Enciclopedia delle Donne - XVIII Capitolo - Le Marchese di Cassibile: Maria Emanuela Pulejo Loffredo GutKwoski e Maria Caterina Scoppa Loffredo.


Cassibile era l’antico casale che fu menzionato dal geografo arabo Al-Idrisi nel “Libro del Re Ruggero” del 1154 circa..
«Tra Noto e il mare sorge Cassibili, un casale che ha una buona posizione al centro di vaste terre da semina».
Al-Idrisi….
Tra Noto ed il mare occorre il casale di Q.s.bârî bello di sito e circondato di
vasti terreni da seminare.


Particolare della “Grande Mappa di Idrisi” che mostra l'Europa e il Nord Africa, riorientati con il Nord in alto. come ricostruito dal cartografo tedesco Konrad Miller nel 1927.
Cartographic-images.net
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Il luogo descritto dal geografo arabo Muhammad al-Idrisi ri riferiva al sito rupestre di Cassibile che, ai suoi tempi, era ubicato lungo il fiume Cassibile a circa 3 km dal mare e a circa 3 km ad OSO dall’attuale Cassibile. Successivamente il nome fu trascritto
Wâdî – Qassibârî
L’origine del termine “Cassibile” non è molto chiara. Potrebbe derivare dall’arabo “Kassah”, per indicare una vasta insenatura creata dal fiume Manghisi-Cassibile a Nord della frazione di Cassibile. Altra derivazione probabile dal greco “Kakiparis” (fiume ricco di fonti?), un termine che i coloni corinzi attribuirono al fiume quando si spostarono dall’isolotto di Ortigia in cerca di nuove terre da colonizzare.



Da Siracusa al fiume di Cassibile dodici miglia..

Il termine casale “Cassibula” fu invece citato in un vecchio documento, un diploma di fondazione della Diocesi di Siracusa, del 1090.
«... Infra quas divisiones Syracusas est cum omnibus pertinen- sis suis, Leontina, Nota, Pantegra, Cassibula, Bizinas... cum omnibus pertinensis suis, et alia castella et casalia, quae infra prae- dictos terminos aedificata sunt vel aedificabuntur...».
"... Sotto le quali divisioni è Siracusa con tutti i suoi averi, Leontina, Nota, Pantegra, Cassibula, Bizinas... con tutti i suoi averi, ed altri castelli e casolari che sono stati edificati o saranno edificati sotto i suddetti confini. . ..»
Il casale era ubicato in prossimità di due necropoli bizantine del periodo altomedievale che furono localizzate in contrada Fontane Bianche dall’archeologo Fuher Schultze nei primi anni del XX secolo..
Oltre a questi casali era presente un “Castellimi Cassibula” (Castello di Cassibile) che fu menzionato in un privilegio di Papa Urbano II (1095) ed in una concessione del conte Ruggero al Vescovo di Siracusa.
Tommaso Fazello, nel suo libro “Storia di Sicilia” del 1558…
“Fra terra un miglio, la bocca del fiume Cacipari, chiamato hoggi con voce saracina Iasibli, è posta una fortezza del medesimo nome edificata”.
Il castello era posto su “Cugno Mola” e fu completamente distrutto dal terremoto del 1693 e i cui resti erano visibili fino alla fine dell’800 quando, probabilmente, fu edificato il nuovo castello o dimora  nobiliare da parte dei Loffredo (provenienti da Messina) che entrarono in  possesso 
del vasto feudo nel 1797.




Secondo alcune fonti le notizie sul Feudo di Cassibile risalirebbero al XIV secolo quando la baronia era di pertinenza di Guglielmo Raimondo Moncada, Conte di Augusta.
In realtà ancora prima del Moncada il feudo fu di pertinenza di:
- il casale “Lungarini” e il casale “Cassibari” furono concessi dopo il Vespro con diploma del 2/maggio/ 1300 da Carlo II D’Angiò a Giuliano d’Alessandro di Siracusa.
- Il 26 novembre 1361 il Federico IV di Sicilia “Il Semplice” (Casa Reale: Aragona di Sicilia) assegnò il castello e la terra di Avola, il feudo di Cassibile ed altri feudi appartenuti ad Orlando d’Aragona ai figli naturali ma legittimati: Alfonso, Federico e Giovannuccio; altra figlia di Orlando fu Giovanna Rebecca. Il 4 aprile 1366 Federico (di Orlando) Aragona ottenne solo per sé la signoria della terra e del castello di Avola e del feudo di Cassibile estromettendo dall’eredità i due fratelli Alfonso e Giovannuccio. Il 13 settembre 1373 Federico (di Orlando) d’Aragona ebbe assegnati anche i feudi di Bimisca, Bunfallura, Rovetto e Maccari, già appartenuti a Martina, vedova di Riccardo de Sanguineo. Federico fu ucciso dalla popolazione di Avola nel 1375 ed i suoi beni ritornarono al Regio Fisco.
- Il feudo di Cassibile passò successivamente a Guglielmo Raimondo (III) Moncada conte di Augusta in possesso anche del Feudo di San Michele.
- Ribellatosi a Martino “Il Giovane” alla fine di gennaio 1397, ne decretò il 16 novembre 1397 la confisca di tutti i suoi beni che furono concessi a diverse persone. (il Moncada morirà a Lentini nel 1389 e fu sepolto nel Convento di San Domenico a Lentini).
- Il feudo ed il castello di Cassibile furono concessi a Giacomo Aricio, protonotaro, il 18 gennaio 1398.
- La baronia passò quindi ai Lanza, Arezzo, Speciale (Barresi?) e dal 1580 al 1785 fu dei Branciforte, Appartenne a Salvatore Branciforte, principe di Butera che ne diventò marchese.
- Il territorio di Cassibile ( racchiudeva le località di Mortillaro, Contessa, Cugno di Cassero, Stallaini, Gallina) fu quindi concesso ( o acquistato) a Silvestro Loffredo di Messina nel 1797 insieme al titolo di Marchese di Cassibile.
Ma chi erano i Loffredo?
L’antica famiglia dei Loffredo giunse in Italia al seguito dei Normanni. La loro origine in Italia sarebbe legata ad un Goffredo o Loffredo conte di Montescaglioso (Matera).

L'Abate Michele Giustiniani, studioso di araldica, scrisse nel 1683 le «Lettere Memorabili» dedicate a Girolama Loffredo Principessa di San Severo e Duchessa di Torremaggiore in cui citò le «Cronache dell'Anno Mille» di Rodolfo il Glabro (980/985 _ 104671047)
( Rodolfo il Glabro fu un monaco benedettino e cronista d’età medievale legato a Saint-Benigne di Digione, a Saint-Germain d’Auxerre e all’abbazia di Cluny).
Nelle “Lettere Memorabili” Rodolfo il Glabro citò come
il capostipite della famiglia Loffredo fosse Ugone agnato dei Conti e poi Duchi di Normandia provenienti dalla Danimarca e dalla Norvegia.
Il predetto Ugone Signore di Ridelli, figlio di Goffredo (o Loffredo da cui prende il nome la famiglia), figlio del Re Horik I di Danimarca, figlio del Re Gudfred di Danimarca, 
venne in Puglia nell'anno 1000 circa.
Lupo Protospata, cronista attivo in Puglia nel secolo XI, nel suo «Chronicon» riportò come
Ugone ebbe tre figli:
- Frontone Signore di Ridelli e Isernia da cui discesero i Duchi di Gaeta;
- Ottavio Signore di Campobasso (1062);
- Petrone Conte di Trani (1045), da cui Roberto Conte di Matera (1064).
Furono citati nei Privilegi di Re Ruggero d'Altavilla nell'anno 1141, dell'Imperatore Federico II di Svevia nel 1246 e del Re Filippo IV d’Asburgo-Spagna nel 1635 dove vennero onorati del titolo di «Illustri» e «Nobili Consanguinei» della Casa Reale Normanna di Sicilia.
All’epoca di re Ruggiero II il Normanno, il casato possedeva i feudi di Castellaneta, Mottola, Martina, Palo e Modugno e la contea di Montescaglioso.
Biagio Aldimari sostenne che i Loffredo erano conti di Trani nel 1045, Matera nel 1064, Montescaglioso, Lecce e Sessa nel 1070, Capaccio nel 1266; duchi di Gaeta nel 1072.
© Napoli - Stemma della Famiglia Loffredo - sec. XVII.
https://www.nobili-napoletani.it/images/foto/L/Loffredo/stemma%20famiglia%20loffredo.gif

Montescaglioso (Matera)
Il termine deriverebbe da una modificazione del nome Goffredo ("pace, protetto da Dio").
Tracce di questo cognome si trovano nel brindisino dove nel 1492, il feudo di Carovigno (BR) viene concesso dal Re Ferdinando I d'Aragona a Giovan Gaspare De Loffredo.
Un principio di questa cognomizzazione si trova anche a Bovalino (RC) nella seconda metà del 1500 con il notaio Sigismundo Loffredo (o De Loffredo), e nel napoletano, nel 1700 con Don Francesco Loffredo Duca di Cardito (NA).
Il cognome Loffredo è tipico campano, con ramificazioni anche nel potentino e nell'alta Puglia e Calabria.
Un Goffredo sarebbe testimone in un atto stipulato tra Ruggero II (Re di Sicilia) e il papa Anacleto II.
Goffredo ebbe due figli:
- Loffredo, secondo conte di Montescaglioso;
- Roberto.
Nel XIII secolo, i figli di Loffredo II, Roberto ed Enrico, si trasferirono a Napoli, dove s’inserirono nel patriziato locale del Seggio di Capuana.
I Sedili (o Seggi o Piazze) erano delle istituzioni amministrative della città di Napoli e Salerno.
I rappresentanti, detti “Eletti”, dal XIII al XIX secolo, si riunivano in “parlamenti” per discutere e raggiungere, con precisi obiettivi, il bene comune della città.
Erano ben cinque le amministrazioni  nelle quali partecipavano i nobili mentre il resto dei cittadini era aggregato al sesto seggio, detto del “popolo”.
I “parlamenti” si riunivano in chiese o palazzi che furono costruiti appositamente per questa funzione. Erano edifici a pianta quadra, aperti da tre lati e coperti da una cupola. Presentavano una superficie di circa 15 mq ed erano costituiti da una grande sala munita di sedili per fare riunire in circolo i parlamentari.
Sul lato della struttura, senza ingresso, era presente una porta per le “riunioni riservate”. Quasi tutti questi palazzi, espressione della prima “municipalità napoletana”, furono distrutti durante il Risanamento.
Il “sedile Capuana” si trovava nell’attuale vicolo Sedile Capuano e sarebbero ancora presenti due archi dell’antico palazzo inglobati in una costruzione moderna. Il nome sarebbe legato alla nobile famiglia Capuano che, nell’epoca ducale, era una delle più importanti della città.

Napoli – Palazzo Capuano

Napoli - Ex sedile Capuano

I Loffredo giunsero in Sicilia provenienti da Cava dei Tirreni, dopo la rivolta antispagnola del 1674 -78, entrando in affari con i mercanti messinesi con cui commerciavano “panni di lana”.
(Sembra che il rione (feudo) Gazzi sia stato di proprietà dei Loffredo).
 Nel corso del ‘700, avendo ormai assunto un importante ruolo nella vita economica e politica messinese, riuscirono ad acquistare Cassibile nel 1785 ottenendone, con Silvestro (I), il titolo marchionale nel 1794. (La nobile famiglia Loffredo è ancora oggi proprietaria del feudo).
-        Silvestro Loffredo (Cava  dei Tirreni, 1770 - ?)
Figlio di: Aniello (Aviello) D’Auria e di Marianna Trotta  ( nata nel 1750 circa - figlia di Giacomo Trotta Loffredo e Angela Galletti);
Marito di Giovanna Rau  Corvaja (figlia di Francesco Rau e di ?)Marchesa di Mongiuffi e Kaggi; Baronessa di Mellia. (Titoli che passarono anche al marito).
Figli/e (secondo Giuseppe Galluppi): Nicolò Loffredo; Giuseppe Loffredo; Gaetano Loffredo e Marianna Loffredo.
Come mai Silvestro D’Auria assunse il cognome Loffredo “in primis”?
Aniello (Aviello) D’Auria assunse il cognome Loffredo in rappresentanza della moglie e del suocero Giacomo Trotta, come erede di Matteo Loffredo e per “specifico obbligo impostogli”.

