strumenti rimasero invariati per migliaia di anni. Al Neanderthal sarebbe attribuita la facies culturale del Musteriano.
Rispetto ai loro antenati seppellivano i morti in fosse, non si sa se accompagnati da cibo e strumenti, e praticavano spesso la conservazione dei crani.
Raggiunsero la loro massima diffusione in Europa ed in Italia, circa 80.000 – 40.000 anni fa, per poi estinguersi circa 30.000 anni fa.
Fu la competizione con l’Homo Sapiens, accettando il termine di competizione, a determinarne l’estinzione?
Oppure fu la conseguenza di forti oscillazioni climatiche avvenute tra 55.000 e 30.000 anni fa e che determinarono una modificazione dell’habitat con una scarsa disponibilità di prede?
Queste oscillazioni climatiche furono superate dall’Homo sapiens perché più evoluto?
I Neanderthal ci lasciarono arnesi in pietra e scheletri che, una volta analizzati e studiati, permisero di ricostruire il loro modo di vivere e le ansie legate all’arrivo, nei loro territori, dell’Homo Sapiens.
L’Homo sapiens più evoluto che portò la nascita dei primi villaggi stabili e di società organizzate.
I Neanderthal erano dei cacciatori e raccoglitori e circa 35.000 anni fa furono colpiti da un evento per loro traumatico. Si trovarono dinnanzi all’Homo Sapiens proveniente dall’Africa che, da migliaia di anni, era lanciato alla conquista, alla ricerca sempre di nuovi territori.
Si trovarono di fronte due specie diverse di ominidi, espressione di una continua evoluzione, e l’uomo di Neanderthal scomparve.
Come mai una scomparsa così repentina?
La stazione archeologica di Cro-Magnon presso Les Eyzies-de Tayac Sireuil in Dordogna (nel Sud-ovest della Francia) restituì importanti testimonianze sul periodo.
Questo fu uno dei luoghi in cui vissero i Neanderthal.
Un ambiente che dava rifugio a bisonti e daini. I Neanderthal vivevano in grotte calcaree poste nelle vallate ed erano una specie umana che si era adatta la freddo e alla vita in questo ambiente così difficile. Una vita difficile ma i gruppi erano ben organizzati e animati da rapporti molto forti legati all’obiettivo di sopravvivenza.
Il loro impatto sull’ambiente fu pressocché nullo.
Per protezione dal freddo usarono le pelli degli animali cacciati.
Le donne separavano la pelle dal grasso e dai tendini con l’aiuto di un affilato raschiatoio di selce, per poi usare i denti per ammorbidirla (per questo motivo, soprattutto gli scheletri delle donne, presentavano i denti consumati fino alla radice).
La particolare conformazione del volto, molto prominente, consentiva una ripartizione uniforme dello sforzo su tutto il cranio.
Nelle grotte abitate dai Neanderthal furono rinvenuti sul terreno resti ossei degli animali uccisi, scheletri dei Neanderthal sepolti dai propri compagni, strumenti di pietra. Reperti che con il passare del tempo si fossilizzarono diventando delle importanti testimonianze da studiare per gli archeologi.
Grazie allo studio dei reperti fossili, la visione dei Neanderthal subì dei radicali cambiamenti. Per molto tempo l’immaginario collettivo li considerava dall’aspetto scimmiesco e brutale.
In realtà erano degli individui forti, intelligenti e altamente specializzati. L’esame dei reperti fossili delle feci indicarono anche la loro alimentazione. La struttura del denti diede una visione del modo di pulire le pelli degli animali per creare abiti ed anche le loro ossa deformate o fratturate consentirono di affermare come la loro vita fosse ricca di infortuni, malattie ad anche violenze spesso mortali.
Sempre nell’immaginario collettivo, molto diffusa fu la visione dei Neanderthal presenti in tutto il pianeta. In realtà la verità fu molto diversa.
La tundra polare a Nord, le distese di mare e deserto a Sud, restrinsero per loro le aree abitabili all’Europa e all’Asia Occidentale. Nel loro maggiore periodo di espansione si calcolò come in questo territorio siano vissuti non più di 100.000 individui della specie Neanderthal.
Una stima codificata dai reperti archeologici.
Si dimostrò come il cranio moderno fosse più efficace nel riscaldare l’aria che entrava dal naso mentre quello dei Neanderthal era più adatto ai climi freddi e secchi e a un dispendio energetico che poteva toccare anche le 4.480 kcal x giorno, cioè il doppio di un uomo adulto moderno.
Come già accennato i passaggi nasali dei Neanderthal erano più ampi del 29% rispetto a quelli dell’Homo sapiens. Quindi consentivano la circolazione di un volume di aria maggiore a ritmi più sostenuti (questi ominidi correvano tanto). Si coprivano in modo meno efficiente rispetto all’uomo moderno ed affrontavano climi molto rigidi, è facile quindi immaginare che avessero bisogno di narici molto grandi.
Un aspetto certamente non piacevole ma efficace.
Quest aspetti erano il frutto di un esaltante capolavoro di adattamento evolutivo e furono rilevati proprio grazie ai rinvenimenti archeologici di crani e di ossa fossili.
Il loro fabbisogno alimentare era costituito in gran parte da una dieta carnivora. Un Neanderthal doveva in media consumare fino a circa 4000 calorie al giorno, un fabbisogno che aumentava a 7000 calorie in inverno, quasi tre volte del fabbisogno di calorie ai nostri giorni.
Nel macellare la preda si servivano di una selce ben affilata.
Ai nostri giorni la carne nella dieta rappresenta circa il 12% del cibo ma per il Neanderthal non era così. Come nelle specie carnivore probabilmente nel loro stomaco erano presenti degli enzimi che gli permettevano di consumare grandi quantità di carne cruda ed anche cotta. Il fuoco scompone le molecole dei grassi e delle proteine rendendoli più rapidamente assimilabili dall’organismo e nello stesso tempo uccideva i batteri e i parassiti spesso presenti negli animali. Un aspetto importante da rilevare sarebbe legato all’aspetto di come i Neanderthal si nutrissero spesso di carogne di animali morti per vecchiaia o per altri motivi (mammut, daini, ecc). In questo caso il fuoco per la cottura delle carni era decisamente importante.
Nel gruppo vigeva una gerarchia e spesso gli uomini cercavano di rapire le donne di altri gruppi. Il rapimento era purtroppo un’azione molto diffusa.
Il sottile filo conduttore di questa terribile azione era legata alla ricerca, in termini scientifici, di nuovi geni per il proprio gruppo ovvero di garantire la sopravvivenza della specie senza qualche tipo di interazione con altri gruppi.
Ogni gruppo, almeno in questa parte della Francia, viveva isolato senza alcun contatto con le altre comunità.
Rapire una donna adulta di un’altra tribù consentiva al clan la possibilità di raddoppiare le opportunità di riproduzione e quindi le probabilità di sopravvivenza.
Gli storici, anche se non tutti furono concordi, affermarono che i nuclei dei Neanderthal fossero di tipo patriarcale e cioè organizzati intorno a padri e fratelli.
Forse le donne non vivevano a lungo nel loro clan dove erano nate ma passavano da un clan all’altro .
Per vivere così a lungo, la specie dei Neanderthal deve aver per forza adottato lo scambio delle donne. Gli scambi dovevano essere volontari ma in una società chiusa, come era quella dei Neanderthal, probabilmente alcuni contatti dovevano essere forzati e violenti quindi come un sequestro di persona.
In base ai rinvenimenti archeologici e alle dimensioni delle caverne si affermò come i clan erano costituiti in media da 25 membri ma spesso erano costituiti da otto membri.
Un numero piccolo di individui, forse per non incidere sulle scarse risorse ambientali, ma troppo piccolo per garantire la sopravvivenza della specie senza alcuna interazione con altri gruppi.
Le donne entrate nel clan, dovevano vivere una situazione psichica non facile.
Le donne mature del clan vedevano nei nuovi ingressi delle minacce alla loro posizione nell’interno del gruppo. Erano spinte dal dovere imporre immediatamente la loro autorità e probabilmente per le giovani donne, immesse in una nuova realtà, questa doveva essere un’esperienza traumatica.
Una realtà nuova caratterizzata da nuovi odori, figure, abiti e anche linguaggio.
Per molto tempo gli scienziati furono concordi nell’affermare come i Neanderthal non avessero un loro linguaggio vero e proprio e che la loro comunicazione fosse affidata a dei richiami primitivi e a dei gesti. In realtà osservando i loro crani, la bocca, il palato e la mandibola avevano una conformazione diversa dalla nostra e quindi impossibile che potessero esprimere un linguaggio.
Ma nel 1983 un cranio trovato nella grotta di Kebara, in Israele, consentì di mutare radicalmente questa tesi.
Il sito fu scoperto intorno al 1930 da Dorothy Garrod e Francis Turville – Petre che riuscirono a riportare alla luce gli strati del Paleolitico Superiore.
Nel 1951 Moshe Stekelis (nato in Russia nel 1888) e la sua equipe continuarono gli scavi nella grotta e nel corso di quindici anni di lavoro riuscirono a rintracciare gli stati del Paleolitico Medio e i resti di un bambino neandertaliano che fu chiamato Kebara 1.
Durante un’altra campagna di scavi, iniziata nel 1982, furono fatti altri rinvenimenti.
Fu trovata la sepoltura di un uomo risalente a circa 60.000 anni fa. Fu soprannominato Kebara2 /Moshe ed era privo del cranio, della gamba e del piede destro.
Lo scheletro fu privato di queste parti anatomiche probabilmente per scopi cultuali.
Le ossa furono analizzate ed appartenevano ad un uomo piuttosto robusto, alto 170 cm e con un'età compresa tra 25 e 35 anni. Le sue dimensioni furono confrontate con quelle dei ritrovamenti della grotta di Amud (Israele) appartenenti ad un adulto di 180 cm (il neandertaliano più alto), della grotta di Tabun (Israele), e con quelle dei neandertaliani ritrovati nella grotta di Shanidar (Iraq).
Il Neanderthal presentava una gabbia toracica dalle dimensioni simili a quelle dell’uomo moderno ma dalla forma diversa.
La scoperta fu sensazionale perché si era di fronte ad un reperto risalente a ben 60.000 anni fa.
La configurazione della gabbia toracica indicò come la respirazione diaframmatica, più profonda e rilassata di quella toracica, avesse una grande importanza nei Neanderthal rispetto a quella che ha per noi. Cioè facevano una grande affidamento sul movimento del diaframma.
Questa tesi fu espressa da un gruppo internazionale di scienziati che pubblicarono le loro ricerche sulla rivista scientifica “Nature Communications”.
I ricercatori provenivano dalle Università di Spagna, Israele, Stati Uniti tra cui l’Università di Washington.
Gli studi analizzarono in maniera molto approfondita la gabbia toracica e la colonna vertebrale soprattutto nella sua parte superiore.
Gli scienziati usando le scansioni TAC riuscirono a creare un modello 3D del torace.
Il risultato fu sorprendente perché si ricavò un’immagine che era lontana dall’immaginario collettivo che ritraeva il Neanderthal come un individuo tozzo e curvato in avanti.
Kebara2 aveva, rispetto all’uomo moderno, una maggiore capacità polmonare ed una colonna vertebrale più dritta.
Uno dei ricercatori, il prof. Asier Gomez Olivencia, (Ricercatore Ramón y Cajal. EHU /UPV) dell’Università dei Paesi Baschi, affermò come
Lo studio si era basato solo sull’analisi di reperti costituiti da costole e clavicole. Già l’esame di questi reperti fece nascere negli scienziati l’opinione di come i Neanderthal avessero una morfologia diversa da quella dell’uomo moderno. Questa tesi fu poi abbandonata e fu accettata quella che indicava come le due specie avessero un torace identico.
Il Neanderthal era apparso in Europa e nell’Asia centrale circa 400.000 anni fa per poi estinguersi circa 40.000 anni fa. Lo scheletro di Kebara2 che età aveva?
Furono eseguite due diverse forme di datazione del terreno circostante: la termoluminescenza e la risonanza dello spin dell’elettrone. I risultati riportarono un periodo cronologico compreso tra 59.000 64.000 anni fa.
Le scansioni TAC sullo scheletro riguardarono vertebre, costole ed ossa pelviche.
Con un programma in 3D, adoperato per scopi scientifici, furono inoltre scandite ogni singola vertebra e tutti i frammenti delle costole. Il tutto per essere poi rimontato in 3D.
Fu poi adoperata una tecnica, denominata morfometrica, che consentiva di confrontare le immagini delle ossa di Neanderthal con le scansioni mediche delle ossa degli individui moderni.
I risultati furono i seguenti:
- Le costole si collegavano alla colonna vertebrale in una singolare direzione verso l’interno;
- Questo aspetto costringeva la cavità toracica verso l’esterno;
- Questo consentiva alla colonna vertebrale di inclinarsi leggermente all’indietro, con una piccola parte della curva lombare simile alla struttura scheletrica moderna.
In poche parole, la colonna vertebrale si trova più all’interno del torace. In termini pratici questo consentiva una maggiore stabilità. Altro aspetto era che essendo il torace più largo nella sua parte inferiore e la stessa forma della gabbia toracica, suggerirono l’esistenza di un diaframma più grande e quindi una maggiore capacità polmonare.
L’ampio torace inferiore del Neanderthal e la direzione orizzontale delle costole dimostrarono come la respirazione dipendeva dal diaframma mentre l’uomo moderno per respirare si affida sia al diaframma che all’espansione della gabbia toracica.
Analizzato da: Trueba/Madrid Scientific Films) Been e colleghi che sottoposero
a scansione tomografica tutte le ossa toraciche di "Kebara 2"
Ricostruirono con un software 3D il suo scheletro e identificarono i punti di ancoraggio della muscolatura diaframmatica, particolarmente ampi e robusti,.
La dimensione toracica complessiva era praticamente uguale a quella dell’uomo moderno ma era più ampia nel suo segmento inferiore.
Il linguaggio era meno articolato e complesso rispetto al nostro ma il dato importante sarebbe quello legato all’aspetto di come i Neanderthal avessero una propria lingua ben articolata.
Non era previsto nel progetto che la ferrovia attraversasse Sierra de Atapuerca ma, all’ultimo momento, si decise di deviare il percorso fino ad Atuaperca. Non si capì il motivo, d’altra parte la Sierra de Atapuerca era l’unica catena montuosa della zona.
La trincea della ferrovia e i giacimenti sedimentari di fossili e reperti:
1. Gran Dolina;
I siti della Sierra de Atapuerca acquisirono una grandissima importanza scientifica nel 1992 quando furono rinvenuti dei fossili antichi a Sima de Los Huesos (Abisso delle Ossa). Nel 1994 furono rinvenuti dei resti umani risalenti a 900.000 anni fa. Reperti che definirono una nuova specie di ominide: l’Homo antecessor.
Questa sarebbe una brevissima sintesi del sito che nel 2000 fu dichiarato Patrimonio dell’Unesco.
Nei siti di Sierra de Atapuerca furono rinvenuti resti fossili di ben cinque diverse specie di ominidi e le prove della loro presenza:
- Homo sp. , ancora da definire e risalente a 1.300.000 anni fa;
- Homo antcessor (850.000 anni fa);
- Homo preneanderthalensis (500.000 anni fa);
- Homo neanderthalensis (50.000 anni fa);
Foto: MNCN
Spagna – Coves de Santa Maria

Sequenza superiore dell'unità litostratigrafica TD6 della grotta Gran Dolina in riempimento (Matuyama Chron), che comprende il ‘‘set archeostratigrafico Aurora’’
(Inventariati come reperti: ATD6-15 e ATD6-69)
ATD: Atapuerca Trinchera Dolina
( B ) Localizzazione del sito Gran Dolina situato in una trincea ferroviaria (“Trinchera”).
( C ) Modello 3D del sito Gran Dolina nel 2012.
Le aree marroni indicano le unità stratigrafiche.
Le aree grigie sono la parete e il soffitto della grotta.
Le superfici di scavo nel 2012 sono state contrassegnate con la lettera S.
Superficie di scavo S1 – TD10. Superficie di scavo S2 – TD5.
Superficie di scavo S3 – TD4.
Il sito di “Torreón” e lo scavo della fossa di prova sono situati in TD6.
( D ) Unità stratigrafiche (TD1 a TD11) e facies sedimentarie del sito Gran Dolina.
Mappa creata da ArcGis 10.1 utilizzando i dati di elevazione del dataset ad accesso libero SRTM90 Modello 3D di 1C creato dal software 3DReshaper.
Sima del Elefante
Foto: Susana Santamaría / Fondazione Atapuerca
Nel corso del Pleistocene, compreso fra 2,58 milioni di anni fa e 11.700 anni fa, ci fu il crollo di un pozzo alla sommità della voragine. Questo crollo diede origine ad un forte accumulo di sedimenti che funzionarono come copertura dei sedimenti inferiori.
Il rinvenimento di questa voragine, così importante dal punto di vista archeologico e naturalistico perché parte del sistema carsico della Sierra de Atuaperca, fu fortuito. Durante i lavori per la costruzione di una galleria ferroviaria, eseguiti nel corso del XIX secolo, furono rinvenuti questi depositi. Gli studi degli archeologici permisero di rilevare la loro stratigrafia.
Le ricerche geologiche e paleontologiche iniziarono nel 1992 e procedono ancora oggi.
Un patrimonio geologico e paleontologico immenso. Nell’esame degli strati furono rinvenuti ossa di erbivori che erano state sagomate e un centinaio di utensili in pietra scheggiata o del tipo Olduvaiano (facies culturale del Paleolitico Inferiore caratterizzato dalla creazione di strumenti in pietra).
I fossili umani che furono rinvenuti misero in risalto la presenza dell’Homo in Europa al tempo del Calabriano (uno dei quattro piani in cui è diviso il Pleistocene, una delle due epoche del Quaternario), e datato tra 1,80 e o,774 milioni di anni fa (Ma).
Dello stesso periodo sono importanti i siti di:
- Orce nel Sud -est della Spagna;
- Pirro Nord (Apricena – Foggia) in Italia;
- Kozamikain Bulgaria
Nel sito fu anche rinvenuta una falange fossile che evidenziò l’evoluzione della mano nel corso del tempo. I resti di fauna e gli stessi utensili litici ritrovati diedero delle importanti informazioni sulla vita di questi antichi uomini preistorici.
La cavità aveva un’altezza di 18 metri e vi si rifugiavano gli uccelli. Per gli animali terrestri che vi si avventuravano diventava una trappola. Questo determinò un accumulo di resti ossi che fornirono importanti dati sulla fauna, sul clima e facilitarono le datazione dei reperti.
I sedimenti si trovano anche dall'altra parte della trincea ferroviaria che divise in due parti il sito.
Solamente negli strati da TE15 a TE17 non furono trovate ossa fossili.
Utensili litici furono trovati principalmente nello strato TE9 (più uno in TE8)
assieme a una mandibola, un dente e una falange.
esposta al Museo dell'Evoluzione Umana di Burgos.
Falange ATE9-2
Durante gli scavi nel 2008, sempre nello strato TE9c fu rinvenuta una falange posta a circa 2 metri dal punto in cui fu trovata la mandibola. Facendo riferimento allo sviluppo delle ossa degli uomini moderni, fu identificata come la falange prossimale del mignolo destro di un individuo di circa 16 anni.
FOTO: IPHES.
(M. Dominguez-Rodrigo)
- Articolazioni robuste;
- Ipertrofia dei muscoli del pollice.
Cosa permettevano questi aspetti?
Permettevano una presa polpastrello-polpastrello che univa forza e precisione in modo perfetto e senza confronti con gli altri ominidi.
Le conclusioni di questa ricerca scientifica furono eccezionali.
Infatti in origine era opinione condivisa che l’evoluzione della mano, intesa come una configurazione morfologica adatta alla creazione e all’uso, in modo efficiente, degli strumenti di pietra, fosse avvenuta non prima di 1,6 – 1,4 milioni di anni fa. D’altra parte molti reperti litici risalivano anche a 2,6 – 3,3 milioni di anni fa.
Questi reperti erano piuttosto rozzi e frammentari, potevano essere creati anche da una mano non perfettamente moderna, e servivano probabilmente per frantumare le ossa per ricavarne il midollo del quale gli ominidi si cibavano.
Ma qual era la differenza tra la mano di OH 86 e quella di A. bolsei e di H. habilis ed anche di altri ominidi di specie più recenti?
La differenza era la curvatura della falange che era assente nella mano di OH 86 ed era molto accentuata in A. bolsei e nell’H. habilis perché legata ad un adattamento alla vita arboricola.
OH 86 non viveva sugli alberi ma costantemente al suolo.

(Cortesia Manuel Domínguez-Rodrigo)
La falange prossimale di OH 86 ripresa da diverse angolazioni.In base ai rapporti antropometrici sembra che OH 86 avesse anche una corporatura più grande di quella degli altri ominidi suoi contemporanei. Certo sarebbe importante sapere anche il tipo di rapporto sociale tra OH 86 e i suoi contemporanei.Comunque non tutti i paleoantropologi furono concordi nell’accettare questa differenza tra OH 86 e i suoi contemporanei. Mentre alcuni, tra cui Jean Jacques Hublin, direttore del Max Planck Institut per l’antropologia evoluzionistica, ritenne plausibile l’esistenza di una nuova specie con una corporatura più robusta dell’H. habilis, altri si dichiararono scettici in merito.La forma delle mani degli ominidi rifletteva il loro stadio evolutivo ed era, al tempo stesso, il motore importante di vita sociale.La nostra mano si è evoluta per consentirci una varietà di prese e una potenza di presa sufficiente a consentirci la più ampia gamma di manipolazioni osservata in qualsiasi primate.È questa capacità di manipolazione che ha interagito con il nostro cervello per sviluppare la nostra intelligenza, principalmente attraverso l'invenzione e l'uso di strumenti.Una mano moderna nel passato ci direbbe quando gli esseri umani sono diventati completamente terrestri e quando e con quale efficienza i nostri antenati hanno utilizzato gli strumenti.Secondo gli scienziati questa transizione avvenne in due fasi principali.Circa sei milioni di anni fa tutti i membri del genere Homo iniziarono a camminare su due gambe e la loro mano sviluppò un pollice più lungo.Ma le dita rimasero curve perché gli alberi continuarono ad essere il loro habitat.Questo aspetto, la doppia “locomozione”, rimase la norma per altri quattro milioni di anni.Nella seconda fase, gli ominidi abbandonarono gli alberi, e le loro dita cominciarono a raddrizzarsi aprendo la strada alla creazione e all’uso di utensili.Le mani sono state liberate dalla locomozione sugli alberi in modo che potessero specializzarsi strettamente nella manipolazione…… È qui che la nostra scoperta colma una lacuna.(Dominguez-Rodrigo).Infatti i primi utensili risalirebbero a circa 2,6 milioni di anni fa.Le prove archeologiche rinvenute nella gola di Olduvai dimostrerebbero quindi delle dimensioni importanti di OH 86.OH 86 mostrerebbe dei tratti distinti indicatori di una appartenenza ad un gruppo umano differente (forse sarebbe l’antenato dell’Homo erectus asiatico?).I primi antenati trasportavano le carcasse degli animali di grandi dimensioni a volte pesanti centinaia di chili.Ho sempre avuto difficoltà a capire come l'Homo habilis , alto appena più di un metro, riuscisse a cacciare in modo efficiente animali così grandi.Alcuni scienziati affermarono come gli uomini del Pleistocene Inferiore ( 2,588 Ma – 781.000) anni fa non cacciavano direttamente le prede ma si cibavano delle carogne lasciate dai carnivori.Il livello TE9c della Sima del Elefante evidenziò l’uso della caccia per procurarsi il cibo anche se l’uso delle carogne era sicuramente presente nelle comunità.
La mandibola rinvenuta nella Sima de Elefante non si riuscì a delineare la sua appartenza.
Non fu attribuita all’Homo antecessor, infatti presentava alcuni tratti in comune con i primi esponenti del genere Homo in Africa e con l’Homo georgicus di Dmanissi.
L’Homo georgicus sarebbe il nome attribuito ad una specie di Homo che fu rinvenuto a Dmansi in Georgia nel 1999 – 2001. Furono rinvenuti un cranio, una mandibola ed uno scheletro parziale.
I fossili furono datati a circa 1,8 milioni di anni fa (Ma) e la comunità scientifica li attribuì ad una nuova specie di ominide, intermedia tra l’Homo abilis e l’Homo erectus e forse imparentato con l’Homo ergaster.
Il cranio aveva una capacità di 600 – 680 cc (circa la metà dell’ Homo sapiens) e l’altezza dell’ominide di circa 1,54 m. Fu classificato come il più piccolo e primitivo fra gli ominidi trovati fuori dall’Africa.
Il dimorfismo sessuale nell’Homo georgicus era piuttosto accentuato rilevando tratti primitivi che erano meno accentuati nelle altre specie europee evolute come l’Homo antecessor, l’Homo heidelbergensis e Homo neanderthal, con i maschi molto più grandi delle femmine.
Lo scheletro postcraniale evidenziò come l’ominide camminava eretto ma la morfologia delle braccia indicava come fossero capaci anche di arrampicarsi sugli alberi.
Vicino alle sue ossa furono rinvenute dei reperti in pietra che venivano adoperati dall’ominide per cacciare, uccidere gli animali e scuoiarli.
Fu avanzata anche l’ipotesi di come l’Homo georgicus fosse il primo ominide a stabilirsi in Europa circa 900.000 anni fa e cioé prima dell’Homo erectus (una ipotesi tutta ancora da dimostrare).
Nella Sima del Elefante furono rinvenuti anche numerosi reperti di fauna.
Cranio completo di un grande mustelide (cfr Pannonictis sp.)
proveniente dall'unità TE9 (Pleistocene inferiore).
(un Mustelide come la martora?)
Scaglie di selce del Cretaceo
dai livelli più bassi del sito di Sima del Elefante (Atapuerca)
durante la stagione di campo 2003.Sulla base dei dati archeologici, paleontologici e geologici del sito si posero le basi sullo studio dei primi ominidi che abitarono l’Europa occidentale; sulle loro capacità di avere abilità attive di caccia o di spazzino; se le loro strategie di sussistenza ebbero successo; di come si presentavano l'ambiente e gli habitat in cui si stabilirono questi gruppi di ominidi.Sulla base dei reperti si potrebbe concludere come i primi esseri umani si trovarono nella penisola iberica circa 1,2 milioni di anni fa. Utilizzarono le grotte della Sierra de Atapuerca come rifugi, forse solo nei periodi di caccia. Le cavità erano circondate da una foresta mediterranea, con fiumi, stagni ed offrivano quindi una discreta cacciagione.Habitat vari come evidenziarono i reperti fossili di pesci, uccelli, rettili, mammiferi grandi e piccoli.………………………………
A circa 300 m a Sud-Est dalla Sima dell’Elefante, si trova l’ingresso della “Cueva Maior”, una grande sala denominata “El Portalon”.
Nella Cueva Mayor l’archeologo Jesus Carballo nel 1910 trovò un affresco, dipinto in rosso, cheraffigurava il profilo sinistro della testa di un cavallo. Definì questo affresco come appartenente alperiodo Paleolitico. Questo ritrovamento portò l’archeologo José Maria Apellàniz, nel 1973 – 1983,ad effettuare una serie di scavi nel “Portalon”. Scavi fortunati perché riportarono alla luce unimportante sito dell’età del Bronzo.La galleria fu nominata “Galeria del Silex” (Galleria di selce) (detta anche "Galleria Flint") epresentava delle manifestazionigrafiche eccezionali oltre all’insieme archeologico. Fu possibile, grazie a questi ritrovamenti,ricostruire alcune pratiche di sepoltura e i comportamenti rituali di questa comunità dell’età delBronzo che viveva in questo territorio.
Foto di Ortega (2008)
Questo rinvenimento esula dalla ricerca del Paleolitico ma desidera integrare il grande aspettoarcheologico della Sierra de Atapuerca che merita di essere citato.Alcune figure furono disegnate a carboncino, una rara forma di arte rupestre post-paleolitica.Queste incisioni nella galleria del Silex furono anche datate e i risultati furono eccezionali: 3.530+/-110 anni a.C e 3.670 +/- 40 anni a.C.Furono quindi considerate come una delle prime manifestazioni d’arte rupestre post-paleoliticanell’Europa occidentale.La galleria è costituita da un lungo corridoio sinuoso lungo ben 920 metri che appartiene al livellosuperiore del complesso carsico Cueva Mayor-Cueva del Silo, che fu scoperto dagli speleologi nel1972. L'ingresso attuale sostituisce quello originale che fu sigillato in un momento successivo all'etàdel Bronzo.Grazie a ciò, la documentazione archeologica e paleoantropologica delle ultime attività umanesvolte nella galleria, furono trovate in situ sulla superficie e mostrano, ancora oggi, un eccellentestato di conservazione. La Galleria fu chiusa immediatamente dopo la scoperta dell'arte perpreservarla e per evitare la manipolazione dei materiali trovati sul pavimento, evitando cosìqualsiasi alterazione o contaminazione in questa eccezionale camera carsica.Le ricerche archeologiche svolte negli anni ’70 – ’80 portarono al rinvenimento dei seguenti reperti:- litici: 10 pietre martello, un minimo di 80 noduli di selce estratti da una cava di selce situata alla fine della galleria, 7 lame, 6 schegge, 3 punte fogliate - 2 delle quali con gambo centrale, 1 elemento di falce e 1 segmento circolare,- ossei lavorati: 6 oggetti, principalmente elementi appuntiti;- faunistici domestici: resti di 11 individui di Ovis aries e Capra hircus , 3 Sus scrofa , 1 Bos taurus , Sus domesticus e Canis familliaris ; e insieme di fauna selvatica: 5 Lepus capensis , 4 Oryctolagus conniculus e 1 Cervus elaphus , Sus scrofa , Ursus arctos , Vulpes vulpes e Felis silvestris;- resti scheletrici umani: almeno 25 individui (8 adulti, 5 giovani e 12 neonati);- 9 circoli di pietre;- 3 fosse di stoccaggio o silos;- una grande struttura costruita con frammenti di argilla e speleotemi per l'accumulo di acqua, associata a un'area di filtrazione e gocciolamento;
- un grande insieme di ceramiche che mostravano forme e decorazioni che riflettevano un'occupazione interrotta della galleria che andava dal Neolitico alla tarda età del Bronzo.
