San Leucio - Viaggio nei territori delle Abbazie di Regio Patronato - Seconda Parte: Dall'Abbazia di San Pietro ad Montes alla Chiesa Campestre di S. Maria di Macerata
San Leucio - Viaggio nei territori delle Abbazie di Regio Patronato -
Secondo Parte: Dall'Abbazia di San Pietro ad Montes alla
Chiesa Campestre di S. Maria di Macerata
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11. Abbazia di
San Pietro ad
Montes
11. Abbazia di
San Pietro ad
Montes
Dauferio Epifani del Zotto, futuro papa Vittore III
Benevento, 1027 – Montecassino, 16 settembre 1087)
(Abbazia di Sant’Angelo in Formis (Caserta)
Figlio di Landolfo Del Zotto (Landolfo V), Duca di Benevento, all’età di
circa vent’anni fuggì da casa per rispondere alla sua vocazione monastica.
Fu rintracciato dalla famiglia che gli impose un ritorno a casa.
Desiderio ritentò una seconda volta la fuga l’anno seguente, riuscendo nel
suo intento. Con l’aiuto di Siconolfo, preposto al Monastero di Santa Sofia di
Benevento, riuscì a raggiungere Salerno, dove grazie all’aiuto del suo amico,
fu posto sotto la protezione di Guaimario IV, principe di Salerno e suo parente.
Dopo un periodo di permanenza nella Badia di Cava, fece ritorno a Benevento
prendendo i voti monacali nel monastero di Santa Sofia. Nel 1055 incontrò
papa Vittore II a cui chiese l’autorizzazione per entrare nel Convento di
Montecassino di cui diventò abate. La sua elezione a papa avvenne
il 24 maggio 1086 e l’insediamento il 9 maggio 108. La fine del suo
pontificato il 16 settembre 1087, data della sua morte.
Tra la sua nomina papale ed il suo insediamento passò circa un anno.
Desiderio infatti fu restio ad accettare la nomina papale e solo dopo un anno
accettò l’incarico a lui si deve la rinascita del Monastero di
Montecassino ed anche la costruzione numerose abbazie. Importante anche lo sviluppo
culturale del monastero con studi teologici, grammaticali e retorici.
operai ed agli schiavi che riportavano ferire durante le fasi di costruzione della residenza reale di Caserta, il grande complesso sorse a fianco di due edifici preesistenti e che, grazie a vari interventi, furono destinati all’uso prefissato.
Furono realizzate diverse stanze e corsie, anche per tenere separati gli schiavi e i liberi
operai del Regno. Per quest0ultimi fu anche costruita una cappella che oggi è parte integrante della Chiesa di Santa Croce La Nuova.
“un’abura di belve”. Con l’avvento di Ferdinando, l’Ospedale di Casanova
diventò una caserma di Fanteria borbonica e in seguito all’unità d’italia mantenne la
destinazione d’uso come caserma. Nel 1985 il complesso fu ceduto al Comune di Casagiove. Ma come mai il paese di Casanova fu chiamato Casagiove?
Il centro di Casanova mantenne il suo nome fino al 1810 quando fu unito alla
Villa di Coccagna assumendo il nuovo nome di “Casanova e Coccagna”
Il cambiamento del nome della città in Casagiove avvenne con Regio Decreto del 17 febbraio 1872 n. 695. Un nome, quello di Casagiove, legato all’esistenza di un
tempio dedicato a Giove sui Monti Tifatini e di cui furono trovati i resti nel 1997.
All’inizio l’esistenza del tempio era legata ad un antica tradizione storica ma quando
vennero trovate tre targhe in bronzo, di epoca romana, quella che era considerata una leggenda diventò realtà storica.
Il termine di Villa Coccagna sarebbe invece legato, secondo una tradizione
popolare, al paese
di Casagiove che era considerata la città del divertimento, delle feste e di tutto cio’ che era svago e divertimento. Secondo gli studiosi il termine sarebbe invece legato alla
parola latina “coccus” cioè pietrame e cocci. Serviva a designare un
territorio ricco di cave che erano presenti a ridosso del Monte Tifata. Altra derivazione legata al termine “cocciniglia”, ovvero il colorante rosso usato per i tessuti. Sembrerebbe questa la natura etimologica del termine “coccagna” tenendo
presente la vicinanza con un’antica tintoria annessa la setificio di San Leucio.