Dal matrimonio nacquero tre figlie maschi e diverse femmine:
- Giuseppe, primogenito, Canonico di Messina (Giuseppe, si fece Sacerdote et poi fu Canonico della Cattedrale di Messina);
- Gaetano, Marito di Maria Caterina Scoppa;
- Nicolò, terzogenito, sposò Maria Calcagni e D’Amico, ereditiera dei Titoli di Duchessa di Ossada, Marchesa di Melia, Contessa di Guido, Baronessa delle Tonnare di San Giogio e Patti, Baronessa di Longi e Signora delle Saline di Platanella, Cianciana e Cantorella.
Marito di Maria Calcagno ( Messina, 2 luglio 1834; ?) (figlia di Vincenzo Calcagno e di Rosa D’Amico);
Figli/e; Giovanna Loffredo (1857 – 1949); Silvestro Loffredo (1859; ?); Vincenzo Loffredo (1860,1944?); Rosa Loffredo (1862; 1946).
- Marianna Loffredo (Messina, 1826?; Messina, 25 agosto 1895);
Sposata il 26 maggio 1845 con Letterio Galletti ( Messina, ?; Messina, 30 agosto 1895?) (figlio di Sebastiano Galletti e di Maria Teresa Galletti)
Figli(e: Giulia Galletti (1845- 1908?); Sebastiano Galletti (1846 – 1923), Silvestre Galletti (1852?- ?);
- Emanuela Loffredo, Sposò Michele Pulejo;
- Orsola, moglie di Francesco Lella – Siffredi (?)
( Emanuela ed Orsola non vennero citate da Giuseppe Galluppi. Emanuela e Orsola non sono indicate nell’albero genealogico).
Silvestro acquistò la Baronia di Cassibile e s'investì il 9 Aprile 1785 (Conserv, di Reg. Inv., reg. 1168, foglio 20) in virtù
di nomina fattagli da Placido Longo agli atti
di Not. Giuseppe Gioacchino Filippone di Palermo il 7 marzo 1785.
Quest'ultimo l'avea comprato prò persona nominanda da D. Michele Perremuto R. Giudice Deputato da SE per la vendita di essa Baronia e Castello ad istanza del P.pe di Butera Don Salvatore Branciforte, come risulta da atto in Not. Filippone suddetto il 29 novembre 1784 (Conservatoria di reg. invest., Vol. 1178, f. 20).
sulla quale Baronia, con privilegio dato a 4 Dicembre 1798, ottenne il titolo di M.se; detta concessione fu esecutoriata a 20 Gennaio 1798. 
Trovasi ascritto alla "mostra nobile della città di Messina del 1798-1807; fu nominato Sindaco di Messina a 24 Febbraio 1812 (Prot, del Regno, reg. 997, f. 74); Gentiluomo di Camera con esercizio, Comm. dell'Ordine di Francesco I.
Silvestro Loffredo fu quindi 2° M.se di Cassibile, patrocinato da D.na Giovanna Rao-Corvaja, M.sa di Mongiuffi e B.ssa di Melia.
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Gaetano Loffredo (nato ?) a Messina e deceduto (?).  3° M.se di Cassibile
Sposò Maria Caterina Scoppa (intorno al 1832?) e dal matrimonio non nacquero figli.

La moglie Maria Caterina Scoppa dei Baroni di Badolato.
Fu cerimoniere onorario di Corte, Comm. Mauriziano, cav. dell'Ordine Costantiniano, Deputato al Parlamento Nazionale; già Gentiluomo di Camera con esercizio ed Amm.re di Casa Reale (Bornone). No ebbe figli.
Gaetano Loffredo, figlio secondogenito di Silvestro e di Giovanna Rau  Corvaja, successe alla madre nel titolo di Barone di Melia (Val Demone), stantechè Giuseppe, figlio primogenito di essa Giovanna, ascese agli ordini sacri. Parlato da Maria Caterina Scoppa dei Baroni di Badolato. Morì senza figli; il suo testamento fu pubblicato agli atti di Not. Dionisio Lombardo da Messina, ottobre 1897.
Gaetano Loffredo Rao Corvaja fu M.se di Mongiuffi e Kaggi e B.ne di Cassibile per l'ereditamento Paternò.
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Nicolò Loffredo (nato intorno al 1830 ?)
I titoli della famiglia Loffredo passarono a Nicolò che intorno alla metà dell’800 sposò Maria Calcagno e D’Amico, ereditiera della madre Rosa D’Amico e di Napoli, vedova Calcagno dei titoli di Duchessa di S. Giorgio Ossada, Marchesa di Melia, Contessa di Guido, Baronessa di Longi e di San Giorgio. Quindi anche questi titoli passarono alla Casata Loffredo.
Dal Matrimonio nacquero i figli/e:
- Giovanna Loffredo (1857 – 1949); sposò nel 1878 (?) Calogero Ruffo (1856 – 1933), principe della Floresta. Non ebbero figli.
- Silvestro Loffredo (1859; ?); (Marchese di Mongiulfi?), morì giovane e non ebbe discendenza.
- Vincenzo Loffredo (1860,1921?); Ereditò i titoli di casa Loffredo-Rao Corvaja e Calcagno e fu l'ultimo Duca d'Ossada (Gioiosa Marea). Sposò nel 1899 Elena Avati (1876 – 1921) e, vedovo nel 1921, Domenica Zumbo (1880 ? - ?). Non ebbe discendenza e fu l’ultimo barone di Longi.
- Rosa Loffredo (1862; 1946); sposò nel (?) il generale Valentic (1862? - ?) e non ebbero discendenza.

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Vincenzo Loffredo
(Messina, 9 novembre 1860 – Librizzi – Messina, 5 settembre 1921)
Deputato e amministratore della Casa Reale
Sposato il 13 Novembre 1899, a Napoli, con Elena Avati (1876 – 1921) figlia del Marchese Vincenzo e della Nobildonna Nicoletta Ruffo( figlia del Principe Girolamo di Spinosa e di Elena Filomorino dei Principi della Rocca d’Aspro).  La moglie morì e si risposò con Domenica Zumbo. Il Marchese Vincenzo Loffredo non ebbe figli.
Il 26 agosto 1898 4° Marchese di Cassibile, per DM.
Con Decreto Ministeriale 26 Agosto 1898 ottenne il riconoscimento del titolo di M.se di Cassibile per la morte, senza figli, di Gaetano Loffredo, suo zio Paterno
Nel 1899 2° Marchese di Mongiuffi e Kaggi, Barone di Melia (Val di Mazara) e di Cassibile per DM del 20 luglio 1899;
con regie lettere patenti del 5 Aprile 1903 fu riconosciuto Duca di Ossada, M.se di Melia, C.te di Guido, B.ne delle Tonnare di San Giorgio e di Patti, B.ne di Longi e Signore delle Saline di Platanella. Cianciana e Cantorella.( come rappresentante del fu Gaetano Loffredo suddetto e successione alla madre Maria).  
Titoli riconosciuti il 5 aprile 1903(?).
……………………….


 

Nicolò, padre di Vicenzo (4° Marchese di Cassibile),  morì prima del fratello Gaetano I (3° Marchese di Cassibile) e lo stesso Vincenzo non ebbe discendenza. Quindi al Marchese Gaetano I Loffredo successe la nipote Maria Emanuela  Pulejo (1908 – 1971) e alla morte di quest’ultima il marchesato fu ereditato da Silvestro Gutkowski Pulejo Loffredo (morto di recente).
I beni quindi, a causa di mancanza di eredi, passarono a Pulejo Gutkowski.
La famiglia Loffredo, stabilita in Messina nel secolo XVIII, si estinse in casa Trotta, che ne assunse il cognome. Quest'ultima si estinse nel secolo XIX in casa Anria (Doria) di origine genovese, che assunse a sua volta il cognome Loffredo.
Il ramo Pulejo di S. Lucia del Mela (attestato dal XVII secolo) e quello di Valdina (XIX-XX secolo, distaccatisi da quelli di S. Lucia del Mela),  sembrano imparentati con i Pulejo di Messina.

La discendenza esatta di Silvestro Gutkowski Loffredo?
Non sono riuscito a risalire come sia avvenuta la successione e per quali titoli.
Sembra che Gutkowski Pulejo Loffredo non sia presente nella lista di coloro che beneficiarono dei provvedimenti nobiliari di Re Umberto II da Cascais. 
Coi titoli di Marchese di Cassibile, Barone di Cassibile, Marchese di Mongiuffi e Kaggi, Barone di Melia, Duca di Ossada, Marchese di Melia, Conte di Guido, Barone della Tonnara di S. Giorgio di Patti, Barone di Longi, Signore delle Saline di Platanella, Ciammacca e Cantarella fu riconosciuto nel 1898, 1899, 1901 e 1903 Vincenzo Loffredo, di Niccolò, di Silvestro. Sorelle: Giovanna in Ruffo della Floresta e Rosa in Valentic.
Alla morte di Maria Emanuela Pulejo Loffredo, il marchesato fu ereditato da Silvestro Gutkowski Pulejo Loffredo,  discendente dei Loffredo, e deceduto il 29 marzo 2018. Molti siti misero in risalto dei dubbi sulla modalità di successione dei titoli e se la successione stessa   fosse mai stata autorizzata.
Ma non fu l'unico titolo che il marchese Gutkowski Loffredo si  attribuì. Su una rivista che trattava delle condizioni di lavoro dei braccianti immigrati proprio a Cassibile, fu riportato che
in assenza di un sindaco che rappresenti le autorità locali, il marchese (?) sembra che abbia accentrato la funzione civica nelle sue mani: riceve in udienza, presso la sua magione, il giovedì dalle 15 alle 17, per aiuti e consigli ai suoi concittadini...

A fare luce sulla successione dei titoli sul sito “AsteAnnunci”
https://www.asteavvisi.it/media/164/4269351/14728488_perizia-integrativa.pdf

L’asta riguardava due vasche di raccolta acqua e dell’adiacente fabbricato ove sono collocate le relative pompe di rilancio. Detti manufatti ricadono all’interno dei terreni distinti dalle particelle 32 e 141 oggetto del precedente pignoramento (v. all. 2-3) ecc…
Alla voce: Sato di Possesso
I beni sono nel possesso del debitore.
Alla voce: Titolo di proprietà
I beni risultano di proprietà del debitore per essere stati edificati su terreni a questi pervenuti in forza del testamento olografo della Marchesa di Cassibile, Pulejo Loffredo Maria Emanuela del 26/10/1963, pubblicato a Roma il 12/03/1974, trascritto a Siracusa il 14/05/1975 ai nn.6654/5353.

Un altro documento  sarebbe legato ad una sentenza del 21 maggio 1957..