Disegno antropomorfo a forma di croce.
Motivo a griglia dipinto di nero (G.E.E
Panel XXII-XXIV of the Galería del Sílex (G.E.E.).
La falange prossimale di OH 86 ripresa da diverse angolazioni.
La mandibola rinvenuta nella Sima de Elefante non si riuscì a delineare la sua appartenza.
Non fu attribuita all’Homo antecessor, infatti presentava alcuni tratti in comune con i primi esponenti del genere Homo in Africa e con l’Homo georgicus di Dmanissi.
L’Homo georgicus sarebbe il nome attribuito ad una specie di Homo che fu rinvenuto a Dmansi in Georgia nel 1999 – 2001. Furono rinvenuti un cranio, una mandibola ed uno scheletro parziale.
I fossili furono datati a circa 1,8 milioni di anni fa (Ma) e la comunità scientifica li attribuì ad una nuova specie di ominide, intermedia tra l’Homo abilis e l’Homo erectus e forse imparentato con l’Homo ergaster.
Il cranio aveva una capacità di 600 – 680 cc (circa la metà dell’ Homo sapiens) e l’altezza dell’ominide di circa 1,54 m. Fu classificato come il più piccolo e primitivo fra gli ominidi trovati fuori dall’Africa.
Il dimorfismo sessuale nell’Homo georgicus era piuttosto accentuato rilevando tratti primitivi che erano meno accentuati nelle altre specie europee evolute come l’Homo antecessor, l’Homo heidelbergensis e Homo neanderthal, con i maschi molto più grandi delle femmine.
Lo scheletro postcraniale evidenziò come l’ominide camminava eretto ma la morfologia delle braccia indicava come fossero capaci anche di arrampicarsi sugli alberi.
Vicino alle sue ossa furono rinvenute dei reperti in pietra che venivano adoperati dall’ominide per cacciare, uccidere gli animali e scuoiarli.
Fu avanzata anche l’ipotesi di come l’Homo georgicus fosse il primo ominide a stabilirsi in Europa circa 900.000 anni fa e cioé prima dell’Homo erectus (una ipotesi tutta ancora da dimostrare).
Cranio completo di un grande mustelide (cfr Pannonictis sp.)
proveniente dall'unità TE9 (Pleistocene inferiore).
(un Mustelide come la martora?)
dai livelli più bassi del sito di Sima del Elefante (Atapuerca)
………………………………
Foto di Ortega (2008)
In merito all’aspetto iconografico della galleria, costituito da pitture nere e rosse, sonopresenti ben 53 pannelli diversi.Le raffigurazioni sono costituite da forme lineari e geometriche di varia forma:reticoli semplici ed altri con appendici laterali;- griglie;- segni semplici;- punti che formano delle file; - segni a forma di albero;- segni a forma di pettine e a forma di tetto; - segni a zig zag e ondulati.
Cosa rappresentavano questi disegni? Probabilmente delle forme astratte estetiche,antropomorfe o anche rappresentazioni schematiche umane o di animali.Un aspetto che destò molta curiosità negli archeologi fu la strana distribuzione dei repertilitici e faunistici negli ambienti .Infatti lo studio delle ceramiche rilevò anche una dispersione spaziale. I frammenti deisingoli vasi furono trovati in diversi punti della grotta.La rottura dei vasi e la loro dispersione era voluta dalla comunità.La stessa distribuzione dei resti umani in piccoli gruppi sarebbe legata ad una deposizionesecondaria. La prova di tale deposizione sarebbe legata alla presenza di scheletri incompleti.Uno dei crani mostrava delle raschiature legate alla sua manipolazione prima delladeposizione finale all’interno della galleria.Queste pratiche sarebbero legate al mondo funerario (natura collettiva delle sepolture eelementi rituali legati alle ceramiche e all’arte) e il luogo di culto era proprio la galleria,forse un santuario.La domanda sarebbe quindi:la Galleria del Silex un luogo di culto (Santuario) o semplicemente una necropoli?
La mappa della Galleria del Silex
(detta anche Galleria Flint)
Evidenzia le posizioni della Prima Sala – Settori AD –
Sima – Sima B –
I punti neri, dei settori A e B, evidenziano i luoghi dove furono rinvenuti dei resti umani.
Da notare il grande spazio tra i resti umani nei settori A e B e
quelli rinvenuti nella Sima A e nella Sima B.
Disegno: Apellàniz e Domingo (1987).
(detta anche Galleria Flint)
Evidenzia le posizioni della Prima Sala – Settori AD –
Sima – Sima B –
I punti neri, dei settori A e B, evidenziano i luoghi dove furono rinvenuti dei resti umani.
Da notare il grande spazio tra i resti umani nei settori A e B e
quelli rinvenuti nella Sima A e nella Sima B.
Disegno: Apellàniz e Domingo (1987).
La Serra de Atapuerca era il centro di una regione e la Galleria Flint era la sua cattedrale
Nel novembre 1972, i membri del Gruppo Speleologico Edelweiss fecero una scopertaincredibile. A Est del Portal da Caverna Maior, nel livello superiore del Carso della Serrade Atapuerca, noto da secoli come sito archeologico, è stato osservato che tra alcune crepescorreva una corrente, segno che poteva esserci una cavità sottostante. Dopo alcuni giorni,il25 novembre, riuscirono a rimuovere le pietre che coprivano l’entrata, e trovarono “pienodi oggetti, come frammenti di ceramica e resti umani, lungo una galleria che in linea rettaha 900 metri di lunghezza, e che raggiunge i 1.200 metri di sviluppo contando il suo pianoinferiore. L’isolamento favorì la conservazione dei resti archeologici e umani in situ , in uno stato diconservazione eccezionale. L’Amministrazione della Provincia di Burgos, con le relazionifavorevoli di Basilio Osaba, direttore del Museo di Burgos, e Martín Almagro, commissariogenerale degli Scavi Archeologici, effettuò la datazione immediata della cavità,promuovendone la conservazione.Le ricerche condotte dal professor José María Apellániz, dell’Università di Deusto, neglianni ‘70 e ‘80, con la collaborazione dei membri dei Gruppi Speleologici Edelweiss, inparticolare José Luís Uribarri e Salvador Domingo, rilevarono che si trattava di un luogodestinato a essere un santuario, con manifestazioni artistiche, funerarie e simboliche, dalNeolitico all’Età del Bronzo. Furono rinvenute anche incisioni e dipinti: 400 motividistribuiti in 53 pannelli con temi geometrici e raffigurazioni umane e animali. Tra i materiali archeologici spicca il corredo ceramico, con resti di 293 vasi e recipienti, diampia varietà tipologica, datati anch’essi dal Neolitico al Bronzo recente, relativi al mondofunerario e ai suoi rituali. In questo senso, la ricercatrice affermò l’utilizzo di tutta laGalleria, “dalla cavità più nascosta agli spazi più ampi”. Aggiunse come furono identificati i resti di 29 individui e l’effettuazione di una esplorazionepreistorica. La Galleria fu esplorata, come se ci trovassimo in una cava, e furono trovati reperti di selcedalla qualità eccezionale. In alcune zone fu necessario ampliare alcuni spazi per accedere ainoduli di selce che si trovavano in luoghi più remoti. L’importante ricercatrice affermò come la galleria del Silex fosse una Cattedralepresitorica. Abbiamo fatto un paragone che rappresentava una scoperta…… un dolmen è unmonumento sepolcrale utilizzato diacronicamente, cioè utilizzato nel tempo. La GalleriaFlint rappresenta la stessa cosa, ma non è un momento artificiale, non è stata costruitadall’uomo, ed è l’uso di uno spazio dal carattere religioso o sepolcrale per un usodiacronico,dal Neolitico alla fine dell’età del bronzo.Pertanto, la Serra de Atapuerca “rappresenta il centro di una regione, il centro nevralgicodi tutto il territorio e la Galleria Flint, la sua cattedrale”. “Allo stesso modo in cui abbiamoora la Cattedrale di Burgos, perché all’epoca in cui fu costruita la città era moltoimportante e ha questo riflesso nelle sue manifestazioni artistiche, il santuario della Galeriado Sílex rappresenta la cattedrale del momento…..Attualmente la ricerca nella Galleria Flint si concentra sulla scoperta del clima durante idue speleotemi, in particolare in queste fasi del Neolitico e dell’Età del Bronzo, i periodi incui la Galleria Flint è stata maggiormente utilizzata. D’altro canto, questi speleotemi sonocaratterizzati dal fatto che “la loro crescita non è sempre stata pari ai cambiamenti delclima e dell’occupazione umana”. Le particelle di carbonio dei falò, con le quali sono statieseguiti rituali lungo la Galleria, sono state catturate nelle speleotemi. Studiandoli si puòcapire il momento di maggiore occupazione della Galleria. Stiamo anche conducendo unostudio sulla distribuzione spaziale per verificare se le attività umane siano maggiormenteconcentrate in un’area della galleria o in un’altra.
Vaso a forma di idolo.
Galleria Silex nella Grotta principale.
Galleria Silex nella Grotta principale.

Nella Grotta del Silex furono recuperati i resti di cinque individui nella Sima A e nella SimaB.In particolare, due resti furono individuati sul fondo della Sima A mentre gli altri tre restifurono trovati vicino ad una sporgenza all’inizio della Sima B.Il recupero di ceramica, trovata nel settore D e datata al periodo Neolitico antico, fecerodatare i resti umani allo stesso periodo.
Pianta (sopra) e profilo (sotto) del Settore D dove si trovano Sima A e Sima B
che mostrano la posizione dei resti umani recuperati.
1: Individuo 1 (I-1); 2: Individuo 2 (I-2); 3: Individuo 3 (I-3); 4: Individuo 4 (I-4); 5: Individuo 5 (I-5).
Notare la posizione dei resti degli individui I-1, I-2 e I-3 in Sima B su un piccolo promontorio.
che mostrano la posizione dei resti umani recuperati.
1: Individuo 1 (I-1); 2: Individuo 2 (I-2); 3: Individuo 3 (I-3); 4: Individuo 4 (I-4);
Notare la posizione dei resti degli individui I-1, I-2 e I-3 in Sima B su un piccolo promontorio.
I resti umani nella Sima B furono recuperati nel 1983 e furono trovati vicino ad unasporgenza nella parte superiore del pozzo. Secondo la tesi del prof. Galera laposizione dei corpi fu deliberata.I resti appartenevano a tre individui diversi:- una donna adulta (1);- un uomo adulto (2);- giovane individuo (3). (1) I resti del corpo della donna era costituiti da frammenti cranici e numerose ossa della mano e del piede. I denti mascellari destri mostravano del tartaro e una certa perdita del supporto alveolare. Il calcagno presentava delle osteofiti alla base (dove sono inseriti i flessori delle dita e l’adduttore del pollice), mostrando l’esistenza di una infiammazione del tendine di Achille. Una lesione molto frequente nelle persone che percorrono grandi distanze su superfici molto irregolari. Presentava delle lesioni traumatiche nel femore destro e nella rotula sinistra che non erano guarite. Interessante il reperto del frammento iliaco che mostra come la cresta iliaca non fosse completamente fusa al resto dell’osso pelvico.
Frammento iliaco (CMS-1001.40) attribuito all'individuo 1.
Da notare la cresta iliaca completamente fusa.
Frammento iliaco (CMS-1001.40) attribuito all'individuo 1.
Da notare la cresta iliaca completamente fusa.
(2) L’individuo adulto presentava pochi frammenti ossei tra cui una parte dellamandibola destra, un piccolo frammento di un corpo mandibolare sinistro e diversiframmenti di entrambi i rami mandibolari. I denti della mandibola presentanomolteplici cavità cervicali, calcoli dentali e significativo riassorbimento alveolare.(3) I resti umani costituiti da un morale sinistro, dall’estremità distale di una diafisiomerale sinistra e l’epifisi distale di un omero destro, per le loro dimensionisuggerirono l’appartenenza di questi resti ad un giovane.I resti umani nella Sima A furono recuperati nel 1979. Uno scheletro (4) inconnessione anatomica apparteneva ad un uomo adulto ed era privo di baino ed artiinferiori mentre il secondo (5) non presentava una connessione anatomia e furinvenuto vicino all’orlo del baratro. Forse appartenevano ad un maschio giovane. (4) Presentava un cranio completo così come parte dello scheletro postcranico adeccezione del bacino e degli arti inferiori. Importante fu il rinvenimento di questocorpo in connessione anatomica e rivolto verso il basso. I denti mostravanoabbandonati calcoli dentali e altre malformazioni.(5) i resti di questo individuo si trovavano accanto ad una delle pareti della fossa eda una certa distanza dallo scheletro (4). Il cranio era completo, numerose ossa delloscheletro post cranico e diverse ossa della mano e del piede. Le epifisi delle ossalunghe, metacarpi, metatarsi e falangi non erano ancora fuse con le corrispondentidiafisi. I denti superiori e quelli inferiori mostravano del tartaro. Dall’esame dei restisi concluse che doveva essere un giovane tra 12 – 15 anni.La datazione al radiocarbonio, effettuata in laboratori diversi e i resti dell’individuo(3) non furono esaminati a causa dei piccoli frammenti rinvenuti, evidenziò i seguentirisultati:- la donna (1), l’individuo adulto (2) e l’individuo (5) risalivano al Neolitico antico;- l’individuo (4) era invece più tardo di oltre tre millenni e risaliva all’inizio dell’etàdel Bronzo.
Gli affreschi del Portalòn all’ingresso della Cueva mostravano una continuità divita con quelli della galleria del Sifex.Il Portalòn era un luogo abitativo e la galleria del Sifex dimostrerebbe un altro gradodi organizzazione e gestione dello spazio carsico da parte della comunità nell’età delBronzo. Uno spazio abitativo che era presente anche sul pendio esterno della CuevaMaior.
Nel 1976 un giovane ricercatore stava cercando per la sua tesi dei resti fossili di orso.Fu informato dal Gruppo Speleologico Edelwis, del Consiglio provinciale di Burgos,che in una piccola grotta ubicata ai piedi di un abisso, dislivello di circa 13 metri e acirca 700 m dal Portalòn, c’era un sito chiamato “Sima de Los Huesos”. In questo sito erano presenti molti resti ossei di orsi.Malgrado le difficoltà nel raggiungere il sito, il giovane avviò una campagna di scavinaturalmente con l’aiuto di quattro esperti speleologi.I risultati furono eccezionali. I ricercatori trovarono centinaia di frammenti di orsi.
Sima de lo Huesos
Mandibola (AT-1)
La prima mandibola recuperata nella Sima de lo Huesos.
Mandibola (AT-1)
La prima mandibola recuperata nella Sima de lo Huesos.
L’importante reperto fu consegnato al prof. Emiliano Aguirre, profondo conoscitoredell’evoluzione umana.Naturalmente tutti si resero contro della grande importanza del rilevamento. Lostudio della mandibola dimostrò come la morfologia del reperto fosse ancora piùprimitiva di quella dell’Homo di Neanderthal.La tesi fu chiara: l’orso di Deningeri si era estinto alla fine del Pleistocene medio e lamandibola doveva essere datata nello stesso periodo. I rinvenimenti continuarono …
Furono trovati altri frammenti umani di varie parti anatomiche dell’Homo:mandibole, crani, tibie, omero e molti denti. In totale ci si trovò dinnanzi a ben 20reperti recuperati.Questi risultati fecero da traino per una campagna di scavo sistematica per la ricercadi altri reperti.Naturalmente c’erano delle difficolta topografiche da superare legate ai luoghi daindagare. Gli scavi dovevano essere eseguiti sul fondo di un profondo abisso alla finedi una galleria, vicino all’ingresso e con stretti passaggi non facili da valicare.Un altro aspetto preoccupante era legato all’atmosfera del sito che era moltorarefatta per l’elevato contenuto di anidride carbonica. Stranamente il sito mostravasegni di frequentazione. Gente che, a rischio della propria vita, si era avventurata inquel sito alla spregiudicata ricerca di denti di orsi per esporli come…. trofei.Fu necessario rimuovere una grande quantità di detriti, sedimenti e blocchi di calcare.Infatti i livelli superiori del sito erano stati più volte rimescolati e fu necessarioquindi asportarli prima di raggiungere i livelli originari, cioè quelli che non eranostati manomessi.I ricercatori si trovarono dinnanzi a grandi difficolta per l’esecuzione degli scavi equindi furono costretti a fermare le operazioni per ricevere adeguate risorse materialied umane. Una condizione essenziale per intraprendere gli scavi in modosistematico.Solo nel 1983 furono effettuati dei saggi di scavo per verificare la presenza di repertifossili negli stati indisturbati.I saggi diedero dei risultati positivi perché furono trovati una falange e tre dentiumani. Questi fortunati rinvenimenti, affermarono ancora una volta l’importanzaarcheologica del sito.Iniziarono quindi gli scavi sistematici.
Nel 1984 inizio l’affascinante viaggio di ricerca.. una ricerca ricca di difficoltà chesolo l’amore per la conoscenza permise di superare.Furono installate tutte le attrezzature necessarie compresa l’illuminazione elettrica.Fu rimosso il materiale superficiale che ricopriva il suolo originario. Il materialeveniva caricato su zaini e trasportato, non senza difficoltà, al Portalòn. Dal Portalònil materiale veniva portato nel vicino fiume Arlanzòn dove veniva lavato e setacciatoper la ricerca di frammenti ossei umani. La campagna di scavo fu molto lunga…. bensette anni (dal 1984 al 1990)… furono estratti dal sito una enorme quantità disedimenti, circa 12 tonnellate, e blocchi calcarei.. ma furono rinvenuti 228 fossiliumani. Questi 228 fossili si dovrebbero sommare a quelli rinvenuti nel 1976, 161fossili, per un totale di 389 fossili umani.Un numero eccezionale di reperti… forse il sito in Europa con il maggior numero direperti. Rinvenimenti costituiti da piccoli frammenti ma c’erano degli elementiinteressati costituiti da falangi e denti.
Il numero di denti permise di dare una prima parziale visione della comunità deltempo che doveva essere costituita da almeno 20 individui.Un discorso a parte meritava il rinvenimento delle falangi.Le falangi dei piedi e delle mani erano dei reperti molto fragili e fu strano il lororinvenimento.Nella Sima de lo Huesos furono recuperate ben 60 falangi e il loro recupero proposedelle ipotesi affascinanti.Gli scheletri dovevano essere completi. I ricercatori si proposero quindi unadomanda:come mai si erano conservate delle ossa così fragili mentre ossa piùresistenti, anche per la loro grossezza, erano andati perduti?Colpa degli scavi clandestini?Decisero quindi di indagare anche in quelle parti del sito i cui strati si presentavanointatti, non manipolati.Naturalmente queste informazioni provengono dalla letteratura esistente sugli scavi.Negli scavi del 1984 una piccola area, posta in un angolo della Sima de lo Huesos,era stata ripulita dai sedimenti sconvolti e fu denominata “Area A”.
Questo settore fu indagato in modo sistematico e un livello restituì quattro fossili tracui un importante frammento di mandibola.Questi rinvenimenti fecero nascere nei ricercatori la speranza che gran parte del sitooriginale fosse ancora intatto.Quest’area fu scavata nel 1985 e negli anni 1989 e 1990, con il rinvenimento di 100fossili umani.Nel 1990 gli archeologi erano convinti di come l’Area A fosse ormai priva di repertifossili e che nel resto della Sima de lo Huesos non si trovassero quindi più reperti.Nella ricerca archeologica bisogna perseverare e non abbandonare mai gli obbiettividella ricerca.Erano gli ultimi giorni della campagna di scavo, erano stati rimossi gli ultimi resti disedimenti manomessi e si era bonificato il sito.In questa operazione di bonifica furono trovate sei fossili umani ma non erano“semplici” frammenti.Erano sei fossili umani più completi di qualsiasi altro reperto recuperato fino a quelmomento. Reperti recuperati in un altro angolo della Sima de lo Huesos che fudenominata Area B.Cosa significava questa nuova scoperta?Il giacimento di fossili umani era molto più ampio e non si limitata alla sola Area A.
Diagramma della pianta (disegno principale) e sezione (nell'inserto) del sito di Sima de los Huesos.Le aree scavate sono mostrate in colori diversi.
Molti dei piccoli frammenti, circa un centinaio, appartenevano al cranio. I ricercatori cercarono di ricostruire i crani in modo da renderli, in parte, completi.Un lavoro complicato e molto meticoloso per diversi motivi:- i frammenti molti piccoli e numerosi;- erano presenti i resti di almeno 20 crani.
Ana Gracia durante il processo di ricostruzione dei crani della Sima de los Huesos a partire da centinaia di piccoli frammenti.
Alla fine furono assemblati tre crani che furono denominati “cranio 1 – 2 – 3”.Un pezzo ricostruito diede una visione sorprendente. Si trattava di una parte delloscheletro facciale, la regione dello zigomo sinistro, formato da circa 20 frammentiche furono separati nel momento dello scavo.Fu dato un nome all’uomo identificato attraverso la ricostruzione di questo reperto:Lazzaro.
Parte delle ossa mascellari e mascellari sinistre etichettate AT-404
Questo frammento di zigomo fu ricostruito da più di 20 piccoli frammenti recuperati indipendentemente tra centinaia di piccoli frammenti ossei recuperati nello scavo.
Fu soprannominato dai ricercatori Lazzaro.
Questo frammento di zigomo fu ricostruito da più di 20 piccoli frammenti recuperati indipendentemente tra centinaia di piccoli frammenti ossei recuperati nello scavo.
Fu soprannominato dai ricercatori Lazzaro.
L’età di questi reperti?Furono trovati in sedimenti alterati e per questo motivo non fu possibile determinarela stratigrafia originale del sito che avrebbe aiutato nella determinazione cronologicadei reperti.Fu eseguita una comparazione sulla morfologia dei reperti con quella di altri fossiliprovenienti dai diversi siti della zona (la Gran Dolina o la Sima del Elefante).Fu quindi stabilità un’età minima dei fossili di 250.000 anni fa e un’età massimanon superiore a 450.000 anni.Nel 1991 nuova campagna di scavi con nuovi ricercatori.Fu condotto un nuovo scavo, di un quarto di metro quadro, al centro della Sima de loHuesos.Furono all’inizio trovati solo dei resti fossili di orso e alla fine una diafisi omerale.Gli scavi continuarono e furono trovati 112 nuovi fossili umani di dimensioni e distato di conservazione migliori e superiori a quelli rinvenuti nei livelli disturbati.Fu raggiunto il livello originale e fu scoperto un giacimento ricchissimo.
Fig.
1. Colonna stratigrafica di sintesi rappresentante le 12 Unità
Litostratigrafiche (LU) riconosciute nel sito. I fossili umani si trovano
nell'Unità LU-6 (Argille Rosse) la cui datazione è stata stabilita a 430.000
anni utilizzando diverse tecniche: Serie dell'Uranio, Termoluminescenza,
Paleomagnetismo, Risonanza di Spin Elettronico e biostratigrafia. Nella foto
potete vedere alcuni frammenti dell'osso frontale e parietale appartenenti al
cranio 17 durante il suo scavo nel 2009 (Foto di Javier Trueba/ Madrid
Scientific
Negli scavi del 1992 apparve dal sedimento il un bordo del toto sopraorbitario di un ossofrontale. I ricercatori pensarono di trovarsi in presenza di un frammento dell’ossofrontale. Man mano che delicatamente scavavano, l’osso diventava sempre piùgrande. Alla fine fu grande la meraviglia. Non si trattava di un frammento ma dicranio umano quasi completo.
Al cranio fu dato il nome scientifico “Cranio 4” ma appellato Agamennone.Una scoperta scientifica di grande importanza perché in Europa erano stati rinvenutisolo tre crani:- La calvaria di Swanscombe in Inghilterra;- il cranio di Petralona in Grecia;- il cranio di Steinheim in Germania. Lo
scavo del cranio si presentava sempre più difficile per liberarlo dai
sedimenti.Nel
procedere apparivano nuovi e completi fossili umani:-
una
mandibola;-
grandi
frammenti di ossa lunghe;-
resti
di coxale;-
denti;-
un
secondo cranio disarticolato e fratturato, ma con frammenti ancora attaccati.
Vista dell'Area B
della Sima de los Huesos durante gli scavi nella stagione
di scavo del 1992.
Il cranio 4 (a) e
il cranio 5 (b) circondati da decine di fossili umani. I
ricercatori provarono una grande felicità nei ritrovamenti.Il
nuovo cranio fu chiamato “Cranio 5” ed era più completo del “cranio 4”.Fu
soprannominato Miguelòn in onore del ciclista spagnolo Miguel Indurain
(soprannominatoanche Miguelón ), vincitore di cinque Tour de
France e due Giri d'Italia dal 1991 al 1995.Furono
recuperati anche la sua mascella e tutte le vertebre cervicali.Si
trattava forse del cranio meglio conservato al mondo. Vista laterale del
Cranio 5 con la sua mandibola e tutte le sue vertebre cervicali.
Fu soprannominato
dai ricercatori come Miguelón . Nello
studio di questi crani si attenzionò la loro capacità cranica, in una
popolazione del PleistoceneMedio.I
reperti europei mostravano una piccola capacità cranica, circa 1100 cc mentre
altri arrivano a 1300cc. Una grande differenza legata ad un dimorfismo
sessuale nella stessa popolazione oppure a unvalore filogenetico?Il
cranio di Miguelon aveva una capacità cranica di 1125 cc mentre quello di
Agamennone di 1390cc.Secondo
gli studiosi la diversa capacità cranica era legata al dimorfismo sessuale.Un
aspetto che dovrebbe fare riflettere fu legato alla superficie di scavo che
consentì il rinvenimentodi questi eccezionali reperti, appena un metro quadro.In
un’area così piccola furono rinvenuti ben 200 fossili umani.Un
altro primato per questo sito archeologico della Spagna: la più grande
accumulazione di fossiliumani mai scoperta dal Pleistocene medio europeo.Tra
i piccoli reperti c’erano i frammenti di un altro cranio che fu ricomposto in
laboratorio.Apparteneva
ad un individuo di circa 12 anni di età al momento della sua morte.Anche
a questo cranio fu dato una denominazione scientifica, “Cranio 6” e un nome,
Ruy (ungrande eroe di Burgos della Riconquista, Rodrigo Díaz de Vivar, meglio noto
come El CidCampeador come era popolarmente conosciuto da bambino).
Un
fossile importante per l’intervallo di tempo di circa tre milioni di anni, tra
il bacino di Lucy equello di un Homo Neanderthal.Il
rinvenimento del bacino di Elvis ebbe effetti straordinari sulla comunità
scientifica che cambiò lapropria opinione sull’evoluzione umana.L’idea
sull’evoluzione umana, accettata dalla comunità scientifica, era basata sulla
ricostruzione delbacino frammentario dello scheletro KNM-WT-15000.Prima
di procedere nella ricerca sarebbe importante identificare lo scheletro
KNM-WT-15000.Fu
ritrovato presso il Lago di Turkana in Kenya.
Kamoya Kimeu fu
uno dei più grandi ricercatori di fossili umani ed animali.
Nacque nel 1938
nella contea di Makueni, un’area rurale del Kenya meridionale.
Suo padre Kimeu
Mbalu, la madre era Philomena Mwelu, era un pastore di capre.
Kamoya frequentò
una scuola missionaria per sei anni e lasciò gli studi
quando fu
abbastanza grande per essere in grado di pascolare le capre.
La sua lingua era
il kikamba ma sapeva parlare anche in inglese e swahili.
Grazie alle sue
conoscenze linguistiche, iniziò a lavorare in paleoantropologia come
operaio di Louis
Leakey e Mary Douglas Leakey negli anni ’50.
Mary
Douglas Leakey
Nel 1963 Kamoya si
unì alle spedizioni archeologiche e paleoantropologhe guidate da Richard
Leakey, figlio di Mary e Louis .
Dedicò la propria vita alla ricerca
di fossili.
Quando fu contatto da Louis Leakey
per unirsi alla sua spedizione come lavoratore
sul campo a Olduvai nel 1960, Kamoya
Kimeu era timoroso
Louis gli spiegò il tipo di lavoro…
Scavare per trovare ossa… scavare
tombe.
Kimeu in un’intervista ricordò quel
momento..
Allora non sapevo delle ossa di
ominidi, che esistessero cose del genere.
Pensavo che saremmo andati per
scavare delle tombe di persone morte.
Nella sua tribù Kamba, toccare i
morti, come in molte altre tribù, era considerata
una grave violazione. Forse
all’inizio fu timoroso ma con il tempo diventò un
leggendario cacciatore di fossili.
Il rinvenimento più importante fu
quello dello scheletro del “Giovane di Turkana”.
Nel 1984 Richard Leakey e Alan
Walker stavano conducendo delle ricerche
nel lago Turkana. Kamoya stava
camminando lungo un pendio di rocce nere
accanto al fiume Nariokotome in
secca. Notò un pezzo di osso scuro.
Come l’abbia trovato non lo saprò
mai… disse Walker.
Kimeu telefonò via radio a Richard
per informarlo della sua scoperta,
forse un Homo erectus. Richard
giunse subito sul posto e confermò la classificazione
di Kimu…
il primo scheletro di Homo Erectus e
quello più completo da tempi di Lucy.
Ricevette tante onorificenze e mori,
per insufficienza renale, il 20 luglio 2022 a Nairobi.
Credeva che la sua età fosse di
circa 84 anni….
Kamoya Kimeu (a
destra), collaboratore di Richard Leakey (a sinistra) per due decenni,
mentre scoprano,
in un altro rinvenimento, le ossa facciali di un fossile di Homo erectus sotto
un albero spinoso sulla sponda occidentale del lago Turkana in Kenya.