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Il
periodo d’oro del casale fu proprio legato al grande fervore culturale promosso
dalla famiglia Aloise nel Cinquecento mentre nel secolo successivo la peste
decimò la popolazione. Gian
Francesco Alois nacque nel 1515 , figlio di Aloisio Alois e di Ippolita
Caracciolo,fu
un famoso letterato e fu nominato “il Caserta”
perché la sua famiglia aveva vaste proprietà inquella provincia.Sposò
una esponente della nobile famiglia Caracciolo, Isabella.Dedito
alle lettere fu amico di monti umanisti come Galeazzo Florimonte, Paolo
Manuzio, Ludovico Dolce, Paolo Giovio. Scrisse diverse poesie che furono
pubblicate in “Rime di Diversi Signori Napoletani - Venezia 1552” e in “Rime
di diversi nobilissimi et eccellentissimi autori in morte della Signora Irene
di Spilimbergo - Venezia 1561”.Fu
discepolo di Juan de Valdès, l’evangelico nicodemita spagnolo che una parte
importante ebbe nella diffusione a Napoli delle idee riformate con Marcantonio FlaminioMarcantonio
Flaminio fu coautore con Benedetto Fontanini del “Beneficio di Cristo”. Fu
ospite dell’Alois nella sua villa di Piedimonte, giunse da Napoli in cattive
condizioni di salute tra la primavera e l’autunno del 1539. L’Alois ricevette i ringraziamenti, per la sua
ospitalità, nel “Carmine” dove celebrò il soggiorno casertano.Sempre
a Piedimonte ospitò anche Lorenzo Romano, frate agostiniano ed allievo del
Valdès, perché vi tenesse scuola. Fu scoperto nel 1551 riuscì a fuggire
per poi presentarsi spontaneamente a Roma dove abiurò.Vide
morire il fratello Giambattista durante le proteste a Napoli del 1545/47 contro
l’Inquisizione e favorì la conversione alla Riforma del cugino, il Marchese di
Vico Gian Galeazzo Caracciolo. L’Alois presentò il cugino al Valdes e lo
condusse a quella predica di Pietro Martire Vermiglie in S. Pietro ad Aram
(1541 circa) che fu motivo dell’illuminazione del Caracciolo e della sua
adesione al valdesianesimo.Il
Caracciolo prese la decisione di fuggire in Svizzera nel 1551 e lo invitò più
volte a seguirlo ma ottenne un rifiuto.L’Alois ebbe dei rapporti anche con il figlio di Gian
Galeazzo Caracciolo, Colantonio. Infatti durante una perquisizione, avvenuta
probabilmente nel 1564, nella casa di Colantonio Caracciolo furono trovate
delle lettere dell’Alois che lo stesso Colantonio stava bruciando. Il giovane fu citato e processato a Roma.Non
so quale sia stato l’esito del processo ma sembra che il Colantonio sia
riuscito a sfuggire alla condanna e riparò all’esterno, forse in Svizzera, dove
si trovava il padre.Il
cardinale Carafa, successivamente Paolo IV, fu nominato arcivescovo di Napoli e
l’attività dell’Inquisizione ebbe un incremento e a Roma ci fu un importante
processo contro Lorenzo Romano, maestro di logia aristotelica e di teologia
molto attivo a Caserta e che l’Alois aveva seguito nelle sue lezioni (1549 –
1551). Fu
quindi coinvolto nella repressione scatenata dall’Inquisizione condotta da
Giulio Antonio Santori contro l’eresia valdesiana. Fu quindi ricercato, prima
nel suo feudo di Piedimonte e nel settembre del 1552, quando si trasferì a
Napoli con la moglie, venne arrestato.Fu
arrestato anche un suo caro amico. Bernardino Gargano di Aversa.Nell’ottobre
fu trasferito nel carcere di Roma assieme ad altri arrestati. Il trasferimento
avvenne per mare e rinchiuso nelle carceri dell’Inquisizione che si trovavano a
Santa Maria sopra Minerva.Grazie
all’intercessione di uno dei cardinali dell’Inquisizione, Girolamo Verallo, il
cui fratello Matteo era sua amico, e alla pubblica abiura, fu rilasciato il 23
dicembre dietro cauzione. Ottenuta la libertà ritornò a Napoli. Ma la sua abiura era stata solo il frutto
di una convenienza per non essere