La sentenza sarebbe legata alla legge del 1890 n. 6972
LEGGE 17 luglio 1890, n. 6972
Sulle Opere Pie. (090U6972)
Entrata in vigore del provvedimento: 06/08/1890 
(Ultimo aggiornamento all'atto pubblicato il 13/11/2000)
(GU n.171 del 22-07-1890)
La legge dichiara che non sono compresi nelle istituzioni di beneficenza:
a) I comitati di soccorso ed altre istituzioni temporanee, mantenute dal contributo dei soci, o con oblazioni di terzi;
b) Le società ed associazioni regolate dal codice civile e dal codice di commercio.
Non sono sottoposti alla disciplina delle istituzioni pubbliche di beneficenza i comitati di sicurezza, le società, le associazioni, non già per la natura diversa dei fini, in quanto non è disputabile che i comitati e le associazioni possano costituirsi per scopi esclusivi di beneficenza, ma perché si tratta in ogni caso di istituzioni temporanee e manca perciò il requisito della perpetuità, che è un contrassegno giuridico essenziale dell’istituzione di beneficenza in senso tecnico.
Questa decisiva considerazione vale anche per dimostrare l’inaccettabilità delle deduzioni dell’appellato, circa le altre norme relative ai controlli e alla vigilanza sulle fondazioni, delle quali si assume la violazione o l’elusione.
Per concludere su questo punto, se è vero, come è vero, che l’assistenza privata è libera, secondo un principio costituzionalmente garantito (art. 38, ultimo comma, Carta Costituzionale), non può porsi in dubbio che non è né si può considerare illecita la causa di un contratto di società commerciale costituita come mezzo per raggiungere finalità di beneficenza.
Resta da esaminare un ultimo punto. Si sostiene dall’appellato che sarebbe eluso nella specie, il principio secondo cui la persona giuridica, diversa dalla società, non può procedere a determinati acquisti senza autorizzazione governativa (art. 17 Codice Civile).
Senonché l’art.17 citato è applicabile esclusivamente alle associazioni riconosciute ed alle fondazioni; non è per esempio, applicabile alle associazioni non riconosciute.
Eppure quest’ultima, salvo alcuni ostacoli di natura tecnica attinenti al sistema della trascrizione per gli acquisti immobiliari, e che non occorre qui esporre,, possono acquistare beni, come può desumersi dall’art. 37 del Codice Civile, dove si accenna a “beni acquistati” con i contributi degli associati e che, con i contributi stessi, costituiscono il fondo comune dell’associazione non riconosciuta, dotata di autonomia patrimoniale (arg. Art. 17 cit, 38 Codice Civile).
Ora se l’associazione non riconosciuta, la quale può costituirsi per fini altruistici (assistenza, beneficenza e simili), non è soggetta alla norma dell’articolo 17, non si vede perché una società, abbia o meno personalità giuridica, dovrebbe considerarsi “in fraudem legis”, in rapporto alla norma dell’articolo 17 citato, per il solo fatto che la società si propone scopi di beneficenza o di assistenza, i quali potrebbero essere realizzati da un’associazione non riconosciuta (omissis).
Per questi motivi, ecc.
Corte D’Appello di Catania
Sentenza 21 maggio 1957;
Pres. Ed est. Smiroldo P.P.,
Rel. Borzì P., P.M. Zuppello (concl. Diff.);
Seminario arcivescovile di Messina (Avv. Patti, Fortino, Trirobo)
e
Istituto per le opere di religione (Avv. Patti, C. e G. Pacelli)
Contro
Gutkowski (Avv. Bordone, Andrioli)
 
Ente ed asse ecclesiastico – Ente Istituto erede con l’onere di costituire fondazioni – Poteri –
Fattispecie (L. 27 maggio 1929 n. 848, disposizione sugli enti ecclesiastici e sulle amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto, art. 9, 11). 
Adozione – Domanda di nullità – Donatario dell’adottante – Legittimazione (Cod. Civ. art. 304, 769). 
Adozione – Consenso delle parti – Consenso prestato davanti il supplente del primo presidente della Corte d’Appello - Validità (Cod. Civi., art. 311; r.d. 30 gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudiziario, art. 108) 
Adozione, Adozione plurima di maggiori e di minori -  Competenza a far luogo all’adozione – Fattispecie (Cod.  Civ., art. 294; dispos. Attuaz. Cod. civ. art. 35) 
Adozione – Consenso prestato dall’adottante per la trasmissione di titolo nobiliare e con esclusione degli effetti patrimoniali (R.d. 16 agosto 1926 n. 1489, statuto delle successioni ai titoli e attributi nobiliari, art. 3; cod. civ., art. 296, 299, 300)
 
L’ente ecclesiastico, istituito erede con l’onore di destinare il patrimonio a fondazioni da costituirsi, se chiamato dal giudice ad intervenire nel giudizio di nullità dell’adozione consentita da “de cuius”, promosso dal donatario, può eccepire la nullità dell’adozione stessa, pur se non abbia ancora conseguito l’autorizzazione ad accettare l’eredità .(1)
Il donatario è legittimato a chiedere la dichiarazione della nullità assoluta e relativa dell’adizione, consentita da donante. (2)
In caso di assenza del primo presidente della corte d’appello, il consenso delle parti all’adozione può essere raccolto dal consigliere che lo suggerisce nella presidenza della corte. (3).
Se in unico atto viene prestato il consenso all’adozione di più persone,  di cui taluna minore età, è nulla l’adozione del minore, alla quale abbia fatto luogo, con lo stesso decreto di adozione dei maggiorenni, la corte d’appello ordinariamente costituita.(4).
È nullo il consenso all’adozione, prestato dall’adottante allo scopo di trasferire all’adottato il predicato nobiliare, di cui lo stesso adottante era privo e nel presupposto che è l’adzione non avrebbe prodotto effetti  patrimoniali. (5). 
La Corte, ecc.. – Non vi è dubbio che la nobildonna Giovanna Loffredo, vedova del principe Ruffo, nel procedere all’adozione dei lontani parenti germani Gutkowki, volle fosse ben chiaro che essa aveva per scopo la sola trasmissione del titolo marchesale, di cui riteneva essere investita.
Non fu mossa dal desiderio di formarsi una famiglia civile perché continuò a vivere nell’Orfanotrofio Antoniano di Messina;  non ebbe quello di beneficare economicamente gli adottati perché non li contemplò nemmeno nei codicilli successivi all’adozione, data la sua costante e ferma volontà di perseguire, con il suo patrimonio, opere….. 
(Giovanna Loffredo (1857 – 1949);( figlia di Nicolò Loffredo e di Maria Calcagno e D’Amico) sposò nel 1878 (?)  Calogero Ruffo (1856 – 1933), principe della Floresta. Non ebbero figli).

(1) – Sulla specifica questione non ci risultano precedenti editi; v., per qualche riferimento, Cons. Stato, Sez. V, 19 dicembre 1947, Foto it., Rep. 1948, voce “Ente e asse eccles. N. 7”. Sulla più generale questione dei poteri dell’ente ecclesiastico, istituito erede “cum onere” nella pendenza dell’autorizzazione governativa all’accettazione, App. Firenze 3 agosto 1955, Foto it., 1956, I, 397, con nota di richiami, successivamente Cass. 3 maggio 1956m n. 1386, id. Rep. 1956, voce cit. nn. 18 – 20. Sull’istituzione d’erede, la cui consistenza patrimoniale è assorbita dall’adempimento dell’onere di dar vita ad una fondazione di beneficenza. Jemolo, Lezioni di diritto ecclesiastico, nn. 94, 194.
(2) Non ci risultano precedenti editi; v., per qualche riferimento, App. Milano 3 maggio 1940, Foro it., Rep. 1940, voce “Adozione”, nn. 6, 7.
(3) Conf. La sentenza 31 marzo 1955 sul punto confermata dalla pronuncia, che si riporta, del tribunale di Siracusa (Foro it., 1955, I, 1265, con nota di richiami).
(4) Non risultano precedenti giurisprudenziali editi; il caso pratico, ora deciso, dell’adozione plurima di maggiori e minori è prospettato e risolto nel senso seguito dalla Corte d’Appello di Catania, da Favara, “Adozione plurima e giudice competente per l’omologazione” in Riv. Trim. diritto e proc. Civ. 1950, 752.
(5) Sulla delicata questione non ci risultano precdenti giurisprudenziali editi: sul rapporto tra la volontà dei privati, che presentano il consenso, e il decreto della corte d’appello, vedansi le autorità dottrinali, menzionate nel citato scritto del Favara, cui “adde” Messineo, Man. Diritto civile e commenti, 69. Sulla normale intrasmissibilità agli adottivi del predicati nobiliari, sancita (non, come si legge nella sentenza riportata, nell’art. 3, regio decreto 16 agosto 1926 n. 1489, bensì nell’articolo 56 Regio Decreto 21 gennaio 1929 n. 61), vedasi, Appello Napoli 13 marzo 1931, Foro it., 1931, I, 1309, con nota di richiami.
………………………..
L’antico casale forse scomparve a causa del devastante terremoto del 1693 (9 – 11 gennaio alle ore 13,30) che ebbe il suo epicentro proprio nella Valle di Noto con una magnitudo pari a 7.3 ed a una profondità di 18 km.
Il feudo  o Marchesato di Cassibile, in base ai riferimenti storici, ebbe sempre un adeguato numero di contadini e braccianti per la conduzione agricola delle terre.
Il marchese Silvestro II Loffredo capò l’esigenza di fare lavorare i contadini in un ambiente sereno e decise quindi di dare l’avvio alla costruzione della borgata che si sarebbe sviluppata lungo la strada che collegava Siracusa ad Avola e Noto.
I lavori iniziarono nel 1850 ma Silvestro II morì il 28 agosto 1854 a causa del colera che colpì Messina.  La sua opera di costruzione fi proseguita dal figlio Gaetano I che, dopo una pausa di alcuni anni  legata all’invasione garibaldina prima e piemontese, dopo il 1860 – 1861 completò le costruzioni della borgata.
Nel 1870, lo stesso Gaetano I, inaugurò la chiesa, dedicata alla Sacra Famiglia,  in stile ottocentesco.
I primi abitanti di questa borgata provenivano dai territori circostanti come Monterosso, Canicattini, Palazzolo, ed erano contadini dediti alla pastorizia.
Il Marchese diede agli immigrati la comodità dell'abitazione e del pascolo per le loro bestie.
Nella borgata  nacquero una locanda, la caserma dei carabinieri e successivamente anche una scuola, l’ufficio postale ed anche il servizio telefonico.


Chiesa della Sacra Famiglia

Cassibile  - la borgata

Naturalmente con l’aumento demografico della comunità, vennero costruite nuove case che  il marchese concedeva, sempre in uso gratuito, per soddisfare le esigenze dei lavoratori.
I lavoratori nel tempo maturarono il desiderio di avere una casa propria e intorno al 1930, molti cassibilesi acquistarono dei terreni a circa 500 metri a nord dal preesistente borgo per poter edificare.
D’altra parte, proprio intorno al 1930, alcuni contadini furono sfrattati dalle case  perché i locali dovevano servire da magazzini.
In poco tempo sorse una piccola borgata e, nel centro di essa, su un terreno donato dalla Baronessa Picone Demerata Magnano di San Lio, fu eretta  (nel 1931) una  piccola chiesa dedicata a Sam Giuseppe.
L’espansione edilizia ebbe un incremento dagli anni ’60 in poi. Un’espansione legata anche alla costruzione di numerose villette estive che invasero la costa e l’entroterra di Fontane Bianche.
Alla morte di Maria Emanuela, il marchesato fu ereditato da Gutkowski Pulejo Loffredo Silvestro.
L'antico borgo, doveva costituire il centro ed il punto di espansione di Cassibile, ma non fu così. Infatti all'unica via, lungo la quale sorgeva una fila di ordinate abitazioni, si costituì una rete di strade e nuove abitazioni, fino a raggiungere all'attuale espansione. Oggi Cassibile non è più una piccola borgata o un "paesello", ma una cittadina capace di auto gestirsi e di camminare da sola. Da poco più di 1000 abitanti degli anni cinquanta, si giunse a circa 3400 negli anni ottanta, per arrivare ai 5800 odierni. Fu un incremento in controtendenza, nei confronti dei paesi vicini dove gli  abitanti tendevano a diminuire.
Cassibile e Fontane Bianche allo stato attuale distano poche centinaia di metri. In considerazione dell’elevato numero di residenti è da anni che si chiede con insistenza la creazione del Comune di Cassibile – Fontane Bianche che, allo stato attuale, sono frazioni del Comune di Siracusa.
Ma non è questo l’unico problema per Cassibile.  C’è un problema legato all’inquinamento ambientale dato che le spiagge e gli stabilimenti balneari di Fondaco Nuovo non posso essere utilizzati a causa della vicinanza dei pericolosi insediamenti industriali.
 