Foto
di David L. Brill 1985, National Geographic Society, dall'archivio della Leakey
Foundation
Nome scientifico
dello scheletro: KNM-WT-15000
Soprannome:
Turkana Boy (Il Ragazzo di Turkana)
Luogo di
Rinvenimento: Nariokotome, Lago di Turkana Occidentale.
Data del
rinvenimento: 1984
Rinvenuto da
Kamoya Kimeu
Data dello
scheletro: 1,6 milioni di anni fa
Specie: Homo
Erectus
La
scoperta dello scheletro fu importante per la comunità scientifica perché fornì
informazioni sulledimensioni del corpo, la forma ed anche i tassi di crescita dell’Homo
Erectus. Lo scheletro non eracompleto
dato che mancavano soprattutto mani e piedi. L’analisi del bacino permise di
concludereche era un maschio.Presentava
i suoi secondi molari mentre non erano ancora fuoriusciti i terzi cioè i denti
del giudizio.Questo aspetto indicò subito che non era un adulto.I
suoi denti furono analizzati e la loro struttura macroscopica permise di
indentificare la sua età: 8 –9 anni. Era alto circa 1,60 m e pesava 48 kg
quando morì.La
sua capacità cranica era di 880 cc e nell’età adulta avrebbe raggiunto una
capacità massima dicirca 909 cc (l’uomo
moderno ha una capacità cranica di circa 1350 cc).Gli
esami permisero di stabilire come le sue vertebre erano malate. La malattia
aveva determinatouna leggera curvatura e probabilmente aveva dei movimenti lenti. Una malattia
(scoliosi) che potrebbe avere influito
sulla sua morte.Fu
anche avanzata l’ipotesi di una setticemia causata dall’infezione di un dente
morale o anche acausa di un incidente.Malgrado
la disabilità che ostacolava i suoi movimenti, il suo corpo mostrava delle
lunghe gambe edelle spalle strette. Un aspetto tipico degli individui che
vivono in ambienti caldi e secchi, quindicon una copertura pelifera del corpo anche
se ridotta.Fu
avanzata anche l’ipotesi di un aspetto simile all’uomo attuale, anche se il suo
cervello eraequiparabile a quello di un bambino di circa un anno.Il
suo aspetto presentava una leggera curvatura in avanti, l’arco sopraciliare
pronunciato e l’assenzadi mento. Aspetti che lo distinguevano dall’uomo
moderno.Nello
studio del cranio destò molta attenzione una concavità per un sufficiente
sviluppo dell’Area diBroca.
L'area
di Broca è la regione di corteccia cerebrale nota per avere un ruolo
chiave nella produzione e comprensione del linguaggio.
L’osservazione
dei fori delle vertebre toraciche, molti piccole rispetto a quelle dell’uomo
moderno,dimostrerebbero l’assenza
d’innervazione delle strutture e quindi
l’incapacità di esprimere unlinguaggio simile a quello dell’uomo moderno.Probabilmente
era in grado di articolare solo dei suoni.In
merito alla tassonomia e alla filogenia, fu prima classificato come Hono
Erectus masuccessivamente questa classificazione fu mutata in Homo Ergaster. Sulla
base della ricostruzione del bacino frammentario dello scheletro KNM-WT-15000,
alcuniautori proposero come l'Homo erectus / ergaster avesse
lo stesso modello di corpo con troncostretto dell'H . sapiens. Questa era
un'idea che sembrava molto accurata, data la latitudinetropicale in
cui l'H. erectus / ergaster ebbe origine e visse. Quindi,
il biotipo dal corpo snello,adattato a perdere calore facilmente, sarebbe il
modello primitivo all'interno del genere Homo,mentre i corpi larghi e gli arti
più corti dei Neanderthal sarebbero apparsi più tardi nell'evoluzioneumana,
come adattamento per trattenere il calore nei freddi ambienti europei. Fino
alla scopertadi Elvis , non c'erano dati sufficienti di un'altra
specie umana con cui testare queste idee. Ledimensioni
di Elvis erano molto più grandi di quelle dei maschi dell'H. sapiens,
specialmente nellaloro larghezza trasversale (da un lato all'altro della
vita). Questi dati implicavano che il corpodell'individuo a cui
apparteneva Elvis fosse considerevolmente più largo di quello dei
maschi umaniodierni. Pertanto, la popolazione della Sima de los Huesos
condivideva con i Neanderthal lapresenza di un corpo più largo di quello
dell'umanità odierna. Pertanto, i risultati degli studicondotti sui fossili
della Sima de los Huesos mostrarono che gli antenati dei Neanderthal avevanogià un corpo largo. Questa nuova visione implicava che, contrariamente a quanto
si pensava, ilmorfotipo primitivo nel genere Homo era il corpo
largo, che era presente in H. erectus/ergaster,nella popolazione della
Sima de los Huesos e in H. neanderthalensis. Il corpo stretto di H.sapiens sarebbe
una peculiarità sviluppata esclusivamente dalla nostra specie.
Fino
al 1997 furono recuperati nella Sima de los Huesos un gran numero di
reperti scheletricisoprattutto di arti. L’inventario era ricco di denti,
mascelle e crani ma relativamente povero nel restodelle ossa dello scheletro.
Dopo ben 13 campagne di scavo furono recuperati oltre 1000 repertifossili postcranici corrispondenti a tutte le regioni
dello scheletro, dalle ossa più fragili come lefalangi a quelle più resistenti
come gli omeri e i femori.L’inventario
dimostrava come tutte le ossa dello
scheletro erano rappresentate in modoproporzionale. Cosa significava questo
aspetto?La risposta fu
quella che gli scheletri che si
accumularono nella Sima erano integri, completi e nontrasportati da un altro
luogo. Tutte le regioni
dello scheletro umano sono rappresentate nella collezione di fossili umani
di Sima de los
Huesos.
A sinistra, le
ossa dello stesso piede.
A destra, uno
scheletro composto da fossili di individui diversi delle stesse dimensioni e
dello stesso
stadio di sviluppo. Lo
studio dei reperti fossili umani permise di visualizzare l’altezza e le
proporzioni corporee degliindividui.L’altezza
era simile a quella degli uomini moderni ma il tronco era molto più ampio e
quindiavevano un peso corporeo maggiore. Fu studiata anche la differente fisonomia
corporea tra uomini e donne. Erano misure differenti masimili a quelle
dell’uomo moderno.L’uomo
della Sima de los Huesos era alto circa 1,70 m con un peso di circa 90kg mentre
la donnaera alta circa 1,60m con un peso corporeo di circa 75 kg. Durante gli scavi del 1999 fu rinvenuto il
cranio di un orso della specie Ursu Deningeri. ( I ricercatori lo nominarono Isidro, il nome
dell’orso che appare nello stemma della città diMadrid).Un
dato stupefacente fu che durante le campagne di scavo furono rinvenuti i resti
di più di 200esemplari della specie. Come
mai tanti resti? I
ricercatori cercarono di dare delle risposte:-
Cadute
accidentali nel corso di secoli. La Sima de los Huesos era quindi una trappola
mortale per questi animali? Gli animali svernavano nell’adiacente Sala de los
Ciclopes;-
I
fossili degli orsi erano presenti sia vicino ai resti umani, mescolati tra
loro, sia nello strato superiore dove non erano presenti fossili umani;-
Alcune
ossa umane presentavano segni dei morsi degli orsi. Ossa umane che erano
presenti nello strato al momento della loro caduta.
Nel
1998 fu rinvenuto l’unico pezzo di industria litica che fu trovato nel sito.Era
un bifacciale scolpito in quarzite rossa. Assumeva il colore del cuore quando
veniva bagnato inacqua. Da dove proveniva il reperto?Era
un tipo di roccia non presente nella Sierra de Atuaperca e non erano noti
utensili scolpiti conquesto minerale.
Nei siti vicini alla Trincea della Ferrovia furono trovati centinaia di reperti
liticicontemporanei alla datazione della Sima de los Huesos (Livello 10 della
Grand Dolina). Gli studinon permisero di stabilire se il reperto fu utilizzato
dato che la sua superficie si mostrava alteratacancellando ogni traccia di un
suo possibile utilizzo.Probabilmente
il bifacciale era forse legato ad
un’offerta cultuale. Questo aspetto sarebbesorprendente perché sarebbe un atto simbolico di devozione, forse il più
antico conosciuto. Iricercatori chiamarono il reperto “Excalibur” ovvero come la magica spada di Re Artù. AsAscia
a mano scoperta nel 1998 nello stesso livello dei fossili umani della Sima de
los Huesos.
Il
XX secolo si concluse con un grande riconoscimento per la Spagna, per gli
studiosi, i ricercatori,gli archeologi spagnoli.La
Sierra de Atapuerca fu inserita, il 30 novembre 2000, tra i siti dell’UNESCOPatrimonio
dell’Umanità in considerazione del “suo eccezionale valore universale”.Le grotte della
Sierra de Atapuerca contengono una ricca documentazione fossile dei primi
esseriumani in Europa, da quasi un milione di anni fa fino all'era volgare.
Rappresentano una riservaeccezionale di dati, il cui studio scientifico
fornisce informazioni inestimabili sull'aspetto e lo stiledi vita di questi
remoti antenati umani.Un
grande riconoscimento per la Spagna sempre attenta nelle sue risorse storiche
ed ambientali.Questo
riconoscimento non fece fermare le indagini archeologiche nel sito ma diede
nuovi impulsiper continuare la decennale ricerca. C’erano ancora tanti fossili
da recuperare, da indagare e nuoveimportanti e stupefacenti scoperte si profilavano
all’orizzonte. Gli
scavi archeologici spesso pongono gli archeologi davanti a ritrovamenti che
suscitanosensazioni di pietà, di tristezza. L’archeologo nelle sue scoperte
riesce a rivivere in sé gli attimidi vita di coloro che sono scomparsi nel
silenzio da tanto e tanto tempo.L’archeologo
cerca il limite oltre il quale non c’è più nulla. Va indietro, indietro perché
nonpuò fare a meno di sapere della sua origine.Spesso
si abbandona alla fantasia che è una componente del mistero, ma cerca conl’intelligenza e con i sentimenti una narrazione. Va alla ricerca delle origini
dove il mistero èun soffio d’aria che colpisce, accarezza ma può fare anche
male.Negli
scavi dei primi anni del XX secolo si verificò un rinvenimento di grande
importanza chemise in risalto la conoscenza dell’evoluzione di uno degli
aspetti più importanti nella vita diogni individuo: la solidarietà con le
persone vulnerabili.Negli
scavi del 2001 fu rinvenuto un cranio completo. Era dal 1994 che non si
verificava un similerinvenimento. Era il “Cranio 14” e il suo recupero fu
molto difficile.Presentava
le ossa fratturate ma tenute ancora insieme dal sedimento. Era molto fragile,
unmovimento brusco l’avrebbe potuto rovinare. Si trovava addossato ad una
parte e questo rendeva ilsuo recupero ancora più difficile.
Frammenti
cranici del Cranio 14.
Una
volta ricomposto fu studiato. Era di una ragazza preadolescente ed aveva un
qualcosa di stranonella sua forma.Aveva
la fronte dritta anziché sfuggente. La fronte dritta era una caratteristica
dell’uomo moderno enon degli antichi individui della Sima de los Huesos. Nessuno
dei crani recuperati negli scavi aveva la fronte dritta.Il
cranio venne studiato con più attenzione e si notò che aveva:-
La
volta cranica gravemente deformata;-
La
base cranica gravemente deformata;-
Il
cranio non rispettava la simmetria bilaterale tipica di tutti i vertebrati. Il
cranio avrebbe rilevò una triste realtà che commosse gli archeologi.La
sfortunata ragazza aveva subito un trauma causato da un colpo o da una sua
cattiva posturamente era nel grembo materno. Il
quadro patologico della ragazza diventò chiaro.A
causa del colpo o della cattiva postura, una delle sue suture craniche, la
sutura lambdoideasinistra, si era fusa prima ancora che nascesse. Il cervello
continuò a crescere, ma il cranio nonriuscì a crescere in modo armonioso e si
deformò. La deformazione del cranio influenzògravemente anche il viso della
bambina e molto probabilmente causò alla bambina ritardi nellecapacità
psicomotorie. Ma nonostante il diverso aspetto che le avrebbe conferito il suo
visodeforme e le sue limitazioni fisiche e psicologiche, la bambina non solo
non fu respinta dalgruppo, ma ricevette anche le cure e l'affetto necessari
per sopravvivere fino all'età di 10 o 12anni, come altri bambini i cui resti
compaiono nella Sima de los Huesos.Questa
straordinaria storia, che costituisce la più antica prova certa di cure per
bambini condisabilità, spinse i ricercatori a
soprannominarla Benjamina , che, in ebraico ( Binyāmîn),significa “Lei della destra”, in riferimento alla figlia prediletta, la più
amata. Questo nome è unomaggio all’amore dei genitori per i loro figli
disabili. Dal 2001 gli scavi continuarono per altri 10 anni
sempre arricchiti dal rinvenimento di altriframmenti cranici. Frammenti
cranici in situ nella Sima de los Huesos.
Questi rinvenimenti permisero la ricostruzione di ben 20 crani di individui.Tra questi quattro erano completi:- Cranio 9, di un adolescente precoce;- Cranio 15, di un individuo anziano;- Cranio 16, di un adolescente tardivo;- Cranio 17, di un giovane adulto.
Crani scoperti
nella Sima de los Huesos fino al 2012.
Fila superiore, da
sinistra a destra:
Cranio 11, Cranio
15, Cranio 4, Cranio 14, Cranio 6, Cranio 9, Cranio 17 e Cranio 5.
Fila inferiore, da
sinistra a destra:
Cranio 1, Cranio
8, Cranio 2, Cranio 7, Cranio 10, Cranio 12, Cranio 13 e Cranio 3.I risultati delle ricerche permisero di datare il sito tra 430.000 e 300.000 anni fa (attraverso l’uso ditecniche radiometriche).Come mai i corpi di 29 individui si trovarono in quel luogo?La risposta non fu facile. Secondo alcuni ricercatori sarebbero state le acque o il fango a trascinarliin quel sito mentre per altri furono i leoni di cui si trovarono i fossili.Le ipotesi non convinsero gli studiosi perché si proposero altre motivazioni e cioè:- L’accumulo di cadaveri potrebbe aver avuto un'origine fortuita dovuta a una serie di incidentiche hanno coinvolto individui che vagavano nella grotta;- Furono altri esseri umani a trasportare deliberatamente i corpi in quel luogo.La seconda ipotesi fu studiata dai ricercatori ed era molto affasciante perché la Sima de los Huesossarebbe stato nella storia il primo luogo di accumulo intenzionale di cadaveri. Si continuò a scavate e venne rinvenuto il Cranio 17. Il cranio presentava un doppio trauma penetrante al
lato sinistro del suo frontale.Gli archeologi rimasero sorpresi perché i
perimetri di entrambe le lesioni avevano la stessa forma e lunghezza, il che
implicava che erano state prodotte dall'impatto dello stessooggetto e con una
forza simile. Questa doppia lesione traumatica non avrebbe potutoverificarsi
una volta che il corpo era nel sito, né durante la caduta del corpo nel baratro
poichénon era possibile colpire accidentalmente la testa due volte con lo
stesso oggetto e con la stessaforza. Quindi, le lesioni si sarebbero
verificate prima che il corpo cadesse nel baratro e, poichési trattava di due
lesioni mortali, era inevitabile concludere che l'individuo era morto primache
il suo corpo cadesse nel baratro. Questa interpretazione escludeva la
possibilità diincidenti casuali come origine dell'accumulo e confermava l'ipotesi
dell'accumulo intenzionaledi cadaveri.L’eccellente
stato di conservazione dei fossili e anche le favorevoli condizioni fisiche e
chimiche delluogo, spinsero i ricercatori a cercare se nei fossili fossero
presenti tracce di DNA.Fu
effettuato un test sui fossili di orso che erano presenti nello stesso livello
dei fossili umani.Questo
aspetto era importante perché garantiva la stessa età e le stesse condizioni di
conservazione.Si
riuscì a recuperare e a sequenziare dei frammenti rappresentativi di DNA
mitocondriale di alcuniesemplari di Orso Deningeri.Il
successo spinse i ricercatori ad effettuare dei test sui resti umani e nel 2014
fu possibilesequenziare il DNA mitocondriale.Il
confronto con gli altri fossili di Neanderthal e i Densova, di cui erano
conosciuti i genomi, diededei risultati eccezionali e sorprendenti.Dal
punto di vita anatomico i Neanderthal e i fossili di Sima de los Huesos,
mostravano una grandeaffinità filogenetica soprattutto nella morfologia della
mandibola e della dentatura.Una
grande somiglianza rispetto a quella esistente tra i Neanderthal e i Denisova.L’aspetto
del DNA mitocondriale dei fossili di Sima de los Huesos, mostrava invece una
grandesomiglianza con i Denisova piuttosto che con i Neanderthal.Come
mai questa difformità fra dati anatomici e dati genetici?Erano
quindi necessari altri accertamenti e si decise di ottenere delle sequenze di
DNA nucleare. Unanalisi tecnicamente più difficile rispetto alla ricerca del
DNA mitocondriale..Nel
2015 furono effettuate nuove analisi con DNA nucleare, ottenute da sequenze di
DNA nucleareda due fossili di Sima de los Huesos appartenenti a due individui
diversi.I
risultati furono capovolti. I risultati con il DNA nucleare coincidevano
con gli studi anatomici ecioè gli
individui di Sima de los Huesos avevano una maggiore affinità genetica con i
Neanderthalrispetto ai Desinoviani.
Un altro aspetto che i ricercatori
affrontarono era capire l’origine e l’evoluzione dellinguaggio.Lo
studio del linguaggio fu affrontato dalla paleoantropologia studiando
l’anatomia del basicranio edell’osso ioide per cercare di ricostruire le
capacità fonetiche delle specie umane primitiveattraverso i loro resti
fossili.La
comunità scientifica non era favorevole nel concedere a queste strutture
anatomiche l’importanzaper produrre suoni negli uomini del passato.C’era
un altro aspetto importante da affrontare nello studio.La
base del cranio era una parte anatomica molto fragile. La maggior parte dei
crani rinvenuti neerano privi e solo un osso ioide di un Neanderthal era noto
dalla comunità scientifica.Mancava
l’unicità di studio, cioè studiare la base del cranio e l’osso ioide nello
stesso individuo.La
Sima de los Huesos venne in aiuto nell’affrontare il dibattito scientifico.Il
cranio 5, quello denominato Miguelòn, presentava la base del cranio
perfettamente conservata edue ossa ioidee molto complete.Ancora
una volta la Sima de los Huesos aveva un primato mondiale: l’unici reperto al
mondo in cuila base del cranio e le ossa ioidee erano integre e appartenenti
allo stesso individuo.Malgrado
gli studi approfonditi, i ricercatori non riuscirono a raggiungere dei
risultati finali sullecapacità fonetiche delle specie umane fossili basandosi
sullo studio di queste regioni anatomiche.Decisero
quindi di cambiare procedimento cercando di capire le capacità fonetiche degli
individuiprimitivi studiando l’udito.Gli
uomini differiscono dai primati nell’anatomia della laringe. Una diversità che
ci consente dicomunicare, di parlare ma lo facciamo anche nell’anatomia e
nella fisiologia dell’orecchio.L’udito
dell’uomo è adattato ai suoni del linguaggio per la sua grande sensibilità.Le
orecchie degli scimpanzè sono invece sintonizzate su altri suoni. Suoni che
usano percomunicare nella foresta tra di loro.Quindi
nel modello uditivo di una specie fossile, si potrebbero trovare degli aspetti
importanti percapire l’efficienza e la complessità dei suoi sistemi di
comunicazione orale e determinare se fossepiù simile a quello degli scimpanzè
o a quello dell’uomo moderno.Ma
come affrontare lo studio di un modello uditivo di un individuo vissuto 450.000
anni fa?I
ricercatori avevano trovato tra i fossili almeno 30 ossa dell’orecchio medio ed
anche le ossatemporali, circa dodici, di diversi individui.Attualmente,
ci sono modelli biofisici che simulano con assoluta fedeltà il processo di
filtraggioacustico che avviene nel nostro orecchio esterno e medio. Questo
filtraggio acustico è responsabiledelle differenze uditive tra gli scimpanzé e
gli esseri umani moderni. Quindi, conoscendo il modellodi filtraggio acustico
delle persone di Sima de los Huesos, possiamo determinare se il loro udito erapiù simile a quello degli scimpanzé o a quello della nostra specie e, quindi,
determinare l'efficienzae la complessità del loro sistema. Per applicare il
modello biofisico che ricostruisce il filtraggioacustico, è necessario avere
valori di più di una dozzina di variabili anatomiche, sia degli ossicinidell'orecchio che delle cavità dell'orecchio esterno e medio.Per
procedere, le ossa temporali di nove esemplari della Sima de los Huesos furono
scansionatetomograficamente e furono costruiti modelli tridimensionali
misurabili al computer, da centinaia diimmagini tomografiche ad alta
risoluzione. Una volta ottenute le misurazioni e introdotte nelmodello, i
risultati indicarono che le capacità uditive e, quindi, comunicative degli
umani della Simade los Huesos erano più simili a quelle della nostra specie
che a quelle degli scimpanzé. Questorisultato indicava come quegli umani erano
in grado di utilizzare la maggior parte dei suoni vocalicie consonantici che
gli umani attuali utilizzano per la loro comunicazione orale.Per
la Spagna un grande primato: quattro decenni di scavi sistematici alla Sima de
los Huesos e lapiù grande collezione di reperti fossili umani del pianeta.Che
dire? La Spagna è la nazione di un altro pianeta, sempre attenta all’ambiente
ed alla suavalorizzazione.I
ricercatori, con grande amore e passione, fornirono notizie sull’evoluzione
umana. Ma la cosa piùeclatante, a dimostrazione del grande interesse che la
Spagna riserva al suo patrimonio storico, sarebbe il ritorno dei ricercatori sul luogo dato che più del 50% di fossili si trovavano
ancora nelsito e dovevano essere recuperati. Requisiti di protezione e gestioneLa zona archeologica di Atapuerca è stata
registrata come Bien de Interés Cultural (Bene diinteresse
culturale) nel 1991, la massima protezione legale a livello nazionale. Questa
area è postasotto la responsabilità della Junta de Castilla y León, tramite la
Direzione generale del patrimonioculturale. I comuni di Atapuerca e Ibeas de
Juarros hanno una funzione di supervisione delleproprietà private situate in
questa area.La Sierra di Atapuerca è stata registrata
anche come “Area Culturale” ( Espacio Cultural ) nel2010. Questa
protezione si basa sulla Legge del Patrimonio Culturale di Castilla y León e siapplica a quei beni che sono stati già dichiarati Bien de Interés
Cultural e che, per i loro specialivalori naturali e culturali,
richiedono un'attenzione preferenziale nella loro gestione e promozione.Nel 2002, la Junta de Castilla y León ha
approvato le Linee guida per l'uso e la gestione dellaproprietà che
includevano misure specifiche per la salvaguardia, la conservazione, la ricerca
e lapromozione dei siti. Sebbene esista un programma permanente di ricerca
archeo-paleontologica dal1978, qualsiasi intervento o progetto sulla
proprietà, inclusa l'indagine archeologica, richiede laprevia autorizzazione
amministrativa della Commissione per il patrimonio culturale di Castilla yLeón, secondo le attuali Leggi sul patrimonio culturale.Per la gestione adeguata
dell'Espacio Cultural , è stato elaborato un Piano con la
partecipazionedelle comunità locali, del team di ricerca archeo-paleontologica
e la valutazione di esperti. Il Pianodi Gestione è una tabella di marcia che
stabilisce tutti i principi e le caratteristiche che leamministrazioni
pubbliche, a livello nazionale, regionale e locale, devono tenere in
considerazioneper adattare le proprie politiche alla conservazione del Valore
Universale Eccezionale del bene, chedeve prevalere su altre considerazioni.In linea con la protezione come “Area
Culturale”, nel 2009 la Junta de Castilla y León ha ancheistituito il “Sistema
Atapuerca, Cultura dell'Evoluzione” e il Museo dell'Evoluzione Umana, comesistema integrato di gestione e cooperazione tra i centri relativi ai siti
archeologici. Il Museo èl'istituzione chiave del sistema in cui vengono conservati
e studiati i materiali e i risultati dellaricerca archeologica. È anche
pensato per essere la piattaforma per controllare le visite al sito. Perorganizzare queste visite, il governo regionale ha costruito due centri di
accoglienza per i visitatorinei comuni di Ibeas de Juarros e Atapuerca.
Alla luce di
quanto esposto si potrebbe affermare come il Neanderthal sia nato in Europa.In realtà sarebbe
il risultato di una lunghissima evoluzione cominciata milioni di anni fa in
Africa ein ambienti molto caldi. Proprio in Africa sarebbe quindi nato il
genere umano ed uno dei più antichireperti ha un’età di circa 4 milioni e
mezzo di anni. Fu rinvenuto in Etiopia e nominatoArdipithecus ramidus
Cranio di
Ardipithecus ramidus
Immagine: Fran
Dorey Data di rinvenimento
– Archeologi: 1992 – 1993: Tim White,
Berhane Asfaw e Gen Suwa Lo
scheletro apparteneva ad una donna che fu soprannominata “Ardi”. Il suo peso fu
stimato in 50kg ed era alta circa 120 cm.Età
del reperto: 4,4 – 4,2 milioni di anni fa.Etimologia:
Nella lingua locale Afar "Ardi" significa "terra" o
"pavimento" e "pithecus" è il grecolatinizzato per
"scimmia". Il nome "ramid" significa "radice" sempre nella lingua Afar.Nella
lingua Afar il termine “Ardi” suggeriva
come la donna vivesse a terra e quindi nonarboricolo.Uno
scheletro parziale trovato nel 1994, composto da circa 125 pezzi, descritto e
pubblicato nel2009. Era lo scheletro più antico conosciuto di un antenato
umano. Tutto
iniziò nel novembre 1994 quando furono dissotterrati due pezzi di osso del palmo di unamano di un ominide nella
polverosa regione del Medio Awash in Etiopia.
Gli scavi continuarono enel giro di poche settimane, furono trovati più
di 100 frammenti ossei. Un’attività di ricerca ericostruzione che durò ben 15
anni e che sarebbe culminata solo nel 2009 con la rivelazione di unoscheletro,
datato 4,4 milioni di anni fa,
considerato un probabile antenato umano e notocome Ardipithecus
ramidus (abbreviato Ar. ramidus ).Gli
studi furono pubblicati in un numero speciale di “Science” (2 ottobre /2009 –
11 articoli di 47autori di 10 paesi). I ricercatori rilevarono come Ardi, uno
scheletro costituito da 125 pezzi eclassificato come Ara-VP-6/500 era1,2 milioni di anni più vecchio
della celebre Lucy( Australopithecus
afarensis ) e di gran lunga il più antico mai trovato.Tim
White dell'Università della California, Berkeley, uno dei leader del team di
ricerca MiddleAwash affermò: Per comprendere la biologia, le
parti che vuoi davvero sono il cranio e i denti, il bacino, gli arti, lemani e
i piedi. E li abbiamo tutti.Le
ossa di Ardi erano sane.Parte
della comunità scientifica non accettò questa visione.I
miseri resti di Ardi erano stati calpestati e spinti nel fango da ippopotami ed
altri animali erbivori.Le
ossa erano malridotte ma si conservarono e l’erosione del fiume le riportò alla
luce. Erano incondizioni di grande fragilità e gli archeologi, consapevoli del
grave rischio di perdere quei preziosireperti, capirono come quelle ossa non
potevano essere recuperate in situ.Decisero
di rimuovere interi blocchi di pietra e terra contenenti i reperti con attorno
i sedimentipietrosi.Furono
portati in un laboratorio (Muso Nazionale dell’Etiopia) di Adis Abeba e, con un
ago guidatosotto un microscopio, le ossa vennero liberate, dopo un meticoloso lavoro
di diversi anni, dallamatrice pietrosa. Alla fine del lavoro risultarono 125
parti di uno scheletro, incluse ossa dei piedi equasi per completo le mani.Le
ossa furono quindi analizzate e ricostruite utilizzando la tomografia
microcomputerizzata o lescansioni TC.La
completezza dei resti di Ardi, così come gli oltre 150.000 fossili di piante e
animali raccolti daisedimenti circostanti dello stesso periodo, offrirono ai ricercatori
una quantità di informazioni senzaprecedenti su uno dei nostri primi
potenziali antenati. Lo scheletro consentì agli scienziati diconfrontare
direttamente l’Ardipithecus con il genere di Lucy, Australopithecus ,
il suo probabilediscendente.Forse
uno degli aspetti più importanti sarebbe legato al fatto che lo scheletro di
Ardi fornì degliindizi su come potrebbe essere stato l'ultimo antenato comune
condiviso da umani e scimpanzéprima che le loro linee divergessero circa 7
milioni di anni fa.Ardi
sarebbe quindi la discendente più antica e meglio documentata di quell'antenato
comune.Tim White…Ma nonostante sia così vicina
alla divisione… la cosa sorprendente è che assomiglia poco agliscimpanzé, i
nostri parenti primati viventi più prossimi.Le
ossa dell'elusivo antenato comune non sono state ancora trovate, ma gli
scienziati, lavorandosulle prove disponibili, in particolare sulle analisi dell'Australopiteco e
delle scimmie antropomorfeafricane moderne,
immaginano come il trisnonno assomigliasse molto a una scimmia checamminava sulle nocche e si dondolava sugli alberi.White..Ardi non è simile a uno
scimpanzé… il che significa che
probabilmente non lo era neanche l'ultimoantenato comune.L’antropologo
della Kent State University Claude Owen Lovejoy (membro del team Middle (medio)Awash)Questo scheletro capovolge la nostra
comprensione dell'evoluzione umanaÈ chiaro che gli
umani non sono semplicemente una leggera modifica degli scimpanzé, nonostantela loro somiglianza genomica.In
base all'anatomia di Ardi, sembra che gli scimpanzé possano essersi
evoluti più degli umani, nelsenso scientifico di essere cambiati di
più negli ultimi 7 milioni di anni circa. Ciò non significa cheArdi fosse più
simile a un umano che a uno scimpanzé. White la descrive come un
"interessantemosaico" con alcune caratteristiche unicamente umane:
il bipedismo, per esempio. Ardi era alta 47pollici (120 cm) e pesava circa 110
libbre (50 kg), il che la rendeva circa il doppio di Lucy. Lastruttura della
parte superiore del bacino, delle ossa delle gambe e dei piedi di Ardi indica
checamminava eretta sul terreno, pur mantenendo la capacità di arrampicarsi.