condannato a morte e ricominciò subito a rifrequentare le sue antiche amicizie
con esponenti della Riforma. La
famiglia dell’Alois mostrò una grande irritazione nei confronti del giudice
inquisitore Giulio Antonio Santori a tal punto di minacciarlo di morte.La
morte di papa Paolo IV, avvenuta nel 1559, e violento repressore di ogni forma
di dissenso religioso, fu salutata a Roma con grandi manifestazioni di giubilo
e stesse manifestazioni avvennero in altre città.A
Napoli, Caserta ed in altre città si svolsero per l’avvenimento delle
pasquinategli
heretici di Napoli e di Caserta et di altre parti fecero moltissimi
pasquini volgari e latini contra lui, per l'odio che gli portavano», scrisse
nella sua relazione l’inquisitore Santori. L’Alois,
a sua volta, dirà un giorno che«mentre
visse Paulo Quarto noi andavamo assi ritenuti nelli ragionamenti di queste
cose, ma dipoi, che se intese de la brusata di Ripetta et che era morto
Papa Paulo quarto, noi altri, che eravamo di queste oppinioni alargamo la mano,
et si ragionava a pieno di queste oppinioni lutherane».La
sua vita continuò ad essere ricca di incontri con noti personaggi che erano
sospettati d’eresia come Giulia Gonzaga e Pietro Carnesecchi. Ma avvenne
qualcosa di dispiacevole che turbò profondamente la vita dell’Alois.Juan
de Soto, nobile spagnolo e segretario vice-reale, nel 1562 si era visto
rifiutare dal barone Consalvo Bernaudo,
in passato costretto all’abiura e grande
amico dell’Alois, la mano della figlia Cornelia. Malgrado le offerte, le
lusinghe ed anche le minacce, il de Soto decise di agire con spietata
vendetta. Denunciò l’Alois al tribunale
dell’Inquisizione di Napoli per eresia. Il suo piano prevedeva la liberazione
dell’Alois in cambio della mano di Cornelia Bernaudo. L’ Alois fu arrestato e
il piano del de Soto ebbe solo un parziale successo. Un
arresto eseguito ancora una volta da
Giulio Antonio Santori che era stato compagno di studi di Gian Francesco
Alois a Napoli e diventato vicario della diocesi di Caserta.Ci
fu un intervento in favore dell’Alois da parte di Pietro Carnesecchi di Firenze che era legato al prigioniero da una vecchia amicizia risalente al 154. Lo
spagnolo sposò Cornelia ma l’Alois non fu liberato e nell’ottobre del 1562 fu
condotto, insieme ad altri inquisiti tra cui il nobile di Aversa Bernardino
Gargano, nelle carceri del Sant’Uffizio di Roma. Il tribunale dell’Inquisizione
aveva timore di una possibile reazione della nobile ed influente famiglia Alois
che aveva l’appoggio di altre famiglie nobili del napoletano e per questo
motivo l’Alois non fu imprigionato a Napoli ma a Roma. Il processo a carico
dell’Alois si svolse però a Napoli e qui un parente ed amico del nobile gli si
schierò contro.Il
suo nome era Giovan Battista Sasso il quale affermò cheIl13 settembre
1563 Gian Francesco Alois gli aveva confidato anniprima di aver
abiurato per forzaet per non perdere
la vita, perché quando era stato in mano de' preti bisognava che avesse detto
come volevano loro [...] però tutte quelle oppinioni, che esso Giovan Francesco
haveva insegnate al modo lutherano et tenute, diceva che erano vere et che le
teneva per vere, così come le teneva et credeva prima».Queste
opinione consistevano nel ritenere che«il Papa non
haveva autorità alcuna, eccetto di predicare l'Evangelio [...] diceva gran male
di Papa Paolo quarto [...] la Fede sola senza le opere nostre buone era
sufficienta a giustificar l'huomo, et che bastava per soddisfatione de' nostri
peccati lo sangue et la Passione di Giesù Christo [...] chi era predestinato
necessariamente doveva andare in Paradiso, et che la vera Chiesa era delli
Eletti et Predestinati». Inoltre, il purgatorio non esisteva e le indulgenze
