Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 7° Parte - i Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi ricordati dalle figlie.


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I ricordi delle figlie di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi
 La principessa afghana Naciye Dogan  è la figlia più giovane di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi e vive in Turchia dal 1957.

La signora Shahidakht Najiya, figlia di Shah Amanullah Khan Ghazi
e di Soraya Tarzihttps://cdni0.trtworld.com/w480/h270/q75/113027_NaciyeDogan_1630337176675.png

In un’intervista parlò del coraggio dei suoi genitori nel portare avanti le riforme per la realizzazione di un paese moderno con parità di diritti tra uomini e donne, istruzione obbligatoria per ragazzi e ragazze, ecc….
"si è sforzato di rendere l'Afghanistan una nazione forte, sviluppata e moderna".
La principessa non visse in prima persona la tragica esperienza della fuga dei suoi genitori dall’Afghanistan  nel 1929 ma le vicende storiche fecero nascere in lei l’intuizione che dietro l’abdicazione del padre ci fosse la mano “velenosa e traditrice” del governo inglese…
“Si sono rifiutati di fare pace con la perdita dell'Afghanistan e temevano l'impatto delle riforme di mio padre. Hanno fatto propaganda contro di lui tra i capi afgani, incitando alla ribellione. Mio padre ha rinunciato volontariamente al suo trono perché non voleva violenza e disordini. Tuttavia, hanno costretto anche lui a lasciare il paese. Aveva sperato che le sue riforme sarebbero continuate, ma invece i progressi che aveva ottenuto furono annullati. Non poteva essere consolato.
Dopo la fuga dall’Afghanistan la famiglia si stabilì a Roma dove nacque la principessa Naciye (Cinzia).
i miei genitori non hanno mai lasciato l’Afghanistan.
“I loro cuori erano sempre lì. I miei genitori parlavano sempre dell'Afghanistan e ci mostravano le foto della madrepatria. Mia nonna paterna (Sarwar Sultana Begum morta ad Istanbul nel 1965)
m’insegnava canzoni e preghiere afghane”.
La famiglia  desiderava ritornare in patria anche se la principessa Nacyie non ne aveva mai percepito l’atmosfera. Percepiva però nella sua abitazione di Roma l’atmosfera di malinconia che colpiva i suoi genitori nel vivere il dramma dell’esilio..
“Alla scuola media, alla mia classe è stato detto di scrivere una composizione sulle nostre patrie. La mia composizione è iniziata con le parole “ho una patria che non ho mai visto”. Ho scritto dell'amore che provavo per la casa che conoscevo solo attraverso le immagini ei ricordi della mia famiglia. Ricordo che quando ho letto la composizione, tutti si sono commossi».

Amanullah Khan e la sua famiglia, Roma, 1933.
Da sinistra a destra, rispettivamente:
Abeda, Rahmatullah, Meliha, Amina, Hedayatullah,
Adela, India, Amanullah Khan, Soraya Tarzi, Naciye,
Ehsanullah. 

All’inizio della seconda guerra mondiale la principessa Naciye aveva dieci anni e la famiglia viveva gravi problemi finanziari. La regina Soraya Tarzi si recava al mercato nero per reperire dei generi alimentari che venivano divisi scrupolosamente a tavola.
"Durante la guerra, abbiamo avuto difficoltà a trovare cibo da mangiare e
siamo stati per lo più lasciati al freddo". 
Le due sorelline e principesse India e Naciye furono mandate a studiare in Svizzera con immensi sacrifici economici da parte del padre. Amanullah Khan li voleva tenere al sicuro, lontani dalla devastante guerra.
Naturalmente le due bambine, rispondendo al loro vissuto, avevano nostalgia della casa paterna e vissero momenti di grande nostalgia. Ritornarono in Italia solo alla fine della guerra e ripresero i loro studi.
Nel 1934 l principessa Naciye si laureò presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Moderne all’Università di Roma per poi insegnare francese ed inglese.
Si trasferì in Turchia su invito delle sue sorelle maggiori..
“Anche la famiglia di mia madre aveva lasciato l'Afghanistan. Si erano stabiliti a Istanbul con l'aiuto di Ataturk (Mustafa Kemal). I miei fratelli maggiori andavano spesso a trovarli e alla fine si sono trasferiti lì”.
Ad Istanbul incotrò Ilter Dogan, un  imprenditore turco, che sposerà. Dal matrimonio nacquero due figli/e: Omer Fazil e Humeyra.
La famiglia viveva a Istanbul e Ayvalik. La principessa Naciye continuò a svolgere la sua importante funzione didattica come docente presso il “Centro di cultura italiana” di Istanbul insegnando filologia italiana all’Università.
La famiglia veniva spesso in Italia ma erano solo dei brevi soggiorni per riabbracciare la sua famiglia.
Nel suo animo era presente la fermezza di non lasciare mai la Turchia definitivamente..
“Vivere in Turchia è stato facile per me. Avevo una famiglia qui e mi sentivo vicino ai turchi. Siamo simili nei nostri pensieri, credenze e stile di vita. 
L’Intervista fu pubblicata nel sito “TRTWORLD” il 30 agosto 2021 e la principessa aveva 91 anni e viveva ad Ayvalik.

Il matrimonio della principessa Naciye e Ilter Dogan, Istanbul, 1957.
Da sinistra a destra, rispettivamente:
la principessa Naciye, Ilter Dogan, la regina Soraya Tarzi. 

Nell’intervista la principessa Naciye mise in risalto anche la grande amicizia che legava suo padre al presidente turco Ataturk
"Si scrivevano spesso e si rivolgevano l'un l'altro come 'birader' (fratello) nelle loro lettere."
“L'Afghanistan è stato il primo stato musulmano a riconoscere la Repubblica di Turchia e mio padre è stato il primo sovrano straniero a visitare la Turchia. Ha anche fatto trasferire l'ambasciata afgana ad Ankara. Questi sono stati fatti in un momento in cui le maggiori potenze rifiutavano la sovranità della Turchia e non riconoscevano Ankara come capitale”.
Allo stesso modo, la Turchia ha aiutato l'Afghanistan a preparare la costituzione, le studentesse sono state inviate in Turchia e il parlamento turco ha formato un'ambasciata per Kabul. Nel 1921 firmarono l'accordo di alleanza Turchia-Afghanistan. "Ataturk ha dato grande importanza alla prosperità dell'Afghanistan e ha sostenuto la modernizzazione del Paese".

Shah Amanullah Khan Ghazi con il Presidente della Turchia, Mustafa Kemal Atatürk, Ankara 1928

Mustafa Kemal Ataturk, Soraya Tarzi e Amanullah Khan, Ankara, 1928

La famiglia di Amanullah Khan ebbe sempre un grandissimo rapporto d’amore con la Turchia.
Una Turchia che considerava diversa rispetto agli altri Stati Europei.
"Hanno trovato il popolo turco più sincero, ospitale e amorevole".
 Ancora oggi, nonostante la presa del potere da parte dei talebani, il personale principale dell'ambasciata turca rimane a Kabul. Credo che la Turchia continuerà a stare dalla parte del popolo afghano come sempre.
La principessa Naciye visitò l’Afghanistan cinque volte.
La sua prima visita fu in seguito ad un evento doloroso della sua vita:
il funerale di mia madre nel 1968.


Le tombe di Amir Habibullah Khan (al centro), del re Amanullah Khan (a destra) e della regina Soraya (a sinistra) a Bagh-e-Shahi "Giardino reale" a Jalalabad

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Dopo quasi mezzo secolo l’Afghanistan si ricordava dei suoi genitori. Fu accolta
Come una figlia che aveva perso la madre
Un’accoglienza spontanea da parte di migliaia di persone, come una principessa che
Era tornata con la loro amata regina perduta da tanto…. Tanto tempo
“Sono stata così commossa dall'amore sincero che mi hanno mostrato. È indescrivibile.”
 Durante l’occupazione dell’Afghanistan da parte delle forze di coalizione della NATO e degli USA, la principessa tornò più volte il Afghanistan.
“Durante le mie visite, non ho potuto fare a meno di pensare alla vita della mia famiglia prima dell'esilio e al dolore che la lontananza da casa portava loro. Ho potuto visitare le tombe dei miei genitori solo una volta dopo il funerale, nel 2010, perché sono stati sepolti a Jalalabad, dove non era completamente sicuro”.
La sua ultima visita in Afghanistan risalirebbe al 2019, in occasione del centenario dell’indipendenza afghana. Fu accompagna dalla sorella, la principessa India e  dai bambini.
“Abbiamo visto poster dei miei genitori ovunque. La gente si accalcava intorno a noi per le foto e voleva abbracciarci. Molte persone ci hanno detto che avrebbero voluto che mio padre fosse rimasto re perché l'Afghanistan sarebbe stato più forte".