Il suo piede aveva unalluce opponibile per afferrare i rami degli alberi, ma
non aveva la flessibilità che le scimmie usanoper afferrare e scalare tronchi
e viticci ("I piedi dei gorilla e degli scimpanzé sono quasi comemani", dice Lovejoy), né aveva l'arco che
permetteva all'Australopithecus e all'Homo di camminaresenza barcollare da un lato all'altro. Ardi aveva una mano abile, più
manovrabile di quella di unoscimpanzé, che la rendeva più abile nell'afferrare
le cose da terra e nel trasportare oggetti mentrecamminava su due gambe. Le
ossa del polso, della mano e delle spalle mostrano che noncamminava sulle
nocche e non passava molto tempo appesa o dondolandosi come una scimmiasugli
alberi. Piuttosto, si muoveva lungo i rami usando un metodo primitivo di
camminare sullepalme tipico delle scimmie estinte.Il
paleoantropologo della Penn State Alan Walker…..Ardi è una bella
creatura darwiniana ……….Ha caratteristiche intermedie tra l'ultimo antenatocomune e gli australopitechi. Gli
scienziati studiarono non solo i fossili di Ardi, ma anche altri 110 resti che furono
rinvenuti nellericerche e che appartenevano ad almeno 35 individui di Ar.
ramidus. Combinando quelle ossa con lemigliaia di fossili di piante e animali
del sito, riuscirono ad avere una chiara visione dell'habitat incui Ardi
vagava circa 200.000 generazioni fa. Era un bosco erboso con macchie di foresta
più fitta esorgenti di acqua dolce. Le scimmie colobo cinguettavano tra gli
alberi, mentre babbuini, elefanti,antilopi dalle corna a spirale e iene
vagavano sul terreno. Toporagni, lepri, istrici e piccoli carnivorisi
muovevano furtivamente nel sottobosco. C'era un assortimento di pipistrelli e
almeno 29 specie diuccelli, tra cui pavoni, colombe, inseparabili, rondoni e
gufi. Sepolti nei sedimenti etiopi c'eranosemi di bagolaro, legno di palma
fossilizzato e tracce di polline di alberi di fico, dei cui frutti senzadubbio
si nutriva l'onnivoro Ar. ramidus . Questo
tableau demolì un aspetto di quella che era stata la saggezza evolutiva convenzionale.
Ipaleoantropologi un tempo pensavano che ciò che aveva spinto i nostri
antenati a camminare su duegambe fosse stato un cambiamento climatico che
aveva trasformato la foresta africana in savana. Inun simile ambiente, secondo
il ragionamento, i primati eretti avrebbero avuto un vantaggio rispettoa chi
camminava sulle nocche perché riuscivano a vedere oltre l'erba alta per trovare
cibo ed evitarei predatori. Il fatto che la specie di Lucy a volte vivesse in
un ambiente più boscoso iniziò a minarequesta teoria. Il fatto che Ardi
camminasse eretta in un ambiente simile, molte centinaia di migliaiadi anni
prima, rese chiaro che ci doveva essere un'altra ragione.
Nessuno
sapeva quale fosse questa ragione, ma una teoria sul comportamento sociale di Ardipotrebbe fornire un indizio. Lovejoy pensava che l’Ar. ramidus avesse
un sistema sociale che non siriscontrava in nessun altro primate, fatta
eccezione per gli umani. Tra i gorilla e gli scimpanzé, imaschi combattono
ferocemente tra loro per ottenere l'attenzione delle femmine. Ma tra gliArdipithecus , afferma Lovejoy, i maschi potrebbero aver abbandonato
tale competizione, optandoinvece per un legame di coppia con le femmine e
restare insieme per allevare la prole (anche se nonnecessariamente in modo monogamo
o per tutta la vita). La prova di questa esistenza armoniosaderiva, guarda
caso, dai denti dell'Ardipithecus : i suoi canini sono
relativamente tozzi rispetto allezanne superiori affilate e simili a pugnali
che gli scimpanzé e i gorilla maschi usano per combattere."Il canino
maschile", afferma Lovejoy, "non è più sporgente o affilato. Non è
più un'arma".
Ciò
suggerisce che le femmine si accoppiassero preferibilmente con maschi con zanne
più piccole.Affinché le femmine avessero così tanto potere, sostiene
Lovejoy, Ar. ramidus deve aver sviluppatoun sistema sociale
in cui i maschi erano cooperativi. I maschi probabilmente aiutavano le femmine
ela loro prole, cercando e condividendo il cibo, ad esempio, un cambiamento
nel comportamento chepotrebbe aiutare a spiegare perché è emersa la
bipedalità. Dopotutto, trasportare il cibo è difficilenei boschi, se non
riesci a liberare gli arti anteriori camminando eretto. Ci
sono degli aspetti anatomici che lasciano riflettere.Una
prima osservazione sarebbe legata all’alluce di Ardi che è grande ed è in
diagonale rispettoall’asse del piede con la particolarità che presenta un piccolo
osso con un tendine, con l’effetto chel’alluce è più rigido che nelle scimmie.
Tale osso non lo si trova negli scimpanzé nei gorilla e negliaustralopiteci. Un
altro aspetto sarebbe legato alle articolazioni dei polsi e delle dita di Ardi chesono notevolmente flessibili, mentre ciò non è per gli scimpanzé e i gorilla.I canini superiori e inferiori sono più pronunciati rispetto a quelli degli
Australopiteci, ma menopronunciati rispetti agli scimpanzé e ai gorilla.L’alluce serviva per afferrare i rami degli alberi e conferiva un
equilibrio quando Ardi usava ilbipedismo a terra. La flessibilità dei polsi e
delle dita dava la possibilità di procedere con i palmi,come un quadrumane, ma
non sulle nocche. Il bacino di Ardi nella sua parte superiore indica chepoteva
avere un andamento bipede, mentre la parte inferiore del bacino aveva la
struttura di unascimmia con l’inserzione di forti muscoli posteriori idonei
agli spostamenti sugli alberi.
LucyGli
scienziati, anche sul comportamento
sociale dell’ Ardipithecus, furono molto perplessi eaffermarono che sarebbero stati necessari altri rinvenimenti e discussioni. Il
problema principale sarebbe legato al fatto che alcune parti dello scheletro di
Ardi furono rinvenute in “mille pezzi” e
avrebbero richiesto un’ampia ricostituzione digitale.I
ricercatori di Ardi basarono le loro tesi non su un singolo osso del piede o su
un dente ma su ungran numero di reperti che costituivano lo scheletro della
giovane.In
merito il dott. White affermò comeQuando abbiamo
iniziato il nostro lavoro [nel Middle Awash] il registro fossile umano risaliva
acirca 3,7 milioni di anni fa….. Ora gli scienziati hanno una miniera di
informazioni da un'epocacirca 700.000 anni più vicina all'alba della
discendenza umana. Questo non è solo uno scheletro….Siamo stati in grado di
mettere insieme una fantastica istantanea ad alta risoluzione di un periodoche
era vuoto".Naturalmente
la ricerca continuò e non mancarono le pubblicazioni per esprimere delle
critiche alle teorie esposte dai ricercatori dell’Ardipithecus ramidus.L’Ardipithecus ramidus (Ardi) venne trovato nello stesso sito, la depressione di Afar, in cui furecuperata la famosa Lucy (Australopithecus afarensis) datata a 3,2 milioni di anni fa.Il dott. Tim White, come esposto, vide una linea evolutiva che partiva da Ardi e continuava conLucy fino all’uomo moderno. Alcuni
scienziati sollevarono dei dubbi su questa teoria secondo la quale Ardi fosse
un’antenatadell’uomo. I loro dubbi furono espressi anche nei confronti
dell’habitat di Ardi e cioè se viveva
neiboschi, come affermarono i ricercatori, oppure nella prateria.L’importanza
dell’ambiente era connesso alle
implicazioni per le teorie riguardo al tipo di ambienteche favorì la
prima evoluzione umana.Sempre
sulla rivista “Science” venne pubblicata una ricerca del dott. Esteban
Sarmiento,dell’Human Evolution Foundation in East Brunswick (New Jersey), che prese in esame lecaratteristiche anatomiche
e molecolari, concludendo come Ardi non faccia parte della lineaevolutiva che portò
agli esseri umani.Alcuni suoi resti
scheletrici, come il polso e la mascella, suggeriscono piuttosto che sia
antecedente alla separazione degli uomini dalle scimmie antropomorfe africane.Il
dott. Sarmiento sostenne come le caratteristichedell’Ardipithecus ramidus non siano esclusive
degli ominidi, e considerando pureche rispetto a
loro è di molto antecedente, allora l’Ardipiteco non è un ominide,non c’entra con la
nostra linea evolutiva.Ardi quindi è un antenato
degli scimpanzé, non dell’uomo Il
dott. White non accettò questa tesi e affermò comeLe prove dicono
chiaramente che l’Ardipithecus possedeva
caratteristiche proprie solo dei più tardiominidi… e dagli esseri umani”.In caso contrario,
se cioè fosse un antenato degli scimpanzé, certe caratteristiche quali denti,bacino e cranio si sarebbero dovuti evolvere “all’indietro”, ritornando a
tratti più primitivi simili aquelli delle scimmie antropomorfe. “Un’inversione
evolutiva molto improbabile”.Altri
due scienziati riferirono come fosse ancora troppo presto per poter affermare
quale sia stata lalinea evolutiva di Ardi.Will
Harcourt-Smith, ricercatore all’American Museum of Natural History e membro deldipartimento di antropologia al Lehman College di New YorkFino a quando non
c’è una descrizione più completa dello scheletro, bisogna essere cautinell’interpretare le analisi iniziali in un modo o in un altro.Il
dott. Harcourt-Smith fu però contrario alla tesi del dott. Sarmieno secondo la qualeArdi è
probabilmente troppo vecchio per appartenere alla linea evolutiva dell’uomo.Il
dott. Rick Potts, capo del programma sulle origini umane al Natural History
Museum dellaSmithsonian Institution (Washington, Stati Uniti), fece
notare comeArdi è conosciuto
principalmente per solo un sito. E che visse in un periodo di evoluzionivagamente conosciuto nel quale ci potrebbero essere stati “un sacco di
esperimenti”. “Penso chesia semplicemente troppo presto per dire esattamente
dove stia in relazione al punto di diramazionedegli esseri umani dalle altre
scimmie antropomorfe africane. La
seconda critica riguardava l’ambiente in cui visse Ardi.I
ricercatori che riportarono alla luce la giovane Ardi citarono il suo ambiente
come ricco di boschi equesto contraddiceva la teoria che vedeva i primi
antenati umani iniziare a camminare i
posizioneeretta perché abitavano pianure erbose e savane.Il
geochimico Thure Cerling dell’Università dell’Utah ed altri scienziati affermarono come 4,5milioni di anni fa l’ambiente, in
cui visse Ardi, era una savana con al massimo il 25% dell’areacoperta da
boschi.Il
dott. White replicò riconoscendo comel’ambiente
includesse praterie,ma
sostenendo cheArdi preferì
vivere nelle zone boschive.Per esempio, lo
scheletro mostra adattamenti per l’arrampicamento – e “[non si arrampicavacerto] sull’erba”, . E gli animali trovati insieme ai suoi resti sono
principalmente creature deiboschi, come alcune scimmie mangia-foglie.Il
dott. Potts condivise le teoria del dott. White riguardo all’ambiente ma chiarì, ancora un volta cheSi trattava solo
di un sito.Non è abbastanza
per trarre delle valide conclusioni sull’evoluzione umana. Nel mondo scientifico si fece sempre più vivo il dibattito
sulle origini dell’uomo e, in particolare,come l’Ardipithecus ramidus fosse
coinvolto nell’evoluzione umana.Il cranio di Ardi
si collega con l’evoluzione umanaCerto
Ardi era una figura insolita. Possedeva un piccolo cervello e un alluce adatto
a salire suglialberi, aveva dei denti canini simili a quelli dell’uomo e la
parte superiore del bacino adatta acamminare su terra come un bipede.La
comunità scientifica si pose due domande:-
Ardi,
vissuta 4,4 milioni di anni fa era una scimmia antropomorfa con alcune
caratteristiche umane rimaste da un antenato comune? Un antenato comune che
sarebbe l’anello mancante nella evoluzione e vissuto tra i 6 e i 8 milioni di
anni fa o forse 13 milioni di anni fa;-
Ardi
faceva parte della linea evolutiva umana che conserva ancora molti segni degli
antenati che salivano sugli alberi? Furono
necessari ben 15 anni per recuperare le fragili ossa di Ardi.Il
paleoantropologo William Kimbel, specializzato nell'evoluzione degli
ominidi del Pleistocene inAfrica, confermò la tesi del dott. White.Il
dott. Kimbel era a capo di un team che aveva ritrovato i primi teschi
conosciuti di diAustralopithecus nel sito di Hadar, casa di “Lucy”.Lo studio della
base del cranio di Ardi rivela similitudini con gli uomini moderni.
Il
dott. Kimbel..Data la dimensione
molto piccola del cranio di Ardi, la similitudine della sua base craniale conquella umana è sorprendente.Questa
parte del cranio è importante per la storia evolutiva data la sua complessità
anatomica el’associazione con cervello, postura e masticazione. Negli esseri
umani, le strutture che colleganola colonna vertebrale al cranio sono più avanzate
rispetto alle scimmie antropomorfe, dove la baseè più corta e le aperture su
ogni lato per il passaggio dei vasi sanguigni e dei nervi sono piùampiamente
separate. Queste differenze di forma modificano il modo in cui le ossa si
dispongonosulla base del cranio, dunque è piuttosto semplice distinguere anche
dei frammenti ossei.Un
lavoro precedente di Kimbel aveva dimostrato che queste peculiarità erano
presenti anche neicrani di Australopithecus 3.4 milioni di
anni fa. La nuova ricerca collega queste caratteristiche ancheagli uomini
moderni, ipotizzando una linea evolutiva Ardipithecus
– Australopithecus – Homo.La
ricerca del prof. Kimbel venne pubblicata nella rivista scientifica “PNAS” nel
2014 con il titoloArdipithecus
ramidus e l'evoluzione della base cranica umanaL'ominoide
africano del Pliocene inferiore Ardipithecus ramidus è stato
diagnosticato come aventeuna relazione filogenetica unica con il
clade Australopithecus + Homo basata su denti canini nonaffilati, una base cranica accorciata e caratteri postcranici correlati alla
bipedalità facoltativa.Tuttavia, i tratti pelvici e pedali che indicano una
sostanziale arborealità hanno sollevatoargomentazioni secondo cui questo taxon
potrebbe invece essere un esempio di evoluzione paralleladi tratti simili a
quelli umani tra le scimmie antropomorfe all'epoca della scissione
scimpanzéumano. Qui abbiamo studiato la morfologia basicraniale di Ar.
ramidus per ulteriori indizi sullasua posizione filogenetica con
riferimento alle scimmie antropomorfe africane, agli umanie all'Australopithecus . Oltre a un foro occipitale relativamente
anteriore, gli umani differisconodalle scimmie antropomorfe nello spostamento
laterale dei forami carotidei, nell'abbreviazionemediolaterale del timpanico
laterale e in un elemento basioccipitale trapezoidale accorciato. Questitratti
riflettono un relativo allargamento del basicranio centrale, una condizione
derivata associataa cambiamenti nella forma timpanica e all'estensione del suo
contatto con la rocca petrosa. Ar.
ramidus condivide con Australopithecus ciascuna di queste
modifiche simili a quelle umane.Abbiamo utilizzato la morfologia preservata di
ARA-VP 1/500 per stimare la lunghezza delbasicranio mancante, basandoci su
relazioni proporzionali coerenti in scimmie antropomorfe eumani. È stato
confermato che Ar. ramidus ha un basicranio relativamente corto, comein Australopithecus e Homo. La riorganizzazione della base
cranica centrale è tra i primi marcatorimorfologici del
clade Ardipithecus + Australopithecus + Homo .La
larghezza relativa del bicarotide, che esprime l'estensione mediolaterale del
basicranio centrale,separa, senza sovrapposizione di campioni, la base stretta
delle grandi scimmie dalla base ampiadegli esseri umani moderni. Nei campioni
di grandi scimmie la larghezza del bicarotide costituisce(in media) il 35-39%
della larghezza del basicranio esterno, mentre nel nostro campione di esseriumani moderni la larghezza del bicarotide costituisce circa il 49% della
larghezza del basicranioesterno. Il nostro campione di nove crani di
Australopithecus , con un valore medio del 43,6%, èintermedio,
sovrapponendo le estremità sia delle distribuzioni di scimmie che di esseri
umani ( itest t di Student sono significativi per tutti i confronti
tra scimmie e umani, Australopithecus e umanie Australopithecus e scimmie). All'interno del campione di
Australopithecus , le specie"robuste" Australopithecus
boisei e Australopithecus robustus tendono ad avere le distanzebicarotidee maggiori, come precedentemente riscontrato da Dean e Wood. La larghezza della base cranica esterna di
ARA-VP 1/500 (110 mm) si avvicina al valore medio peril nostro campione di
femmine di scimpanzé, tuttavia il suo valore di larghezza bicarotide relativa(45,7%) rientra nella parte superiore dell'intervallo
di Australopithecus e appena all'internodell'intervallo del nostro
campione umano moderno.Pertanto,con Australopithecus , Ar . ramidus mostra un
allargamento relativo del centro della basecranica, una condizione altrimenti
documentata solo negli umani moderni tra gli ominoideiesistenti.
Ardipithecus ramidus e l'evoluzione
della base cranica umana | PNAS
Vista
basale del cranio di Ar. ramidus ARA-VP 1/500. La linea tratteggiata indica la
linea mediana. cf, foramecarotideo; ba , basion , il punto della linea mediana
sul margine anteriore del forame magno. A grandezzanaturale, la distanza tra i
centri dei forami carotidei è di 50,3 cm.
Anatomia del
rapporto timpanico/petroso: esemplare di Ardipithecus ramidus ARA-VP 1/500,
immagine invertita per facilitare il confronto con la figura precedente. Si
noti che la punta del processo di Eustachio è scurita dall'abrasione dell'osso
superficiale. Nel
2005 gli scienziati dell’Università dell’Indiana di Bloomingon e di altre sette
istituzioniriportarono alla lice dei fossili scheletrici di un antenato umano
vissuto circa 4,5 milioni di anni fa.La
scoperta, aiuterà gli scienziati nello studiare l’evoluzione dei primitivi
ominidi simili ascimpanzè in forma più umane.
I fossili furono rinvenuti nell’area di Gona (As Duma)
nell’Etiopia settentrionale, uno dei due siti incui furono rinvenuti resti
fossili di Ardipithecus ramidus .Il paleontologo dell’IUB Sileshi Semawe, direttore del Gona
Palaeoanthropological Research Projecte ricercatore scientifico dello Stone
Age Institute, e
i suoi collaboratori, graie alle ricerchedelinearono in modo di vivere
di questi antenati…vivevano in spazi
ristretti con una schiera di antilopi, rinoceronti, scimmie, giraffe e
ippopotami inun'Etiopia settentrionale che era molto più umida di oggi. Le
ricostruzioni ambientali suggerisconoun mosaico di habitat, dai boschi alle
praterie. La ricerca continua a Gona per determinare qualihabitat
preferisse A. ramidus .Abbiamo ora più di
30 fossili di almeno nove individui datati tra 4,3 e 4,5 milioni di anni
fa",i
reperti rinvenuti: parti di una
mascella superiore e due inferiori, con denti ancora intatti, diversi denti
sciolti, parte diun osso dell'alluce e ossa delle dita intatte. Gli scienziati
ritengono che i fossili appartengano anove individui della specie A.
ramidus .Per la
datazione furono adoperati isotopi di argon di materiali vulcanici trovati
nelle vicinanze deifossili per stimarne l'età.Negli
11 anni trascorsi dalla denominazione di A.
ramidus da parte dell'antropologo Tim Whitedell'Università
della California a Berkeley e dei suoi colleghi, furono trovati solo una
manciata difossili della specie, e solo in due siti: Middle Awash e Gona,
entrambi in Etiopia. Altri fossili di etàleggermente più antica erano noti in
Kenya e Ciad.Gli
antropologi impegnati nella ricerca in Etiopia affermarono comeL’Ardipithecus sia
il primo genere di ominidi, ovvero antenati umani vissuti subito dopo unascissione con la linea che aveva prodotto gli scimpanzé moderni.Nonostante i
milioni di anni che ci separano, gli esseri umani moderni hanno alcune cose incomune con A. ramidus . I fossili di Gona e di altri luoghi
suggeriscono che l'antico ominidecamminava su due piedi e aveva canini
superiori a forma di diamante, non quelli a forma di "v" chegli
scimpanzé usano per masticare. Esteriormente, tuttavia, A. ramidus sembrerebbe
molto piùsimile a uno scimpanzé che a un essere umano.Gona
si è rivelato un sito di scavi produttivo. In un articolo di copertina di Nature (23 gennaio1997),Semaw e colleghi
segnalarono i più antichi utensili in pietra conosciuti usati dagli esseri
umaniancestrali. I manufatti di Gona hanno dimostrarono come già 2,5 milioni
di anni fa gli ominidi eranostraordinariamente abili nella fabbricazione di
utensili. L’Ardipithecus ramidus era dunque un
bipede che tornava regolarmente sugli alberi e l’evoluzioneda allora proseguì
dando origine agli australopitechi. Un genere di grande successo del quale
facevaparte la celebre “Lucy” vissuta circa 3,5 milioni di anni fa.Erano
ancora individui scimmieschi con il volto primitivo e coperti di pelo.
A
questo punto ci troviamo di fronte a
chiari cespugli di evoluzione con numerose forme di ominidia volte
molti diversi.Alcuni
di questi ominidi, circa due milioni e mezzo di anni fa, svilupparono un
cervello più grosso ecominciarono a realizzare i primi strumenti di pietra.
Diventarono dei cacciatori ed ancheraccoglitori.Era
nato il genere Homo ed uno di questi, l’Homo erectus, uscì dall’Africa per
diffondersi nelmondo arrivando per la prima volta anche in Europa.
Uno dei primi insediamenti in Italia fu quello di Cà Belvedere (Forlì – Cesena) di MontePoggiolo.I primi ad arrivare in Europa fu probabilmente l’Homo
erectus e le forme che nascono in Africasono già decisamente molto simili a
noi. Il primo insediamento italiano probabilmente è quello diCà Belvedere
(Forlì – Cesena) di Monte Poggiolo.L’età sarebbe
di oltre un milione di anni ed è uno dei più antichi in assoluto per quello che
riguardal’Europa.Giunti in Europa,
erano degli uomini a tutti gli effetti ed erano in grado dirapportarsi con
l’ambiente.Erano in grado di
cacciare, di raccogliere erbe edi tramandare di
generazione in generazione le loro conoscenze. Alla
base del Monte Poggiolo, in località Cà Belvedere, furono trovati nel 1983
migliaia di repertilitici. Reperti risalenti ad oltre 800.000 anni fa e
considerati di grande importanza per la conoscenzadel Paleolitico e della
presenza dell’Homo erectus in Italia.Nel
sito sembra che non siano stati trovati fossili umani. Resta
l’importanza del sito come luogodove gli ominidi realizzarono i loro
manufatti, lasciando le schegge e, in qualche caso, anche lostesso manufatto
forse perché non ben realizzato per il suo uso.Molti
reperti presentavano tracce del loro uso per scuoiare, tagliare carne, ecc. Un
tempo questoluogo era una spiaggia dell’Adriatico preistorico. Reperti litici di
Monte Poggiolo
Schegge, n. 1 – 7;
Bulini: n. 9 – 10;
Grattatoi, n. 8,
11 -13. Un
reperto molto importante fu rinvenuto
vicino Roma durante la costruzione di una strada.Un reperto che confermerebbe la presenza dell’uomo in
Europa intorno al milione d’anni fa.Il cranio di un uomo importante per capire l’evoluzione
umana.Fu chiamato l’”Uomo di Saccopastore” (Saccopastore 1)
e si trattava di un cranio che fu rinvenutonel 1929 nella cava di ghiaia di
Sacco Pastore a Roma che allora era di proprietà del duca MarioGraziali. Nella
stessa località nel 1935, i paleontologi Alberto Carlo Blanc e Henry Breuilrinvennero un altro cranio alla profondità di circa tre metri.
Il
reperto fu consegnato all’antropologo Giuseppe Sergi che lo classificò come un
HomoNeanderthal.Solo
nel 1941, dopo 12 anni di studio, il cranio fu attribuito ad una donna di circa
quarant’anni.Il
cranio mancava della mandibola e di entrambi gli archi zigomatici.I
danni al reperto furono causati, al momento del rinvenimento, da parte degli
operai della cava. Laregione sopraorbitale era gravemente danneggiata, alcune
corone dentarie rotte (e perse), due
forierano stati prodotti nella porzione frontoparietale della volta. La cavità
endocranica era ancoraparzialmente riempita con matrice di pietra e la
capacità cranica fu stimata in 1.174 cc.Le caratteristiche primitive: assenza di fronte,
arcate sopraorbitarie molto prominenti, dimensionidella calotta cranica
ridotte, il naso molto sviluppato,
furono ritenute dal prof. Sergi comepertinenti ad un pre-neandertaliano.La donna, in base agli strati geologici del sito ed ai
reperti fossili della fauna che le erano vicini, eravissuta in un periodo
interglaciale caratterizzato da un clima caldo umido. Questo clima favorì lapresenza nella campagna laziale di elefanti, rinoceronti, ippopotami. In merito
alla flora eranopresenti boschi di querceto misto e una specie di olmo che oggi
è presente in Asia e nell’isola diCreta.
Un paesaggio molto diverso da quello attuale. Erano presenti
all’orizzonte gli edificivulcanici laziali che in quel periodo erano in
attività oltre ad una serie di bacini lacustri di variedimensioni.L’età del cranio della donna?Il cranio fu trovato in un sedimento alluvionale
riferito all’ultimo periodo interglaciale e fu quindicronologicamente datato
tra 130.000 – 100.000 anni fa.
Nella stessa località nel luglio 1935, gli antropologi
tra cui l’abate Henri Breuil, professoredell’Istituto di Paleontologia Umana
di Parigi, ed Alberto Carlo Blanc, un giovane antropologoitaliano, videro
affiorare dalle pareti della cava un altro reperto. Il reperto era molto
incompleto male caratteristiche permisero di classificarlo come il primo. Venne chiamato “Saccopastore
2” edapparteneva ad un uomo di circa
25-30 anni, con la stessa datazione cronologica di“Saccopastore1”. Il cranio era privo dell’intera volta, di parte della
base e delle aree fronto orbitarie sinistre. Lacapacità cranica fu stimata tra
1280 e 1300 ml. La morfologia dei due crani era praticamenteidentica mostrando
aspetti descritti nei Neanderthal europei.Negli strati fossili furono rinvenuti strumenti su
scheggia appuntiti, ritoccati da ambo i lati, chevenivano usati come una
specie di ascia a mano per uccidere animali. Altre punte era più piccole ecostituivano i raschiatoi, adoperati per tagliare la carne e per pulire e lavorare
le pelli. Il Professor Sergio Sergi (il primo da sinistra)
assieme ad altri studiosi dell’epoca nella cava di ghiaia di Saccopastore,
accanto all’affioramento dove egli rinvenne nel 1929 il primo di due crani,
indicato in figura come Saccopastore I Punta Musteriana (in alto)
Nucleo discoidale (al centro)
Raschiatoio doppio (in basso a sinistra).
Scheggia Levallois (in basso a destra)
La grotta Guattari si apre a
circa un centinaio di metri dalla costa tirrenica, sul fianco orientale delpromontorio del Circeo, a San Felice Circeo.In
fondo alla grotta, in un antro che fu nominato “Antro dell’Uomo”, in
corrispondenza di uncerchio di pietre,
il proprietario della grotta rinvenne un cranio.Il
cranio fu nominato “Guattari 1”. Era in
buone condizioni e attribuito all’Homo
neanderthal.Sulla superficie furono rinvenute anche due mandibole che vennero
denominate “Guattari 2” e“Guattari 3”.Il
cranio si presentava completo tranne per la perdita di alcune porzioni ossee
pertinenti all’areaorbitale destra e a parte del margine del forame occipitale
cioè il punto in cui il cranio s’inseriscecon la colonna vertebrale.Furono
subito condotti degli scavi sotto la direzione del prof. Alberto Carlo Blanc e
Luigi Cardini.
Nel 2019 nel corso di ricerche da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio perle province di Frosinone e Latina in collaborazione con l’Università degli studi di Roma TorVergata, furono rinvenute le ossa di 9 individui sempre neandertaliani. Nella grotta Guattari furonocosì rinvenuti 11 individui. Degli ultimi ritrovamenti, otto individui risalivano ad un periodocompreso tra i 50.000 e i 68.000 anni fa, mentre il più antico risaliva ad un periodo compreso tra100.000 e 90.000 anni fa.Oltre a questi fossili umani furono rinvenuti anche numerosi fossili animali di elefanti, rinoceronti ecervi.Il cranio fu attentamente studiato dal prof. Blanc. Nel suo studio si accorse della presenza nelreperto di alcune ferite è in particolare di un allargamento del forame occipitale.Giunse alla conclusione come questa operazione di allargamento fu causata dai suoi compagni perestrarre il cervello e mangiarlo probabilmente per scopi rituali. Secondo la sua versione la confermadi queste ipotesi era avvallata dal rinvenimento del cranio dentro una corona di pietre.La sua tesi fu a lungo discussa dalla comunità scientifica anche se era comprovato come all’epocasi praticasse il cannibalismo come fu evidenziato in alcuni reperti fossili umani della Sierra deAtuapuerca.Nel 1989, durante un convegno, gli studiosi sottolinearono come i segni presenti sul cranio nonfossero legati all’intervento dei compagni per allargare il cranio ed estrarre il cervello ma fossero isegni dei denti della iena probabilmente la iena delle caverne.