Contemporaneamente all’edificazione del borgo, i Marchesi di Cassibile ( prima Silvestro e poi il figlio Gaetano) avviarono dei lavori importanti sulle rovine dell’antico castello, posto su “Cugno Mola” e citato da Fazello, per la costruzione di una villa in stile neoclassico che inglobasse l’antico edificio.
L’edificio  è a strapiombo sulle fertili vallate di “Stradigò” ed era raggiungibile attraverso la “Scala Disa” posta nei pressi del “mulino vecchio” (oggi non praticabile) , a ridosso della strada d’accesso che conduce alla centrale dell’Enel oppure attraverso un suggestivo sentiero che dai Cugni di Cassaro costeggia Cava Sant’Anna.
 
Chi volesse percorrere quest’ultimo sentiero deve immettersi, nei pressi dello svincolo autostradale di Cassibile, nella strada provinciale 73 Cugni-Stallaini-Canzeria-Cassibile realizzata su un tracciato aperto dai marchesi agli inizi dello scorso secolo. 






Prima della masseria Cugni di Cassaro si innesta una strada interpoderale. Non sono a conoscenza delle attuali condizioni della strada interpoderale se percorribile in auto. Si prosegue quindi per la strada interpoderale per poi incontrare sulla destra il sentiero, in cui s’incontra un cancello di colore arancio,  che conduce a “Cugno Mola”  e che domina la bella Cava di Sant’Anna.
Sulle pareti di  Cava S. Anna sono presenti alcune tombe “a forno”, parte delle oltre 2000, che compongono la necropoli sicula di Cassibile, databile tra il 1000 e l’800 a.C. Alcune di queste tombe presentano un  riadattamento  “a camera” in epoca bizantina.

Tombe a forno

Tombe a “camera” di epoca bizantina


L’edificio seppur ancora strutturalmente solido presenta gli ambienti interni fortemente compromessi anche da evidenti atti di vandalismo. Architettonicamente l’edificio, a pianta quadrangolare, è dotato nel piano inferiore di un portale d’accesso di forma arcuata. Su ciascuno dei quattro lati vi è una fila di tre finestre sormontate da un timpano triangolare.








Dopo lo sbarco degli Alleati (10 luglio 1943) la villa diventò meta dei soldati britannici, non solo per le vaste scorte di vino, di cui andavano alla ricerca i soldati, ma anche per la pregiata merce che vi si trovava all'interno. Alcuni giovani inglesi iniziarono a sottrarre vesti pregiate della marchesa per darle a delle ragazze locali rifugiate nelle grotte; era il loro modo per corteggiarle. Tuttavia l'approccio tra gli occupanti e i cassibilesi non fu sempre pacifico. Le donne locali conservarono il ricordo delle molestie e delle violenze subite da una parte dell'esercito britannico. Le loro testimonianze rilevarono come gli scozzesi e gli inglesi in genere si comportavano con la popolazione in maniera cordiale, quasi amichevole, mentre le truppe indiane si macchiarono degli atti più intollerabili.




Il piano inferiore presenta ambienti ampi, forse originariamente destinati ad usi produttivi, anch’essi molto degradati. Sul prospetto Nord, l’unico balcone della villa, è sorretto da quattro mensole di pregevole fattura, raffiguranti dei caproni. Sia all’interno che nelle superfici terrazzate appaiono evidenti interventi edilizi di epoche successive anche per l’uso di materiali contemporanei. Dell’antica costruzione non rimane oggi praticamente nulla, se non una cisterna con collo circolare, che venne inserita nella facciata della villa, e alcuni blocchi di arenaria squadrati, presenti nelle vicinanze, che potrebbero essere materiali del vecchio castello.

Nella Cava Sant’Anna, sottostante a “Cugno Mola”, si trova la centrale idroelettrica di Cassibile.






La centrale elettrica prima del suo ripristino
La centrale fu costruita tra il  1908 ed il 1910 e fu uno dei primi impianti di produzione energetica della Sicilia orientale (forniva l’intero fabbisogno delle province di Siracusa e Ragusa). Era quindi considerata un’infrastruttura strategica per l’area e fornì energia elettrica anche durante la Seconda Guerra Mondiale tanto da essere ripetutamente bombardata dagli americani nel conflitto.
Dopo la firma dell’armistizio fu nuovamente bombardata dai tedeschi.
Fu al centro di una lunghissima vertenza giudiziaria con i marchesi di Cassibile che rivendicavano antiche concessioni feudali nell’uso delle acque.
Fu danneggiata dall’alluvione del 1951 e subito riattivata. Il crescente fabbisogno energetico ne marginalizzò l’importanza.
Riuscì a sopravvivere al conflitto e rimase in attività fino al 2005 quando una frana del costone investì l’unica strada d’accesso alla centrale. Da quel momento la centrale smise di funzionare.
Nel 2014 la “Enel Green Power” avviò un piano d’interventi per il recupero della centrale con un investimento di circa 5 milioni di euro.
“Dal 2014, abbiamo avviato un vasto piano di restauro che ha interessato l’intero fabbricato della centrale, l’opera di presa dove si attinge l’acqua per la generazione e i 9 km del canale di derivazione che porta l’acqua alla vasca di carico. È stato, inoltre, realizzato un unico gruppo di produzione, di poco più di 2 MW, capace di soddisfare il fabbisogno di circa 1000 famiglie".
Le turbine sono animate dal poderoso salto dell’acqua incanalato dalla sommità attraverso una grossa conduttura.
Seppur ancora in uso la centrale soddisfa oramai, e solo parzialmente, le richieste energetiche della città di Avola e del suo contado.
Da segnalare come lungo le pareti rocciose, poste accanto alla centrale, vi sono alcune gallerie, la gran parte delle quali puntellate in modo oramai quasi inutile, che sbucavano in direzione di contrada Tangi, attraversando il costone montuoso di Serra Palazzo che sovrasta la centrale.

La vecchia centrale dell’ENEL sul fiume Cassibile fu costruita nella parte terminale della riserva naturale di Cava Grande, si può raggiungere attraverso il  sentiero “mezza costa” che attraversa la cava dalla cosiddetta “prisa”, posta a monte, ma chiuso ai visitatori dal 2013 per un incendio, oppure dalla ex SP 83 Avola-Petrara-Tangi.
Si percorre l’autostrada Siracusa – Gela, uscita svincolo di Avola. Subito dopo la svincolo. Si prende la prima strada a destra e s’incontrano subito le prime indicazioni per la Centrale idroelettrica.




Le anse del fiume e le frane hanno formato lungo tutta la Cava, vari costoni e declivi terrosi, in
alcuni luoghi quasi pianeggianti, che l'uomo ha occupato e sfruttato per viverci e per coltivare i
prodotti della terra. A questa possibilità di adattamento dell'uomo alle condizioni naturali
dell'ambiente si deve la presenza umana nella Cava Grande in ogni tempo, con connotazioni e
caratteristiche diverse lungo il corso dei secoli e dei millenni.
Lungo la Cava, nel tratto compreso fra il fiume Manghisi e lo sbocco nella pianura costiera, si
contavano fino a qualche decennio addietro nove mulini:
-        Al di sopra la strada statale che collega Noto a Palazzolo Acreide, il mulino Ciranna e quello,
vicinissimo alla statale, detto Magnisi, appartenuto in anni recenti alla famiglia Reale.;
-        Al di sotto della strada il mulino Pompa, che fu totalmente distrutto dalla disastrosa alluvione del 1951;
-        il mulino Papa;
-       il mulino di contrada Petracca;
-        il mulino Barresi in contrada Carrubella.
 Quasi allo sbocco della Cava sono ubicati i mulini appartenenti al marchese di Cassibile.
Alla sinistra del fiume il mulino Loffredo, detto anche Vecchio, alla destra, dirimpetto al Vecchio il
mulino Toscano. Più in basso, oltre lo sbocco, il mulino Nuovo, costruito pure alla destra del fiume.
Le strutture di tutti questi mulini sono state più volte rifatte nel corso dei secoli per via delle
distruzioni subite dagli impianti a causa delle inondazioni.


Il mulino Toscano e il mulino Loffredo o Vecchio, entrambi ancora in buone condizioni.
Il mulino Toscano è raggiungibile dalla strada che, per la contrada Palazzetti, conduce alla centrale ENEL. Il prospetto rivolto a nord misura circa 20 mt. e presenta un'ampia porta d'ingresso, con un arco a tutto sesto, che immette nel locale del mulino vero e proprio. A destra e a sinistra ci sono due grandi finestre. Tra la porta e la finestra di destra è murato in alto lo stemma, in pietra calcarea, dei marchesi di Cassibile. La fattura è ottocentesca e risale evidentemente all'acquisto del mulino.
All'estrema destra è una porta un poco più stretta della prima, che dà in quello che era il deposito.
La macina di pietra bianca era ancora al suo posto, così come la tramoggia. Veniva ultimamente utilizzata per il grano. In passato era stata utilizzata, in alcune circostanze, anche per l'orzo.
Il mulino Loffredo o Vecchio era pure di proprietà dei marchesi di Cassibile, si parla nell'atto di investitura, avvenuto nel 1797, di Silvestro Loffredo, quadrisavolo dell'attuale marchese, anch'egli di nome Silvestro. La costruzione fu più volte rifatta e restaurata nel tempo, fino all'ultimo intervento del 1944/45, quando il prospetto strapiombato in avanti dovette essere abbattuto e rifatto con finestre più grandi di quelle preesistenti. Il prospetto, rivolto a sud-est, è lungo 23 mt. circa e si presenta piuttosto articolato. Al locale centrale, nel quale è il mulino vero e proprio, si accede da un'ampia porta con arco a tutto sesto.
A destra e a sinistra, piuttosto distanziate, sono due alte finestre senza inferriate. Tra la porta e la finestra di sinistra è murato, quasi sotto la bassa grondaia, lo stemma in pietra calcarea del marchese di Cassibile. Essendo stato scolpito meno di cinquant'anni fa, lo stemma è ancora in ottime condizioni. Vi si scorgono, nella sezione inferiore, tre stelle esalobate che sormontano tre colli assai pronunciati, che rappresentano i tre cugni esistenti nel feudo del marchesato. Nella sezione superiore è un leone, dotato di ricca criniera, che, rivolto lateralmente a sinistra, con le zampe trattiene un gigantesco giglio. Il medaglione è fiancheggiato da ramoscelli di quercia e sormontato dalla corona marchionale, il cui fiore centrale si presenta parzialmente mutilo. 

L'interno del mulino conserva ancora le strutture quasi intatte, con ancora le due mole poggiate sul pavimento e la tramoggia di legno al suo posto.  Purtroppo la ruota idraulica è stata recentemente trafugata  La macina, in pietra lavica, anticamente era usata per la molitura del grano. Al locale di destra, che sul prospetto ha un'ampia finestra, si accede dall'interno del mulino. Serviva come deposito per i lavori di molitura. Il terzo locale quello di sinistra, ha un ingresso autonomo e presenta un'alta finestra sul prospetto, a circa tre metri dalla porta d'ingresso, ed un'altra, piccola e squadrata, sulla parete sud, che è lunga mt. 8,50 circa. Questo locale molto vecchio e in cattive condizioni, in passato era destinato a cucina. Con l'avvento dell'Unità d'Italia vennero demanializzate alcune risorse naturali, che prima erano in mano ai privati, fra queste rientrarono le acque. I tre mulini del marchesato di Cassibile: il Vecchio, il Toscano e il Nuovo, furono al centro di una pluriennale vertenza giudiziaria tra la famiglia Loffredo con il comune di Siracusa prima (1874) e la SGES poi, per il diritto sull'uso dell'acqua del fiume Cassibile. Alla fine, dopo lunghe vicende giudiziarie, la sentenza del Tribunale delle acque di Roma, emanata il 22 maggio 1935, rigettò l'appello della Società elettrica e confermò il diritto alla marchesa Pulejo a prelevare l'acqua del Cassibile secondo le modalità previste da quella sentenza. Chiusa la questione sul piano legale e restaurati gli impianti, i mulini ripresero a funzionare tutti, fin quando qualche decennio dopo, non cessarono definitivamente l'attività (da "l'opera dell'uomo a cava grande del Cassibile" di Sebastiano Burgaretta).