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La  principessa Hindia, figlia di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi, che pochi conoscono, rilasciò numerose interviste.
All'inizio di gennaio 2010 a Milano fu intervistata  da


Al tempo la principessa era ambasciatrice culturale onoraria dell'Afghanistan in Europa. Un incarico approvato nel 2006 dal presidente Hamid Karzai. Era uno dei membri fondatori della Mahmud Tarzi Cultural Foundation (MTCF), che stava costruendo un complesso in Afghanistan comprendente un complesso ospedaliero cardiovascolare circondato da terreni aperti per la riabilitazione, aree ricreative e sportive, una biblioteca e un museo per le opere di Mahmud Tarzi , un centro per l'infanzia di strada, un centro per la cura delle donne, un centro congressi e un hotel. Dal 2005 era Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della MTCF.
Amanullah Khan fu molto risoluto nella sua posizione sull'autonomia afghana dal controllo straniero, e soprattutto dall'influenza britannica. Nel 1923 istituì la prima Costituzione dell'Afghanistan, applicò un codice dei diritti civili e avviò numerose riforme per portare il paese nel XX secolo. Diede un forte sostegno al suo ministro degli Esteri e suocero, Mahmud Tarzi, che fu la forza trainante per l'istituzione di riforme che promuovevano l'istruzione e il progresso delle donne.
India visse a Roma da quando il padre dovette affrontare una schiacciante opposizione ai suoi sforzi per rinnovare il Paese e nel gennaio 1929 fu costretto a dimettersi. Lasciò l'Afghanistan insieme alla sua famiglia, viaggiando in India, dove nacque la principessa, e infine arrivò in Italia.
Dall'invasione russa dell'Afghanistan fino ai giorni nostri, Princess India si adoperò instancabilmente a beneficio delle questioni femminili, dei bambini svantaggiati e delle preoccupazioni mediche. Nel 1984-1996 il Ministero degli Affari Esteri italiano stanziò due somme di denaro per portare in Italia i bambini malati afgani per ricevere cure mediche, soprattutto quelli che necessitavano di interventi chirurgici speciali. La principessa India, ideò e gestì il progetto, e riuscì a portare in Italia ben 65 bambini di età inferiore ai 18 anni. Erano stati feriti dall'esercito sovietico e in genere erano orfani. Furono portati dai giornalisti con l'aiuto della Croce Rossa Internazionale. Per risparmiare denaro e portare più bambini/e, dopo le operazioni chirurgiche si prese cura di loro la Princess India, ospitandoli nella sua residenza, curando le loro ferite, nutrendoli, lavandoli, come e meglio di un'infermiera. Una ragazza si fermò 2 anni e mezzo a casa della principessa India.
India tenne delle conferenze di successo sul suo paese, in Italia e in Europa, con l'opportunità di educare il pubblico e raccogliere fondi e beni per scuole, orfanotrofi e ospedali in Afghanistan.
Una o due volte l'anno Princess India si recava a Kabul, volando, grazie al Ministero della Difesa italiano, su aerei da trasporto militare Lockheed C-130 Hercules, per portare donazioni da tutta Europa destinate ad aiutare i contadini afghani: vestiti, medicinali , scarpe, coperte, materiale scolastico e denaro. Degna figlia del padre, nell'intervista Princess India offrì una soluzione nuova e costruttiva all'occupazione militare del Paese, totalmente pacifica. L'intervista fu rilasciata quasi un anno fa ma furono pubblicate solo poche righe dell'intervista “ripulita” su un quotidiano italiano. 1 La principessa India nell’intervista disse delle verità scomode e i giornali inglesi non vollero pubblicare il suo discorso. Wikileaks sull'Afghanistan pubblicò a luglio documenti sulla presunta cattiva condotta degli Stati Uniti, sette mesi dopo l'intervista, e i media solo allora credettero alle affermazioni dell'India. Forse non volevano toccare questioni problematiche in un momento in cui il mondo occidentale elogiava solo l'intervento ISAF e NATO in Afghanistan. Il caporedattore di un'importante rivista americana mi chiese apertamente se volessi fare propaganda antiamericana come risposta velenosa a un sentimento personale contro la modernizzazione, la razionalità, la legge e l'ordine, e soprattutto contro i valori morali occidentali – incarnati dagli Stati Uniti.
Quante volte vai a Kabul e perché?
Viaggio un paio di volte all'anno per distribuire regali e donazioni fatte dai paesi europei. Gli italiani sono i più generosi tra loro. Recentemente, grazie all'aiuto del Comitato italiano di solidarietà con l'Afghanistan (Comitato Italiano di Solidarietà con l'Afghanistan – CISA), ho portato dall'aeroporto di Prato circa sei quintali di vestiti nuovi, coperte, medicinali, materiale scolastico e denaro cittadina vicina a Firenze, a Kabul.
Perché ci vai? Dovrebbe essere stancante e non è necessario portare quegli oggetti di persona.
Ovviamente devo essere lì per controllare che le forniture non vengano rubate o date via come tangente ai funzionari locali.
Il presidente Barack Obama ha dichiarato che la guerra in Afghanistan è "assolutamente essenziale" e che invierà più truppe in Afghanistan. Citando le parole di Ahmad Shah Massoud nella sua lettera al popolo d'America nel 1998, quindi ancor prima dell'occupazione occidentale,
“Per molti afgani, senza distinzione di etnia o religione, l'Afghanistan […] è tornato ad essere un paese occupato”.

Cosa ne pensi della politica di Obama? Servirà al meglio gli interessi del paese?
Obama non è solo in tutto questo, ci sono altri Paesi. Comunque, nulla aiuta se l'Occidente produce e vende armi ai talebani, direttamente o indirettamente, attraverso l'Arabia Saudita. I talebani sono finanziati dai paesi occidentali, l'oppio viene venduto attraverso rotte settentrionali e meridionali fuori dall'Afghanistan. I paesi occidentali per oltre un anno hanno bombardato le montagne con bombe all'uranio arricchito per uccidere Bin Laden. Quelle armi sono finite nell'ambiente, la conseguenza è che in quelle zone sono nati animali e bambini malformati e cerebrolesi. Gran parte delle persone ora soffre di tiroide e leucemia, c'è una nube tossica nel sud dell'Afghanistan, nelle zone colpite dai talebani, ma gli eserciti occidentali continuano a bombardare rocce e non campi di oppio. Ci tengo a sottolineare che i ricavi dell'oppio vanno a beneficio solo di pochissime persone, che con quei soldi costruiscono grattacieli ad Abu Dhabi e Dubai.
Una guerra nobile è stata quella per difendere il paese dagli invasori sovietici, questa guerra è terribile perché i talebani sono motivati, i soldati occidentali sono mercenari. I mujahedeen sono quei guerrieri che si migliorano, si impegnano nel jihad per rendersi migliori, più puri, e non è vero che il jihad non è menzionato nel Corano come l'ingiunzione di indossare un niqab o il detto che le donne dovrebbero essere istruite proprio come gli uomini . I mullah afghani leggono il Corano in arabo e non lo capiscono perché non conoscono l'arabo. I leader talebani sono per lo più uomini di lingua araba e non sanno cosa fare degli occidentali rapiti, non li capiscono e hanno bisogno di un interprete. La maggior parte degli occidentali rapiti, come i giornalisti,

Pensi che le forze occidentali – circa 130.930 ISAF e 48.000 soldati statunitensi finora – siano sufficienti per sconfiggere talebani e gruppi terroristici?
Non la penso così. Dovrebbero occupare tutto l'Afghanistan, non solo zone del Paese, ma nelle regioni meridionali nessuno sa esattamente cosa stia succedendo, ci sono troppi interessi in gioco. L'importante è chi ha il potere e chi ha i soldi. Le persone che controllano la regione e hanno soldi, quelle sono importanti e con loro gli occidentali dovrebbero trovare un accordo, una soluzione per governare pacificamente il Paese.
Qual è allora la soluzione? Se c'è una soluzione.
Ovviamente c'è una soluzione per portare davvero benefici al paese: sconfiggere la coltivazione dell'oppio. Esistono infatti due tipi di talebani, quelli che credono davvero nella guerra santa, che vengono addestrati in alcune madrase per portare ordine nel Paese, e quelli che molto probabilmente convivono molto bene con il traffico di oppio. Non esistono “talebani buoni”, quelli veramente bravi sono solo burattini nelle mani dei leader, non hanno alcun potere. La cosa buona è che le persone, e soprattutto le donne, almeno a Kabul e dintorni non vogliono i talebani. Le ragazze vanno a scuola e all'università di Kabul. Dopo il 2001, quando l'università ha riaperto, i primi studenti che si sono iscritti camminando tra due ali di uomini sono state donne. Anche quelli che indossano chador e burqa.
E gli stati vicini? A quale soluzione praticabile pensano per l'Afghanistan?
Non credo che siano amici del paese. Pakistan doppia o tripla croce Afghanistan. Né il Pakistan né gli altri paesi vogliono un Afghanistan libero e forte, preferiscono di gran lunga un governo debole e instabile, utile al commercio dell'oppio. Il traffico di droga è aumentato ed è meno controllato di prima. Molto tempo fa in Iran la coltivazione dell'oppio era consentita, era controllata dallo stato, era proibita dallo Shah.
Quindi non pensi a una soluzione per la pace?
Il nemico è subdolo, i talebani sono incessantemente alimentati con combattenti freschi e giovani dai paesi musulmani, e dai paesi occidentali con traffici di armi, denaro e oppio. Nessuno sa davvero chi sia il nemico, i bravi contadini pashtun di giorno diventano talebani di notte. Pertanto, penso che il Paese possa trovare la pace non attraverso le battaglie dell'esercito o l'occupazione, ma seguendo queste tre vie:
- ripristinando la produzione agricola, le persone muoiono di fame da troppo tempo, sono malate, letteralmente malate e stanche. Abbiamo bisogno di sistemi di irrigazione, abbiamo bisogno di costruire o scavare pozzi d'acqua, e abbiamo bisogno di sminare i campi.
- Per avere la pace occorre educare insegnanti, buoni insegnanti capaci di dare alle bambine, e soprattutto ai bambini, un'educazione buona, rispettosa e moderna.
- I soldati alieni dovrebbero lasciare il paese. Gli italiani sono per lo più schierati nelle regioni meridionali, sono generalmente accettati perché rispettano i locali, si arruolano per non essere reclutati da organizzazioni criminali transnazionali come mafia e camorra poiché l'Italia oggi offre pochi posti di lavoro. L'aeronautica militare belga è schierata in aeroporti come quello di Kandahar. I soldati britannici non piacciono per ragioni storiche [le tre guerre anglo-afghane - NdR]. Gli uomini statunitensi che si arruolano spesso non hanno alti standard etici, quando escono a volte sono ubriachi, hanno anche ucciso civili e non hanno pagato le loro famiglie, né si sono scusati, si sono scusati solo con Karzai.