richiese e i giubilei indetti dalla Chiera eranoSole delle burle
ed inventioni per trovar denaro Gian
Francesco Alois e Bernardino Gargano furono quindi condotti a Napoli per
ascoltare la sentenza di morte che fu emessa il 3 gennaio 1564.Il
10 gennaio furono sottoposti ad una spietata tortura per avere i nomi dei
seguaci.Entrambi
confessarono e l’uno marzo fu emessa la Nuova e definitiva
sentenza declaratoria:dichiarati eretici
impenitenti;pertinaci e
relassie furono
consegnati al braccio secolare per l’esecuzione della condanna condanna che fu
eseguita il 4 marzo 1564 per decapitazione e rogodei cadaveri in
Piazza del Mercato L’esecuzione
provocò una forte reazione, contro il tribunale e lo stesso Santori,
nell’ambiente politico europeo. In margine al processo contro l’Alois, ci fu
un documento che fu tenuto quasi nascosto.Si
trattava di una lettera invia dal vicerè duca d’Alcalà, Pedro Afàn Enriquez de
Ribera y Portocarrero, a Filippo II re
di Spagna.Nella
lettera erano stati esposti degli elementi importanti sull’episodio dell’Alois
perché riportava i nomi dei prelati con cui il condannato era stato in contatto
negli anni 1540 – 1547 e che aveva rilevato sotto l’azione di atroci torture.Contatti
cheEgli avrebbe
ricordato a propria discolpaper il comune
sentire nelle questioni di fede.La
lettere riportava i nomi....decisamente importanti per il tempo...L’arcivescovo
Otranto Pietrantonio di CapuaGiovan Tommaso
Sanfelice, Vescovo di CavaNicolò Maria
Caracciolo, vescovo di Catania (8 gennaio 1537 – 15 maggio 1567)Giulio Pavesi,
arcivescovo di Sorrento;Onorato
Fascitelli, vescovo d’Isola (Calabria)Fabio Mirto,
vescovo di CaiazzoAntonio Scarampo,
vescovo di NolaIacopo Guidi,
vescovo di Penne;Nicolò Francesco
Missameli, vescovo di PolicastroGaspare del Fosso,
arcivescovo di Reggio Erano
inserite anche brevi notizie di discussioni (sulla giustificazione per la
fede) e di letture (le Prediche dell'Ochino, il Trattato
utilissimo del Beneficio di Giesù Cristo), caratteristiche della spiritualità
valdesiana. La
viabilità del casale non è cambiata, come si nota dalla foto aerea. Le stradine
seguono la naturale pendenza del terreno e gli incroci, le cortine edilizie
conservano ancora l’aspetto originario anche se con evidenti segni, in alcuni
punti, delle mutazioni che si sono verificate nel tempo. Le abitazioni più
antiche sono in tufo e presentano dei portali ad arco, come quello della casa Alois dai quali
s’intravedono scale, scalette, colonne, ballatoi e cortili spaziosi che
guardano vero la sottostante pianura. Il
palazzo dei Marchesi Cocozza di Montanara risale alla seconda metà del XV
secolo e fu di proprietà di diverse famiglie. In origine della famiglia d’Amico,
passò successivamente ai Tomasi e attraverso legami di parentela, nati da
matrimoni, venne ereditato dai Cocozza.(I
Tomasi erano quelli del ramo familiare di Capua che nel corso del XVI secolo si
trasferirono in Sicilia dove acquisirono la baronia di Montechiaro ed altri
feudi? Acquisizioni ottenute anche grazie ai legami di parentela con le
famiglie De Caro e Troina ottenendo i tutoli di duca di Palma e principe di
Lampedusa)Dall’Archivio
di Napoli ho trovato una dicitura in merito ad Adele Cocozza de Tommasi che sposò Francesco Caracciolo di Melissano il 14 settembre 1887 Adele
Cocozza era figlia di Cocozza Giuseppe (Nola- Napoli, 16giugno 1816; Napoli, 30
dicembre 1892) figlio di Gaspare Cocozza e di D’Orineta Francesca). Marchese di
Montanara, Nobile di Nola e Senatore del Regno con nomina a febbraio 1880).Sposò
Sirignano Rosa (Principessa ?) e dal matrimonio nacquero i figli/e:Gaspare,
Francesca Maria, Amalia, Errico o Enrico, Adele. Ernesto e Giovan
Battista.