La grotta Guattari, circa 50.000 anni fa, fu quindi la tana di una o più iene delle caverne. Sul sitofurono rinvenuti numerose ossa fossili residui dei suoi pasti.Gli studiosi portarono sul tema gli studi degli zoologi in Africa sul comportamento delle iene cheerano solito portare nelle loro tane le ossa e le carni delle carogne degli animali.Questi animali solo soliti mordere la carne alle ossa senza spezzarle, cosa che avrebbero fatto icompagni del defunto se avessero voluto mangiare il contenuto del cranio.L’ipotesi del cannibalismo, almeno su questo reperto, fu quindi smentita.Il convegno mise in risalto altri aspetti sul sito di grotta Guattari nella quale furono studiati i diversilivelli di stratificazione:- Da 100.000 ad 80.000 anni fa (in corrispondenza del livello 7) la grotta era sommersa dal mare;- 75.000 anni fa (livello 5) nel periodo dell’ultima glaciazione di Wurm, il mare cominciò aritirarsi e la grotta, ormai libera, fu occupata dall’Homo Neanderthal;- 55.000 anni fa (livello 1): la presenza dei cacciatori neandertaliani diminuì progressivamente,probabilmente a seguito della parziale occlusione dell'ingresso della grotta a causa di una frana; - 50.000 anni fa la grotta era ormai disabitata e diventò la tana delle iene delle caverne.- Successivamente un'altra frana ostruì, questa volta completamente, l'ingresso della grotta, cherimane così inviolata per cinquantamila anni, fino al 1939, quando viene di nuovo portata alla luce.
L’immigrazione dell’Homo erectus che arrivò in Europa Testimonianze indirette sulla presenza dell’Homo in
Europa risalirebbero a circa un milione di annifa e sarebbero molto
convincenti.Per trovare uno
dei primi fossili umani bisogna aspettare a circa 800.000 anni fa.Questo è il cranio umano di un adulto, uno dei
più antichi d’Europa rinvenuto
nelle campagne diCeprano, fuori Roma
nel basso Lazio, negli anni ’20. E’ un fossile
importante per la comprensione sull’evoluzione umana.Questo cranio è di
un Neanderthal trovato negli anni ’20 a Roma.
In alto: Cranio di CepranoIn primo piano: a destra il cranio di Neanderthal (Roma), a sinistra il
cranio del Nord Africa.I due Neanderthal
(Ceprano e Roma) e il reperto africano hanno la stessa antichità ma quello delNord Africa non è un Neanderthal ma è già un uomo moderno, un Homo sapiens.Il reperto di
Ceprano ha l’antichità giusta e le caratteristiche appropriate per
rappresentare ladivergenza tra Homo sapiens e Neanderthal (le due linee
evolutive) cioè quella che in Europa haportato all’uomo di Neanderthal e
quello che in Africa ha portato all’uomo moderno. Questo moltotempo prima che
i due (Homo sapiens) e Neanderthal s’incontrassero di nuovo. Giorgio Manzi - Paleoantropologo
dell’Università La Sapienza di Roma
Il Cranio di
Ceprano (Frosinone)
Il
reperto venne scoperto il 13 marzo 1994 dall’archeologo Italo Bidditu. Un
archeologo che nel1960 fu distaccato per cinque anni presso l’Istituto
Italiano di Paleontologia Umana di Roma.Collaborò anche con l’archeologo Luigi
Bernabò Brea con il quale fece delle
ricerche presso lagrotta Corruggi
(Pachino, Ragusa) e scavi nel deposito presso il riparo sottoroccia Sperlinga
di SanBasilio (Novara di Sicilia, Messina). Il sito “Sperlinga di San Basilio”
che era stato scoperto nel1942 da Domenico Ryolo di Maria.Il
reperto venne scoperto durante delle ricognizioni di superficie lungo il
tracciato di una strada incostruzione nei pressi di Ceprano (contrada
Campogrande) nella bassa valle del fiume Sacco. Era
da ben 25 anni che il prof. Bittiddu era impegnato nell’area per delle
ricerche. Aveva trovatonumerosi
manufatti litici e ossa fossili di animali presso il colle Avrarone. Si
decise di costruire la superstrada Pofi – Ceprano che attraversava la contrada
Campogrande. Probabilmente durante gli
spostamenti meccanici di materia, il cranio fu frantumato in più parti esolo
le piogge di febbraio e marzo del 1994 fecero apparire il primo frammento del
cranio dallasezione di argilla in cui era sepolto.Si riuscì a recuperare gli oltre 50 frammenti
del cranio, rinvenuti sempre all’interno dello stratod’argilla e alla base
della sezione stratigrafica.
Strato
d argilla che giaceva al di sotto di sabbie vulcanoclastiche. Proprio per la
posizione in cuivenne rinvenuto, il cranio fu battezzato dal prof. Bittiddu
con il nome di “Argil”.Il
cranio presentava dei danni a carico dell’osso fontale e la perdita della
faccia. Il reperto sarebbequindi
limitato al solo neurocranio o, secondo la terminologia paleontologia,
calvario.Il
reperto fu ricomposto con un lavoro che durò ben cinque anni, dal 1994 al 1999.
Un lavorometicoloso dell’equipe del prof. Antonio Ascenzi, allora presidente
dell’Istituto di PaleontologiaUmana, perfezionato dallo specialista
sudafricano Ron J. Clarke dell’Università del Witwatersrand Johannesburg) ed infine revisionato
dalla paleoantropologa Marie Antoinette de Lumley ( Insitutede Paleontologie Humaine di Parigi) e da Francesco Mallegni dell’Università di
Pisa. (Reperto cheè custodito presso il Servizio di Antropologia della
Soprintendenza per i Beni Archeologici delLazio). Vista laterale del cranio dell’uomo di Ceprano.Il
cranio presenta una capacità di 1180 – 1200 cc confrontabile con quelle
più recenti di Homoerectus di
Zhoukoudian (datate 0,2 – 0,5 Ma-milioni di anni fa).Il
reperto presenta dei caratteri delle forme più antiche del Pleistocene medio
asiatico e cioèdell’Homo erectus.Si
distingue però dall’Homo erectus per i mastoidi e le creste sopramastoidee
massicce, la voltacranica medio-lunga, la larghezza cranica massima verso la
parte bassa del cranio stesso ecoincidente
con la larghezza biauricolare, il toro occipitale considerevole e sviluppato
nella stessamisura in tutte le sue parti ed il solco sopratorale presente e
sviluppato. Il
principale carattere distintivo è però il toro orbitario che presenta un
accenno di separazione deirilievi sopraciliari da quello che sarà nell'uomo
moderno il trigono sopraorbitario. Questacaratteristica era comune ad un
gruppo di ominidi subsahariani che si pensa rappresentino la lineaevolutiva
che porterà ad Homo sapiens. I
reperti del genere Homo del Pleistocene medio sono da sempre oggetto di un
vivace dibattito sullevarie interpretazioni sistematiche. Il dibattitto in
particolare riguarda lo status dell’Homo erectusperché a questa specie erano
stati assegnati tutti i reperti africani, asiatici ed anche europei databilida
1,7 a 0,4 milioni di anni fa.I
reperti sono numerosi e la questione dibattuta se assegnarli ad una sola specie
(Homo erectus)(reperti che spesso mostrano una grande variabilità morfologica)
o frazionarli in più entità.La
letteratura scientifica considera oggi come all’Homo erectus debbano essere
assegnati i repertifossili umani provenienti dall’Asia orientale. I reperti
africani sarebbero assegnati all’Homoergaster.Il
reperto di Ceprano fu contraddistinto dalla letteratura scientifica come Homo
cepranensis.La
denominazione, come ad indicare una specie del genere Homo, è legata alla
morfologia delreperto che è sorprendente per le analisi dei caratteri facciali.
Caratteri che hanno dimostrato comeil
cranio di Argil non è assimilabile
all’Homo erectus né alle forme successive che si ritrovano inAfrica ed in
Europa e parzialmente in Asia e che vengono da alcuni scienziati riunite nella
specieHomo heidelbergensis.La calotta
cranica, come si ricava dai numerosi studi paleoantropologici effettuati in
questi ultimianni, ha infatti caratteri della specie Homo heidelbergensis.Lo
storico Grahame Clarke legò il cranio di Ceprano alla grande variabilità
dell’Homo erectus e loassociò al controverso cranio indicato come OH9 e
rinvenuto da louis Leakey nel 1960 ad Oluduvai.La
datazione del reperto?Non
esisterebbero delle datazioni assolute. Le datazioni relative basate sul quadro
geo-stratigrafico epaleontologico
regionali lo collocherebbero tra 0,9 e 0,8 milioni di anni fa. Negli
anni 2000 furonoeseguite delle analisi magneto-stratigrafiche sui sedimenti
lacustri e fluviali recuperati in carotaggieffettuati nel luogo di
rinvenimento del cranio. Questi rilievi fornirono una datazione relativadifferente ponendo il reperto in un’età compresa fra 0,5 e 0,35 Ma.In
definitiva Argil, pur dimostrando un età di 400.000 anni circa, presenta delle morfologie arcaicheche sono associate
ad altre più evolute.Questo
ritrovamento a Ceprano dimostrò come l’arrivo e lo spostamento dei gruppi
umani,originariamente dalla patria comune Africa, per quello di cui si è a
conoscenza, avveniva attraversol’esplorazione di nicchie ecologiche che si
espandevano in una Europa allora senza confini, con isoli limiti rappresentati
dalle periodiche variazioni climatiche in rapporto alle naturali barrieregeografiche.
Dalla stazione
eretta alla produzione della tecnologia litica,
all’impulso della coscienza,l’evoluzione umana è
segnata da tappe che lungo il suo viaggio tracciano la rotta di un camminotortuoso e a volte anche frammentato. Argil e
il ricco contesto archeologico, rappresentato da decinedi manufatti litici alcuni con simmetria bilaterale e fine
tecnica di scheggiatura, sono latestimonianza di come l’uomo abbia
dovuto adattarsi alle risorse ambientali eclimatiche restituendoci
un passato meno distante e oscuro. Un
dibattito importante sarebbe legato al rapporto esistente tra l’Homo
cepranensis e i reperti coevisecondo la datazione classica di 0,9 - 0,8 Ma.Il
collegamento sarebbe con la Sierra de Atapuerca ed precisamente con la Gran
Dolina diAtapuerca. Come abbiamo visto nel 1994 nella Gran Dolina furono
rinvenuti 80 frammenti fossiliumani in gran parte riferibili ad individui
giovani ed in fase di crescita. Per
questi reperti fuproposto il termine di
Homo antecessor.Esiste
un legame tra l’Homo cepranensis di
Ceprano e l’Homo antecessor di Atapuerca?Secondo
l’antropologo e paleontologo Giorgio
Manzi i reperti italiani e quello italianoapparterebbero alla stessa specie
anche se sarebbero necessari ulteriori confronti diretti.L’uomo
di Ceprano avrebbe quindi la sua importanza nella linea filogenetica evolutiva
del genereHomo.
L’Uomo
di AltamuraL’Uomo di Altamura fu scoperto il 7 ottobre 1993
all’interno della grotta di Lamalunga nei pressi diAltamura (Bari).Il rinvenimento ad opera di alcuni soci del Club
Alpino di Bari che furono che furono inviati dalCentro Altamurano Ricerche
Speleologiche (CARS) per indagare la grotta.La grotta era stata già scoperta nel 1989 e resa
accessibile grazie a degli interventi di allargamentodell’entrata eseguiti nel
1991.
È una grotta carsica posta nelle Murge alte in un
contesto morfologico costituito da lame, da doline apozzo e dalla dolina di
crollo, denominata Pulo di Altamura. Un paesaggio caratterizzato da aridepietraie e da una totale assenza di vegetazione.(Le lame sono dei solchi erosivi poco profondi,
caratteristi del paesaggio pugliese. Convogliano leacque meteoriche
dall’altipiano della Murgia verso il punto di chiusura del bacino idrografico
cuiappartengono). Gli elementi
geologici della zona sono noti come Calcare di Altamura (Cretaceo medio
superiore).
Planimetria
della grotta di Lamalunga La
mattina del 7 ottobre 1993, sette speleologi del CARS scesero nuovamente nella
grotta e furonoraggiunti, a metà mattinata, dai soci del Gruppo Speleologico
Vespertilio C.A.I. di Bari, pereffettuare alcune riprese.Durante
tali operazioni, tre speleologici intrapresero un difficile percorso in uno dei
due cunicolidella diramazione est, caratterizzato da molti resti faunistici,
in fondo al quale, in quella che fu poisoprannominata abside, scoprirono
il giacimento osseo con un cranio umano.L’uomo preistorico precipitò 150 mila anni fa in un pozzo naturale, dove
morì di stenti. Le gocce dicalcare negli anni lo ricoprirono proteggendolo e
fino ai giorni nostri. I resti umani furono
trovati alla fine di un'angusta galleria
della grotta, nell'angolo di una piccolacavità situata tra il pavimento e la
parete di fondo e costituita da una potente cortina stalattitica. Leparti
dello scheletro erano distribuite su un'area allungata e ristretta e ricoperte
da un rivestimentocalcareo che in parte assumeva l'aspetto di formazioni
coralliformi. Il cranio appariva rovesciato eparzialmente inclinato a
sinistra, dove era ben visibile buona parte della faccia, le orbite e parte delcranio neurale.
a) Localizzazione geografica della Grotta di Lamalunga
nell'Italia meridionale;
b) Ortofoto con sovrapposta la mappa della grotta; il
rettangolo blu indica la posizione del ramo settentrionale riportato in c);
c) rilievo tridimensionale del ramo settentrionale con
alcuni dei punti di riferimento
riportati nel testo, identificati da numeri da nord a
sud:
1 – Abside dell'uomo;
2 – vestibolo;
3 – Corridoio degli animali;
4 – Sala della iena;
5 – ingresso attuale.
Elaborazioni di Sat Survey (www.satsurvey.com),
modificate da CB.
Resti faunistici, tra cui il cranio di un cervide in primo piano, con
concrezioni coralloidi a popcorn.
Foto di CB. La
sera del 7 ottobre le riprese furono visionate nelle sede del CARS alla
presenza di tre antropologidell’Università di Bari.I
tre antropologi si resero subito conto dell’importanza del rinvenimento e
avvisarono laSoprintendenza Archeologica di Bari. L’antropologo Eligio Vacca
fu accompagnato nella grotta perprendere visione del reperto confermando
l’eccezionalità del rinvenimento.I
resti erano di un uomo adulto alto 1,60/1,65 m che rimase intrappolato nella
grotta cadendo da unabuca sovrastante la grotta. Un buco forse originato dal
cedimento di una parte della volta della stessagrotta.Una
caduta risalente a circa 180.000 – 130.000 anni fa. il suo corpo rimase
inglobato nelle stalattiti estalagmiti che vi si svilupparono attorno fino ad
inglobarlo e a permettete la sua perfettaconservazione nel tempo.In
una prima ipotesi l’Uomo di Altamura fu considerato un pre-neandertaliano e successivoall’Homo erectus. In base a
questa ipotesi la sua datazione prevedeva un intervallo cronologico tra400.000
e 100.000 anni fa, con valori più probabili fra 250.000 e 150.000 anni fa.Questi
primi studi, condotti preservando il reperto nel suo sito di ritrovamento,
evitando in modoassoluto la rimozione di frammenti ossei o di connesse
concrezioni calcaree, permisero diriconoscere con certezza i tipici caratteri
neandertaliani (morfologia delle orbite e degli ispessimentiossei
sopraorbitari, assenza di fossa canina e presenza di uno spigolo ben evidentesull'osso mascellare, ispessimento dell'osso occipitale, caratteristica
della apofisi mastoide, esistenzadi uno spazio retromolare e andamento del
margine superiore della branca ascendentedella mandibola). Alcune
caratteristiche del reperto associavano caratteri tipici dell’ Homo
sapiens,tra i quali, in particolare, la convessità della squama dell'osso
occipitale.Gli
ultimi studi, eseguiti analizzando in laboratorio reperti di facile rimozione,
indicarono unadatazione meno incerta ma non in contraddizione con la prima
ipotesi.Le
analisi sugli strati di calcite depositatisi attorno al reperto,
effettuate nel 2015, determinarono concertezza come lo scheletro fosse
riferibile a un Neanderthal e risalente a un periodo fra i 128.000 e i187.000
anni fa.Un
rinvenimento unico al mondo non solo per l’integrità dello scheletro ma anche
per laspettacolarità naturalistica
dell’intero complesso di giacitura.Un
complesso rappresentato dalle ossa avvolte in un ambiente carsico che le ha
concrezionate,saldate le une alle altre, fissandole come a sfidare il tempo e
racchiuse come in uno scrigno anticogeloso custode di memorie e attimi di vita
antichi. I primi risultati di un certo rilievo furono ottenuti
grazie all'analisi del DNA mitocondriale.Sull'Uomo di Altamura fu condotto uno
studio su una sequenza parziale di DNA antico. Leconclusioni di questo studio,
secondo David Caramelli,sono compatibili con le attuali ricerche
paleoantropologiche e dimostrano come le popolazioniNeandertaliane potessero
essere suddivise in almeno tre gruppi secondo la loro distribuzionegeografica:
Europa occidentale, Europa Meridionale ed Asia occidentale…. L'Uomo di Altamura
sicolloca nella "variabilità genetica dell'Europa meridionale" con
le sequenze del DNA simili ad altrireperti trovati in Spagna (El Sidron) e in
Croazia.Nel 2025 venne effettuato un nuovo esame su di un
frammento osseo della spalla.Fu esaminato, con datazione uranio-torio, lo strato di
calcite attorno al reperto. I risultativisualizzarono una datazione fra i
128.000 ed i 187.000 anni fa.Furono effettuati degli studi cronologici su dei resti
faunistici della grotta di Lamalunga. Analisieffettuate con il metodo del
Th-230/U-234 che misero in evidenza come i reperti presentavanoun’età di
deposizione tra 45.000 e 17.000 anni fa, con un massimo di frequenza tra 45.000
e 30.000anni fa.I reperti fossili degli animali si trovavano nelle
sale adiacenti a quella dove fu rinvenuto l’Uomo diAltamura.L’età dei reperti fu accertata dall’età di
concrezionamento della calcite
sottostante e sovrastante aglistessi reperti ossei.Nella sala dove fu rinvenuto l’Uomo di Altamura
(antiabside dell’Uomo) non fu osservata alcunaconcrezione sottostante o in
relazione con l’Uomo. Erano presenti dei concrezionamenti sul corpodell’Uomo
soprattutto in corrispondenza del cranio. Concrezionamenti che non furono
esaminati pernon alterare il reperto.Fu
datato l’inizio di concrezionamento degli speleotemi della sala
dell'Uomo, attorno a 170.000(studio eseguito su una stalattite caduta) e il
termine dello stesso che si verificò 17.000 anni dalpresente (età della
calcite cavoliforme che ricopre uniformemente tutti gli speleotemi della saladell'Uomo e le arcate sopraccigliari dell'uomo stesso). L'unico resto
faunistico analizzato nella saladell'uomo si depositò prima di 36.000 anni fa
(età di una concrezione sovrastante una vertebra didaino). I risultati
dell’analisi paleogenetica registrarono la presenza di DNA endogeno, anche se
altamenteframmentato. Questi dati genetici permettono, fra l'altro, di
considerare lo scheletro di Altamuracome il più antico Neanderthal da cui
siano state estratte porzioni di materiale genetico (mtDNA) edunque un ottimo
candidato per analisi genomiche di grande interesse.(Il DNA endogeno è il DNA prodotto internamente
all'organismo, a differenza del DNA esogeno,che proviene dall'esterno. Il
DNA endogeno è quindi quello che appartiene alla cellula stessa, che sitrova
nel nucleo, nei mitocondri, o in altre parti della cellula. È quindi il
DNA che normalmente sitrova nel corpo e codifica le informazioni genetiche per
la costruzione e il funzionamentodell’organismo. mentre il DNA esogeno può
essere introdotto dall'esterno attraverso infezioni,manipolazioni genetiche, o
altri processi). Più volte si aprì un dibattito sull’opportunità della
rimozione del cranio che però vide
divisi i varisoggetti coinvolti nella decisione.Risale al novembre 2010 un progetto, denominato
“AltaCRANIUM”, per la rimozione del cranio,completo di documentazione e
proposta operativa. Secondo il relativo studio di fattibilità, elaboratodopo
accurati sopralluoghi, si evidenzierebbe come il cranio e anche la mandibola
siano tra i restimeno inglobati nelle concrezioni calcaree, liberi da aderenze
con la matrice stalattitica. La rimozionetemporanea dei reperti indicati,
effettuata con tecniche di chirurgia laparoscopica, apparve airedattori del
progetto perfettamente possibile ed estremamente produttiva dal punto di vistascientifico.
……………………………………
Nel clan dei Neanderthal era presente una forte
gerarchia e le persone più deboli erano gli anziani ei bambini che erano
immersi in un ambiente difficile, ricco di pericoli.Soprattutto per i bambini l’infanzia era un periodo
difficile e i reperti fossili rinvenuti
ne sarebberouna prova.Infatti la metà dei
reperti fossili dei Neanderthal sarebbe costituita da bambini con età
inferiore agli11 anni.I bambini Neanderthal a cinque anni avevano un
cervello che aveva una grandezza pari a quella diun adulto dei nostri giorni. I
bambini presentavano delle capacità fisiche sviluppate e questo perchévivevano
in un ambiente dove di doveva crescere in fretta per non morire.A 43 anni gli uomini del clan era già anziani,
l’ambiente accelerava l’invecchiamento.I corpi rinvenuti presentavano spesso delle ferite e
le mani e parti del corpo erano colpiti da terribiliartriti.Quattro Neanderthal su cinque non raggiungevano i
quarant’anni d’età.Nel 1957 nella
grotta di Shanidar (Iraq) ci fu un rinvenimento che mise in evidenza comedifficile e pericolosa fosse il loro vivere quotidiano anche se con la
solidarietà del gruppo. Shanidar, il
neanderthaliano sopravvissuto grazie agli amici
Aveva problemi all'udito, era
claudicante e senza avambraccio La grotta di Shanidar (Saneder in curdo) è ubicata ai piedi dei monti
Zagros, nel Kurdistaniracheno. Il sito archeologico venne scoperto e studiato
nel 1957 e 1961 da Ralph Solecki e dai suoicollaboratori della Columbia
University. Negli scavi fu rinvenuto il primo scheletro di Neanderthaladulto
in Iraq e risalente al Paleolitico Medio (80.000 anni fa).Gli scavi proseguirono nel tempo e
furono rinvenuti altri nove scheletri di Neanderthal di varie età estato di
conservazione.Negli scavi gli archeologici si
accorsero di un nuovo aspetto presente nei riti funebri delNeanderthal:seppellivano
i loro compagni con dei fiori. Probabilmente in questo gesto
funebre ci fu l’espressione di una mano femminile neanderteliana.Nella storia non si parla mai,
neanche con piccoli cenni, della donna preistorica in generale e dellasua
importante funzione nei clan. Purtroppo di questi reperti fossili
umani ci sarebbero solo dei calchi
perché gli originali andaronoperduti in Iraq. I reperti furono classificati
con il nome di Sanidar e quelli più importanti erano ilSanidar I e IV.Sanidar I era il reperto più importante. Un uomo
anziano di 45 – 50 anni che fu soprannominatodagli scopritori come “Nandy”.Per un uomo Neanderthal questa età
era considerevole perché raramente veniva raggiunta per lecondizioni
ambientali e per il tenore di vita condotto.I suoi reperti fossili mostravano
gravissime deformità legate a gravi patologie e a ferite e traumi..Altri
quattro scheletri mostravano le stesse patologie.Il cranio di Sanidar I mostra sulla
parte frontale sinistra una cicatrice
che fu invisibile ad un primoesame.Un forte colpo forse causato da una
caduta, un incidente nel lavoro (taglio di un albero) o infertocon un legno
durante un litigio, che gli causò una frattura nell’orbita sinistra tale da
renderloparzialmente o totalmente cieco dall’occhio sinistro.
Lo sfortunato Sanidar o Nandy subì
anche una distorsione del braccio destro, con fratture che glicausarono la
perdita dell’avambraccio e della mano. Con queste nuove fratture l’origine
delle suepatologie sarebbero legate ad una rovinosa e terribile caduta. Dei
traumi rimasero le cicatrici equesto dimostrò come i suoi compagni si presero
cura dell’uomo dimostrando un principio di anticasolidarietà.Un dolore artritico molto forte. L’osso del braccio
(l’omero destro) aveva subito delle fratturemultiple molto gravi. Era
paralizzato e inutilizzabile ed aveva delle dimensioni molto ridotte rispettoal normale. Shanidar
II era
un maschio adulto, probabilmente morto per una caduta poiché presentava
fratturemultiple sulle ossa dello scheletro e del cranio. Esistevano prove
evidenti come questo individuoricevette una sepoltura rituale tramite
l'impilamento di alcune pietre lavorate nella sua tomba.
……………………………….
La
Dott.ssa Lucrezia Parpaglioni (laureata in Media Comunicazione digitale e
Giornalismo pressol'Università Sapienza di Roma) pubblicò nel 2024 una interessante ricerca
dal titolo:Un bambino di
Neanderthal che potrebbe aver avuto la sindrome di Down èsopravvissuto fino
all’età di 6 anni.La
ricerca si basava su uno studio, pubblicato sulla rivista “Science Advances”,
in merito alrinvenimento di frammenti ossei dell’orecchio di un bambino Neanderthal
che presentava dellemalformazioni che erano compatibili con la sindrome di
Down. Il bambino visse fino all’età di seianni.Una
bellissima immagine di vita che dà luce al modo di essere dei Neanderthal.Il
sito è la grotta di Cova Negra, nei pressi di Valencia, nella Spagna orientale.
In
seguito al riordino dei reperti fossili rinvenuti nella grotta, gli
archeologici trovarono unframmento di osso temporale. L’osso temporale,
nominato inizialmente con la sigla CN-46700, fusottoposto a tomografia
computerizzata. Una tecnica di analisi
(non invasiva) che permette direalizzare precisi modelli 3D dei campioni di
analizzare senza compromettere l’integrità del reperto.Gli
studiosi confermarono l’appartenenza dell’osso temporale ad un Neanderthal. Gli
scavi nellaCova Negra avevano infatti dimostrato la loro presenza nell’area.Gli
studiosi nell’analizzare il prezioso reperto stabilirono la sua appartenenza ad
un bambino/a dicirca 6 anni (non fu possibile determinare il sesso) che
presentava malformazioni congenitecompatibili con quelle causate dalla
sindrome di Down.Era
la più antica attestazione di questa sindrome in un individuo appartenente al
genere Homo.La
presenza della sindrome di Down era stata attestata cinque volte ed in
individui vissuti tra il 3.629e il 400 a.C..
in tutti i casi noti il bambino era deceduto entro i primi sedici mesi d’età.Il
bambino/a di Cova Negra visse fino ai 6 anni d’età (in un periodo compreso fra
i 273.000 e i146.000 anni fa) in una società di ben 200.000 anni fa e questo deve fare riflettere.I
ricercatori dell’Università di Alcalà, dell’ Università di Valencia e dei
centri di studio di Madrid eBurgos nominarono il reperto con il nome di “Tina”.Nel
bambino/a la sindrome, per le malformazioni provocate nella parte
interna dell’orecchio,provocava gravi deficit uditivi e vertigini invalidanti.
Sono state
rilevate le malformazioni congenite come la displasia del canale semicircolare
laterale
(LSC) e segni di
complicanze dell’otite che questa bambina potrebbe aver avuto durante il suo
infanzia, come la presenza di una fistola labirintica.
Tutte queste alterazioni potrebbero aver portato a un grave deficit nell’udito
e vertigini invalidanti.
Il
fatto che il bambino/a sia vissuto fino a sei anni d’età ha una grande rilevanza
nella percezionedella società neandertaliana. Per quanto fino ad oggi la
presenza di un sentimento di altruismo e diinteresse nei confronti dei propri
simili fosse attestato fra i Neanderthal, ciò era dimostrabilesolamente fra
individui adulti. Chi poteva, in qualche modo, contribuire ai bisogni del
gruppo umanoveniva perciò curato e mantenuto in vita.Quanto
messo in evidenza dal team di ricerca spagnolo fa emergere come, almeno in
questo caso, unbambino molto probabilmente non autosufficiente (le
malformazioni presenti probabilmente loresero sordo oltre alle frequenti
vertigini) sia riuscito a sopravvivere per alcuni anni grazie alle curedi un
gruppo sociale che agì in maniera continuativa. Considerando che fino agli anni
'40 del secoloscorso l'aspettativa di vita media per un individuo affetto da
sindrome di Down era di appena 12anni, quella della Cova Negra fu una scoperta
straordinaria, che ci parla di umanità e affetto fra inostri parenti più
prossimi vissuti 200.000 anni fa.Non si conoscevano
prima casi di individui che aveva ricevuto aiuto anche senza poter
ricambiareil favore, il che dimostrerebbe l’esistenza di un vero
altruismo tra i Neanderthal(Mercedes Conde,
prima autrice della ricerca).L’assistenza
al bambino era legata ad un senso di compassione, di solidarietà e non di
reciprocità.La
reciprocità si basava su un patto d’interesse personale con il malto che
poteva, una volta guarito,ricambiare l’assistenza ricevuta.I
bambini preistorici con malattie congenite o ferite, la cui sopravvivenza fino
all’età adulta era nelmigliore dei casi incerta, non potevano contare sulla
reciprocità. La durata della loro vita puòrivelare il modo in cui le
rispettive comunità ominide percepivano l’assistenza.La
madre del bambino avrebbe faticato a fornire assistenza e a tenere
contemporaneamente il passocon le sfide quotidiane di una vita di
foraggiamento nel Paleolitico.Questo suggerisce
come l’assistenza del gruppo e la genitorialità collaborativa si verificavanoinsieme nei Neanderthal e che entrambi i comportamenti prosociali facevano
parte di un più ampioadattamento sociale.