Pensi che l'Italia dovrebbe lasciare l'Afghanistan?
L'Italia ha beneficiato anche della gente comune, la Cooperazione Italiana ha ristrutturato l'Ospedale Esteqlal di Kabul. Al centro del complesso è stato costruito un edificio di 2 piani per le ustioni, che rappresentano un grave problema di salute pubblica in Afghanistan. Un gran numero di ustioni si verifica in ambienti domestici e i pazienti sono per lo più giovani ragazze che si sono date fuoco per sfuggire a matrimoni indesiderati organizzati dalle loro famiglie con uomini molto più anziani. Quelle famiglie di solito sono in debito con i ricchi russi, non possono restituire loro i soldi e sposare le loro figlie. Questo è un grosso problema tra le giovani ragazze afghane.

……………………………




Altra intervista alla BBC di Londra, l’1 aprile 2018, in cui parlò dei suoi  genitori.

Mia madre era più seria di mio padre nel far rispettare la disciplina familiare con i suoi
figli. Mio padre era una persona con cui i bambini potevano facilmente
condividere i loro sentimenti.
La principessa Hindia aveva, al momento dell’intervista, 89 anni e mostrò un comportamento molto gentile. Nei suoi dialoghi prestò molta attenzione ai suoi interlocutori riportando in luce pensieri e momenti della sua vita ricchi di dettagli. Ancora oggi è impegnata in Afghanistan con attività di soccorso.
La sua famiglia lasciò l’Afghanistan il 14 gennaio 1929 (25 Jadi 1307) per raggiungere prima l’India e successivamente l’Italia. In Italia la sua famiglia affrontò gravi problemi economici durante la seconda guerra mondiale.
I corpi dei suoi genitori furono poi portati a Jalalabad.
La figlia Hindia parlò anche dei tristi momenti del padre lontano dall’Afghanistan.
Parlò dei momenti emozionanti vissuti da suo padre rattristato dalla lontananza del suo Afghanistan.
Un interlocutore gli chiese se avesse mai visto suo padre piangere.
Gli occhi della principessa diedero subito una risposta che fu intuita da tutti..
Quando il sole tramontava, in questo momento piaceva molto al mio Baba John (padre)…
e in quel momento “piangeva”.
È il giorno più bello del mondo, cori diversi… Quando il sole tramontava dietro la
montagna o sul mare…..
Baba John diceva…”State zitti, bambini, non parlate adesso…
e il quel momento piangeva…. Si ricordava dell’Afghanistan.
Mio padre piangeva per l’Afghanistan nel pomeriggio.
Le forti convinzioni religiose e sociali di suo padre sono una della questioni di cui
la gente non sa molto e alcune persone diffondono l’opinione opposta su di lui.
Riferì che suo padre fece l’Hajj due volte ed ogni volta che ci andava era ospite di Ibn Saud.

Abd al-ʿAzīz ibn ʿAbd ar-Raḥman ibn Fayṣal Āl Suʿūd
(Ryad, 15 gennaio 1876 – Ta’if, 9 novembre 1953)
Fondatore e primo sovrano del moderno regno dell’Arabia Saudita

La principessa parlò di una foto di suo padre al ritorno del viaggio ad Hajj (La Mecca). Una foto che non fu molto pubblicata
Ho visto la foto di lui vestito di bianco.
Quando è tornato aveva anche la barba, il che lo faceva sembrare molto bello
 Nostro padre ci ha insegnato la religione e la storia della religione,
e nostra nonna ci ha insegnato a pregare.
Avevo cinque anni e un giorno mia nonna (paterna, Sarwar Sulatana Begum) chiamò mio padre
“Aman Allah! Vieni, lascia che ti mostri quali buone preghiere hanno imparato questi bambini.
Ci insegnava a pregare sempre e noi lo ripetevamo, alla fine mia nonna ci diceva: bravi
Così, quando mi ha detto, Hidiya! Vieni e prega per me.
Ho detto: La Allah ila Allah, Muhammad è il Messaggero di Allah.
Le tre qualità eccezionali di mio padre sono che era un patriota, un amico della nazione e
un uomo coraggioso.
 
La prof. Stefania Macioce, docente di Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma, nel suo libro “Scritti di donne – 40 Studiose per la Storia dell’Arte” riportò un intervista con la principessa d’Afghanistan, India Amanullah Tarzi. Un’intervista in cui risaltò non solo un aspetto storico ma anche soprattutto umano e culturale. 
Il burqa imposto alle donne dai Talibani
Non è un indumento afghano e non è nemmeno un indumento islamico.
Figlia del re Amanullah Khan e della regina Soraya (si pronuncia Soraiò) Tarzi che nell’Afghanistan del XX secolo svolse un ruolo importante nello sviluppo culturale e nell’emancipazione delle donne.
La principessa India nacque nell’ospedale di St. George a Bombay il 14 gennaio 1929.
I suoi genitori si trovavano in India per l’abdicazione del padre Amanullah che era avvenuta da appena cinque mesi. Il nome gli fu dato in onore del paese che li ospitava in esilio. Allora l’India era sotto il protettorato inglese  cioè faceva parte dell’Impero britannico.
La famiglia reale si stabilì a Roma, su invito della regina Elena moglie del re Vittorio Emanuele III, e la principessa India vive ancora oggi a Roma.
Studiò in Svizzera alla “Pension Narie José” a Gstaad e successivamente alla Pontificia Università Gregoriana a Roma.
Si sposò due volte, dal primo matrimonio nacquero due figlie e dal secondo matrimonio nacque un figlio.
Nella sua vita mantenne un forte legame con la sua terra l’Afghanistan e diverse volte tornò nella sua amata terra d’origine.
Nel settembre 2011 fu premiata dall’”Associazione delle Donne Afghane-Americane” per il suo forte lavoro in difesa dei diritti delle donne. Nel 2012 Radio Azad, Radio Libera Afghana, la nominò “Persona dell’Anno” per il suo valido impegno umanitario. Un impegno che era cominciato con un suo ritorno in Afghanistan nel 1968 quando istituì un’opera di beneficenza per i bambini afghani.
Nel 2000 fondò la “Mahmud Tarzi Cultural  Foundation (MTCF) a Kabul (nel 2010 ricopriva la carica di vice presidente). Nel 2006 fu nominata ambasciatrice culturale in Europa dal presidente afghano Hamid Karzai. Un riconoscimento legato al suo impegno per il suo Paese con conferenze in tutta Europa. Nel 2018 fu invitata dal governo afghano a partecipare alle celebrazioni per il 100° anniversario per l’indipendenza dell’Afghanistan dall’Inghilterra.
Nel 2022 la Principessa India si presentò ad un intervista con una grande eleganza e raffinatezza, tipica dell’etnia Pashtum, come la stessa principessa raccontò. Elementi distintivi legati ad una ascendenza ebraica che non è conosciuta da molti.
Durante l’intervista mostrò fotografie della sua famiglia, momenti di vita immortalati..
«Mio padre e mia madre vengono dallo stesso gruppo familiare. La parte materna era composta da letterati, poeti, scrittori; quella paterna da guerrieri».
Nel racconto dei suoi momenti di vita ricordò anche il nonno materno, Mahmoud Tarzi, un grande esponente culturale che si occupò di letteratura, giornalismo e politica. Frequentava Istanbul ed ebbe un ruolo fondamentale nel gruppo “Giovani Turchi” che s’ispiravano alla “Giovane Italia” di Mazzini.
Frequentava la grandi città europee assistendo ad eventi culturali di grande importanza a Parigi ed anche in Italia alle opere di Giuseppe Donizzetti, fratello di Gaetano.
Proprio a Istanbul diede vita al nazionalismo afghano
In anticipo rispetto ai “Giovani Turchi” e ad Ataturk”.
Volse un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’ideologia politica del genero, re Amanullah Khan, influenzando la sua visione di Paese moderno non più isolato ma collegato alle realtà economiche e politiche dei Paesi occidentali.
L’unione fra i due rami familiari ha dato buoni frutti.
Mia madre, la Regina Sorahya, aveva un tratto dolce, ma era determinata e
poco incline ai gesti affettuosi.
Una mamma – maestra.
La sua era una vocazione pedagogica.
 