Sul portale d’ingresso è posto lo stemma della famiglia
Cocozza: una fascia d’oro e una azzurra, con al centro una zucca racchiusa tra due
foglie verdi. Essa è sormontata da una stella d’oro ad otto raggi e dalle due
F di fidelis familia. È quindi alla zucca – o meglio alla cocozza, chiamata così
in dialetto napoletano – che l’edificio deve il suo nome.
“Ai nostri padri che nei giorni 1 e 2 ottobre 1860 combatterono con onore e fedeltà contro gli invasori piemontesi. Casolla 20 maggio 2006 A.D.O. 146 (anno dell’oppressione?). Movimento neoborbonico, Ass. Il Giglio tifatino, Ass. Terra Nostra”.
“…di Santa Barbara al Monte, di San Salvatore di Staturano, di San Lorenzo,
di Santa Maria a cappella (apparteneva alla famiglia
Lanni e fu distrutta dalla speculazione edilizia del 1977) . di San Nicola (
cappella privata, di cui si sono perse le tracce), di San Rufo di
Piedimonte, di San Vitaliano di Carzano, di Sant’Angelo ad Pinos…”.
Fu successivamente citata anche nelle “rationem
Decimarum” e in molti atti notarili.
Casolla, Via
Croce, edicola alla Santa Vergine. Edicola con intradosso a botte ellittica su
mensola ed incorniciata da una modanatura liscia.
Foto di Antiche
Botteghe
13. Il Santuario
Diocesano di Santa
Lucia
QUAM CRUCEM REPARATAE ILLUD .HUMANAE.E. SALUTIS. PIGNUS.
CASERTANIS. VEL. PLUVI AM. VEL. CO ELI. SERENITATEM.
EXORATURIUS. VEN. SERV. DEFR. MATTHAUES. A. MARI LI ANO PROXIM. S. LUCIAE
COENOBII XVI. VERGENTE. SAECULO. FUNDADOR. ADFUNDAM. ADORANDAMQUE. PROPOSUIT
EAM IPSAM VETERI. DILAPSO.SACELLO IN HOC. ELEGANTIORI.DE S. P EXCITATO
SED.NULLO.INDE.JURE SIBI.ADQUISITO ANGELUS. BRUCHERIUS.DOMO.MEDIOLANO PRO SUA.
PIETATE CONLOCANDAM CURAVIT. A.D. MCDCCLXXIX
Il Venerabile servo di Dio Fra Matteo di Marigliano
fondatore, alla fine del 1500, del Vicino convento di S.Lucia, pose in un
tempietto la Croce, pegno sublime della salvezza del genere umano, perché fosse
oggetto di Adorazione da parte dei casertani che qui affluivano per invocare da
Dio la pioggia o II sereno. Poiché il Vetusto Tempietto andò ini rovina, Angelo
Brucherio di famiglia Milsanese, animato da pietà religiosa, a sue spese e
senza rivendicare alcun diritto o privilegio, fece costruire questo nuovo
tempietto con maggiore eleganza, poiché vi fosse collocata quella stessa Croce
per l'adorazione
La Statua di Santa Lucia donata da Ferdinando II di Borbone
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Santuario
Diocesano di Santa Lucia – Chiesa Campestre di S. Maria di Macerata
14.
La Chiesa
Campestre di Santa Maria Macerata
costruire l’abitazione del fattore e un granaio.