L’estensione del feudo della marchesa di Cassibile Pulejo Loffredo era inferiore a quella originaria ma la zona che ancora presentava una vocazione agricola era la contrada Stradicò con una estensione notevole, di circa 800 ettari.
Il soddisfacimento delle esigenze idriche del terreno avveniva attraverso le acque derivate del fiume Cassibile, regolarmente concesse dagli organi competenti in una quantità pari a 478 l/s  per irrigare circa 600 ha (ettari) di terreno.
Il prelievo dell’acqua avveniva per la massima parte allo scarico della condotta della centrale idroelettrica ENEL che, attraverso una fitta rete di canalizzazioni, provvedeva all’irrigazione del fondo.

Mulino Loffredo (o vecchio)

Mulino Toscano dal nome del suo ultimo proprietario

Interno mulino Toscano
Dietro il mulino “Loffredo” (vecchio) si trova il sentiero “Scala Disa” che conduce al “Cugno Mola”. Un sentiero difficile e non percorribile a causa di un incendio di alcuni anni fa.
L’altro mulino dei Loffredo, in discrete condizioni strutturali,  si trova più a valle e  prese il nome di “Mulino Nuovo”.
Si trova sotto il ponte dell’autostrada Siracusa – Gela e, fino ad alcuni anni fa” non era visitabile perché coperto completamente dalla vegetazione.



Foto prese dall’interessante sito..
https://www.facebook.com/muliniadacquadisicilia/posts/questa-estate-sono-riuscito-a-trovare-il-terzo-mulino-sul-fiume-cassibile-quello/674313923934344/

Altre foto dei Mulini  Toscano e Loffredo nel link

Vicino alla centrale idroelettrica sono presenti gli edifici “casi rosa” che ospitavano il personale della centrale, fino agli anni ’50 del secolo scorso, e da tempo in completo abbandono.





Di grande dimensioni è la palazzina destinata ad uffici. I fabbricati hanno il caratteristico colore rosa che all’epoca era molto diffuso. Si trattava di un  rivestimento esterno “coccio pesto” ricavato dalla polverizzazione delle tegole d’argilla.
Anche la palazzina uffici versa in stato di evidente abbandono.
Nelle vicinanze un piccolo rifugio antiaereo, ubicato proprio a ridosso della cava e risalente all’ultimo conflitto mondiale. Provvisto solo di una piccola stanza, il rifugio sbuca su di un picco dove è possibile ammirare uno splendido scorcio della Cava Grande.


La riserva di Cava Grande del Cassibile fu istituita con decreto dell'assessorato territorio ed ambiente della regione siciliana nr 649 del 13/7/1990. In realtà il primo decreto istitutivo della riserva risaliva al 1984 e seguì un iter normativo molto complesso perché probabilmente ci furono degli ostacoli per l’emanazione del decreto definitivo. Un dato è certo…. Ogni anno la stupenda Riserva del Cassibile è percorsa dal fuoco e questo dovrebbe fare riflettere…

Maria Emanuela Pulejo Loffredo Gutkowski, Marchesa di Cassibile  (1891 – 1974)

Una donna dalla grande eleganza, borghesemente appellata “la signora”.
Abiti, velluti,  tinte unite o decorate con trame damascate o floreali, inseriti in pellicce, sete, mantelle, realizzati da prestigiose sartorie.
Frequentava le serate dei principi romani e sua nonna era stata dama di compagnia della regina Margherita di Savoia.
Portava gli   abiti della sartoria “Sacerdote”, famiglia di origine ebraica, un famoso atelier di Torino.
Una bella donna che legava la ricchezza d’animo ad un aspetto affascinante. Snella, dai tratti somatici molto raffinati, la marchesa nella propria casa di Piazza Duomo a Messina, viveva i momenti dell’aristocrazia messinese e siciliana.
Frequentava i nobili Lanza di Trabia, i Florio, i Ventimiglia di Palermo, i Whitaker di Trapani,  gli Asmundo di Catania ed anche gli Avati di Napoli.

Messina - Palazzo Arena Pulejo


Largo Purgatorio e la Chiesa delle Sante Anime del Purgatorio in uno scatto
del reverendo Calvert Jones risalente al 1846.
https://www.facebook.com/AnticaMessina.it

Messina allora era un grosso centro internazionale dove s’incontravano importanti imprenditori europei. Una frequentazione che si protraeva da generazioni (Sarauw, Jaeger, Sanderson, Barrett, ecc.).
La città era quindi un grande teatro di moda che si manifestava con le sartorie Magno, Principato, Poligatti, Corsaro, Bella Sollima. Tutte sartorie che avevano i loro negozi in via Pianellari e nei collegi.
Si fronte alla Cattedrale l’ex Casa dei Padri Minoriti, sede del Comando della Divisione Militare, e il Palazzo dell’Appalto; accanto al Duomo, a ridosso di via Pianellari, il Palazzo Pulejo.
https://www.letteraemme.it/wp-content/uploads/2018/03/Duomo-4-800x1060.jpg

Allora Messina era anche un porto dove si smerciava la seta. Una seta più pregiata di quella orientale a tal punto che il porto era “porto franco” per il commercio del prezioso tessuto.
I sarti locali erano anche mercanti perché importavano le stoffe e gli abiti da tutte le capitali d’Europa anche per soddisfare un pubblico vasto costituito da messinesi, siciliani, inglesi, danesi, olandesi, svedesi, russi, tedeschi.
Una straordinaria conquista borghese della città. I numeri erano impressionanti e davano un’immagine della città ricca di attività commerciali e di cultura.




Maria Emanuela nacque in questa Messina nel 1891 da Gaetano Pulejo, un possidente di 28 anni e imprenditore nel settore agricolo, non ancora marchese di Cassibile, e dalla ventenne Giovanna Patanè Giorgianni dei baroni di San Martino.
(Gaetano Pulejo figlio di Emanuela Loffredo, sorella del marchese Gaetano Loffredo, e di Michele Pulejo ?).
Lo zio (?) di Maria Emanuela Pulejo Loffredo, il marchese Gaetano Loffredo abitava, sempre a Messina, fra il n. 15 della Via Liberale e il n. 48 della Via Garibaldi con la moglie Maria Caterina Scoppa dei principi di Badolato.





Nello stesso stabile, in cui abitava il Marchese Loffredo,  risiedeva l’avvocato Onofrio Basile.
Fra la via Fata Morgana e il torrente San Francesco di Paola, abitava il banchiere Francesco Lella Siffredi con la moglie Orsola Loffredo.
In via Scesa della Rovere n. 97, abitava invece l’imprenditore Michele Pulejo (marito di Emanuela Loffredo) e poi il figlio Gaetano con la moglie Giovanna Patanè Giorgianni (genitori di Maria Emanuela).

Messina - Via della Rovere, vista da via Garibaldi, alla fine dell’ 800.

Maria Emanuela fu dai genitori  istruita nel valore della bellezza e della modestia.
La ragazza si trovò a contatto con la “Belle  Epoque” messinese e, come tante ragazze della sua età, cominciò a crescere  con gli occhi avvolti da tante speranze e desideri. Ma il destino a breve l’avrebbe messa, come tutta la città di Messina, a contatto con una tragica realtà: il terribile terremoto del 28 dicembre 1908.
Il crollo di tutti i suoi sogni svanirono in uno strano movimento  soprannaturale.
Aveva diciassette anni e stava preparando i vestiti per la festa della madre che proprio in quel triste giorno doveva festeggiare i suoi 38 anni.
Quel fatidico giorno resterà per sempre impresso nella sua vita e non solo per la paura o per la distruzione della loro casa in Piazza Duomo, o per l’atmosfera di morte e di distruzione che coprì, con un velo, tragicamente la città.
Maria Emanuela perse la madre  e il padre sotto le macerie e si ritrovò improvvisamente orfana… quelle speranze  che brillavano nei suoi giovani sguardi svanirono nel nulla.
Fu affidata alle cure dei pochi parenti  superstiti.
 Con il cuore infranto riprese gli studi, girò per l’Europa e decise di abbandonare lo “status” di aristocratica per intraprendere, in una sfida, la difficile attività di imprenditrice agricola nel feudo di Cassibile.
Con grande coraggio e con grinta, portò avanti gli affari di famiglia. Instaurò un buon rapporto con i contadini istruendoli nelle giuste tecniche agricole e questo gli permise di raggiungere   un aumento della produzione agricola, riuscendo a vincere la battaglia fascista del grano.
Collocò un impianto  idroelettrico a Cavagrande del Cassibile (percorsa dal fiume Cassibile) riuscendo a dare alla sua azienda agricola, grazie ai suoi contatti ed ai frequenti viaggi in Italia, un aspetto che potremo definire internazionale.
Un grande prestigio  per  Cassibile, un lembo della Sicilia molto importante dal punto di vista storico per le antiche testimonianze di civiltà millenarie e medievali.
Una “contado” famoso al tempo degli Arabi per la sua grande fertilità e menzionato da Al Idrisi nel suo testo risalente ai Normanni.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale sposò l’ufficiale polacco Giorgio Gutkowski che incontrò in uno dei suoi viaggi in Russia.
La vita di Maria Emanuela prese una nuova svolta.
Nel periodo invernale la sua dimora era a Roma. A Roma si dedicò nello studio di storia dell’arte ed abitò con il marito in un palazzo vicino Piazza di Spagna.
Malgrado si trovasse nella capitale, Maria Emanuela  aveva sempre nel cuore la sua azienda agricola di Cassibile e controllava di continuo gli ordini del suo mercato agricolo e i flussi di vino, olio e mandorle per l’Italia e la Germania. Il padre di Maria  Emanuela, Gaetano Pulejo Loffredo nel 1904 – 1908 fece degli interventi viari che erano iniziati con il marchese Silvestro Loffredo e con il figlio Gaetano Loffredo. Gaetano Pulejo costruì la strada e il ponte di San Gaetano, nel 1904 – 1908, per congiungere i suoi ex feudi di Cassibile, Cuccellato  Cugni di Cassero e Contessa. La figlia Maria Emanuela, in ricordo di questi interventi viari, fece scolpire nella roccia, lungo i tornanti della SP 73 (a circa 3 km da Cassibile) una lapide..

Lapide con lo stemma della famiglia e la scritta..
Puleo
Gaetano Loffredo di Cassibile
1904-1908
costruì la strada e il ponte di
S. Gaetano per congiungere i suoi
ex-feudi di Cassibile e Cuccellato Cugni
di Cassero e Contessa.
La figlia M. Emanuela ricorda.