Le riforme di Amanullah Khan nell’apparato legislativo (la Costituzione), amministrativo, fiscale, la separazione tra stato e religione, i costumi liberali gli scatenarono contro l’opposizione dei conservatori radicati ad idee religiose, riti e tradizioni antiche.
Conservatori che furono critici anche nella sua apertura verso la Russia. Un’apertura naturalmente non accettata dagli  Inglesi che con il loro Impero dominavano sull’India e su gran parte dell’Asia Centrale.
Il famoso Lawrence d’Arabia collaborò con la RAF (Royal Air Force)
dal 1928 al 1929, incitando gli oppositori ad Amanullah Khan in occasione della
sua sosta nella cittadina di Miran Shan, l’attuale Waziristan nel Nord, in Pakistan,
proprio a ridosso della frontiera afghana.
Gli Inglesi consegnarono ai capi tribù, nei villaggi ed agli oppositori di Amanullah Khan delle immagini che ritraevano la regina Soraya in abiti “provocanti”, a braccia scoperte… in abiti attillati… seduta ad un tavolo con uomini…… foto che la ritraevano durante il viaggio nelle maggiori città europee. Immagini che furono considerate come un offesa alla religione islamica.
Forse furono distribuite anche delle foto opere di veri e propri fotomontaggi, un’azione certamente alla portata dell’Intelligence Inglese che ho cercato su Internet riuscendo a trovare una pagina che è oscurata da tempo….
Quando abdicò si ritirò con la famiglia prima a Kandahar, poi in India e successivamente in Italia.
«Mia madre mi raccontava che era stata la regina Elena a inviarle un telegramma invitando lei e la famiglia in Italia».
I due sovrani vissero in Italia fino alla loro morte avvenuta nel 1960 per Amanullah Khan e nel 1968 per la regina Soraya.
«sono andata per la prima volta in Afghanistan accompagnando il feretro di mia madre».
La principessa India parlò di sua madre con grande malinconia anche alla luce delle odierne vicende che stanno colpendo la società afghana e soprattutto le donne private dei loro legittimi diritti.
Un ricordo vivo rivolta ad una donna che entrò in maniera indelebile nella storia dell’Afghanistan.
Le sue riforme… i suoi discorsi…. I suoi incitamenti rivolte alle donne afghane sono ancora vivi  nella popolazione afghana..
«ha incoraggiato le donne afghane a diventare indipendenti, a imparare a leggere e scrivere».
La principessa India rileggeva in sé il testamento culturale della madre e sarà stato affascinante  per la prof. Stefania Macioce ascoltarlo e leggerlo anche negli occhi della principessa che non avranno potuto nascondere le emozioni provate in quei brevi attimi.
 
Principessa India ci parli di sua madre e del suo ruolo nella storia delle donne in Afganistan.
«Mia madre si chiamava Sorahya Tarzi ed era nata alla fine dell’800, a Damasco, in Siria, allora parte dell’Impero Ottomano,. Fu istruita da suo padre, Mahmud Beg Tarzi, leader politico intellettuale afghano; sua madre Asma Rasmya Khanum, seconda moglie di suo padre, era figlia dello sceicco Muhammad Saleh al-Fattal Effendi di Aleppo, muezzin della moschea degli Omayyadi. Sorahya studiò in Siria, apprendendo nella sua famiglia, specie dal padre, valori occidentali e moderni che avrebbero influenzato le sue azioni e credenze future. Mio nonno Habibullah Khan (padre del suo futuro marito Amānullāh Khān) nell'ottobre 1901 diede uno dei suoi contributi più importanti alla nazione afghana facendo rientrare gli esuli afghani e, quindi, anche la famiglia Tarzi».
Sarebbe stata proprio la famiglia Tarzi a promuovere, attraverso il re, la modernizzazione dell'Afghanistan. Al rientro in Afghanistan, Sorahya Tarzi avrebbe incontrato e sposato il re Amānullāh Khān. La famiglia Tarzi fu infatti ricevuta alla corte dell'Amir Habibullah Khan: 
«È lì che mia madre incontrò il principe Amanullah, figlio del re. Dapprima non le piacque: «non mi piace, ha le orecchie grandi» disse. Ma poi i due trovarono una grande affinità».
La principessa Sorahya trascorreva molto tempo nel giardino reale che successivamente fu diviso in tre parti di cui una fu regalata alla Russia, che rifiutò; due terzi andarono quindi alla Turchia e un terzo all’Iran. In questo grande giardino la principessa India ricordò di aver piantato un platano.
L’allora principe, simpatizzante delle idee liberali di Mahmud Tarzi, sposò Sorahya Tarzi, il 30 agosto 1913 nel palazzo Qawm-i-Bagh a Habul. Il matrimonio fu felicissimo e in 14 anni nacquero 10 figli (6  femmine e 4 maschi). Una prima nota importante: Sorahya Tarzi sarà l'unica moglie del futuro re Amānullāh Khān, colui che quindi ruppe secoli di tradizione e divenne una delle figure più importanti dell’Afghanistan.
La principessa India rilevò come il padre fosse molto legato al suo popolo. Un amore che dimostrò anche negli aspetti quotidiani della vita con atteggiamenti umili..
«voleva sincerarsi personalmente dello stato della sua popolazione e, la sera vestito come un uomo qualunque, andava nelle case per chiedere cosa mancava, una volta regalò le proprie scarpe ad un calzolaio che faceva solo sandali e che probabilmente non aveva visto altro, per avviarlo alla produzione di vere scarpe, e rientrò a palazzo in sandali destando stupore».
 
Quando il principe  (mio padre) diventò  Amir (capo, sovrano, emiro secondo la cultura musulmana) nel 1919 (sarà re fino al 1929), la regina sebbene giovanissima, ebbe un ruolo influente nell'evoluzione del Paese: 
«Mia madre, infatti, è stata la prima consorte musulmana a comparire in pubblico insieme a suo marito, un fatto del tutto inedito per l'epoca. Con lui partecipò a battute di caccia, a passeggiate a cavallo e persino ad alcune riunioni di gabinetto. Come regina consorte del regno d’Afghanistan fu lei a svolgere un ruolo rilevante nelle riforme di modernizzazione intraprese dal re Amānullāh Khān, in particolare per quanto riguardava l'emancipazione delle donne e i loro diritti».
Il re Amānullāh Khān formulò, infatti, la prima Costituzione, ponendo le basi per la struttura formale del Governo e stabilendo il ruolo del monarca all'interno del quadro costituzionale.
Fu sotto il suo governo che l’Afghanistan ebbe il primo ufficio postale, la prima emittente radio e fu avviata la canalizzazione (oggi purtroppo le fogne sono ancora a cielo aperto), il primo museo archeologico, i primi laboratori di falegnameria, tessitura di cotone. e lana. Egli si era confrontato con Mahmoud Tarzi seguendone gli incoraggiamenti. Mahmoud Tarzi con il suo personale esempio di scelta monogamica, influenzò profondamente i cambiamenti relativi al mondo femminile: 
«Sua figlia, ovvero mia madre, la regina Sorahya Tarzi, fu il volto di questo cambiamento. Inoltre un’altra figlia di Tarzi sposò il fratello di mio padre Amānullāh Khān. Un’ideologia intellettuale aperta e liberale fu, dunque, alla base della politica culturale del regno di mio padre, che fece una campagna pubblica contro il velo per le donne e contro la poligamia, promuovendo l’istruzione femminile non soltanto a Kabul, ma anche nelle campagne. Nel processo di emancipazione delle donne i membri della famiglia reale, in particolare sua moglie e le sue sorelle, fungevano da modelli di questo cambiamento prendendo parte pubblicamente a organizzazioni e divenendo in seguito funzionari governativi. Mia madre Sorahya fu determinante nell’imporre il cambiamento esortando pubblicamente le donne a partecipare attivamente alla costruzione della nazione».
Nel 1921 la regina Sorahya fondò e contribuì alla prima rivista per donne, «Ishadul Naswan» (Guida per le donne), curata da sua madre: 
«e mio padre a cavallo andava a trovarla alla sede del giornale» racconta sorridendo India.
E fu ancora la regina Sorahya a dare vita alla prima organizzazione femminile intitolata Anjuman-i Himayat-i -Niswan, (Associazione per la protezione delle donne) che promuoveva il benessere femminile e aveva un ufficio nel quale le donne potevano denunciare i maltrattamenti subiti da mariti, fratelli e padri.
Fu ancora la regina Sorahya a fondare nel 1924 il primo ospedale per le donne, il Masturat indirizzando le ostetriche alla formazione di una scuola per infermiere; nella cittadina di Paghman la famiglia reale aveva fondato un teatro nel 1920 che offriva alle donne l'opportunità di trovare una propria scena sociale e rompere l'isolamento dell'harem, e qui successivamente la regina Sorahya fece costruire una clinica per bambini tubercolotici.
«Tra le dichiarazioni del re mio padre spicca quella che mette bene in luce il ruolo di mia madre: “Io sono il vostro re, ma il ministro dell'Istruzione è mia moglie, la vostra regina”».
La regina Sorahya per suo espresso desiderio divenne infatti Ministro dell’Educazione
«Fu proprio mia madre a incoraggiare costantemente le donne a ricevere un'istruzione: nel 1921, infatti, aprì la prima scuola elementare femminile a Kabul, la Masturat (in seguito Ismat Malalai), frequentata dalle sue due figlie maggiori che secondo la severa volontà di mio padre che non voleva alcuna differenziazione, andavano a piedi come le altre, solo in inverno a cavallo; il primo anno si iscrissero alla scuola 12 ragazze ,il secondo 300 e due anni dopo 600; con il fine di ampliare e sostenere l’educazione del Paese, mio padre inviò 80 giovani scolari a studiare in Europa: 15 frequentarono accademie e scuole in Turchia; 30 a Berlino- tra i quali il futuro marito di India-, 34 a Parigi e 1 negli Stati Uniti».
Nel 1926 la regina Sorahya tenne un discorso pubblico in occasione dell’anniversario dell’indipendenza dagli inglesi in cui dichiarò: 
«tutti dobbiamo contribuire allo sviluppo della nostra nazione e […] tutti debbono cercare di acquisire quanta più conoscenza possibile, in modo da poter rendere i nostri servizi alla società alla maniera delle donne del primo Islam»,
l’indipendenza dunque appartiene a tutti e l’Afghanistan non ha bisogno solo di uomini, ma anche di donne in quanto parte viva e attiva della nazione e dell’Islam: Questo concetto di uguaglianza è espresso anche nel migliore ospedale di Kabul, dove vicino all’immagine di Avicenna, figura un rilievo di marmo che riproduce due pagine del Corano, ove si afferma che la conoscenza scientifica deve essere perseguita da uomini e donne.
«Nel 1928 mia madre inviò quindici giovani donne diplomate alla scuola media di Masturat, quella da lei fondata, in Turchia, Stato con cui l’Afghanistan ha sempre avuto rapporti molto stretti, per accedere a un'istruzione superiore».
«Tra il 1927 e il 1928, visitò l'Europa con mio padre. Durante questo viaggio mio padre e mia madre furono accolti molto positivamente in Inghilterra dove, nel 1928, considerati promotori di valori occidentali illuminati, ricevettero entrambi una laurea honoris causa dall’Università di Oxford. L’Afghanistan, del resto, era uno Stato importante sotto il profilo della strategia diplomatica in quanto era posto tra l'impero indiano-britannico e le ambizioni sovietiche. E in questo contesto mia madre si intrattenne a lungo con un folto gruppo di studenti e leader».
 