..........................
Una specie umana con tratti anatomici diversi: più
alto e slanciato, naso meno voluminoso, frontealta e con tratti non
scimmieschi.Ma era soprattutto una specie con una intelligenza
diversa, più profonda.Ma da dove giungevano e come si stavano adattando ad
un ambiente così freddo?Probabilmente non erano adatti a vivere in un ambiente
così freddo ma con la loro intelligenzaavevano escogitato nuovi modi di vivere
e modi di pensare che gli permettevano di superare anchele difficoltà
ambientali.Erano gli Homo sapiens, uomini moderni, antichi cugini
dei Neanderthal.Più di un milione e mezzo di anni una specie di
ominide, l’Homo erectus/ergaster, era immigratodall’Africa per entrare in Asia
ed Estremo Oriente per poi giungere con dei discendenti anche inEuropa. Le barriere naturali come deserti, mare e montagne
separarono le varie popolazioni nei varicontinenti. Una separazione che
consentì un evoluzione autonoma e nell’Europa del freddo sisvilupparono i Neanderthal con forti adattamenti al clima
freddo.Nel frattempo nell’Africa si era presentata una nuova
specie umana adatta ai climi caldi, l’Homosapiens, che già 100.000 anni fa si
era diffusa nel Medio oriente.45.000 anni fa il clima si fece più mite e si presentò
la via di penetrazione verso l’Europa. Nel girodi 10.000 anni i sapiens
arrivarono in Europa centrale ed in Italia e nel Sud della Francia dovel’Homo sapiens fu denominato con il termine di
Cro-Magnon.I primi gruppi cercarono dei territori da colonizzare
e le fertili valli della Francia meridionale eranotra i luoghi migliori per
fondare i loro villaggi.Ma questo territorio era anche la roccaforte dei
Neanderthal.Gli Homo Sapiens vivevano in gruppi ed erano animati
da contatti intimi molto forti ed importantiper la loro vita quotidiana ed
avevano una spiccata forma di comunicazione.Questi forti legami emotivi diedero al clan una forte
coesione che garantiva l’autosufficienza e lasopravvivenza del gruppo.Certo ci sarà stato un breve attimo in cui per la
prima volta un Neanderthal ed un Homo sapiens sisaranno trovati l’uno di
fronte all’altro.Forse il Neanderthal che aveva vissuto per millenni in
completo isolamento avrà guardato sbigottitoquell’essere umano che si mostrava
ai suoi occhi.Un essere umano diverso non solo nell’aspetto fisico
ma anche dal modo di vestirsi con collane diconchiglie e denti di cervo.Quel Neanderthal non avrebbe mai pensato che con
quell’incontro sarebbe stato testimonedell’apertura di una nuova pagina di
storia. Per la prima volta nella sua vita il Neanderthal
avrebbe dovuto affrontare forse un problema piùgrande di lui… non si trattava
di fronteggiare il freddo, la ricerca del cibo, il difendersi dalle bestieferoci o il cercare di catturare una donna per garantire la sopravvivenza del
gruppo, ma il doverfronteggiare un altro uomo di cui non conosceva nulla.Quel forte adattamento al clima, la condivisione nel
gruppo per la caccia non erano più sufficientiper la loro sopravvivenza e
quindi si dimostrarono inadeguati
nell’affrontare il cambiamento cheera in atto.La vulnerabilità dei Neanderthal fu forse legata all’isolamento perenne in cui vissero i
singoligruppi. Le loro povere capacità linguistiche, accompagnate
all’isolamento, non favorirono lerelazioni tra i vari gruppi sparsi nel
territorio. Ogni gruppo si era sempre considerato autosufficientenella sua
sopravvivenza ed ora questa nuova situazione impedì di vedere la reale minaccia
che sistava presentando.Era possibile una pacifica convivenza?Lo straniero aveva un aspetto fisico e un modo di
comportarsi completamenti diversi.È quindi molto difficile capire la reazione del
Neanderthal dato che viveva in un modo isolato ed èprobabile che
quell’incontro si sia verificato più volte in quel periodo.Ma visualizzare
quei momenti non è facile anche se i reperti archeologici sembrino dare qualcheimportante indizio. Nel Dipartimento
della Dordogna, vicino al piccolo centro di Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil, di 861abitanti, sono presenti numerose testimonianze di civiltà preistoriche come nei
siti di:
Les Eyzies-de-Tayac-Sireuil Furono subito eseguiti degli scavi e furono rinvenuti
ben cinque corpi, sepolti in questo luogo circa32.000 anni fa. Uno di questi
scheletri era di un uomo maturo e si notò subito la sua differenzacraniale
rispetto al Neanderthal perché aveva una fronte ampia ed alta, delle orbite più
strette e unnaso fine.Un’anatomia differente da quella del Neandertthal
caratterizzata da un cranio piatto e schiacciato, dauna cavità nasale ampia e
da orbite più larghe.
Questa prima analisi sui reperti dimostrò un elemento
importante.I Cro-Magno avevano, rispetto ai Neanderfthal, un’arma
importante: un cervello più sviluppato, uncervello che aveva un diversa
“struttura” interna, cioè la presenza di diversi collegamenti tra ineuroni
della corteccia cerebrale e questo determinava la nascita nel formulare nuovi
modi dipensare e di agire.I Cro-Magnon cucivano i loro abiti, dipingevano il
proprio corpo e creavano anche dei
monili.Questi erano solo alcuni degli aspetti che dimostravano
la tecnologia dei nuovi arrivati rispetto aquella arcaica dei Neanderthal.Con il passar del tempo i domini territoriali dei
Neanderthal si restrinsero e la caccia si fece semprepiù difficile anche per i
Neanderthal.L’alimentazione era un aspetto importante anche nella
visione delle nuove nascite.Per la donna Neanderthal il parto, in considerazione
anche dei tempi, era un momento moltodelicato.I neonati Neanderthal erano più sviluppati rispetto a
quelli di oggi e le donne presentavano deibacini più grandi, adatti ad
ospitarli nella gravidanza. Avevano un condotto uterino più largo,rispetto
alle donne di oggi, e nonostante ciò, gli spasmi dovuti al parto dovevano
essere moltodolorosi e violenti.Le difficoltà di vita per il neonato erano immense
soprattutto per le nascite durante l’inverno.Le madri allattavano il neonato per circa tanto tempo
ed avevano bisogno di almeno 1000
calorie algiorno in più per produrre
latte per il piccolo.Quindi nel periodo
invernale e con la caccia precaria anche la vita del neonato era in pericolo equesti aspetti erano per il
clan un peso difficile da sostenere. L’unità del gruppo improvvisamenteveniva a mancare perché non sarebbe più
presente il desiderio di continuare la
stirpe.Un dato drammatico che emerse dai ritrovamenti dei
Neanderthal sarebbe legato alla
mortalitàinfantile.
Questo è lo scheletro di un bambino Neanderthal di
circa 3 anni, vissuto circa 50.000 anni fa etrovato in questo sito della
Dordogna.Presentava
un volto prominente, una mascella larga e massiccia, senza un mento, e dalle
costole,dalla clavicola lunghissima s’intuisce che aveva già un torace molto
ampio, potente e muscoloso.
Nessuno riuscì a stabilire di cosa sia morto.Ma un dato drammatico emerse dai ritrovamenti
analoghi…. ed era checirca la metà dei bambini Nenaderthal non riusciva a raggiungere
l’adolescenza.Infatti la maggioranza dei reperti fossili dei
Neanderthal sarebbero attributi a resti scheletrici dibambini, dei loro crani,
molti dei quali ancora senza denti emersi dalle gengive. Denti che sivedevano
ancora inclusi nell’osso con lo smalto che indicava gravi carenze alimentari.Neonati morti per fame.. la fame era una delle cause della loro morte.Piccoli scheletri di bambini furono trovati in buche
poco profonde e questo aspetto di sepolturapotrebbe indicare una probabile e
primitiva forma di rito.Un’ipotesi di cui non si è sicuri.Nel 1983 in Israele furono trovate i resti di due
neonati rinvenuti fra i rifiuti delle carcasse deglianimali macellati. Questo
avanzerebbe un’agghiacciante ipotesi e cioè la scarsa considerazione chesi
aveva sulle loro vite.L’infanticidio veniva forse praticato dai
Neanderthal sia per un controllo delle
nascite sia pergarantire la sopravvivenza del gruppo in periodi difficili
dovuti alla scarsità di cibo? Nei gruppi dl Neanderthal la tecnica di fabbricazione
degli utensili veniva tramandata digenerazione in generazione.L’aspetto che colpisce sarebbe legato alla differenza
esistente ad esempio tra gli utensilineanderteliani creati nella Francia
Sud-occidentale e quelli di altri gruppi presenti in Europa.Questo dimostrerebbe la mancanza di rapporti tra i
vari clan che fu sempre un gravissimo handicapper la loro sopravvivenza.La vita isolata che conducevano i vari gruppi impedì
la possibilità di scambiarsi nuove idee e nuovetecniche.Praticamente l’interazione fra i vari gruppi era
inesistente e in 250.000 anni gli arnesi deiNeanderthal non subirono alcuna
modificazione.Per la caccia usavano delle lance di legno, la cui
punta veniva resa più forte ed irrobustita allafiamma. Una tecnica vecchia di
mezzo milione di anni prima della comparsa del Neanderthal..Un’operazione che
in genere veniva eseguita dalla donna.
L’uomo, usando della resina, fissava la punta affilata
di una selce ben scheggiata alla punta dellalancia per poi fissarla usando dei
tendini di animali.Un’arma sofisticata capace di entrare nella pelle più
dura ma aveva un grande difetto: era troppopesante.Doveva quindi essere scagliata sull’animale da
distanza ravvicinata.Una tecnica antichissima ma non nuova perché esiste da
circa 500.000 anni ancora prima dellacomparsa del Neanderthal.
La loro tecnologia chiamata musteriano consisteva in
sei soli tipi di strumenti:-
Piccole asce a mano a forma di goccia concepite per
stare meglio nel palmo della mano;-
Strumenti multiuso, dei piccoli coltelli preistorici,
con i quali potevano segare la legna,spezzare le ossa e fare dei buchi;-
I raschiatoi, molto taglienti che da un lato venivano
usati per raschiare la carne dalle ossaoppure per ammorbidire le pellicce da
indossare. Ne sono stati trovati tantissimi visto ilclima gelido che dovevano
affrontare.-
Le punte triangolari usate come coltelli oppure
fissati in cima ad assi di legno per farnedelle lance.
Il vero capolavoro artistico dei Neanderthal furono le
punte e le valute delle scheggetaglienti, di forma triangolare. Alcuni avevano
i bordi così taglienti da risultare cinque voltepiù taglienti di un odierno
bisturi dei chirurgi. Furono dette punte di Valois.
Gli archeologi cercarono di risolvere un mistero. I
Neanderthal crearono degli strumenti,sempre uguali, per migliaia i anni e poi
all’improvviso, in Italia ed in altri siti, gli strumenticambiarono
completamente circa 35.000 anni fa. Avvenne una trasformazione radicale nellacreazione di questi strumenti e oltre alla pietra si cominciarono ad usare le
corna dei cervi edanche i denti delle prede.Vennero creati anche oggetti decorativi come monili.Gli archeologi videro in questo un mutamento nel
pensiero dei Neanderthal ma questoprocesso evolutivo coincise con l’arrivo dei
Cro-Magnon.Il Neanderthal si limitò a copiare le tecniche dei
Cro-Magnon senza però riuscire a percepireil reale significato delle cose,
degli oggetti, dei segni e dei simboli.
Utensili dei Cro-MagnonGli strumenti della preistoria riflettevano il
cervello e le capacità di chi li creava.Bisognava saper scegliere la pietra che doveva avere
una certa durezza e sperare cheall’interno non fossero presenti delle disomogeneità. Anche una piccola
venatura di calcarepotrebbe fare saltare il lavoro. È un procedimento fatto di
tecnica e precisione. Si percuotevacon un ciottolo ma per gli spessori sottili
e le piccole scheggiature si usava un corno di cervoo un pezzo di legno duro e
compatto.Quello che
sorprende di più è vedere come da una stessa pietra ominidi sempre più evolutiabbiano ottenuto un margine tagliente sempre più lungo.
A sinistra, un bifacciale arcaico, risalente a circa 300.000 anni fa.
A destra un bifacciale più recente risalente a circa 120.000 anni fa
La differenza tra i due reperti è notevole.
In quello arcaico il margine utile è legato solo alla sua parte terminale
mentre,
in quello più recente, coincide con tutto il perimetro del reperto.
L’uomo di Neanderthal, nel suo processo mentale, decise
di non produrre più pietre con unaforma appuntita e tagliente, scartando
quindi le schegge residui della lavorazione, ma dicreare invece delle schegge
sottili, utili per diversi usi. Schegge ricavate da un sasso di selceben
lavorato.Ma fu l'uomo
sapiens che raggiunse la maggiore efficienza sbucciando la pietra per ottenereuna serie di schegge sottilissime simili a lame molto taglienti e adatte a vari usi.
In alcune parti d’Europa le due specie sembra che
abbiano convissuto in modo pacifico permolte generazioni ma nella Francia
Sud-occidentale il passaggio dagli insediamenti diNeandertal a quelli del
Cro-Magnon sembra che sia avvenuto in modo molto rapido esoprattutto
traumatico.Questa parte della Francia, ricca di fertili
territori, rappresentava un valido motivo perscontrarsi.I ritrovamenti archeologici, almeno in questa parte
della Francia, non consentono diaffermare con certezza se gli incontri fra i
due gruppi finirono con lo scontro fisico per laconquista del territorio.Anche nella preistoria, come oggi, esisteva la
violenza.Alcuni ritrovamenti archeologici confermerebbero
questo aspetto violento.Nel 1953 nella grotta di Shanidar in Iraq furono
scoperti i resti di alcuni neanderthal cherisalivano a circa 50.000 anni fa.
di scavo del 1992.
Il cranio 4 (a) e il cranio 5 (b) circondati da decine di fossili umani.
Fu soprannominato dai ricercatori come Miguelón .
Nacque nel 1938 nella contea di Makueni, un’area rurale del Kenya meridionale.
Suo padre Kimeu Mbalu, la madre era Philomena Mwelu, era un pastore di capre.
Kamoya frequentò una scuola missionaria per sei anni e lasciò gli studi
quando fu abbastanza grande per essere in grado di pascolare le capre.
La sua lingua era il kikamba ma sapeva parlare anche in inglese e swahili.
Grazie alle sue conoscenze linguistiche, iniziò a lavorare in paleoantropologia come
operaio di Louis Leakey e Mary Douglas Leakey negli anni ’50.
Nel 1963 Kamoya si unì alle spedizioni archeologiche e paleoantropologhe guidate da Richard Leakey, figlio di Mary e Louis .
Dedicò la propria vita alla ricerca di fossili.
Quando fu contatto da Louis Leakey per unirsi alla sua spedizione come lavoratore
sul campo a Olduvai nel 1960, Kamoya Kimeu era timoroso
Louis gli spiegò il tipo di lavoro…
Scavare per trovare ossa… scavare tombe.
Kimeu in un’intervista ricordò quel momento..
Allora non sapevo delle ossa di ominidi, che esistessero cose del genere.
Pensavo che saremmo andati per scavare delle tombe di persone morte.
Nella sua tribù Kamba, toccare i morti, come in molte altre tribù, era considerata
una grave violazione. Forse all’inizio fu timoroso ma con il tempo diventò un
leggendario cacciatore di fossili.
Il rinvenimento più importante fu quello dello scheletro del “Giovane di Turkana”.
Nel 1984 Richard Leakey e Alan Walker stavano conducendo delle ricerche
nel lago Turkana. Kamoya stava camminando lungo un pendio di rocce nere
accanto al fiume Nariokotome in secca. Notò un pezzo di osso scuro.
Come l’abbia trovato non lo saprò mai… disse Walker.
forse un Homo erectus. Richard giunse subito sul posto e confermò la classificazione
di Kimu…
il primo scheletro di Homo Erectus e quello più completo da tempi di Lucy.
Ricevette tante onorificenze e mori, per insufficienza renale, il 20 luglio 2022 a Nairobi.
Credeva che la sua età fosse di circa 84 anni….
mentre scoprano, in un altro rinvenimento, le ossa facciali di un fossile di Homo erectus sotto un albero spinoso sulla sponda occidentale del lago Turkana in Kenya.
Foto di David L. Brill 1985, National Geographic Society, dall'archivio della Leakey Foundation
Soprannome: Turkana Boy (Il Ragazzo di Turkana)
Luogo di Rinvenimento: Nariokotome, Lago di Turkana Occidentale.
Data del rinvenimento: 1984
Rinvenuto da Kamoya Kimeu
Data dello scheletro: 1,6 milioni di anni fa
Specie: Homo Erectus
L'area
di Broca è la regione di corteccia cerebrale nota per avere un ruolo
chiave nella produzione e comprensione del linguaggio.
di Sima de los Huesos.
A sinistra, le ossa dello stesso piede.
A destra, uno scheletro composto da fossili di individui diversi delle stesse dimensioni e
dello stesso stadio di sviluppo.
Frammenti
cranici in situ nella Sima de los Huesos.
Fila superiore, da sinistra a destra:
Cranio 11, Cranio 15, Cranio 4, Cranio 14, Cranio 6, Cranio 9, Cranio 17 e Cranio 5.
Fila inferiore, da sinistra a destra:
Cranio 1, Cranio 8, Cranio 2, Cranio 7, Cranio 10, Cranio 12, Cranio 13 e Cranio 3.
Immagine: Fran Dorey
Vista basale del cranio di Ar. ramidus ARA-VP 1/500. La linea tratteggiata indica la linea mediana. cf, foramecarotideo; ba , basion , il punto della linea mediana sul margine anteriore del forame magno. A grandezzanaturale, la distanza tra i centri dei forami carotidei è di 50,3 cm.
Schegge, n. 1 – 7;
Bulini: n. 9 – 10;
Grattatoi, n. 8, 11 -13.
Nucleo discoidale (al centro)
Raschiatoio doppio (in basso a sinistra).
Scheggia Levallois (in basso a destra)
b) Ortofoto con sovrapposta la mappa della grotta; il rettangolo blu indica la posizione del ramo settentrionale riportato in c);
c) rilievo tridimensionale del ramo settentrionale con alcuni dei punti di riferimento
riportati nel testo, identificati da numeri da nord a sud:
1 – Abside dell'uomo;
2 – vestibolo;
3 – Corridoio degli animali;
4 – Sala della iena;
5 – ingresso attuale.
Elaborazioni di Sat Survey (www.satsurvey.com), modificate da CB.
Foto di CB.
……………………………………
Aveva problemi all'udito, era claudicante e senza avambraccio
(LSC) e segni di complicanze dell’otite che questa bambina potrebbe aver avuto durante il suo infanzia, come la presenza di una fistola labirintica. Tutte queste alterazioni potrebbero aver portato a un grave deficit nell’udito e vertigini invalidanti.
Utensili dei Cro-MagnonGli strumenti della preistoria riflettevano il
cervello e le capacità di chi li creava.Bisognava saper scegliere la pietra che doveva avere
una certa durezza e sperare cheall’interno non fossero presenti delle disomogeneità. Anche una piccola
venatura di calcarepotrebbe fare saltare il lavoro. È un procedimento fatto di
tecnica e precisione. Si percuotevacon un ciottolo ma per gli spessori sottili
e le piccole scheggiature si usava un corno di cervoo un pezzo di legno duro e
compatto.Quello che
sorprende di più è vedere come da una stessa pietra ominidi sempre più evolutiabbiano ottenuto un margine tagliente sempre più lungo.
A sinistra, un bifacciale arcaico, risalente a circa 300.000 anni fa.
A destra un bifacciale più recente risalente a circa 120.000 anni fa
La differenza tra i due reperti è notevole.
In quello arcaico il margine utile è legato solo alla sua parte terminale
mentre,
in quello più recente, coincide con tutto il perimetro del reperto.
A destra un bifacciale più recente risalente a circa 120.000 anni fa
La differenza tra i due reperti è notevole.
In quello arcaico il margine utile è legato solo alla sua parte terminale mentre,
in quello più recente, coincide con tutto il perimetro del reperto.
L’uomo di Neanderthal, nel suo processo mentale, decise
di non produrre più pietre con unaforma appuntita e tagliente, scartando
quindi le schegge residui della lavorazione, ma dicreare invece delle schegge
sottili, utili per diversi usi. Schegge ricavate da un sasso di selceben
lavorato.Ma fu l'uomo
sapiens che raggiunse la maggiore efficienza sbucciando la pietra per ottenereuna serie di schegge sottilissime simili a lame molto taglienti e adatte a vari usi.
In alcune parti d’Europa le due specie sembra che
abbiano convissuto in modo pacifico permolte generazioni ma nella Francia
Sud-occidentale il passaggio dagli insediamenti diNeandertal a quelli del
Cro-Magnon sembra che sia avvenuto in modo molto rapido esoprattutto
traumatico.Questa parte della Francia, ricca di fertili
territori, rappresentava un valido motivo perscontrarsi.I ritrovamenti archeologici, almeno in questa parte
della Francia, non consentono diaffermare con certezza se gli incontri fra i
due gruppi finirono con lo scontro fisico per laconquista del territorio.Anche nella preistoria, come oggi, esisteva la
violenza.Alcuni ritrovamenti archeologici confermerebbero
questo aspetto violento.Nel 1953 nella grotta di Shanidar in Iraq furono
scoperti i resti di alcuni neanderthal cherisalivano a circa 50.000 anni fa.
C'era una piccola protuberanza sul suo bordo cioè la cicatrice di un profondo taglio. La punta di un’arma di pietra era penetrata tra l'ottava e la nona costola incidendo l'osso e forando ilpolmone. La vittima era stata pugnalata o forse colpita con una lancia e nonostante la gravissimaferita il Neanderthal non morì. L’accrescimento osseo attorno al taglio rivelò come la ferita si siarimarginata. La ferita era guarita e questo dimostrava due aspetti:- che le sue difese immunitarie erano eccezionali fortissime;- che il gruppo si prese cura di lui.I membri del clan avevano delle ampie conoscenze sulle proprietà curative delle piante. Lo sfagno veniva usato per disinfettare la ferita mentre le foglie di consolida maggiore favorirono lacrescita dell'osso.Uno dei problemi più importanti per l’uomo
preistorico era quello di individuare
quale pianteerano commestibili e quali velenose. Per questo si osservavano gli animali e talvolta sisomministrava loro le
piante di cui si voleva vedere l’effetto.In questa “ricerca”
delle proprietà vegetali delle piante le donne ricoprivano un ruolo importante.Mentre l’uomo si occupava della caccia, le donne erano dedite alla raccolta di frutti ed erbespontanei. Furono anche le
prime a coltivare i semi dando poi avvio all’agricoltura. Questa loroattività
faceva sì che nelle comunità nascesse e si affermasse la figura della “donna di
medicina”che, di solito anziana, sopravvissuta a molti parti, ricopriva il ruolo
di sciamana.Il fatto che per due milioni e mezzo di anni il mondo
sia andato avanti con questa divisione deicompiti, è anche all’origine delle
differenti abilità e propensioni tra il cervello maschile e quellofemminile. Ancor oggi le donne possiedono dei recettori nueronali che
consentono loro didistinguere meglio i colori e di individuare con più
attenzione dettagli che all’uomo solitamentesfuggono.Tra l’altro, quasi sempre l’attività di raccolta dei vegetali doveva essere
condotta insieme ad altreincombenze, riguardanti la cura dei bambini e
dell’abitazione, ecco perché si parla della famosacapacità “multitasking”
della donna. Viceversa, il maschio grazie alla caccia, ha sviluppato unaparticolare capacità di concentrazione che gli consente di focalizzare tutta la
propria attenzione suun solo obiettivo, escludendo tutto il resto, come poteva
essere richiesto all’epoca, dalla ricerca diun odore, di una traccia della
fuga di un animale.Queste donne di medicina arcaiche osservando il comportamento degli animali
avevano compresocome alcune erbe avessero un potere medicinale come la
Consolida maggiore, nome che le fu datodi Plinio il Vecchio, per la
cicatrizzazione delle ferite.Ancora oggi queste pianta viene usata per le sue proprietà nella guarigione
delle ferite e sembra chestimoli la formazione del callo osseo in caso di
fratture. Sembra che il sollievo e la guarigione sianodati da
una sostanza chiamata allantoina, usata, in sintesi chimica, anche
dall’industria farmaceuticaper gli stessi scopi. Le altre piante adoperate
erano il luppolo per le sue proprietà antidolorifiche eper chi soffriva di
artrosi e anche l’aglio selvatico. La parassitosi intestinale in epoca arcaica
era unadelle case di maggiore deperimento e morte dei bambini che, sempre a
contatto con il terrenofacilmente ingerivano uova di ossiuri e altri vermi.
Un altro rimedio usato nelle comunità preistoriche era
il papavero, i cui semi venivano impiegati perfacilitare il sonno.Vi era poi tutta una serie di foglie e muschi
applicati come bendaggi, spesso in associazione condelle muffe particolari
dall’azione antibiotica. Per quanto solo alla fine dell’800 il medico molisanoVincenzo
Tiberio studiò e dimostrò il potere
antibiotico delle muffe, anticipando di 35 anni lescoperte di Fleming sulla
penicillina. Nella medicina popolare quest’uso fu costante per centinaia dimigliaia di anni.
I Neanderthal seppellivano i loro morti dentro le loro
caverne, probabilmente per preservare icorpi dei defunti dagli animali
carnivori e anche per un senso di pietà per il compagno con il qualeavevano
trascorso attimi di vita. Non avevano il concetto dell’aldilà ma sicuramente un
senso diumanità.I neanderthal furono i primi a seppellire i loro
defunti perché per milioni di anni gli
uominipreistorici abbandonavano sul terreno i cadaveri.In Israele fu rinvenuta una sepoltura dove un
Neanderthal fu sepolto in una buca poco profonda. Il cranio era stato asportato e il defunto aveva la
mano sinistra sullo stomaco mentre il bracciodestro era ripiegato sul
torace. Forse era l’espressione di un rituale ma questa
sepoltura, quasisacrale era indice di rispetto ed umanità. Questo tipo di
disposizione sviluppò un ampio dibattito tragli studiosi.Spesso nelle sepolture furono trovati anche resti di
animali. I Neanderthal seppellivano i loro defuntinella grotta e i resti degli
animali erano sparsi sul pavimento della
grotta.Per alcuni studiosi la sepoltura dei Neanderthal era
un modo semplice di liberarsi dei corpi.Non si può essere a conoscenza del tipo di sentimenti
che provavano i Neanderthal ma comunque lamorte di un loro compagno, con cui
avevano condiviso tanti attimi di vita, doveva essere unepisodio traumatico e
seppellire il defunto nella grotta dove vivevano doveva essere un principio,forse allo stato larvale, di rispetto.I Neanderthal abbandonarono molto siti, come avvenne
in Francia, e i Cro-Magnon preseropossesso delle loro dimore.
Abbandonarono le loro grotte per spostarsi verso Ovest…..
per loro non ci sarà un ritorno…La Lessinia, o Monti Lessini, è un altopiano posto nella provincia di Verna
e in parte
nelle province di Vicenza e Trento.
Una
parte del territorio lessinico costituisce il Parco naturale regionale
della Lessinia.
Un
Parco che presenta numerosi luoghi simbolo come:
le
cascate di Molina, il ponte naturale in roccia di Veja, numerose foreste,
la
valle delle Sfingi e Covolo di Camposilvano, i basalto colonnari, ecc.
La Valle delle
Sfingi è una suggestiva conca, incorniciata da pascoli e faggete,
caratterizzata
dalla presenza di numerose sculture d’erosione selettiva
su rocce calcaree
dalla tipica forma a fungo o a parallelepipedo.
Importante nel Parco è la grotta di Fumane posta nell’omonima
valle. Uno straordinario scrigno incui
è rinchiusa la storia evolutiva dell’uomo. I reperti che vi furono rinvenuti
erano costituiti damanufatti in selce, resti fossili di mammiferi, focolari,
accumuli di rifiuti ed anche dipinti su pietra.Tutti reperti che documentarono
la frequentazione della grotta da parte dell’Uomo di Neanderthal edei primi
uomini moderni (Cro-Magnon/Homo sapiens). Gli
strati più bassi, tra 80.000 e 35.000 anni fa, erano quelli occupati dai
Neanderthal e poiall’improvviso intorno ai 34.000 anni si presentò ai
ricercatori uno strato sterile.Al suo interno non fu trovato nulla e immediatamente
sopra furono trovati gli strumenti dei CroMagnon ovvero degli uomini moderni.Negli scavi gli archeologi si resero del diverso modo
di vita tra Neandertaliani e i Cro-Magnon. I primi
ammassavano alla rinfusa i propri resti, accendevano fuochi ovunque, lavoravano
la selce inun altro punto, dormendo in un altro settore della grotta.I Cro-Magnon erano invece in grado di organizzare meglio i propri spazi,
il proprio habitat. Negli strati dei Cro-Magnon furono trovati strumenti che non erano presenti nei livellineandertaliani. Furono trovate delle punte di zagaglia ( lama in pietra, osso o corno) ed anche delle conchiglie marine forate utilizzate per farne
delle collane.Erano due mondi totalmente differenti.Fisicamente
i Cro-Magnon non erano meno adatti alla vita nel clima freddo ma avevano
sviluppatoutensili che permettevano loro di vivere dove volevano.Fiocine per
uccidere il pesce nei periodi in cui le prede terrestri scarseggiavano, aghi d’osso percucire gli abiti ma lo
strumento più potente era il linguaggio.