Risultava abbellita da diverse
immagini di santi e con un altare in
legno
provveduto alla purificazione di ciò che non era perfettamente
pulito e decoroso.
Idem P.P. visitatores accesserunt ad visitandam Capp.am sub titolo Mater Dei,
seu Sancta Maria Macerata intus palatium D.mi Doctoris Iacobi Vivaldi cum
diversis immaginibus sanctorum et quattuor candelabris, tribus mappis,
altare portatili et ante altari decenti, predella lignea, missali planeta et omnibus
necessariis ad celebrationem fuit promisum quod provideat de prificandiis,
decentibus et immundis infra dies quindici sub pena ducatis sexium”
Cappella sotto il titolo di “Mater Dei” o “Santa Maria Macerata” nel palazzo del
Signor Dottore Giacomo Vivaldi con varie immagini di santi e quattro candelabri,
tre tovaglie, altare portatile ed paliotto decente, predella di legno, messale, pianeta e tutto il necessario per la celebrazione (delle Messe) fu promesso che avrebbero
provveduto a far purificare le cose decenti e quelle sporche nel giro di quindici giorni
QUAE EST IN LOCO MACERATA MUNDO CORDE ADIRENT/
DUE DOMINICA INFRA OCTAV, NATIVIT. B.M.V. ET TRIBUS
DIEBUS PENTECOSTES PLENISSIMAM PECCATORUM VENIAM /
SINGUL. VERO DOMINICIS ALISQ. DIEB. FEST. M. MAI /
SEPTEMNEM ET QUADRAGENARIAM LUCRARENTUR /
PONTIFICATUS D. N. ANNO III
con cuore puro la Chiesa di Santa Maria, che si trova nel luogo di Macerata,
nella domenica tra l’ottava della Natività della Beata Vergine Maria
e nei tre giorni dopo la Pentecoste possano guadagnare l’indulgenza plenaria,
invece in ogni domenica o altre feste del mese di maggio (indulgenza parziale)
di sette anni e quadragesima. Nel terzo anno di pontificato di
Nostro Signore (1778)”
die vero duodevigesimo Junii, Magdalena Morronese, vidua Iosephi Cutilo,
aetatis supra septuagesimum, Sanctis paenitantiae et extremae
unctionis munita, animum Deo redditi, cui morienti
............. ego..........Paroclus; cuius cadaver sequenti nocti mandatum
Fuit sacro lumo contiguo sacello Sanctae mariae loco dicto Macerta,
peste cholerica infectis destinato, ita est et in fidem
Paschalis Brignola Paroclus
Libro dei Morti, 1827 -1869
Il giorno diciotto di giugno dell’anno del Signore 1837, Maddalena Morronese,
vedova di Giuseppe Cutillo, dall’età di oltre settanta anni, munita
della Santa Penitenza e dell’estrema Unzione, rese l’anima a Dio,
e mentre lei moriva io Parroco ero presente;
il cadavere della quale la notte seguente fu mandato nella terra sacra vicina alla
cappella di Santa Maria nel luogo detto Macerata, destinato agli
infetti di peste colerica; così ed in fede.
Pasquale Brignola Parroco.
Govanni Grafer, figlio delli furono Giovanni Andrea ed Elisabetta Corsi,
marito di Maddalena Giaquinto munito dei SS. Sacramenti
morì il 20 luglio 1837, ed il di lui cadavere fu sepelito
in S. Maria di Macerata = morto di colera =
Cappella campestre... custodita da
due eremiti con approvazione della Reverenda Curia Arcivescovile sotto la
vigilanza del Sacerdote don Michele Valentino con dipendenza dal parroco.
a dare la sua opera gratuita, e fu uno spettacolo commovente.
Un pittoresco affollarsi di uomini volenterosi, un febbrile formicolio di
volenterosi operai, che resero possibile questo fatto;
che la campagna ancora intatta al mattino, era stata falciata dell’erba,
inghiaiata, battuta e percorsa alle ore 11”.
Da interpretare come una data
(9 gennaio 1618 o 1678)
San Leucio (Caserta) - Viaggio nei
territtori delle Abbazie di Regio Patronato –
Prima parte : Da San Leucio a
Pozzovetere
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