Un simbolo della donna musulmana è il velo. È un emblema religioso, che sembra connotare la donna in un ruolo più passivo, se non di sottomissione. Cosa ne pensa?
«Mio padre Amānullāh Khān sosteneva i diritti delle donne all'istruzione e all'uguaglianza affermando che ”l'Islam non richiede alle donne di coprire il proprio corpo o indossare alcun tipo speciale di velo”. Lo svelamento delle donne è stata una parte controversa della politica di riforma. Le donne della famiglia reale vestivano già secondo i costumi occidentali prima dell'adesione di Amānullāh, ma lo facevano solo nel chiuso del palazzo reale e si coprivano sempre con un velo quando lasciavano l'area privata per andare in pubblico. Mia madre durante il suo regno indossava cappelli a tesa larga con un velo diafano attaccato ad essi. Il 29 agosto 1928 mio padre, re Amānullāh Khān, tenne una grande assemblea degli anziani Tribali, per approvare i suoi programmi di sviluppo. I 1100 delegati dovevano indossare abiti europei forniti loro dallo Stato e in questa occasione chiese a sua moglie Sorahya di togliersi il velo. Al termine del discorso, mia madre si strappò il velo (hijab o velo, la cui radice in arabo indica rendere invisibile, celare allo sguardo, nascondere, coprire) in pubblico e le mogli di altri funzionari presenti all'incontro seguirono il suo esempio. E ancora dopo questo evento mia madre apparve in pubblico senza velo e le donne della famiglia reale e le mogli dei dipendenti del Governo seguirono il suo esempio».
A Kabul questa politica fu applicata anche riservando alcune strade a uomini e donne vestiti con abiti occidentali moderni. Ovviamente i conservatori si opposero allo svelamento gridando allo scandalo e cominciarono a mobilitare l’opinione pubblica. Nonostante altri Stati come la Turchia, l’Iran e l’Egitto avessero già intrapreso una politica di occidentalizzazione, per l’Afghanistan tale fondamentale processo era forse troppo in anticipo sui tempi. Non soltanto i musulmani conservatori si opposero ai cambiamenti, ma si fece strada il pensiero che l’opposizione fosse alimentata dagli agenti britannici. Nelle regioni tribali dell'Afghanistan furono distribuite pubblicazioni internazionali che mostravano Sorahya senza velo, mentre cenava con uomini stranieri e i leaders di Francia, Germania e di altri Paesi d’Europa, le baciavano la mano.
«Gli Inglesi non avevano un buon rapporto con la famiglia di mia madre, perché il principale rappresentante dell'Afghanistan con cui si erano rapportati era suo padre, Mahmud Tarzi. Fu così che i conservatori afghani e i leader regionali interpretarono erroneamente le immagini e i dettagli del viaggio della famiglia reale in Europa come un flagrante tradimento della cultura, della religione e dell'onore delle donne afghane. Il che naturalmente non corrispondeva alla verità, anzi».
«il burqa imposto alle donne dai Talibàn non è un indumento afghano e non è nemmeno un indumento islamico».
Come sono i suoi rapporti con l’Afghanistan?
«Negli anni 2000 ho visitato ripetutamente l'Afghanistan e ho avviato diversi progetti di beneficienza e, come ambasciatrice culturale onoraria dell'Afghanistan in Europa, seguo costantemente gli avvenimenti del mio Paese. Prima del ritorno dei Talibàn ho spesso verificato di persona dove costruire i pozzi dedicandomi alla raccolta di fondi. Ho portato con me fino a 600-700 chili di beni di ogni genere per la popolazione. Mi sono occupata molto delle scuole fondate da mia madre. La soglia di povertà nel Paese era già molto alta prima del rientro dei Talibàn (circa il 72% della popolazione) La situazione attuale è purtroppo drammatica».


Nel novembre 2011 la Principessa India d’Afghanistan rilasciò un intervista alla BBC  in cui raccontò la condizione delle donne afghane, chi erano i Talebani (ritornati oggi purtroppo al potere), come l’Occidente potrebbe aiutare l’Afghanistan e anche un accenno (quando fu rilasciata l’intervista  l’Afghanistan era sotto il controllo delle forze di coalizione della NATO e degli USA) alle donne impegnate nella boxe.
Reputo straordinaria la notizia che a Kabul c’è una scuola di boxe frequentata da ragazze
afghane che si stanno allenando per partecipare alle Olimpiadi di Londra (2012).
Ragazze che una volta rientrate in Afghanistan probabilmente continueranno ad
indossare il burqa.
Erano le Olimpiadi di Londra del 2012 e la disciplina  olimpica di boxe femminile entrò per la prima volta nella scena olimpica. Le ragazze afghane si stavano allenando nello stadio di Kabul e durante gli incontro indossavano il velo (l’hijab) per dimostrare la loro devozione verso il Corano.
L’Afghanistan è sempre nel cuore.
Vivrei lì se avessi un lavoro che mi impegnerebbe a favore della popolazione,
 andare lì solo per fare la “signora” non lo farei. Inoltre per le gente afghana è più
importante che io stia in Occidente, da qui posso aiutarli concretamente.
Sono 30 anni che in Europa raccolgo fondi, che vengono utilizzati per scavare i pozzi
d’acqua oppure per aiutare la gente afghana a pagare importanti cure
mediche o delicate operazioni chirurgiche, posso dire che il paese più generoso è
l’Italia, dove lo scorso anno ho fatto 12 conferenze da Udine a Marsala.
Sono appena rientrata dagli Stati Uniti, dove ho fatto una raccolta fondi in
quattro grandi città e dove ho avuto un’accoglienza straordinaria e sono in partenza per
Kabul, dove andrò a controllare dei lavori per la realizzazione d’un pozzo d’acqua.
 