Un
Cro-Magnon cuce il suo abitoA differenza dell'uomo di Neanderthal la lingua dei Cro-Magnon era più ricca e complessa.Era la base fondamentale per lo sviluppo dell'arte della cultura che permetteva agli
individui diformare gruppi sociali molto più larghi, di formare alleanze nei
momenti di bisogno.I Cro-Magon
dimostrarono anche qualcosa che i Neanderthal forse non possedevano: l’arterupestre che era presente nella grotta di Fumane.Alcuni frammenti della volta della grotta di Fumane,
crollati già in preistoria forse a causa del gelo,furono trovati nei
sedimenti.Questi frammenti roccia, conservati nel Museo di
Storia Naturale di Verona, avevano delle tracce diocra. La loro età supera i
33.000 anni e quindi si tratterebbe di alcune delle più antiche pitture diuomo
moderno mai scoperte fino ad oggi.Cosa rappresenterebbero questi disegni?L’abisso del tempo ci separa da queste primitive
raffigurazioni dato che si tratterebbe di trattistilizzati spesso difficili da
interpretare.Oltre
alle conchiglie, il ritrovamento eccezionale fu costituito da frammenti di
roccia, con pittura inocra rossa.I
frammenti di roccia si staccarono dalla volta della grotta nel periodo
aurignaziano (47.000 –35.000 anni fa) e rimasero sul piano di calpestio dell’epoca.Ad
epoca aurignaziana furono datate molte decorazioni parietali di grotte
dell’area francocantabrica, queste ultime spesso utilizzate come grotte-santuario
piuttosto che come abitazione, cosìcome fu evidente a Fumane.Si
tratta di cinque frammenti di roccia che furono rinvenuti in diversi punti
della grotta.Le
dimensioni dei reperti variano da 10 ai 30 cm e presentano delle raffigurazioni
in ocra rossa.I
disegni? Alcuni presentano dei motivi
schematici, altri motivi naturalistici (animali e vegetali) eduna figura
antropomorfa che fu definita “particolare”.I
frammenti, nella loro caduta dalla volta, sono fratturate in alcuni punti e quindi i disegni nonsarebbero interi. Un
aspetto tutto particolare fu che questi reperti furono trovati tutti capovolti
allabase del livello archeologico.
Questi
aspetti dimostrarono come i frammenti si staccarono dalla volta o dalle pareti
(che eranoquindi decorate) per effetto crioclastico durante l’occupazione
aurignaziana del sito.All’interno
della grotta l’uso dell’ocra fu attestato in più punti.Infatti
furono rinvenuti circa 50 blocchetti di ocra rossa e gialla, oltre a due aree
la cui superfice erainteramente ricoperta, una nella parte interna e l’altra
nell’ingresso, corrispondenti ad una datazionedi circa 41.000 anni fa.Successive indagini permisero di affermare come l’ocra
sia stata prelevata dalle cave poste ad unadistanza tra i 5 ed i 20 chilometri
dalla grotta. Probabilmente l’età delle decorazioni delle roccesarebbe
contemporanea ai depositi di ocra ritrovati.Le pitture di Fumane sarebbero le più antiche forme di arte parietale europea.1. Il primo frammento (30x10x7)cm, raffigura un animale, un quadrupede, con un lungo collo edun corpo snello. Sarebbe probabilmente un mustelide o un felide. Mancano alcune parti (la coda, laquarta zampa) per la rottura del reperto. Fu trovato sotto l’arco d’ingresso della grotta;2. Il secondo frammento, il più importante, fu rinvenuto all’entrata di una galleria secondaria,vicino alla parete di fondo della camera principale a sinistra. Presentava le seguenti dimensioni(21x11x8) cm e raffigura una figura umana stilizzata. Un corpo umano a sviluppo lineare, bracciaorizzontali e con le gambe divaricate. Sul capo triangolare, interpretato come una maschera, visono due grandi corna; all’altezza dell’ombelico vi sono due piccole prominenze laterali; dalbraccio destro si nota qualcosa che pende, forse un animale o un oggetto rituale. L’interpretazionedi questa figura umana è ancora oggi in discussione. Si tratterebbe di una figura sciamanica. Raffigurazioni simili, trovate in diversi siti, furono espresse nell’arte risalente al periodoaurignaziano:- La statuetta in avorio dell’uomo-leone di Hohlenstein-Stadei;L’artista ricavò
la statuetta da una zanna di mammut.
La testa leonina
non presenta la criniera e questo aspetto fu spiegato dagli zoologi.
I leoni
acquisirono la criniera soltanto nella fase più recente della loro evoluzione.
Infatti anche i
leoni, raffigurati nelle grotte di Lascaux, sono privi di criniera.
Altra spiegazione
sulla raffigurazione sarebbe quella di
una figura femminile cioè di una leonessa.
Sulla parte
anteriore delle braccia e delle zampe sono visibili delle incisioni
Orizzontali che
potrebbero rappresentare dei tatuaggi.
Gli arti superiori
somigliamo molto a delle zampe animali piuttosto che a braccia,
mentre gli arti
inferiori sembrano umani. Infatti, al posto delle zampe la statuetta
presenta dei
piedi. Dopo questa descrizione, la statuetta si potrebbe dividere,
in modo schematico,
in due parti: la parte superiore con la testa, il petto e gli arti superiori
sarebbe quella di
un leone/leonessa mentre, a partire dal ventre e sino ai piedi
l’aspetto sarebbe
quello di un essere umano. Il sesso è difficile da determinarsi.La datazione? Nel punto
esatto in cui venne recuperata la preziosa statuetta,
furono trovate numerose
schegge di avorio che si adattavano perfettamente al reperto.
La datazione delle
ossa, trovate accanto a queste schegge, diede una datazione di
35.000 – 41.000
anni. L’aspetto affascinante della ricerca, permise di trovare
nella grotta anche
degli splendidi pendenti scolpiti in avorio di mammut e
denti perforati di
animali risalenti al periodo e facies culturale dell’Aurignaziano.
Nella grotta fu
rinvenuto la diafisi di un femore destro (lunga circa 25 cm).
Il reperto fu
rinvenuto in uno strato associato a manufatti della facies musteriana del
Paleolitico medio.
Era l’unico fossile umano, rinvenuto in un contesto musteriano, di
tutta la regione
del Giura svevo. Si cercò di datare il reperto e la datazione molecolare diede
come risultato un’età di 124.000 anni. Nel 2017
gli archeologi sequenziarono il reperto con
il genoma mtDNA
completo del femore. Il risultati confermarono all’appartenenza del
femore ad un
Neanderthal. L’analisi diede anche un altro importante risultato.
Gli archeologi stimarono
che il mtDNA del Neanderthal di Hohlenstein-Stadel, si
sarebbe discostato
da altri gruppi di Neanderthal circa 270.000 anni fa.
Il sito fu
abbandonato dai Neanderthal e riabitato dai Cro-Magnon.
Le autorità
tedesche chiesero l’iscrizione del sito, nel 2017, all’Unesco come
Patrimonio dell’Umanità
Grotte e arte
dell'era glaciale nel Giura Svevo.
Sembra che ancora
oggi la richiesta non sia stata esaminata o approvata.
per loro non ci sarà un ritorno…
nelle province di Vicenza e Trento.
Una parte del territorio lessinico costituisce il Parco naturale regionale della Lessinia.
Un Parco che presenta numerosi luoghi simbolo come:
le cascate di Molina, il ponte naturale in roccia di Veja, numerose foreste,
la valle delle Sfingi e Covolo di Camposilvano, i basalto colonnari, ecc.
caratterizzata dalla presenza di numerose sculture d’erosione selettiva
su rocce calcaree dalla tipica forma a fungo o a parallelepipedo.
La testa leonina non presenta la criniera e questo aspetto fu spiegato dagli zoologi.
I leoni acquisirono la criniera soltanto nella fase più recente della loro evoluzione.
Infatti anche i leoni, raffigurati nelle grotte di Lascaux, sono privi di criniera.
Altra spiegazione sulla raffigurazione sarebbe quella di una figura femminile cioè di una leonessa.
Sulla parte anteriore delle braccia e delle zampe sono visibili delle incisioni
Orizzontali che potrebbero rappresentare dei tatuaggi.
Gli arti superiori somigliamo molto a delle zampe animali piuttosto che a braccia,
mentre gli arti inferiori sembrano umani. Infatti, al posto delle zampe la statuetta
presenta dei piedi. Dopo questa descrizione, la statuetta si potrebbe dividere,
in modo schematico, in due parti: la parte superiore con la testa, il petto e gli arti superiori
sarebbe quella di un leone/leonessa mentre, a partire dal ventre e sino ai piedi
l’aspetto sarebbe quello di un essere umano. Il sesso è difficile da determinarsi.
furono trovate numerose schegge di avorio che si adattavano perfettamente al reperto.
La datazione delle ossa, trovate accanto a queste schegge, diede una datazione di
35.000 – 41.000 anni. L’aspetto affascinante della ricerca, permise di trovare
nella grotta anche degli splendidi pendenti scolpiti in avorio di mammut e
denti perforati di animali risalenti al periodo e facies culturale dell’Aurignaziano.
Nella grotta fu rinvenuto la diafisi di un femore destro (lunga circa 25 cm).
Il reperto fu rinvenuto in uno strato associato a manufatti della facies musteriana del
Paleolitico medio. Era l’unico fossile umano, rinvenuto in un contesto musteriano, di
tutta la regione del Giura svevo. Si cercò di datare il reperto e la datazione molecolare diede come risultato un’età di 124.000 anni. Nel 2017 gli archeologi sequenziarono il reperto con
il genoma mtDNA completo del femore. Il risultati confermarono all’appartenenza del
femore ad un Neanderthal. L’analisi diede anche un altro importante risultato.
Gli archeologi stimarono che il mtDNA del Neanderthal di Hohlenstein-Stadel, si
sarebbe discostato da altri gruppi di Neanderthal circa 270.000 anni fa.
Il sito fu abbandonato dai Neanderthal e riabitato dai Cro-Magnon.
Le autorità tedesche chiesero l’iscrizione del sito, nel 2017, all’Unesco come
Patrimonio dell’Umanità
Grotte e arte dell'era glaciale nel Giura Svevo.
Sembra che ancora oggi la richiesta non sia stata esaminata o approvata.
Figura dipinta in ocra.
………………………..
in nero le colate il cui paleomagnetismo indica una direzione del campo terrestre opposta a quella attuale, in grigio quelle che indicano una direzione intermedia.
© Dr. habil. Norbert R. Nowaczyk / GFZ
© Dr. habil. Norbert R. Nowaczyk / GFZ
L'inversione
di polarità riscontrata con la magnetizzazione dei sedimenti del
Mar Nero era nota giàda 45 anni. Fu
scoperta per la prima volta dopo l'analisi della magnetizzazione di
diversi flussi dilava nei pressi del villaggio di Laschamp vicino a
Clermont-Ferrand nel Massiccio Centrale, chedifferivano significativamente
dall'attuale direzione del campo geomagnetico . Da allora, questacaratteristica geomagnetica era nota come "evento di Laschamp".
Tuttavia, i dati del MassiccioCentrale rappresentarono solo alcune letture
puntuali del campo geomagnetico durante l'ultima eraglaciale, mentre i nuovi
dati del Mar Nero fornirono un'immagine completa della variabilità delcampo
geomagnetico ad alta risoluzione temporale.Oltre
a fornire prove di un'inversione del campo geomagnetico 41.000 anni fa, i
geologi diPotsdam scoprirono numerosi bruschi cambiamenti climatici durante
l'ultima era glaciale neicarotaggi analizzati del Mar Nero, come era già noto
dai carotaggi di ghiaccio dellaGroenlandia. Questa analisi consentì una
sincronizzazione ad alta precisione dei due record didati del Mar Nero e della Groenlandia. La più grande eruzione vulcanica nell'emisferosettentrionale
negli ultimi 100.000 anni, vale a dire l'eruzione del supervulcano 39.400 anni
fanell'area degli odierni Campi Flegrei vicino a Napoli,
Italia, era anche documentataall'interno dei sedimenti studiati del Mar Nero.
Le ceneri di questa eruzione, durante la qualefurono espulsi circa 350
chilometri cubi di roccia e lava, furono distribuite su tutto ilMediterraneo
orientale e fino alla Russia centrale. Questi tre scenari estremi, ovveroun'inversione breve e rapida del campo magnetico terrestre, la variabilità
climatica abreve termine dell'ultima era glaciale e l'eruzione vulcanica in
Italia, furono studiati per laprima volta in un unico archivio geologico e
disposti in preciso ordine cronologico.Ulteriori informazioni: Nowaczyk,
NR; Arz, HW; Frank, U.; Kind, J.; Plessen, B. (2012): "Dinamica
dell'escursione geomagnetica di Laschamp dai sedimenti del Mar Nero" Earth
and Planetary Science Letters, 351-352,
54-69. doi:10.1016/j.epsl.2012.06.050Informazioni sulla
rivista: Earth and Planetary Science LettersFornito da Helmholtz Association of German Research Centres
L’eruzione di 39.000 anni fa nei Campi
Flegrei fu una delle concause che determinaronol’estinzione dei Neanderthal?Ma quale fu lo scenario di questa eruzioneI
Campi Flegrei sono un'area vulcanica in Campania che comprende circa 40 centri
vulcanici. Siestendono per circa 450 kmq, dall'isola di Procida a buona
parte della città di Napoli.
ka - unità di tempo uguale a mille anni (kiloannum)
Carta geologica
schematica dei Campi Flegrei (modificata da Isaia et al., 2019)
Carta geologica schematica dei Campi Flegrei (modificata da Isaia et al., 2019)
Quella di 39.000 anni fa (circa) fu una violentissima eruzione.La rivista scientifica Geophysical Research Letters rilevò
come l’eruzione della caldera dei CampiFlegrei fu così devastante da
influenzare in modo significativo i processi demografici delle popolazioni del Mediterraneo e in particolare
nelle zone centrali ed occidentali.In
queste zone erano presenti sia i Neanderthal che i Cro-Magnon.L’esplosione
del vulcano avrebbe coperto molte regioni di ceneri vulcaniche e per via del
materialeeruttato, l’evento stesso viene conosciuto come ignimbrite Campana.
L’ignimbrite è una rocciapiroclastica generata dallo stesso flusso piroclastico cioè un flusso bifasico di particelle solide esuccessivamente disperse in una fase gassosa.Gli studiosi sono riusciti a stimare l’enorme quantità
di materiale disperso dall’eruzione.L’eruzione avrebbe sparpagliato tra i 250 – 300 kmc di
cenere su un’area estesa di circa 3,7 milionidi kmq.
Un dato che dovrebbe essere attenzionato perché questo volume rappresenta da 2 a 3 volte laquantità di cenere che era stata precedentemente ipotizzata.Una grandissima quantità di cenere e per evidenziare questo aspetto basta fare il confronto conl’eruzione del Vesuvio che eruttò appena 10 kmc di cenere.In tempi recenti un altro esempio sarebbe legato all’eruzione del Tambora che nel 1815 erutto circa100 kmc di cenere.L’eruzione si verificò in diverse fasi:1. Eruzione freatomagmatica cioè un’eruzione prodotta dalle interazioni fra acqua calda e magma.L’acqua a contatto con il magma diventa vapore. Il vapore subito fa aumentare la pressione che, asua volta, fa aumentare l’esplosività;2. Subito dopo seguì una seconda fase detta pliniana nella quale s’innalzò una colonna eruttiva cheoscillò, per circa 20 ore, tra 20 -38 km d’altezza;3. Questa mostruosa colonna eruttiva, ad un certo punto collassa. Questo collossamento determinòla formazione di grandi correnti piroclastiche chiamate “nubi ardenti”. Queste correnti piroclasticheavevano uno spessore di circa 1,5 km e una velocità, che fu stimata, di 220 m/s pari a 792 km/h.Questa fase di flussi piroclastici durò circa sette ore. Vennero immessi ben 67 kmc di magma (ilVesuvio nella distruttiva eruzione del 79 d.C. emise circa 6 – 8 kmc di magma),I flussi piroclastici raggiunsero Roccamorfina a Nord; verso Sud, attraverso il golfo di Napoli,raggiunse la penisola sorrentina e verso interno, lungo la piana, superando le modeste colline.I flussi piroclastici arrivarono ad oltre 80 km dai Campi Flegrei.Dopo circa sei ore la corrente piroclastica cominciò ad indebolirsi e a ritirarsi invadendo areesempre più ristrette.La camera magmatica emise tanto magma da svuotarsi e questo causò un enorme collasso dell’areatanto da formare una grande depressione, una grande caldera.Le ceneri dell’eruzioni furono rinvenuti nei sedimenti del Mar Nero e studi recenti dimostraronocome una così ampia deposizione di ceneri fu legata all’azione dei venti.Si calcolò come nell’atmosfera fossero distribuiti ben 450 milioni di kg di anidride solforosa. Lapresenza dell’anidride solforosa nell’atmosfera avrebbe determinato una diminuzione dellatemperatura di circa 2gradi per quasi tre anni.La presenza di questi cloruri di zolfo nell’atmosfera causarono anche delle piogge acide chepermisero alla cenere colma di fluoro di entrare nel ciclo vegetale causando effetti dannosi all’uomonei denti e negli organi. Degli studi al radiocarbonio avrebbero visualizzato come i Neanderthal sisarebbero estinti circa 10.000 anni primo rispetto a quanto ipotizzato. In quel periodo la specie eragià in forte diminuzione se non al limite dell’estinzione e l’eruzione sembra che abbia inferto ilcolpo mortale. Questa sarebbe un’altra tesi sulla scomparsa dei Neanderthal. Certo sono ipotesi,forse la realtà sulla scomparsa dei Neanderthal non si saprà mai, ma le enormi quantità di cenere checolpì l’Europa, l’Asia e parte ella Russia, impedì, come affermano gli storici, ai raggi del sole dicolpire la terra per anni con il conseguente abbassamento delle temperature.Le piogge acide diedero anche il loro contributo rendendo i terreni aridi con gravi danni alla flora edalla fauna.
Altre
testimonianze geologiche dell’inversione del campo magnetico terrestreAnche nel continente australiano, il carotaggio di un
sedimento risalente a 41.000 anni fa fornì latestimonianza dell’”Escursione di
Laschamps” che provocò delle bellissime aurore polari anche alatitudini
temperate.Gli aborigeni della Tasmania vissero questa esperienza e
chissà con quale stato d’animo.Le indagini furono effettuate nel lago subalpino di Selina
(Australia)
Le
ricerche sugli effetti dell’escursione
nel territorio australiano erano state scarse e non si avevanoquindi dati
sulle modifiche apportate al clima e alla vita. C’erano stati degli studi
risalenti al 1980circa ma non conclusi.La
ricercatrice Agathe Lisé Provonost, della School of Earth Sciences
dell’Università di Melbourne, nel 2010
in collaborazione con altri studiosi…È il primo studio
di questo tipo in Australia dopo quelli pionieristici degli anni ’80……Solo due laghi nel
nord-est dell’Australia avevano fornito in precedenza dei dati“a vettore
completo”, in cui sia le direzioni che le intensità del campomagnetico
terrestre del passato siano presenti negli stessi carotaggi.La
ricerca fu pubblicata nella rivista scientifica “Quaternary Geochronology”..Fu effettuata una
perforazione di 5.5 metri sul fondo del lago Selina che consentì di
condurre unaserie di indagini radiometriche, geomagnetiche e climatiche che
arrivano a circa 270mila anni fa.In mezzo agli
strati del carotaggio, uno dei più interessanti è senz’altro quello relativo a
circa41mila anni fa, quando il campo magnetico terrestre si invertì, dando
origine ad aurore borealitransitorie anche a latitudini temperate come le
nostre e come quelle del continente australiano.IL
lago Selina presenta una superficie di circa 20 ettari ( 800 metri di lunghezza
x 350 metri dilarghezza) ed è l’espressione del tipico lago sub-alpino nato
dallo scioglimento dei ghiaccidell’ultima glaciazione.Un
lago che presenta nei suoi sedimenti degli aspetti geologici molto importanti.Le particelle
magnetiche vengono erose dalle rocce e finiscono nel lago per via del vento o
dei corsid’acqua, depositandosi sul fondo …. Queste particelle agiscono come
dei minuscoli aghi di bussola,allineandosi con il campo magnetico terrestre.
Man mano che si accumulano e vengono sepolte, sibloccano in posizione,
lasciando una traccia del campo magnetico terrestre. Più andiamo a fondocon i
carotaggi, più torniamo indietro nel tempo.Il
carotaggio fornì informazioni dettagliate riguardanti clima, vegetazione e
paleomagnetismodell’area. Informazioni con le quali i ricercatori tentarono di
datare accuratamente i vari stratitrovando prove dei cambiamenti
dell’ecosistema avvenuti 43 mila anni fa, quando arrivaronogli aborigeni della Tasmania a occupare e gestire
quelle terre.
Sugli Aborigeni
della Tasmania ci sarebbe un paradosso storico che, ancora
nel 2023, non era
stato corretto.
Nel 1982,
un’agenzia dell’Unesco dichiarò “estinti” gli aborigeni della Tasmania.
Nel 2023 l’UNESCO
riconobbe il proprio errore e fu costretta ad aggiornare i suoi documenti
tecnici. Per gli aborigeni si tratterebbe di retorica razzista nei loro
confronti.
L’Unione
internazionale per la conservazione della natura (Iucn), l’organizzazione
responsabile della “lista rossa” delle specie animali e vegetali a rischio di
estinzione, rimosse un documento ritenuto “offensivo”
nei confronti degli aborigeni della Tasmania, stato
insulare dell’Australia.
Per oltre 40 anni,
infatti, la Iucn – che è un organo consultivo dell’Unesco per i beni naturali
iscritti nella lista del patrimonio mondiale – aveva sostenuto pubblicamente
che i popoli aborigeni della Tasmania fossero
estinti. L’affermazione inaccurata, pronunciata in occasione
della nomina della Tasmania a Patrimonio mondiale della wilderness nel 1982,
recitava che “i tasmaniani sono ora una razza
estinta di esseri umani”. La dichiarazione fu quindi rimossa, poiché
ritenuta non vera, dopo una serie di pressioni.
Gli aborigeni
della Tasmania esistono da 35mila anni e non si sono mai estinti.
Negare l’esistenza
di qualcuno è la cosa peggiore che tu possa fare a una classe di persone, in
particolare verso una classe di persone che è sopravvissuta a un genocidio”,
commenta Rebecca
Digney, manager di Alct,
denunciando
la “retorica razzista” delle
istituzioni occidentali.
Inoltre, la richiesta di
correzione non è così recente.
Intervistata dal Guardian,
la ministra australiana dell’ambiente Tanya Plibersek
spiegò di aver chiesto
all’Onu di correggere le sue affermazioni in un incontro avvenuto a Parigi già
a maggio dell’anno in corso ma che l’agenzia si rifiutò di farlo.
Lo Iucn ha smentito questa
affermazione, dicendo che non aveva ricevuto alcuna richiesta e di aver rimosso
l’informazione in oggetto non appena l’articolo del Guardian fu pubblicato.
La popolazione degli
aborigeni della Tasmania subì una forte diminuzione a causa delle
epidemie portate dagli
europei e dei conflitti con i coloni inglesi (anche per il
comportamento degli inglesi
con le loro violenze, stupri, rapimenti, ecc.).
Nel 1828 scoppiò la Guerra
Nera e vene introdotta la legge marziale nei confronti degli
aborigeni. Fu istituita la
famosa “linea nera” e gli aborigeni dovevano essere muniti
di particolari lasciapassare
per raggiungere i loro villaggi nel
caso di passaggio
tra gli insediamenti
europei. Furono introdotte delle taglie per gli aborigeni che
erano sprovvisti di
lasciapassare (5 sterline dell’epoca pari
a circa 850 euro attuali per
gli adulti e 2 sterline per i giovani). Questo determinò
l’istituzione di ronde
inglesi che diedero vita a forti cacce all’uomo che si
concludevano con eccidi come
quello del Massacro di Capo Grim.
Alcuni storici stimarono la popolazione degli aborigeni in
15.000 individui ma
nel corso del XVIII – XIX
secolo subì una fortissima riduzione.
I primi esseri
umani giunsero in Tasmania circa 40.000 anni fa (i manufatti più antichi
ritrovati sull'isola furono rinvenuti nelle caverne di Warreen e risalivano a
34.000 anni fa.
I reperti
rinvenuti durante degli scavi nei pressi di Brighton sembrerebbero essere
ancora anteriori a 34.000 anni fa, rendendo di fatto i primi aborigeni
tasmaniani la popolazione umana più meridionale del Pleistocene. Una
penetrazione nell’isola attraverso l'istmo che allora congiungeva l'isola
al resto dell'Australia durante l'ultima era glaciale. Tale istmo
scomparve circa 8000 anni fa a seguito dell'innalzamento del livello del
mare, che portò alla formazione dello stretto di Bass che lasciò
isolate le popolazioni della Tasmania dal resto
delle popolazioni
aborigene australiane.
nel 2023, non era stato corretto.
Nel 1982, un’agenzia dell’Unesco dichiarò “estinti” gli aborigeni della Tasmania.
Nel 2023 l’UNESCO riconobbe il proprio errore e fu costretta ad aggiornare i suoi documenti tecnici. Per gli aborigeni si tratterebbe di retorica razzista nei loro confronti.
L’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), l’organizzazione responsabile della “lista rossa” delle specie animali e vegetali a rischio di estinzione, rimosse un documento ritenuto “offensivo” nei confronti degli aborigeni della Tasmania, stato insulare dell’Australia.
Per oltre 40 anni, infatti, la Iucn – che è un organo consultivo dell’Unesco per i beni naturali iscritti nella lista del patrimonio mondiale – aveva sostenuto pubblicamente che i popoli aborigeni della Tasmania fossero estinti. L’affermazione inaccurata, pronunciata in occasione della nomina della Tasmania a Patrimonio mondiale della wilderness nel 1982, recitava che “i tasmaniani sono ora una razza estinta di esseri umani”. La dichiarazione fu quindi rimossa, poiché ritenuta non vera, dopo una serie di pressioni.
Gli aborigeni della Tasmania esistono da 35mila anni e non si sono mai estinti.
Negare l’esistenza di qualcuno è la cosa peggiore che tu possa fare a una classe di persone, in particolare verso una classe di persone che è sopravvissuta a un genocidio”,
commenta Rebecca Digney, manager di Alct,
Inoltre, la richiesta di correzione non è così recente.
Intervistata dal Guardian, la ministra australiana dell’ambiente Tanya Plibersek
spiegò di aver chiesto all’Onu di correggere le sue affermazioni in un incontro avvenuto a Parigi già a maggio dell’anno in corso ma che l’agenzia si rifiutò di farlo.
Lo Iucn ha smentito questa affermazione, dicendo che non aveva ricevuto alcuna richiesta e di aver rimosso l’informazione in oggetto non appena l’articolo del Guardian fu pubblicato.
La popolazione degli aborigeni della Tasmania subì una forte diminuzione a causa delle
epidemie portate dagli europei e dei conflitti con i coloni inglesi (anche per il
comportamento degli inglesi con le loro violenze, stupri, rapimenti, ecc.).
Nel 1828 scoppiò la Guerra Nera e vene introdotta la legge marziale nei confronti degli
aborigeni. Fu istituita la famosa “linea nera” e gli aborigeni dovevano essere muniti
di particolari lasciapassare per raggiungere i loro villaggi nel caso di passaggio
tra gli insediamenti europei. Furono introdotte delle taglie per gli aborigeni che
erano sprovvisti di lasciapassare (5 sterline dell’epoca pari
a circa 850 euro attuali per gli adulti e 2 sterline per i giovani). Questo determinò
l’istituzione di ronde inglesi che diedero vita a forti cacce all’uomo che si
concludevano con eccidi come quello del Massacro di Capo Grim.
Alcuni storici stimarono la popolazione degli aborigeni in 15.000 individui ma
nel corso del XVIII – XIX secolo subì una fortissima riduzione.
I primi esseri umani giunsero in Tasmania circa 40.000 anni fa (i manufatti più antichi ritrovati sull'isola furono rinvenuti nelle caverne di Warreen e risalivano a 34.000 anni fa.
I reperti rinvenuti durante degli scavi nei pressi di Brighton sembrerebbero essere ancora anteriori a 34.000 anni fa, rendendo di fatto i primi aborigeni tasmaniani la popolazione umana più meridionale del Pleistocene. Una penetrazione nell’isola attraverso l'istmo che allora congiungeva l'isola al resto dell'Australia durante l'ultima era glaciale. Tale istmo scomparve circa 8000 anni fa a seguito dell'innalzamento del livello del mare, che portò alla formazione dello stretto di Bass che lasciò isolate le popolazioni della Tasmania dal resto
delle popolazioni aborigene australiane.
L'isolamento
totale in cui gli aborigeni tasmaniani vissero per millenni (dovuto anche al
fatto che né loro, né gli aborigeni australiani svilupparono forme di
navigazione, che avrebbero consentito contatti fra le due popolazioni) fece sì
che molte delle nuove scoperte fatte nell'entroterra australiano rimanessero
sconosciute agli abitanti dell'isola, rimasti infatti piuttosto
"primitivi" rispetto alla maggior parte dei popoli indigeni della
Terra. Ad esempio, essi ignoravano del tutto l'utilizzo di attrezzi in osso o
uncini, così come il cucito, il boomerang, o le tecniche di accensione del
fuoco. Quest'ultimo veniva ricavato a partire dagli incendi naturali, e portato
di comunità in comunità da uomini appositamente delegati. Gli aborigeni della
Tasmania, inoltre, non costruivano capanne o similari (sebbene attualmente si
sia propensi a credere che di tanto in tanto venissero costruite capanne di
frasche per proteggersi dal freddo o dalla pioggia), preferendo vivere in
grotte.