Si dedicava anche allo studio di moda, una vera stilista.  Fece degli ordini di imbastiture  di vestiti alla moda, da lei stessa disegnati e ricercati nelle stoffe e nelle decorazioni.
Fra gli anni ’30 e ’50 aveva ben quattro sartorie a sua disposizione:
-        Agnese Fontana di Roma;
-        Alda Turchi di Cassibile;
-        Carmela Scarcella di Siracusa;
-        Maria Ruggeri di Torino.
La maggior parte delle volte si recava presso gli atelier per le misure e per provare gli abiti mentre altre volte ordinava a distanza per sé e per la giovane figlia Diana.
I suoi abiti preferiti erano costituiti da lane lavorate per l’inverno e sete damascate per l’estate.
Amava i merletti, i veli e le trasparenze. Aveva una grande passione per il velluto, specie di colore rosso.
In occasione del compleanno della figlia diciottenne Diana (1948) scelse proprio un vestito di velluto rosso. Aveva selezionato la stoffa in un negozio di Roma e la inviò alla sartoria Sacerdote a Torino.
Torino era allora la capitale della moda e da Torino si propagavano gli echi della moda italiana e francese e questo grazie anche alle intuizioni di mercanti sarti che per primi, ad esempio, portarono dalla Francia i pantaloni femminili nel 1911.
Dal 1911 ci fu la nascita di sartorie, fino ad arrivare al grande successo degli anni ’30 grazie alle sartorie: Sorelle Costa; Gori, La Merveilleuse, Sanet….e degli anni ‘ 40 e ’50 con le sartorie; Pozzi e Sacerdote.
Erano abiti indossati in gran parte dall’aristocrazia e borghesia torinese. Nel 1946, la Seconda guerra Mondiale  era appena finita, Torino organizzò la prima Mostra Nazionale dell’Arte della Moda e  si auto-pronunciò come capitale della moda europea, seconda sola a Parigi.
Maria Emanuela era sempre alla ricerca del meglio, e decise di prendere visione, di esplorare, le sartorie di Torino, aveva pochi punti di riferimento e si affidò quindi prima alla sartoria Sacerdote, esistente sin dai primi anni del secolo, e successivamente ad una delle loro sarte, Maria Ruggeri.
Oltre a Roma, Maria Emanuela a fine agosto alloggiava presso l’Hotel Miramonti di Cortina. Qui dava libero sfogo ai suoi stupendi abiti ed acquistava scarpe in pelle bianca presso un certo Ruben Demenego.


Un mondo affascinante, vissuto intensamente, che sparirà  alla sua scomparsa avvenuta nel 1974.
Una delle ultime gattoparde siciliane…



abito svasato con strascico
Abito, civile, da sera, femminile di Sacerdote A (Inizio secolo XX)
https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0100450254#lg=1&slide=0A
"Abito da sera lungo, nero. Corpino di tulle nero con maniche corte, scollo a V, chiuso da guimpe di plumetis avorio. Gonna lunga doppia di raso nero: all'interno con volant arricciato all'orlo, all'esterno con strascico. Sovrapposta, una ulteriore gonna di tulle nero, lunga davanti sino a sotto al ginocchio e dietro con strascico. Il corpino e la gonna di tulle sono decorati con spirali, cerchi e fasce realizzati con: soutache, cannette, conterie, jais, paillettes, ricami di filo di seta. Ricco decoro sul punto vita davanti e allo scollo. Decoro in tessuto di raso arricciato e jais, nella metà dietro e all'altezza della vita e del polpaccio. Chiusura posteriore con ganci ed automatici. Interno: corpino steccato, fodera di raso e chiffon, sottoascelle, gros in vita con logo sartoria"
Materia: Cotone, intreccio, tessuto – Esecutore sartoriale: Sacerdote A.
Iscrizione al cinturino interno, davanti – Sacerdote/Via Roma 27 – Torino - Etichetta
(V. Bianco - G. Rebaudo, 2001)


Abito, civile, da giorno, femminile.
Manifattura Torinese ( anni trenta. Sec. XX)
https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0100450682#lg=1&slide=0
abito svasato, lungo al polpaccio, manica a kimono
Abito lungo al polpaccio, svasato interamente lavorato in sbieco con tagli a punta nel busto. Incrostazioni a punta di tulle di seta, che creano una raggiera che parte dalla spalla fino all'altezza del seno per tutta l'estensione della manica sul fronte e sul retro. Accorciato di circa 8 cm. dalla proprietaria che allega avanzo di tessuto. La proprietaria dichiarava che la manica aveva inserito elastico che ne creava arricciatura. Mancante all'atto della donazione
Iscrizione al fianco sinistro - TEL. 44011 A. Bonamigo via San Quintino 6 - Torino - etichetta –
Materiale e Tecnica: seta - tessuto
Luogo di Conservazione: Archivio Abiti d'Epoca L.A. Passoni
Localizzazione: Succursale del Liceo Artistico "Aldo Passoni"

Abito civile da sera
Sartoria torinese – metà secolo XX
"Abito da sera femminile a scollo totale di nylon rosso. Corpino aderente a balze con piegoline orizzontali su base di taffetas in tinta con tagli verticali sagomati e baschina in vita. Bretelle piatte su base di taffetas, rivestite di tulle. Gonna lunga al polpaccio formata da taglio unico di tulle pieghettato sciolto, fissato in vita e a doppio giro sovrapposto, con lato terminale asimmetrico sul davanti sinistro leggermente stondato con taglio più corto con effetto portafoglio. Orlo tagliato a vivo. Chiusura a lampo metallica a sinistra con automatico in vita e gancetto in alto". Si propone la datazione alla metà degli anni '50 del XX secolo su base stilistica, per via della "foggia tipica per lunghezza, linea svasata a trapezio, uso delle pieghettature, aderenza al busto, con baschina a fianchetto" (Inventario interno)
Oggetto: abito a crinolina - Materia e Tecnica: fibre sintetiche e intreccio -
Classificazione: civile – Ambito Culturale: Sartoria Torinese;
Luogo di Conservazione: Archivio Abiti d’Epoca: L.A. Passoni;
Localizzazione: Succursale del Liceo Artistico “Aldo Passoni”
Indirizzo: Via Ettore Perrone, 1 bis, Torino;
Tipologia Scheda: Vestimenti antichi/contemporanei;
Codice di Catalogo Nazionale: 0100450253;
Numero d’Inventario: 1424;
Ente Competente per la Tutela:
Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
Ente Schedatore:
Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Torino
Licenza Metadati: CC-BY 4.0
https://catalogo.beniculturali.it/CulturalInstituteOrSite/ICCD_CG_5240752563561





Sulla Marchesa di Cassibile non mancarono le leggende..
Si narra che amasse  fare il bagno nella spiaggia.  Dalla villa di Cugno Mola scendeva sulla spiaggia  lasciando il marito nel castello per badare agli affari.
Approfittando della assoluta privacy, amava fare  il bagno completamente nuda e nessuno, se non qualcuno della fidata servitù, poteva avvicinarsi a lei in quei momenti.
Un luogo solitario e la spiaggia,  ancora oggi, è  detta “della Marchesa” o  “del Gelsomineto”.
Una spiaggia che ha perso quello spirito riservatamente nobìliare, per aprirsi al  turismo internazionale che oggi la caratterizza.
Eppure la spiaggia della Marchesa resta ancora oggi uno dei luoghi più belli di Sicilia, sospeso tra storia e natura, tra mare e colore.
La sabbia finissima, tinta d’oro, sposa un mare dal colore meraviglioso. La baia è stretta nell’abbraccio dei suoi costoni rocciosi, piccole falesie di morbida pietra, mai infestate dal fastidioso deposito di alghe che caratterizza altri tratti del litorale.
Riserva naturale istituita per tutelare il delicato sistema offerto dalla foce del fiume Cassibile che s’origina sui contrafforti dei Monti Iblei, mare azzurro e cristallino, grotte e rocce senza pari, è una spiaggia estremamente suggestiva, nei pressi dell’abitato di Cassibile, frazione del Comune di Siracusa, direzione Avola.



Storia e natura s’intrecciano. Fu questa la spiaggia dove si registrò lo sbarco alleato degli Inglesi del 9 e 10 luglio 1943, è Cassibile il luogo dove fu firmato l’Armistizio, è la “Marchesa” un luogo dove si può respirare la storia e nuotare in bellissime grotte accessibili a  tutti.
La spiaggia della Marchesa è un luogo dove bisogna andare, almeno una volta nella vita, e non solo con lo spirito disimpegnato godere della suggestione del mare, ma a riflettere anche sul senso della storia recente troppo spesso caduta nell’oblio.

La figura della Marchesa di Cassibile fu legata alla cittadina di Alì Terme (un tempo Alì Marina), a 24 km da Messina. Una cittadina con una splendida posizione sul mare Jonio, a poca distanza da Taormina, dalle Gole dell’Alcantara e adiacente alla Fiumara di Fiumedinisi.
Un centro balneare legato anche alle sue acque sulfuree che, a detta dei geologi, sono tra le migliori d’Italia.


Molti riferimenti storici citarono le Terme di Alì:
-        Nel  1600 furono menzionate da Cartesio durante un suo viaggio in Italia tra il 1623 ed il 1625. Riportò le acque termali di Alì nel suo libro “Antidotario Messanensi”,  evidenziando il suo rammarico per il mancato riconoscimento delle acque da parte degli studiosi,
ignari delle loro notevoli qualità per la cura contro l’artrite e “… molti morbi che d’ordinario sono stimati incurabili” (Reina, 1658, 18).
Il Cartesio soffriva di artrite e le acque termali di Alì  erano considerate
le migliori in Sicilia contro l’artrite.

Renato Cartesio (René Descartes)
Filosofo e matematico
(La Haye en Touraine, 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650)

-        Giovanni Battista Cortesi (Bologna, 1553-1554 – Reggio Calabria, 1634), famoso medico laureatosi all’Università di Bologna nel 1583. Nel 1598 gli venne offerta dal Senato di Messina la docenza di medicina nel locale Ateneo e qui diede alle stampe le sue maggiori opere: Pharmacopoeia seu Antidotarium Messanense (1629), Miscellaneorum medicinalium decades (1625), Tractatus de vulneribus capitis (1632), Practica medicinae (1635).  Le Terme di Alì furono particolarmente apprezzate dal Cortesi nella sua opera “Pharmacopoeia seu Antidotarium Messanense” stampata a Messina da Pietro Brea nel 1629. Nell’elogiare le Terme, si rammaricò per il fatto che prima di lui nessuno le aveva citate: 

“Dole quod nec Savonarola nec alius reperiatur qui de quodam balneo in agro Messanensi prope oppidum Alì existente […]”
(“Duole che né Savonarola né nessun altro abbia fatto conoscenza di una stazione termale nella piana Messinese vicino dove sorge la cittadina di Alì […] delle cui facoltà celebrano certamente gli abitanti le ricchezze, tanto che gli svariati malati che odono le sue qualità ammirevoli, che sono qui feconde in particolar modo relativamente ai dolori artritici.”).




-        Padre Serafino, cappuccino e maestro di novizi del convento di Alì, nel suo manoscritto del 1754 dal titolo “Storia della terra di Alì” diede una descrizione delle terme….
“… i bagni sono situati a pochi passi dal Capo Grosso (oggi Capo Alì) lungo il litorale della marina. Sono mirabilmente prodigiosi a prò di tanti ammalati bisognosi di queste cure ed anche di infermità non conosciute e stimate per ciò incurabili …” (Lombardo, 2003, 125).

Anno di fondazione: 1574
Anno di soppressione civile: 1866
Titolo: Santa Maria degli Angeli

-        Il chimico messinese Gioacchino Arrosto ( 1776 – 1834) dichiarò nei suoi studi che
queste acque contenevano una tale quantità di iodio da renderle più pregiate e salutari fra le acque dell’intera isola.
Un famoso chimico forse dimenticato, un enciclopedista con la grande
passione verso la chimica.
Analizzò la composizione chimica delle acque idrosolforate della grotta Vulcano  (Grotta del Cavallo, vicino alla Piscina di Venere, nell’isola di Vulcano); studiò ed analizzò le acque termali di Alì Marina, l’essenza degli agrumi e in particolar modo del bergamotto, le reazioni del bicarbonato come gas illuminante.
Divenne il più rinomato pubblico maestro e perito del tribunale per risolvere casi di eventuali avvelenamenti e da entomologo formulò diverse preparazioni farmaceutiche con cantarelle (cicale) e cocciniglie. Il più importante riconoscimento l’ottenne dallo stesso Re Ferdinando II per la costruzione di un sacco Entomocapo, che consentì lo sterminio delle cavallette, una vera e propria piaga sociale, poiché erano state la causa della distruzione delle biade e dei raccolti di grano del Nisseno. Morì nel 1834 per idropsia.