Principessa India cosa può dirci della condizione delle donne afghane ?
(l’Intervista fu fatta nel 2011 ed oggi nel 2023 la situazione è ancora più drammatica).
Parlare delle donne dell’Afghanistan è una cosa molto difficile. L’Afghanistan è diviso in 34 regioni e ognuna ha una propria cultura e in ogni cultura c’è la storia delle donne. Nel Sud le donne,, specie nella regione del Pashtunistan e del Paktia, sono ancora sotto l’influenza dei talebani e devono portare il velo, quello che voi chiamate burqa e noi chadary.
Per quello che so sentito dire, perché l’ non si può neanche andare, le bambini non possono andare a scuola, è una situazione difficile, così come a Kandahar.
Nelle campagne la situazione è diversa perché la donna lavora nei campi e non può essere velata altrimenti non vede niente. A Herat, che è la città della cultura ed un tempo era una delle città più belle dell’Oriente islamico, non c’è una grande libertà per le donne.
In fondo l’emancipazione della donna sta a Kabul (almeno nel 2011 e dall’agosto 2021 nemmeno nella capitale).
Nelle regioni del Nord, quelle di tradizione et etnie turcomanne, la donna porta il burqa ma non è emancipata, in tutte le città dell’Afghanistan, negli anni dal 1956 al 1973, lo era poco ma sempre moltissimo in confronto ad oggi.
Adesso la situazione è regredita, l’emancipazione non esiste più. Anche se vi sono donne ministro, donne deputate al Parlamento, donne governatrici di regioni, ma è un numero davvero esiguo. A Kabul si vedono molte donne senza il burqa, però il burqa non rappresenta niente.
Se si pensa al velo tutto intero come un esempio di sottomissione, o sottocultura, allora sono d’accordo, altrimenti la disgrazia delle donne afghane è che non vi sono ospedali, ambulatori come si deve, non vi sono scuole. Quelle sono le disgrazie della donna afghana e dei ragazzi.
E poi bisogna avere o meglio formare dei buoni maestri(e, i muri per realizzare una scuola sono facili da costruire, ma avere buoni maestri è difficile.
È difficile far cambiare idea ai vecchi maestri che credono di sapere tutto e non gli si può insegnare niente. I giovani devo imparare qualcosa ma da chi? Da quelli che credono di sapere tutto? È una cosa difficile.
La questione afghana è molto complicata. Di contro ci sono punte di diamante, abbiamo un ottima governatrice nella regione degli Hazarajat, dove vivono gli Hazara, che sono di etnia mongola.
È molto brava ed è  molto conosciuta in Europa, in America, insomma ovunque.
Abbiamo medici donne bravissime, ma non sono tante. Dopo 30 anni di guerra, coloro che sono stati formati 30 anni fa ormai sono vecchi e comunque non sono più a Kabul.
I giovani ancora non hanno avuto il tempo di formarsi. Quando vado in Afghanistan nelle scuole vedo che le bambine, tutte così carine, hanno il grembiule uguale, è giusto che in paese dove ci sono ricchi e poveri i bambini abbiano una divisa, così sono tutti uguali.
Io andavo in una scuola italiana ed era giusto che alla scuola elementare avessi il grembiule bianco con il fiocco blu, perché la mia compagna di classe era figlia di un netturbino, ma a scuola questa diversità sociale non si notava perché eravamo tutti uguali. In Afghanistan l’unica differenza è che alcuni bambini hanno la possibilità di essere accompagnati a scuola con un pulmino, altri invece vanno a piedi.
(Oggi la situazione è decisamente più drammatica dato che è vietato andare a scuola per le bambine così come per l’università alle ragazze. Davanti alle dimostrazioni di protesta sono stati gettati sulle manifestanti anche dell’acido).
 
Com’è considerata la donna afghana all’interno della famiglia?
La donna afghana non è considerata dai propri padri, fratelli o mariti.
È brutto che io dica questo, perché parlo male di uomini che sono miei compatrioti ma è la verità.
La povertà fa sì che le famiglie si indebitano e per pagare i propri debiti i padri danno via la propria figlia. Chi presta del denaro non è un giovane ma un vecchio, sono questi ultimi quelli ricchi perché hanno accumulato nel tempo del denaro.
Quindi si dà una ragazza giovane in sposa ad un uomo vecchio. Nel cortile di un ospedale di Kabul, ricostruito molto bene con fondi italiani, un medico afghano, che lavora con una cooperazione italiana, ha fatto costruire un reparto speciale per quelle persone che si sono date fuoco e la gran parte sono ragazze che non hanno voluto sposare un uomo vecchio.
Piuttosto che sposare un uomo vecchio, le ragazze diventano dei mostri e per tutta la vita rimangono così. Poi ci sono i casi di ragazze che scappano da casa perché non vogliono essere vendute e se eventualmente tornano dalla loro famiglia vengono uccise dal padre o dai fratelli.
La condizione della donna in Afghanistan è un disastro. Inutile girare intorno al discorso. Queste cose non succedevano prima dell’invasione sovietica. Tutti i guai sono iniziati con l’invasione sovietica, non bisogna dimenticarlo. L’invasione americana di cui si parla tanto c’è stata perché prima c’è stata l’invasione sovietica.
 
L’aiuto concreto verso le donne afghane è ostacolato dai talebani?
Certo.  I talebani impediscono qualsiasi novità che si vuole fare, perché vogliono impoverire, non vogliono che si realizzino della cose buone, vogliono che il Paese rimanga sempre arretrato perché loro vogliono arrivare al potere.
Io sto per partire per l’Afghanistan per fare scavare dei pozzi agricoli, ma non posso andare ovunque. Non ho paura, ma se andassi in un posto dove ci sono i talebani, a parte che mi tagliano la testa, non mi farebbero costruire il pozzo, perché è una cosa buona e loro non la vogliono.
Per loro il paese deve rimanere nella povertà, perché dove c’è povertà è più facile accattivare le persone e portarle dalla loro parte. Qualsiasi cosa si faccia bisogna stare attenti e bisogna farli in posti giusti.
 
Perché le donne indossano il burqa già a 12 – 13 anni?
Il burqa non è un indumento afghano e nemmeno islamico. Durante l’avvento del profeta Maometto il burqa non esisteva, inoltre la legge coranica dice che la donna deve essere coperta con la manica lunga, la veste lunga, il viso scoperto, un velo in testa e le mani libere, la donna deve imparare ed avere la stessa cultura degli uomini.
Il burqa è un invenzione di alcune sette musulmane dell’India del Nord, oggi Pakistan, ed è stato introdotto alla fine dell’’ 800 in Afghanistan. Per quale ragione le donne afghane della città hanno adottato questo orribile indumento non si sa.
Forse anche gli uomini avranno detto alle donne di coprirsi perché per loro la donna deve stare coperta. Le donne devono sempre rimetterci.
Così è entrata questa tradizione straniera in Afghanistan, prima a Kandahar e poi è arrivata anche a Kabul.
Altrimenti la donna afghana è vestita con le gambe e le braccia coperte, mani, piedi e viso scoperto e un velo in testa. A Kabul le donne che non portano il burqa hanno un velo in testa e sono vestite normali. Anche gli uomini devono avere un certo abbigliamento, ad esempio l’uomo deve portare il pantalone sotto il ginocchio e mai sopra e una camicia sotto il gomito. Questo perché non bisogna stuzzicare il sesso.
 
È vero che il burqa preserva le donne dalla violenza?
È possibile. Prima del burqa le donne afghane erano vestite con il loro vestito tradizionale e non venivano assolutamente violentate. All’inizio indossare il burqa era una questione di moda, adesso no. Quando ho chiesto al mio autista a Kabul se sua moglie indossava il burqa, lui ha risposto che certamente lo indossava. Quando ho chiesto il perchè, ha risposto altrimenti il vicino di casa cosa dice?
 
Cosa può fare l’Occidente per aiutare la popolazione a sconfiggere i talebani?
Non può fare niente. Se i giornalisti vanno dove ci sono i talebani, sono presi e gli accompagnatori afghani sono decapitati, com’è successo tante volte. Si parla del giornalista occidentale che viene liberato oppure no, ma non si parla mai degli afghani che sono stati ammazzati. Non è la società occidentale che può andare lì e fare qualcosa. Può fare qualcosa la diplomazia, oppure un concordato che in fondo vuole dire diplomazia, oppure proseguire con la guerra contro i talebani, ma comunque la guerra, come si è visto fino ad ora, è costosa, comporta perdite di vite umane e si protrae a lungo, infatti la guerra contro i talebani è iniziata nel 2001 (l’intervista è del novembre 2011). Oppure ci si mette d’accordo con loro, che è molto complicato. L’unica possibilità sarebbe quella di mettersi d’accordo con i talebani afghani, dico questo perché i talebani non sono afghani, sono stranieri, sono pochi quelli afghani.
Quindi è difficile mettersi d’accordo. Al talebano straniero non gliene importa niente della popolazione afghana, a lui interessa il proprio potere ed arricchirsi.
 
Da dove arrivano i talebani?
Da molti paesi islamici, anche da Pakistan. Quando rapiscono un occidentale, le direttive e gli ordini li vanno a chiedere ad un capo che non è afghano ed ha sempre un interprete. Ha bisogno di una persona che traduca dalla sua lingua in genere araba in altre lingue o in afghano. È lui che stabilisce dove portare la persona rapita e di solito ordina di ammazzare l’autista. Gli afghani non sono al potere dei talebani afghani, gli ordini vengono dati da un capo non afghano. Questo è un problema grosso, noi abbiamo perso l’indipendenza. Da una parte dipendiamo da questi talebani stranieri che vogliono prendere il potere, dall’altra dipendiamo specialmente da Paesi occidentali.
 