A partire
dagli anni '60 del XVIII secolo, gli aborigeni tasmaniani (ed in
particolare gli appartenenti alla tribù di Oyster Bay), per i loro caratteri
primitivi, richiamarono l'attenzione della comunità scientifica e diventarono
oggetto di studi di fisica antropologica e paleoantropologia.
Molti scheletri di aborigeni, o parti di essi (ad esempio
i crani erano assai richiesti), vennero venduti agli istituti di
tutto il mondo per effettuare studi di antropometria.
La pratica di
asportare parti del corpo alle salme era molto criticata dagli aborigeni, che
consideravano la pratica irrispettosa nei confronti dei morti e soprattutto
perché nella cultura australiana aborigena era credenza comune che
l'anima del defunto possa riposare in pace solo qualora questi venga sepolto
nella sua terra natia. Tuttavia successivamente, a partire dal 2005 circa,
molti musei e collezionisti restituirono i resti ricevuti negli anni passati.
Il British Museum restituì nel 2007 i resti di alcuni aborigeni ai loro
discendenti.
A partire dagli anni '60 del XVIII secolo, gli aborigeni tasmaniani (ed in particolare gli appartenenti alla tribù di Oyster Bay), per i loro caratteri primitivi, richiamarono l'attenzione della comunità scientifica e diventarono oggetto di studi di fisica antropologica e paleoantropologia. Molti scheletri di aborigeni, o parti di essi (ad esempio i crani erano assai richiesti), vennero venduti agli istituti di tutto il mondo per effettuare studi di antropometria.
La pratica di asportare parti del corpo alle salme era molto criticata dagli aborigeni, che consideravano la pratica irrispettosa nei confronti dei morti e soprattutto perché nella cultura australiana aborigena era credenza comune che l'anima del defunto possa riposare in pace solo qualora questi venga sepolto nella sua terra natia. Tuttavia successivamente, a partire dal 2005 circa, molti musei e collezionisti restituirono i resti ricevuti negli anni passati. Il British Museum restituì nel 2007 i resti di alcuni aborigeni ai loro discendenti.
Durante
l’escursione geomagnetica, la forza del campo magnetico terrestre è quasi
svanita. Questo comporta un forte aumento delle particelle cosmiche e solari
che bombardano il nostro pianeta perché il campo magnetico normalmente agisce
come uno scudo…… Non sappiamo quando avverrà la prossima escursione
geomagnetica, ma se dovesse avvenire oggi, i satelliti sarebbero resi
inutilizzabili, le app di navigazione per smartphone andrebbero in tilt e ci
sarebbero gravi interruzioni nelle reti di distribuzione dell’energia.
Gli studiosi
cercheranno di andare ancora più indietro nel tempo per
studiare il clima
della Tasmania. Analizzeranno i sedimenti vetrosi del
Cratere Darwin,
risalenti all’impatto con un meteorite avvenuto circa 816.000 anni fa.
Gli studiosi cercheranno di andare ancora più indietro nel tempo per
studiare il clima della Tasmania. Analizzeranno i sedimenti vetrosi del
Cratere Darwin, risalenti all’impatto con un meteorite avvenuto circa 816.000 anni fa.
Durante
dei lavori edili gli operai trovarono i resti fossilizzati di un grande albero
Kauri che erarimasto sepolto per ben 42.000 anni. A differenza della maggior
parte dei resti fossili, questo alberograzie anche alle sue grande dimensioni,
si era mantenuto intatto mostrando i suoi anelli di crescita,documenti
importanti per la registrazione delle condizioni atmosferiche del passato.L’antico albero di
kauri, dissotterrato durante l’espansione dell’impianto geotermico a Ngāwhā,misurava 65 piedi (19,82 m) di lunghezza
e 8 piedi (2,44 m) di diametro ed era perfettamenteconservato.Gli
scienziati capirono subito di trovarsi in presenza di un importante
rinvenimento.Analizzando
gli isotopi di carbonio negli anelli del fusto dell’albero, furono in grado di
ricostruire ilmomento del cambiamento del campo magnetico terrestre noto come
“escursione di Laschamps”che permisero alle pericolose radiazioni di colpire
il pianeta.I
ricercatori negli alberi secolari misurarono e datarono il picco nei livelli di
radiocarbonicoatmosferico causato dal collasso del campo magnetico terrestre.Come
già affermato, con l’indebolimento del
campo magnetico terrestre, i livelli di radiazionecosmica aumentarono
notevolmente.Ciò
determinò gravissimi cambiamenti climatici, l’indebolimento dello strato di
ozono e il pianetafu esposto ad un aumento di esposizione ai pericolosi raggi
ultravioletti (UV).Senza
la barriera protettiva della magnetosfera la vita sul pianeta diventò difficile
perchél’esposizione alle radiazioni era molto forte.I
ricercatori affermarono come gli esseri viventi furono costretti a trovare
riparo sottoterra. Questo,secondo la loro ipotesi, coinciderebbe con il
notevole sviluppo dell’arte rupestre in quel periodoperché le popolazioni
umane trascorrevano più tempo in spasi bui e chiusi.Il
prof. Alan Coopr, uno dei ricercatori, affermò come..Riteniamo che i
bruschi aumenti dei livelli di UV, in particolare durante le eruzioni solari,renderebbero improvvisamente le grotte dei rifugi molto preziosi….. Il comune
motivo dell'arterupestre delle impronte di mani in ocra rossa potrebbe
indicare che veniva utilizzato comeprotezione solare, una tecnica utilizzata
ancora oggi da alcuni gruppi.Con lo strato
di ozono indebolito , l'esposizione alle radiazioni
nocive sarebbe stata molto piùelevata, portando a mutazioni
genetiche, problemi di salute e un aumento dello stress ambientale.Se i
Neanderthal erano già in difficoltà a causa della competizione con i
primi Homo sapiens ,un'improvvisa catastrofe
ambientale avrebbe potuto dare il colpo di grazia.Il
futuro? Si potrebbe verificare un’altra inversione magnetica?Alcuni
studiosi rilevarono come il campo magnetico terrestre si stia indebolendo.Negli
ultimi 170 anni avrebbe perso circa il 9% della sua forza ed il polo magnetico
Nord si staspostando molto rapidamente.Un
segnale che un’altra escursione geomagnetica sia vicina?Il
problema è: quando avverrà? Potrebbero passare anche migliaia di
anni…naturalmente tutta lacomunità scientifica non è concorde con queste
visioni preoccupanti.
Il
campo magnetico terrestre viene prodotto nella parte centrale del pianeta (il nucleo
appunto, o"the core" in inglese) in cui è situato una sorta di
pallone centrale di ferro intorno al quale troviamouno strato di ferro liquido
che possiede fluidi in continuo movimento. Le conseguenze di unprocesso di
inversione sarebbero sconvolgenti per la vita come la conosciamo oggi. Al di là
diaurore boreali a latitudini geografiche molto più basse, avremmo anche un
aumento di radiazionisolari.Il
prof. Angelo De Santis, responsabile della ricerca sul geomagnetismo
all'Istituto nazionale diGeofisica e di Vulcanologia,la
possibilità di una inversione di polarità magnetica è una questione non nuova
nel mondoscientifico, che ha ripreso piede alla luce del prossimo programma
spaziale denominato "Swarm" ilquale prevede la messa in orbita nel
2009 da parte dell'Agenzia spaziale europea (Esa) di tresatelliti scientifici
posti a due quote diverse per garantire un salto di qualità negli studigeomagnetici. La questione più importante è l'aumento di velocità di un
processo che, in assenza diun rafforzamento del campo, richiederebbe decine di
migliaia di anni e che invece nella, dinamicaattuale, potrebbe portare a una
inversione di polarità in mille-duemila anni.Le ragioni del verificarsi di questo fenomeno "prosegue De Santis, tra l'altro
collaboratore dell'Esanel programma "Swarm" e autore di numerosi
articoli su riviste scientifiche, tra cui proprio unasull'inversione del campo
geomagnetico - possono dipendere da una molteplicità di fattori. E lesupposizioni fatte dagli studiosi nel corso degli anni vanno dal cambio delle
condizioni strutturalitra il nucleo e il mantello della terra, a un'inversione
connaturata al sistema.Personalmente ritengo
che i meccanismi di rafforzamento e diminuzione del campo magnetico sianodovuti ai moti turbolenti nella parte fluida metallica del nucleo terrestre e
che l'energia chealimenta tali moti possa essere dovuta, oltre alla rotazione
terrestre, al processo di accrescimentodel nucleo interno solido a spese di
quello fluido più esterno con produzione di "calore latente" chealimenterebbe quindi nuovi flussi di campo magnetico prodotti dalla terra.
Sostanzialmente taliprocessi vengono chiamati di "dinamo terrestre
autoeccitata.L'impatto di questo fenomeno porterebbe alla diminuzione della capacità di
schermatura del nostropianeta al vento solare. L'arrivo di un maggior numero
di cariche elettriche in atmosferaprodurrebbe, in particolare, la distruzione
dello strato di ozono e la penetrazione di radiazioniultraviolette che
aumenterebbero i casi di malattie tumorali e leucemiche nella popolazione. Maavrebbe anche altri effetti per esempio sugli animali che utilizzano proprio il
campo magnetico peril loro orientamento, come tartarughe, balene, uccelli
migratori e tantissime altre specie". da IlVelino.it
L’immagine
raffigura la magnetosfera, cioè le linee di forza magnetica che circondano il
pianeta.Secondo gli studi il campo magnetico sarebbe generato
dai movimenti del nucleo fuso della Terra eprotegge il pianeta dai raggi del
Sole.Tuttavia,
secondo alcune scienziati, anche con un cambiamento del campo magnetico non siavrebbero effetti sul clima.Gli
scienziati affermarono come le forze interne che creano il campo magnetico
della Terra possonocambiare e che l’intensità del campo stesso oscilla nel
tempo. Questo può portare a gradualicambiamenti nell’intensità e
nell’ubicazione dei poli nord e sud magnetici terrestri, e addirittura allaloro inversione, quando si verifica che i due poli si scambino tra di
loro. Il
tema della discussione scientifica sarebbe legato in particolare alla eventuale connessione
tra magnetismo terrestre e le condizioni
climatiche, estinzioni o disastri.Secondo
alcuni scienziati questa connessione non avrebbe alcun fondamento.Gavin
Schmidt, climatologo e direttore del Goddard Institute for Space Studies (Istituto
Goddardper gli studi spaziali) della NASA a New York..Non ci sono
meccanismi credibili che possano supportarlo…. Non abbiamo escluso a priori glieffetti dei cambiamenti magnetici sul clima, abbiamo preso in esame il loro
potenziale impatto, maquesto è risultato essere inesistente.La
denominazione “polo nord” indica tre punti diversi sulla Terra:-
il
vero Nord;-
il
Nord geomagnetico;-
il
Nord magnetico. Il
cosiddetto vero nord è una posizione fissa sul globo, che corrisponde al polo
nord geografico.Invece il polo nord geomagnetico, attualmente ubicato nei
pressi di Ellesmere Island, in Canada,non è un punto fisso, bensì rappresenta
il punto a nord dove termina l’asse della magnetosfera dellaTerra, e nel tempo
si sposta. Il nord magnetico è il punto sulla superficie terrestre in cui le
linee diforza del campo magnetico risultano esattamente perpendicolari al
suolo ed è il luogo dove puntanole bussole. Da quando l’esploratore artico James Clark Ross lo
localizzò per la prima volta nel 1831, il polonord magnetico della Terra si è
spostato di quasi 966 km in direzione Nord Nord-ovest, e la suavelocità di
spostamento è aumentata da circa 16 a quasi 55 km all’anno, come ha spiegato
Alan Buisin un blog del 2021 per Ask NASA Climate. Questi
cambiamenti possono avere un impatto su satelliti e sistemi di
navigazione basati sullatecnologia magnetica (cellulari, navi, linee aeree
commerciali), ma non ci sono evidenze sul fattoche influenzino il clima
terrestre.Le
escursioni geomagnetiche sono variazioni rilevanti ma di breve durata
nell’intensità del campomagnetico che possono durare da qualche secolo a
migliaia di anni, secondo la NASA. L’ultimaescursione notevole è avvenuta
circa 41.500 anni fa ed è nota come escursione di Laschamps.Durante questo
evento, il campo magnetico della Terra si è rapidamente indebolito e i poli si
sonoinvertiti, per poi scambiarsi nuovamente 500 anni dopo. Uno
studio del 2021 collegò l’escursione di Laschamps a sconvolgimenti
climatici, eventi diestinzione e addirittura a cambiamenti nel comportamento
umano. Gli scienziati ipotizzarono che, inun periodo in cui il campo magnetico
della Terra era più debole del normale, le più forti radiazionisolari e
cosmiche abbiano potuto penetrare l’atmosfera terrestre, alterando i livelli di
ozono ecausando cambiamenti nel clima del pianeta ed eventi di
estinzione. Schmidt
tuttavia definì lo studio speculativo, nella migliore delle ipotesi.Quali sono le
prove di cambiamenti climatici avvenuti 42.000 anni fa che sarebbero associati
alleestinzioni? Le carote di ghiaccio non mostrano nulla di simile. Sappiamo
che l’ultima era glaciale èstata caratterizzata da un’elevata variabilità del
clima, di cui è stata rilevata la tempistica, e questanon è allineata alle
escursioni magnetiche.Negli
ultimi 70.000 anni si sono verificate tre escursioni principali: l’evento
del Mar di NorvegiaGroenlandia, avvenuto circa 64.000 anni fa, l’evento di
Laschamps tra i 42.000 e i 41.000 anni fa el’evento di Mono Lake, risalente a circa
34.500 anni fa. non ci sono prove
del fatto che il clima terrestre sia stato significativamente influenzato dalle
ultimetre escursioni del campo magnetico, né da altri eventi di questo tipo
avvenuti almeno negli ultimi2,8 milioni di anni.E l’inversione dei
poli? Durante
un evento di inversione, i poli magnetici che si trovano a nord e a sud del
pianeta siscambiano di posizione. Questo avviene in media ogni 300.000 anni
circa, ma secondola NASA l’ultima inversione è avvenuta circa
780.000 anni fa. Nella storia geologica della Terra, leinversioni di polarità
sono relativamente comuni: sono state 183 negli ultimi 83 milioni di anni.Quando
si verifica un cambio di polarità, in sostanza la forza del campo magnetico
diminuisce, masenza lasciare il pianeta completamente indifeso: la
magnetosfera coopera con l’atmosfera terrestrenel deviare la maggior parte
dell’energia spaziale dannosa, prima che questa raggiunga la superficieterrestre. Alcuni scienziati ipotizzarono che le inversioni e la relativa
diminuzione di forza delcampo magnetico potrebbero portare a cambiamenti
climatici globali ed estinzioni, ma i dati attualinon supportano tali
teorie. Nei dati
paleoclimatici non ci sono evidenze che colleghino i cambiamenti magnetici al
clima, inoccasione di grandi inversioni o quasi inversioni magnetiche”,
afferma Schmidt, “non ci sonovariazioni climatiche, né estinzioni di massa
corrispondenti.Kirk
Johnson, che fa parte della dirigenza del Museo nazionale di Storia
naturale dello SmithsonianInstitution, dedicò gran parte della propria
carriera allo studio dell’estinzione dei dinosauri.Analizzando i documenti
fossili e le cronologie relativi all’evento di estinzione risalente al
periododi confine tra Cretaceo e Paleogene, Johnson individuò un’inversione
magnetica avvenuta circa 66,3milioni di anni fa.Johnson
sottolineò, inoltre, che i campioni di sedimento oceanico profondo rilevarono
uncambiamento climatico significativo intorno a 66,3 milioni di anni fa. Ma
questo periodocoincise anche con un ampio fenomeno vulcanico in India,
chiamato vulcanismo del Deccan, cheprodusse alcuni dei più lunghi flussi di
lava al mondo.Abbiamo sempre
attribuito quella transizione all’anidride carbonica rilasciata dal vulcanismo
delDeccan e all’aumento dei gas a effetto serra….. C’è una concomitanza di
fenomeni: il cambiamentodel campo magnetico, il vulcanismo del Deccan e il
riscaldamento del clima. Questo è un esempiodi cambiamento climatico fortuito…..il fatto che ci
sia una correlazione non significa che ci sia una causalità.
.................................................................
La
Dieta dei NeanderthalLa
loro dieta era più varia e ricca di quanto si pensasse. Non si cibavano solo di
carne maconsumavano anche vegetali, noci e cereali.I
ricercatori di 41 istituzioni di 13 Paesi, guidati dagli scienziati del “Max Planck Institute for theScience of
Human History”,
svolsero delle ricerche sulla placca
batterica presente sui dentidell’Homo Neanderthal e dell’Homo sapiens vissuti
negli ultimi 100.000 anni.La
loro ricerca non si limitò alle due specie di Homo ma coinvolse anche gli scimpanzè,
gorilla escimmie urlatrici che furono studiati per un confronto.La
placca batterica - che per la precipitazione di minerali si trasforma poi
in tartaro - è unapellicola di microbi tenacemente
agganciata ai denti. Questi batteri si nutrono degli zuccheripresenti in
quello che mangiamo. I ricercatori identificarono miliardi di frammenti di DNAbatterico, ciò che rimaneva di quelle antiche comunità di microrganismi,
lavorando sul tartaroprelevato da 124 individui, tra uomini e altri primati. Ricostruirono
il microbioma orale di unNeanderthal vissuto 100mila anni fa, nella grotta di
Pešturina in Serbia. Il più antico microbiomaorale finora ricostruito. Dal
punto di vista scientifico per microbiota s’intende la popolazione di
microrganismi presenti inun ambiente mentre il termine microbioma indica
l’insieme del patrimonio genetico deimicrorganismi.La
ricerca fu pubblicata sulla rivista scientifica “PNAS” e il prof. Marco
Peresani, docente di“Ecologia e Culture del Paleolitico” dell’Università di
Ferrara, rilevò che…il microbioma orale dei sapiens arcaici e
dei Neanderthal era molto simile ….……. tra i reperti esaminati ci
sono anche denti da latte persi da bambini Neanderthal, provenientida due siti
in Veneto in cui stiamo conducendo studi:la Grotta de Nadale e la Grotta
di Fumane.In
particolare, in entrambi i casi - sapiens e Neanderthal - erano
presenti particolari batteri (del genere Streptococcus) in
grado di legarsi all'amilasi,un enzima della
saliva che permette di liberare zuccheri da cibi ricchi di amido.La
presenza di questi batteri nei Neanderthal (batteri che non erano presenti
negli scimpanzé)dimostrò il consumo, da parte dei Neanderthal, di cibi ricchi
di amido. Questo sarebbe un aspettoimportante visto che l’agricoltura venne
introdotta circa 10.000 anni fa. Il consumo di questi cibiera notevole tanto
da contraddistinguere la composizione del microbiota orale.Questo studio
conferma che i Neanderthal avevano una dieta più variata di quanto si pensasse:oltre alla carne, mangiavano anche vegetali. Probabilmente molti tuberi, ricchi
di amido. Questicibi fornivano loro gli zuccheri necessari allo sviluppo di un
grande cervello.
La ricerca evidenziò
come gli antichi sapiens presenti
nell'Europa dell'Era glaciale condividevanoalcuni ceppi batterici con i
Neanderthal.Forse è un
ulteriore segno degli incroci tra le due specie.I ceppi condivisi
con i Neanderthal sparirono a partire da 14.000 anni fa,quando ormai i
cugini erano estinti da tempo (sparirono circa 40.000 anni fa) ein Europa s’era
verificato un ricambio nella popolazione umana. I
Neanderthal cucinavano i pasti con erbe, noci e cereali.Fu
scoperto un antico braciere sul quale il Neanderthal cucinava i cibi. Uno dei
più antichi ”forni”.Nei
loro pasti aggiungevano condimenti vegetali (semi, cereali, noci ed erbe
selvatiche) per renderlipiù saporiti.Non
mangiavano solo per accumulare calorie e coprire la fame ma anche per il
piacere e il gusto difarlo.Nella
grotta di Shanidar, già citata nella ricerca, furono rinvenuti i resti
carbonizzati di ciboconsumato circa 70.000 anni fa. Qui i Neanderthal si
riunivano attorno ai focolari, discutevano econsumavano i loro pasti.Furono
rinvenuti diversi focolari.
La grotta in cui
furono trovati i resti di cibo.
Credit Università
di Liverpool
Credit Università di Liverpool
I
rinvenimenti ad opera di un team di ricercatori dell’Università “John Moores”
di Liverpool incollaborazione con i colleghi del Dipartimento di Archeologia,
Antichità ed Egittologiadell'Università di Liverpool, della School of Natural
and Built Environment della Queen'sUniversity Belfast, della Birkbeck
University di Londra e del Dipartimento di Archeologiadell'Università di
Cambridge.I
ricercatori, coordinati dal professor Chris Hunt, docente presso il Research
Centre in EvolutionaryAnthropology and Palaeoecology dell'ateneo di Liverpool,
giunsero a queste conclusioni dopo averanalizzato i resti di cibo in un focolare trovato innanzi alla grotta di
Shanidar. Dalle analisi condotte– anche attraverso la microscopia elettronica
– emersero frammenti di gusci di noci, semi di pianteselvatiche, lenticchie e
senape selvatica, che molto probabilmente erano usati per insaporire lepietanze. Questa scoperta cancellò l’immagine dell'uomo preistorico intento a
mangiare carne crudae a rosicchiare le ossa degli animali catturati.
Analisi al
microscopio dei resti del cibo.
Università di
Liverpool.
Università di Liverpool.
I
ricercatori britannici ricrearono un pasto utilizzando tutti gli ingredienti
trovati nel focolare, dopoaverli pestati come facevano i Neanderthal – senza
rimuovere lo strato esterno dei semi – e licucinarono. Ottennero una sorta di
focaccia preistorica dal sapore di “nocciolato”. Un piattodelizioso anche se
un po' amaro.Il vecchio
stereotipo è che i Neanderthal fossero meno intelligenti degli umani moderni e
cheavessero una dieta prevalentemente a base di carne. I nostri risultati sono
la prima vera indicazionedella cucina complessa – e quindi della cultura del
cibo – tra i Neanderthal e anche tra i primiuomini moderni, molto prima
dell'agricoltura. I focolari di Shanidar erano la loro cucina e icampioni che
abbiamo rinvenuto intorno a loro indicano che queste persone sapevano comelavorare e cucinare non solo la carne, ma anche estrarre un gustoso nutrimento da
cereali selvatici,noci e semi.
Un cervello capace di analizzare e materializzare
determinati stimoli. Gli ominidi iniziarono arealizzare i primi strumenti in
pietra e diventarono cacciatori.Ma quale fu e come avvenne questo accrescimento del
cervello?Il prof. Martino Ruggieri, Ordinario di Pediatria e
Direttore della Scuola di Specializzazione inPediatria presso l’Università di
Catania, all’ultimo Congresso Italiano di Pediatria, eseguì unalettura
magistrale sulle tappe che caratterizzarono l’evoluzione della nostra specie e
in particolaredel cervello del bambino.
Articolo pubblicato su Pediatria numero 6 – 2022, pag. 21Circa 3 milioni e 300.000 anni fa un bambino di circa due-tre anni d’età, appartenente alla speciedel nostro
antenato più antico, Australopithecus afarensis (un Ominino pre-umano), aveva
unvolume cerebrale di circa 275-340 cm3 .Dopo circa 2
milioni di anni, le forme umane arcaiche di Homo e poi, più in là nel tempo,
quelle diHomo sapiens presentavano un volume encefalico, alla stessa età, di
circa 900 cm3. Come si ègiunti a ciò? L’evoluzione, la crescita e la
riorganizzazione del cervello e, specificamente, di alcunedelle sue aree cerebrali
(encefalizzazione), hanno fatto sì che, dalle scimmie arcaiche edall’australopiteco, potessero giungere sino alla nostra specie di Homo sapiens
sapiens e alle sueraffinate capacità motorie, sensitive, di linguaggio, di
pensiero e sociali.“I cervelli dei nostri primi antenati erano molto più
elementari…. mostrando un eleganteesperimento recentemente condotto su organoidi cerebrali (mini-cervelli)
modificati con geni diuomo arcaico vs. moderno – “erano semplici, più
rotondeggianti, con un più ampio lobo occipitalee maggiore estensione delle
regioni olfattive frontali”.Il lento processo di evoluzione ha poi plasmato e
riorganizzato le aree cerebrali così come leconosciamo oggi: aumentando le
dimensioni di ciò che serviva di più alla nostra specie (es., areevisuo-spaziali parietali; di linguaggio temporali; e di pensiero/astrazione
frontali) a scapito di ciòche progressivamente serviva di meno (es., aree
visive occipitali e sensitive olfattive). Una delledomande più importanti per
la scienza che studia l’encefalo nell’evoluzione, la paleoneurobiologia,è se
il cervello nella linea evolutiva umana si sia prima accresciuto e poi
riorganizzato o viceversa,oppure se ciò sia avvenuto contemporaneamente. La
risposta più attuale sembra essere chel’encefalizzazione sia avvenuta a fasi
contemporanee di crescita e riorganizzazione secondo unmeccanismo a mosaico.
Il volume cerebrale è cresciuto e, mentre cresceva, i rapporti tra alcunearee
cerebrali, cambiavano: l’area parietale si è progressivamente spostata più
posteriormente(formando aree associative miste visive e spaziali più utili per
le nuove capacità bipedi, diapprovvigionamento del cibo e di manualità),
guadagnando spazio a sfavore del lobo occipitale.Similmente, i lobi temporale
e frontale si sono espansi in senso latero-laterale e si sono arrotondati,guadagnando nuove potenzialità per le funzioni di linguaggio, cognizione
sociale, pensiero astratto,pianificazione a lungo termine,
manualità-lateralità e funzioni esecutive complesse (es., attenzione eapprendimento). Con le forme umane arcaiche di Homo erectus (circa 1,5 milioni
di anni fa) ilcervello comincia chiaramente a crescere di dimensioni, ma anche
a modificare i rapporti tra learee cerebrali.Cambiamenti simili sono avvenuti anche a livello
cellulare e molecolare: l’uomo, che è “neotenico”(ossia, è capace di
conservare a lungo le funzioni della vita giovanile), continua a organizzare lacorteccia cerebrale e mielinizzare le fibre degli assoni sino all’età di 25
anni, con conseguenteguadagno temporale nei processi di memorizzazione e
apprendimento e di elaborazione delleinformazioni, dipendendo però
maggiormente e più a lungo dalle cure parentali. Allo stesso tempo,compaiono,
in sequenza temporale, differenti assetti recettoriali sinaptici nelle varie
epoche disviluppo del bambino: il neonato/lattante è più ricco di neuroni
eccitatori (glutamatergici) – “è uncervello più veloce” ha continuato Ruggieri
“è molto sensibile, risponde prontamente, mette in attoriflessi che compaiono
e scompaiono nel tempo”. Il bambino/adolescente, invece, esprime piùneuroni
inibitori (GABAergici) e modulatori (dopaminergici e/o serotoninergici):
attraverso questiapprende meglio, collega e memorizza – “siamo di fronte a un
cervello più sofisticato”.“Il graduale cambiamento morfologico e recettoriale,
nell’arco evolutivo della vita di un bambino,rispecchia il cambiamento subito
dall’encefalo nell’intero arco della linea evolutiva umana” – haproseguito
Ruggieri – “e mentre l’encefalo embrio-fetale si sviluppa, cresce e si allunga,
in sensoantero-posteriore, latero-laterale e dorso-ventrale, queste
‘modifiche’ contribuiscono a fare variarei rapporti e le connessioni tra le
varie aree cerebrali”. Così come, dal cervello del bambino, piùsemplice (eccitatorio)
si passa a quello più raffinato (inibitorio/modulatorio)
dell’adolescenteadulto, similmente dal cervello dei nostri antenati più
arcaici, man mano, si è giunti al cervello diHomo e delle sue specie più
evolute. Tale complesso processo di organizzazione cerebrale, nellalinea
evolutiva umana, dura più a lungo, come si diceva prima “perché la natura e
l’evoluzione cihanno dato una finestra temporale più ampia per maturare” ha
commentato Ruggieri, “così dadare tempo all’ambiente e alle sue stimolazioni
di agire su di noi e influenzarci”.
Dediti alla
condivisione e alla comunità, i neandertaliani quasi non avevano bisogno di
espandersi, data la loro bassa demografia. Sopravvivere era sufficiente. Ma
allora, visto che il perseguimento della crescita ad ogni costo mette gli eredi
della fratria tra Neandertal e Sapiens, cioè noi, sull'orlo del fallimento
ecologico e demografico, non sarà arrivato il momento di ispirarsi a quei
lontani antenati che sono sopravvissuti senza crescita né distruzione per
centinaia di migliaia di anni?
...................................................................................................................Altri File..Preistoria
La Luce delle Donne Preistoriche: Delia, la Donna di Ostuni….Thea, la Principessa di Acquedolci… Enciclopedia delle Donne – Capitolo XXI.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2025/06/la-luce-delle-donne-preistoriche-delia.html

...................................................................................................................La Donna Preistorica…. Mai citata nei libri di storia.Enciclopedia delle Donne – Capitolo XX

……………………………… I Neanderthal erano artisti…pittori, incisori, creavano monili….
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2025/06/i-neanderthal-erano-artistipittori.html
………………………………
Altri File..Preistoria
La Luce delle Donne Preistoriche: Delia, la Donna di Ostuni….Thea, la Principessa di Acquedolci… Enciclopedia delle Donne – Capitolo XXI.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2025/06/la-luce-delle-donne-preistoriche-delia.html


I Neanderthal erano artisti…pittori, incisori, creavano monili….
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2025/06/i-neanderthal-erano-artistipittori.html

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