Frontespizio della Farmacopea Messinese.

Acido Acetico con Scilla presente nella Farmacopea Messinese.

Con il passare del tempo gli studi sulla natura delle acque termali di Al’ si fecero più continui.
Anche l’Accademia Gioenia di Catania eseguì degli studi che proseguirono con chimici, geologi e scrittori che prestarono le loro attenzioni su queste acque.
Padre Gregorio Barnaba La Via e Reina riconobbero ampiamente la loro singolare qualità.


Le acque termali di Alì Terme
Indicate per la cura delle malattie della pelle dell’apparato locomotore e dell’apparato respiratorio, le acque termali, sono oggi sfruttate da due grandi stabilimenti gestiti dai Granata Cassibile e dai Marino soltanto nei mesi estivi, determinando un afflusso turistico discontinuo, che riesce ad animare una località di circa 3.000 abitanti, anche se non fungono da poli attrattivi turistici di un territorio ameno, per la carenza di strutture ricettive che registrano un totale di appena 127 posti letto (dati del 2011, Regione Sicilia). Degno di menzione, perché innovativo nelle cure offerte, che a quelle tradizionali e convenzionate, ha aggiunto trattamenti estetici e di wellness, è l’Hotel Terme Acqua Grazia, nuova struttura alberghiera a 4 stelle con stabilimento termale e centro benessere, che occupa un’area di 500 mq, in cui la sorgente Fonte Acqua Grazia sgorga direttamente all’interno dello stabilimento. Negli anni 2011 e 2012 la chiusura delle terme di Acireale ha determinato un maggiore afflusso dei pazienti siciliani nelle terme della provincia di Messina, sebbene il flusso proveniente da altre regioni italiane sia in calo (2008 – 2012).


https://www.hoteltermeacquagrazia.com/
La presenza delle acque termali era conosciuta dai colini greci nel VII secolo a.C. e questa presenza fu alla base della fondazione della cittadina. La  risorsa naturale fu intensamente sfruttata dai Romani che utilizzarono in particolare le sorgenti dell’attuale stabilimento Granata. La fondazione delle terme avvenne in epoche recenti, nel 1550. grazie alla famiglia Granata che costruì lo stabilimento vicino ad un pozzo che, da tempi remoti, era chiamato “pozzo dei miracoli”.
La gente attribuiva alle acque del pozzo delle proprietà miracolose.
I Granata   crearono una canalizzazione per raccogliere le acque termali in delle vasche scavate nella roccia.
Un attività nata probabilmente su volere di Pietro (credenziere della secrezia di Messina 1574, ascritto alla mastra nobile del Mollica alla lista I, anno 1587) e di un Giovan-Leonardo (giudice della Gran Corte Criminale del Regno nel 1573-74-75)
Attività proseguita con un Giuseppe, figlio di Pietro (ascritto alla mastra nobile del Mollica alla lista XIV, anno 160); con un Antonino (giurato forestiero di Messina nel 1746-47); ecc.

Nel  1780 (?) sorse un altro stabilimento termale, Marino.
Nel 1895 lo stabilimento termale Granata, in attività da ben tre secoli, fu acquistato dalla Marchesa di Cassibile e nel 2013 cessò l’attività.
Terme Granata - Cassibile



La Marchesa di Cassibile ribattezzò lo stabilimento..
Rinomata Terme di iodio -idro. Carbonico solforose.

Ma chi era la Marchesa di Cassibile?
La comunità di Alì Marina (Alì Terme) ha avuto delle benefattrici.
Ad esempio, la fondazione dell’opera delle Figlie di Maria Ausiliatrice ad Alì Terme risalirebbe al 25 Luglio 1890, giorno in cui Madre Maddalena Morano, con un piccolo gruppo di consorelle, arrivò nel paese per adempiere alla volontà dei coniugi Giovanni Marini e Grazia Di Blasi.
I coniugi, su suggerimento del cardinale Giuseppe Guarino, avevano destinato la loro eredità per la nascita di un’opera salesiana a Messina ed una delle Figlie di Maria Ausiliatrice nella Marina di Alì.
L’opera di carità, guidata da Madre Maddalena Morano, si sviluppò e gli spazi della piccola cappella di Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, facente parte del lascito dei Marini e di cui le suore usufruirono nel primo decennio di attività ad Alì, divennero ben presto insufficienti al fabbisogno della casa di carità. 
Era quindi necessaria una nuova e più ampia chiesa e questa esigenza fu soddisfatta  grazie all’intervento di carità della Marchesa di Cassibile e cioè la  nobildonna Maria Caterina Scoppa (dei baroni di Badolato -  Catanzaro) vedova del marchese di Cassibile Gaetano Loffredo.

Il Borgo di Badolato (Catanzaro)

Badolato – La Chiesa dell’Immacolata
(Alle spalle il Convento Francescano di Santa Maria degli Angeli)

Cardinale (Catanzaro) - Il castello della Baronessa Scoppa (in località Lacina)

Stemma della famiglia Scoppa
Maria Caterina Scoppa, figlia di Giuseppe Scoppa e di Saveria Greco.

La marchesa di Cassibile mise a disposizione la somma necessaria per l’edificazione e il 28 febbraio 1900  ebbe luogo la solenne “posa della prima pietra” della nuova chiesa, cerimonia che fu presieduta dal superiore maggiore don Michele Rua, primo successore di don Bosco.  La benedizione della pietra angolare, diede l’avvio ai lavori per la costruzione del nuovo tempio, alla  presenza, tra gli altri, di padre Annibale Di Francia. 
Il 15 maggio 1901 ci fu la benedizione della nuova chiesa intitolata a Maria Ausiliatrice e la celebrazione della prima messa. 
Madre Maddalena Caterina Morano

ALÌ MARINA - Collegio femminile dei Salesiani - Maria SS. Ausiliatrice , RARISSIMA , cartolina prima del terremoto del 1908 , dalla foto si vede che c'è un piano in più, che è stato distrutto dal forte sisma.
La cartolina l ' ho acquistata da un venditore in Francia , era ora che ritornasse nelle mani di un ALIESE , sta benissimo nel mio raccoglitore con tutte le cartoline dell' Istituto Maria Ausiliatrice
https://www.facebook.com/photo/?fbid=10223930940717730&set=a.10203221069423891&locale=bn_IN

Alì Marina  (Messina) – Istituto Magistrale, Maria Ausiliatrice (Anno 40).

Al Terme (Messina) -  Chiesa Maria Ausiliatrice 

Successivamente le terme passarono ai fratelli Sterrantino e nel 2013  cessarono la loro attività con la chiusura al pubblico.
Le Terme Granata Cassibile ancora oggi vengono ricordate con grande nostalgia dalla comunità di Alì Terme quando moltissimi turisti, giunti nel centro anche con il treno, usufruivano dei benefici effetti delle acque sulfuree. I soggiorni dei turisti erano allietati da feste, balli che si svolgevano nella grande terrazza trasformata in pista da ballo. Una pista prospiciente il mare e con tante palme purtroppo, anche queste andate perdute, a causa dell’attacco del punteruolo.
Uno stato d’abbandono avvolge ormai le antiche terme che offrivano un importante fonte occupazionale e di ricchezza per tutta la comunità.

Lungo il corridoio della struttura ricettiva vi erano le stanze. Ogni stanza aveva la sua vasca con l’acqua sulfurea e un lettino per le applicazioni dei fanghi sul paziente. All’inizio dell’attività vi erano delle grandi vasche, in marmo antico, anche all’esterno della struttura.
Era presente anche un servizio medico con specialisti delle malattie respiratorie.
Il fango veniva preparato durante la notte per poi essere disposto dentro le vasche insieme all’acqua sulfurea che usciva dalla sorgente ad un temperatura media di quarantasei gradi.
I motivi della chiusura furono forse molteplici. Scelte imprenditoriali,   problemi nel settore, forse anche una politica economica errata e, prima della chiusura, fu necessaria anche una drastica riduzione del personale che iniziò negli anni ’90.
Nel febbraio 2017, nel sito https://taorminaweb.it/2017/02/06/ali-terme-quale-futuro-le-terme-granata-cassibile/, fu riportato la dichiarazione di uno dei proprietari delle terme Granata Cassibile,
Giovanni Leonardo Maria Goffredo Tavilla (residente a Genova), secondo la quale
l’anno scorso fu firmato un preliminare di vendita.
Lo stabilimento Marino, esistente sin dal 1780, sorge ai piedi di una collinetta in un luogo ameno e tranquillo ed è in piena attività.. Le sorgenti termali sono famose per la loro abbondanza di iodio, importante per la cura della malattia di ricambio, dell’anemia e dell’uricemia.
Nello Stabilimento Termale Marino, fra le diverse cure, Fangoterapia, Bagnoterapia, Cure Inalatorie, Insufflazioni Tubo Timpaniche, Nebulizzazione, trattamenti estetici anticellulite, maschera viso. Nella piscina esterna alimentata con acqua termale, aperta da giugno a ottobre, si effettuano idromassaggi. Annessi un Hotel tre stelle, Piscina termale sulfurea attrezzata per bambini, Postazioni idromassaggio, Percorsi vascolari in acqua termale, Parco termale.