Ci spiega le varie fasi dei progetti per la realizzazione dei pozzi agricoli che le porta avanti?
Gli afghani vengono a chiedermi di aiutarli a scavare pozzi agricoli, dopo questa richiesta io vado sul posto e porto con me alcuni tecnici afghani. Io non mi servo degli stranieri, perché costerebbero di più e invece di due pozzi ne faccio uno solo.
Mi affido a persone che conoscono le procedure per individuare e trovare l’acqua.
La gran parte delle volte sono i contadini stessi che sanno qual è il posto migliore dove scavare.
Il più delle volte si rivolgono a me dicendomi: “ figlia di Re dove vuoi che scaviamo il pozzo?”
Ma io non so dove è meglio scavare e quindi mi affido a loro per stabilire il luogo.
Mi accerto personalmente che il pozzo venga scavato. Dopo 15 giorni vado a controllare e dopo un anno vado a vedere se il territorio è diventato verde oppure è rimasto secco.
La terra è buona in Afghanistan, dove c’erano solo arbusti secchi, grazie a questi pozzi, l’anno seguente tutto è diventato verde.
L’agricoltura è buona, c’è uva e altri frutti. Di solito dopo qualche anno la produzione è così consistente che basta non solo per le famiglie ma viene anche venduta, soprattutto se il terreno non è lontano dalla città.
Vicino Herat c’era un grande campo di oppio che è stato trasformato in una coltivazione di zafferano, la cui raccolta è molto più difficile rispetto a quella dell’oppio.
Per l’oppio basta che i raccoglitori passano nel campo, tagliano il calice del fiore e raccolgono il liquido. È un liquido che inebria, infatti tutti i raccoglitori cantano.
Il lavoro per raccogliere lo zafferano è molto faticoso e lungo. Bisogna alzarsi la mattina prima del sorgere del sole e raccogliere o tutto il fiore o soli il pistillo e bisogna curvarsi, mentre per l’oppio no perché la pianta è alta.
Per lo zafferano non si devono raccogliere tutti i pistilli, ogni mattina si raccolgono solo quelli fioriti. Con l’oppio il lavoro si fa in tre giorni, con lo zafferano c’è bisogno di più tempo.
Il proprietario di questo campo di zafferano vicino Herat non sapeva dove venderlo e mi ha chiesto aiuto. Mi sono data da fare in Italia, dove c’è una buona produzione di zafferano in Sardegna ed in Abruzzo. Ho cercato di mettere in contatto i produttori italiani con questo produttore afghano per fare in modo d’inserire sul mercato italiano lo zafferano afghano.

La principessa India fece rivivere immagini dolci ed amare della famiglia di un re.
Raccontò anche uno strano episodio sulla vita della madre Soraya…
Quando mia madre aveva 8 anni, un ragazzino era seduto nella casa di
Amir Habibullah Khan, e Amir Shaeb chiese a mia madre, Soraya,
quando sarai grande, vuoi sposare mio figlio?
Mia madre rispose..
Non mi piace questo ragazzo e non lo sposerò.
Il nome di questo ragazzo era Amanullah e mia madre ha accettato il suo
Matrimonio all’età di sedici anni.
La regina Soraya era una delle quattro figlie di “Bibi Arabi” o Asmarsamich,
la moglie di Mahmoud Tarzi.
La signora Rasmee aveva cinque figlie e cinque figli ed era di Sham (Siria).
I miei genitori avevano un pensiero moderno.
Mi viene sempre chiesto dei miei genitori e delle libertà concesse che lo hanno reso
popolare, assieme a mia madre, in Afghanistan.
Alla domanda che sempre mi pongono..
Shah  Amanullah Khan ha rimosso con la forza il velo dalle teste delle donne?
I miei genitori non l’hanno mai fatto e questo non è mai successo,
ma personalmente credo che si meglio togliere il velo/burqa dalle teste delle
donne piuttosto che coprirle con la forza.
Mio padre e mia madre con erano d’accordo sul futuro dei figli.
Mio padre voleva che i figli studiassero scienze militari mentre mia madre era
interessata alle scienze naturali. Ma alla fine ognuno ha preso la sua strada.
 
I ricordi tristi, amari, sono legati al momento della sua nascita dato che suo padre aveva da poco abdicato a causa dell’opposizione di Kalakani e di molte tribù.
Anche se ero la figlia di un re, ho attraversato un periodo difficile.
Sulla mia infanzia non ricordo molto, ma quando è scoppiata la guerra la
nostra situazione era molto brutta. Mi madre mi ha detto che avevo quaranta giorni
quando siamo arrivati in Italia. Sulla nave sono stata male.
Avevano rovinato il latte, in Italia i medici dicevano che stavo per morire,
ma ora vedete che non sono morta.
 
Durante la seconda guerra mondiale  furono colpiti anche loro dalla grave crisi economica.
Avevamo qualcosa da mangiare all’inizio, ma piano piano
è diminuito perché eravamo in nove. Anche se mia madre era una regina,
andava al mercato nero di Roma e ci preparava il pane, ma
un pane piccolo e strano.
Nell’inverno tra il 1941 ed il 1942 si sviluppò la borsa nera come un mercato parallelo ed illegale ma alla quale regolarmente si ricorreva.
All’inizio era un rapporto che nasceva con il proprio fornitore abituale che conosceva le condizioni economiche del cliente.  Il salumiere, il fornaio, il lattaio vicino casa provvedeva a fornire qualcosa, quasi furtivamente, dentro un sacchetto sussurrando il prezzo. Il mercato nero a Roma si trovava a Tor di Nona.

Molte donne conservavano sotto i letti dei sacchetti di farina o pasta, bottiglie d’olio e persino il formaggio.
In questo clima sociale probabilmente anche il marcato di Tor di Nova vide  la regina Soraya. Il suo volto triste si confondeva con quello di altre donne assillate dal problema di portare qualcosa a casa e con l’assillo del problema economico. Momenti di vita non facili da vivere.
La principessa Hindia ricordava quei giorni a Roma, giorni della fame, quando
C’erano nove persone ed un tavolo vuoto.
Quei giorni difficili passarono ma la morte dei suoi genitori  rese i tempi amari per lei e per le sue cinque sorelle e tre fratelli.
La principessa Hindia fu vicina a sua madre per 39 anni  ed era molto turbata della situazione in Afghanistan e paragonava l’Afghanistan ai paesi europei.
Mia madre ha lasciato il mondo otto anni dopo la morte di mio padre e
non dimenticherò mai questi eventi.
Mia madre è stata uccisa dal cancro e lontana dalla sua terra natale..
.. molte volte rimanevo sveglio fino al mattino per mia madre e ricordo quei giorni
come il periodo migliore delle mia vita in cui sono stato in grado di aiutarla.
Nel 1968 Shahidhekht Hindia arrivò in Afghanistan con il corpo di sua madre e seppellì la regina Soraya nella provincia orientale di Nangarhar.
La prima volta che sono andata in Afghanistan, ero sull’aereo accanto al corpo di
mia madre. Alle 4 di mattino, il pilota mi ha detto che eravamo entrati in patria.
Ho pianto molto e gridavo.
 Questa intervista risaliva al  2013 quando l’Afghanistan era sotto il controllo della coalizione militare NATO ed Usa.
Viveva in un hotel a Kabul, si spostava in varie parti del paese in motocicletta. Spostamenti necessari per portare aiuto ai bisognosi all’interno ed all’esterno del Paese.
C’è qualcosa che vuole aggiungere prima di concludere l’intervista?
L’Afghanistan è una terra meravigliosa. Lo dico sempre ed ogni volta che lo ripeto mi commuovo.
Non dimenticatevi dell’Afghanistan.

http://www.worldwebnews.it/la-principessa-india-ci-racconta-il-suo-afghanistan/https://www.bbc.com/persian/afghanistan/2013/03/130308_k03_shahdokht_india_interview

Il funerale in Afghanistan del sovrano Amanullah Khan


Aprile 1960
"Ricordo il giorno in cui fu portato in Afghanistan il funerale del defunto Ghazi Shah Amanullah Khan. La famiglia di Zahir Shah aveva messo in massima allerta l'aeroporto di Kabul con tutte le sue forze armate, e a nessuno era permesso vedere la sua bara. Avrebbero trasferito il suo corpo a Jalalabad per seppellirlo tranquillamente
Tutte le strade saranno aperte per ricevere la bara di Shah Ghazi, e il governo è stato costretto a trasferire un certo numero di altri membri a Jalalabad in aereo, e nasconderanno la bara e metteranno la bara in cima alla collina e la sposteranno a il luogo di sepoltura. Le persone hanno mostrato la loro amicizia e rispetto per la vera gente dell'Afghanistan cantando slogan e hanno consegnato Kabul ad Aman Ghazi (Amanullah Khan). Si è visto lì che le persone con cui Shuro Shaaf volevano tenere la mano del sovrano e rispettarlo. Con questo movimento, le persone hanno dimostrato di apprezzare. Ruh Shah Ghaz


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La principessa Soraya Malek d'Afghanistan, nipote di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi, in un’intervista dichiarò che
«Mia nonna vera riformatrice»


Nel settembre 2021  fu ospite del Centro di cultura per le donne “Hannah Arendt” a Teramo.
Era accompagnata da Arif Oryakhail, medico della Cooperazione Italiana a Kabul.
La sua visita era legata all’inaugurazione di una mostra d’impegno civile e partecipato a un convegno all’Università, a Colleparco.
Nell’ateneo la principessa ebbe un confronto con gli studenti in merito alla condizione delle donne afghane e sulla situazione tragica dell’Afghanistan di oggi.
Le sue frasi furono una denuncia sulla triste condizione dell’Afghanistan
«Si parla tanto dei talebani, se siano cambiati o meno, ma nessuno parla dei 20 anni di occupazione occidentale. Ricordo anche la precedente occupazione sovietica e prim’ancora quella della Gran Bretagna. L’Afghanistan è una terra di mezzo, un territorio da sempre oggetto di conquista, con 45 anni di continue guerre». «In 20 anni è stato fatto poco o nulla per il mio Paese. Gran parte del danaro è stato destinato alle spese militari e pochissimo per il progresso civile e sociale, soprattutto della condizione femminile».
E adesso cosa succede?
«Tutti chiedono di fuggire ma la situazione è grave soprattutto perché c’è la carestia. È in corso una vera e propria emergenza umanitaria, anche perché sono state chiuse le casse da parte del Fondo Monetario Internazionale».
Ma che futuro vede all’orizzonte?
«Ho paura si possa scatenare una guerra civile voluta dalle potenze regionali. È una questione di potere; la religione e le etnie sono poco più che un pretesto».
A subire, però, sono sempre le donne.
«Sono loro purtroppo le vittime di guerra, assieme ai bambini. In questi 20 anni si poteva e si sarebbe dovuto preparare una società migliore, anche con iniziative dell’occidente».
L’Università porterà avanti un suo progetto sulla condizione femminile in Afghanistan con borse di studio.
«Sono contenta, l’umanità e la solidarietà incontrate a Teramo mi riempiono davvero il cuore».
La principessa con la “Soraya d’Afghanistan Foundation” è da anni impegnata con l’obiettivo di promuovere il lavoro e la dignità delle donne afghane.
«Mi spinge il ricordo di mia nonna, la regina Soraya: è stata una vera riformatrice».
La conferenza si svolse nel settembre 2017 e allora l’Afghanistan era sotto il presidio delle forze della Nato dell’USA.
In merito al Burqa riferì che
«Per ora non devono indossarlo»-
Parlò della sorella che era rimasta in Afghanistan
«È voluta rimanere per aiutare le tante donne che sono lì». 

Una vignetta afghana
Un Afghano, forse un sovrano, impaurito tra un leone inglese e un orso russo
https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/teramo_principessa_soraya_afghanistan_teramo-6213779.html

Soraya Malek, primogenita della principessa India, figlia del re d’Afghanistan Amanullah Khan e della regina Soraya Tarzi, in una conferenza nella Biblioteca Vallicelliana (Oratorio dei Filippini – Roma), nel settembre 2017, parlò dei progetti sulla condizione delle donne afghane.
Parlò anche del suo prossimo viaggio a Kabul per conto della fondazione di Luciano Benetton “Imago Mundi”.
Era una collezione d’arte moderna ed espressione di un progetto no-profit che aveva come obiettivo di proporre un nuovo concetto dell’arte in nome della condivisione e delle diversità espressive dei popoli della Terra.
“Stiamo preparando con le donne di tutto il mondo un tulle ricamato che rappresenti una carta geografica di 2 metri per 3; le donne indiane, ad esempio, ricameranno gli oggetti musicali, le coreane del nord, alberi e piante della terra, le afghane i marmi e le pietre preziose dell’Afghanistan”.
La principessa parlo, con grande orgoglio, delle bellezze del suo Paese e  riferì anche della disponibilità di Luciano Benetton nel portare in futuro a Kabul in  gran parte della sua collezione Imago Mundi” per un’esposizione nei giardini  di Babur.
“In questi giorni mi attendono a Kandahar, la terra dei miei avi e qui incontrerò i capi tribù pashtun, che per rispetto non mi porgeranno la mano, perché, secondo le usanze, le donne non possono essere toccate in pubblico, (picchiate tra le mura domestiche sí) e sarò io a tenderla a loro, perché questi sono i tempi giusti  per cominciare a scardinare l’ipocrisia generale che vige in quel paese e che non tutela le donne“.
Secondo i dati statistici del 2016, dopo decenni di guerre, il tasso di alfabetizzazione delle donne al di sopra dei 15 anni rimane del 17%, le bambine iscritte alla scuola primaria sono il 45% e solo l’1% delle ragazze prosegue gli studi, mentre l’87% delle donne ha subito nella vita almeno una forma di violenza fisica, sessuale  o psicologica.
 Raccontò un episodio drammatico della sua vita quando salvò dalla condanna a morte una giovane donna sposata a un cugino a cui aveva dato due figli. Fu poi ripudiata dopo appena due anni di matrimonio, segregata, tenuta a pane e acqua in una stanza della casa, costretta a vivere sotto lo stesso tetto con la nuova moglie dell’ex marito.
Fuggita da quell’inferno, fu accolta in un centro d’accoglienza, (i centri d’accoglienza in Afghanistan non erano come quelli italiani e avevano una cattiva fama). Voleva riavere la tutela dei figli nei diversi processi e chiese aiuto alla principessa Soraya che in Afghanistan era molto amata. La principessa telefonò alla giudice che doveva emettere la sentenza definitiva, chiedendole il perché dell’accanimento nei confronti di questa giovane madre ma soprattutto come poteva lei, come donna, favorire quel marito e padre violento. La risposta della giudice fu che lei era obbligata a dare ragione all’uomo, perché altrimenti avrebbero ucciso lei e la sua famiglia.
 
“Per evitare ulteriori complicanze mi rivolsi  al Presidente della Corte Suprema che trovò la soluzione graziando la madre e affidandole la figlia ormai quasi maggiorenne ed entrambe temendo per la loro vita, perché minacciate di morte, scapparono in Iran, dove vivono tutt’ora. Pensai ingenuamente che la soluzione di questo caso avrebbe fatto scuola, aiutando  tutte quelle donne che si fossero trovate in futuro, nell’identica situazione, ma mi sbagliavo, perché scoprii  che in realtà la sentenza della Corte Suprema era stata emessa solo per  un riguardo a me!”.
“La cosa che più mi rattrista quando vado in Afghanistan è che ancora oggi una donna rimasta vedova o ripudiata non ha risorse né mezzi e tantomeno aiuti, perché quella è una società arretrata, maschile, dove persino le donne sono maschiliste, soprattutto se madri di figli maschi”.
 
Purtroppo per le strade di Kabul si vedono solo uomini, pochissime donne e tutte con indosso il burqa, che è un indumento importato dall’India in Afghanistan dagli inglesi, ma che qui si chiama chadory, una veste che copre il corpo ma non il viso, perché è l’unico modo che hanno le donne di difendersi altrimenti verrebbero importunate. “Io sono l’unica dei tredici nipoti di Amanullah che va in Afghanistan, anche se sono molto legata all’Italia che fu il primo Paese a riconoscere l’indipendenza dell’Afghanistan e sento quasi il dovere di servire il popolo afghano, ma soprattutto le donne del mio Paese, invitandole a non tralasciare gli studi. Ricordati che Dio ha voluto che tu nascessi principessa, (mi disse il nonno il giorno della laurea) ma con il tuo impegno e la tua intelligenza sei diventata dottoressa”.
“Le aiuto attraverso, ad esempio, la filiera corta” cioè puntando sull’artigianato, che viene prodotto in territorio afghano, con la creazione di manufatti di eccellenza, realizzati dalle donne come ricami, gioielli, sete preziose perché così si esportano  nel mondo la bellezza, le tradizioni storiche dell’Afghanistan e al tempo stesso si creano nuove opportunità di lavoro e, infine, si promuove lo sviluppo economico del mio paese ancora troppo arretrato”.
La principessa Soraya Malek era impegnata nell’attività di valorizzazione del vasto patrimonio di saperi tradizionali afghani e la loro trasformazione in prodotti per il mercato globale. Un’attività importante per generare  reddito e dare una nuova fiducia al popolo afghano, ma soprattutto valore al  lavoro delle donne.
“Mi auguro  che avvenga in Afghanistan quella profonda trasformazione sociale e culturale che fu iniziata negli anni venti grazie alla mia nonna, la regina Soraya Tarzi, perché  mi piacerebbe che il mio paese che ho sempre nel cuore, esca dall’arretratezza, e dal clima di paura e violenza  in cui si trova ora.



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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 1° Parte - 
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi 

https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 2° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e 

Soraya Tarzi in visita di Stato (1927 - 1928): Egitto - Italia

https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-2.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 3° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928): Francia - Gran Bretagna – Germania

https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-3.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 4° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928): Polonia  -Unione Sovietica -Turchia

https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-4.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 5° Parte - I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita in Iran (1928) - L'Abdicazione - L'Esilio a Roma

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Enciclopedia delle Donne- XII Capitolo - 6° Parte - La discendenza dei Sovrani d'Afghanistan, Amanullah Khan e Soraya Tarzi - Le mogli di Amanullah - I Documenti Storici - I Sovrani fra la loro gente

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