Il marchese di Cassibile (Gaetano Loffredo) era un uomo mite, milionario, fervente cattolico, filoborbonico, insignito di tante onorificenze, ex deputato al Parlamento nel 1874, assessore ad “ad vitam” dello stato civile, ma aveva un grande difetto: era molto avido.
Sposò la ricca signora Maria Caterina dei baroni Scoppa, anch’essa molto devota. Dal loro matrimonio non nacquero figli. Per questo motivo l’affetto del marchese i riversò sui suoi nipoti, i fratelli Pulejo, figli della sorella Emanuela che sposò Michele Pulejo.
Il marchese, ormai anziano e malato, lasciò l’amministrazione dei suoi beni alla moglie, marchesa di Cassibile, e nel 1897 morì.
Il testamento designava come erede universale, con l’investitura anche del titolo di marchese, uno dei nipoti (Gaetano Pulejo Loffredo), figlio della sorella Emanuela.
Il testamento, per come fu redatto, destò molti sospetti
Parve non vero e autentico in tutte le sue parti.
 Conteneva anche l’aggiunta di una cessione di beni alla marchesa Maria.
Naturalmente sorsero delle controversie sui legati, soprattutto per una cessione di 240.000 lire e per un altro legato di circa un milione e mezzo a vantaggio di un altro parente.
I fratelli Pulejo, legittimi eredi del marchese Gaetano,  intentarono giudizio contro la marchesa sostenendo
La falsità della cessione delle 240.000 fatta a beneficio della costruzione d’una chiesa.
Il processo penale durò circa due anni e nel 1899 si chiuse con una ordinanza della Camera di Consiglio
A non farsi luogo per inesistenza di reato.
Contro l’ordinanza fecero appello il sostituto procuratore generale, il cav. Gatti, e la Corte.
L’ordinanza fu modificata e assolse
Gli imputati (tra cui la Marchesa) per insufficienza di prove.
La  Marchesa non accettò la motivazione dell’assoluzione e fece ricorso alla Cassazione che rimandò il dibattito alla Corte.
La Sezione d’accusa ordinò
In non luogo a procedere per inesistenza di reato.
I fratelli Pulejo ritirarono la querela e la costituzione di parte civile contro la marchesa.
La questione giudiziaria non ebbe fine perché si sparsero delle strane voci.
Si parlò di corruzione che i  patrocinatori della Marchesa avrebbero esercitato
Per creare l’ambiente favorevole
alla causa della loro rappresentata.
Piano piano, alimentate anche dalla pubblicazione di un certo Lanza circa la cessione delle 240.000 lire le voci, con il passare dei giorni, assunsero sempre più vigore e consistenza e la Marchesa fu
accusata
di corruzione e truffa.
I legali della Marchesa, gli avvocati Patti e Catania, furono arrestati.
Fu arrestato anche il sacerdote Colantoni, un laico molto influente e rispettato.
Gli arresti continuarono perché venne arrestata anche la Marchesa contro la quale pendeva un procedimento penale a querela da parte della vedova di un nipote del marchese, il cav. Gabetti.
Querela legata alla scomparsa di un testamento del canonico Giuseppe Cassibile, fratello del marchese Gaetano.
Testamento che si diceva fosse a favore del cav. Gabetti.
All’’esecuzione dell’arresto, la Marchesa era a letto per un grave male alla gamba e la perizia medica constatò che era impossibile trasportarla nelle carceri.
Fu quindi piantonata a domicilio.
 Nel frattempo l’istruttoria del processo proseguì per il reato di truffa a danno della Marchesa.
In seguito alla perquisizioni operate in casa degli arrestati, la Sezione d’Accusa della Corte d’Appello ordinò di riaprire  il processo
Di falsità dell’atto di cessione delle 240.000 lire
L’istruttoria fu assunta direttamente dal procuratore generale comm. Broggi.
Questa immagine fu pubblicata sulla rivista “La Tribuna illustrata” del 9 febbraio 1902 e ritraeva l’arresto della Marchesa Maria Caterina Scoppa, grande benefattrice nei confronti della Comunità di Alì Marina (Alì Terme) per la costruzione della Chiesa, oggi Santuario”, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e proprietaria di una delle terme.
L’immagine della Marchesa, a causa dei ripetuti processi non rimase cristallina anche se nella biografia di Madre Maddalena Morano, guida del Convento delle Figlie di Maria Ausiliatrice, si fece menzione di “pressioni massoniche” vicine ai suoi accusatori.
Pressioni per quale motivo?
 Volevano contrastare la carità religiosa che all’epoca la marchesa faceva nei confronti degli ordini religiosi come testimonierebbe la sua grande generosità nei confronti dei Salesiani e dei Gesuiti (e non solo).
La prima pietra per la costruzione dell’Istituto di Maria Ausiliatrice di Alì Marina fu posta il 16 aprile 1900 e il primo processo si concluse nell’aprile del 1899.
La prima pietra posta grazie alla munificenza della Marchesa di Cassibile
che scioglieva in tal modo un voto fatto alla Madonna
queste furono le testuali parole riportate dalla cronaca di allora.
Un voto legato all’esito del primo processo (di assoluzione)?
Poi ci fu la seconda fase del processo, per corruzione e truffa, con l’arresto degli avvocati della marchesa, di un sacerdote (tutti citati) e della stessa marchesa. Marchesa che, a causa delle sue precarie condizioni di salute, fu sottoposta prima agli arresti domiciliari per poi passare un anno nell’infermeria del carcere di Messina.
La stessa Madre Maddalena Morano fu costretta a recarsi  in Tribunale per testimoniare in favore della Marchesa. La stessa Madre Morano tenne di continuo informato sugli avvenimento processuali  Don Michele Rua, presbitero ed educatore; primo successore di Don Bosco e beatificato da papa Paolo VI il 29 ottobre 1972).
Il beato Michele Rua con don Bosco, ormai anziano, in visita alla casa salesiana
di Barcellona (1885)
Don Rua  era informato sugli eventi processuali grazie alle lettere di Madre Maddalena Morano corredate di ritagli di articoli di giornali che riferivano del  processo.
Il processo fu molto lungo ed estenuante e solo nel 1903 alla
Marchesa di Cassibile Maria Caterina Loffredo Scoppa fu restituita la libertà.
La Marchesa era ormai una donna distrutta, provata, malata e nel  gennaio1905 fu anche assillata dalla notizia di una probabile riapertura del processo.
Infatti in una delle tante lettere che la Marchesa inviò a Madre Morano, le comunicò il rischio di una riapertura del processo.
Quest’ultimo  triste e grave pensiero le fu fatale perché il 7 agosto 1905 la Marchesa di Cassibile morì a Castellammare di Stabia.

La Marchesa di Cassibile fu legata anche al santuario dell’Ecce Homo di Calvaruso (Me).


Il Santuario risale al XVII secolo, quando la nobile principessa donna Eleonora Moncada (figlia di Antonino Platamone e di Costanza Requesens e Gravina, moglie di Francesco Moncada, principe di Larderia), al cui casato era infeudato quasi tutto il territorio di Calvaruso. fece erigere sul poggio di S. Giovanni. sito di fronte al piccolo centro. una chiesa con annesso convento da affidare alla custodia dei Francescani Minori Riformati.
I lavori di costruzione iniziarono intorno al 1619 e la chiesa con l'annesso convento furono dedicati all'Immacolata Concezione. Ma dopo circa due secoli e mezzo, esattamente al tempo del risorgimento italiano, quando venne emanata la legge civile sulla soppressione dei beni ecclesiastici. anche i Frati Minori di Calvaruso dovettero abbandonare questo luogo di mistica solitudine e di preghiera, insieme all'attigua proprietà terriera. Nel 1900 il santuario fu venduto a donna Maria Caterina Scoppa dei Baroni di Badolato. nota come la Marchesa di Cassibile, che nel 1907 lo donò agli antichi custodi, ovvero i Frati Francescani del Terzo Ordine Regolare. che tutt'oggi ne sono i custodi. 
Nel 1638, nel Santuario dell’Hecce Homo, frate Umile da Petralia ( Giovan Francesco Pitorno) creò la più bella opera della sua vasta produzione artistica.
Creò un Cristo nel mistero del preciso istante del trapasso.
Una scultura molto vera nei particolari sconvolta dalla finitura pittorica dai toni accesi e surreali: "la scultura da manufatto diviene allegoria viva e oggetto liturgico".
Su questo tema lo scultore lavorò fino al giorno del suo trapasso, che avvenne il 9 febbraio 1639.




L’atto di morte della Marchesa di Cassibile Maria Caterina Scoppa Loffredo
Castellammare di Stabia, (Napoli), 7 agosto 1904




VIDEO

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ENCICLOPEDIA DELLE DONNE
Indice

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El emocionante cántico de las mujeres en la manifestación en la huelga de Bilbao
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2018/03/el-emocionante-cantico-de-las-mujeres.html

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Enciclopedia delle Donne  (Seconda Parte)
Alcune Donne Importanti dell’Antichità
Aspasia...La Pizia, Cinisca… Atlete Vittoriose nelle Olimpiadi …le Allieve della Scuola Pitagorica di Kroton…..Ipazia…
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2019/05/lenciclopedia-delle-donne-seconda-parte.html

……………………………………………………..

Monte Pellegrino (RNO) (Palermo):
 “Il Promontorio più bello al mondo…”  (Parte Terza):
La Palazzina Cinese –  Le Statue del Parco della Favorita (Parte integrante della Riserva di Monte Pellegrino) –
Museo Etnografico Giuseppe Pitrè -  Le Scuderie Reali –
Nella Palazzina Cinese c’è l’anima della Regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena (Enciclopedia delle Donne).
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2019/08/monte-pellegrino-rno-il-promontorio-piu_15.html

.................................................

Enciclopedia delle Donne  – (Terza Parte) –
Le Prime Mediche della Storia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2019/09/enciclopedia-delle-donne-terza-parte-le.html

…………………………………….
 
Enciclopedia delle Donne (Quarta Parte)
Costanza D’Aragona
La prima Moglie dell’Imperatore Federico II di Svevia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/01/enciclopedia-delle-donne-quarta-parte.html

……………………………………….

Enciclopedia delle Donne (Quita Parte)
Jolanda (Isabella) di Brienne
Seconda Moglie dell’Imperatore Federico II di Svevia
Regina di Gerusalemme e di Sicilia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/01/enciclopedia-delle-donne-quarta-parte_5.html

…………………………………
 
Enciclopedia delle Donne (Sesta parte) –
Le Poetesse Siciliane del Risorgimento
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/07/enciclopedia-delle-donne-sesta-parte-le.html


……………………………….
Enciclopedia delle Donne (Settima Parte)
Eleonor de Moura
Prima ed unica donna Viceré di Spagna in Sicilia.
In 27 giorni di reggenza tante leggi anche a favore delle donne in difficoltà.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/08/eleonor-de-moura-prima-ed-unica-donna.html

……………………………………………
Enciclopedia Delle Donne - VIII Parte
Eleonora Alvarez de Toledo e i suoi tempi
Un periodo ricco di manifestazioni di altissima cultura ma anche
di gravi atti nei confronti delle donne ..
La morte di Maria de' Medici, Isabella de' Medici, Leonor Alvarez de Toledo, ecc.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/11/eleonora-alvarez-de-toledo-e-i-suoi.html


………………………………….
 
Enciclopedia delle Donne (IX parte)
Damarete di Agrigento (VI secolo a.C.)
La prima donna della storia a protezione dell'Infanzia –
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2020/12/damarete-di-agrigento-vi-secolo-ac-la.html


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Enciclopedia delle Donne: X Parte
La triste storia dell’etera Laide di Hykkara 
La Prostituzione Sacra –  Le divinità: da Inanna all’eroina Afrotide (?)
Un Piccolo viaggio anche ad Erice e Pantelleria.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2021/01/la-triste-storia-delletera-laide-di.html


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Enciclopedia delle Donne – XI Parte
Le Filandiere – Il Filo della Memoria
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2021/01/le-filandiere-il-filo-della-memoria.html


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Dedicato alle Donne Afghane… al loro coraggio..           
افغان میرمنو ته د دوی زړورتیا ته وقف شوی.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/02/dedicato-alle-donne-afghane-al-loro.html


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Enciclopedia delle Donne – XII Capitolo
Le Donne dell’Afghanistan – La Regina Soraya Tarzi (1926 - 1929) -- Prima Parte
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo.html


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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 2° Parte  
I Sovrani d'Afghanistan, Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato
in Egitto ed Italia (1927 - 1928)
Egitto: La triste vita della regina Nazli Sabri
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-2.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 3° Parte
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928):
Francia - Gran Bretagna – Germania
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-3.html


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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 4° Parte
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita di Stato (1928):
Polonia - Unione Sovietica -Turchia
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-4.html


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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 5° Parte
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi in visita in Iran (1928)
L'Abdicazione - L'Esilio a Roma
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-5.html

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Enciclopedia delle Donne- XII Capitolo - 6° Parte
La discendenza dei Sovrani d'Afghanistan, Amanullah Khan e Soraya Tarzi
Le mogli di Amanullah - i Documenti Storici - I Sovrani fra la loro gente
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-6.html

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Enciclopedia delle Donne - XII Capitolo - 7° Parte
I Sovrani d'Afghanistan Amanullah Khan e Soraya Tarzi ricordati dalle figlie.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-7.html


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Enciclopedia delle Donne- XIII Capitolo – 8° Parte
L’Album di Famiglia di Amanullah Khan e di Soraya Tarzi,  sovrani d'Afghanistan
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/06/enciclopedia-delle-donne-xii-capitolo-8.html

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Enciclopedia delle Donne- XIV Capitolo
La Baronessa di Carini - Storia di uno dei tanti femminicidi del XVI secolo
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2023/09/enciclopedia-delle-donne-xiv-capitolo.html



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Enciclopedia delle Donne - XV Capitolo – 
Rita Montagnana e il figlio Aldo Togliatti
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2024/05/enciclopedia-delle-donne-xiv-capitolo.html


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La scelta dell’8 marzo come Giornata Internazionale della Donna – Motivazioni Storiche.
Enciclopedia delle Donne – XVI Capitolo.
https://sicilianaturacultura.blogspot.com/2024/05/la-scelta-dell8-marzo-come-giornata.html


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Enciclopedia delle Donne - XVII Capitolo - 
Donne nella Rivoluzione Russa  del 1917:  Sofia V. Panina e Aleksandra M. Kollontaj 


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